elezioni europee 2024 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/elezioni-europee-2024/ Settimanale di informazione regionale Tue, 18 Jun 2024 09:20:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg elezioni europee 2024 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/elezioni-europee-2024/ 32 32 L’uragano e la colomba https://www.lavoce.it/luragano-e-la-colomba/ https://www.lavoce.it/luragano-e-la-colomba/#respond Sat, 15 Jun 2024 09:18:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76549

Diecimila e duecentonovantanove preferenze. Sì, esatto: 10.299 scritto in cifre. Che poi sono un tassello minuscolo dei circa 500mila voti che il capolista della Lega in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali d’Italia ha raccolto nel complesso. Lui è Roberto Vannacci, spezzino di 55 anni, generale dell’Esercito italiano e capo di stato maggiore del Comando delle forze operative terrestri. Ma nel 2023 è stato soprattutto il controverso autore del libro Il mondo al contrario, dove ci parla di immigrati, donne, omosessualità e ambiente con toni e ragionamenti quantomeno discutibili.

Se il leader leghista Matteo Salvini contava di sfruttare Vannacci come “ariete” per risollevare i consensi elettorali del suo partito, mi sa che l’esperimento può dirsi fallito, nonostante il mezzo milione di voti. Come ricordiamo anche nelle pagine interne di questo numero de La Voce, alle consultazioni europee del 2019 la Lega in Umbria aveva toccato il sorprendente risultato del 38,18% dei voti. Un inequivocabile vento dal nord che aveva soffiato impetuoso anche nella nostra regione. Ma poi l’elettore medio - si sa - se le roboanti promesse di campagna elettorale restano tali, è pronto a guardare presto altrove. E allora la Lega è passata in tre anni all’8,8% circa delle elezioni politiche del 2022 (dato regionale) e ora è finita a 6,83% con le ultime europee del fine settimana scorso.

Ma torniamo alle 10.299 preferenze umbre di Vannacci. Non per essere di parte, per carità, ma cosa c’azzeccano (direbbe qualcuno) tutti quei voti con la storia, i valori e le radici della nostra terra umbra? Per carità, va bene il “vento” del cambiamento, ma quando questo diventa un uragano che spazza via il bello col brutto, il buono col cattivo, forse è un pochino esagerato. Sempre senza essere di parte, con i risultati ormai definitivi che hanno delineato la compagine dei 76 italiani che voleranno a Strasburgo, preferiamo complimentarci con Marco Tarquinio, giornalista assisano nato professionalmente sulle pagine di questo settimanale, fino al maggio 2023 direttore del quotidiano Avvenire, e ora eletto nell’Europarlamento. Che possa portare in Europa i valori di pace, dialogo, accoglienza e condivisione dei quali oggi c’è davvero un gran bisogno. Buon lavoro, Marco!

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Diecimila e duecentonovantanove preferenze. Sì, esatto: 10.299 scritto in cifre. Che poi sono un tassello minuscolo dei circa 500mila voti che il capolista della Lega in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali d’Italia ha raccolto nel complesso. Lui è Roberto Vannacci, spezzino di 55 anni, generale dell’Esercito italiano e capo di stato maggiore del Comando delle forze operative terrestri. Ma nel 2023 è stato soprattutto il controverso autore del libro Il mondo al contrario, dove ci parla di immigrati, donne, omosessualità e ambiente con toni e ragionamenti quantomeno discutibili.

Se il leader leghista Matteo Salvini contava di sfruttare Vannacci come “ariete” per risollevare i consensi elettorali del suo partito, mi sa che l’esperimento può dirsi fallito, nonostante il mezzo milione di voti. Come ricordiamo anche nelle pagine interne di questo numero de La Voce, alle consultazioni europee del 2019 la Lega in Umbria aveva toccato il sorprendente risultato del 38,18% dei voti. Un inequivocabile vento dal nord che aveva soffiato impetuoso anche nella nostra regione. Ma poi l’elettore medio - si sa - se le roboanti promesse di campagna elettorale restano tali, è pronto a guardare presto altrove. E allora la Lega è passata in tre anni all’8,8% circa delle elezioni politiche del 2022 (dato regionale) e ora è finita a 6,83% con le ultime europee del fine settimana scorso.

