donne Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/donne/ Settimanale di informazione regionale Fri, 23 Aug 2024 16:50:16 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg donne Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/donne/ 32 32 La fedeltà delle donne sotto la Croce e le croci del nostro tempo https://www.lavoce.it/la-fedelta-delle-donne-sotto-la-croce-e-le-croci-del-nostro-tempo/ https://www.lavoce.it/la-fedelta-delle-donne-sotto-la-croce-e-le-croci-del-nostro-tempo/#respond Wed, 27 Mar 2024 18:16:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75501

La croce che contempliamo nei giorni della Passione e Morte di Gesù è affollata per lo più di curiosi e di spettatori, di cinici e macabri spioni del dolore degli altri. I discepoli si sono dati alla macchia. Restano le donne. È un dato che rischiamo di dimenticare. Sono donne fedeli alla sequela perché lo hanno seguito dalla Galilea fino a Gerusalemme, ovvero per tutto il tempo della sua missione, e ora stanno lì a contemplare la croce col cuore e con le lacrime. La fedeltà delle donne fino alla croce, nello srotolarsi del tempo, non si è mai interrotta. Le troviamo ancora oggi, ferme (stabat!) ai piedi delle croci dei conflitti armati che si allargano a macchia d’olio nel mondo, delle drammatiche violazioni dei diritti, della fame e degli stenti. Ne sono insieme soggetto e complemento oggetto, protagoniste e compartecipi fino a identificarsi in maniera totale e assoluta con il dolore. Sono le Madres de Plaza de Mayo, le madri velate dei migranti africani e quelle colorate dei disperati del centroamerica, sono le madri di Gaza, di Ucraina e del Crocus City Hall di Mosca. Sono le madri dei morti sul lavoro e le vittime dei femminicidi. Le ritroveremo – mirofore - al sepolcro e nel giardino della nuova creazione al mattino di Pasqua. “quando era ancora buio” (Gv 20,1).]]>

La croce che contempliamo nei giorni della Passione e Morte di Gesù è affollata per lo più di curiosi e di spettatori, di cinici e macabri spioni del dolore degli altri. I discepoli si sono dati alla macchia. Restano le donne. È un dato che rischiamo di dimenticare. Sono donne fedeli alla sequela perché lo hanno seguito dalla Galilea fino a Gerusalemme, ovvero per tutto il tempo della sua missione, e ora stanno lì a contemplare la croce col cuore e con le lacrime. La fedeltà delle donne fino alla croce, nello srotolarsi del tempo, non si è mai interrotta. Le troviamo ancora oggi, ferme (stabat!) ai piedi delle croci dei conflitti armati che si allargano a macchia d’olio nel mondo, delle drammatiche violazioni dei diritti, della fame e degli stenti. Ne sono insieme soggetto e complemento oggetto, protagoniste e compartecipi fino a identificarsi in maniera totale e assoluta con il dolore. Sono le Madres de Plaza de Mayo, le madri velate dei migranti africani e quelle colorate dei disperati del centroamerica, sono le madri di Gaza, di Ucraina e del Crocus City Hall di Mosca. Sono le madri dei morti sul lavoro e le vittime dei femminicidi. Le ritroveremo – mirofore - al sepolcro e nel giardino della nuova creazione al mattino di Pasqua. “quando era ancora buio” (Gv 20,1).]]>
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Accogliere! Vale per ogni vita, anche delle donne migranti https://www.lavoce.it/accogliere-vale-ogni-vita-donne-migranti/ https://www.lavoce.it/accogliere-vale-ogni-vita-donne-migranti/#respond Thu, 21 Mar 2024 14:32:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75423

Questa volta la vicenda segnalata si svolge “entro i confini” ma i protagonisti arrivano senz’altro da “oltre”. Anche in Umbria si registra l’opposizione di una parte della politica e delle istituzioni, nonché di una parte della popolazione, verso l’accoglienza di persone migranti. Il riferimento è all’ex Hotel La Villa di Bastiola, frazione di Bastia Umbra, che è stato individuato dalla Prefettura come struttura idonea all’accoglienza temporanea di stranieri in fuga da fame, guerre o violazioni di diritti umani. Nel dibattito che si è aperto con il corollario di sit-in contro l’apertura del centro, di consigli comunali allargati e raccolte di firme tra la popolazione per impedirne l’entrata in funzione, è importante sostenere la voce dei cristiani che sono chiamati per vocazione a mettere in pratica il comandamento evangelico di accogliere. Anche di fronte ad eventuali difficoltà e problematiche che dovessero sorgere dalle forme di accoglienza messe in atto, bisognerebbe piuttosto lavorare per rimuovere gli ostacoli. I cristiani – a imitazione di Cristo - non temono la mancanza di consenso e da sempre camminano controcorrente, non conoscono altra grammatica che quella della fraternità e del rispetto d’ogni vita dal concepimento fino alla sua fine naturale. Hanno braccia aperte all’accoglienza – i cristiani - e mai al rifiuto.]]>

Questa volta la vicenda segnalata si svolge “entro i confini” ma i protagonisti arrivano senz’altro da “oltre”. Anche in Umbria si registra l’opposizione di una parte della politica e delle istituzioni, nonché di una parte della popolazione, verso l’accoglienza di persone migranti. Il riferimento è all’ex Hotel La Villa di Bastiola, frazione di Bastia Umbra, che è stato individuato dalla Prefettura come struttura idonea all’accoglienza temporanea di stranieri in fuga da fame, guerre o violazioni di diritti umani. Nel dibattito che si è aperto con il corollario di sit-in contro l’apertura del centro, di consigli comunali allargati e raccolte di firme tra la popolazione per impedirne l’entrata in funzione, è importante sostenere la voce dei cristiani che sono chiamati per vocazione a mettere in pratica il comandamento evangelico di accogliere. Anche di fronte ad eventuali difficoltà e problematiche che dovessero sorgere dalle forme di accoglienza messe in atto, bisognerebbe piuttosto lavorare per rimuovere gli ostacoli. I cristiani – a imitazione di Cristo - non temono la mancanza di consenso e da sempre camminano controcorrente, non conoscono altra grammatica che quella della fraternità e del rispetto d’ogni vita dal concepimento fino alla sua fine naturale. Hanno braccia aperte all’accoglienza – i cristiani - e mai al rifiuto.]]>
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Giornata della donna. L’invito della madre priora suor Bernardinis ad allenare “l’intelligenza materna” https://www.lavoce.it/giornata-della-donna-linvito-della-madre-priora-suor-bernardinis-ad-allenare-lintelligenza-materna/ https://www.lavoce.it/giornata-della-donna-linvito-della-madre-priora-suor-bernardinis-ad-allenare-lintelligenza-materna/#respond Fri, 08 Mar 2024 08:30:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75177 Suor maria Rosa bernardinis madre priora dela monastero di santa Rita da Cascia con l'abito nero da suora e a mezzo busto, con inm mano una rosa rossa

Il pensiero di suor Maria Rosa Bernardinis, madre priora del monastero di S. Rita da Cascia

“In questo 8 marzo, tra bilanci di morte e un clima di grande sfiducia, celebriamo le donne che sono culle di vita e ali di speranza. Da donna e per l’umanità, oggi che si fa un gran parlare di intelligenza artificiale, invito tutti a riscoprire e allenare una ‘intelligenza materna’, più tipica ma non esclusiva delle donne. Quella che chiama ogni essere umano al coraggio, alla gioia e alla speranza della vita, per costruire una fiducia ritrovata, nel domani e nella vita stessa, di cui c’è estremo bisogno. Lo sanno bene le donne che ogni giorno sono terreni fertili e custodi di vita e futuro. Come Cristina Fazzi, che da medico nello Zambia cura i bambini che sono gli ultimi della società, Virginia Campanile, che ha perso suo figlio ma è mamma per tanti genitori e ragazzi in difficoltà, e Anna Jabbour, profuga siriana che per sua figlia ha attraversato la guerra divenendo testimone di pace. Sono le donne che premieremo a maggio alla Festa di Santa Rita: tre donne diverse ma unite, come tante nel mondo, dalla scelta di essere strumenti di vita oggi, come Rita ieri”. Questo il pensiero di suor Maria Rosa Bernardinis, madre priora del monastero Santa Rita da Cascia, per la Giornata internazionale della donna, con un parallelo alle donne che ogni anno sono protagoniste della festa del 22 maggio, modelli universali dei valori ritiani, attuali e preziosi.

Custodi della vita e del futuro

“Donne di Rita”, così sono chiamate le donne scelte per il prestigioso Riconoscimento internazionale Santa Rita, che dal 1988 premia donne che come Rita da Cascia sanno incarnare i valori su cui si fonda il nostro presente, che è il domani del mondo. Ecco le tre donne che, il 20 maggio alle 10 nella Sala della Pace del Santuario di Santa Rita a Cascia condivideranno le loro testimonianze.

Le tre donne che il 21 maggio riceveranno il riconoscimento “Santa Rita"

E, il 21 maggio alle 17.30 nella Basilica, riceveranno il Riconoscimento: Cristina Fazzi, medico di Enna (Sicilia), che riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per il rispetto, la giustizia e l’amore con cui nei suoi 24 anni di servizio, professionale e umano, nello Zambia, in Africa, ha protetto la vita e costruito il futuro di tante persone nelle aree di estrema povertà, con un’attenzione speciale ai bambini e ai giovani, in una società dove sono ultimi tra gli ultimi, spesso abusati e maltrattati: ha creato il primo centro di salute mentale del Paese per i minori e progetti formativi, per generare opportunità di cambiamento e realizzazione; Virginia Campanile, che vive a Otranto (Lecce) e riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 perché dal dolore indescrivibile per la perdita del figlio Daniele e dalla libertà e pace acquisite grazie al perdono offerto a chi ne ha causato la morte in un incidente stradale, ha fatto nascere un ‘investimento d’amore’ che condivide con gli altri: ascoltando e aiutando tanti genitori toccati dal lutto a ritornare a vivere e impegnandosi coi giovani per tutelarli nella fragilità sociale e psicologica, accompagnandoli a riscoprire la bellezza della vita; Anna Jabbour, che è nata ad Aleppo (Siria) ma oggi vive a Roma, che riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per la testimonianza di pace, fratellanza e fede che incarna con la sua storia, da profuga di guerra a mamma di speranza e coraggio per sua figlia e allo stesso tempo per tutti coloro che incontra, non avendo mai perduto il forte desiderio di sognare e impegnarsi per un futuro di umanità e unione che possa cancellare ogni odio e sofferenza.  ]]>
Suor maria Rosa bernardinis madre priora dela monastero di santa Rita da Cascia con l'abito nero da suora e a mezzo busto, con inm mano una rosa rossa

