elezioni amministrative 2024 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/elezioni-amministrative-2024/ Settimanale di informazione regionale Wed, 03 Jul 2024 15:59:59 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg elezioni amministrative 2024 Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/elezioni-amministrative-2024/ 32 32 Il vescovo Maffeis saluta la neo sindaca Ferdinandi: “si cresce solo insieme” https://www.lavoce.it/il-vescovo-maffeis-saluta-la-neo-sindaca-ferdinandi-si-cresce-solo-insieme/ https://www.lavoce.it/il-vescovo-maffeis-saluta-la-neo-sindaca-ferdinandi-si-cresce-solo-insieme/#respond Thu, 27 Jun 2024 16:10:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76788

Vittoria Ferdinandi è la nuova sindaca del Comune di Perugia. La sua elezione è avvenuta a seguito del risultato del ballottaggio del 23-24 giugno scorso. A scrutinio completato, il secondo turno ha assegnato il 52,12% dei voti a Vittoria Ferdinandi (centrosinistra) che ha prevalso su Margherita Scoccia (centrodestra) che ha raccolto il 47,88% dei consensi. Martedì pomeriggio, 25 giugno, alle ore 18, presso la sala dei Sindaci di Palazzo dei Priori, alla presenza della Presidente della Commissione elettorale, Elena Mastrangeli, ha avuto luogo la proclamazione ufficiale della nuova sindaca di Perugia. Riportiamo di seguito la lettera di augurio inviata dall'arcivescovo Ivan Maffeis alla neo sindaca Ferdinandi.   Stimata Sindaca Ferdinandi, a nome della Chiesa diocesana, Le giunga un augurio sincero per la responsabilità amministrativa che si appresta ad assumere. Possa costruire con pazienza un consenso che sappia far sintesi dei diversi punti di vista: si cresce solo insieme. In questo orizzonte, un pensiero di riconoscenza va ad Andrea Romizi e alla sua squadra per il servizio assicurato al bene comune nei due mandati precedenti. Perugia, Lei lo sa, può contare sulla vitalità di un tessuto civile, innervato di persone e di realtà disponibili e solidali; un tessuto ricco di storia e di cultura con cui interpretare questo tempo complesso e aiutarsi a guardare avanti con fiducia. A tale tessuto, la nostra Chiesa intende continuare a dare il proprio contributo, secondo rapporti di rispetto e di collaborazione amichevole. Affido Lei, la Sua Giunta e l’intero Consiglio Comunale alla Madonna delle Grazie: “Vegli sul nostro popolo, infonda la speranza e susciti la carità, affinché la Città, confermando le sue più nobili tradizioni, continui ad essere faro di civiltà e promotrice di pace”. don Ivan, Vescovo]]>

Vittoria Ferdinandi è la nuova sindaca del Comune di Perugia. La sua elezione è avvenuta a seguito del risultato del ballottaggio del 23-24 giugno scorso. A scrutinio completato, il secondo turno ha assegnato il 52,12% dei voti a Vittoria Ferdinandi (centrosinistra) che ha prevalso su Margherita Scoccia (centrodestra) che ha raccolto il 47,88% dei consensi. Martedì pomeriggio, 25 giugno, alle ore 18, presso la sala dei Sindaci di Palazzo dei Priori, alla presenza della Presidente della Commissione elettorale, Elena Mastrangeli, ha avuto luogo la proclamazione ufficiale della nuova sindaca di Perugia. Riportiamo di seguito la lettera di augurio inviata dall'arcivescovo Ivan Maffeis alla neo sindaca Ferdinandi.   Stimata Sindaca Ferdinandi, a nome della Chiesa diocesana, Le giunga un augurio sincero per la responsabilità amministrativa che si appresta ad assumere. Possa costruire con pazienza un consenso che sappia far sintesi dei diversi punti di vista: si cresce solo insieme. In questo orizzonte, un pensiero di riconoscenza va ad Andrea Romizi e alla sua squadra per il servizio assicurato al bene comune nei due mandati precedenti. Perugia, Lei lo sa, può contare sulla vitalità di un tessuto civile, innervato di persone e di realtà disponibili e solidali; un tessuto ricco di storia e di cultura con cui interpretare questo tempo complesso e aiutarsi a guardare avanti con fiducia. A tale tessuto, la nostra Chiesa intende continuare a dare il proprio contributo, secondo rapporti di rispetto e di collaborazione amichevole. Affido Lei, la Sua Giunta e l’intero Consiglio Comunale alla Madonna delle Grazie: “Vegli sul nostro popolo, infonda la speranza e susciti la carità, affinché la Città, confermando le sue più nobili tradizioni, continui ad essere faro di civiltà e promotrice di pace”. don Ivan, Vescovo]]>
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Il doppio turno? È il sistema più ragionevole https://www.lavoce.it/il-doppio-turno-e-il-sistema-piu-ragionevole/ https://www.lavoce.it/il-doppio-turno-e-il-sistema-piu-ragionevole/#respond Thu, 27 Jun 2024 08:02:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76753

Appena resi noti i risultati dei ballottaggi nei comuni, la sera di lunedì 24 giugno, qualche esponente di primissimo piano della maggioranza di governo ha lanciato la proposta di modificare la legge elettorale, in particolare eliminando i ballottaggi.

