Elio Bromuri Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/elio-bromuri/ Settimanale di informazione regionale Thu, 02 Dec 2021 19:06:08 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Elio Bromuri Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/elio-bromuri/ 32 32 Bassetti: Maria Rita Valli sarà nuovo direttore de “La Voce” https://www.lavoce.it/bassetti-maria-rita-valli-sara-nuovo-direttore-de-la-voce/ Sat, 28 Jan 2017 14:23:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=48365 sfsales2017-16
Il Cardinale Gualtiero Bassetti e Maria Rita Valli (foto A. Coli)

Nel corso dell’incontro molto partecipato con i giornalisti e gli operatori dei media, il cardinale Bassetti ha annunciato la nomina del nuovo direttore responsabile del settimanale cattolico La Voce, la giornalista Maria Rita Valli, per vent’anni al fianco di mons. Elio Bromuri il direttore che ha guidato il settimanale dal 1984 al 2015, e al quale è succeduto Riccardo Liguori, direttore dell’Ufficio stampa diocesano. “È un annuncio inatteso e di cui ringrazio il Cardinale” ha detto Valli, che ha avuto parole di ringraziamento anche il collega Liguori che l’ha preceduta al timone del Settimanale.

Tra le iniziative annunciate dal presule quella dell’incontro con il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, in calendario il prossimo 15 febbraio (ore 21) nella cattedrale di San Lorenzo in Perugia. Baldisseri verrà per presentare il Sinodo dei Vescovi del 2018 che papa Francesco ha voluto dedicare al tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, del quae è già stato pubblicato il documento preparatorio e per il quale è prevista anche una fase di consultazione dei giovani, così come si è fatto per il Sinodo sulla Famiglia.

Occasione di ulteriore riflessione del rapporto “giovani-mondo ecclesiale” sarà la visita a Barbiana, pensata dallo stesso cardinale Bassetti, alla “Scuola” di don Lorenzo Milani nell’anno del cinquantesimo anniversario della morte del sacerdote, “maestro di vita” per tanti ragazzi. ”Mi piacerebbe che poteste anche voi” ha detto Bassetti agli operatori dei media, ricordando con passione ed emozione di aver potuto conoscere personalmente questo grande prete quando era nel seminario di Firenze.

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Il cardinal Bassetti a Bartolomeo I: “Rafforziamo sempre più l’amicizia e l’amore che lega le nostre comunità” https://www.lavoce.it/il-cardinal-bassetti-a-bartolomeo-i-rafforziamo-sempre-piu-lamicizia-e-lamore-che-lega-le-nostre-comunita/ Tue, 20 Sep 2016 16:43:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=47489

  Riportiamo di seguito il testo integrale del cardinale Gualtiero Bassetti, in occasione della visita a Perugia del patriarca Bartolomeo I «Santità, con grande gioia le porgo il benvenuto in questa antica cattedrale dedicata al diacono-martire Lorenzo, cuore della vita religiosa dell'Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve, custode di molte reliquie dei santi martiri, specie dei patroni Costanzo ed Ercolano. Essi sono il patrimonio comune delle nostre Chiese, come lo sono i martiri della nostra epoca e come il loro sangue “è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così anche la condivisione delle sofferenze quotidiane – di tanti nostri fratelli – può essere uno strumento efficace di unità” (Dichiarazione comune, 2014). Nella presente circostanza, è stato esposto anche il Sant'Anello, memoriale dello sposalizio della Beata Vergine Maria e di San Giuseppe. Esso è stato collocato ai piedi della venerata immagine della Madonna delle Grazie, patrona di questa Diocesi. Insieme a Lei, Santità, desidero salutare la distinta delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, i metropoliti: Gennadios d'Italia, Emanuele di Francia e Atenagora del Belgio, tutti i Vescovi umbri, i sacerdoti ortodossi e cattolici qui convenuti, i consacrati, le autorità civili e militari e il popolo santo di Dio. Sono grato a Vostra Santità di aver accettato l'invito ad un incontro di preghiera, qui nella nostra cattedrale, in occasione della Sua venuta a Perugia per ricevere la laurea Honoris Causa presso l'Università per gli Stranieri. Tale evento si colloca accanto a quello di dimensione internazionale intitolato: "Sete di pace", promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, dalla Diocesi di Assisi e dalle Famiglie Francescane, che si tiene in questi giorni ad Assisi, in ricordo del XXX Anniversario della grande Giornata mondiale di Preghiera per la Pace, indetta il 27 ottobre 1986 dal venerato pontefice san Giovanni Paolo II. Fu un evento eccezionale, ove storia e profezia si unirono per prefigurare un mondo libero dalle guerre, dalle violenze e dalla paura del diverso. Alla vigilia di quell'evento, san Giovanni Paolo II fu a Perugia e in questa cattedrale. Parlando al clero e al popolo convenuto, egli prefigurò lo scenario futuro di questa Chiesa locale, chiamata da Dio "ad evangelizzare il mondo dentro il quale si trova storicamente a vivere, per affrontare la nuova evangelizzazione delle future generazioni”. Perugia, Santità, è da sempre un crocevia di popoli e di culture, un luogo di incontro di giovani di tutto il mondo, che qui giungono per motivi di studio o di lavoro. Per i giovani studenti stranieri, molti dei quali provenienti dalla Grecia, dall'Europa dell'Est o dal Medio Oriente, tantissimi appartenenti alla Chiesa ortodossa, hanno trovato nella Chiesa perugina la loro seconda comunità di fede. Piace qui ricordare l'opera culturale e l'intensa attività ecumenica del compianto sacerdote mons. Elio Bromuri, che si è speso per tutta la vita a favore del dialogo interreligioso e della fraterna accoglienza, fondando anche il Centro Ecumenico San Martino e l’Ostello della Gioventù. In spirito di fratellanza, il mio predecessore, l’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti, d'intesa con Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, ha concesso la chiesa di Santa Croce, divenuta ormai il luogo di preghiera e di incontro della comunità ortodossa di Perugia. Anche questo è un frutto dell'amicizia e dell'amore che lega le nostre comunità cristiane e che, con l'aiuto di Dio, speriamo di rafforzare sempre di più, seguendo anche l'esempio di Papa Francesco e di Vostra Santità, che domani tornerete ad incontrarvi nella città di Assisi, per rafforzare i vincoli di carità tra le nostre Chiese e incontrare uomini di fede e cultura di diverse provenienze etniche, sociali e religiose. Santità, rinnovandole il benvenuto a Perugia, e ringraziandola per la vicinanza spirituale che ha voluto manifestare al popolo italiano in occasione del tragico terremoto del 24 agosto scorso, che ha ferito anche la nostra terra umbra, la prego di accogliere l'abbraccio fraterno e devoto di tutta la comunità diocesana e di presiedere questa breve ma intensa liturgia ecumenica. Il Signore Gesù, che ha pregato per l'unità di tutti i suoi discepoli, ci conceda la grazia di camminare sempre di più sulla via della sua santa volontà, perché il mondo creda che Egli è l’inviato del Padre, “la stella radiosa del mattino", il Salvatore del mondo».]]>

  Riportiamo di seguito il testo integrale del cardinale Gualtiero Bassetti, in occasione della visita a Perugia del patriarca Bartolomeo I «Santità, con grande gioia le porgo il benvenuto in questa antica cattedrale dedicata al diacono-martire Lorenzo, cuore della vita religiosa dell'Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve, custode di molte reliquie dei santi martiri, specie dei patroni Costanzo ed Ercolano. Essi sono il patrimonio comune delle nostre Chiese, come lo sono i martiri della nostra epoca e come il loro sangue “è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così anche la condivisione delle sofferenze quotidiane – di tanti nostri fratelli – può essere uno strumento efficace di unità” (Dichiarazione comune, 2014). Nella presente circostanza, è stato esposto anche il Sant'Anello, memoriale dello sposalizio della Beata Vergine Maria e di San Giuseppe. Esso è stato collocato ai piedi della venerata immagine della Madonna delle Grazie, patrona di questa Diocesi. Insieme a Lei, Santità, desidero salutare la distinta delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, i metropoliti: Gennadios d'Italia, Emanuele di Francia e Atenagora del Belgio, tutti i Vescovi umbri, i sacerdoti ortodossi e cattolici qui convenuti, i consacrati, le autorità civili e militari e il popolo santo di Dio. Sono grato a Vostra Santità di aver accettato l'invito ad un incontro di preghiera, qui nella nostra cattedrale, in occasione della Sua venuta a Perugia per ricevere la laurea Honoris Causa presso l'Università per gli Stranieri. Tale evento si colloca accanto a quello di dimensione internazionale intitolato: "Sete di pace", promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, dalla Diocesi di Assisi e dalle Famiglie Francescane, che si tiene in questi giorni ad Assisi, in ricordo del XXX Anniversario della grande Giornata mondiale di Preghiera per la Pace, indetta il 27 ottobre 1986 dal venerato pontefice san Giovanni Paolo II. Fu un evento eccezionale, ove storia e profezia si unirono per prefigurare un mondo libero dalle guerre, dalle violenze e dalla paura del diverso. Alla vigilia di quell'evento, san Giovanni Paolo II fu a Perugia e in questa cattedrale. Parlando al clero e al popolo convenuto, egli prefigurò lo scenario futuro di questa Chiesa locale, chiamata da Dio "ad evangelizzare il mondo dentro il quale si trova storicamente a vivere, per affrontare la nuova evangelizzazione delle future generazioni”. Perugia, Santità, è da sempre un crocevia di popoli e di culture, un luogo di incontro di giovani di tutto il mondo, che qui giungono per motivi di studio o di lavoro. Per i giovani studenti stranieri, molti dei quali provenienti dalla Grecia, dall'Europa dell'Est o dal Medio Oriente, tantissimi appartenenti alla Chiesa ortodossa, hanno trovato nella Chiesa perugina la loro seconda comunità di fede. Piace qui ricordare l'opera culturale e l'intensa attività ecumenica del compianto sacerdote mons. Elio Bromuri, che si è speso per tutta la vita a favore del dialogo interreligioso e della fraterna accoglienza, fondando anche il Centro Ecumenico San Martino e l’Ostello della Gioventù. In spirito di fratellanza, il mio predecessore, l’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti, d'intesa con Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, ha concesso la chiesa di Santa Croce, divenuta ormai il luogo di preghiera e di incontro della comunità ortodossa di Perugia. Anche questo è un frutto dell'amicizia e dell'amore che lega le nostre comunità cristiane e che, con l'aiuto di Dio, speriamo di rafforzare sempre di più, seguendo anche l'esempio di Papa Francesco e di Vostra Santità, che domani tornerete ad incontrarvi nella città di Assisi, per rafforzare i vincoli di carità tra le nostre Chiese e incontrare uomini di fede e cultura di diverse provenienze etniche, sociali e religiose. Santità, rinnovandole il benvenuto a Perugia, e ringraziandola per la vicinanza spirituale che ha voluto manifestare al popolo italiano in occasione del tragico terremoto del 24 agosto scorso, che ha ferito anche la nostra terra umbra, la prego di accogliere l'abbraccio fraterno e devoto di tutta la comunità diocesana e di presiedere questa breve ma intensa liturgia ecumenica. Il Signore Gesù, che ha pregato per l'unità di tutti i suoi discepoli, ci conceda la grazia di camminare sempre di più sulla via della sua santa volontà, perché il mondo creda che Egli è l’inviato del Padre, “la stella radiosa del mattino", il Salvatore del mondo».]]>
Messa del crisma. Bassetti parla al cuore dei suoi preti e chiede loro tre impegni https://www.lavoce.it/messa-del-crisma-bassetti-parla-al-cuore-dei-suoi-preti-e-chiede-loro-tre-impegni/ Thu, 24 Mar 2016 16:59:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45793 perugia-messaÈ stato un momento tutto e solo per loro. Seminaristi, diaconi, preti, e quattro vescovi (il cardinale Bassetti, l’ausiliare mons. Giulietti, l’emerito mons. Chiaretti e l’abate Farnedi) sfilando, croce in testa, nella piazza e poi intorno alla cattedrale hanno fatto ingresso in cattedrale dalla Porta santa, l’hanno come stretta in un abbraccio e con essa il popolo di Dio che lì dentro li attendeva per la celebrazione della messa del Crisma.

Mercoledì c’erano davvero tantissimi fedeli, religiosi e tanti ragazzi e ragazze che quest’anno ricevono il sacramento della Confermazione. Una presenza che ha suscitato nel Cardinale parole di viva gratitudine per il suo predecessore, l’arcivescovo Chiaretti, perché “nei suoi quattordici anni di episcopato – ha detto Bassetti – è riuscito a far capire il significato della Messa crismale al popolo perugino-pievese. Nel mio lungo pellegrinare di ventitré anni di episcopato non ho mai visto tanta partecipazione, nemmeno quando la Messa crismale si celebrava il Giovedì Santo. Voi avete capito che questa è una celebrazione fondamentale per il nostro essere cristiani, sia come laici che come sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose”.

“Oggi, è festa grande per l’intera chiesa diocesana. Questa – ha detto Bassetti all’omelia – è davvero un’ora di grazia: l’intera realtà della nostra Chiesa, presbiteri, consacrati, laici è pienamente coinvolta in  questa messa crismale” che è “quasi epifania della chiesa, corpo di Cristo”, ma è festa in particolare, ha proseguito, “per i presbiteri, che celebrano la nascita del loro sacerdozio ministeriale all’interno del sacerdozio battesimale e comune dei fedeli”.

Nell’omelia il cardinale è andato al cuore della vocazione del sacerdote che vive “un’esistenza donata” come si è donato Cristo, “protesa verso Cristo”, “vissuta, nella forma propria della carità pastorale”. “Da noi sacerdoti si richiede di vivere orientati a lui, di respirare il suo vangelo, di piacere solo a lui”.

Il Cardinal, citando il vescovo Tonino Bello, ha sottolineato come il “ministero sacerdotale” sia un “ministero, un servizio” per la comunità.

Oggi, ha aggiunto Bassetti, questa casa diocesana “profuma anche delle misteriosa essenza degli Oli santi” la cui consacrazione “dà sicurezza e gioia alla nostra Chiesa” poiché “l’unzione dello Spirito santo che gli oli simboleggiano ed attualizzano, risana, conforta, consacra e permea di doni e di carismi tutto il corpo della chiesa”.