Ma torniamo alle 10.299 preferenze umbre di Vannacci. Non per essere di parte, per carità, ma cosa c’azzeccano (direbbe qualcuno) tutti quei voti con la storia, i valori e le radici della nostra terra umbra? Per carità, va bene il “vento” del cambiamento, ma quando questo diventa un uragano che spazza via il bello col brutto, il buono col cattivo, forse è un pochino esagerato. Sempre senza essere di parte, con i risultati ormai definitivi che hanno delineato la compagine dei 76 italiani che voleranno a Strasburgo, preferiamo complimentarci con Marco Tarquinio, giornalista assisano nato professionalmente sulle pagine di questo settimanale, fino al maggio 2023 direttore del quotidiano Avvenire, e ora eletto nell’Europarlamento. Che possa portare in Europa i valori di pace, dialogo, accoglienza e condivisione dei quali oggi c’è davvero un gran bisogno. Buon lavoro, Marco!

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Senza l’Unione Europea, il diluvio https://www.lavoce.it/senza-lunione-europea-il-diluvio/ https://www.lavoce.it/senza-lunione-europea-il-diluvio/#respond Wed, 05 Jun 2024 16:25:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76489

In un saggio celebre tra gli studiosi dei fenomeni politici, pubblicato a Londra subito dopo le prime elezioni europee del 1979, Karlheinz Reif e Hermann Schmitt attribuirono a questo voto il carattere di second-order. Il significato sostanziale di questa espressione dovrebbe risultare chiaro anche a chi non conosce l’inglese. Ma perché le elezioni europee sarebbero – diciamo così – di secondo piano, rispetto ovviamente a quelle politiche nazionali? Essenzialmente perché in esse la posta in gioco è inferiore, o almeno in questi termini viene percepita dall’opinione pubblica. Questo aspetto, tra l’altro, sarebbe anche alla base della minore partecipazione al voto. Tale percezione era inadeguata anche in passato, ma poteva essere comprensibile allo stato degli atti. Oggi, però, è veramente insostenibile. Pochi giorni fa il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nella sua prima relazione annuale, ha affermato che “l’avanzamento dell’integrazione europea è la risposta ai mutati equilibri geopolitici e al rischio di irrilevanza cui i singoli Stati membri sarebbero altrimenti condannati dalla cruda aritmetica dei numeri”. Sono parole nettissime, pronunciate da una personalità di grande autorevolezza, con una specifica esperienza da membro del direttorio della Banca centrale europea, e la cui nomina è avvenuta nella stagione dell’attuale maggioranza, in cui pure le venature euroscettiche non mancano. Del resto, solo un pregiudizio ideologico potrebbe impedire di vedere quel che Panetta ha sottolineato con estrema lucidità. Da banchiere centrale, per giunta, egli è ben consapevole che la quasi totalità della nostra crescita economica è legata all’attuazione del Pnrr e quindi ai fondi europei. Altro che di secondo piano! Oggi la posta in gioco nelle elezioni europee è d’importanza cruciale. E per una volta le ragioni ideali e quelle economiche spingono nella stessa direzione. Quando il card. Zuppi, presidente della Cei, formula l’auspicio che “l’Europa si ricordi delle sue radici” e che “la scelta sia per un futuro maggiore, e non minore, dell’Europa”, muove da presupposti chiaramente diversi da quelli pragmatici del governatore della Banca d’Italia, ma indica una prospettiva che tende a convergere. Del resto è una pericolosa illusione quella di chi immagina di poter fare a meno dell’Europa o comunque di ridimensionarne il ruolo. La nostra collettività, ha scritto il Capo dello Stato nel messaggio ai prefetti per il 2 giugno, è “inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del Continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento Europeo, la sovranità”. Una sovranità che è l’esatto contrario di quei sovranismi che alimentano venti di guerra anche lì dove sembrava impossibile che fosse rimessa in discussione la pace. E che invece è in piena sintonia con le piccole sovranità dei nostri territori in cui “viene rinsaldata l’unità dell’edificio democratico, valorizzando il principio di autonomia nell’orizzonte della solidarietà”, per citare ancora il messaggio di Mattarella. La coincidenza del voto europeo con quello in 3.700 Comuni ci ricorda che, statistiche alla mano, la partecipazione alle elezioni per il Parlamento di Strasburgo è maggiore in quelle località in cui i seggi si aprono anche per le amministrative. Un effetto-traino sul piano pratico, certo, ma anche la conferma che la democrazia si costruisce dal basso. Stefano De Martis]]>