Secondo una interpretazione maliziosa – che qui non vogliamo fare nostra – quella proposta sarebbe il frutto di una certa delusione riguardo all’esito della giornata. Lasciamo perdere i motivi più o meno immaginari, e valutiamo la proposta nel merito. È vero che articolare in due turni una consultazione elettorale è un appesantimento tanto per gli elettori, quanto per i candidati, quanto infine per la grande macchina organizzativa che deve far funzionare i seggi e fare il conto dei risultati. Ma in certi casi appare il modo più razionale per dare un ordine e un senso alla sterminata varietà delle opinioni individuali.

Se si interrogano cento elettori che hanno votato per lo stesso partito, si scopre che non ce ne sono due che la pensino allo stesso modo su tutto. Quindi ogni votazione è anche una gigantesca semplificazione, a danno delle opinioni isolate ma a vantaggio della collettività. Ora, se si tratta di eleggere, con elezione diretta, un capo (oggi un sindaco o un presidente di regione, domani forse il capo del governo) il modo più giusto per farlo è proclamare eletto chi ha avuto la maggioranza assoluta dei voti, ossia ha avuto più voti a favore che contro. Ma per essere sicuri di ottenere questo risultato, bisogna che i candidati siano solo due.

Quando i candidati sono più di due, è possibile che il più votato non abbia raggiunto la maggioranza assoluta, ma solo quella semplice e quindi che i contrari – anche se divisi fra più candidati - siano più dei favorevoli. E non è razionale, né giusto, dare un incarico di potere a una persona che ha più contrari che favorevoli.

Ma non sarebbe giusto neppure limitare la votazione a due soli candidati. La soluzione ragionevole, dunque, è fare un primo giro con tutti i candidati, poi un secondo giro fra i primi due classificati. Anche nello sport, prima si fanno le eliminatorie, poi i quarti, le semifinali e infine la finale. Tutto questo richiede più impegno, ma è il metodo più rispettoso del principio di maggioranza e della volontà degli elettori; non è detto che il turno unico lo sia altrettanto.

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Appena resi noti i risultati dei ballottaggi nei comuni, la sera di lunedì 24 giugno, qualche esponente di primissimo piano della maggioranza di governo ha lanciato la proposta di modificare la legge elettorale, in particolare eliminando i ballottaggi.

Secondo una interpretazione maliziosa – che qui non vogliamo fare nostra – quella proposta sarebbe il frutto di una certa delusione riguardo all’esito della giornata. Lasciamo perdere i motivi più o meno immaginari, e valutiamo la proposta nel merito. È vero che articolare in due turni una consultazione elettorale è un appesantimento tanto per gli elettori, quanto per i candidati, quanto infine per la grande macchina organizzativa che deve far funzionare i seggi e fare il conto dei risultati. Ma in certi casi appare il modo più razionale per dare un ordine e un senso alla sterminata varietà delle opinioni individuali.

Se si interrogano cento elettori che hanno votato per lo stesso partito, si scopre che non ce ne sono due che la pensino allo stesso modo su tutto. Quindi ogni votazione è anche una gigantesca semplificazione, a danno delle opinioni isolate ma a vantaggio della collettività. Ora, se si tratta di eleggere, con elezione diretta, un capo (oggi un sindaco o un presidente di regione, domani forse il capo del governo) il modo più giusto per farlo è proclamare eletto chi ha avuto la maggioranza assoluta dei voti, ossia ha avuto più voti a favore che contro. Ma per essere sicuri di ottenere questo risultato, bisogna che i candidati siano solo due.

Quando i candidati sono più di due, è possibile che il più votato non abbia raggiunto la maggioranza assoluta, ma solo quella semplice e quindi che i contrari – anche se divisi fra più candidati - siano più dei favorevoli. E non è razionale, né giusto, dare un incarico di potere a una persona che ha più contrari che favorevoli.

Ma non sarebbe giusto neppure limitare la votazione a due soli candidati. La soluzione ragionevole, dunque, è fare un primo giro con tutti i candidati, poi un secondo giro fra i primi due classificati. Anche nello sport, prima si fanno le eliminatorie, poi i quarti, le semifinali e infine la finale. Tutto questo richiede più impegno, ma è il metodo più rispettoso del principio di maggioranza e della volontà degli elettori; non è detto che il turno unico lo sia altrettanto.

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Convergenze parallele https://www.lavoce.it/convergenze-parallele-2/ https://www.lavoce.it/convergenze-parallele-2/#respond Thu, 27 Jun 2024 07:51:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76743

Con i risultati dei cinque ballottaggi umbri, archiviati ma ancora “freschi”, dalle elezioni comunali a quelle europee non si ferma la scia dei commenti, delle analisi e - a volte - anche dello scontro politico sul ruolo e sul posizionamento dei cattolici. Un dibattito che affiora spesso, provocando lacerazioni e ferite profonde.