Il pensiero di suor Maria Rosa Bernardinis, madre priora del monastero di S. Rita da Cascia

“In questo 8 marzo, tra bilanci di morte e un clima di grande sfiducia, celebriamo le donne che sono culle di vita e ali di speranza. Da donna e per l’umanità, oggi che si fa un gran parlare di intelligenza artificiale, invito tutti a riscoprire e allenare una ‘intelligenza materna’, più tipica ma non esclusiva delle donne. Quella che chiama ogni essere umano al coraggio, alla gioia e alla speranza della vita, per costruire una fiducia ritrovata, nel domani e nella vita stessa, di cui c’è estremo bisogno. Lo sanno bene le donne che ogni giorno sono terreni fertili e custodi di vita e futuro. Come Cristina Fazzi, che da medico nello Zambia cura i bambini che sono gli ultimi della società, Virginia Campanile, che ha perso suo figlio ma è mamma per tanti genitori e ragazzi in difficoltà, e Anna Jabbour, profuga siriana che per sua figlia ha attraversato la guerra divenendo testimone di pace. Sono le donne che premieremo a maggio alla Festa di Santa Rita: tre donne diverse ma unite, come tante nel mondo, dalla scelta di essere strumenti di vita oggi, come Rita ieri”. Questo il pensiero di suor Maria Rosa Bernardinis, madre priora del monastero Santa Rita da Cascia, per la Giornata internazionale della donna, con un parallelo alle donne che ogni anno sono protagoniste della festa del 22 maggio, modelli universali dei valori ritiani, attuali e preziosi.

Custodi della vita e del futuro

“Donne di Rita”, così sono chiamate le donne scelte per il prestigioso Riconoscimento internazionale Santa Rita, che dal 1988 premia donne che come Rita da Cascia sanno incarnare i valori su cui si fonda il nostro presente, che è il domani del mondo. Ecco le tre donne che, il 20 maggio alle 10 nella Sala della Pace del Santuario di Santa Rita a Cascia condivideranno le loro testimonianze.

Le tre donne che il 21 maggio riceveranno il riconoscimento “Santa Rita"

E, il 21 maggio alle 17.30 nella Basilica, riceveranno il Riconoscimento: Cristina Fazzi, medico di Enna (Sicilia), che riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per il rispetto, la giustizia e l’amore con cui nei suoi 24 anni di servizio, professionale e umano, nello Zambia, in Africa, ha protetto la vita e costruito il futuro di tante persone nelle aree di estrema povertà, con un’attenzione speciale ai bambini e ai giovani, in una società dove sono ultimi tra gli ultimi, spesso abusati e maltrattati: ha creato il primo centro di salute mentale del Paese per i minori e progetti formativi, per generare opportunità di cambiamento e realizzazione; Virginia Campanile, che vive a Otranto (Lecce) e riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 perché dal dolore indescrivibile per la perdita del figlio Daniele e dalla libertà e pace acquisite grazie al perdono offerto a chi ne ha causato la morte in un incidente stradale, ha fatto nascere un ‘investimento d’amore’ che condivide con gli altri: ascoltando e aiutando tanti genitori toccati dal lutto a ritornare a vivere e impegnandosi coi giovani per tutelarli nella fragilità sociale e psicologica, accompagnandoli a riscoprire la bellezza della vita; Anna Jabbour, che è nata ad Aleppo (Siria) ma oggi vive a Roma, che riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita 2024 per la testimonianza di pace, fratellanza e fede che incarna con la sua storia, da profuga di guerra a mamma di speranza e coraggio per sua figlia e allo stesso tempo per tutti coloro che incontra, non avendo mai perduto il forte desiderio di sognare e impegnarsi per un futuro di umanità e unione che possa cancellare ogni odio e sofferenza.  ]]>
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Progetto “Bara Ni Yiriwa” per migliorare la condizione femminile in Mali https://www.lavoce.it/progetto-bara-ni-yiriwa-per-migliorare-la-condizione-femminile-in-mali/ https://www.lavoce.it/progetto-bara-ni-yiriwa-per-migliorare-la-condizione-femminile-in-mali/#respond Wed, 06 Mar 2024 18:19:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75123 Lo staff composto da un gruppo di donne e uomini malesi con abiti colorati e donne bianche davanti ad un grande manifesto del progetto

“Siamo per un mondo più equo, più giusto e più vicino alle donne”: questo è uno dei tanti princìpi che muove Tamat, organizzazione non governativa riconosciuta dal ministero degli Affari esteri e dall’Agenzia della cooperazione italiana. Si occupano della sicurezza alimentare, agroecologia e dell’agricoltura, sostenendo le popolazioni locali nel rafforzamento delle loro competenze personali, per il miglioramento delle condizioni di vita di ognuno.

Il progetto “Bara Ni Yiriwa - Lavoro e sviluppo in Mali"

Con il progetto “Bara Ni Yiriwa – Lavoro e sviluppo in Mali” si è data soprattutto la possibilità di migliorare la condizione femminile in Mali formandosi, per creare e gestire delle piccole imprese. Come spiega la capo-progetto Renata Gamboa: “Abbiamo voluto sostenere le organizzazioni locali facendo in modo che ogni persona riesca a vivere di risorse e competenze proprie. Abbiamo supportato le popolazioni locali e la società civile per implementare soluzioni di sviluppo sostenibile in ambito sociale, ambientale, culturale ed economico.

Con questo progetto abbiamo permesso alle donne tutto questo, per dar loro un posto in società e più considerazione, per dar loro la possibilità di crearsi una libertà economica e contribuire alle spese familiari. Ma non solo: abbiamo dato loro un’istruzione per farle entrare nell’attività economica del Paese e dei loro villaggi attivando piccole imprese. È stata quindi importante anche la formazione per la micro-impresa, come gestire l’ambito amministrativo e la comunicazione per potersi fare pubblicità”.

La formazione degli agronomi locali

Patrizia Spada, esperta agronoma, anche lei all’interno del progetto, ha contribuito alla formazione dei formatori agronomi locali, costruendo con loro un approccio alla pari, avvicinandoli alle tecniche agro-ecologiche e di trasformazione agroalimentare inquadrandoli in un contesto più ampio.

Spada precisa che non ha voluto trasmettere solo il modo in cui lavorare il terreno per avere una migliore ritenzione d’acqua, o come ottenere il pesticida con erbe locali; ma ha voluto che passasse il concetto di sviluppo agro-ecologico, cioè un modo di fare agricoltura che preservi le risorse naturali, lasciandole intatte per le generazioni future. Conclude che è stato importante anche insegnare ai beneficiari come gestire l’uso dell’acqua per i quattro perimetri agricoli e quattro pozzi che hanno costruito.

Il concetto di cooperazione è stato sviluppato in tutti gli ambiti, culturali, sociali, economici e agricoli, per sostenere la popolazione in Mali, poterla avviare verso lo sviluppo socioeconomico agricolo ed ecologico; avvicinandoli anche a piccoli passi, con le giuste tempistiche, a un cammino di emancipazione a favore delle donne.

La storia del progetto “Bara Ni Yiriwa”

Il progetto “Bara Ni Yiriwa – Lavoro e sviluppo in Mali” è stato avviato a novembre 2020 e si è concluso a dicembre 2023, cofinanziato dal ministero italiano dell’Interno Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione, nell’ambito di un avviso pubblico coordinato da Tamat in partenariato con l’ong Le Tonus, Caritas Mali, l’Haut Conseil des Maliens d’Italie , Fondazione Ismu e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Le attività si sono svolte nella regione di Koulikoro e Bamako, nei Comuni di Kambila e Yélékebougou, e hanno riguardato il campo della formazione, sviluppo rurale, supporto alla micro-impresa e sensibilizzazione sui rischi della migrazione irregolare.

Emanuela Marotta

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Lo staff composto da un gruppo di donne e uomini malesi con abiti colorati e donne bianche davanti ad un grande manifesto del progetto

“Siamo per un mondo più equo, più giusto e più vicino alle donne”: questo è uno dei tanti princìpi che muove Tamat, organizzazione non governativa riconosciuta dal ministero degli Affari esteri e dall’Agenzia della cooperazione italiana. Si occupano della sicurezza alimentare, agroecologia e dell’agricoltura, sostenendo le popolazioni locali nel rafforzamento delle loro competenze personali, per il miglioramento delle condizioni di vita di ognuno.

Il progetto “Bara Ni Yiriwa - Lavoro e sviluppo in Mali"

Con il progetto “Bara Ni Yiriwa – Lavoro e sviluppo in Mali” si è data soprattutto la possibilità di migliorare la condizione femminile in Mali formandosi, per creare e gestire delle piccole imprese. Come spiega la capo-progetto Renata Gamboa: “Abbiamo voluto sostenere le organizzazioni locali facendo in modo che ogni persona riesca a vivere di risorse e competenze proprie. Abbiamo supportato le popolazioni locali e la società civile per implementare soluzioni di sviluppo sostenibile in ambito sociale, ambientale, culturale ed economico.

Con questo progetto abbiamo permesso alle donne tutto questo, per dar loro un posto in società e più considerazione, per dar loro la possibilità di crearsi una libertà economica e contribuire alle spese familiari. Ma non solo: abbiamo dato loro un’istruzione per farle entrare nell’attività economica del Paese e dei loro villaggi attivando piccole imprese. È stata quindi importante anche la formazione per la micro-impresa, come gestire l’ambito amministrativo e la comunicazione per potersi fare pubblicità”.

La formazione degli agronomi locali

Patrizia Spada, esperta agronoma, anche lei all’interno del progetto, ha contribuito alla formazione dei formatori agronomi locali, costruendo con loro un approccio alla pari, avvicinandoli alle tecniche agro-ecologiche e di trasformazione agroalimentare inquadrandoli in un contesto più ampio.

Spada precisa che non ha voluto trasmettere solo il modo in cui lavorare il terreno per avere una migliore ritenzione d’acqua, o come ottenere il pesticida con erbe locali; ma ha voluto che passasse il concetto di sviluppo agro-ecologico, cioè un modo di fare agricoltura che preservi le risorse naturali, lasciandole intatte per le generazioni future. Conclude che è stato importante anche insegnare ai beneficiari come gestire l’uso dell’acqua per i quattro perimetri agricoli e quattro pozzi che hanno costruito.