In un saggio celebre tra gli studiosi dei fenomeni politici, pubblicato a Londra subito dopo le prime elezioni europee del 1979, Karlheinz Reif e Hermann Schmitt attribuirono a questo voto il carattere di second-order. Il significato sostanziale di questa espressione dovrebbe risultare chiaro anche a chi non conosce l’inglese. Ma perché le elezioni europee sarebbero – diciamo così – di secondo piano, rispetto ovviamente a quelle politiche nazionali? Essenzialmente perché in esse la posta in gioco è inferiore, o almeno in questi termini viene percepita dall’opinione pubblica. Questo aspetto, tra l’altro, sarebbe anche alla base della minore partecipazione al voto. Tale percezione era inadeguata anche in passato, ma poteva essere comprensibile allo stato degli atti. Oggi, però, è veramente insostenibile. Pochi giorni fa il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nella sua prima relazione annuale, ha affermato che “l’avanzamento dell’integrazione europea è la risposta ai mutati equilibri geopolitici e al rischio di irrilevanza cui i singoli Stati membri sarebbero altrimenti condannati dalla cruda aritmetica dei numeri”. Sono parole nettissime, pronunciate da una personalità di grande autorevolezza, con una specifica esperienza da membro del direttorio della Banca centrale europea, e la cui nomina è avvenuta nella stagione dell’attuale maggioranza, in cui pure le venature euroscettiche non mancano. Del resto, solo un pregiudizio ideologico potrebbe impedire di vedere quel che Panetta ha sottolineato con estrema lucidità. Da banchiere centrale, per giunta, egli è ben consapevole che la quasi totalità della nostra crescita economica è legata all’attuazione del Pnrr e quindi ai fondi europei. Altro che di secondo piano! Oggi la posta in gioco nelle elezioni europee è d’importanza cruciale. E per una volta le ragioni ideali e quelle economiche spingono nella stessa direzione. Quando il card. Zuppi, presidente della Cei, formula l’auspicio che “l’Europa si ricordi delle sue radici” e che “la scelta sia per un futuro maggiore, e non minore, dell’Europa”, muove da presupposti chiaramente diversi da quelli pragmatici del governatore della Banca d’Italia, ma indica una prospettiva che tende a convergere. Del resto è una pericolosa illusione quella di chi immagina di poter fare a meno dell’Europa o comunque di ridimensionarne il ruolo. La nostra collettività, ha scritto il Capo dello Stato nel messaggio ai prefetti per il 2 giugno, è “inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del Continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento Europeo, la sovranità”. Una sovranità che è l’esatto contrario di quei sovranismi che alimentano venti di guerra anche lì dove sembrava impossibile che fosse rimessa in discussione la pace. E che invece è in piena sintonia con le piccole sovranità dei nostri territori in cui “viene rinsaldata l’unità dell’edificio democratico, valorizzando il principio di autonomia nell’orizzonte della solidarietà”, per citare ancora il messaggio di Mattarella. La coincidenza del voto europeo con quello in 3.700 Comuni ci ricorda che, statistiche alla mano, la partecipazione alle elezioni per il Parlamento di Strasburgo è maggiore in quelle località in cui i seggi si aprono anche per le amministrative. Un effetto-traino sul piano pratico, certo, ma anche la conferma che la democrazia si costruisce dal basso. Stefano De Martis]]>
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Oltre i confini… almeno noi! https://www.lavoce.it/oltre-i-confini-almeno-noi/ https://www.lavoce.it/oltre-i-confini-almeno-noi/#respond Fri, 31 May 2024 08:00:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76432

È possibile che nelle iniziative della campagna elettorale organizzate nelle città da alcuni candidati si parli talvolta di Europa ma i leader nazionali, i giornali cosiddetti mainstream, la radiotelevisione e la rete sembrano congelati sulle questioni interne. Eppure tra qualche giorno saremo chiamati a scegliere chi si occuperà delle politiche del continente!