Con uno sguardo attento sulle recenti amministrative, si nota come - in maniera più evidente o sotto traccia - la questione dei cattolici schierati da una parte o dall’altra non abbia riguardato solo il ballottaggio perugino, dove ci sono stati interventi e “manifesti” pubblici a favore delle due candidate di centrosinistra e centrodestra. La questione ha toccato molto da vicino anche Foligno e Gubbio, ad esempio, e altri Comuni ancora. In qualche caso le Curie diocesane e gli stessi Vescovi sono stati tirati per la giacchetta, tanto da dover diffondere messaggi di imparzialità, dialogo e richiamo alla responsabilità di elettori e candidati.

Tutto questo, alla vigilia della Settimana sociale di Trieste, chiamata a riflettere su cosa sia necessario ritrovare nel cuore della democrazia, riscoprendo una sana partecipazione popolare. Anche su queste pagine vorremmo fare la nostra parte, a cominciare dal riaprire un dialogo e un dibattito tra cattolici che possa contribuire a mettere da parte le divisioni, per riscoprire obiettivi e orizzonti comuni, pur nella differenza di schieramento.

Le nostre comunità locali, nazionale ed europea non possono permettersi il calo della partecipazione dei cittadini alle scelte che li toccano da vicino, manifestato dall’affluenza elettorale in continua flessione. Ci sono disuguaglianze sociali sempre più radicate e una povertà ormai troppo strutturale e cronica, arrivata ai massimi storici anche nella nostra Regione.

Frammentazione e polarizzazione tra gli schieramenti non aiutano la politica a risolvere i problemi reali e urgenti delle nostre comunità. Anzi, aumentano ancora di più il distacco delle persone dalla “cosa pubblica”, lasciando spazi incontrollati ai populismi di ogni specie.

Ecco, forse proprio da qui potrebbero e dovrebbero ripartire i cattolici, ritrovando l’unità nel favorire dialogo e convergenza tra schieramenti diversi sulle scelte davvero importanti per il Paese, per i Comuni e per tutti i cittadini.

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Con i risultati dei cinque ballottaggi umbri, archiviati ma ancora “freschi”, dalle elezioni comunali a quelle europee non si ferma la scia dei commenti, delle analisi e - a volte - anche dello scontro politico sul ruolo e sul posizionamento dei cattolici. Un dibattito che affiora spesso, provocando lacerazioni e ferite profonde.

Con uno sguardo attento sulle recenti amministrative, si nota come - in maniera più evidente o sotto traccia - la questione dei cattolici schierati da una parte o dall’altra non abbia riguardato solo il ballottaggio perugino, dove ci sono stati interventi e “manifesti” pubblici a favore delle due candidate di centrosinistra e centrodestra. La questione ha toccato molto da vicino anche Foligno e Gubbio, ad esempio, e altri Comuni ancora. In qualche caso le Curie diocesane e gli stessi Vescovi sono stati tirati per la giacchetta, tanto da dover diffondere messaggi di imparzialità, dialogo e richiamo alla responsabilità di elettori e candidati.

Tutto questo, alla vigilia della Settimana sociale di Trieste, chiamata a riflettere su cosa sia necessario ritrovare nel cuore della democrazia, riscoprendo una sana partecipazione popolare. Anche su queste pagine vorremmo fare la nostra parte, a cominciare dal riaprire un dialogo e un dibattito tra cattolici che possa contribuire a mettere da parte le divisioni, per riscoprire obiettivi e orizzonti comuni, pur nella differenza di schieramento.

Le nostre comunità locali, nazionale ed europea non possono permettersi il calo della partecipazione dei cittadini alle scelte che li toccano da vicino, manifestato dall’affluenza elettorale in continua flessione. Ci sono disuguaglianze sociali sempre più radicate e una povertà ormai troppo strutturale e cronica, arrivata ai massimi storici anche nella nostra Regione.

Frammentazione e polarizzazione tra gli schieramenti non aiutano la politica a risolvere i problemi reali e urgenti delle nostre comunità. Anzi, aumentano ancora di più il distacco delle persone dalla “cosa pubblica”, lasciando spazi incontrollati ai populismi di ogni specie.

Ecco, forse proprio da qui potrebbero e dovrebbero ripartire i cattolici, ritrovando l’unità nel favorire dialogo e convergenza tra schieramenti diversi sulle scelte davvero importanti per il Paese, per i Comuni e per tutti i cittadini.