Il concetto di cooperazione è stato sviluppato in tutti gli ambiti, culturali, sociali, economici e agricoli, per sostenere la popolazione in Mali, poterla avviare verso lo sviluppo socioeconomico agricolo ed ecologico; avvicinandoli anche a piccoli passi, con le giuste tempistiche, a un cammino di emancipazione a favore delle donne.

La storia del progetto “Bara Ni Yiriwa”

Il progetto “Bara Ni Yiriwa – Lavoro e sviluppo in Mali” è stato avviato a novembre 2020 e si è concluso a dicembre 2023, cofinanziato dal ministero italiano dell’Interno Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione, nell’ambito di un avviso pubblico coordinato da Tamat in partenariato con l’ong Le Tonus, Caritas Mali, l’Haut Conseil des Maliens d’Italie , Fondazione Ismu e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Le attività si sono svolte nella regione di Koulikoro e Bamako, nei Comuni di Kambila e Yélékebougou, e hanno riguardato il campo della formazione, sviluppo rurale, supporto alla micro-impresa e sensibilizzazione sui rischi della migrazione irregolare.

Emanuela Marotta

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Nobel ad attivista iraniana. Assente perché in carcere https://www.lavoce.it/nobel-ad-attivista-iraniana-assente-perche-in-carcere/ https://www.lavoce.it/nobel-ad-attivista-iraniana-assente-perche-in-carcere/#respond Sat, 16 Dec 2023 10:02:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74319

A distanza di una settimana, spero sia ancora nei nostri occhi e nella nostra anima la sedia vuota destinata al Nobel per la pace Narges Mohammadi [attivista iraniana per i diritti umani, in carcere dal 2016, ndr ]. Il silenzio di quella sedia urla la verità della condizione delle donne, innanzitutto in Iran, ma anche in tante altre parti del mondo.

Quella sedia non racconta solo della ribellione all’obbligo di indossare l’ hijab il “velo” –, perché è la sedia dell’assenza di libertà di ogni donna, della sua dignità calpestata, dei suoi diritti non riconosciuti. E se il regime teocratico di Teheran sbatte quelle violazioni in faccia alla coscienza del mondo, ci sono altri obblighi, divieti, negazioni che in modo strisciante si insinuano nella mente di tanti uomini.

“Pari opportunità” sembra diventato più il titolo stanco di un ministero e di qualche assessorato che l’obiettivo da raggiungere con norme, dispositivi e percorsi culturali. Se è vero che quella sedia vuota pretende una risposta ad abusi, molestie e violenze, chiede anche un cambio radicale della mentalità che produce tan

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A distanza di una settimana, spero sia ancora nei nostri occhi e nella nostra anima la sedia vuota destinata al Nobel per la pace Narges Mohammadi [attivista iraniana per i diritti umani, in carcere dal 2016, ndr ]. Il silenzio di quella sedia urla la verità della condizione delle donne, innanzitutto in Iran, ma anche in tante altre parti del mondo.

Quella sedia non racconta solo della ribellione all’obbligo di indossare l’ hijab il “velo” –, perché è la sedia dell’assenza di libertà di ogni donna, della sua dignità calpestata, dei suoi diritti non riconosciuti. E se il regime teocratico di Teheran sbatte quelle violazioni in faccia alla coscienza del mondo, ci sono altri obblighi, divieti, negazioni che in modo strisciante si insinuano nella mente di tanti uomini.

“Pari opportunità” sembra diventato più il titolo stanco di un ministero e di qualche assessorato che l’obiettivo da raggiungere con norme, dispositivi e percorsi culturali. Se è vero che quella sedia vuota pretende una risposta ad abusi, molestie e violenze, chiede anche un cambio radicale della mentalità che produce tan

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Maria Maddalena, l’apostola degli apostoli https://www.lavoce.it/maria-maddalena-magdala-apostola-degli-apostoli-chiesa-donna/ https://www.lavoce.it/maria-maddalena-magdala-apostola-degli-apostoli-chiesa-donna/#respond Fri, 01 Dec 2023 18:50:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57088

Maria Maddalena, personaggio del Vangelo che la tradizione ha spesso confuso. Simbolo collettivo del ruolo da protagonista della donna nel cristianesimo a prima creatura che Gesù appena risorto ha voluto incontrare è stata Maria di Magdala, a cui ha affidato il compito del “primissimo annuncio” cioè di rendere edotti dell’Evento gli altri discepoli. Tale “annuncio” - ha ricordato Papa Francesco - si colloca “tra la gioia della resurrezione di Gesù e la nostalgia del sepolcro vuoto”. Se si rimane fissi a guardare il sepolcro, senza capire la Parola di resurrezione, prevale l’opzione finale “per il dio denaro”. Il riferimento è ai sommi sacerdoti che pagarono le guardie perché testimoniassero il falso e dicessero: Gesù non è risorto, i suoi discepoli hanno trafugato il corpo per farlo credere risuscitato. Maria di Magdala, fedele seguace di Gesù, fu la prima a “predicare l’Annuncio” del Figlio di Dio crocifisso e risorto. Per questo Papa Francesco (con decreto 3 giugno 2016 della Congregazione per il culto divino) ha reso più solenne la  memoria di questa donna elevandola allo stesso grado delle feste che celebrano gli apostoli. Tale istituzione non va letta come una rivincita muliebre: si cadrebbe nella mentalità delle “quote rosa”. Il significato è ben altro: non a caso Tommaso d’Aquino la definì “apostola degli apostoli”. Nel Prefazio è ora scritto de apostolorum apostola. Lei, la prima “mandata da” (questo significa “apo-stolo”): mandata dal Risorto a “istruire” gli Undici.

La Maddalena

Nei Vangeli si legge che Maria era originaria di Magdala, villaggio di pescatori sulla sponda occidentale del lago di Tiberiade. Sotto lo stesso nome di Maria Maddalena, forse per la necessità di armonizzare racconti simili, sono state unificate donne diverse: la Maddalena, liberata dai sette demoni, interpretati come segno di vita dissoluta (Mc 16,9; Lc 8,2); l’anonima prostituta che bagna di lacrime i piedi di Gesù cospargendoli di profumo (Lc 7,36-50); Maria di Betania, descritta come colei che unge i piedi del Nazareno con costosa essenza di nardo asciugandoli con i suoi capelli (Gv 12,1-8); l’anonima donna che, nella casa di Simone il lebbroso, versa sul capo di Gesù “un profumo molto prezioso”. Un lungo processo di alterazione e di ridimensionamento ci consegna una figura di peccatrice e di pentita, nella quale si fondono bellezza sensuale e mortificazione del corpo. Necessita rimuovere tabù, equivoci e manipolazioni, ribadendo con coraggio i ruoli avuti dalle donne fin dalle origini nel cuore del cristianesimo. Il “caso Maria Maddalena” va quindi inserito nella più ampia analisi della presenza delle donne nella Storia in vista di una ricostruzione di modelli relazionali più consoni a una Chiesa inclusiva, che sia in accordo con la dottrina egualitaria che Gesù ha messo in atto nei confronti delle donne.

La Chiesa è femminile

Per questo occorrerebbe ripensare i tradizionali modelli ecclesiologici secondo il principio di corresponsabilità battesimale e apostolica. Mettere al centro il messaggio evangelico e l’affermazione di un discepolato di eguali. Ciò, per Bergoglio, è invitare la Chiesa a parlare su se stessa; il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine Maria quella che aiuta la Chiesa a crescere! La Madonna è più importante degli apostoli! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre. Idee che ha ribadito giovedì 30 novembre incontrando i membri della Commissione teologica internazionale: “La Chiesa è donna. E se noi non sappiamo capire cos’è una donna, cos’è la teologia di una donna, mai capiremo cos’è la Chiesa. Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è ‘maschilizzare’ la Chiesa”. In conclusione, “l’Annuncio delegato da Gesù risorto alla Maddalena” investe la stessa identità del cristianesimo, perché pone domande cruciali sul ruolo delle donne nella Chiesa, sul monopolio maschile del patrimonio teologico-dottrinale e sugli apparati istituzionali che hanno contribuito storicamente all’emarginazione femminile. Pier Luigi Galassi]]>

Maria Maddalena, personaggio del Vangelo che la tradizione ha spesso confuso. Simbolo collettivo del ruolo da protagonista della donna nel cristianesimo a prima creatura che Gesù appena risorto ha voluto incontrare è stata Maria di Magdala, a cui ha affidato il compito del “primissimo annuncio” cioè di rendere edotti dell’Evento gli altri discepoli. Tale “annuncio” - ha ricordato Papa Francesco - si colloca “tra la gioia della resurrezione di Gesù e la nostalgia del sepolcro vuoto”. Se si rimane fissi a guardare il sepolcro, senza capire la Parola di resurrezione, prevale l’opzione finale “per il dio denaro”. Il riferimento è ai sommi sacerdoti che pagarono le guardie perché testimoniassero il falso e dicessero: Gesù non è risorto, i suoi discepoli hanno trafugato il corpo per farlo credere risuscitato. Maria di Magdala, fedele seguace di Gesù, fu la prima a “predicare l’Annuncio” del Figlio di Dio crocifisso e risorto. Per questo Papa Francesco (con decreto 3 giugno 2016 della Congregazione per il culto divino) ha reso più solenne la  memoria di questa donna elevandola allo stesso grado delle feste che celebrano gli apostoli. Tale istituzione non va letta come una rivincita muliebre: si cadrebbe nella mentalità delle “quote rosa”. Il significato è ben altro: non a caso Tommaso d’Aquino la definì “apostola degli apostoli”. Nel Prefazio è ora scritto de apostolorum apostola. Lei, la prima “mandata da” (questo significa “apo-stolo”): mandata dal Risorto a “istruire” gli Undici.

La Maddalena

Nei Vangeli si legge che Maria era originaria di Magdala, villaggio di pescatori sulla sponda occidentale del lago di Tiberiade. Sotto lo stesso nome di Maria Maddalena, forse per la necessità di armonizzare racconti simili, sono state unificate donne diverse: la Maddalena, liberata dai sette demoni, interpretati come segno di vita dissoluta (Mc 16,9; Lc 8,2); l’anonima prostituta che bagna di lacrime i piedi di Gesù cospargendoli di profumo (Lc 7,36-50); Maria di Betania, descritta come colei che unge i piedi del Nazareno con costosa essenza di nardo asciugandoli con i suoi capelli (Gv 12,1-8); l’anonima donna che, nella casa di Simone il lebbroso, versa sul capo di Gesù “un profumo molto prezioso”. Un lungo processo di alterazione e di ridimensionamento ci consegna una figura di peccatrice e di pentita, nella quale si fondono bellezza sensuale e mortificazione del corpo. Necessita rimuovere tabù, equivoci e manipolazioni, ribadendo con coraggio i ruoli avuti dalle donne fin dalle origini nel cuore del cristianesimo. Il “caso Maria Maddalena” va quindi inserito nella più ampia analisi della presenza delle donne nella Storia in vista di una ricostruzione di modelli relazionali più consoni a una Chiesa inclusiva, che sia in accordo con la dottrina egualitaria che Gesù ha messo in atto nei confronti delle donne.