Davvero molto deludente che non si riesca a mettere un piede oltre i confini e che, non solo l’informazione, ma anche e soprattutto la politica sia tutta ripiegata a considerare esclusivamente le questioni pur importanti del Belpaese e le schermaglie tra i leader degli opposti schieramenti.

Eppure sarebbe tanto importante conoscere, ad esempio, la composizione, gli orientamenti e le istanze delle diverse famiglie europee (raggruppamenti) di riferimento dei partiti italiani, conoscere quali proposte e quali competenze hanno da portare i nostri candidati sui temi cruciali del cambiamento climatico, del ruolo internazionale dell’Ue, della costruzione della pace, dell’economia, delle politiche agricole e marittime, dell’import – export, ecc.

Siamo tra i Paesi fondatori dell’Unione, quelli che dal grembo buio di una stagione cruenta e liberticida, riuscirono a partorire il sogno di un futuro continentale. Siamo quelli di Spinelli, De Gasperi, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Ci saremmo aspettati che la campagna elettorale ci scaldasse il cuore almeno un poco. Nei giorni che ci restano vediamo di fare almeno per conto nostro e andiamo a votare!

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È possibile che nelle iniziative della campagna elettorale organizzate nelle città da alcuni candidati si parli talvolta di Europa ma i leader nazionali, i giornali cosiddetti mainstream, la radiotelevisione e la rete sembrano congelati sulle questioni interne. Eppure tra qualche giorno saremo chiamati a scegliere chi si occuperà delle politiche del continente!

Davvero molto deludente che non si riesca a mettere un piede oltre i confini e che, non solo l’informazione, ma anche e soprattutto la politica sia tutta ripiegata a considerare esclusivamente le questioni pur importanti del Belpaese e le schermaglie tra i leader degli opposti schieramenti.

Eppure sarebbe tanto importante conoscere, ad esempio, la composizione, gli orientamenti e le istanze delle diverse famiglie europee (raggruppamenti) di riferimento dei partiti italiani, conoscere quali proposte e quali competenze hanno da portare i nostri candidati sui temi cruciali del cambiamento climatico, del ruolo internazionale dell’Ue, della costruzione della pace, dell’economia, delle politiche agricole e marittime, dell’import – export, ecc.

Siamo tra i Paesi fondatori dell’Unione, quelli che dal grembo buio di una stagione cruenta e liberticida, riuscirono a partorire il sogno di un futuro continentale. Siamo quelli di Spinelli, De Gasperi, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Ci saremmo aspettati che la campagna elettorale ci scaldasse il cuore almeno un poco. Nei giorni che ci restano vediamo di fare almeno per conto nostro e andiamo a votare!

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Ma quali poteri ha l’Unione europea? https://www.lavoce.it/ma-quali-poteri-ha-lunione-europea/ https://www.lavoce.it/ma-quali-poteri-ha-lunione-europea/#respond Wed, 15 May 2024 14:12:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76194

Il Parlamento europeo è eletto a suffragio universale dal 1979 ma, forse, è ancora piuttosto sconosciuto agli elettori. L’avvicinarsi delle elezioni di giugno per il rinnovo dell’Assemblea Ue pone legittime domande ai cittadini: quali poteri ha in effetti il Parlamento europeo, con sedi a Strasburgo e Bruxelles, composto da 720 eurodeputati eletti in 27 Paesi che rimarranno in carica per cinque anni?