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Senza l’Unione Europea, il diluvio https://www.lavoce.it/senza-lunione-europea-il-diluvio/ https://www.lavoce.it/senza-lunione-europea-il-diluvio/#respond Wed, 05 Jun 2024 16:25:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76489

In un saggio celebre tra gli studiosi dei fenomeni politici, pubblicato a Londra subito dopo le prime elezioni europee del 1979, Karlheinz Reif e Hermann Schmitt attribuirono a questo voto il carattere di second-order. Il significato sostanziale di questa espressione dovrebbe risultare chiaro anche a chi non conosce l’inglese. Ma perché le elezioni europee sarebbero – diciamo così – di secondo piano, rispetto ovviamente a quelle politiche nazionali? Essenzialmente perché in esse la posta in gioco è inferiore, o almeno in questi termini viene percepita dall’opinione pubblica. Questo aspetto, tra l’altro, sarebbe anche alla base della minore partecipazione al voto. Tale percezione era inadeguata anche in passato, ma poteva essere comprensibile allo stato degli atti. Oggi, però, è veramente insostenibile. Pochi giorni fa il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nella sua prima relazione annuale, ha affermato che “l’avanzamento dell’integrazione europea è la risposta ai mutati equilibri geopolitici e al rischio di irrilevanza cui i singoli Stati membri sarebbero altrimenti condannati dalla cruda aritmetica dei numeri”. Sono parole nettissime, pronunciate da una personalità di grande autorevolezza, con una specifica esperienza da membro del direttorio della Banca centrale europea, e la cui nomina è avvenuta nella stagione dell’attuale maggioranza, in cui pure le venature euroscettiche non mancano. Del resto, solo un pregiudizio ideologico potrebbe impedire di vedere quel che Panetta ha sottolineato con estrema lucidità. Da banchiere centrale, per giunta, egli è ben consapevole che la quasi totalità della nostra crescita economica è legata all’attuazione del Pnrr e quindi ai fondi europei. Altro che di secondo piano! Oggi la posta in gioco nelle elezioni europee è d’importanza cruciale. E per una volta le ragioni ideali e quelle economiche spingono nella stessa direzione. Quando il card. Zuppi, presidente della Cei, formula l’auspicio che “l’Europa si ricordi delle sue radici” e che “la scelta sia per un futuro maggiore, e non minore, dell’Europa”, muove da presupposti chiaramente diversi da quelli pragmatici del governatore della Banca d’Italia, ma indica una prospettiva che tende a convergere. Del resto è una pericolosa illusione quella di chi immagina di poter fare a meno dell’Europa o comunque di ridimensionarne il ruolo. La nostra collettività, ha scritto il Capo dello Stato nel messaggio ai prefetti per il 2 giugno, è “inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del Continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento Europeo, la sovranità”. Una sovranità che è l’esatto contrario di quei sovranismi che alimentano venti di guerra anche lì dove sembrava impossibile che fosse rimessa in discussione la pace. E che invece è in piena sintonia con le piccole sovranità dei nostri territori in cui “viene rinsaldata l’unità dell’edificio democratico, valorizzando il principio di autonomia nell’orizzonte della solidarietà”, per citare ancora il messaggio di Mattarella. La coincidenza del voto europeo con quello in 3.700 Comuni ci ricorda che, statistiche alla mano, la partecipazione alle elezioni per il Parlamento di Strasburgo è maggiore in quelle località in cui i seggi si aprono anche per le amministrative. Un effetto-traino sul piano pratico, certo, ma anche la conferma che la democrazia si costruisce dal basso. Stefano De Martis]]>