Prima di concludere il Cardinale ha affidato ai suoi sacerdoti tre consegne: “riscoprite la bellezza del presbiterio e della famiglia presbiterale; fate del presbiterio una comunità di volti, di fratelli, che si vogliono bene sul serio. Nei fatti e nella verità; che ogni prete senta per il confratello, di cui dovrà rendere conto un giorno a Dio, profondo senso di responsabilità e di amicizia”.

“La porta santa che assieme abbiamo varcato, ha detto chiaramente al nostro cuore che Dio ci ama e vuole condividere con noi la sua vita”. “Soprattutto noi sacerdoti facciamoci voce e ambasciatori di ogni uomo e di ogni donna e ripartiamo con fiducia e senza sosta: ‘Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre’”.

(Scarica qui il testo dell’omelia)

 

 

Ricordati gli anniversari di sacerdozio e chi non c’è più. Due i nuovi seminaristi

Bassetti&seminaristi
I seminaristi della diocesi di Perugia – Città della Pieve con il Cardinale Gualtiero Bassetti, in curia, prima della messa del Crisma

Come da tradizione prima di entrare nella celebrazione della messa del Crisma il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti ha fatto il punto sul presbiterio diocesano. “Ci ritroviamo anche quest’anno in cattedrale con l’intero popolo di Dio per fare grato memoriale dell’elezione e della consacrazione di cui il Signore, nella sua misericordia, ci ha fatto dono” ha detto mons. Giulietti, ricordando “l’esperienza della visita pastorale” che consente al Cardinale “di toccare con mano la reale consistenza” delle comunità cristiane al cui servizio “il Signore ha chiamato il collegio dei presbiteri e la comunità dei diaconi, quali collaboratori – a diverso titolo – dell’ordine episcopale”.

Mons Giulietti a quindi ricordato “i confratelli che hanno concluso nell’anno trascorso il loro cammino terreno: mons. Elio Bromuri, mons. Rino Valigi, don Alviero Mencaroni e mons. Silvio Corgna. La tristezza per averli perduti in questa vita è stata mitigata dall’esperienza delle grandi manifestazioni di affetto e riconoscenza della loro gente in occasione delle esequie e anche dalla personale testimonianza di fede, umiltà e generosità offerta da ciascuno di essi nell’affrontare la morte e nel disporre dei propri beni”.

Ha quindi ricordato gli anniversari di ordinazione, dal primo anno di don Lorenzo Perri, “che concelebra oggi la sua prima messa crismale”; ai 25 anni di don Calogero di Leo, don Amerigo Rossi, padre Bruno Ottavi OFM e dello stesso mons. Giulietti; i 50 anni di don Alviero Buco, don Francesco Bastianoni, don Abele Brunetti, don Saulo Scarabattoli, don Umberto Stoppa e dello stesso Cardinale; i 60 anni di don Nazzareno Marchesi, don Aldo Milli e don Ignazio Zaganelli; i 65 anni di mons. Aldo Federici e don Siro Nofrini.

Mons Giulietti ha quindi ricordato uno a uno “i membri del clero malati e invalidi, che vivono il proprio sacerdozio nella dimensione dell’anzianità o della sofferenza”, ed ha concluso ringraziando il Signore ‘per il dono di due giovani che sono entrati nell’anno propedeutico, portando a 22 il numero dei seminaristi (18 al Regionale, 1 al Seminario romano e 3 diaconi di prossima ordinazione).

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L’editoriale. A Cuba incontro storico per l’ecumenismo e la pace tra Papa Francesco e il patriarca Kirill https://www.lavoce.it/papa-francesco-e-il-patriarca-kirill-a-cuba-un-incontro-storico-per-lecumenismo-e-la-pace/ Thu, 11 Feb 2016 22:52:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45401 Un incontro storico per l’ecumenismo e la pace è quello che avverrà a Cuba, in ‘territorio neutro’, tra Papa Francesco e il Metropolita di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Gli umbri, soprattutto i perugini, ricorderanno la venuta a Perugia di Kirill, allora Metropolita di Smolensk e Kaliningrad, il 2 ottobre 2002 per ricevere dall’Università di Perugia la laurea honoris causa in Scienze politiche; era accompagnato dal prof. Adriano Ricucci della Comunità di Sant’Egidio (Roma). Ad accogliere l’illustre ospite nella casa vescovile di Perugia fui io stesso, allora presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, presenti anche gli altri Vescovi delle diocesi umbre.

Dopo lo scambio di saluti, al Metropolita feci dono di una pregevole icona della Madonna delle Grazie dipinta da don Nello Palloni, e lo portai a vedere l’originale in cattedrale, presenti i canonici. Nei convenevoli, ebbi modo di ricordare un frate francescano, Giovanni da Pian del Carpine (Magione), che per commissione del Papa viaggiò sino alla remota Mongolia, scrivendo un’interessante Storia dei mongoli.
Il Metropolita apprezzò questi gesti di cortesia, restituendoli ai Vescovi dell’Umbria quando anni dopo, nel 2011, si recarono a fargli visita a Mosca quale Vescovo metropolita dell’intera Russia, nella maestosa cattedrale ricostruita dopo la barbara demolizione a opera di Stalin.

Personalmente ho avuto occasione di fare nuovamente visita al metropolita Kirill nell’ottobre 2014, partecipando a una sua solenne liturgia in occasione di un corso di studi dell’Accademia teologica, nella lavra [monastero] della Santissima Trinità a Sergiev-Posad: ne fu gradevolmente sorpreso. Nell’insieme si tratta di piccoli passi verso un reciproco riconoscimento (ma – a dire il vero ancora lontano) della nostra comune matrice cristiana, pur divergendo su questioni legate spesso a vicende politiche del passato più che religiose. Questo fatto però non ha impedito a noi di accogliere già da tempo a Perugia comunità cristiane ortodosse di più etnie: immigrati greci, romeni, ucraini, moldavi…, mettendo a loro disposizione alcune chiese perché potessero avere ambienti in cui radunarsi per pregare.

Questa particolare attenzione al passaggio in Umbria del Metropolita di Mosca è legata anche alla vocazione ecumenica di Perugia, che conta tra le sue istituzioni culturali un’Università per Stranieri frequentata da studenti anche del mondo orientale, per i quali molto si adoperava il compianto mons. Elio Bromuri, che ha dato vita a istituzioni specifiche sia culturali che di ospitalità. È doveroso ricordare il suo Centro internazionale di accoglienza della gioventù / Ostello (nella sua stessa casa di Perugia), e il Centro universitario ecumenico “San Martino”, con una chiesa-auditorium, una biblioteca specializzata e il bollettino di informazione Una città per il dialogo.

Viene da lontano, quindi, questa sensibilità ecumenica della stessa arcidiocesi di Perugia, che ha influenzato anche le istituzioni civili e che ha consentito pure a me di avviare più iniziative di dialogo in varie città d’Europa: da Graz, a Ottmaring, a Sibiu in Romania.

Non possiamo quindi non seguire con particolare attenzione questo incontro, che rinnova le attese dell’incontro che avvenne tra Paolo VI e il patriarca di Costantinopoli Atenagora. Dalla pace religiosa anche la società civile trarrà vantaggi di equilibrio sociale e di entusiasmo creativo, in un tempo carico di molteplici tensioni e malesseri, come quelli che Papa Francesco ha ricordato a chiusura della sua bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia (vedi Misericordiae vultus , n. 19).

 

 

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Cattolici e greci ortodossi a Perugia: amicizia di lunga data https://www.lavoce.it/cattolici-e-greci-ortodossi-a-perugia-amicizia-di-lunga-data/ Fri, 22 Jan 2016 14:41:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45155

In molti si ricordano ancora di quelle domeniche in cui andando a messa alla Chiesa dell’Università, a Perugia, capitava di aspettare un po’ fuori della chiesa che uscissero i greci che avevano appena concluso la celebrazione della Divina liturgia. Il rettore della Chiesa, don Elio Bromuri, fondatore del “Centro ecumenico e universitario San Martino”, li aveva accolti negli anni ’80/’90 offrendo loro uno spazio in cui celebrare. Gli studenti e i frequentatori della Cappella universitaria hanno così vissuto la vicinanza spirituale e fisica con la numerosa comunità greco - ortodossa che viveva a Perugia. Da una decina d’anni la comunità greco - ortodossa ha una sua propria chiesa, sede della parrocchia dedicata a San Gerasimo, in via Benincasa 1, una traversa di via dei Priori, diventando “vicini di casa” della comunità evangelica Valdese, finché questa non si è trasferita nella nuova sede in via Machiavelli. Padre Giorgio Khachidze, parroco di San Gerasimo, ricorda come la comunità greco - ortodossa di Perugia abbia avuto inizio con i “chierici dell’Arcidiocesi greco - ortodossa d’Italia che venivano a Perugia presso la Chiesa dell’Università per celebrare la Divina liturgia una volta al mese “per le necessità spirituali della popolazione, della gioventù Cristiana ortodossa studentesca ed anche delle Organizzazioni greche e cipriote che esistevano all’epoca”. Per questo chiesero all’arcivescovo del tempo, mons. Giuseppe Chiaretti, una chiesa per “conto proprio”, richiesta che venne accolta e si concretizzò il 14 maggio del 2005 con la firma del comodato (rinnovato nel 2010 dal cardinale Gualtiero Bassetti) e la consegna delle chiavi della chiesa di Santa Croce, in via Benincasa 1, alla Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e l’Esarcato per l’Europa meridionale. Primo parroco è stato l’archimandrita Evangelos Yfantidis, attuale vicario del metropolita Gennadios arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta ed esarca dell’Europa meridionale, che sarà a Perugia domenica 24 gennaio per celebrare la Divina liturgia (alle ore 11) in occasione dei dieci anni della istituzione della parrocchia. I fedeli che frequentano la parrocchia di San Gerasimo sono prevalentemente di nazionalità greca, cipriota, serba, bulgara, russa e, aggiunge padre Giorgio, ci sono anche coppie miste in cui uno dei coniugi è cattolico. Attuale parroco è padre George Khachidze, un presbitero coniugato con tre figli. Ha compiuto studi post universitari in Georgia, a Tbilisi e studi di specializzazione in Teologia morale  a Roma presso l’Università Alfonsiana.  ]]>

In molti si ricordano ancora di quelle domeniche in cui andando a messa alla Chiesa dell’Università, a Perugia, capitava di aspettare un po’ fuori della chiesa che uscissero i greci che avevano appena concluso la celebrazione della Divina liturgia. Il rettore della Chiesa, don Elio Bromuri, fondatore del “Centro ecumenico e universitario San Martino”, li aveva accolti negli anni ’80/’90 offrendo loro uno spazio in cui celebrare. Gli studenti e i frequentatori della Cappella universitaria hanno così vissuto la vicinanza spirituale e fisica con la numerosa comunità greco - ortodossa che viveva a Perugia. Da una decina d’anni la comunità greco - ortodossa ha una sua propria chiesa, sede della parrocchia dedicata a San Gerasimo, in via Benincasa 1, una traversa di via dei Priori, diventando “vicini di casa” della comunità evangelica Valdese, finché questa non si è trasferita nella nuova sede in via Machiavelli. Padre Giorgio Khachidze, parroco di San Gerasimo, ricorda come la comunità greco - ortodossa di Perugia abbia avuto inizio con i “chierici dell’Arcidiocesi greco - ortodossa d’Italia che venivano a Perugia presso la Chiesa dell’Università per celebrare la Divina liturgia una volta al mese “per le necessità spirituali della popolazione, della gioventù Cristiana ortodossa studentesca ed anche delle Organizzazioni greche e cipriote che esistevano all’epoca”. Per questo chiesero all’arcivescovo del tempo, mons. Giuseppe Chiaretti, una chiesa per “conto proprio”, richiesta che venne accolta e si concretizzò il 14 maggio del 2005 con la firma del comodato (rinnovato nel 2010 dal cardinale Gualtiero Bassetti) e la consegna delle chiavi della chiesa di Santa Croce, in via Benincasa 1, alla Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e l’Esarcato per l’Europa meridionale. Primo parroco è stato l’archimandrita Evangelos Yfantidis, attuale vicario del metropolita Gennadios arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta ed esarca dell’Europa meridionale, che sarà a Perugia domenica 24 gennaio per celebrare la Divina liturgia (alle ore 11) in occasione dei dieci anni della istituzione della parrocchia. I fedeli che frequentano la parrocchia di San Gerasimo sono prevalentemente di nazionalità greca, cipriota, serba, bulgara, russa e, aggiunge padre Giorgio, ci sono anche coppie miste in cui uno dei coniugi è cattolico. Attuale parroco è padre George Khachidze, un presbitero coniugato con tre figli. Ha compiuto studi post universitari in Georgia, a Tbilisi e studi di specializzazione in Teologia morale  a Roma presso l’Università Alfonsiana.  ]]>
Un Pastore contro la violenza https://www.lavoce.it/un-pastore-contro-la-violenza/ Fri, 13 Nov 2015 13:03:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=44399 Il card. Bassetti con accanto le reliquie di S. Ercolano esposte nella chiesa universitaria
Il card. Bassetti con accanto le reliquie di S. Ercolano esposte nella chiesa universitaria

Il card. Gualtiero Bassetti, in occasione della solennità di sant’Ercolano, patrono di Perugia e defensor civitatis, ha esortato credenti e non credenti all’onestà, alla giustizia e a servire con disinteresse la collettività.

Durante l’omelia pronunciata sabato 7 novembre davanti a numerosi studenti e docenti – tra cui il rettore Moriconi e il pro-rettore Figorilli -, che gremivano la chiesa dell’Università (sant’Ercolano è anche patrono dell’ateneo), il Vescovo ha parlato della corruzione che “è entrata, purtroppo, in parti della società civile e si è insinuata anche in alcune strutture della Chiesa. Noi siamo in comunione profonda con Papa Francesco, che regge la Chiesa con la forza di Dio e sostenuto, nella sua missione di successore di Pietro, dallo Spirito santo”.