La Chiesa è femminile

Per questo occorrerebbe ripensare i tradizionali modelli ecclesiologici secondo il principio di corresponsabilità battesimale e apostolica. Mettere al centro il messaggio evangelico e l’affermazione di un discepolato di eguali. Ciò, per Bergoglio, è invitare la Chiesa a parlare su se stessa; il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine Maria quella che aiuta la Chiesa a crescere! La Madonna è più importante degli apostoli! La Chiesa è femminile: è Chiesa, è sposa, è madre. Idee che ha ribadito giovedì 30 novembre incontrando i membri della Commissione teologica internazionale: “La Chiesa è donna. E se noi non sappiamo capire cos’è una donna, cos’è la teologia di una donna, mai capiremo cos’è la Chiesa. Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è ‘maschilizzare’ la Chiesa”. In conclusione, “l’Annuncio delegato da Gesù risorto alla Maddalena” investe la stessa identità del cristianesimo, perché pone domande cruciali sul ruolo delle donne nella Chiesa, sul monopolio maschile del patrimonio teologico-dottrinale e sugli apparati istituzionali che hanno contribuito storicamente all’emarginazione femminile. Pier Luigi Galassi]]>
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Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il messaggio della Priora del monastero di Santa Rita da Cascia https://www.lavoce.it/giornata-internazionale-eliminazione-violenza-contro-le-donne-messaggio-priora-monastero-di-santa-rita-da-cascia/ Thu, 24 Nov 2022 12:09:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69348 La priora del monastero di Santa Rita da cascai con un mazzo di rose in mano e una donna di profilo

“Per contrastare la violenza contro le donne, cambiando la cultura maschilista dominante, sul lungo periodo è necessario promuovere l’educazione affettiva e sentimentale delle giovane generazioni, attraverso una vera alfabetizzazione emotiva. Questo è l’unico modo per conoscersi e comunicare se stessi, comprendendo che amare significa donarsi, crescendo insieme, e non possedere l’altro, secondo quella che è la visione cristiana”. Inizia così il messaggio di suor Maria Rosa Bernardinis, madre Priora del monastero Santa Rita da Cascia, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, di domani 25 novembre. “Guardando i numeri – prosegue la monaca – mi colpiscono i dati allarmanti sulla violenza di genere, nonostante il diminuire dei femminicidi, e sulle giovane generazioni che assistono ad abusi oppure ne sono vittime, inascoltati dagli adulti. È necessario un cambiamento sistemico che non può che partire dalla più tenera età. Ciò significa ricominciare dall’Abc delle relazioni, insegnando fin da piccoli strumenti utili per riconoscere ed esprimere le emozioni, comunicare in maniera assertiva per meglio gestire i conflitti, costruire rapporti sani e liberi, basati sulla pienezza e non sulla mancanza”. “Solo in questo modo – conclude la madre Priora - si può imparare a gestire le relazioni come scambio dei talenti di cui ciascuno si fa portatore e come arricchimento, secondo il messaggio di Cristo e della nostra amata santa Rita, che ci insegna a cercare Dio come principio e fine di ogni nostra azione. È quello che facciamo anche noi religiose, ogni giorno nel monastero, collaborando tra noi secondo le logiche dell’amore evangelico piuttosto che quelle dell’invidia e della sopraffazione”.]]>
La priora del monastero di Santa Rita da cascai con un mazzo di rose in mano e una donna di profilo

“Per contrastare la violenza contro le donne, cambiando la cultura maschilista dominante, sul lungo periodo è necessario promuovere l’educazione affettiva e sentimentale delle giovane generazioni, attraverso una vera alfabetizzazione emotiva. Questo è l’unico modo per conoscersi e comunicare se stessi, comprendendo che amare significa donarsi, crescendo insieme, e non possedere l’altro, secondo quella che è la visione cristiana”. Inizia così il messaggio di suor Maria Rosa Bernardinis, madre Priora del monastero Santa Rita da Cascia, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, di domani 25 novembre. “Guardando i numeri – prosegue la monaca – mi colpiscono i dati allarmanti sulla violenza di genere, nonostante il diminuire dei femminicidi, e sulle giovane generazioni che assistono ad abusi oppure ne sono vittime, inascoltati dagli adulti. È necessario un cambiamento sistemico che non può che partire dalla più tenera età. Ciò significa ricominciare dall’Abc delle relazioni, insegnando fin da piccoli strumenti utili per riconoscere ed esprimere le emozioni, comunicare in maniera assertiva per meglio gestire i conflitti, costruire rapporti sani e liberi, basati sulla pienezza e non sulla mancanza”. “Solo in questo modo – conclude la madre Priora - si può imparare a gestire le relazioni come scambio dei talenti di cui ciascuno si fa portatore e come arricchimento, secondo il messaggio di Cristo e della nostra amata santa Rita, che ci insegna a cercare Dio come principio e fine di ogni nostra azione. È quello che facciamo anche noi religiose, ogni giorno nel monastero, collaborando tra noi secondo le logiche dell’amore evangelico piuttosto che quelle dell’invidia e della sopraffazione”.]]>
Anche noi per strada https://www.lavoce.it/anche-noi-per-strada/ Wed, 05 Oct 2022 17:06:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68856 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Non possiamo che essere per strada anche noi. Nelle piazze di Teheran e delle città iraniane e di tutto il mondo in cui le donne, prima che diritti, rivendicano dignità e rispetto. Al di là della fede cui sentono di appartenere e delle culture che hanno stabilito leggi e precetti, ogni persona deve vedere garantito l’esercizio delle libertà fondamentali riconosciute nella Dichiarazione universale.

Una ciocca di capelli può diventare simbolo e significato della condizione della donna nel mondo. Siamo nelle mille piazze russe in cui l’obiezione di coscienza alla guerra è gridata da giovani e meno giovani chiamati a combattere la guerra di Putin.

Quelle madri che difendono l’integrità fisica, mentale e spirituale dei propri figli, sono il deterrente più efficace persino contro la minaccia nucleare e rischiano carcere e torture anche per noi. Sono loro la speranza di un mondo nuovo in cui è la gente semplice a riprendersi in mano il proprio destino.

Siamo nelle strade affollate dai ragazzi che lottano per il clima perché nessun interesse deve prevalere sulla catastrofe incombente che stiamo preparando per le “generazioni prossime” che è diverso che dire future. Ha detto ultimamente Rosy Bindi: “La maggioranza esiste anche nei Paesi non democratici, l’opposizione solo in democrazia”.

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Non possiamo che essere per strada anche noi. Nelle piazze di Teheran e delle città iraniane e di tutto il mondo in cui le donne, prima che diritti, rivendicano dignità e rispetto. Al di là della fede cui sentono di appartenere e delle culture che hanno stabilito leggi e precetti, ogni persona deve vedere garantito l’esercizio delle libertà fondamentali riconosciute nella Dichiarazione universale.

Una ciocca di capelli può diventare simbolo e significato della condizione della donna nel mondo. Siamo nelle mille piazze russe in cui l’obiezione di coscienza alla guerra è gridata da giovani e meno giovani chiamati a combattere la guerra di Putin.

Quelle madri che difendono l’integrità fisica, mentale e spirituale dei propri figli, sono il deterrente più efficace persino contro la minaccia nucleare e rischiano carcere e torture anche per noi. Sono loro la speranza di un mondo nuovo in cui è la gente semplice a riprendersi in mano il proprio destino.

Siamo nelle strade affollate dai ragazzi che lottano per il clima perché nessun interesse deve prevalere sulla catastrofe incombente che stiamo preparando per le “generazioni prossime” che è diverso che dire future. Ha detto ultimamente Rosy Bindi: “La maggioranza esiste anche nei Paesi non democratici, l’opposizione solo in democrazia”.

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Il coraggio delle donne https://www.lavoce.it/il-coraggio-delle-donne/ Thu, 22 Sep 2022 15:13:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68744 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Di seguito solo alcune storie di donne coraggiose che si sforzano di generare vita nuova, diritti, in Paesi che le costringono a un travaglio dolorosissimo. Rana Mamdouh, Sara Seif Eddin, Beesan Kassab e Lina Attalah del quotidiano Madr Sadr sono state denunciate per calunnia e diffamazione dal partito egiziano di maggioranza “Futuro della Nazione”. Avevano solo dato inizio a un’inchiesta su un giro di corruzione che vedeva implicati alcuni alti esponenti di quel partito politico.

Dopo molte ore di interrogatorio sono state rilasciate su cauzione ma dovranno affrontare un processo con l’accusa di “pubblicazione di notizie false intese a turbare l’ordine pubblico”.

Masha Amini è una giovane curda di 22 anni morta a Teheran in seguito alle torture subite in carcere dove era finita per aver indossato il velo in modo non regolare. Si attendono gli esiti di una perizia indipendente chiesta dalla famiglia.

In Marocco invece Fatima Karim, una blogger di 39 anni, ha osato interpretare in senso aperto il Corano in riferimento alla condizione della donna. È stata condannata a due anni di carcere.

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Di seguito solo alcune storie di donne coraggiose che si sforzano di generare vita nuova, diritti, in Paesi che le costringono a un travaglio dolorosissimo. Rana Mamdouh, Sara Seif Eddin, Beesan Kassab e Lina Attalah del quotidiano Madr Sadr sono state denunciate per calunnia e diffamazione dal partito egiziano di maggioranza “Futuro della Nazione”. Avevano solo dato inizio a un’inchiesta su un giro di corruzione che vedeva implicati alcuni alti esponenti di quel partito politico.

Dopo molte ore di interrogatorio sono state rilasciate su cauzione ma dovranno affrontare un processo con l’accusa di “pubblicazione di notizie false intese a turbare l’ordine pubblico”.

Masha Amini è una giovane curda di 22 anni morta a Teheran in seguito alle torture subite in carcere dove era finita per aver indossato il velo in modo non regolare. Si attendono gli esiti di una perizia indipendente chiesta dalla famiglia.

In Marocco invece Fatima Karim, una blogger di 39 anni, ha osato interpretare in senso aperto il Corano in riferimento alla condizione della donna. È stata condannata a due anni di carcere.

