donna Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/donna/ Settimanale di informazione regionale Thu, 25 Apr 2024 15:45:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg donna Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/donna/ 32 32 Per Gihan Kamel la ricerca supera i conflitti. E dice alle donne: non demordete! https://www.lavoce.it/ricerca-supera-conflitti-donne-non-demordete/ https://www.lavoce.it/ricerca-supera-conflitti-donne-non-demordete/#respond Thu, 25 Apr 2024 15:45:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75835 Gihan Kamel a mezzo busto con maglia rosso bordeaux e un hijab a riche di vari colori che le copre la testa

Al mondo ci sono donne e uomini di scienza e donne e uomini di fede che costruiscono la pace: non sono in conflitto tra loro, ammettono che la scienza è ragione e che la fede è rivelazione, ammettono entrambe le spiegazioni – filosofiche o metafisiche – riguardo allo studio dell’universo. Quindi scienza e fede possono andare d’accordo e possono essere complementari grazie alle scoperte dell’umanità e alle domande che si pone, e al continuo rinnovamento dell’essere umano, dove la fede tocca la nostra condizione profonda e la scienza indaga sulle cause.

Gihan Kamel, fisica egiziana ospite al Festival di scienza e filosofia a Foligno

Ma una persona di scienza e credente, come vive la sua identità? Risponde Gihan Kamel, fisica di nazionalità egiziana, nota come esperta di raggi infrarossi nel progetto relativo alla luce di sincrotrone per la scienza sperimentale e le sue applicazioni in Medio Oriente. Ha partecipato a Foligno alla Festa di scienza e filosofia.

“Ho voluto tenere separate le due cose – dice. – Penso che tutti lo dovrebbero fare, sia la scienza che la fede hanno una loro identità, che appartiene a ogni singolo individuo. La scienza supera le credenze e non conosce differenze e divisioni: unisce e porta a una meta comune, a vantaggio di tutta la società”.

Lei è l’unica donna ricercatrice dello staff scientifico di Sesame (Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East). Di che cosa si tratta, qual è il suo campo?

“Si tratta del primo e potentissimo acceleratore di particelle che viaggiano prossime alla velocità della luce, costrette da un campo magnetico. Ciò ha aperto la strada a nuove applicazioni in molti settori diversi, tra cui l’archeologia, la biologia, la chimica, la fisica e la medicina. Il mio campo si chiama biofisica, a cavallo fra la fisica e la medicina”.

Quando ha deciso di diventare una scienziata?

“Quando ho finito il college, ho scelto di iscrivermi all’università e intraprendere questa strada. Mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, ero portata fin da piccola sia per la matematica che per la fisica. Non è stato facile, perché ero l’unica donna in un ambiente prevalentemente maschile. C’era chi mi domandava che ci facessi lì, in quel corso. Ho dovuto lavorare duro, ‘dimostrare’ più degli altri colleghi uomini, ma alla fine ci sono riuscita. Sono voluta andare avanti dritta per la mia strada con convinzione e determinazione”.

Lei è un esempio per le donne del suo Paese, anzi per tutte le donne…

“Voglio dire a tutte le donne di non tacere! Parlate, portate pazienza, studiate. Anche se è difficile e dovete dimostrare sempre di più, non arrendetevi. Portate avanti le vostre idee! Io ho avuto la fortuna di poter studiare, andare anche a specializzarmi all’estero, proprio in Italia, ma sono fiduciosa, le porte per le donne si apriranno. Dovete avere passione, persistenza, combattete contro i pregiudizi, non abbiate paura. Io non mi sono tirata indietro perché anche un piccolo passo aiuta altre donne”.

La scienza unisce i popoli

Nei convegni in giro per il mondo, Gihan Kamel tiene a sottolineare l’importanza di come la scienza unisca i popoli facendo appunto l’esempio di Sesame, realizzato in collaborazione tra Autorità nazionale palestinese, Israele, Cipro, Egitto, Iran, Giordania, Pakistan, Turchia e Italia. Alcuni di questi Paesi sono in conflitto tra loro, ma lei ama pensare che questo potente raggio di luce sia di speranza e di pace. Là non ci sono distinzioni religiose. Così si apre un futuro per le prossime generazioni, sia per le giovani donne che per i giovani uomini di tutto il mondo e di qualsiasi credo.

Emanuela Marotta

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Gihan Kamel a mezzo busto con maglia rosso bordeaux e un hijab a riche di vari colori che le copre la testa

Al mondo ci sono donne e uomini di scienza e donne e uomini di fede che costruiscono la pace: non sono in conflitto tra loro, ammettono che la scienza è ragione e che la fede è rivelazione, ammettono entrambe le spiegazioni – filosofiche o metafisiche – riguardo allo studio dell’universo. Quindi scienza e fede possono andare d’accordo e possono essere complementari grazie alle scoperte dell’umanità e alle domande che si pone, e al continuo rinnovamento dell’essere umano, dove la fede tocca la nostra condizione profonda e la scienza indaga sulle cause.

Gihan Kamel, fisica egiziana ospite al Festival di scienza e filosofia a Foligno

Ma una persona di scienza e credente, come vive la sua identità? Risponde Gihan Kamel, fisica di nazionalità egiziana, nota come esperta di raggi infrarossi nel progetto relativo alla luce di sincrotrone per la scienza sperimentale e le sue applicazioni in Medio Oriente. Ha partecipato a Foligno alla Festa di scienza e filosofia.

“Ho voluto tenere separate le due cose – dice. – Penso che tutti lo dovrebbero fare, sia la scienza che la fede hanno una loro identità, che appartiene a ogni singolo individuo. La scienza supera le credenze e non conosce differenze e divisioni: unisce e porta a una meta comune, a vantaggio di tutta la società”.

Lei è l’unica donna ricercatrice dello staff scientifico di Sesame (Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East). Di che cosa si tratta, qual è il suo campo?

“Si tratta del primo e potentissimo acceleratore di particelle che viaggiano prossime alla velocità della luce, costrette da un campo magnetico. Ciò ha aperto la strada a nuove applicazioni in molti settori diversi, tra cui l’archeologia, la biologia, la chimica, la fisica e la medicina. Il mio campo si chiama biofisica, a cavallo fra la fisica e la medicina”.

Quando ha deciso di diventare una scienziata?