Occorre riconoscere che dal Trattato di Lisbona (2009) in poi, l’Assemblea ha assunto compiti e visibilità assai superiori rispetto al passato e attualmente detiene poteri legislativi, di bilancio e di “controllo democratico”. Ha il potere di approvare e modificare la legislazione, decide in merito al bilancio annuale dell’Ue – come chiarisce il Trattato – su un piano di parità con il Consiglio (dove sono rappresentati gli Stati membri). Inoltre fa in modo che la Commissione e altre istituzioni e organi dell’Ue rendano conto del proprio operato.

L’Europarlamento detiene dunque anzitutto il potere legislativo. La grande maggioranza delle leggi comunitarie è approvata mediante la procedura legislativa ordinaria (denominata anche procedura “di codecisione”). Il Parlamento europeo, che rappresenta i cittadini, e il Consiglio, rappresentante degli Stati, insieme definiscono regolamenti e direttive europee che diventano leggi per i 440 milioni di cittadini europei. Leggi che riguardano l’economia e il commercio, il mercato unico, trasporti e infrastrutture, la protezione dei consumatori, la protezione dell’ambiente, l’energia, alcuni aspetti della tutela della salute, la sicurezza, le comunicazioni, fino – una delle ultime normative Ue – l’intelligenza artificiale.

Vi sono poi altre procedure legislative nelle quali il Parlamento europeo interviene per “approvazione” (ad es. l’approvazione di adesioni di nuovi Stati membri; l’approvazione collegio dei commissari) o per “consultazione” (procedura applicata in ambiti particolari come l’imposizione fiscale, il diritto in materia di concorrenza, la politica estera e di sicurezza comune).

Il Parlamento europeo stabilisce inoltre il bilancio annuale dell’Unione insieme al Consiglio, nel rispetto del “quadro finanziario pluriennale” (bilancio per sette anni), e controlla la spesa del bilancio stesso attraverso la “procedura di discarico” annuale. Quando si sente parlare di “fondi europei” e di finanziamenti a programmi Ue si chiama dunque in causa scelte assunte anche dall’Europarlamento.

Tra gli altri compiti principali del Parlamento vi è la nomina del presidente della Commissione: questo sarà uno dei primi compiti dopo le elezioni di giugno. “Gli Stati membri nominano un candidato per l’incarico, ma devono tenere conto dei risultati delle elezioni europee”. Sarà poi il Parlamento a eleggere il nuovo presidente della Commissione a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

“Se il candidato non ottiene i voti necessari, gli Stati membri devono proporne un altro entro un mese” mediante una riunione del Consiglio europeo. Dopodiché gli Stati membri indicheranno i loro candidati a far parte del collegio dei commissari: questi dovranno superare le “audizioni”, ovvero un severo esame dinanzi agli eurodeputati. Infine l’intera Commissione sarà sottoposta al voto di approvazione del Parlamento europeo.

“Usa il tuo”: questo lo slogan adottato dall’Ue per richiamare i cittadini a far sentire la loro voce a giugno. Anche per evitare che siano altri a decidere per sé.

Gianni Borsa e Marco Calvarese
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Il Parlamento europeo è eletto a suffragio universale dal 1979 ma, forse, è ancora piuttosto sconosciuto agli elettori. L’avvicinarsi delle elezioni di giugno per il rinnovo dell’Assemblea Ue pone legittime domande ai cittadini: quali poteri ha in effetti il Parlamento europeo, con sedi a Strasburgo e Bruxelles, composto da 720 eurodeputati eletti in 27 Paesi che rimarranno in carica per cinque anni?

Occorre riconoscere che dal Trattato di Lisbona (2009) in poi, l’Assemblea ha assunto compiti e visibilità assai superiori rispetto al passato e attualmente detiene poteri legislativi, di bilancio e di “controllo democratico”. Ha il potere di approvare e modificare la legislazione, decide in merito al bilancio annuale dell’Ue – come chiarisce il Trattato – su un piano di parità con il Consiglio (dove sono rappresentati gli Stati membri). Inoltre fa in modo che la Commissione e altre istituzioni e organi dell’Ue rendano conto del proprio operato.