Nell’evidenziare poi la testimonianza di fede del vescovo e martire Ercolano e prendendo spunto dal brano del Buon Pastore (Gv 10), Bassetti ha parlato di Cristo che “si fa modello per ogni pastore: conosce le sue pecore, le ama appassionatamente, le difende, porta sulle spalle con particolare premura quelle stanche e malate, perché nessuna abbia a perdersi. È questo l’atteggiamento che ogni cristiano, e in particolare chiunque abbia un posto di responsabilità, nella Chiesa o nella società, dovrebbe tenere. Questo è lo spirito che dovrebbe soggiacere non solo a ogni forma di governo ma anche semplicemente di prossimità: servire e curare (‘custodire’ come dice il Papa) le persone che il Signore ci affida. In questo senso si capisce perché dietro ogni categoria di ‘potere’, o meglio di ‘responsabilità’, per l’insegnamento evangelico non può non esserci un atteggiamento di servizio e, se necessario, di immolazione. Questo è il compito del vescovo che, in ogni tempo, è chiamato a farsi carico del popolo a lui affidato. Tanto più il vescovo si conforma al Signore Gesù buon pastore, tanto più saprà guidare e custodire il suo gregge”.

Il vescovo Ercolano – ha proseguito Bassetti – “ha protetto il suo popolo e ha difeso l’intera comunità perugina dal pericolo della violenza, della guerra e della sopraffazione. Non ha esitato a dare la propria vita: non è fuggito, non ha fatto baratto; ha affrontato la violenza degli assalitori con grande fede e il suo sangue grida ancora contro l’odio e l’ingiustizia. Grida ancora contro la prepotenza del male che oggi come allora, pur se con nomi e sembianze diverse, cerca di assalire la nostra comunità, specie negli ultimi tempi, con preoccupanti e inquietanti intromissioni della malavita organizzata”.

Il Cardinale ha poi parlato del “popolo perugino che per secoli è stato interamente un popolo cristiano” e che “ha sempre amato il suo santo pastore. Nella figura del vescovo-eroe Ercolano si sono incarnate le migliori virtù cittadine. In nome di Ercolano sono stati redatti gli antichi Statuti, sotto la protezione di Ercolano è stato posto fin dall’inizio lo Studium, con la consapevolezza che i valori cristiani e quelli civici fossero, come lo sono e lo saranno sempre, la base portante della cultura e del sapere. Una civiltà nasce e si sviluppa se alle sue radici vi è una seria e profonda visione dell’uomo, creato a immagine di Dio e centro di tutto il creato”.

Avviandosi alla conclusione si è soffermato sul Giubileo della Misericordia: “Sarà un tempo felice e privilegiato di pienissima ‘perdonanza’ e di affettuoso abbraccio da parte del Dio della misericordia e del perdono. Sarà un tempo di seria conversione anche per noi, stanchi di una vita talvolta sregolata o che si accontenta di vivere un cristianesimo di facciata… Sia il martire Ercolano ad accompagnarci verso la infinita misericordia di Dio”.

Al termine della celebrazione la Pastorale universitaria, diretta da don Riccardo Pascolini, ha presentato un piccolo dono consegnato dal Cardinale ai neo-laureati. Si tratta di un’ampollina contenente l’olio di nardo, componente del crisma, “simbolo di un mandato – ha spiegato don Pascolini – per mettere a frutto il tempo investito negli studi, portando nel mondo il profumo di Cristo”.

 

In memoria di don Elio

La festa di sant’Ercolano del 7-8 novembre è stata occasione per “rendere omaggio anche alla figura di mons. Elio Bromuri per decenni instancabile e appassionato sostenitore del culto al santo”. Così il card. Bassetti all’inizio dell’omelia nella chiesa dell’ateneo, nel ricordare chi fu rettore per lustri delle chiese di Sant’Ercolano e dell’Università, scomparso il 17 agosto. L’assenza di don Elio non poteva non farsi sentire nelle celebrazioni dedicate al Patrono. Tant’è vero che le varie iniziative culturali promosse per la ricorrenza hanno richiamato al suo appassionato e instancabile impegno nel tenere viva la memoria del santo martire e defensor civitatis, a partire dall’impegno a favore dell’apertura della chiesa monumentale di Sant’Ercolano, come ha sottolineato il presidente di “Radici di pietra” Michele Bilancia. Daniele Lupattelli ha ricordato la vicinanza umana e spirituale di mons. Bromuri agli anziani assistiti dal Sodalizio di San Martino.

 

Create medaglie e cialde in onore del Patrono

Non sono mancate neppure quest’anno le iniziative culturali in onore di sant’Ercolano, tenutesi il 7-8 novembre. Nella chiesa dell’ateneo, al termine della messa presieduta dal card. Gualtiero Bassetti, il coro dell’Università diretto dal maestro Salvatore Silivestro ha eseguito l’Inno a sant’Ercolano, composto per coro e organo dallo stesso maestro su un testo di papa Leone XIII. Una copia di quest’inno il card. Bassetti l’ha consegnata al Papa emerito Benedetto, che conosce gli scritti dal suo predecessore in onore dei santi patroni Ercolano e Costanzo. Un dono che il Papa emerito ha molto gradito e ha inviato una lettera di ringraziamento al Cardinale, che a sua volta l’ha consegnata al rettore dell’Università Franco Moriconi. Il maestro Silivestro ha anche presentato al Cardinale il testo dell’Inno a san Costanzo, da lui composto di recente. La chiesa di Sant’Ercolano ha ospitato alcuni eventi, tra i quali la conferenza di Annie Cottrau dal titolo “Il culto di sant’Ercolano attraverso le immagini”. “Immagini e documenti – ha commentato don Francesco Benussi, rettore della chiesa intitolata al Patrono –, che ci permettono di mettere a fuoco la storicità di questa figura, legata indissolubilmente alla vita della città”. Molto partecipato è stato l’incontro “Una medaglia per sant’Ercolano” promosso dall’associazione “Radici di pietra” con il patrocinio dell’Università degli studi, dell’Accademia di belle arti e dell’Università dei sapori. La finalità è tenere viva la memoria del santo Patrono e di contribuire alla gestione-apertura della chiesa di Sant’Ercolano, con la distribuzione delle stesse medaglie (in terracotta grezza) realizzate in due versioni. Primo, il “medaglione” (10 esemplari e i successivi creati su richiesta): chi è interessato può riceverlo con un’offerta minima di 50 euro. Poi la medaglia (100 pezzi numerati) con offerta minima di 25 euro). Oltre all’iniziativa delle medaglie, è in cantiere quella di un dolce – cialda – da produrre per la festività. A due insigni artisti perugini, i maestri Marino Ficola e Luciano Tittarelli, sono state affidate le incisioni della “medaglia per sant’Ercolano” e del “ferro da cialda” con l’effige del Santo. L’incontro di presentazione di questi oggetti è stato coordinato dal giornalista e critico d’arte Mimmo Coletti e introdotto da don Francesco Benussi e Michele Bilancia, presidente di “Radici di pietra”. Sono interventi gli studiosi Franco Ivan Nucciarelli, Francesca Duranti e Marilena Moretti Badolato; conclusioni affidate a Daniele Lupattelli, membro del Consiglio di amministrazione del Sodalizio di San Martino, benemerita istituzione proprietaria della chiesa di Sant’Ercolano. L’incontro si è concluso con la benedizione delle medaglie e delle cialde, un “primo assaggio” di quello che sarà il dolce di sant’Ercolano.

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Giornalismo. La scomparsa di Dante Ciliani, a tutti diceva: “Non mollare” https://www.lavoce.it/giornalismo-la-scomparsa-di-dante-ciliani-a-tutti-diceva-non-mollare/ Fri, 18 Sep 2015 13:05:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43368 Dante Ciliani e don Elio Bromuri
Dante Ciliani e don Elio Bromuri

Il mondo del giornalismo umbro ha detto addio il 15 settembre a Dante Ciliani, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria e firma del Messaggero, morto a 59 anni per una grave e repentina malattia. Una folla di amici, colleghi, conoscenti ha partecipato al funerale nella chiesa di San Francesco a Terni: per tutti, Ciliani era un amico, non solo un collega e professionista autentico. Un amico che ci piace ricordare nella nostra redazione, quando, in qualità di presidente dell’Ordine regionale dei giornalisti, incontrò i colleghi e collaboratori de La Voce, seduto tra noi a parlare di comunicazione, a confrontarsi sulle difficoltà e prospettive dei media, sempre più ingabbiati tra nuove normative e carenza di risorse economiche. Alla fine, da lui arrivava sempre un incoraggiamento a proseguire, a essere parte attiva del dibattito sociale e culturale attraverso le pagine del nostro giornale. Dimostrava sensibilità anche nei confronti della comunicazione sociale ecclesiale regionale, interessandosi, in non poche occasioni, alla loro evoluzione, apprezzando l’impegno delle istituzioni religiose nell’investire risorse e professionalità in questo non sempre facile settore. Tante volte ha detto di “non mollare” ai colleghi dei media ecclesiali, definiti spesso – nell’ambiente – operatori di un “giornalismo di nicchia”. Sempre affabile e disponibile a raccogliere e a fare sue le istanze di tanti colleghi, soprattutto giovani e precari, ha testimoniato e scritto una bella pagina della storia contemporanea del giornalismo. Ciliani è stato di incoraggiamento e stimolo per non pochi colleghi, soprattutto per coloro che con il loro servizio danno voce a chi voce non ha, e che contribuiscono a far prevalere il “giornalismo dal volto umano”. A Perugia come a Terni, sua città di origine, era sempre presente agli incontri per la festa del patrono san Francesco di Sales. Lo ricordiamo ancora accanto al cardinale di Perugia e presidente della Ceu, Gualtiero Bassetti, lo scorso 24 gennaio. Non ha voluto mancare a quell’appuntamento, ormai una tradizione per i media perugini, portando il saluto affettuoso di tanti giornalisti “laici” al card. Bassetti, definito un “amico della stampa”. La sua assenza si sentirà, come anche quella di don Elio Bromuri, il direttore de La Voce venuto a mancare lo scorso 17 agosto. Tutta la redazione de La Voce esprime il più sentito cordoglio alla famiglia, all’Ordine dei giornalisti dell’Umbria e alla redazione del Messaggero.

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Giorno che non voleva finire https://www.lavoce.it/giorno-che-non-voleva-finire-2/ Thu, 03 Sep 2015 12:50:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43064 Non voleva finire, quel giorno. Il giorno dell’Ad Deum a don Elio, amico e maestro. Sono tornato a casa sfinito come si conviene a un vecchietto che ama fare cosa da ventenne. In questi casi “il materasso è il massimo che c’è”, come cantava anni fa Renzo Arbore. Il massimo: in lana, in latice o ad acqua: il materasso a quell’ora è il massimo che c’è. Ma solo dopo un ultimo zapping fra i maggiori canali televisivi, che stasera sarà particolarmente rapido. “Sarà”… avrebbe dovuto essere.

Perché, arrivato al canale 28, sullo schermo apparve una figura di statista che ho amato visceralmente, come può amare solo un adolescente precocemente contagiato dalla passione politica. Alcide De Gasperi, c’è ancora da aspettare molto per vederlo nella gloria degli altari? Avevo 16 anni quando partecipai alla sua liturgia di commiato. Fine estate 1954. In S. Maria degli Angeli alle Terme. Piazza dell’Esedra, un passo da Termini.

Non esisteva ancora l’autostrada, e il nostro pullman (“torpedone” lo chiamavamo allora noi villici) partì da Gubbio a mezzanotte per essere a Roma alle 9… su e giù, giù e su, dentro e fuori Gualdo, dentro e fuori Nocera, dentro e fuori Foligno, dentro e fuori Spoleto. Arrivammo a Roma alle 8 e mezza. Gualciti. Ma quel giorno, quella folla immensa, quei volti irrigati di lacrime, quelle 50.000 bandiere bianche che garrivano gioiose al vento… ho tutto qui, davanti al mio sguardo di vecchio che con uno gnocco in gola loda, ringrazia, rimpiange.

Ma lo sceneggiato che scorreva sul piccolo schermo alle 23 del giorno delle esequie di don Elio non ha catturato la mia attenzione solo per questo ricordo. Ad affascinarmi era soprattutto la qualità di quella vita, personale e politica, il suo spessore umano e cristiano. Stanchissimo. “Ma una mezz’ora posso ancora dedicargliela, al mio De Gasperi”.

Sono rimasto fino alle una e un quarto, fino alla fine. Il difficile mixage fra idealità e realismo di cui dette prova nel 1946, alla Conferenza di pace di Parigi; nel 1952 con la sua dolorosa resistenza all’inaccettabile comando di Pio XII, il suo Pio XII; nel 1954 quando si dimise da Presidente del Consiglio perché incredibilmente dalle urne non era uscito quel premio di maggioranza che la sua saggezza aveva pensato, e sul quale la sinistra avevano sparato cannonate tanto fragorose quanto indegne, Perle, nel contesto di una vita tutta da rimeditare. Dal rapporto spirituale con sua figlia suora, quasi un suo padre spirituale, al rapporto incredibilmente rispettoso con i suoi avversari, anche quando cercavano di schiacciarlo. Roba di ieri? No, roba da “ora e sempre”.

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Ci sentiamo orfani della sua parola https://www.lavoce.it/ci-sentiamo-orfani-della-sua-parola/ Thu, 03 Sep 2015 12:43:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43040 Cari lettori, alla ripresa delle attività delle nostre comunità diocesane dopo la pausa estiva attendevamo, come ogni anno, i preziosi contributi e suggerimenti dell’indimenticabile don Elio Bromuri sul lavoro pastorale delle nostre Chiese. Lui stesso, all’incontro del nostro settimanale dello scorso 27 giugno, ci ha fornito un’anticipazione delle linee da seguire in un anno non poco impegnativo iniziato lo scorso primo settembre con la Giornata del creato: “Una festa – disse don Elio – che dura un mese intero”.

Soprattutto ci ha esortato a cogliere “la sfida del Giubileo prossimo venturo come una provvidenziale opportunità di rinascita spirituale e morale nella nostra Chiesa e nella società intera, che porti frutti anche in ambito economico e sociale”.

Il nostro amato Direttore è stato chiamato alla Casa del Padre. È ancora impressa nei miei occhi la moltitudine di persone che ha gremito la cattedrale di San Lorenzo il giorno delle esequie.

Non sarà facile fare a meno dei puntuali, obiettivi, sereni e determinati interventi a 360 gradi che hanno sempre caratterizzato i suoi editoriali, pubblicati anche da altri settimanali cattolici italiani. I suoi scritti erano di apertura e di dialogo con la società intera, oltre che con la Chiesa.

Ci sentiamo orfani della sua parola. Sono certo che il nostro don Elio, che speriamo partecipe della comunione dei santi, continuerà a darci preziosi consigli, e soprattutto ci sosterrà per andare avanti, perché ci ha sempre insegnato che l’uomo dinanzi a qualsiasi dolore e sofferenza non deve mai fermarsi, ma continuare – con l’aiuto di Dio – il suo cammino terreno.