“Quando ho finito il college, ho scelto di iscrivermi all’università e intraprendere questa strada. Mi sono sempre piaciute le materie scientifiche, ero portata fin da piccola sia per la matematica che per la fisica. Non è stato facile, perché ero l’unica donna in un ambiente prevalentemente maschile. C’era chi mi domandava che ci facessi lì, in quel corso. Ho dovuto lavorare duro, ‘dimostrare’ più degli altri colleghi uomini, ma alla fine ci sono riuscita. Sono voluta andare avanti dritta per la mia strada con convinzione e determinazione”.

Lei è un esempio per le donne del suo Paese, anzi per tutte le donne…

“Voglio dire a tutte le donne di non tacere! Parlate, portate pazienza, studiate. Anche se è difficile e dovete dimostrare sempre di più, non arrendetevi. Portate avanti le vostre idee! Io ho avuto la fortuna di poter studiare, andare anche a specializzarmi all’estero, proprio in Italia, ma sono fiduciosa, le porte per le donne si apriranno. Dovete avere passione, persistenza, combattete contro i pregiudizi, non abbiate paura. Io non mi sono tirata indietro perché anche un piccolo passo aiuta altre donne”.

La scienza unisce i popoli

Nei convegni in giro per il mondo, Gihan Kamel tiene a sottolineare l’importanza di come la scienza unisca i popoli facendo appunto l’esempio di Sesame, realizzato in collaborazione tra Autorità nazionale palestinese, Israele, Cipro, Egitto, Iran, Giordania, Pakistan, Turchia e Italia. Alcuni di questi Paesi sono in conflitto tra loro, ma lei ama pensare che questo potente raggio di luce sia di speranza e di pace. Là non ci sono distinzioni religiose. Così si apre un futuro per le prossime generazioni, sia per le giovani donne che per i giovani uomini di tutto il mondo e di qualsiasi credo.

Emanuela Marotta

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Nessuna donna è un’isola https://www.lavoce.it/nessuna-donna-e-unisola/ Wed, 13 Jul 2022 15:20:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67675 Logo rubrica Il punto

Terza puntata delle mie riflessioni sul tema della libertà di aborto. Ho detto - due volte fa - che il nascituro che vive nel grembo della madre è oggettivamente un essere umano con la sua identità. Ho detto - la volta scorsa - che il peso della maternità non può essere lasciato gravare tutto sulle spalle della madre, ma bisogna che la solidarietà sociale se ne faccia carico, per un dovere morale verso la madre prima che verso il nascituro. Adesso però devo andare più a fondo.

Nel pensiero “radicalfemminista” l’autodeterminazione della donna è un valore assoluto, un campo nel quale nessuno può e deve interferire: non il legislatore, ponendo divieti e pene, ma neanche chi con spirito solidale vorrebbe aiutare la donna a superare i problemi che la rendono esitante. Come se solo decidendo in totale isolamento la donna realizzasse in pieno la sua personalità. Invece – piaccia o meno – per ogni essere umano la piena autodeterminazione è solo un’astrazione illusoria. Ciascuno è immerso in un mare sterminato di relazioni e di interdipendenze.

Questa è la condizione umana: tutto quello che ci consente di vivere, attimo per attimo, lo riceviamo grazie al lavoro e/o all’amore di altri; e questi si aspettano, giustamente, che facciamo lo stesso con loro. Ogni nostra azione, ogni nostra scelta, produce effetti (buoni o cattivi) che ricadono su altri, e dunque è valutabile – non può non essere valutata – anche in termini morali. Non necessariamente secondo una morale religiosa, cristiana o altro, ma quanto meno secondo quella messa in luce da un pensatore laico, Max Weber (1864-1920), e da lui chiamata “etica della responsabilità” per distinguerla dalla “etica delle convinzioni”.

Due visioni che non sono alternative ma complementari. Etica della responsabilità vuol dire misurare le proprie scelte non tanto sulle proprie intenzioni astratte quanto sugli effetti concreti che produrranno oggettivamente. È una responsabilità che ciascuno si deve assumere, non tanto davanti alla legge o alle opinioni altrui, ma davanti alla propria coscienza. Con essa non è compatibile il concetto di una autodeterminazione piena, totale, insindacabile.

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Terza puntata delle mie riflessioni sul tema della libertà di aborto. Ho detto - due volte fa - che il nascituro che vive nel grembo della madre è oggettivamente un essere umano con la sua identità. Ho detto - la volta scorsa - che il peso della maternità non può essere lasciato gravare tutto sulle spalle della madre, ma bisogna che la solidarietà sociale se ne faccia carico, per un dovere morale verso la madre prima che verso il nascituro. Adesso però devo andare più a fondo.

Nel pensiero “radicalfemminista” l’autodeterminazione della donna è un valore assoluto, un campo nel quale nessuno può e deve interferire: non il legislatore, ponendo divieti e pene, ma neanche chi con spirito solidale vorrebbe aiutare la donna a superare i problemi che la rendono esitante. Come se solo decidendo in totale isolamento la donna realizzasse in pieno la sua personalità. Invece – piaccia o meno – per ogni essere umano la piena autodeterminazione è solo un’astrazione illusoria. Ciascuno è immerso in un mare sterminato di relazioni e di interdipendenze.

Questa è la condizione umana: tutto quello che ci consente di vivere, attimo per attimo, lo riceviamo grazie al lavoro e/o all’amore di altri; e questi si aspettano, giustamente, che facciamo lo stesso con loro. Ogni nostra azione, ogni nostra scelta, produce effetti (buoni o cattivi) che ricadono su altri, e dunque è valutabile – non può non essere valutata – anche in termini morali. Non necessariamente secondo una morale religiosa, cristiana o altro, ma quanto meno secondo quella messa in luce da un pensatore laico, Max Weber (1864-1920), e da lui chiamata “etica della responsabilità” per distinguerla dalla “etica delle convinzioni”.

Due visioni che non sono alternative ma complementari. Etica della responsabilità vuol dire misurare le proprie scelte non tanto sulle proprie intenzioni astratte quanto sugli effetti concreti che produrranno oggettivamente. È una responsabilità che ciascuno si deve assumere, non tanto davanti alla legge o alle opinioni altrui, ma davanti alla propria coscienza. Con essa non è compatibile il concetto di una autodeterminazione piena, totale, insindacabile.