L’Europarlamento detiene dunque anzitutto il potere legislativo. La grande maggioranza delle leggi comunitarie è approvata mediante la procedura legislativa ordinaria (denominata anche procedura “di codecisione”). Il Parlamento europeo, che rappresenta i cittadini, e il Consiglio, rappresentante degli Stati, insieme definiscono regolamenti e direttive europee che diventano leggi per i 440 milioni di cittadini europei. Leggi che riguardano l’economia e il commercio, il mercato unico, trasporti e infrastrutture, la protezione dei consumatori, la protezione dell’ambiente, l’energia, alcuni aspetti della tutela della salute, la sicurezza, le comunicazioni, fino – una delle ultime normative Ue – l’intelligenza artificiale.

Vi sono poi altre procedure legislative nelle quali il Parlamento europeo interviene per “approvazione” (ad es. l’approvazione di adesioni di nuovi Stati membri; l’approvazione collegio dei commissari) o per “consultazione” (procedura applicata in ambiti particolari come l’imposizione fiscale, il diritto in materia di concorrenza, la politica estera e di sicurezza comune).

Il Parlamento europeo stabilisce inoltre il bilancio annuale dell’Unione insieme al Consiglio, nel rispetto del “quadro finanziario pluriennale” (bilancio per sette anni), e controlla la spesa del bilancio stesso attraverso la “procedura di discarico” annuale. Quando si sente parlare di “fondi europei” e di finanziamenti a programmi Ue si chiama dunque in causa scelte assunte anche dall’Europarlamento.

Tra gli altri compiti principali del Parlamento vi è la nomina del presidente della Commissione: questo sarà uno dei primi compiti dopo le elezioni di giugno. “Gli Stati membri nominano un candidato per l’incarico, ma devono tenere conto dei risultati delle elezioni europee”. Sarà poi il Parlamento a eleggere il nuovo presidente della Commissione a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

“Se il candidato non ottiene i voti necessari, gli Stati membri devono proporne un altro entro un mese” mediante una riunione del Consiglio europeo. Dopodiché gli Stati membri indicheranno i loro candidati a far parte del collegio dei commissari: questi dovranno superare le “audizioni”, ovvero un severo esame dinanzi agli eurodeputati. Infine l’intera Commissione sarà sottoposta al voto di approvazione del Parlamento europeo.

“Usa il tuo”: questo lo slogan adottato dall’Ue per richiamare i cittadini a far sentire la loro voce a giugno. Anche per evitare che siano altri a decidere per sé.

Gianni Borsa e Marco Calvarese
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Amministrative: comincia a salire la febbre elettorale https://www.lavoce.it/amministrative-europee-comincia-salire-febbre-elettorale/ https://www.lavoce.it/amministrative-europee-comincia-salire-febbre-elettorale/#respond Thu, 01 Feb 2024 18:21:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74763 Un uomo e una donna rovesciano un'urna elettorale sul tavolo con dentro schede elettorali

Le pagine dei giornali locali e gli altri media regionali ormai da settimane si sono popolati di dibattiti e “schermaglie” politiche e amministrative. Segno che la “febbre” dei borsini elettorali comincia a salire, in vista delle prossime elezioni amministrative per il rinnovo di buona parte delle amministrazioni comunali umbre e, in autunno, anche del Consiglio e della Presidenza regionali.

In Umbria si vota l'8 e il 9 giugno

In base a quanto deciso dal Consiglio dei ministri in questi ultimi giorni, dunque, anche in Umbria si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno, nell’election day che accorperà le consultazioni amministrative e quelle per il rinnovo dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, oltre alle regionali del Piemonte.

Dove si voterà per le amministrative

Nella nostra regione sono 60 sul totale di 92 (quindi oltre il 65 per cento) - i Comuni chiamati al rinnovo di Sindaco e Consiglio comunale. Si voterà nel capoluogo regionale, cioè a Perugia (162.362 abitanti secondo il Censimento Istat del 2021) dove Andrea Romizi è al termine del secondo mandato da primo cittadino e il centro-destra cerca di rimanere compatto al governo cittadino.