Per questo, come non cogliere e fare nostro il suo appello a proseguire la lunga via già percorsa dalla nostra Voce nei suoi sessanta e più anni di pubblicazione? “Otto Chiese, una Voce” diceva spesso e con voce ferma, auspicando – con l’aiuto di amici, benefattori e mecenati vecchi e nuovi, come ebbe a dire nel suo ultimo incontro pubblico del 27 giugno scorso – di “poter dare un segnale di svolta con un’edizione, almeno una volta al mese, tutta a colori, con una redazione arricchita di volontari che possano recepire con maggiore tempo e attenzione le istanze e realizzare l’edizione digitale”.

Il nostro Direttore ci ha lasciato queste “consegne”, che, provvisoriamente e in vista di una generale riorganizzazione della comunicazione ecclesiale regionale per razionalizzare al meglio risorse e professionalità, affidiamo come Vescovi a giornalisti formati alla “scuola” de La Voce di don Elio, che operano da tempo nel settore della comunicazione istituzionale della nostra Chiesa umbra.

Riccardo Liguori, direttore responsabile ad interim, Francesco Carlini e Elisabetta Lomoro avranno il compito di arricchire e a sostenere il lavoro svolto per lunghi anni, al fianco di don Elio, da Maria Rita Valli, caporedattrice, e da tutti i membri della redazione ai quali va il mio sentito ringraziamento.

Dallo spirito di collaborazione si misura anche il grado di unità e di comunione delle Chiese umbre nell’ambito della comunicazione. A tutti auguro un fruttuoso lavoro in continuità con lo stile giornalistico di don Elio. E a tutti gli affezionati lettori auguro un buon prosieguo di lettura della nostra Voce nel ricordo del suo Direttore, consapevole che la sua assenza sarà per molto tempo motivo di rimpianto.

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“Lettera agli amici”. L’editoriale del numero dedicato a mons. Bromuri https://www.lavoce.it/lettera-agli-amici/ Wed, 26 Aug 2015 16:18:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42897 don Elio Assisi2013“Che cosa renderò al Signore
per quanto mi ha dato?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo”
(Salmo 115,12-14)

Le parole del Salmo possono racchiudere i pensieri e i sentimenti di questo momento in cui mi si presentano davanti cinquant’anni di ministero presbiterale (29 giugno 1953 – 29 giugno 2003). Tutto, infatti, è dono e mistero, accolti – e da accogliere fino alla fine – nello stupore e con gratitudine. Il pane ricevuto, offerto, consacrato e distribuito per la comunione e il calice innalzato mille volte nella cattedrale di San Lorenzo, nella chiesa di San Francesco a Deruta, a Sant’Ercolano, nella chiesa dell’Annunziata dell’Università e in molti altri luoghi sacri, sono i segni più nobili e alti cui la fragile umanità di una persona, invano ammantata, se non sopraffatta, da rituali paramenti, è deputata.

E le parole, quante parole! Sempre le stesse e sempre nuove, evangelo vivo e vitale che scaturisce dall’inesauribile Sorgente dove Lettera e Spirito sono indissolubilmente sposati. La Parola, discesa nell’assenso della fede e nel silenzio della contemplazione, prende corpo in passione e intelligenza, conforto e ammonimento per chi la pronuncia, prima, e per coloro che l’accolgono. Spesso sono proprio gli uditori della Parola a renderla attuale e percepirla in tutta la cogente pregnanza storica ed esistenziale.
Mi hanno sempre intimamente toccato gli occhi fissi di chi ascolta, giovani pieni di vita e persone che contemplavano da vicino l’ultimo traguardo. Esperienze avvolte nel silenzio come si conviene a quell’ampio livello di vita che trascende il linguaggio. È immenso lo spazio che Gesù, il Verbo incarnato, ha dedicato al silenzio pieno di misericordia. Abbiamo cercato insieme di essere suoi discepoli proponendoci una via semplice, un cristianesimo dal volto umano, lontano dall’arroganza dei fondamentalismi ed evitando la separatezza dei settari, aperti al dialogo “globale” nell’atmosfera terrestre delle piazze e delle strade, in riva al mare e sui monti, quelli del Tabor e delle Beatitudini o, anche, dell’invalicabile monte degli Olivi. Non c’è scena evangelica più bella di quella di Gesù che predica dalla barca in riva al lago.

Desidero rivolgere anche una parola commossa piena di gratitudine alle tante persone amiche che mi hanno donato affetto, stima e collaborazione. Porto tutti, sempre, nel cuore e sull’altare. Nomino soltanto i miei genitori. Sono essi gli artefici primi e i collaboratori di Dio non solo per i cinquant’anni di sacerdozio presbiterale, ma per l’origine della mia stessa vita.

A tutti gli altri dico: non contiamo ciò che abbiamo dato e ciò che abbiamo avuto, perché siamo tutti dentro il circolo vitale della grazia trinitaria che tutti ci avvolge con infinito amore.

Grazie! Amen!

Perugia, 29 giugno 2003

 

(Questo è il testo della lettera che don Elio Bromuri ha scritto per gli amici che con lui hanno festeggiato i 50 anni di ordinazione presbiterale. Lo abbiamo scelto come editoriale per aprire il numero 31 de La Voce, edizione speciale a lui dedicata)

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“Il monsignore laico” https://www.lavoce.it/il-monsignore-laico/ Wed, 26 Aug 2015 16:07:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42890 Da sin. l’arcivescovo Gualtiero Bassetti, mons. Carlo Ghidelli, mons. Elio Bromuri
Da sin. l’arcivescovo Gualtiero Bassetti, mons. Carlo Ghidelli, mons. Elio Bromuri

Erano avvolgenti come una nuvola leggera le note della sinfonia n. 40 di Mozart, modernamente arrangiata da Valdo de Los Rios, che, sprigionandosi da un bello stereo (per quei tempi) piazzato sotto gli affreschi quattrocenteschi retrostanti l’altare rimosso, ti accoglievano nell’ex chiesa di Via del Verzaro, a Perugia, dietro la facoltà di Lettere. Pomeriggi degli anni Settanta: dopo qualche ora di studio capitava anche che, ogni tanto, ti venisse la voglia di fare un salto, il lunedì, al centro ecumenico ed universitario “San Martino”.

Ad aspettarti c’era, immancabile, don Elio; accanto a lui una pila di volumi e diverse riviste appoggiati sulla pesante tovaglia rossa di tela umbra che copriva il grande tavolo delle conferenze, solo in particolari circostanze posto a mo’ di cattedra sulla pedana della zona altare, il più delle volte piazzato invece al centro della sala per sistemarsi comodamente intorno e avviare le discussioni in programma. Le prime volte era sorpreso, ma ti guardava con l’aria soddisfatta del pescatore che aveva gettato l’amo e ti aveva fatto abboccare con inattesa facilità. Lo faceva a scuola, al liceo classico dove in quegli anni insegnava storia e filosofia.

Addentrandosi nelle lezioni buttava là: “Perché non venite oggi pomeriggio al centro ‘San Martino’, dove con Tizio e Caio svilupperemo questo tema più approfonditamente?”. Così provavi ad andare, per vedere come si riprendeva il filo di un discorso avviato tra i banchi con un taglio didattico inconfondibile, una chiarezza limpida, una dialettica ferma e un rigore inappuntabile, indiscutibilmente “laico” sul piano scientifico, ma stemperato e reso ancor più accattivante da non rare punte di ironia. Anche a scuola posava sulla cattedra una piccola pila di libri attingendo ai quali – senza dare in escandescenze ma suscitando qualche borbottio tra i compagni impegnati nei “collettivi” – annacquava abilmente l’influsso marxista dei testi ereditati dai suoi predecessori.

Al Camera-Fabietti, per quanto riguardava la storia, faceva fare il controcanto dal De Rosa; per la filosofia equilibrava il Giannantoni affidandosi non a uno studioso cattolico, ma a un liberale di stretta ortodossia crociana: il De Ruggiero, i cui tredici volumi di storia della filosofia ormai introvabili della “Universale Laterza” credo abbiano costituito per diversi della mia leva il primo nucleo delle biblioteche personali. Ma non era un rozzo rimpiattino ideologico: era un incentivo ad aprire gli orizzonti, a confrontare tesi diverse, magari anche un tentativo di tirare fuori la cultura di ispirazione cattolica dall’emarginazione subculturale cui veniva effettivamente costretta dal conformismo imperante in quegli anni.

E se ti poteva interessare, la venivi a scoprire lentamente proprio al “San Martino”, dove sembrava che don Elio lasciasse apposta sopra quel grande tavolo, accanto a ogni tipo di bibbia interconfessionale, libri di Maritain, Gilson, Mounier, Bernanos e molti altri ancora perché li sbirciassi, e ti invogliassi, oltre che a leggerli, a seguire le conferenze in programma con professori universitari come Armando Rigobello, Mario Naldini, Aurelio Privitera, Cornelio Fabro e via dicendo.

Era questo il modo con il quale don Elio innescava con sapienza quel gioco tra cultura e religione, tra ragione e fede sullo schema dell’agostiniano credo ut intelligam, intelligo ut credam che finiva per costituire un tutt’uno, dalla cattedra del liceo alle conferenze del “San Martino” fino al pulpito, la domenica, nella “sua” sant’Ercolano (per lui luogo simbolo dell’incontro a Perugia tra la città dell’uomo e quella di Dio) e in quella chiesa dell’Università a proposito della quale si è sempre detto orgoglioso di avervi ripristinato il culto, dopo essere stata “massonizzata” – non mancava mai di sottolineare – nei tanti anni in cui era stata adibita ad aula magna dell’ateneo.

Questo don Elio diceva apertamente anche nella fase in cui un certo mondo cittadino, affascinato anch’esso dalla grande cultura e capendone in pieno la potenzialità dello stile, provava a blandirlo per trascinarlo dalla propria parte, equivocando un po’ troppo sulla sua effettivamente grande apertura mentale. Nell’incipiente clima di compromesso storico, un vivace giornale della sinistra (molto letto da quella radical-chic in rapida ascesa e ancora priva di Repubblica), nella pagina umbra gli aveva dedicato un brillante profilo, tratteggiandolo già nel titolo come “Il monsignore laico”, ben cogliendo – ma soltanto da un superficiale punto di vista essenzialmente estetico – il senso di modernità che infondeva anche il suo portamento, soprattutto grazie ai sartriani maglioni “dolce vita” e color panna che indossava sotto la giacca scura, in testa il borsalino che tendeva a coprire appena gli occhiali sottili, e tanto di sciarpa bianca al collo: una impeccabile mise, insomma, da rampante teologo sfornato dall’università di Friburgo al passo con i ritmi più sostenuti del rinnovamento conciliare.

Poteva esserci del vero in quel titolo, ma più in funzione delle attese di certi ambienti che nella sostanza. Mi sembra di ricordare, del resto, che in quel titolo non ci si ritrovasse: non c’è dubbio che fosse uno spirito libero e che, convintamente coinvolto dal concilio, non mancasse di criticare non pochi aspetti della chiesa ormai superati ma ancora persistenti: Ecclesia semper reformanda avrebbe ben potuto essere il motto – pur così “pericolosamente” luterano – del suo stemma se mai fosse diventato vescovo, come forse avrebbe meritato. Ma già allora, in piena sintonia con la visione montiniana di cui era impastato, aveva ben presente che le riforme di cui la chiesa necessitava urgentemente non collimavano certo con le sempre più diffuse aspettative secolarizzanti, e che aprirsi alla modernità e comprenderla – cosa che con le sue capacità intellettuali e la sua preparazione culturale sapeva fare come pochi altri – non significava certo assumerla come categoria universale.

Su questo, ed in una fase in cui anche in Umbria non pochi dei suoi confratelli uscivano dal recinto, non esitava a confermarsi fino in fondo prete col “colletto romano” e controcorrente; a partire proprio dal tema dell’ecumenismo (vocazione primaria della sua azione sacerdotale), che ha strenuamente tenuto distante, ad esempio, da ogni commistione con l’irenismo capitiniano entrato in voga proprio nell’Umbria di quegli anni. L’ecumenismo – non si stancava di insegnare e precisare in ogni occasione – era un fatto e un’esigenza di Chiesa, postulava la fede nella Chiesa. Di più: non si poteva parlare di ecumenismo né tra le altre religioni (con cui si doveva comunque dialogare soprattutto sui temi della pace e dei diritti umani), né tra le sette religiose ancorché di derivazione cristiana; esso poteva essere ricercato e conseguito soltanto tra le grandi confessioni cattolica, ortodossa, anglicana e protestante, ed in una prospettiva autenticamente “cattolica”, che recuperasse cioè tra le Chiese quell’universalità della Chiesa frantumatasi con i grandi scismi del medioevo e con la Riforma.

Queste erano le chiare e solide premesse – “paletti” che mai, in ogni caso, avrebbero dovuto trasformarsi in barriere interpersonali – dell’incessante lavoro di studio, discussione e confronto che si svolgeva nel centro ecumenico di via del Verzaro, dove comunque l’incontro tra persone con visioni diverse era il valore essenziale da coltivare e rinsaldare di settimana in settimana, intessendo un dialogo che, seduti intorno a quel massiccio tavolo ricoperto dalla rossa tovaglia di tela umbra, finiva per estendersi ai vari aspetti del mondo.

Era quello il cuore della “Città per il dialogo” (il vero sogno di don Elio fissato sul titolo del “bollettino” che riassumeva le attività del centro), quasi una libera università dove, guidati e coordinati dal logos del fondatore, due o tre generazioni hanno potuto praticare l’incontro tra ragione e fede, assumendo tra l’altro una salutare dose di anticorpi contro irrazionalità e fanatismi di diverso genere, già allora minacciosamente in avanzata anche in campo religioso.

Se con l’ostello del Centro internazionale per la gioventù monsignor Bromuri assolveva all’obbligo evangelico di dare accoglienza a chi chiedeva rifugio, con il centro “San Martino” metteva in atto un’altra opera a suo modo anch’essa di misericordia, dando da bere a chi era assetato non solo di credere, ma di capire approfonditamente cosa credere, e con questo acquisire anche senso e misura delle cose. L’essere stato un così sapiente, quanto discreto e affascinante formatore di coscienze ha conferito, poi, un sapore tutto particolare alla trentennale stagione nella quale don Elio, come direttore de La Voce, è diventato formatore anche di opinione pubblica. Non si spiega altrimenti la cattedrale zeppa di gente come fosse Natale, venuta a dirgli addio in un afoso pomeriggio di pieno agosto.