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“L’esperto risponde” sulla salute della donna. Anche a Perugia la H-Open Week https://www.lavoce.it/lesperto-risponde-sulla-salute-della-donna-anche-a-perugia-la-h-open-week/ Sun, 18 Apr 2021 10:38:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60208

Con  “L’esperto risponde” l’Azienda Ospedaliera di Perugia partecipa alla settimana H-Open Week sulla Salute della Donna promossa dalla Fondazione nazionale ONDA (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) dal 19 al 25 aprile. L’Azienda in qualità di ospedale titolare dei tre bollini rosa, promuove due giornate informative, sulla piattaforma online ZOOM, nelle quali si potrà avere una consulenza gratuita a distanza da parte dei medici specialisti ospedalieri. Gli incontri web si svolgeranno martedì 20 e mercoledì 21 aprile, non è richiesta prenotazione e i cittadini si potranno collegare tramite il link indicato per fare domande, chiedere informazioni o prenotare una consulenza gratuita a distanza. “L’obiettivo di queste giornate - comunica l'Azienda in una  nota stampa - è di promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura al femminile mettendo a disposizione della popolazione i migliori specialisti in endocrinologia, diabetologia, ginecologia e neonatologia che operano nell’Ospedale di Perugia”.

IL PROGRAMMA

Martedì 20 aprile:

Ore 14.00 - 15.00 - Disturbi della sfera riproduttiva nella donna con obesità e diabete - risponde il dr. GIUSEPPE MURDOLO (endocrinologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/98314336067?pwd=L2dhb3N0ZG9tVjRyTEpOMERwY3BQdz09) Ore 15.00 - 16.00 - Diabete, obesità e nutrizione in gravidanza - risponde la dr.ssa ELISABETTA TORLONE (endocrinologa – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/95550758777?pwd=RWhsSXBQSGhkazNxQ2wycEFvMWJrQT09) Ore 16.00 - 17.00 - Donna e piede diabetico - risponde la dr.ssa CRISTIANA VERMIGLI (endocrinologa – diabetologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/94428044360?pwd=ckVHOVRPMmluaXI4M3p1NnI5QXFLUT09) Ore 17.00 - 18.00 - Donna e alimentazione - risponde il dr. SIMONE PAMPANELLI (endocrinologo – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/93555956185?pwd=UmFuU01wUDBTYmh1WmZCaHZLN3JIUT09)

Mercoledì 21 aprile 2021

Ore 15.00 - 16.00 - Procreazione Medicalmente Assistita - PMA -  risponde il prof. SANDRO GERLI (ginecologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/99587225276?pwd=QjVFK2lqWSt3cXdhc1kxU2tRaEc4Zz09) Ore 16.00 - 17.00 - Neonatologia informa - risponde la dr.ssa STEFANIA TROIANI (neonatologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/92907005310?pwd=T0dBcWJ6OVBnQUU5dGRpMG9PWHFwZz09) Per informazioni, per prenotare consulenze a distanza gratuite o porre domande scrivere, entro le ore 12 del 20 aprile a comunicazione@ospedale.perugia.it. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=0rRpLZGqYew[/embed]  ]]>

Con  “L’esperto risponde” l’Azienda Ospedaliera di Perugia partecipa alla settimana H-Open Week sulla Salute della Donna promossa dalla Fondazione nazionale ONDA (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) dal 19 al 25 aprile. L’Azienda in qualità di ospedale titolare dei tre bollini rosa, promuove due giornate informative, sulla piattaforma online ZOOM, nelle quali si potrà avere una consulenza gratuita a distanza da parte dei medici specialisti ospedalieri. Gli incontri web si svolgeranno martedì 20 e mercoledì 21 aprile, non è richiesta prenotazione e i cittadini si potranno collegare tramite il link indicato per fare domande, chiedere informazioni o prenotare una consulenza gratuita a distanza. “L’obiettivo di queste giornate - comunica l'Azienda in una  nota stampa - è di promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura al femminile mettendo a disposizione della popolazione i migliori specialisti in endocrinologia, diabetologia, ginecologia e neonatologia che operano nell’Ospedale di Perugia”.

IL PROGRAMMA

Martedì 20 aprile:

Ore 14.00 - 15.00 - Disturbi della sfera riproduttiva nella donna con obesità e diabete - risponde il dr. GIUSEPPE MURDOLO (endocrinologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/98314336067?pwd=L2dhb3N0ZG9tVjRyTEpOMERwY3BQdz09) Ore 15.00 - 16.00 - Diabete, obesità e nutrizione in gravidanza - risponde la dr.ssa ELISABETTA TORLONE (endocrinologa – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/95550758777?pwd=RWhsSXBQSGhkazNxQ2wycEFvMWJrQT09) Ore 16.00 - 17.00 - Donna e piede diabetico - risponde la dr.ssa CRISTIANA VERMIGLI (endocrinologa – diabetologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/94428044360?pwd=ckVHOVRPMmluaXI4M3p1NnI5QXFLUT09) Ore 17.00 - 18.00 - Donna e alimentazione - risponde il dr. SIMONE PAMPANELLI (endocrinologo – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/93555956185?pwd=UmFuU01wUDBTYmh1WmZCaHZLN3JIUT09)

Mercoledì 21 aprile 2021

Ore 15.00 - 16.00 - Procreazione Medicalmente Assistita - PMA -  risponde il prof. SANDRO GERLI (ginecologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/99587225276?pwd=QjVFK2lqWSt3cXdhc1kxU2tRaEc4Zz09) Ore 16.00 - 17.00 - Neonatologia informa - risponde la dr.ssa STEFANIA TROIANI (neonatologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/92907005310?pwd=T0dBcWJ6OVBnQUU5dGRpMG9PWHFwZz09) Per informazioni, per prenotare consulenze a distanza gratuite o porre domande scrivere, entro le ore 12 del 20 aprile a comunicazione@ospedale.perugia.it. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=0rRpLZGqYew[/embed]  ]]>
Maria madre della Chiesa. La prima degli evangelizzatori https://www.lavoce.it/maria-madre-della-chiesa-la-degli-evangelizzatori/ Mon, 21 May 2018 11:36:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51786