Comuni con popolazione sopra i 15mila abitanti

E si vota anche in altri sei comuni umbri con popolazione superiore alla soglia dei 15mila abitanti. Si tratta di Bastia Umbra, 21.256 abitanti e Paola Lungarotti (centrodestra) come sindaca uscente disponibile a ricandidarsi; Castiglione del Lago, 15.193 abitanti e Matteo Burico (centro-sinistra) uscente e già ricandidato nei mesi scorsi dal Pd; Foligno, 55.503 abitanti e Stefano Zuccarini (centrodestra) uscente e con certezza di ricandidatura; Gubbio, 30.650 abitanti e Filippo Mario Stirati (centro-sinistra) alla fine del secondo mandato, con tante voci ma poche certezze sulle candidature nei vari schieramenti; Marsciano, 18.038 abitanti e Francesca Mele (centro-destra) come sindaca uscente e anche ricandidata per il secondo mandato; Orvieto, in provincia di Terni, con 19.689 abitanti e Roberta Tardani in cerca del “bis” con il centro-destra che sembra compatto sul suo nome.

Gli altri comuni con popolazione sotto i 15mila abitanti

Oltre ai sette comuni più grandi della regione, dove si voterà con il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (eventuali turni di ballottaggio fissati per il 22 e 23 giugno), andranno alle urne anche 53 comuni con popolazione sotto ai 15mila abitanti, quindi con la proclamazione del Sindaco direttamente dopo il primo turno. Tra questi, c’è la curiosità del sistema elettorale nel comune di Gualdo Tadino: nel Censimento del 2021 gli abitanti sono scesi sotto quota 15mila (14.313 per la precisione) e quindi il primo cittadino sarà proclamato dopo il primo fine-settimana elettorale. Il sindaco uscente Massimiliano Presciutti (centrosinistra) per altro si è dichiarato disponibile a un terzo mandato reso possibile per decreto dal Consiglio dei ministri.

In Umbria, oltre a Gualdo Tadino il Sindaco potrà ricandidarsi anche a Magione (ma Giacomo Chiodini del Pd ha già detto che non si ripresenta), a San Giustino (anche Paolo Fratini sembra intenzionato a tornare alla sua occupazione fuori dall’amministrazione locale), mentre Spello e Panicale, rispettivamente, Moreno Landrini e Giulio Cherubini potrebbero ricandidarsi per il terzo mandato. Le ultime disposizioni del Governo lanciano - almeno in linea teorica - anche la figura del “sindaco a vita”, visto che nei Comuni con meno di 5mila abitanti non ci sono limiti ai mandati.

Fissate per l’8 e 9 giugno le date di amministrative ed europee

Il Consiglio dei ministri ha fissato le date delle prossime elezioni per l’8 e il 9 giugno. Per la terza volta si andrà, quindi, al voto di sabato come già accaduto nel 2004 e nel 2009 quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Saranno 3.701 i comuni alle urne, per un totale di quasi 17 milioni di votanti. Tra queste città ci sono 27 capoluoghi di provincia e sei anche di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Nel corso del 2024 poi si eleggerà il presidente in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Si parte con la Sardegna, il prossimo 25 febbraio. Il 10 marzo toccherà all’Abruzzo, mentre il Piemonte sceglie l’accorpamento con le amministrative e le europee di giugno. L’ultima regione ad andare alle urne, in ordine di tempo, sarà l’Umbria, in autunno, mentre è ancora attesa la decisione della Basilicata che potrebbe però arrivare nei prossimi giorni e forse sarà in aprile.
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Un uomo e una donna rovesciano un'urna elettorale sul tavolo con dentro schede elettorali

Le pagine dei giornali locali e gli altri media regionali ormai da settimane si sono popolati di dibattiti e “schermaglie” politiche e amministrative. Segno che la “febbre” dei borsini elettorali comincia a salire, in vista delle prossime elezioni amministrative per il rinnovo di buona parte delle amministrazioni comunali umbre e, in autunno, anche del Consiglio e della Presidenza regionali.

In Umbria si vota l'8 e il 9 giugno

In base a quanto deciso dal Consiglio dei ministri in questi ultimi giorni, dunque, anche in Umbria si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno, nell’election day che accorperà le consultazioni amministrative e quelle per il rinnovo dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, oltre alle regionali del Piemonte.