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I funerali di mons. Elio Bromuri – Il testo integrale dell’omelia del cardinal Bassetti https://www.lavoce.it/i-funerali-di-mons-elio-bromuri-il-testo-integrale-dellomelia-del-cardinal-bassetti/ Tue, 18 Aug 2015 16:45:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42589

Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’omelia dell’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti, in occasione dei funerali di mons. Elio Bromuri  tenutisi nella cattedrale di san Lorenzo il 18 agosto.

“Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato; nudo e mi avete vestito; malato e mi avete visitato; carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,35-36).

Don Elio, durante la notte che per lui ha preceduto l’alba dell’incontro con il Signore, ripeteva con un filo di voce e tra sofferenze che si facevano sempre più acute: “Ho avuto fame, ho avuto sete…”.

Sono le parole che, nell’ultimo giudizio, ciascuno di noi udrà direttamente dalla bocca di Dio, creatore e giudice di tutta l’umanità. Stupenda sintesi di una vita donata con generosità.

Di fronte a tali parole – assolutamente prive di moralismo – la coscienza di ogni uomo potrà trovare solo una delle due possibili risposte: “l’ho fatto” o “non l’ho fatto”. Non ci saranno vie di mezzo né giustificazioni. E nessuno potrà dire: “non lo sapevo”. Quante volte don Elio avrà meditato in cuor suo questo brano del Vangelo; quante volte, scendendo a piedi dalla piazza grande fino a Sant’Ercolano, la “sua” chiesa, gli sarà capitato di leggere questa sentenza incisa sugli architravi delle finestre del Palazzo di giustizia, un tempo Ospedale della Misericordia: e tante volte ne ha scritto, per mettere in guardia sul fatto che al cospetto di Dio null’altro avrà valore se non l’amore praticato e vissuto.

Cari confratelli Vescovi, cari sacerdoti, cari familiari, illustri autorità civili, siamo riuniti nella Chiesa cattedrale per dare il cristiano commiato a mons. Elio Bromuri, per noi sempre “don Elio”: un uomo, un sacerdote di grande valore, un intellettuale acuto, un vero perugino. Concretamente e fin dai primi passi della vocazione sacerdotale, ha cercato di incarnare l’aspetto oblativo dell’esistenza umana: donarsi con tutto quello che si ha e che si è; mettersi a completa disposizione per servire la Parola e  il Popolo di Dio.

Uomo di spiccate qualità, teologo, umanista, docente di storia e filosofia nei licei, fu scelto dai vescovi perugini per seguire da vicino il vasto mondo dell’Università statale, che negli anni ha attirato a Perugia migliaia di giovani da tutta Italia, specie dal Sud. Come responsabile della Cappella universitaria, docente alla Stranieri, e animatore della pastorale d’ambiente, don Elio s’è sentito interpellare dalle esigenze umane, culturali e spirituali di tanti ragazzi, spesso inesperti della complessa realtà urbana e accademica e un po’ spauriti, trovandosi lontano da casa.

Per loro ha procurato un luogo di riferimento e di accoglienza nell’antico palazzo dell’Opera Pia Marianna Paoletti, nel cuore di Perugia. Aiutato dai giovani della FUCI, ha avuto così la possibilità di avvicinare tanti studenti, offrendo loro il calore dell’amicizia, la consolazione della stima e l’abitudine al ragionamento, all’uso non mistificato della ragione, grazie al quale il dialogo può avvenire con chiunque, da qualsiasi punto di vista si parta. Mettere tutti intorno ad un tavolo per trattare di questioni teologiche, sociali e politiche era per don Elio un servizio per far vivere ai giovani, ma anche a tanti adulti, esperienze utili alla crescita umana, solo grazie alla quale è possibile anche una sana crescita spirituale.

Operando in questo mondo dell’accoglienza, don Elio, con l’équipe che intanto gli è cresciuta accanto, scopre l’esistenza dello “straniero”, che professa fedi religiose “altre”, per non parlare delle ideologie disparate e non di rado in contrasto reciproco, con relative strumentalizzazioni. Siamo negli anni Settanta, e Perugia, con le sue due Università, è un crogiuolo di presenze da tutto il mondo. Esse interpellano l’intelligenza e la fede di un uomo e sacerdote della tempra di don Elio, che al servizio dell’Altro ha ormai posto la sua vita…

Nasce così, con questo spirito dialogico, l’esperienza del Centro Ecumenico Universitario San Martino in via del Verzaro, la cui attività prosegue ancora, senza soste, da più di cinquanta anni.  Le aperture del Concilio Vaticano II al mondo contemporaneo trovano nella mente fervida di don Elio una profonda attenzione. La Chiesa sta spalancando le braccia sul mondo intero, come non era mai avvenuto. Inizia un’avventura affascinante che trova a Perugia un laboratorio di iniziative culturali e religiose, forse unico in Italia.

La carità, in forma di servizio all’unità della Chiesa e del genere umano, è stata la missione pastorale di don Elio: se n’è giovata la città e la diocesi perugina, ma anche l’intera regione. Per incarico dei vescovi dell’Umbria, mons. Bromuri ha diretto con raro equilibrio, per quasi trent’anni, il settimanale La Voce, organo informativo delle diocesi umbre, di contenuto non solo religioso.

I suoi articoli “di fondo” sono stati per decenni, fino all’ultimo, una lucida lettura della complessità del mondo in cui viviamo, e tali rimangono, attualissimi anche se letti a posteriori. Ha sempre espresso e spesso difeso il pensiero della Chiesa, senza mai cadere nel facile conformismo, senza toni catechetici né enfasi né apologie, ma “in forza della stessa verità”, che sotto la sua penna appare limpidissima. Non c’è argomento, anche quelli più “scottanti”, che non l’abbia visto intervenire, senza timori o imbarazzi.

Parafrasando una frase di Paolo VI circa la Chiesa, possiamo dire che anche il nostro don Elio è stato un “esperto in umanità”, non solo per le tantissime persone che nel corso della sua vita si sono avvicinate a lui e tramite lui a Cristo, ma, soprattutto, per aver saputo cogliere in profondità i drammi, le incertezze, le euforie di un’umanità che ha trovato troppo spesso nel mito del progresso sociale l’alibi per una vita dissipata e incurante dei valori della tradizione cristiana, ossia umana.

Tutto questo egli ha vissuto, annotato e giudicato, sempre nell’ottica della misericordia, alla cui luce anche un mondo disperso e dilaniato troverà la sua trasfigurazione. La profezia della grande famiglia umana riconciliata è l’orizzonte spirituale verso il quale don Elio ha sempre fissato il suo sguardo. E, anche se non ha potuto vederne in terra la piena realizzazione, ha posto però “in mezzo a noi” le basi perché questo grande disegno salvifico possa realizzarsi davvero, nei tempi che solo Dio conosce.

L’umanità rinnovata, l’avvento della civiltà dell’amore, sono grandi scenari che il Concilio e i grandi pontificati che si sono succeduti in questi decenni ci hanno fatto pregustare, e il caro don Elio sembra averli contemplati con singolare precognizione. Il suo impegno nelle attività ecumeniche e nel dialogo con tutti gli uomini di buona volontà non è fine a se stesso, ma ha un senso proprio in vista di questo fine ultimo della storia, che troverà in Cristo Signore la parola decisiva e conclusiva.

Allora, “quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato, assetato? Quando ti abbiamo visto forestiero, o nudo? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 31-40).

È in questa umile e sublime responsabilità di custodire il genere umano e di favorirne una degna esistenza che sta il segreto della vita eterna. Chi ha vissuto per servire e ha offerto giorno per giorno la sua vita perché gli altri ne avessero in abbondanza, costui ha scorto nell’ultimo dei fratelli il volto luminoso del Signore Gesù, e la bellezza di questo volto è la sua ricompensa per sempre.

Carissimo fratello Elio, riposa nella pace di Cristo. Noi ti pensiamo nella gioia per sempre, e nella luce che svela ogni mistero al cuore sapiente, buono e fedele che ha posto in ciò ogni suo bene. Prega ancora per noi, per la tua città di Perugia, per la nostra Chiesa perusino-pievese, che hai servito nei tuoi 62 anni di sacerdozio, che tanto hai amato e sostenuto e che oggi è presente in misura così folta! Prega per ognuna di queste persone che oggi danno silenziosa e appassionata testimonianza di te, della tua fede, della tua speranza, della tua carità.

 

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In una cattedrale gremita e commossa l’ultimo saluto a monsignor Elio Bromuri https://www.lavoce.it/in-una-cattedrale-gremita-lultimo-saluto-a-monsignor-elio-bromuri/ https://www.lavoce.it/in-una-cattedrale-gremita-lultimo-saluto-a-monsignor-elio-bromuri/#comments Tue, 18 Aug 2015 16:29:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42587

Non c'erano solo i Vescovi dell'Umbria, i sacerdoti e i religiosi della diocesi di Perugia-Città della Pieve. Non c'erano solo i rappresentanti delle Istituzioni locali - come Comune e Regione - e nazionali. Non c'erano solo i collaboratori, gli amici e i familiari. C'era l'intera città di Perugia a salutare questo pomeriggio, 18 agosto, monsignor Elio Bromuri nella cattedrale di San Lorenzo all'indomani della sua scomparsa, avvenuta ieri dopo una lunga malattia. C'era la Perugia città universitaria, la Perugia città di culture e religioni diverse - presenti l'Imam, sacerdoti ortodossi e rappresentanti di numerose confessioni cristiane -, la Perugia che ha trovato in questi anni in mons. Bromuri il proprio punto di riferimento. Erano tutti lì - in una cattedrale gremita, ma raccolta e commossa - a dare l'ultimo saluto all'intellettuale, al sacerdote, al filosofo, ma soprattutto all'uomo. La cerimonia - Dell'uomo ha parlato l'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti, che ha presieduto le esequie. Insieme a lui il vescovo ausiliare Paolo Giulietti, l’emerito Giuseppe Chiaretti, l’arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro Riccardo Fontana e i confratelli dell’episcopato umbro Renato Boccardo, Pietro Bottaccioli, Domenico Cancian, Mario Ceccobelli, Gualtiero Sigismondi, Domenico Sorrentino e Benedetto Tuzia. A concelebrare anche una sessantina di sacerdoti e religiosi. L'omelia - Nel corso della sua omelia, il cardinale Bassetti ha ricordato con affetto mons. Bromuri: "Per noi  resterà sempre 'don Elio': un uomo, un sacerdote di grande valore, un intellettuale acuto, un vero perugino. Concretamente e fin dai primi passi della vocazione sacerdotale, ha cercato di incarnare l’aspetto oblativo dell’esistenza umana: donarsi con tutto quello che si ha e che si è; mettersi a completa disposizione per servire la Parola e  il Popolo di Dio". Richiamandone la vita e le opere, il cardinale ha posto l'accento sulla missione prima di mons. Bromuri: "La carità - ha dichiarato -, in forma di servizio all’unità della Chiesa e del genere umano, è stata la missione pastorale di don Elio: se n’è giovata la città e la diocesi perugina, ma anche l’intera regione. Parafrasando una frase di Paolo VI circa la Chiesa, possiamo dire che anche il nostro don Elio è stato un 'esperto in umanità', non solo per le tantissime persone che nel corso della sua vita si sono avvicinate a lui e tramite lui a Cristo, ma, soprattutto, per aver saputo cogliere in profondità i drammi, le incertezze, le euforie di un’umanità che ha trovato troppo spesso nel mito del progresso sociale l’alibi per una vita dissipata e incurante dei valori della tradizione cristiana, ossia umana. Tutto questo egli ha vissuto, annotato e giudicato, sempre nell’ottica della misericordia, alla cui luce anche un mondo disperso e dilaniato troverà la sua trasfigurazione". Per il testo integrale dell'omelia vedi qui. Il ricordo della città - Ma la vita e l'attività di don Elio sono state raccontate, nel corso delle esequie, dalle parole e dal ricordo dei suoi più stretti collaboratori: Annarita Caponera per il Centro ecumenico e universitario San Martino, Carlo Cirotto per il Centro Internazionale d'accoglienza di via Bontempi e Maria Rita Valli per il settimanale La Voce e per il Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale). "Don Elio era l'uomo del dialogo, sapeva metterci intorno a un tavolo e formarci, insegnarci e confrontarsi con noi - ha sottolineato Anna Rita Caponera -. Il più grande insegnamento che mi ha lasciato è quello di puntare sempre all'essenziale e di trovare lì la chiave per il dialogo ecumenico ed interreligioso". "L'ostello è stato la casa di don Elio - ha raccontato commosso Cirotto -, dove, dalla sua stanzetta, ha incontrato e accolto i mille giovani che hanno varcato il portone di via Bontempi. Don Elio, siamo sicuri che ora sarai nei Cieli a costruire un ostello ancora più bello!". Infine Maria Rita Valli: "Don Elio diceva sempre: 'C'è una gerarchia delle verità'. Per lui, in cima a tutto c'era la Verità di Gesù Cristo e del Vangelo. Così ha speso tutta la sua vita per diffondere la Parola con la 'p' maiuscola attraverso le parole con la 'p' minuscola". Le esequie - Galleria fotografica    ]]>