Come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Maria è madre di Gesù, senza ombra di dubbio. Numerosi dibattiti e puntualizzazioni, nonché un Concilio ecumenico hanno portato all’affermazione che è anche “madre di Dio”, in quanto il bambino che nasce da lei è il Figlio di Dio, colui che viene dal Padre e che è con Lui in una relazione unica, tanto da poter essere detto l’Unigenito. In che senso però può essere detta “madre della Chiesa”? Un soggetto collettivo, quale è la Chiesa, non può essere generato da una donna se non metaforicamente; infatti nella tradizione della Chiesa e anche nel recente documento della Congregazione per il culto ( vedi articolo a lato) che istituisce la memoria di Maria madre della Chiesa, si spiega questo titolo per metafore: come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Anzitutto uscendo dalle idee stereotipate e dolciastre che abbiamo della maternità in genere e di Maria in specie. Gesù non è stato sempre bambino, come non lo è ora; e così Maria, lungo l’arco della sua vita, se si è rapportata con lui come madre che cura e nutre, poi gradualmente ha smesso di farlo, finché i ruoli si sono invertiti e lei si è messa in ascolto, alla sequela, fino a essere la prima e più perfetta discepola di Cristo. Ciò che Maria non è Quindi, se non ce la possiamo immaginare rispetto a Gesù come una mamma che cura il suo bambino - perché Gesù bambino non è, ma è adulto, e dispone di sé - , a maggior ragione non possiamo pensare il rapporto di lei con ciascuno di noi come una sorta di prolungamento delle cure materne che ci vengono elargite in tenera età. Nessun essere umano adulto si può sentire confortato dall’idea di essere accudito dalla mamma: mi sembra evidente. Questo tipo di sentimenti e di aspirazioni porta con sé una nostalgia romantica dell’infanzia, se non una certa immaturità che spinge a rifugiarsi sotto una protezione che ci difenda dalla vita. Inoltre, Padre e Madre dei credenti è sempre Dio, il quale mette al mondo, rigenera, custodisce, nutre, insegna la libertà, chiama alla responsabilità, gode della crescita di quelli che ha generato.

Lo Spirito a Pentecoste

Allora, in cosa consiste la maternità diMaria nei confronti della Chiesa e di ciascuno dei discepoli di Cristo? Anzitutto per comprenderlo bisogna andare al momento in cui la Chiesa nasce, il momento in cui compare nella storia una nuova aggregazione umana che non è fondata sull’appartenenza al popolo di Israele – pur essendo tutti ebrei i primi membri della Chiesa – né su altro che non sia l’annuncio e l’accoglienza del Vangelo.

La Chiesa fa il suo ingresso nella storia quando uomini e donne sperimentano di essere stretti in un un’unica vita dalla fede nel Vangelo e comprendono che questa unica vita che li unisce fra di loro li unisce anche con Dio.

La Scrittura ci racconta questo momento iniziale, questo parto, nel giorno di Pentecoste (capitolo 2 del libro degli Atti degli apostoli). Lo Spirito invade le persone riunite nel Cenacolo, che sono gli Undici, più Mattia scelto per ricostituire il collegio dei Dodici (istituzione ebraica destinata a finire e a non essere riprodotta con la morte di Giacomo, riportata negli Atti qualche capitolo più avanti), alcune donne, la madre di Gesù, i fratelli - e le sorelle - di lui. Su tutti questi scende lo Spirito, e non c’è motivo di pensare che escano a predicare solo gli Undici più il dodicesimo di fresca nomina, scelto fra quelli che erano riconosciuti come testimoni apostolici.

È più rispettoso del testo pensare che escano tutti, anche Maria e le donne. Infatti la citazione che Pietro fa nel suo discorso per spiegare ciò che sta accadendo, tratta dal profeta Gioele, dice che “i figli e le figlie di Israele” profeteranno quando verrà effuso lo Spirito, e questo è proprio quello che sta accadendo.

Un posto d’onore

Da questa primigenia predicazione, che testimonia tutto ciò che è accaduto riguardo a Gesù, nasce la prima Chiesa. Infatti coloro che ascoltano si sentono trafiggere il cuore e credono nel Vangelo, unendosi al gruppo dei testimoni e formando insieme una nuova realtà: un nuovo soggetto collettivo.

Fra questi testimoni che mettono al mondo la Chiesa con la loro predicazione e la loro fede, Maria è in prima linea. La fede di lei è la fede esemplare del discepolo che accoglie la Parola e la fa diventare carne; lei è colei che ha seguito il Maestro in ogni momento, che conosce di lui ogni segreto, anche prima che si rivelasse al mondo.

Fra i testimoni apostolici, Maria ha un posto d’onore perché può testimoniare su Gesù non soltanto ciò che è accaduto dopo il battesimo di Giovanni, ma anche ciò che è accaduto prima. Allora davvero è madre della Chiesa, perché la mette al mondo con la fede e la predicazione.

Davvero è madre della Chiesa perché, ogni volta che essa annuncia e fa sorgere nuovi credenti, questi entrano nella fede che Maria ha testimoniato per prima e cui ha dedicato tutta la propria vita. Tutti quelli che rinascono in Cristo sono figli suoi, perché rinascono grazie alla fede di lei e nella fede di lei, la prima e la più perfetta discepola di Cristo, testimone apostolica di eccellenza, segno di sicura speranza per ciascuno di quelli che credono.