Dove si voterà per le amministrative

Nella nostra regione sono 60 sul totale di 92 (quindi oltre il 65 per cento) - i Comuni chiamati al rinnovo di Sindaco e Consiglio comunale. Si voterà nel capoluogo regionale, cioè a Perugia (162.362 abitanti secondo il Censimento Istat del 2021) dove Andrea Romizi è al termine del secondo mandato da primo cittadino e il centro-destra cerca di rimanere compatto al governo cittadino.

Comuni con popolazione sopra i 15mila abitanti

E si vota anche in altri sei comuni umbri con popolazione superiore alla soglia dei 15mila abitanti. Si tratta di Bastia Umbra, 21.256 abitanti e Paola Lungarotti (centrodestra) come sindaca uscente disponibile a ricandidarsi; Castiglione del Lago, 15.193 abitanti e Matteo Burico (centro-sinistra) uscente e già ricandidato nei mesi scorsi dal Pd; Foligno, 55.503 abitanti e Stefano Zuccarini (centrodestra) uscente e con certezza di ricandidatura; Gubbio, 30.650 abitanti e Filippo Mario Stirati (centro-sinistra) alla fine del secondo mandato, con tante voci ma poche certezze sulle candidature nei vari schieramenti; Marsciano, 18.038 abitanti e Francesca Mele (centro-destra) come sindaca uscente e anche ricandidata per il secondo mandato; Orvieto, in provincia di Terni, con 19.689 abitanti e Roberta Tardani in cerca del “bis” con il centro-destra che sembra compatto sul suo nome.

Gli altri comuni con popolazione sotto i 15mila abitanti

Oltre ai sette comuni più grandi della regione, dove si voterà con il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (eventuali turni di ballottaggio fissati per il 22 e 23 giugno), andranno alle urne anche 53 comuni con popolazione sotto ai 15mila abitanti, quindi con la proclamazione del Sindaco direttamente dopo il primo turno. Tra questi, c’è la curiosità del sistema elettorale nel comune di Gualdo Tadino: nel Censimento del 2021 gli abitanti sono scesi sotto quota 15mila (14.313 per la precisione) e quindi il primo cittadino sarà proclamato dopo il primo fine-settimana elettorale. Il sindaco uscente Massimiliano Presciutti (centrosinistra) per altro si è dichiarato disponibile a un terzo mandato reso possibile per decreto dal Consiglio dei ministri.

In Umbria, oltre a Gualdo Tadino il Sindaco potrà ricandidarsi anche a Magione (ma Giacomo Chiodini del Pd ha già detto che non si ripresenta), a San Giustino (anche Paolo Fratini sembra intenzionato a tornare alla sua occupazione fuori dall’amministrazione locale), mentre Spello e Panicale, rispettivamente, Moreno Landrini e Giulio Cherubini potrebbero ricandidarsi per il terzo mandato. Le ultime disposizioni del Governo lanciano - almeno in linea teorica - anche la figura del “sindaco a vita”, visto che nei Comuni con meno di 5mila abitanti non ci sono limiti ai mandati.

Fissate per l’8 e 9 giugno le date di amministrative ed europee

Il Consiglio dei ministri ha fissato le date delle prossime elezioni per l’8 e il 9 giugno. Per la terza volta si andrà, quindi, al voto di sabato come già accaduto nel 2004 e nel 2009 quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Saranno 3.701 i comuni alle urne, per un totale di quasi 17 milioni di votanti. Tra queste città ci sono 27 capoluoghi di provincia e sei anche di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Nel corso del 2024 poi si eleggerà il presidente in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Si parte con la Sardegna, il prossimo 25 febbraio. Il 10 marzo toccherà all’Abruzzo, mentre il Piemonte sceglie l’accorpamento con le amministrative e le europee di giugno. L’ultima regione ad andare alle urne, in ordine di tempo, sarà l’Umbria, in autunno, mentre è ancora attesa la decisione della Basilicata che potrebbe però arrivare nei prossimi giorni e forse sarà in aprile.
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