Non c'erano solo i Vescovi dell'Umbria, i sacerdoti e i religiosi della diocesi di Perugia-Città della Pieve. Non c'erano solo i rappresentanti delle Istituzioni locali - come Comune e Regione - e nazionali. Non c'erano solo i collaboratori, gli amici e i familiari. C'era l'intera città di Perugia a salutare questo pomeriggio, 18 agosto, monsignor Elio Bromuri nella cattedrale di San Lorenzo all'indomani della sua scomparsa, avvenuta ieri dopo una lunga malattia. C'era la Perugia città universitaria, la Perugia città di culture e religioni diverse - presenti l'Imam, sacerdoti ortodossi e rappresentanti di numerose confessioni cristiane -, la Perugia che ha trovato in questi anni in mons. Bromuri il proprio punto di riferimento. Erano tutti lì - in una cattedrale gremita, ma raccolta e commossa - a dare l'ultimo saluto all'intellettuale, al sacerdote, al filosofo, ma soprattutto all'uomo. La cerimonia - Dell'uomo ha parlato l'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il cardinale Gualtiero Bassetti, che ha presieduto le esequie. Insieme a lui il vescovo ausiliare Paolo Giulietti, l’emerito Giuseppe Chiaretti, l’arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro Riccardo Fontana e i confratelli dell’episcopato umbro Renato Boccardo, Pietro Bottaccioli, Domenico Cancian, Mario Ceccobelli, Gualtiero Sigismondi, Domenico Sorrentino e Benedetto Tuzia. A concelebrare anche una sessantina di sacerdoti e religiosi. L'omelia - Nel corso della sua omelia, il cardinale Bassetti ha ricordato con affetto mons. Bromuri: "Per noi  resterà sempre 'don Elio': un uomo, un sacerdote di grande valore, un intellettuale acuto, un vero perugino. Concretamente e fin dai primi passi della vocazione sacerdotale, ha cercato di incarnare l’aspetto oblativo dell’esistenza umana: donarsi con tutto quello che si ha e che si è; mettersi a completa disposizione per servire la Parola e  il Popolo di Dio". Richiamandone la vita e le opere, il cardinale ha posto l'accento sulla missione prima di mons. Bromuri: "La carità - ha dichiarato -, in forma di servizio all’unità della Chiesa e del genere umano, è stata la missione pastorale di don Elio: se n’è giovata la città e la diocesi perugina, ma anche l’intera regione. Parafrasando una frase di Paolo VI circa la Chiesa, possiamo dire che anche il nostro don Elio è stato un 'esperto in umanità', non solo per le tantissime persone che nel corso della sua vita si sono avvicinate a lui e tramite lui a Cristo, ma, soprattutto, per aver saputo cogliere in profondità i drammi, le incertezze, le euforie di un’umanità che ha trovato troppo spesso nel mito del progresso sociale l’alibi per una vita dissipata e incurante dei valori della tradizione cristiana, ossia umana. Tutto questo egli ha vissuto, annotato e giudicato, sempre nell’ottica della misericordia, alla cui luce anche un mondo disperso e dilaniato troverà la sua trasfigurazione". Per il testo integrale dell'omelia vedi qui. Il ricordo della città - Ma la vita e l'attività di don Elio sono state raccontate, nel corso delle esequie, dalle parole e dal ricordo dei suoi più stretti collaboratori: Annarita Caponera per il Centro ecumenico e universitario San Martino, Carlo Cirotto per il Centro Internazionale d'accoglienza di via Bontempi e Maria Rita Valli per il settimanale La Voce e per il Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale). "Don Elio era l'uomo del dialogo, sapeva metterci intorno a un tavolo e formarci, insegnarci e confrontarsi con noi - ha sottolineato Anna Rita Caponera -. Il più grande insegnamento che mi ha lasciato è quello di puntare sempre all'essenziale e di trovare lì la chiave per il dialogo ecumenico ed interreligioso". "L'ostello è stato la casa di don Elio - ha raccontato commosso Cirotto -, dove, dalla sua stanzetta, ha incontrato e accolto i mille giovani che hanno varcato il portone di via Bontempi. Don Elio, siamo sicuri che ora sarai nei Cieli a costruire un ostello ancora più bello!". Infine Maria Rita Valli: "Don Elio diceva sempre: 'C'è una gerarchia delle verità'. Per lui, in cima a tutto c'era la Verità di Gesù Cristo e del Vangelo. Così ha speso tutta la sua vita per diffondere la Parola con la 'p' maiuscola attraverso le parole con la 'p' minuscola". Le esequie - Galleria fotografica    ]]>
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L’Umbria del dialogo e dell’Università saluta mons. Bromuri: è stato la voce di chi non ha voce, non dimenticheremo la sua lezione https://www.lavoce.it/lumbria-del-dialogo-e-delluniversita-saluta-mons-bromuri-e-stato-la-voce-di-chi-non-ha-voce-non-dimenticheremo-la-sua-lezione/ Mon, 17 Aug 2015 17:51:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42563 Incontro-Amici-Voce-27-giugno-2015-(foto-Andrea-Coli)20

Monsignor Elio Bromuri, scomparso il 17 agosto dopo una lunga malattia, è stato un grande uomo di dialogo e di cultura. Tra i suoi numerosi incarichi, è stato docente di Ecumenismo presso l’Istituto Teologico di Assisi, ma anche di Storia della Chiesa presso l’Università per stranieri. Da qui il saluto e la preghiera unanime del mondo ecclesiastico e culturale umbro, dopo quello politico e giornalistico.

Il Sacro Convento di Assisi

“Costruttore e tessitore di ponti e per anni voce di chi non ha voce”: così lo ricorda padre Mauro Gambetti, custode del Sacro convento di Assisi. Le parole di padre Gambetti sono riportate sul sito sanfrancesco.org, dove la comunità francescana conventuale di Assisi esprime “cordoglio e preghiera” dopo la morte di don Elio.

L’Università per Stranieri

 Il rettore dell’Università per stranieri, Giovanni Paciullo, in una nota si dice “particolarmente addolorato dalla scomparsa di monsignor Elio Bromuri, dovendogli tanto della mia formazione e della mia crescita nell’impegno civile; un impegno iniziato in Fuci avendolo come assistente e guida una volta che ne assunsi la presidenza. La sua sensibilità per l’accoglienza ed il dialogo tra i popoli sono stati e restano per me ancora oggi, come rettore di questo prestigioso ateneo, un riferimento fondamentale. Mancheranno a tutti la sua sensibilità, la sua generosità, il suo rigore morale, la sua comprensione nei confronti di quanti, vivendo situazioni difficili, attraverso di lui hanno potuto mantenere un rapporto con la Fede e con la Chiesa”.

La Tavola della Pace

“Con la scomparsa di don Elio Bromuri, Perugia e l’Umbria perdono un uomo del dialogo. La sua attenzione al dialogo interreligioso, ecumenico e interculturale è stata una risorsa autentica, preziosa e, dobbiamo ammetterlo, abbastanza rara per la nostra comunità”. A dirlo, in una nota, è Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace. “La sua fermezza nelle proprie convinzioni – prosegue Lotti – non gli ha impedito di assumere un atteggiamento di sincera apertura, di ascolto e dialogo anche con coloro che apparivano più lontani. Per questo don Elio è riuscito ad animare una fitta sequenza di incontri e relazioni tutt’altro che banali o scontate. Penso innanzitutto all’incontro-scontro con Aldo Capitini, il suo pensiero, la Marcia per la pace Perugia-Assisi attorno ai quali ha voluto ripetutamente riflettere. Ma anche alla tenacia con cui ha costruito occasioni di incontro con la comunità islamica. Don Elio non ha mai nascosto o camuffato il suo punto di vista ma non ha mai censurato quello degli altri. Anzi, dagli altri si è sempre lasciato interrogare”. “‘Interrompere un dialogo non è mai piacevole’, ha scritto nel suo ultimo editoriale de La Voce, ‘ma in questi casi è inevitabile’. Speriamo di riprenderlo, caro don Elio – conclude Lotti – insieme a tutti quelli che non vorranno dimenticare la tua lezione”.

 

 


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L’Ordine dei giornalisti e l’Associazione stampa umbra per la scomparsa di mons. Bromuri: “Se ne va un giornalista attento e intelligente” https://www.lavoce.it/lordine-dei-giornalisti-e-lagenzia-stampa-umbra-per-la-scomparsa-di-mons-bromuri-se-ne-va-un-giornalista-attento-e-intelligente/ Mon, 17 Aug 2015 17:15:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42549 Thumbnails.aspx_-545x371Monsignor Elio Bromuri, scomparso il 17 agosto dopo una lunga malattia, ha svolto negli anni un’intensa attività giornalistica come direttore de La Voce dal 1984. Iscritto all’Ordine dei giornalisti pubblicisti dell’Umbria, è stato anche premiato alcuni anni fa dall’Odg con un riconoscimento alla carriera. Così, oltre quello politico, anche il mondo giornalistico ha espresso il proprio cordoglio per la sua scomparsa.

L’Ordine dei giornalisti – “Apprendiamo con profondo dispiacere la notizia della scomparsa di monsignor Elio Bromuri, uomo di Chiesa, intellettuale e attento giornalista. Mancheranno a tutti noi la sua sensibilità, la sua capacità di leggere gli eventi, il suo senso umano”. Lo afferma l’Ordine dei giornalisti dell’Umbria in una nota. “Direttore de La Voce dai primi anni ’80, monsignor Bromuri – prosegue l’Odg umbro – lascia un vuoto che non potrà essere colmato, ma al tempo stesso di lui ci rimarrà il frutto della sua attività, il ricordo dei suoi insegnamenti, nonché la sua attività giornalistica di cui nel tempo ci ha donato ampia testimonianza”.

L’Associazione stampa umbra – Anche l’Asu, Associazione stampa umbra, partecipa al cordoglio per la scomparsa di don Elio. “Don Elio – dice in nota Marta Cicci, presidente dell’Asu – derutese di nascita, ha rappresentato per Perugia e per l’Umbria, molte cose. Prete, parroco della prestigiosa parrocchia di Sant’Ercolano, strenuo sostenitore del dialogo interreligioso, studioso ed intellettuale di prim’ordine, giornalista. In questa ultima veste, ha diretto per molti decenni, senza mai ‘invecchiare’, il settimanale La Voce, un giornale cattolico, vivace, aperto, sensibile ai cambiamenti, che è stata una finestra aperta sulla regione e sul mondo. È una delle poche voci ‘antiche’ del panorama giornalistico umbro, che si mantiene indenne a dispetto della grave crisi dell’editoria. A don Bromuri il merito principale. Con lui, anche il mondo del giornalismo perde una figura di prim’ordine”.

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Il mondo della politica ricorda mons. Elio Bromuri: perdiamo un uomo di enorme spessore umano, culturale, cristiano https://www.lavoce.it/il-mondo-della-politica-ricorda-mons-elio-bromuri-perdiamo-un-uomo-di-enorme-spessore-umano-culturale-cristiano/ Mon, 17 Aug 2015 16:44:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42544 Incontro-Amici-Voce-27-giugno-2015-(foto-Andrea-Coli)29
Giampiero Bocci con mons. Bromuri all’incontro della Associazione Amici de La Voce del 27 giugno scorso

Tutto il mondo politico umbro esprime il proprio cordoglio per la scomparsa di mons. Elio Bromuri, avvenuta il 17 agosto dopo una lunga malattia. Univoco il ricordo dello spessore culturale e giornalistico del direttore de La Voce, ma anche la profondità umana e spirituale.

Il sottosegretario Bocci: “sacerdote integerrimo, di un intellettuale raffinato e di un giornalista moderno”. “Don Elio Bromuri – afferma in una nota il sottosegretario agli Interni, l’on.Giampiero Bocci – è stato per tutti noi, che a vario livello ci confrontiamo per operare nel mondo cattolico, la personificazione della generosità e dell’altruismo. E, di più, egli ci ha fatto comprendere, sempre, quanto impegnativo fosse trasformare la spontaneità del farsi fratelli in azione concretamente spesa nella società”.

“Quando, specialmente oggi, dobbiamo confrontarci con resistenze ed egoismi d’ogni tipo verso l’accoglienza – prosegue Bocci – la lezione di don Elio diventa un punto di riferimento immediato e attuale, insostituibile e progettuale: ho avuto il privilegio – io che mi sono formato sul suo insegnamento – di essere stato fra gli ultimi a incontrarlo e di avere ricevuto da lui, pur nelle condizioni estreme della sua vita, l’ulteriore spinta a far valere nelle istituzioni il senso semplice, ma immensamente appagante e proficuo per la società, della disponibilità, costi quel che costi, e della conseguente articolazione organizzativa nel rapporto fra Stato e Chiesa.

Il senso del dialogo con le altre religioni, l’ospitalità data da sempre come un aiuto a chi passa vicino alla nostra comunità e ha bisogno di un atto d’amore e di un minimo di essenziale ristoro: sono questi gli elementi di una civiltà senza aggettivi, nè appartenenze culturali che renderanno ancora più efficaci, domani, le parole e gli esempi di un uomo sobrio, di un sacerdote integerrimo, di un intellettuale raffinato e di un giornalista moderno come è stato, per tutti noi, don Elio Bromuri”.

La presidente Marini: “La comunità regionale perde anche un’importante figura di riferimento per l’impegno che ha profuso in campo umanitario”. “La scomparsa di don Elio – afferma la presidente della Regione, Catiuscia Marini, che ne ricorda la vita – priva la comunità umbra di un apprezzato esponente della Chiesa perugina che, fin da giovanissimo, ha svolto la sua azione pastorale nella nostra terra con dedizione e intelligenza. Si è poi impegnato soprattutto nel dialogo interreligioso attraverso il Centro ecumenico e universitario San Martino da lui diretto. Docente di Storia della Chiesa all’Università per Stranieri di Perugia, è stato poi un rispettoso ed equilibrato giornalista, dirigendo La Voce, il settimanale di informazione religiosa della Conferenza episcopale umbra. La sua attività pastorale e culturale – aggiunge – è stata sempre orientata a valorizzare le acquisizioni del Concilio Vaticano II verso una continua opera di rinnovamento teologico e religioso per rafforzare la presenza della Chiesa nella comunità cristiana e nella società”.

“La comunità regionale – dice ancora la presidente – perde anche un’importante figura di riferimento per l’impegno che ha profuso in campo umanitario, fondando a Perugia il primo Centro internazionale di accoglienza, l’ostello in cui da mezzo secolo trovano ospitalità e attenzione persone in difficoltà, senza distinzioni di religione o luoghi di provenienza. In questi anni, durante i quali ho avuto modo in varie occasioni di incontrarlo oltre che di leggere i suoi editoriali – prosegue la presidente – ho potuto conoscere e apprezzare il suo modo di operare, volto al bene della società umbra, il suo forte impegno e la ricerca del dialogo non solo fra le diverse professioni religiose ma anche con le istituzioni, non facendo mancare la sua voce, né il suo apporto concreto”.

Il presidente Mismetti: “monsignor Bromuri lascia una grande eredità morale e spirituale”.  Il presidente della Provincia di Perugia, Nando Mismetti, ha definito monsignor Elio Bromuri “grande uomo di fede e figura di primo piano nel panorama culturale e sociale dell’Umbria. Giornalista raffinato – ricorda Mismetti – storico direttore del settimanale La Voce, attento testimone di una società in continua evoluzione, monsignor Bromuri lascia una grande eredità morale e spirituale. Esprimo a nome mio personale, del consiglio e dei dipendenti della Provincia le più sentite condoglianze al cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, all’intera archidiocesi perugino-pievese, ai familiari, ai collaboratori e alle tante persone che hanno avuto l”onore di essergli amiche'”.