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Come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Maria è madre di Gesù, senza ombra di dubbio. Numerosi dibattiti e puntualizzazioni, nonché un Concilio ecumenico hanno portato all’affermazione che è anche “madre di Dio”, in quanto il bambino che nasce da lei è il Figlio di Dio, colui che viene dal Padre e che è con Lui in una relazione unica, tanto da poter essere detto l’Unigenito. In che senso però può essere detta “madre della Chiesa”? Un soggetto collettivo, quale è la Chiesa, non può essere generato da una donna se non metaforicamente; infatti nella tradizione della Chiesa e anche nel recente documento della Congregazione per il culto ( vedi articolo a lato) che istituisce la memoria di Maria madre della Chiesa, si spiega questo titolo per metafore: come ha generato il Capo, Cristo, Maria genera le membra di lui, cioè coloro che rinascono in lui per la fede. Ma questo che cosa significa, visto che concretamente ciascuno di noi ha una sola madre - e non è Maria di Nazareth? Se abbandoniamo il piano ricco ed evocativo delle immagini, in che modo possiamo descrivere questa maternità di Maria? Anzitutto uscendo dalle idee stereotipate e dolciastre che abbiamo della maternità in genere e di Maria in specie. Gesù non è stato sempre bambino, come non lo è ora; e così Maria, lungo l’arco della sua vita, se si è rapportata con lui come madre che cura e nutre, poi gradualmente ha smesso di farlo, finché i ruoli si sono invertiti e lei si è messa in ascolto, alla sequela, fino a essere la prima e più perfetta discepola di Cristo. Ciò che Maria non è Quindi, se non ce la possiamo immaginare rispetto a Gesù come una mamma che cura il suo bambino - perché Gesù bambino non è, ma è adulto, e dispone di sé - , a maggior ragione non possiamo pensare il rapporto di lei con ciascuno di noi come una sorta di prolungamento delle cure materne che ci vengono elargite in tenera età. Nessun essere umano adulto si può sentire confortato dall’idea di essere accudito dalla mamma: mi sembra evidente. Questo tipo di sentimenti e di aspirazioni porta con sé una nostalgia romantica dell’infanzia, se non una certa immaturità che spinge a rifugiarsi sotto una protezione che ci difenda dalla vita. Inoltre, Padre e Madre dei credenti è sempre Dio, il quale mette al mondo, rigenera, custodisce, nutre, insegna la libertà, chiama alla responsabilità, gode della crescita di quelli che ha generato.

Lo Spirito a Pentecoste

Allora, in cosa consiste la maternità diMaria nei confronti della Chiesa e di ciascuno dei discepoli di Cristo? Anzitutto per comprenderlo bisogna andare al momento in cui la Chiesa nasce, il momento in cui compare nella storia una nuova aggregazione umana che non è fondata sull’appartenenza al popolo di Israele – pur essendo tutti ebrei i primi membri della Chiesa – né su altro che non sia l’annuncio e l’accoglienza del Vangelo.

La Chiesa fa il suo ingresso nella storia quando uomini e donne sperimentano di essere stretti in un un’unica vita dalla fede nel Vangelo e comprendono che questa unica vita che li unisce fra di loro li unisce anche con Dio.

La Scrittura ci racconta questo momento iniziale, questo parto, nel giorno di Pentecoste (capitolo 2 del libro degli Atti degli apostoli). Lo Spirito invade le persone riunite nel Cenacolo, che sono gli Undici, più Mattia scelto per ricostituire il collegio dei Dodici (istituzione ebraica destinata a finire e a non essere riprodotta con la morte di Giacomo, riportata negli Atti qualche capitolo più avanti), alcune donne, la madre di Gesù, i fratelli - e le sorelle - di lui. Su tutti questi scende lo Spirito, e non c’è motivo di pensare che escano a predicare solo gli Undici più il dodicesimo di fresca nomina, scelto fra quelli che erano riconosciuti come testimoni apostolici.

È più rispettoso del testo pensare che escano tutti, anche Maria e le donne. Infatti la citazione che Pietro fa nel suo discorso per spiegare ciò che sta accadendo, tratta dal profeta Gioele, dice che “i figli e le figlie di Israele” profeteranno quando verrà effuso lo Spirito, e questo è proprio quello che sta accadendo.

Un posto d’onore

Da questa primigenia predicazione, che testimonia tutto ciò che è accaduto riguardo a Gesù, nasce la prima Chiesa. Infatti coloro che ascoltano si sentono trafiggere il cuore e credono nel Vangelo, unendosi al gruppo dei testimoni e formando insieme una nuova realtà: un nuovo soggetto collettivo.

Fra questi testimoni che mettono al mondo la Chiesa con la loro predicazione e la loro fede, Maria è in prima linea. La fede di lei è la fede esemplare del discepolo che accoglie la Parola e la fa diventare carne; lei è colei che ha seguito il Maestro in ogni momento, che conosce di lui ogni segreto, anche prima che si rivelasse al mondo.

Fra i testimoni apostolici, Maria ha un posto d’onore perché può testimoniare su Gesù non soltanto ciò che è accaduto dopo il battesimo di Giovanni, ma anche ciò che è accaduto prima. Allora davvero è madre della Chiesa, perché la mette al mondo con la fede e la predicazione.

Davvero è madre della Chiesa perché, ogni volta che essa annuncia e fa sorgere nuovi credenti, questi entrano nella fede che Maria ha testimoniato per prima e cui ha dedicato tutta la propria vita. Tutti quelli che rinascono in Cristo sono figli suoi, perché rinascono grazie alla fede di lei e nella fede di lei, la prima e la più perfetta discepola di Cristo, testimone apostolica di eccellenza, segno di sicura speranza per ciascuno di quelli che credono.

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La donna nella Chiesa, presenza silenziosa ma forte https://www.lavoce.it/la-donna-nella-chiesa-presenza-silenziosa-ma-forte/ Wed, 07 Dec 2016 23:18:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=48049 L’8 dicembre abbiamo festeggiato l’Immacolata Concezione di Maria, festa molto sentita e amata dal popolo cristiano. Dio ha posto al vertice dell’umanità una giovane donna, umile e santa. Le nostre parrocchie, incominciando da cattedrale e concattedrale, hanno tante chiese dedicate a lei. Le feste più sentite e partecipate sono quelle dedicate alla Madre di Dio; i santuari maggiormente frequentati in ogni latitudine, sono dedicati alla Madonna.

Ma spesso non siamo attenti e non consideriamo che Maria santissima è una donna . Le donne sono la forza delle nostre parrocchie, le più praticanti, sono quelle che servono con maggior dedizione le comunità e sono sempre disponibili a compiere servizi nel nascondimento. Senza di loro, la vita ecclesiale si risolverebbe a ben poca cosa. Certamente le donne sono cambiate, il cristianesimo ha contribuito lungo i secoli alla loro emancipazione; oggi occorre aprire gli occhi e comprendere che nella società hanno acquisito ruoli fino a qualche anno fa inimmaginabili.

Anche nella Chiesa dobbiamo essere attenti e considerare sempre meglio il loro apporto sapendole valorizzare. Non è un rincorrere le mode, è il Vangelo che che ce lo dice. Gesù non aveva solamente i dodici apostoli, ma – cosa inaudita per quei tempi – lo seguivano anche un grup- po di donne, e sono state loro per prime ad annunciare la Risurrezione.