In un saggio celebre tra gli studiosi dei fenomeni politici, pubblicato a Londra subito dopo le prime elezioni europee del 1979, Karlheinz Reif e Hermann Schmitt attribuirono a questo voto il carattere di second-order. Il significato sostanziale di questa espressione dovrebbe risultare chiaro anche a chi non conosce l’inglese. Ma perché le elezioni europee sarebbero – diciamo così – di secondo piano, rispetto ovviamente a quelle politiche nazionali? Essenzialmente perché in esse la posta in gioco è inferiore, o almeno in questi termini viene percepita dall’opinione pubblica. Questo aspetto, tra l’altro, sarebbe anche alla base della minore partecipazione al voto. Tale percezione era inadeguata anche in passato, ma poteva essere comprensibile allo stato degli atti. Oggi, però, è veramente insostenibile. Pochi giorni fa il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nella sua prima relazione annuale, ha affermato che “l’avanzamento dell’integrazione europea è la risposta ai mutati equilibri geopolitici e al rischio di irrilevanza cui i singoli Stati membri sarebbero altrimenti condannati dalla cruda aritmetica dei numeri”. Sono parole nettissime, pronunciate da una personalità di grande autorevolezza, con una specifica esperienza da membro del direttorio della Banca centrale europea, e la cui nomina è avvenuta nella stagione dell’attuale maggioranza, in cui pure le venature euroscettiche non mancano. Del resto, solo un pregiudizio ideologico potrebbe impedire di vedere quel che Panetta ha sottolineato con estrema lucidità. Da banchiere centrale, per giunta, egli è ben consapevole che la quasi totalità della nostra crescita economica è legata all’attuazione del Pnrr e quindi ai fondi europei. Altro che di secondo piano! Oggi la posta in gioco nelle elezioni europee è d’importanza cruciale. E per una volta le ragioni ideali e quelle economiche spingono nella stessa direzione. Quando il card. Zuppi, presidente della Cei, formula l’auspicio che “l’Europa si ricordi delle sue radici” e che “la scelta sia per un futuro maggiore, e non minore, dell’Europa”, muove da presupposti chiaramente diversi da quelli pragmatici del governatore della Banca d’Italia, ma indica una prospettiva che tende a convergere. Del resto è una pericolosa illusione quella di chi immagina di poter fare a meno dell’Europa o comunque di ridimensionarne il ruolo. La nostra collettività, ha scritto il Capo dello Stato nel messaggio ai prefetti per il 2 giugno, è “inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del Continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento Europeo, la sovranità”. Una sovranità che è l’esatto contrario di quei sovranismi che alimentano venti di guerra anche lì dove sembrava impossibile che fosse rimessa in discussione la pace. E che invece è in piena sintonia con le piccole sovranità dei nostri territori in cui “viene rinsaldata l’unità dell’edificio democratico, valorizzando il principio di autonomia nell’orizzonte della solidarietà”, per citare ancora il messaggio di Mattarella. La coincidenza del voto europeo con quello in 3.700 Comuni ci ricorda che, statistiche alla mano, la partecipazione alle elezioni per il Parlamento di Strasburgo è maggiore in quelle località in cui i seggi si aprono anche per le amministrative. Un effetto-traino sul piano pratico, certo, ma anche la conferma che la democrazia si costruisce dal basso. Stefano De Martis]]>
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Oltre i confini… almeno noi! https://www.lavoce.it/oltre-i-confini-almeno-noi/ https://www.lavoce.it/oltre-i-confini-almeno-noi/#respond Fri, 31 May 2024 08:00:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76432

È possibile che nelle iniziative della campagna elettorale organizzate nelle città da alcuni candidati si parli talvolta di Europa ma i leader nazionali, i giornali cosiddetti mainstream, la radiotelevisione e la rete sembrano congelati sulle questioni interne. Eppure tra qualche giorno saremo chiamati a scegliere chi si occuperà delle politiche del continente!

Davvero molto deludente che non si riesca a mettere un piede oltre i confini e che, non solo l’informazione, ma anche e soprattutto la politica sia tutta ripiegata a considerare esclusivamente le questioni pur importanti del Belpaese e le schermaglie tra i leader degli opposti schieramenti.

Eppure sarebbe tanto importante conoscere, ad esempio, la composizione, gli orientamenti e le istanze delle diverse famiglie europee (raggruppamenti) di riferimento dei partiti italiani, conoscere quali proposte e quali competenze hanno da portare i nostri candidati sui temi cruciali del cambiamento climatico, del ruolo internazionale dell’Ue, della costruzione della pace, dell’economia, delle politiche agricole e marittime, dell’import – export, ecc.

Siamo tra i Paesi fondatori dell’Unione, quelli che dal grembo buio di una stagione cruenta e liberticida, riuscirono a partorire il sogno di un futuro continentale. Siamo quelli di Spinelli, De Gasperi, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Ci saremmo aspettati che la campagna elettorale ci scaldasse il cuore almeno un poco. Nei giorni che ci restano vediamo di fare almeno per conto nostro e andiamo a votare!

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È possibile che nelle iniziative della campagna elettorale organizzate nelle città da alcuni candidati si parli talvolta di Europa ma i leader nazionali, i giornali cosiddetti mainstream, la radiotelevisione e la rete sembrano congelati sulle questioni interne. Eppure tra qualche giorno saremo chiamati a scegliere chi si occuperà delle politiche del continente!

Davvero molto deludente che non si riesca a mettere un piede oltre i confini e che, non solo l’informazione, ma anche e soprattutto la politica sia tutta ripiegata a considerare esclusivamente le questioni pur importanti del Belpaese e le schermaglie tra i leader degli opposti schieramenti.

Eppure sarebbe tanto importante conoscere, ad esempio, la composizione, gli orientamenti e le istanze delle diverse famiglie europee (raggruppamenti) di riferimento dei partiti italiani, conoscere quali proposte e quali competenze hanno da portare i nostri candidati sui temi cruciali del cambiamento climatico, del ruolo internazionale dell’Ue, della costruzione della pace, dell’economia, delle politiche agricole e marittime, dell’import – export, ecc.

Siamo tra i Paesi fondatori dell’Unione, quelli che dal grembo buio di una stagione cruenta e liberticida, riuscirono a partorire il sogno di un futuro continentale. Siamo quelli di Spinelli, De Gasperi, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Ci saremmo aspettati che la campagna elettorale ci scaldasse il cuore almeno un poco. Nei giorni che ci restano vediamo di fare almeno per conto nostro e andiamo a votare!