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Elaha e le altre. Mogli per forza di chi le violenta https://www.lavoce.it/elaha-e-le-altre-mogli-per-forza-di-chi-le-violenta/ Thu, 08 Sep 2022 15:49:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68239

È nata una campagna internazionale che si chiama #JusticeForElaha e che chiede di dare voce e giustizia alle donne afgane. L’iniziativa prende il nome da Elaha Dilawarzai, una studentessa di medicina afgana che ha denunciato in un video clandestino il suo matrimonio forzato, gli abusi e le violenze subite. “Dopo aver pubblicato questo video, è possibile che nessuno mi veda più, potrei morire”, ha detto Elaha nel video apparso sui social il 30 agosto. “È meglio morire una volta che mille volte”. All’inizio di quest’anno, dice, un uomo di nome Qari Saeed Khosty, già portavoce del ministero degli Interni talebano, l’ha costretta a sposarsi. “Mi violentava ogni notte”, dice, piangendo.

“Ogni notte mi picchiava e mi torturava”. L’ha anche filmata durante atti sessuali, e ha minacciato di pubblicare i video. D’altra parte anche Tamana Paryani, ha filmato alcuni talebani che irrompevano nella sua casa per rapirla. La Payani è tra le organizzatrici delle manifestazioni delle donne. A loro andrebbe riconosciuto il Nobel della pace per lo straordinario coraggio con cui stanno difendendo i propri diritti. Alle sedi diplomatiche presenti a Kabul chiediamo di pretendere notizie precise circa Elaha Dilawarzai: dove si trova, come sta? E poi, è vero che in Afghanistan succede tutto quello che lei ha raccontato?

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È nata una campagna internazionale che si chiama #JusticeForElaha e che chiede di dare voce e giustizia alle donne afgane. L’iniziativa prende il nome da Elaha Dilawarzai, una studentessa di medicina afgana che ha denunciato in un video clandestino il suo matrimonio forzato, gli abusi e le violenze subite. “Dopo aver pubblicato questo video, è possibile che nessuno mi veda più, potrei morire”, ha detto Elaha nel video apparso sui social il 30 agosto. “È meglio morire una volta che mille volte”. All’inizio di quest’anno, dice, un uomo di nome Qari Saeed Khosty, già portavoce del ministero degli Interni talebano, l’ha costretta a sposarsi. “Mi violentava ogni notte”, dice, piangendo.

“Ogni notte mi picchiava e mi torturava”. L’ha anche filmata durante atti sessuali, e ha minacciato di pubblicare i video. D’altra parte anche Tamana Paryani, ha filmato alcuni talebani che irrompevano nella sua casa per rapirla. La Payani è tra le organizzatrici delle manifestazioni delle donne. A loro andrebbe riconosciuto il Nobel della pace per lo straordinario coraggio con cui stanno difendendo i propri diritti. Alle sedi diplomatiche presenti a Kabul chiediamo di pretendere notizie precise circa Elaha Dilawarzai: dove si trova, come sta? E poi, è vero che in Afghanistan succede tutto quello che lei ha raccontato?

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Solidarietà per le madri più fragili https://www.lavoce.it/solidarieta-madri-piu-fragili/ Thu, 07 Jul 2022 17:00:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67622 Logo rubrica Il punto

La settimana scorsa ho parlato del nascituro e del suo diritto di vivere. Adesso riprendo il discorso, non per completarlo (ci vorrebbe troppo spazio), ma almeno per equilibrarlo parlando della madre. Per evitare la condanna pronunciata da Gesù contro coloro che caricano sulle spalle degli altri pesi che loro non toccherebbero con un dito (Lc 11,46).

Non ci si può nascondere che la maternità comporta per la donna fatiche, rinunce, dolori, al cui confronto spariscono quelli che la paternità comporta per l’uomo – fosse pure il più coscienzioso del mondo. Se una donna è riluttante ad accollarsi questo peso, la risposta della società non può essere la condanna, deve essere la solidarietà. Nel linguaggio giuridico, essere solidali vuol dire cointestarsi un debito fra più persone, in modo che chi ne ha i mezzi paga, e libera anche gli altri.

In uno Stato moderno la solidarietà collettiva verso le madri si esprime con i servizi sociali e sanitari gratuiti, gli asili nido pubblici, i sussidi economici, le garanzie per le madri nel Diritto del lavoro. Tutte cose che negli Usa sono fieramente avversate, guarda caso, proprio da quella destra intransigente che promuove la penalizzazione legale dell’aborto (e sostiene anche la pena di morte e la libera circolazione dei fucili mitragliatori). E dove c’è un minimo di sostegno alle madri, costoro vorrebbero escluderne le madri sole, perché - dicono - aiutarle significherebbe “incoraggiare l’immoralità”. Con quel tipo di America sento di non avere nulla in comune. Fin qui ho parlato delle forme di solidarietà – che in Italia esistono, ma sono ben lontane dall’essere efficienti come dovrebbero – rivolte alla generalità delle madri.

Poi ci sarebbe, ancora tutta da costruire, la solidarietà da dare in forma specifica alle singole donne in difficoltà, come alternativa all’aborto. Vogliamo parlare di questo, invece di fare crociate da una parte e dall’altra? Magari prendiamo come icona beneaugurante Ursula von der Leyen, che ha fatto una carriera politica strabiliante fino a diventare presidente della Commissione Ue… e ha sette figli.

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Logo rubrica Il punto

La settimana scorsa ho parlato del nascituro e del suo diritto di vivere. Adesso riprendo il discorso, non per completarlo (ci vorrebbe troppo spazio), ma almeno per equilibrarlo parlando della madre. Per evitare la condanna pronunciata da Gesù contro coloro che caricano sulle spalle degli altri pesi che loro non toccherebbero con un dito (Lc 11,46).

Non ci si può nascondere che la maternità comporta per la donna fatiche, rinunce, dolori, al cui confronto spariscono quelli che la paternità comporta per l’uomo – fosse pure il più coscienzioso del mondo. Se una donna è riluttante ad accollarsi questo peso, la risposta della società non può essere la condanna, deve essere la solidarietà. Nel linguaggio giuridico, essere solidali vuol dire cointestarsi un debito fra più persone, in modo che chi ne ha i mezzi paga, e libera anche gli altri.

In uno Stato moderno la solidarietà collettiva verso le madri si esprime con i servizi sociali e sanitari gratuiti, gli asili nido pubblici, i sussidi economici, le garanzie per le madri nel Diritto del lavoro. Tutte cose che negli Usa sono fieramente avversate, guarda caso, proprio da quella destra intransigente che promuove la penalizzazione legale dell’aborto (e sostiene anche la pena di morte e la libera circolazione dei fucili mitragliatori). E dove c’è un minimo di sostegno alle madri, costoro vorrebbero escluderne le madri sole, perché - dicono - aiutarle significherebbe “incoraggiare l’immoralità”. Con quel tipo di America sento di non avere nulla in comune. Fin qui ho parlato delle forme di solidarietà – che in Italia esistono, ma sono ben lontane dall’essere efficienti come dovrebbero – rivolte alla generalità delle madri.

Poi ci sarebbe, ancora tutta da costruire, la solidarietà da dare in forma specifica alle singole donne in difficoltà, come alternativa all’aborto. Vogliamo parlare di questo, invece di fare crociate da una parte e dall’altra? Magari prendiamo come icona beneaugurante Ursula von der Leyen, che ha fatto una carriera politica strabiliante fino a diventare presidente della Commissione Ue… e ha sette figli.

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Questa settimana su La Voce: donne e società, Covid e povertà, Cammini francescani https://www.lavoce.it/questa-settimana-su-la-voce-donne-e-societa-covid-e-poverta-cammini-francescani/ Wed, 03 Mar 2021 16:12:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=59408

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

 

Irregolarità, la via peggiore

di Andrea Casavecchia Non raggiunge i sei milioni la stima del numero dei cittadini stranieri in Italia. Più donne che uomini, più giovani che anziani. I migranti rimangono una boccata d’aria per la struttura demografica del Paese. Però il flusso sembra fermarsi. Lo 0,7% in meno rispetto all’anno scorso: avverte la Fondazione Ismu nel XXVI Rapporto sulle migrazioni (2020). D’altronde la mobilità durante la pandemia si è rarefatta.(…)

Focus

Covid: politica e Caritas

di Pier Luigi Grasselli Con la pandemia da Covid-19 la povertà ha confermato la sua natura di fenomeno complesso e pervasivo, legato strettamente alle dinamiche del sistema, quindi sensibile agli shock da cui questo è colpito, e dipendente dalle...

La donna secondo Dante

di Dario Rivarossa Che per la donna la vita possa essere un inferno, nessuno lo sapeva meglio di Dante. In questo settimo centenario della morte del poeta, e in vista dell’8 Marzo, è stata organizzata nei giorni scorsi dalla Fidapa...

Nel giornale

L’altra metà della terra

Ci avviamo verso l’8 Marzo, giornata dedicata alla donna. Come si dice spesso, è improprio definirla “festa” e meno ancora in un anno come questo, in cui la costrizione dentro casa ha fatto ulteriormente aumentare i casi di violenza tra coniugi. Abbiamo chiesto a una psicoterapeuta di fornire indicazioni utili a comprendere e prevenire il fenomeno. Ma abbiamo anche sentito una rappresentante sindacale sul prezzo, alto, che le donne stanno pagando a causa della crisi nel mondo del lavoro. E ancora, abbiamo dato voce alle neo-mamme che si sono ritrovate a dare alla luce e allevare figli in una situazione come quella attuale. L’unica notizia “rosa” è che il futuro appartiene alle persone tenaci.

Papa Francesco

In questi giorni la visita in Iraq. È la prima volta che un Papa ci va, ed è una meta carica di antichi simboli (la Ur di Abramo) ma anche di drammi dell’epoca contemporanea, tra guerre e una convivenza religiosa che ha bisogno di fare passi avanti

Emergenza COVID

Sono sette, in Umbria, i sacerdoti diocesani rimasti vittima della pandemia. Si tratta di uno dei dati contenuti nel libro di Riccardo Benotti appena uscito. Continuiamo a monitorare la situazione in Regione. Intervista al consigliere Tommaso Bori

Cammini

Dati sorprendentemente incoraggianti sulla frequentazione dei “sentieri francescani” in Umbria, nonostante i limiti imposti dall’emergenza. Un fatto che rivela quanto sia profonda la sete di spiritualità e/o armonia con l’ambiente, e stimola tutti gli operatori a pensare fin d’ora al domani  ]]>

Questo e tanto altro nel numero di questa settimana. Leggilo in edizione digitale.

l’editoriale

 

Irregolarità, la via peggiore

di Andrea Casavecchia Non raggiunge i sei milioni la stima del numero dei cittadini stranieri in Italia. Più donne che uomini, più giovani che anziani. I migranti rimangono una boccata d’aria per la struttura demografica del Paese. Però il flusso sembra fermarsi. Lo 0,7% in meno rispetto all’anno scorso: avverte la Fondazione Ismu nel XXVI Rapporto sulle migrazioni (2020). D’altronde la mobilità durante la pandemia si è rarefatta.(…)

Focus

Covid: politica e Caritas

di Pier Luigi Grasselli Con la pandemia da Covid-19 la povertà ha confermato la sua natura di fenomeno complesso e pervasivo, legato strettamente alle dinamiche del sistema, quindi sensibile agli shock da cui questo è colpito, e dipendente dalle...