Siamo tutti giustamente preoccupati per il notevole calo delle vocazioni al sacerdozio, ma è molto grave anche la situazione delle comunità femminili. In diocesi, oltre ai cinque monasteri di clausura, ci sono una ventina di comunità di religiose di vita attiva. Inoltre abbiamo alcune consacrate nell’ Ordo virginum e altre giovani donne si stanno preparando alla consacrazione per servire Cristo e la Chiesa.

È urgente essere attenti a queste realtà: sono persone che hanno consacrato tutta la loro vita a Dio e al servizio del prossimo. Nella Chiesa non conta solamente quello che fa il prete o il diacono, ma tutti hanno uguale dignità, e quello delle religiose è un apporto indispensabile.

La diocesi ha intrapreso un rinnovamento e spinge i fedeli alla “nuova evangelizzazione”; per fare questo occorre coinvolgere sempre più donne per rinnovare le nostre comunità. Non è questione di “quote rosa”, è questione di ascolto, e di saper valorizzare tutti le componenti del popolo di Dio. Il magistero della Chiesa ci invita a fare ciò già da molti anni. Non dimentichiamo che uno dei simboli più forti del cristianesimo degli ultimi secoli è un donna, santa Teresa di Calcutta.

Una scia di grande santità che inizia da Maria, e attraversa tutte le epoche con figure di donne che hanno raggiunto i vertici del rapporto spirituale con Dio.

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8 marzo. La Parola alle donne, nella società e nella Chiesa https://www.lavoce.it/8-marzo-la-parola-alle-donne-nella-societa-e-nella-chiesa/ Tue, 08 Mar 2016 16:36:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45645 La campagna di Amnesty international di denuncia della prassi delle dpose - bambine
La campagna di Amnesty international di denuncia della prassi delle dpose – bambine

In questo inizio di marzo 2016 una buona notizia apre spiragli di speranza per le bambine del mondo. La Corte Costituzionale dello Zimbabwe ha deliberato che nessuno può sposarsi prima di aver compiuto 18 anni, una decisione che dovrebbe mettere fine alla pratica delle spose – bambine. Si stima che nel mondo vi siano 700 milioni di ragazze date in sposa prima dei 18 anni e 250milioni prima dei 15. La notizia è nel supplemento mensile dell’Osservatore Romano “Donne – Chiesa – Mondo”.

Ogni mese il quotidiano del Papa racconta fatti, raccoglie opinioni, fa scrivere donne dai cinque continenti, religiose e laiche. Insomma dà voce a quella parte di umanità che nel mondo è più spesso dalla parte delle vittime che non dei vincitori. E il supplemento di questo mese è dedicato al tema “Donne che predicano”. Un tema forte in una Chiesa che stenta a riconoscere alle donne la stessa dignità battesimale degli uomini, che invece andrebbe recuperata, per uomini e donne, proprio in relazione a questo punto. Lo sottolinea nello stesso supplemento (i testi sono anche online su www.vatican.va) il priore della comunità di Bose, Enzo Bianchi, in un intervento storico biblico, che mostra come non vi siano nel Vangelo ostacoli alla predicazione dei laici e che fin dai primi secoli questa facoltà è stata riconosciuta anche alle donne. “Sarebbe importante – scrive Bianchi – che, senza mutare nulla della dottrina tradizionale, si desse la possibilità a laici, uomini e donne, di prendere la parola nell’assemblea liturgica, ad alcune precise condizioni” e prosegue indicando quali.

In un mondo in cui le donne sono ridotte a corpo da usare (che siano le spose bambine o le vittime della tratta per la prostituzione, o che siano le modelle o le veline delle nostre tv, o le ‘madri surrogate’ o le vittime degli stupri di guerra e tanto altro ancora) è significativo che il giornale del Papa dedichi a questo tema proprio il supplemento che esce prima della Giornata internazionale della donna che si celebra l’8 marzo.

Schiacciato tra il dibattito sul gender e una profonda diffidenza verso tutto ciò che sa di ‘femminismo’ il mondo cattolico italiano non sembra aver compreso quanto il discorso sulla donna possa costituire uno stimolo e una ricchezza per la comprensione stessa dell’uomo, quanto possa far crescere in umanità la società tutta.

Un anno fa, il 7 febbraio, Papa Francesco affidava al Pontificio Consiglio per la cultura il compito di “studiare criteri e modalità nuovi affinché le donne si sentano non ospiti, ma pienamente partecipi dei diversi ambiti della vita sociale ed ecclesiale”, ed indicava quattro tematiche su cui lavorare, e concludeva “Non bisogna lasciare sole le donne a portare questo peso e a prendere decisioni, ma tutte le istituzioni, compresa la comunità ecclesiale, sono chiamate a garantire la libertà di scelta per le donne, affinché abbiano la possibilità di assumere responsabilità sociali ed ecclesiali, in un modo armonico con la vita familiare”.

Prendere in mano magistero della Chiesa su questo tema potrebbe essere un modo per celebrare questo 8 marzo.

Maria Rita Valli

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La battaglia di Luisa Spagnoli a favore di tutti https://www.lavoce.it/la-battaglia-di-luisa-spagnoli-a-favore-di-tutti/ Fri, 05 Feb 2016 10:10:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45336 Dalla fiction di Rai 1 “Luisa Spagnoli"
Dalla fiction di Rai 1 “Luisa Spagnoli”

La fiction di Rai 1 dedicata a Luisa spagnoli ci offre la possibilità di guardare indietro, per ricordarci da dove veniamo e anche rendere omaggio a una donna coraggiosa e creativa, due caratteristiche indispensabili oggi forse più di ieri. Luisa prima di essere un’imprenditrice era una donna che aveva conosciuto la povertà, e da questa desiderava riscattare non solo se stessa ma anche le donne che entravano nella sua vita. Non considerava la Perugina come una fonte di reddito personale bensì come un valore superiore, capace di generare benessere.

Luisa sapeva cogliere, come ogni bravo imprenditore, quel soffio di novità che può poi trasformarsi in ricchezza diffusa. La sua determinazione, raccontata nella fiction, insegna che non bastano gli intrighi per bloccare la forza di chi crede nel valore di difendere un’impresa, specie perché riguarda il destino di molti. In lei i collaboratori e i soci avevano riconosciuto la leadership, una capacità di visione che non era scontata per una donna di inizio secolo.