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Amministrative Sardegna. Uniti per vincere. Divisi per “condizionare” https://www.lavoce.it/amministrative-sardegna-uniti-per-vincere-divisi-per-condizionare/ https://www.lavoce.it/amministrative-sardegna-uniti-per-vincere-divisi-per-condizionare/#respond Thu, 29 Feb 2024 11:35:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75053

Mentre scrivo queste righe, pare ormai certa la elezione di Alessandra Todde alla presidenza della Regione Sardegna. Però il margine è così stretto che non si può escludere che i voti contestati portino a un riconteggio che modifichi il risultato. Ma cambierebbe poco per quello che intendo dire ora; e cioè che dal punto di vista delle strategie elettorali c’è stata in Sardegna, fra i due schieramenti che convenzionalmente chiamiamo destra e sinistra, una gara a chi sbagliasse di più.

La destra partiva con il doppio vantaggio di essere la maggioranza di governo nel Paese, e la maggioranza uscente nella Regione. Anzi, aveva un vantaggio ulteriore: quello di avere come candidato presidente della Regione il sindaco in carica del capoluogo regionale, quindi un personaggio che si poteva supporre autorevole e conosciuto. Errore: una discreta fetta degli elettori di destra ha dato il “voto disgiunto” ossia ha votato per i candidati consiglieri ma non per il candidato presidente, e i più cattivi in questo senso sono stati proprio i cagliaritani, quelli che lo conoscevano meglio.

Eppure ormai dovrebbero averlo capito tutti, che in queste elezioni dirette (di un sindaco, di un presidente di regione, domani forse di un capo del governo) quello che conta di più è la persona del candidato, e dunque bisogna sceglierlo con cura; ma qui avevano sbagliato. Avevano scelto bene, invece, quelli della sinistra, con Alessandra Todde. In questo caso, però, troppa grazia: di candidati ne avevano due (l’altro era Soru) e così hanno diviso un elettorato che, se avesse votato compatto, avrebbe superato il 50%.

Per sua fortuna, Todde ha vinto lo stesso, ma bastava una manciata di voti in meno e avrebbe perso, non potendo utilizzare quell’8% e rotti sprecato per Soru, che sarà una bravissima persona ma era fuori gara. E anche questo – e cioè che nelle elezioni con questa formula chi vuole vincere deve riunire tutte le forze intorno a un candidato solo – dovrebbero averlo capito tutti. A quanto pare invece ci sono gruppi politici ai quali non interessa tanto vincere, quanto affermare la loro presenza ed avere così, nei confronti dei partiti maggiori, un potere di condizionamento, diciamo pure di ricatto, e vendere caro il proprio appoggio. È così che fu fatto cadere Prodi, fino a far tramontare la sua stella. Il vizio è rimasto.

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Mentre scrivo queste righe, pare ormai certa la elezione di Alessandra Todde alla presidenza della Regione Sardegna. Però il margine è così stretto che non si può escludere che i voti contestati portino a un riconteggio che modifichi il risultato. Ma cambierebbe poco per quello che intendo dire ora; e cioè che dal punto di vista delle strategie elettorali c’è stata in Sardegna, fra i due schieramenti che convenzionalmente chiamiamo destra e sinistra, una gara a chi sbagliasse di più.

La destra partiva con il doppio vantaggio di essere la maggioranza di governo nel Paese, e la maggioranza uscente nella Regione. Anzi, aveva un vantaggio ulteriore: quello di avere come candidato presidente della Regione il sindaco in carica del capoluogo regionale, quindi un personaggio che si poteva supporre autorevole e conosciuto. Errore: una discreta fetta degli elettori di destra ha dato il “voto disgiunto” ossia ha votato per i candidati consiglieri ma non per il candidato presidente, e i più cattivi in questo senso sono stati proprio i cagliaritani, quelli che lo conoscevano meglio.

Eppure ormai dovrebbero averlo capito tutti, che in queste elezioni dirette (di un sindaco, di un presidente di regione, domani forse di un capo del governo) quello che conta di più è la persona del candidato, e dunque bisogna sceglierlo con cura; ma qui avevano sbagliato. Avevano scelto bene, invece, quelli della sinistra, con Alessandra Todde. In questo caso, però, troppa grazia: di candidati ne avevano due (l’altro era Soru) e così hanno diviso un elettorato che, se avesse votato compatto, avrebbe superato il 50%.

Per sua fortuna, Todde ha vinto lo stesso, ma bastava una manciata di voti in meno e avrebbe perso, non potendo utilizzare quell’8% e rotti sprecato per Soru, che sarà una bravissima persona ma era fuori gara. E anche questo – e cioè che nelle elezioni con questa formula chi vuole vincere deve riunire tutte le forze intorno a un candidato solo – dovrebbero averlo capito tutti. A quanto pare invece ci sono gruppi politici ai quali non interessa tanto vincere, quanto affermare la loro presenza ed avere così, nei confronti dei partiti maggiori, un potere di condizionamento, diciamo pure di ricatto, e vendere caro il proprio appoggio. È così che fu fatto cadere Prodi, fino a far tramontare la sua stella. Il vizio è rimasto.