Il sindaco Romizi: “don Elio Bromuri lascia a tutti noi il suo pensiero e il suo insegnamento, come beni preziosi da custodire”. “La nostra comunità perde un uomo di enorme spessore umano, culturale, cristiano. Il suo impegno è stato costante nell’arco della sua vita come uomo di Chiesa, come giornalista, come intellettuale. Mancherà a questa città la sua propensione all’accoglienza, l’aiuto a chi ne aveva bisogno, la sua capacità di saper far dialogare anche mondi apparentemente diversi e lontani tra loro”.

A dirlo è il sindaco di Perugia, Andrea Romizi, commentando la scomparsa di don Elio Bromuri. “Così come accade con le più alte menti – prosegue Romizi in una nota del Comune – don Elio Bromuri lascia a tutti noi il suo pensiero e il suo insegnamento, come beni preziosi da custodire. Lo voglio ricordare con uno dei suoi insegnamenti: ‘Comunicare la Carità – diceva – è necessario perché oggi vige il mondo dell’individualismo, del nichilismo, dell’arroganza del più forte. Oggi è necessario riportare al centro la Carità, ma non nel senso dell’elemosina data al poveretto, ma nel senso di una comunione tra le persone nel rispetto, nella dignità e nella libertà in un progetto comune di sviluppo della comunità umana'”.

La presidente del Consiglio regionale Donatella Porzi: “ha saputo interpretare e raccontare le ansie e i bisogni, le luci e le ombre della nostra complessa e ricca regione”. Donatella Porzi, “profondamente colpita dalla morte di Don Elio Bromuri, si unisce al dolore della Chiesa perugina ed umbra, che perde una delle figure di maggior rilievo nel dialogo interreligioso. Sicura di interpretare il sentimento di tutti i consiglieri regionali umbri esprimo al cardinale Gualtiero Bassetti i sensi del nostro più profondo cordoglio”.

“Uomo di fede profonda, raffinato intellettuale e giornalista di razza – dice Porzi, in una nota della Regione – don Elio, nella sua prolifica attività di saggista e giornalista, ci ha offerto in tutti questi anni innumerevoli e mai banali spunti di riflessione e di analisi sociale e politica sulla realtà umbra e nazionale. Tutte qualità che nei miei precedenti incarichi amministrativi ho avuto il privilegio di apprezzare attraverso la conoscenza personale con lui e la condivisione di alcune significative esperienze. Come direttore de La Voce, Don Elio ha saputo interpretare e raccontare le ansie e i bisogni, le luci e le ombre della nostra complessa e ricca regione, formando tanti giovani giornalisti e regalandoci i suoi acuti e profondi editoriali settimanali che, da oggi, tanto ci mancheranno”.

Claudio Ricci ricorda la sua “capacità, oggi rara, di ascoltare per meglio mettersi al servizio degli altri”. “La raffinata cultura di Elio Bromuri si univa alla mitezza per le persone. Era proteso, sempre, verso la misericordia concreta nei piccoli gesti della umana quotidianità”: è il ricordo del consigliere regionale Claudio Ricci. “Impegnato nel dialogo fra popoli, religioni e identità culturali attraverso lo strumento del vivere insieme un cammino di esperienze – aggiunge Ricci, in una nota della Regione – Elio Bromuri, carismatico insegnante all’istituto teologico di Assisi, ha dedicato alla comunicazione, attraverso il settimanale La Voce, un ampio impegno nella convinzione, pionieristica, che il saper comunicare è una missione capace di aggiungere valore ai fatti rappresentati soprattutto quando sono storie e testimonianze utili al cammino dell’umanità”. Ricci ricorda infine “il suo stile al tempo stesso colto, mite e attento, che partiva sempre dalla capacità, oggi rara, di ascoltare per meglio mettersi al servizio degli altri”.

Maurizio Ronconi: “Prediligendo sempre le ultime file, con umiltà ha offerto mattoni importanti nella costruzione e per la diffusione delle idee e degli impegni sociali dei cattolici”. Don Elio Bromuri “ha scritto da protagonista una pagina importante della storia dei cattolici umbri. Prediligendo sempre le ultime file, con umiltà ha offerto mattoni importanti nella costruzione e per la diffusione delle idee e degli impegni sociali dei cattolici”: lo afferma l’ex senatore Udc Maurizio Ronconi, in una nota sulla morte del sacerdote perugino.  “Ha permesso – prosegue Ronconi – che anche nei momenti più difficili delle diaspore e delle incomprensioni, i suoi scritti, le sue sollecitazioni, rappresentassero sempre sintesi condivise. La sua presenza è stata sempre rassicurante, fonte di serenità e di volontà costruttive. Mancherà da oggi questo sua discreta ma forte presenza; da oggi dovremo fare da soli con l’aiuto che ci continuerà a offrire da lassù”.

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Monsignor Elio Bromuri, una vita spesa per il dialogo e l’accoglienza “guardando sempre verso l’Alto” https://www.lavoce.it/monsignor-elio-bromuri-una-vita-spesa-per-il-dialogo-e-laccoglienza-guardando-sempre-verso-lalto/ https://www.lavoce.it/monsignor-elio-bromuri-una-vita-spesa-per-il-dialogo-e-laccoglienza-guardando-sempre-verso-lalto/#comments Mon, 17 Aug 2015 15:29:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42518 don-Elio-Bromuri

La scomparsa di monsignor Elio Bromuri – avvenuta il 17 agosto, dopo una lunga malattia – lascia un vuoto nella Chiesa umbra e non solo. Le numerose testimonianze che giungono ai media come anche alla famiglia e ai suoi collaboratori testimoniano nei suoi confronti grande affetto, profonda stima e rispetto. Pubblichiamo di seguito il ritratto di mons. Bromuri fatto da Piergiorgio Lignani – amico di vecchia data del sacerdote e collaboratore de La Voce -, che ne descrive la vita, lo spirito e l’intelligenza.

 

Ho incontrato don Elio quando mi sono iscritto all’Università di Perugia, cinquantadue anni fa. Era un giovane prete e da poco tempo era stato nominato cappellano della Chiesa dell’Università, e viveva in mezzo agli studenti. Alcuni lo chiamavano «quel pretino che ride sempre».

In realtà non rideva sempre, solo ogni tanto, ma la sua risata era pronta, franca, cordiale, e così appariva come una sua caratteristica distintiva, in quel mondo universitario allora ingessato e sussiegoso. Ma dietro quel sorriso facile c’era ben altro. C’era la mancanza di pregiudizi, l’apertura verso tutti, la noncuranza per gli schemi e i rituali fissi ai quali non corrispondesse un verità più profonda. Dobbiamo vivere, diceva lui, «nella libertà dei figli di Dio».

Si trovò dunque subito in sintonia con il vento che spirava dal Concilio Vaticano II, e dal pontificato di Giovanni XXIII e di Paolo VI. Raccolse immediatamente le parole d’ordine “ecumenismo”, “dialogo”, “accoglienza”. Non perché erano imposte dall’alto, o peggio perché erano di moda, ma perché rispondevano al suo essere profondo.

Così, a metà degli anni Sessanta creò il Centro Ecumenico di Perugia, inizialmente nella stessa sede del gruppo degli universitari cattolici, di cui era l’assistente spirituale, poi nella ex chiesa di san Martino al Verzaro. Il Centro Ecumenico era un luogo d’incontri in gran parte poco o nulla formali fra cattolici, protestanti, a volte anche persone di altre fedi. Nel tempo avrebbe sviluppato una grande attenzione al dialogo fra cristiani ed ebrei; e con don Elio ne fu protagonista Vittorio Trancanelli.

Nacque una piccola rivista, che esce tuttora, dedicata al dialogo tra le fedi. Al Centro Ecumenico si presentavano anche molti studenti stranieri di quello che allora usava chiamare il Terzo Mondo; chiedevano amicizia ma anche assistenza. Don Elio ideò allora un’altra delle sue creature: il Centro di Accoglienza, aperto nel 1974 e tuttora in funzione; è un ostello ma molto di più di un ostello, perché offre anche colloquio, amicizia, aiuto.

Senza don Elio nessuna di queste iniziative avrebbe visto la luce, non sarebbe stata nemmeno pensata, ma lui non se ne è mai atteggiato a padre-padrone, al faccio-tutto-io; la discrezione era un’altra delle sue doti. Nella sua visione il merito era sempre del gruppo. C’è stata poi una volta (la seconda dopo la sua chiamata a fare il cappellano dell’Università) nella quale l’iniziativa non è stata sua, ma di altri: ed è stato quando gli è stata affidata la direzione de La Voce, per la geniale intuizione di un grande Vescovo. Lui ne fu stupito, quello del giornalista era un  mestiere nuovo per lui, ma è stato un successo. Ha dato al giornale, oltre alla vitalità e all’energia, il suo stile: il rifiuto dei toni gridati, delle frasi a effetto, delle campagne a senso unico, delle polemiche astiose. Lo stile del rispetto di tutti e – di nuovo – del dialogo.

La sintesi della personalità di don Elio si può racchiudere in una celebre frase di Papa Giovanni: cercare sempre ciò che ci unisce, non ciò che ci divide. È una frase che suona bene, ma si può interpretare in due modi: perché “ciò che ci unisce” si può cercare o guardando più in basso, o guardando più in alto. Si può trovare il punto d’accordo negli interessi più triviali, e si può trovarlo nei valori più elevati. Per don Elio (come per Papa Giovanni) il punto d’incontro è sempre stato al livello superiore, mai a quello inferiore.

 

 

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Il cordoglio dei vescovi dell’Umbria per la scomparsa di mons. Bromuri: “Un testimone appassionato del Vangelo e del dialogo” https://www.lavoce.it/scomparsa-di-mons-elio-bromuri-il-cordoglio-dei-vescovi-dellumbria-un-testimone-appassionato-del-vangelo-e-del-dialogo-2/ Mon, 17 Aug 2015 15:02:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42523
I Vescovi umbri durante la celebrazione alla Sacra di San MicheleNell’apprendere la notizia della scomparsa di mons. Elio Bromuri, avvenuta il 17 agosto dopo una lunga malattia, i vescovi dell’Umbria hanno voluto far inviare il proprio messaggio di cordoglio. “I vescovi dell’Umbria – fanno sapere in una nota della Ceu, la Conferenza episcopale umbra – affidano a Gesù buon pastore l’anima di questo suo servo fedele, che ha esercitato per lunghi anni il ministero sacerdotale al servizio dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve e delle Chiese della regione”.

“Ricordano con animo grato – continuano i vescovi della regione – il suo impegno nell’insegnamento, nella pastorale universitaria, nel campo delle comunicazioni sociali e del dialogo ecumenico. I suoi interventi sul settimanale La Voce, di cui è stato direttore per tanti anni – sempre competenti ed equilibrati, apprezzati anche fuori dall’ambito strettamente ecclesiale – hanno costituito un prezioso e puntuale contributo alla riflessione per il bene comune ed hanno stimolato iniziative e impegni diversificati. Resta di lui la testimonianza di un uomo e di un sacerdote appassionato per l’annuncio del Vangelo e il dialogo con la società civile, che ha sempre voluto accompagnare con attenzione e simpatia”.

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È tornato alla Casa del Padre monsignor Elio Bromuri, per oltre 30 anni direttore de La Voce https://www.lavoce.it/e-tornato-alla-casa-del-padre-monsignor-elio-bromuri-per-oltre-30-anni-direttore-de-la-voce/ https://www.lavoce.it/e-tornato-alla-casa-del-padre-monsignor-elio-bromuri-per-oltre-30-anni-direttore-de-la-voce/#comments Mon, 17 Aug 2015 10:58:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42491