C’è da chiedersi come facesse Luisa ad avere quella visione, dal Bacio all’angora. Forse è con il cuore che vedeva e con le mani che iniziava a realizzare, per affidare poi le sue idee alle mani di molti collaboratori. La visione sempre inizia dal cuore, perché quanto più è aperto tanto più è capace di vedere orizzonti che la ragione non vede ancora. In Luisa riconosco il coraggio di combattere per qualcosa che va oltre gli interessi personali. Oggi come allora serve quella passione che ti fa considerare l’impresa superiore alla somma degli interessi particolari. Davanti alle allettanti proposte di vendita, molti avrebbero ceduto, ma per Luisa la Perugina era tutto: non era un salvadanaio da svuotare, era un mondo da far crescere, era un ideale più profondo.

La passione di Luisa è preziosa ieri come oggi e, unitamente alla genialità, caratterizza la storia di alcuni imprenditori umbri che ci hanno da poco lasciato (come Walter Baldaccini) e altri che portano lontano i colori e i profumi del nostro territorio (Cucinelli e molti altri). Senza coraggio, innovazione, passione, non sarebbe mai stato possibile raccontare una delle pagine più belle dell’imprenditoria femminile italiana.

Oggi sono ormai pochi coraggiosi a fare impresa in Italia. I giovani più brillanti spesso lasciano il Paese per cercare all’estero opportunità di lavoro. Molti imprenditori – a differenza di Luisa – hanno venduto senza chiedere neppure nulla in cambio per le proprie maestranze. Molti altri hanno dovuto chiudere a causa della crisi globale che nel nostro Paese ci lascia anche il doloroso deserto di molte zone industriali e molte famiglie senza lavoro. La storia di Luisa allarga il cuore, invita a sognare e lottare perché possa esserci anche oggi un modo onesto e dignitoso di lavorare, un’impresa che crea ricchezza senza ‘intrighi di palazzo’, perché ciò che realizza è buono e bello non solo da un punto di vista economico ma anche sociale. Sempre la storia ci permette di fare tesoro della vita di persone che con il loro cammino hanno lasciato tracce non impossibili da seguire.

Oggi Luisa con il suo piglio deciso ci inviterebbe a non vendere, non solo le imprese, ma il Paese; a difendere le nostre imprese, il territorio, le comunità in cui viviamo. Non è facile, lo posso sperimentare dalla piccola finestra della nostra minuscola impresa di famiglia che ha compiuto 80 anni lo scorso anno. Il nonno mi diceva che le donne dovevano stare in casa. Credo di non averlo molto ascoltato, ma spero che questo sia servito a contribuire a preservare la nostra impresa dalla crisi, a non perdere posti di lavoro, e a far arrivare lontano nel mondo i prodotti e il sapere di una piccola azienda artigiana.

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SINODO. La voce – e il contributo – delle donne sulla famiglia https://www.lavoce.it/sinodo-la-voce-e-il-contributo-delle-donne-sulla-famiglia/ Tue, 13 Oct 2015 16:58:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43860 Vaticano-5-ottobre--prima-Congregazione-generale-del-Sinodo-dei-vescovi“Un atto di disturbo” dal quale non bisogna farsi condizionare. Aprendo il 13 ottobre, il briefing quotidiano sul Sinodo, padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, è tornato sulla pubblicazione, su un sito Internet, della lettera di tredici cardinali padri sinodali a Papa Francesco, lo scorso 5 ottobre. Il portavoce vaticano ha ribadito che le difficoltà contenute nella lettera, che doveva rimanere riservata e che quattro cardinali hanno smentito di avere firmato, erano state evocate lunedì sera (5 ottobre) in Aula, e ad esse il segretario generale e il Papa “avevano risposto con chiarezza la mattina seguente”, martedì. “Chi ha compiuto questo atto di divulgazione – ha avvertito – ha compiuto un atto di disturbo, occorre perciò non farsene condizionare”. Per p. Lombardi, si possono fare osservazioni sulla metodologia del Sinodo, “ma una volta stabilita ci si impegna ad attuarla”.

Un briefing “al femminile”, quello di martedì 13 ottobre al quale sono intervenute due uditrici al Sinodo: Thérèse Nyirabukeye, consulente e formatrice per la Federazione africana dell’azione familiare – Faaf (Rwanda), e Moira McQueen, direttrice dell’Istituto canadese cattolico di bioetica (Canada). Accanto a loro padre Jeremias Schröder, arciabate presidente della Congregazione benedettina di Sant’Ottilia, uno dei dieci religiosi eletti.

Parlando del rapporto tra famiglia e vocazioni, Thérèse Nyirabukeye, ha osservato che “sostenere la vocazione e la missione della famiglia nel mondo genera vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”. Sulla base sociale delle vocazioni, profondamente cambiata, si è invece soffermato p. Jeremias Schröder: “In molti monasteri tedeschi i giovani monaci arrivano da famiglie non cattoliche”. Per Moira McQueen, stiamo assistendo “a un rifiorire di vocazioni, è necessario promuoverle per il bene dell’intera società”. Famiglia come potente fattore di riconciliazione: è la testimonianza di Nyirabukeye che ha evocato il genocidio subito dal suo Paese vent’anni fa. “Stiamo in una fase di progressiva ricostruzione – ha detto – e in questa contiamo molto sulle famiglie, sulla loro testimonianza che è possibile l’amore e la riconciliazione, che è possibile un cammino di fraternità”.

Rispondendo ad una domanda sulla proposta di diaconato femminile (da parte dell’arcivescovo canadese Paul-André Durocher, ndr), p. Schröder ha riferito di essere rimasto “impressionato”. “Mi è sembrata audace e anche convincente – le sue parole -, potrei immaginare un cammino in questo senso ma il tema non ha avuto grande eco in Aula”. Il religioso ha quindi spiegato che su alcuni temi specifici “si è parlato dell’ipotesi di affrontare le questioni in base al contesto culturale” e d’immaginare “soluzioni pastorali originali in sintonia con i contesti”. In Germania, secondo Schröder, il tema dei divorziati risposati è più avvertito che in altri Paesi. Un invito alla saggezza e a considerare questi temi anche in prospettiva “locale”, ma guardando sempre alla Chiesa universale”, è stato rivolto da McQueen.