La donna secondo Dante

di Dario Rivarossa Che per la donna la vita possa essere un inferno, nessuno lo sapeva meglio di Dante. In questo settimo centenario della morte del poeta, e in vista dell’8 Marzo, è stata organizzata nei giorni scorsi dalla Fidapa...

Nel giornale

L’altra metà della terra

Ci avviamo verso l’8 Marzo, giornata dedicata alla donna. Come si dice spesso, è improprio definirla “festa” e meno ancora in un anno come questo, in cui la costrizione dentro casa ha fatto ulteriormente aumentare i casi di violenza tra coniugi. Abbiamo chiesto a una psicoterapeuta di fornire indicazioni utili a comprendere e prevenire il fenomeno. Ma abbiamo anche sentito una rappresentante sindacale sul prezzo, alto, che le donne stanno pagando a causa della crisi nel mondo del lavoro. E ancora, abbiamo dato voce alle neo-mamme che si sono ritrovate a dare alla luce e allevare figli in una situazione come quella attuale. L’unica notizia “rosa” è che il futuro appartiene alle persone tenaci.

Papa Francesco

In questi giorni la visita in Iraq. È la prima volta che un Papa ci va, ed è una meta carica di antichi simboli (la Ur di Abramo) ma anche di drammi dell’epoca contemporanea, tra guerre e una convivenza religiosa che ha bisogno di fare passi avanti

Emergenza COVID

Sono sette, in Umbria, i sacerdoti diocesani rimasti vittima della pandemia. Si tratta di uno dei dati contenuti nel libro di Riccardo Benotti appena uscito. Continuiamo a monitorare la situazione in Regione. Intervista al consigliere Tommaso Bori

Cammini

Dati sorprendentemente incoraggianti sulla frequentazione dei “sentieri francescani” in Umbria, nonostante i limiti imposti dall’emergenza. Un fatto che rivela quanto sia profonda la sete di spiritualità e/o armonia con l’ambiente, e stimola tutti gli operatori a pensare fin d’ora al domani  ]]>
L’intervista. Ministro Bonetti: il Family act serve all’Italia https://www.lavoce.it/lintervista-ministro-bonetti-il-family-act-serve-allitalia/ Thu, 28 May 2020 08:00:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=57223

“Il Paese ha retto perché hanno retto le famiglie”. Non usa tanti giri di parole la ministra Elena Bonetti quando deve descrivere l'importanza che ha avuto il tessuto familiare durante l'emergenza coronavirus. Nell'intervista con La Voce, la titolare del dicastero per la famiglia e le pari opportunità ha parlato anche di prospettive future, indicando il Family Act come una riforma necessaria per le politiche familiari italiane: serve sostegno economico per i figli e per le giovani coppie, così come un grande impulso al protagonismo e al lavoro femminile. “Non è possibile pensare che una donna possa essere o brava sul lavoro o madre" dice la ministra confermando che questa sarà la sua battaglia principale. A proposito di figli, ora che l'estate è alle porte, le famiglie sperano anche nei centri estivi. Si partirà il 15 giugno, ma le incognite restano, soprattutto per la fascia 0-3 anni. E su quanto fatto finora? È sufficiente o si poteva fare di più per aiutare le famiglie? "Abbiamo messo in campo misure emergenziali, facendo tutto quello che potevamo fare in quella circostanza". L'intervista integrale alla ministra Bonetti è online nell'Edizione digitale de La Voce . ]]>

“Il Paese ha retto perché hanno retto le famiglie”. Non usa tanti giri di parole la ministra Elena Bonetti quando deve descrivere l'importanza che ha avuto il tessuto familiare durante l'emergenza coronavirus. Nell'intervista con La Voce, la titolare del dicastero per la famiglia e le pari opportunità ha parlato anche di prospettive future, indicando il Family Act come una riforma necessaria per le politiche familiari italiane: serve sostegno economico per i figli e per le giovani coppie, così come un grande impulso al protagonismo e al lavoro femminile. “Non è possibile pensare che una donna possa essere o brava sul lavoro o madre" dice la ministra confermando che questa sarà la sua battaglia principale. A proposito di figli, ora che l'estate è alle porte, le famiglie sperano anche nei centri estivi. Si partirà il 15 giugno, ma le incognite restano, soprattutto per la fascia 0-3 anni. E su quanto fatto finora? È sufficiente o si poteva fare di più per aiutare le famiglie? "Abbiamo messo in campo misure emergenziali, facendo tutto quello che potevamo fare in quella circostanza". L'intervista integrale alla ministra Bonetti è online nell'Edizione digitale de La Voce . ]]>
Il Vaticano dalla parte delle donne sfruttate https://www.lavoce.it/vaticano-donne-sfruttate/ Tue, 16 Apr 2019 08:28:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54398 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

di Tonio Dell’Olio

Un gruppo di persone che arrivano dai cinque Continenti e lavorano in organizzazioni e organismi ecclesiali per la prevenzione della tratta di esseri umani, per la protezione delle vittime, e perché sia più efficace la repressione contro coloro che si arricchiscono sulla pelle delle donne sfruttate e private della dignità, sono state convocate a Roma dal Dicastero per lo sviluppo umano integrale.

Non conferenze dotte, ma esperienze sul campo e proposte concrete. Qui i Paesi di origine incontrano quelli di destinazione. Si incontrano per rendere operativi e concreti gli “Orientamenti pastorali sulla tratta di persone” che il Dicastero vaticano ha varato di recente, e che è tutt’altro che un mosaico di dichiarazioni di principio. Giovedì 11 aprile Papa Francesco ha ascoltato le proposte che sono emerse, per rilanciarle autorevolmente a tutta la Chiesa universale.

Una Chiesa “con il grembiule” del servizio, che sa ascoltare il dolore di donne che non hanno voce. Donne costrette a portare avanti una gravidanza clandestina appaltata da una ricca coppia sterile a un’organizzazione mafiosa. Corpi mercificati. Per queste ragioni, Papa Francesco ha scelto suor Eugenia Bonetti, che ha consacrato tutta la vita a dare voce e protezione alle donne sfruttate, per proporre i testi della Via crucis del Venerdì santo al Colosseo.

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di Tonio Dell’Olio

Un gruppo di persone che arrivano dai cinque Continenti e lavorano in organizzazioni e organismi ecclesiali per la prevenzione della tratta di esseri umani, per la protezione delle vittime, e perché sia più efficace la repressione contro coloro che si arricchiscono sulla pelle delle donne sfruttate e private della dignità, sono state convocate a Roma dal Dicastero per lo sviluppo umano integrale.

Non conferenze dotte, ma esperienze sul campo e proposte concrete. Qui i Paesi di origine incontrano quelli di destinazione. Si incontrano per rendere operativi e concreti gli “Orientamenti pastorali sulla tratta di persone” che il Dicastero vaticano ha varato di recente, e che è tutt’altro che un mosaico di dichiarazioni di principio. Giovedì 11 aprile Papa Francesco ha ascoltato le proposte che sono emerse, per rilanciarle autorevolmente a tutta la Chiesa universale.

Una Chiesa “con il grembiule” del servizio, che sa ascoltare il dolore di donne che non hanno voce. Donne costrette a portare avanti una gravidanza clandestina appaltata da una ricca coppia sterile a un’organizzazione mafiosa. Corpi mercificati. Per queste ragioni, Papa Francesco ha scelto suor Eugenia Bonetti, che ha consacrato tutta la vita a dare voce e protezione alle donne sfruttate, per proporre i testi della Via crucis del Venerdì santo al Colosseo.

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Il laboratorio di cucina naturale delle Pink is good running team di Fondazione Umberto Veronesi https://www.lavoce.it/cucina-naturale-pink-is-good-veronesi/ Fri, 12 Apr 2019 08:23:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54323 pink

Si è da poco costituito anche a Perugia il Pink is good running team di Fondazione Umberto Veronesi, con l’obiettivo di raccogliere fondi a sostegno della ricerca scientifica d’eccellenza contro i tumori femminili e di diffondere una corretta informazione sull’importanza della prevenzione. La prima iniziativa in calendario del Pink is good runnin team perugino è il laboratorio di cucina naturale, con degustazioni (25 euro) previsto per il 12 aprile (ore 19.30) a Oltre il gusto, locale in via Cesare Beccaria (Zona Piazzale Europa) a Perugia. Parte del ricavato della serata andrà alla Fondazione Veronesi per la ricerca contro i tumori femminili. Tutto ha avuto origine dall'adesione delle sei donne, ognuna per proprio conto, (nessuna di noi si conosceva – spiega Maria Luisa, una di loro) alla campagna di reclutamento della Fondazione Umberto Veronesi rivolta a donne che hanno sconfitto un tumore al seno, all'utero o alle ovaie. Campagna che in tutta Italia, sin dal 2014, ha coinvolto diverse città a partire da Milano fino ad arrivare a creare un gruppo di “atlete” anche a Perugia. Le Pink runner perugine – Delia, Deborah, Francesca, Maria Luisa, Pia e Silvia – dallo scorso gennaio hanno avviato un percorso di allenamento allo Stadio Santa Giuliana per correre la mezza maratona, sotto la guida esperta (e in modo gratuito) di Salvatore Turco, coach Fidal, della biologa nutrizionista e divulgatrice scientifica di Fondazione Umberto Veronesi Melissa Finali e di Paolo Guiddi, PhD psicologo Divisione di Psiconcologia Istituto europeo di oncologia.]]>
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Si è da poco costituito anche a Perugia il Pink is good running team di Fondazione Umberto Veronesi, con l’obiettivo di raccogliere fondi a sostegno della ricerca scientifica d’eccellenza contro i tumori femminili e di diffondere una corretta informazione sull’importanza della prevenzione. La prima iniziativa in calendario del Pink is good runnin team perugino è il laboratorio di cucina naturale, con degustazioni (25 euro) previsto per il 12 aprile (ore 19.30) a Oltre il gusto, locale in via Cesare Beccaria (Zona Piazzale Europa) a Perugia. Parte del ricavato della serata andrà alla Fondazione Veronesi per la ricerca contro i tumori femminili. Tutto ha avuto origine dall'adesione delle sei donne, ognuna per proprio conto, (nessuna di noi si conosceva – spiega Maria Luisa, una di loro) alla campagna di reclutamento della Fondazione Umberto Veronesi rivolta a donne che hanno sconfitto un tumore al seno, all'utero o alle ovaie. Campagna che in tutta Italia, sin dal 2014, ha coinvolto diverse città a partire da Milano fino ad arrivare a creare un gruppo di “atlete” anche a Perugia. Le Pink runner perugine – Delia, Deborah, Francesca, Maria Luisa, Pia e Silvia – dallo scorso gennaio hanno avviato un percorso di allenamento allo Stadio Santa Giuliana per correre la mezza maratona, sotto la guida esperta (e in modo gratuito) di Salvatore Turco, coach Fidal, della biologa nutrizionista e divulgatrice scientifica di Fondazione Umberto Veronesi Melissa Finali e di Paolo Guiddi, PhD psicologo Divisione di Psiconcologia Istituto europeo di oncologia.]]>
SCHEGGINO. Donne coraggiose, ieri e oggi https://www.lavoce.it/scheggino-donne-coraggiose-ieri-oggi/ Fri, 20 Jul 2018 16:31:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52470