[caption id="attachment_37018" align="alignleft" width="384"]Incontro-Amici-Voce-27-giugno-2015-(foto-Andrea-Coli)46 Mons. Bromuri il 27 giugno scorso all'incontro dell'associazione “Amici de La Voce", uno degli ultimi incontri pubblici, da lui voluto presso la Sala del Dottorato. (foto A. Coli)[/caption] Questa mattina, lunedì 17 agosto, è tornato alla Casa del Padre monsignor Elio Bromuri dopo una grave malattia, che, nelle ultime settimane, lo aveva messo a dura prova nel fisico, ma non nello spirito. Consapevole del suo male, nell’affrontarlo, ha dato un grande esempio di fede a quanti l’hanno assistito. Fino all’ultimo ha diretto il settimanale La Voce, redigendo l’editoriale del numero in edicola lo scorso 7 agosto (l’ultimo prima della pausa estiva), ma soprattutto ha continuato a dare il suo "benvenuto" a quanti, giovani e meno giovani, vengono ospitati quotidianamente all’ “Ostello-Centro internazionale di accoglienza” nella centralissima via Bontempi di Perugia. Proprio in questo luogo, fondato da mons. Bromuri mezzo secolo fa insieme a un gruppo di giovani per accogliere persone in difficoltà senza distinzione di nazionalità e religione, come segno concreto di quell’apertura-dialogo avviata dal Concilio Vaticano II, il noto sacerdote perugino si è spento assistito dai suoi amici. Gli stessi che hanno condiviso con lui buona parte degli oltre sessanta anni della sua proficua e instancabile missione sacerdotale al servizio della Chiesa e del popolo di Dio su vari ambiti pastorali, sociali e culturali. Il cordoglio della Chiesa - Nell’apprendere la notizia della morte di mons. Bromuri, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti e il suo vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti esprimono a nome dell’intero Presbiterio perugino-pievese il profondo cordoglio ai familiari, ai collaboratori e a quanti l’hanno conosciuto ed apprezzato per le sue grandi doti umane e spirituali. "Don Elio è un uomo di Dio che sarà ricordato da tutti noi non tanto per le grandi cose che ha fatto - commenta il cardinale Bassetti -, ma per quelle piccole da lui compiute ogni giorno per il bene della Chiesa e della società intera. Anche da questo si coglie lo spessore di quest’uomo e di questo sacerdote, uno dei miei più stretti collaboratori e consiglieri". I funerali - L’esequie di mons. Bromuri saranno presiedute da cardinale Bassetti nella cattedrale di San Lorenzo, della quale era canonico, martedì 18 agosto, alle ore 15.30, precedute dalla camera ardente allestita nella chiesa di Sant’Ercolano dal pomeriggio del 17 agosto. Una vita al servizio - Nel corso dei suoi quasi 85 anni di vita - mons. Bromuri era nato a Deruta l’11 ottobre 1930 - numerosi sono stati i riconoscimenti da lui ricevuti in diversi campi. L’ultimo fu quello dell’iscrizione all’“Albo d’Oro” della città di Perugia, su decisione del Consiglio comunale, il 20 giugno 2010, con la seguente motivazione, che riassume un po’ la sua nutrita biografia: "Laureato in filosofia e teologia, monsignor Bromuri ha dedicato la maggior parte della sua vita all'insegnamento. È stato docente di Ecumenismo presso l’Istituto Teologico di Assisi. Da sempre animatore del dialogo culturale e religioso, monsignor Bromuri ha svolto una rilevante azione pastorale come cappellano della Chiesa dell’Università, fin dalla sua riapertura del 1958 a opera del Rettore Giuseppe Ermini. Per più di vent’anni è stato assistente della FUCI (Federazione universitaria cattolici italiani) e ha dato vita al Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale). L’impegno rivolto al dialogo interreligioso lo ha portato a fondare il Centro Ecumenico e Universitario San Martino e il Centro internazionale di accoglienza in via Bontempi, già conosciuto come “Ostello di don Elio”, nel quale, ogni anno, vengono accolte gratuitamente centinaia di persone in difficoltà. La sua pluriennale esperienza e il suo impegno umanitario sono stati premiati con numerosi riconoscimenti: da ultimo con la dignità di Protonotario Apostolico concessagli da S.S. Papa Benedetto XVI nel 2008. I suoi insegnamenti trapelano, da anni, dalle pagine del settimanale La Voce di cui Monsignor Elio è direttore". Tra i diversi incarichi regionali e diocesani ricoperti negli anni da mons. Bromuri, ricordiamo quelli di coordinatore delle Commissioni CEU per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso e per le Comunicazioni sociali, di vicario episcopale per la cultura dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, di rettore delle chiese dell’Università degli Studi e di Sant’Ercolano del Sodalizio di San Martino e di direttore degli Uffici diocesani per la Pastorale universitaria, per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso e per Comunicazioni sociali. In quest’ultimo settore è stato intenso il suo impegno, soprattutto nel rilancio de La Voce, ottenendo alcuni anni fa il “premio alla carriera” da parte dell’Ordine regionale dei Giornalisti, al cui “elenco dei pubblicisti” era iscritto da trenta anni. È stato anche docente presso l’Università per Stranieri e di Storia e Filosofia al liceo-ginnasio statale “Mariotti” di Perugia. Mons. Bromuri è stato un uomo e un sacerdote dal grande “spirito laico” che emergeva con nitidezza anche dai suoi innumerevoli editoriali ed articoli pubblicati dal “suo” settimanale, che l’ha avuto come direttore dal 1984, e dall’Agenzia di stampa «SIR» della CEI, per la quale collaborava da anni. Uno spirito aperto al dialogo - L’Ufficio stampa diocesano di Perugia, nella consapevolezza di aver perso una guida e un maestro prezioso, saluta mons. Bromuri evidenziando il suo spirito dialogante e laico, ricordando le sue parole pronunciate in occasione dell’iscrizione all’“Albo d’Oro”. Nel ringraziare le autorità cittadine mise in risalto il legame tra la comunità civile e quella religiosa perugina; un legame che, pur non cancellando la storia, ha superato ormai da tempo le divisioni del passato nel rispetto delle proprie posizioni e ruoli. "Non possiamo fare a meno gli uni degli altri - disse mons. Bromuri - siamo talmente vicini (la cattedrale e il palazzo comunale si affacciano sulla stessa piazza…) e coinvolti nella comune attività di carattere sociale, culturale e di sviluppo della città che dobbiamo sempre più rapportarci in maniera collaborativa. Noi facciamo un lavoro aperto a 360 gradi, al dialogo, alla comprensione sia tra i cristiani sia tra le diverse religioni sia anche con il mondo laico, perché abbiamo un obiettivo comune, quello di fondare una società che assomigli il più possibile alla città di Dio. Non pretendo tanto, ma almeno che ci sia un orientamento verso una città nella quale si possa veramente vivere da umani e da cristiani nel rispetto della dignità e dei valori fondanti nella nostra tradizione culturale".      ]]>

[caption id="attachment_37018" align="alignleft" width="384"]Incontro-Amici-Voce-27-giugno-2015-(foto-Andrea-Coli)46 Mons. Bromuri il 27 giugno scorso all'incontro dell'associazione “Amici de La Voce", uno degli ultimi incontri pubblici, da lui voluto presso la Sala del Dottorato. (foto A. Coli)[/caption] Questa mattina, lunedì 17 agosto, è tornato alla Casa del Padre monsignor Elio Bromuri dopo una grave malattia, che, nelle ultime settimane, lo aveva messo a dura prova nel fisico, ma non nello spirito. Consapevole del suo male, nell’affrontarlo, ha dato un grande esempio di fede a quanti l’hanno assistito. Fino all’ultimo ha diretto il settimanale La Voce, redigendo l’editoriale del numero in edicola lo scorso 7 agosto (l’ultimo prima della pausa estiva), ma soprattutto ha continuato a dare il suo "benvenuto" a quanti, giovani e meno giovani, vengono ospitati quotidianamente all’ “Ostello-Centro internazionale di accoglienza” nella centralissima via Bontempi di Perugia. Proprio in questo luogo, fondato da mons. Bromuri mezzo secolo fa insieme a un gruppo di giovani per accogliere persone in difficoltà senza distinzione di nazionalità e religione, come segno concreto di quell’apertura-dialogo avviata dal Concilio Vaticano II, il noto sacerdote perugino si è spento assistito dai suoi amici. Gli stessi che hanno condiviso con lui buona parte degli oltre sessanta anni della sua proficua e instancabile missione sacerdotale al servizio della Chiesa e del popolo di Dio su vari ambiti pastorali, sociali e culturali. Il cordoglio della Chiesa - Nell’apprendere la notizia della morte di mons. Bromuri, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti e il suo vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti esprimono a nome dell’intero Presbiterio perugino-pievese il profondo cordoglio ai familiari, ai collaboratori e a quanti l’hanno conosciuto ed apprezzato per le sue grandi doti umane e spirituali. "Don Elio è un uomo di Dio che sarà ricordato da tutti noi non tanto per le grandi cose che ha fatto - commenta il cardinale Bassetti -, ma per quelle piccole da lui compiute ogni giorno per il bene della Chiesa e della società intera. Anche da questo si coglie lo spessore di quest’uomo e di questo sacerdote, uno dei miei più stretti collaboratori e consiglieri". I funerali - L’esequie di mons. Bromuri saranno presiedute da cardinale Bassetti nella cattedrale di San Lorenzo, della quale era canonico, martedì 18 agosto, alle ore 15.30, precedute dalla camera ardente allestita nella chiesa di Sant’Ercolano dal pomeriggio del 17 agosto. Una vita al servizio - Nel corso dei suoi quasi 85 anni di vita - mons. Bromuri era nato a Deruta l’11 ottobre 1930 - numerosi sono stati i riconoscimenti da lui ricevuti in diversi campi. L’ultimo fu quello dell’iscrizione all’“Albo d’Oro” della città di Perugia, su decisione del Consiglio comunale, il 20 giugno 2010, con la seguente motivazione, che riassume un po’ la sua nutrita biografia: "Laureato in filosofia e teologia, monsignor Bromuri ha dedicato la maggior parte della sua vita all'insegnamento. È stato docente di Ecumenismo presso l’Istituto Teologico di Assisi. Da sempre animatore del dialogo culturale e religioso, monsignor Bromuri ha svolto una rilevante azione pastorale come cappellano della Chiesa dell’Università, fin dalla sua riapertura del 1958 a opera del Rettore Giuseppe Ermini. Per più di vent’anni è stato assistente della FUCI (Federazione universitaria cattolici italiani) e ha dato vita al Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale). L’impegno rivolto al dialogo interreligioso lo ha portato a fondare il Centro Ecumenico e Universitario San Martino e il Centro internazionale di accoglienza in via Bontempi, già conosciuto come “Ostello di don Elio”, nel quale, ogni anno, vengono accolte gratuitamente centinaia di persone in difficoltà. La sua pluriennale esperienza e il suo impegno umanitario sono stati premiati con numerosi riconoscimenti: da ultimo con la dignità di Protonotario Apostolico concessagli da S.S. Papa Benedetto XVI nel 2008. I suoi insegnamenti trapelano, da anni, dalle pagine del settimanale La Voce di cui Monsignor Elio è direttore". Tra i diversi incarichi regionali e diocesani ricoperti negli anni da mons. Bromuri, ricordiamo quelli di coordinatore delle Commissioni CEU per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso e per le Comunicazioni sociali, di vicario episcopale per la cultura dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, di rettore delle chiese dell’Università degli Studi e di Sant’Ercolano del Sodalizio di San Martino e di direttore degli Uffici diocesani per la Pastorale universitaria, per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso e per Comunicazioni sociali. In quest’ultimo settore è stato intenso il suo impegno, soprattutto nel rilancio de La Voce, ottenendo alcuni anni fa il “premio alla carriera” da parte dell’Ordine regionale dei Giornalisti, al cui “elenco dei pubblicisti” era iscritto da trenta anni. È stato anche docente presso l’Università per Stranieri e di Storia e Filosofia al liceo-ginnasio statale “Mariotti” di Perugia. Mons. Bromuri è stato un uomo e un sacerdote dal grande “spirito laico” che emergeva con nitidezza anche dai suoi innumerevoli editoriali ed articoli pubblicati dal “suo” settimanale, che l’ha avuto come direttore dal 1984, e dall’Agenzia di stampa «SIR» della CEI, per la quale collaborava da anni. Uno spirito aperto al dialogo - L’Ufficio stampa diocesano di Perugia, nella consapevolezza di aver perso una guida e un maestro prezioso, saluta mons. Bromuri evidenziando il suo spirito dialogante e laico, ricordando le sue parole pronunciate in occasione dell’iscrizione all’“Albo d’Oro”. Nel ringraziare le autorità cittadine mise in risalto il legame tra la comunità civile e quella religiosa perugina; un legame che, pur non cancellando la storia, ha superato ormai da tempo le divisioni del passato nel rispetto delle proprie posizioni e ruoli. "Non possiamo fare a meno gli uni degli altri - disse mons. Bromuri - siamo talmente vicini (la cattedrale e il palazzo comunale si affacciano sulla stessa piazza…) e coinvolti nella comune attività di carattere sociale, culturale e di sviluppo della città che dobbiamo sempre più rapportarci in maniera collaborativa. Noi facciamo un lavoro aperto a 360 gradi, al dialogo, alla comprensione sia tra i cristiani sia tra le diverse religioni sia anche con il mondo laico, perché abbiamo un obiettivo comune, quello di fondare una società che assomigli il più possibile alla città di Dio. Non pretendo tanto, ma almeno che ci sia un orientamento verso una città nella quale si possa veramente vivere da umani e da cristiani nel rispetto della dignità e dei valori fondanti nella nostra tradizione culturale".      ]]>
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L’ospite è Alì Agca o forse… Cristo https://www.lavoce.it/lospite-e-ali-agca-o-forse-cristo/ Thu, 16 Jul 2015 08:03:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39122 Il concerto di suor Maria Benedetta
Il concerto di suor Maria Benedetta

Nelle comunità benedettine l’11 luglio si è ricordato san Benedetto con liturgie e iniziative culturali.

Una sintesi di questi due aspetti si è realizzato nel monastero delle Benedettine di Santa Caterina di Perugia.

Si è iniziato la sera della vigilia – con molta partecipazione di laici e religiose – con una relazione a due voci di don Elio Bromuri, cappellano festivo “storico” di quella comunità, e del medievista Franco Mezzanotte.

Don Elio ha definito lo “stile” benedettino come “lo stile di un cristianesimo amico, non ostile. Anche Cristo è ospite della tua casa: condividi con lui la vita quotidiana, il pasto, le ore”.

E non è una passeggiata. “Noi – ha ricordato – abbiamo a Perugia in via Bontempi un Centro di accoglienza: chi accogli? Come? Non so se rivelo un segreto, ma per due giorni, molti anni fa, ospitammo… senza saperlo, ovviamente!… Alì Agca, sotto falso nome. L’attentatore di Giovanni Paolo II. Tu non sai chi ricevi in casa, ma noi accogliamo tutti. Questa idea di accoglienza è tanto cara a Papa Francesco, che si batte contro la teoria dello scarto. In base a quest’ultima, affinché una società funzioni, un terzo deve restare fuori, è come la zavorra. La teoria cristiana invece è l’inclusione di tutti. È un grande compito, ma anche una grande vocazione, una grande prospettiva”.

Sia lui che il prof. Mezzanotte hanno illustrato il cap. 53 della Regola benedettina dedicato all’accoglienza. Un capitolo che costituisce una vera e propria rivoluzione nel considerare l’altro non come un estraneo o un forestiero, ma come un ospite. Per evitare equivoci e inganni, però, la Regola prevede che il primo incontro inizi con la lettura di un brano della Scrittura e la preghiera, e poi si dia all’ospite ogni umano conforto.

È stata quindi celebrata la liturgia eucaristica presieduta dal vescovo ausiliare Paolo Giulietti, che ha commentato il Vangelo (Mt 6, 7-13) in cui Pietro chiede a Gesù: “Noi che abbiamo lasciato tutto, che cosa avremo in cambio?”. Una domanda presente nella Bibbia e che noi oggi – ha sottolineato mons. Giulietti, – traduciamo con: “A noi conviene seguire Gesù?”. Chi descrive il cristiano come un uomo che “perde” qualcosa della sua umanità, come una persona triste e limitata, risponderà con un “no”, ma i cristiani testimoniano che seguire Gesù “conviene” perché Cristo nulla toglie all’uomo, anzi la sua stessa umanità ne risulta valorizzata.

Al termine è seguito un breve concerto d’organo eseguito dalla giovane suor Maria Benedetta, che di recente ha indossato l’abito monastico. Una esecuzione, sul grande organo del monastero, di brani contemporanei rifatti in stile classico.

 

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