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Amministrative: comincia a salire la febbre elettorale https://www.lavoce.it/amministrative-europee-comincia-salire-febbre-elettorale/ https://www.lavoce.it/amministrative-europee-comincia-salire-febbre-elettorale/#respond Thu, 01 Feb 2024 18:21:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74763 Un uomo e una donna rovesciano un'urna elettorale sul tavolo con dentro schede elettorali

Le pagine dei giornali locali e gli altri media regionali ormai da settimane si sono popolati di dibattiti e “schermaglie” politiche e amministrative. Segno che la “febbre” dei borsini elettorali comincia a salire, in vista delle prossime elezioni amministrative per il rinnovo di buona parte delle amministrazioni comunali umbre e, in autunno, anche del Consiglio e della Presidenza regionali.

In Umbria si vota l'8 e il 9 giugno

In base a quanto deciso dal Consiglio dei ministri in questi ultimi giorni, dunque, anche in Umbria si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno, nell’election day che accorperà le consultazioni amministrative e quelle per il rinnovo dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, oltre alle regionali del Piemonte.

Dove si voterà per le amministrative

Nella nostra regione sono 60 sul totale di 92 (quindi oltre il 65 per cento) - i Comuni chiamati al rinnovo di Sindaco e Consiglio comunale. Si voterà nel capoluogo regionale, cioè a Perugia (162.362 abitanti secondo il Censimento Istat del 2021) dove Andrea Romizi è al termine del secondo mandato da primo cittadino e il centro-destra cerca di rimanere compatto al governo cittadino.

Comuni con popolazione sopra i 15mila abitanti

E si vota anche in altri sei comuni umbri con popolazione superiore alla soglia dei 15mila abitanti. Si tratta di Bastia Umbra, 21.256 abitanti e Paola Lungarotti (centrodestra) come sindaca uscente disponibile a ricandidarsi; Castiglione del Lago, 15.193 abitanti e Matteo Burico (centro-sinistra) uscente e già ricandidato nei mesi scorsi dal Pd; Foligno, 55.503 abitanti e Stefano Zuccarini (centrodestra) uscente e con certezza di ricandidatura; Gubbio, 30.650 abitanti e Filippo Mario Stirati (centro-sinistra) alla fine del secondo mandato, con tante voci ma poche certezze sulle candidature nei vari schieramenti; Marsciano, 18.038 abitanti e Francesca Mele (centro-destra) come sindaca uscente e anche ricandidata per il secondo mandato; Orvieto, in provincia di Terni, con 19.689 abitanti e Roberta Tardani in cerca del “bis” con il centro-destra che sembra compatto sul suo nome.

Gli altri comuni con popolazione sotto i 15mila abitanti

Oltre ai sette comuni più grandi della regione, dove si voterà con il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (eventuali turni di ballottaggio fissati per il 22 e 23 giugno), andranno alle urne anche 53 comuni con popolazione sotto ai 15mila abitanti, quindi con la proclamazione del Sindaco direttamente dopo il primo turno. Tra questi, c’è la curiosità del sistema elettorale nel comune di Gualdo Tadino: nel Censimento del 2021 gli abitanti sono scesi sotto quota 15mila (14.313 per la precisione) e quindi il primo cittadino sarà proclamato dopo il primo fine-settimana elettorale. Il sindaco uscente Massimiliano Presciutti (centrosinistra) per altro si è dichiarato disponibile a un terzo mandato reso possibile per decreto dal Consiglio dei ministri.

In Umbria, oltre a Gualdo Tadino il Sindaco potrà ricandidarsi anche a Magione (ma Giacomo Chiodini del Pd ha già detto che non si ripresenta), a San Giustino (anche Paolo Fratini sembra intenzionato a tornare alla sua occupazione fuori dall’amministrazione locale), mentre Spello e Panicale, rispettivamente, Moreno Landrini e Giulio Cherubini potrebbero ricandidarsi per il terzo mandato. Le ultime disposizioni del Governo lanciano - almeno in linea teorica - anche la figura del “sindaco a vita”, visto che nei Comuni con meno di 5mila abitanti non ci sono limiti ai mandati.

Fissate per l’8 e 9 giugno le date di amministrative ed europee

Il Consiglio dei ministri ha fissato le date delle prossime elezioni per l’8 e il 9 giugno. Per la terza volta si andrà, quindi, al voto di sabato come già accaduto nel 2004 e nel 2009 quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Saranno 3.701 i comuni alle urne, per un totale di quasi 17 milioni di votanti. Tra queste città ci sono 27 capoluoghi di provincia e sei anche di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Nel corso del 2024 poi si eleggerà il presidente in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Si parte con la Sardegna, il prossimo 25 febbraio. Il 10 marzo toccherà all’Abruzzo, mentre il Piemonte sceglie l’accorpamento con le amministrative e le europee di giugno. L’ultima regione ad andare alle urne, in ordine di tempo, sarà l’Umbria, in autunno, mentre è ancora attesa la decisione della Basilicata che potrebbe però arrivare nei prossimi giorni e forse sarà in aprile.
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Un uomo e una donna rovesciano un'urna elettorale sul tavolo con dentro schede elettorali

Le pagine dei giornali locali e gli altri media regionali ormai da settimane si sono popolati di dibattiti e “schermaglie” politiche e amministrative. Segno che la “febbre” dei borsini elettorali comincia a salire, in vista delle prossime elezioni amministrative per il rinnovo di buona parte delle amministrazioni comunali umbre e, in autunno, anche del Consiglio e della Presidenza regionali.