Vuole celebrare le donne e il loro coraggio, quello di secoli fa ma anche quello attuale, l’evento ”Scheggino donna”, che per due giorni arricchirà di iniziative la ‘perla della Valnerina’. L’appuntamento è per il 21 e 22 luglio, con il momento clou rappresentato dalla rievocazione storica il sabato sera. Le vie del borgo ospiteranno quadri di figuranti con incantevoli proiezioni e giochi di luci. Il tutto per ricordare una delle vicende più significative vissute dal Comune di Scheggino, vale a dire quanto accaduto il 23 luglio 1522. Mentre infatti gli uomini erano in montagna intenti nei lavori dei boschi e nella mietitura, Scheggino - fedele al Regno pontificio - fu assediata da una spedizione punitiva organizzata dai Comuni limitrofi. La difesa fu sostenuta unicamente dalle donne, che si scagliarono contro gli aggressori con qualsiasi mezzo. Un fatto storico che appunto verrà celebrato e rivissuto simbolicamente dopo oltre 5 secoli. Per l’occasione l’Amministrazione comunale propone anche tantissime altre iniziative, con mostre, performance, incontri, musica, mostra mercato, degustazioni, sfilata di moda e la performance di Silvia Salemi.]]>

Vuole celebrare le donne e il loro coraggio, quello di secoli fa ma anche quello attuale, l’evento ”Scheggino donna”, che per due giorni arricchirà di iniziative la ‘perla della Valnerina’. L’appuntamento è per il 21 e 22 luglio, con il momento clou rappresentato dalla rievocazione storica il sabato sera. Le vie del borgo ospiteranno quadri di figuranti con incantevoli proiezioni e giochi di luci. Il tutto per ricordare una delle vicende più significative vissute dal Comune di Scheggino, vale a dire quanto accaduto il 23 luglio 1522. Mentre infatti gli uomini erano in montagna intenti nei lavori dei boschi e nella mietitura, Scheggino - fedele al Regno pontificio - fu assediata da una spedizione punitiva organizzata dai Comuni limitrofi. La difesa fu sostenuta unicamente dalle donne, che si scagliarono contro gli aggressori con qualsiasi mezzo. Un fatto storico che appunto verrà celebrato e rivissuto simbolicamente dopo oltre 5 secoli. Per l’occasione l’Amministrazione comunale propone anche tantissime altre iniziative, con mostre, performance, incontri, musica, mostra mercato, degustazioni, sfilata di moda e la performance di Silvia Salemi.]]>
Lea, esempio contro indifferenza e rancore https://www.lavoce.it/lea-esempio-indifferenza-rancore/ Tue, 26 Jun 2018 08:00:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52142 lente d'ingrandimento, logo rubrica De gustibus

di Daris Giancarlini Mi sono ripromesso, quando ho avviato questa rubrica per un settimanale come La Voce, che avrei scrittosoprattutto di cose e persone che conosco. Questa settimana mi prendo la licenza di salutare una persona che, qualche giorno fa, ha lasciato questo mondo. Lea aveva 94 anni; era una donna forte, energica, di grande fede. Una moglie e una madre orgogliosa, custode della famiglia. Ma per la quale anche i figli degli altri meritavano consigli e protezione. La sua fede era fatta di molta preghiera, poche chiacchiere, solidarietà fattiva e carità silenziosa. Per lei, nata a metà tra le due guerre, le difficoltà della vita materiale sono state una continua prova di solidità di quei valori umani (dignità, rispetto degli altri e di sé, preferenza per le cose che contano veramente) che poco si possono disgiungere da una fede intesa come linfa vitale e non come semplice sfondo ideologico. Fin qui, una storia come tante, quella di Lea. E non basterebbero a renderla originale neanche gli ultimi 20 anni della sua vita, resi dolorosi dalla malattia. Ma di Lea, e delle altre donne, madri e mogli come lei, bisognerebbe scrivere per rendere attuale, non cancellato dall’oblio, un certo modo di affrontare la vita. Un modo che, stando a quanto raccontano le cronache odierne, non comprende e non pratica più come regola generalizzata il sacrificio nascosto, l’impegno senza tornaconto, la dedizione gratuita verso il prossimo. Non dimenticare Lea e le persone come lei è un impegno che dovrebbero assumere come prioritario tutti coloro che non si rassegnano alla deriva verso l’indifferenza e il rancore. Intanto, Lea, grazie.  ]]>
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di Daris Giancarlini Mi sono ripromesso, quando ho avviato questa rubrica per un settimanale come La Voce, che avrei scrittosoprattutto di cose e persone che conosco. Questa settimana mi prendo la licenza di salutare una persona che, qualche giorno fa, ha lasciato questo mondo. Lea aveva 94 anni; era una donna forte, energica, di grande fede. Una moglie e una madre orgogliosa, custode della famiglia. Ma per la quale anche i figli degli altri meritavano consigli e protezione. La sua fede era fatta di molta preghiera, poche chiacchiere, solidarietà fattiva e carità silenziosa. Per lei, nata a metà tra le due guerre, le difficoltà della vita materiale sono state una continua prova di solidità di quei valori umani (dignità, rispetto degli altri e di sé, preferenza per le cose che contano veramente) che poco si possono disgiungere da una fede intesa come linfa vitale e non come semplice sfondo ideologico. Fin qui, una storia come tante, quella di Lea. E non basterebbero a renderla originale neanche gli ultimi 20 anni della sua vita, resi dolorosi dalla malattia. Ma di Lea, e delle altre donne, madri e mogli come lei, bisognerebbe scrivere per rendere attuale, non cancellato dall’oblio, un certo modo di affrontare la vita. Un modo che, stando a quanto raccontano le cronache odierne, non comprende e non pratica più come regola generalizzata il sacrificio nascosto, l’impegno senza tornaconto, la dedizione gratuita verso il prossimo. Non dimenticare Lea e le persone come lei è un impegno che dovrebbero assumere come prioritario tutti coloro che non si rassegnano alla deriva verso l’indifferenza e il rancore. Intanto, Lea, grazie.  ]]>
Le donne che “leggono” in chiesa https://www.lavoce.it/le-donne-leggono-chiesa/ Sat, 14 Apr 2018 08:00:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51643 logo rubrica domande sulla liturgia

Si parla tanto di partecipazione dei laici alla liturgia, ma mi sembra di aver sentito che il riferimento è soprattutto agli uomini, perché ad esempio le donne non ‘potrebbero’ leggere e le bambine non ‘potrebbero’ fare le chierichette. Se in parrocchia si seguissero pedissequamente le regole, mi sa che la liturgia non sarebbe molto animata. È così? Carissima lettrice, il Codice di diritto canonico, che norma anche alcuni ambiti della liturgia, nella parte in cui definisce “Obblighi e diritti dei fedeli laici” (dal canone 224 al 231), al can. 230 fa dapprima riferimento ai ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato, accessibili in modo “stabile” solo ai laici di sesso maschile, perché legati al sacramento dell’Ordine. Lo stesso canone prosegue affermando che “i laici possono assolvere per incarico temporaneo la funzione di lettore nelle azioni liturgiche; così pure tutti i laici possono esercitare la funzione di commentatore, cantore o altre ancora a norma del diritto”. Come si vede, solo per il lettorato e l’accolitato “stabili” è specificato che debbano essere uomini, mentre non c’è alcuna secificazione per gli altri casi (compreso, tra l’altro, la supplenza dei ministri nell’amministrare il battesimo di cui al comma 3). Questo, dopo la promulgazione del Codice, ha portato a varie interpretazioni, ragion per cui il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi e la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti si sono pronunciati per dare indicazioni sulla corretta interpretazione del canone, in specifico proprio sulla partecipazione al servizio delle donne. Nei documenti prodotti dai dicasteri si può leggere come in realtà le donne, al di fuori dei ministeri istituiti e dei gradi dell’Ordine, possono compiere i vari servizi liturgici citati dallo stesso canone (lettore, cantore, commentatore, distribuire l’eucarestia) in maniera temporanea, o più comunemente detta “straordinaria”. Ciò significa che, come la prassi ci mostra, anche le donne possono svolgere il servizio liturgico, normato dal Diritto e dai libri liturgici. Ritengo dunque che non possiamo escludere le donne dal servizio alla celebrazione sia perché il Diritto canonico non lo prevede, sia per ragioni pastorali poiché, come lei ha colto nel finale della sua domanda, c’è un presenza massiccia delle donne nella vita liturgica, ma anche pastorale. Questa partecipazione delle donne alla vita della comunità fa supporre che siano più sensibili al tema della fede, e lo si nota anche dall’attenzione che hanno proprio nello svolgere il servizio nella liturgia. Una liturgia bella, curata, ordinata è ciò che oggi serve alla Chiesa per ri-coinvolgere i fedeli alla partecipazione alle celebrazioni. E in questo, l’universo femminile, con la sua sensibilità, può solo fare del bene.  ]]>
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Si parla tanto di partecipazione dei laici alla liturgia, ma mi sembra di aver sentito che il riferimento è soprattutto agli uomini, perché ad esempio le donne non ‘potrebbero’ leggere e le bambine non ‘potrebbero’ fare le chierichette. Se in parrocchia si seguissero pedissequamente le regole, mi sa che la liturgia non sarebbe molto animata. È così? Carissima lettrice, il Codice di diritto canonico, che norma anche alcuni ambiti della liturgia, nella parte in cui definisce “Obblighi e diritti dei fedeli laici” (dal canone 224 al 231), al can. 230 fa dapprima riferimento ai ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato, accessibili in modo “stabile” solo ai laici di sesso maschile, perché legati al sacramento dell’Ordine. Lo stesso canone prosegue affermando che “i laici possono assolvere per incarico temporaneo la funzione di lettore nelle azioni liturgiche; così pure tutti i laici possono esercitare la funzione di commentatore, cantore o altre ancora a norma del diritto”. Come si vede, solo per il lettorato e l’accolitato “stabili” è specificato che debbano essere uomini, mentre non c’è alcuna secificazione per gli altri casi (compreso, tra l’altro, la supplenza dei ministri nell’amministrare il battesimo di cui al comma 3). Questo, dopo la promulgazione del Codice, ha portato a varie interpretazioni, ragion per cui il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi e la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti si sono pronunciati per dare indicazioni sulla corretta interpretazione del canone, in specifico proprio sulla partecipazione al servizio delle donne. Nei documenti prodotti dai dicasteri si può leggere come in realtà le donne, al di fuori dei ministeri istituiti e dei gradi dell’Ordine, possono compiere i vari servizi liturgici citati dallo stesso canone (lettore, cantore, commentatore, distribuire l’eucarestia) in maniera temporanea, o più comunemente detta “straordinaria”. Ciò significa che, come la prassi ci mostra, anche le donne possono svolgere il servizio liturgico, normato dal Diritto e dai libri liturgici. Ritengo dunque che non possiamo escludere le donne dal servizio alla celebrazione sia perché il Diritto canonico non lo prevede, sia per ragioni pastorali poiché, come lei ha colto nel finale della sua domanda, c’è un presenza massiccia delle donne nella vita liturgica, ma anche pastorale. Questa partecipazione delle donne alla vita della comunità fa supporre che siano più sensibili al tema della fede, e lo si nota anche dall’attenzione che hanno proprio nello svolgere il servizio nella liturgia. Una liturgia bella, curata, ordinata è ciò che oggi serve alla Chiesa per ri-coinvolgere i fedeli alla partecipazione alle celebrazioni. E in questo, l’universo femminile, con la sua sensibilità, può solo fare del bene.  ]]>
Basta! Possiamo dirlo insieme? https://www.lavoce.it/basta-possiamo-dirlo-insieme/ Fri, 16 Mar 2018 07:28:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51416

di Maria Rita Valli

Il 19 marzo sarà la festa del papà e i bambini stanno già preparando il regalo e magari anche la poesia per il loro papà. Un giorno dedicato all’uomo festeggiato pubblicamente nello spazio privato degli affetti. Una bella festa, che arriva poco dopo l’8 marzo, giorno dedicato alla donna festeggiata nello spazio pubblico del lavoro, del sociale, del politico. Poi, a maggio, ci sarà anche la festa della mamma.

Ma queste due feste così vicine, l’8 e il 19 marzo, ci ricordano che la donna non è solo madre e che l’uomo è anche padre, che il valore del femminile non si esurisce nella cura dei figli e del marito ma può esprimersi e realizzarsi anche nel lavoro, nell’impegno sociale e politico, nella cultura, nello sport e in tutti i mondi in cui anche le donne vivono. Così come il valore del maschile si esprime e si realizza anche nella cura dei figli e della moglie, anche con quella nota di tenerezza che nell’immagine tradizionale del “maschio” era vista come un attributo non confacente e che invece oggi molti padri sanno vivere senza sentirsi sminuiti né fuori posto.

Queste due feste ci dicono di una trasformazione culturale e sociale non ancora compiuta. La cronaca ci porta davanti agli occhi relazioni uomo /donna che vorremmo definire “malate” e dunque relegate nello spazio della malattia mentale – e alcune lo sono – ma i femminicidi non sono che la punta dell’iceberg dove la parte sommersa è fatta di quotidiana discriminazione – negata spesso anche dalle stesse donne – che porta a dare minore valore alle donne e a ciò che fanno e a spostare la colpa sulla donna violata più che sull’uomo che fa violenza perché in fondo “se l’è cercata”.

L’8 marzo e il 19 marzo, insieme, ci dicono anche che parlare di tutto questo come se fosse una questione di rivendicazioni l’un contro l’altro è profondamente errato e fuorviante. Non è in gioco la vittoria dell’uno sull’altro. È in gioco un nuovo modo di essere uomini e donne che sono e rimangono profondamente diversi tra loro ma hanno la stessa dignità, hanno lo stesso valore. Stiamo vivendo tempi in cui queste parole (diversità, uguaglianza, dignità, valore, rispetto) non godono di grande popolarità. La diversità (sessuale, culturale, religiosa, sociale, etnica, politica) è vista come un pericolo da allontanare, da tenere fuori dalle nostre frontiere e nel caso sia già dentro troviamo rassicurante definirla come un “di meno” di dignità, diritti, valore…

In questo clima di chiusura e di paura gli inviti di Papa Francesco all’accoglienza, al dialogo, alla fiducia, risuonano con forza, come un’eco in un ambiente silenzioso. Chiede a tutti, e più ancora alla sua Chiesa, di abbandonare pregiudizi e chiusure per far respirare l’umanità (e la Chiesa) “a due polmoni”, il maschile e il femminile, per usare un’immagine nata in campo ecumenico per indicare la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente. Ma con tutto quello che accade nel mondo e in casa nostra non sarebbe meglio parlare d’altro? Me lo sono chiesto. Ma proprio ieri ho parlato con una studentessa universitaria al primo anno. Aveva appena dato un esame ben superato ma era amareggiata e disgustata. Perché? Perchè la studentessa che l’ha preceduta non ha fatto un bell’esame e il professore oltre a sottolineare il fatto l’ha invitata a scegliersi un angolo dell’aula “che ti ci inchia***tto”. Con quel professore dovranno dare un secondo esame. Nessuno dovrebbe mai permettersi di apostrofare così nessuno! Vorrei che fossero gli uomini a indignarsi per primi, e dire “tu non ci rappresenti”. E che fossero a fianco delle donne per dire “Basta!”.

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Otto marzo: Coldiretti, aumentate nell’ultimo anno le imprese agricole guidate da donne https://www.lavoce.it/otto-marzo-coldiretti-aumentate-nellultimo-anno-le-imprese-agricole-guidate-donne/ Thu, 08 Mar 2018 10:05:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51375

Sono aumentate del 6,6% nell’ultimo anno le imprese agricole guidate da giovani donne per un totale di 13.887 realtà nel 2017. È quanto emerge da un’elaborazione condotta da Coldiretti in occasione della festa dell’8 marzo sui dati Camera di Commercio di Milano rispetto alla rappresentanza femminile under 35 nei campi, nelle stalle e negli agriturismi. “In pratica – sottolinea la Coldiretti – in agricoltura un’impresa giovanile su quattro viene gestita da ragazze”. “Nella loro attività imprenditoriale – spiega Coldiretti – le agricoltrici italiane hanno dimostrato capacità di coniugare la sfida con il mercato ed il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita, l’attenzione al sociale, a contatto con la natura assieme alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità diventando protagoniste in diversi campi: dalle attività di educazione alimentare ed ambientale con le scuole ai servizi di agritata e agriasilo, dalle fattorie didattiche ai percorsi rurali di pet-therapy, fino agli orti didattici, mercati di Campagna Amica e l’agriturismo”. “Una capacità imprenditoriale – prosegue la nota – che ha dato direttamente lavoro a oltre 15mila persone, senza contare l’occupazione generata dall’indotto”. “Le ragazze nelle campagne – aggiunge Coldiretti – hanno puntato sull’uso quotidiano della tecnologia per gestire sia il lavoro che lo studio”. “Una capacità di innovazione che contagia tutte le aziende agricole giovani che in Italia – spiega Coldiretti – possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”. Per Lorella Ansaloni, responsabile nazionale delle donne imprenditrici della Coldiretti, “le quasi 215mila aziende agricole guidate da donne in Italia sono un patrimonio di tutto il Paese con un peso all’interno del mondo produttivo che non è dato solo dal numero delle titolari, ma anche da una capacità di innovazione che è stata in grado di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla multifunzionalità per le imprese agricole in ambito economico, ambientale e sociale”.]]>

Sono aumentate del 6,6% nell’ultimo anno le imprese agricole guidate da giovani donne per un totale di 13.887 realtà nel 2017. È quanto emerge da un’elaborazione condotta da Coldiretti in occasione della festa dell’8 marzo sui dati Camera di Commercio di Milano rispetto alla rappresentanza femminile under 35 nei campi, nelle stalle e negli agriturismi. “In pratica – sottolinea la Coldiretti – in agricoltura un’impresa giovanile su quattro viene gestita da ragazze”. “Nella loro attività imprenditoriale – spiega Coldiretti – le agricoltrici italiane hanno dimostrato capacità di coniugare la sfida con il mercato ed il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita, l’attenzione al sociale, a contatto con la natura assieme alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità diventando protagoniste in diversi campi: dalle attività di educazione alimentare ed ambientale con le scuole ai servizi di agritata e agriasilo, dalle fattorie didattiche ai percorsi rurali di pet-therapy, fino agli orti didattici, mercati di Campagna Amica e l’agriturismo”. “Una capacità imprenditoriale – prosegue la nota – che ha dato direttamente lavoro a oltre 15mila persone, senza contare l’occupazione generata dall’indotto”. “Le ragazze nelle campagne – aggiunge Coldiretti – hanno puntato sull’uso quotidiano della tecnologia per gestire sia il lavoro che lo studio”. “Una capacità di innovazione che contagia tutte le aziende agricole giovani che in Italia – spiega Coldiretti – possiedono una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più”. Per Lorella Ansaloni, responsabile nazionale delle donne imprenditrici della Coldiretti, “le quasi 215mila aziende agricole guidate da donne in Italia sono un patrimonio di tutto il Paese con un peso all’interno del mondo produttivo che non è dato solo dal numero delle titolari, ma anche da una capacità di innovazione che è stata in grado di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla multifunzionalità per le imprese agricole in ambito economico, ambientale e sociale”.]]>