In Umbria si vota l'8 e il 9 giugno

In base a quanto deciso dal Consiglio dei ministri in questi ultimi giorni, dunque, anche in Umbria si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno, nell’election day che accorperà le consultazioni amministrative e quelle per il rinnovo dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, oltre alle regionali del Piemonte.

Dove si voterà per le amministrative

Nella nostra regione sono 60 sul totale di 92 (quindi oltre il 65 per cento) - i Comuni chiamati al rinnovo di Sindaco e Consiglio comunale. Si voterà nel capoluogo regionale, cioè a Perugia (162.362 abitanti secondo il Censimento Istat del 2021) dove Andrea Romizi è al termine del secondo mandato da primo cittadino e il centro-destra cerca di rimanere compatto al governo cittadino.

Comuni con popolazione sopra i 15mila abitanti

E si vota anche in altri sei comuni umbri con popolazione superiore alla soglia dei 15mila abitanti. Si tratta di Bastia Umbra, 21.256 abitanti e Paola Lungarotti (centrodestra) come sindaca uscente disponibile a ricandidarsi; Castiglione del Lago, 15.193 abitanti e Matteo Burico (centro-sinistra) uscente e già ricandidato nei mesi scorsi dal Pd; Foligno, 55.503 abitanti e Stefano Zuccarini (centrodestra) uscente e con certezza di ricandidatura; Gubbio, 30.650 abitanti e Filippo Mario Stirati (centro-sinistra) alla fine del secondo mandato, con tante voci ma poche certezze sulle candidature nei vari schieramenti; Marsciano, 18.038 abitanti e Francesca Mele (centro-destra) come sindaca uscente e anche ricandidata per il secondo mandato; Orvieto, in provincia di Terni, con 19.689 abitanti e Roberta Tardani in cerca del “bis” con il centro-destra che sembra compatto sul suo nome.

Gli altri comuni con popolazione sotto i 15mila abitanti

Oltre ai sette comuni più grandi della regione, dove si voterà con il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (eventuali turni di ballottaggio fissati per il 22 e 23 giugno), andranno alle urne anche 53 comuni con popolazione sotto ai 15mila abitanti, quindi con la proclamazione del Sindaco direttamente dopo il primo turno. Tra questi, c’è la curiosità del sistema elettorale nel comune di Gualdo Tadino: nel Censimento del 2021 gli abitanti sono scesi sotto quota 15mila (14.313 per la precisione) e quindi il primo cittadino sarà proclamato dopo il primo fine-settimana elettorale. Il sindaco uscente Massimiliano Presciutti (centrosinistra) per altro si è dichiarato disponibile a un terzo mandato reso possibile per decreto dal Consiglio dei ministri.

In Umbria, oltre a Gualdo Tadino il Sindaco potrà ricandidarsi anche a Magione (ma Giacomo Chiodini del Pd ha già detto che non si ripresenta), a San Giustino (anche Paolo Fratini sembra intenzionato a tornare alla sua occupazione fuori dall’amministrazione locale), mentre Spello e Panicale, rispettivamente, Moreno Landrini e Giulio Cherubini potrebbero ricandidarsi per il terzo mandato. Le ultime disposizioni del Governo lanciano - almeno in linea teorica - anche la figura del “sindaco a vita”, visto che nei Comuni con meno di 5mila abitanti non ci sono limiti ai mandati.

Fissate per l’8 e 9 giugno le date di amministrative ed europee

Il Consiglio dei ministri ha fissato le date delle prossime elezioni per l’8 e il 9 giugno. Per la terza volta si andrà, quindi, al voto di sabato come già accaduto nel 2004 e nel 2009 quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Saranno 3.701 i comuni alle urne, per un totale di quasi 17 milioni di votanti. Tra queste città ci sono 27 capoluoghi di provincia e sei anche di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Nel corso del 2024 poi si eleggerà il presidente in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Si parte con la Sardegna, il prossimo 25 febbraio. Il 10 marzo toccherà all’Abruzzo, mentre il Piemonte sceglie l’accorpamento con le amministrative e le europee di giugno. L’ultima regione ad andare alle urne, in ordine di tempo, sarà l’Umbria, in autunno, mentre è ancora attesa la decisione della Basilicata che potrebbe però arrivare nei prossimi giorni e forse sarà in aprile.
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