Parlando della propria esperienza trentennale d’insegnante di metodi naturali, Nyirabukeye ha raccontato che tra le donne nei villaggi il fatto di conoscere il funzionamento biologico del proprio corpo è “motivo di fierezza”. Alcune sue ex allieve intendono impegnarsi come “missionarie della vita”. Nyirabukeye si è inoltre detta felice di partecipare al Sinodo e poter offrire il proprio contributo nei Circoli minori, nei quali gli uditori possono prendere la parola.
“Vedendo le sintesi del giorno ci accorgiamo che veniamo ascoltate”, ha aggiunto McQueen. La bioeticista canadese ha espresso soddisfazione per il fatto che sempre più donne, “che hanno un ruolo fondamentale nella trasmissione della fede e dei valori, vengano inserite nel cammino sinodale, è una testimonianza che la Chiesa tiene conto del progresso della società” e la prova dell’esistenza di un “femminismo costruttivo”. Nei Circoli minori il clima “è sereno”, ha assicurato Schröder.

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Teologie e teologhe https://www.lavoce.it/teologie-e-teologhe/ Wed, 23 Sep 2015 13:20:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43437 donna-chiesaCristina Simonelli, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane e docente di Teologia patristica alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, non si scompone di fronte alle parole pronunciate il 16 settembre all’udienza generale da Papa Francesco: “Esistono molti luoghi comuni, a volte persino offensivi, sulla donna tentatrice che ispira al male. Invece c’è spazio per una teologia della donna che sia all’altezza” della benedizione di Dio “per lei e per la generazione!”, ha esclamato il Pontefice richiamando il racconto della Genesi sul peccato originale.

Che effetto le fanno le parole del Papa?

“Come altre volte, un effetto duplice: un po’ di soddisfazione per l’intenzione, e non poco disappunto per la formulazione. È come se nella Chiesa ci si stesse risvegliando da un grande sonno: non è ormai possibile pensare l’orizzonte cristiano senza le donne e senza nominarle, e questa è un’ottima cosa. Ma durante il lungo sonno sono successe tante cose… È tutta la teologia, nelle sue molteplici forme, che va affrontata da tanti punti di vista e da tanti soggetti. In questa espressione sembra invece che ne vada solo aggiunta una parte, ‘della donna’. Come se ci fosse ‘tutta’ la teologia e poi un’altra, vista al femminile”.

Quindi, non ha senso parlare di teologia “al femminile”?

“Oggi occorre piuttosto attraversare le teologie, che sono ormai anche ‘plurali’, con la domanda della differenza che può essere anche, ma non solo, di genere. Ma superata è soprattutto l’idea di una filosofia/teologia ‘perenne’, al di sopra della storia, delle differenze, delle culture e dei soggetti. Le prospettive che incrociano la vita delle donne si potrebbero piuttosto dire definitivamente provvisorie: nel senso che stanno tra l’affermazione delle parzialità e il loro convergere verso la comunione. Le formulazioni ‘femminile/femminista, differenza e genere’ del resto non sono identiche e ognuna richiederebbe una spiegazione: si possono tuttavia raccogliere proprio con questo denominatore comune”.

Molte donne si dedicano oggi allo studio e all’insegnamento della teologia: un ruolo adeguatamente riconosciuto?

“Il Coordinamento teologhe italiane raccoglie circa 130 socie ma non è un albo professionale, bensì una rete di solidarietà e ricerca, catalizzatore di un contesto più largo. Se si osserva la situazione dal punto di vista dei numeri, quella femminile è ancora decisamente una minoranza, su cui pesa sia la difficoltà pratica di accesso all’intero lunghissimo iter di formazione, sia l’assoluta precarietà economica della docenza. Tuttavia c’è molto fermento e in diversi contesti, sia accademici che formativi, sono tangibili la stima reciproca e l’amicizia fra colleghi, uomini e donne”.

Più in generale, quale spazio viene oggi riconosciuto alla donna all’interno della comunità ecclesiale?

“Ogni tanto si parla ironicamente di uno sciopero delle donne nella Chiesa: si capisce immediatamente che il sistema si bloccherebbe, con liturgie disertate, catechesi abbandonata, vari servizi non espletati, per limitarsi a quello che avviene fuori dalle mura domestiche. Non si può però non evidenziare che, pur maggioranza assoluta nella comunità, raramente ricoprono ruoli decisionali. E non potrebbe essere altrimenti, dato lo stato ancora decisamente clericale della Chiesa”.

Che cosa chiedono oggi le teologhe italiane?

“Tutto! Cura della ‘casa comune’ [ecologia, ndr ] e disarmo, una Chiesa all’altezza delle sfide di un mondo globalizzato, senza recinti. Una comunità ecclesiale che vegli sui processi sinodali, curando la trasparenza e la franchezza, apprezzando la ricerca critica e la passione poetica. All’interno di queste coordinate si potrà meglio collocare anche un’antropologia capace di integrare le differenza, senza esclusioni di sorta, e una ecclesiologia pronta a rivedere molte cose, compresi i pesi ministeriali”.

 

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La Chiesa riparte dalle situazioni reali delle famiglie https://www.lavoce.it/la-chiesa-riparte-dalle-situazioni-reali-delle-famiglie/ Wed, 16 Sep 2015 14:45:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43322 Sinodo-famiglia-ottobre-2014
I lavori di apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia nell’ottobre 2014

Un “nuovo passo”, per un “accompagnamento differenziato” delle famiglie, particolarmente quelle ferite e fragili, tramite un “discernimento prudente e misericordioso” e “la capacità di cogliere nel concreto la diversità delle singole situazioni”.

È l’Instrumentum laboris per la 14a Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi (4-25 ottobre). Il testo è frutto della Relatio Synodi – di cui vengono confermate ampie parti – integrato con le 99 risposte ai Lineamenta, oltre a 359 osservazioni “inviate liberamente da diocesi e parrocchie, associazioni ecclesiali e gruppi spontanei di fedeli, movimenti e organizzazioni civili, numerose famiglie e singoli credenti”.

A fornire i dati in conferenza stampa è stato il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi.

“Per la Chiesa – si legge nell’Instrumentum laboris – si tratta di partire dalle situazioni concrete delle famiglie di oggi, tutte bisognose di misericordia, cominciando da quelle più sofferenti”. Il documento si articola in tre parti: l’ascolto delle sfide sulla famiglia, il discernimento della sua vocazione, la riflessione sulla sua missione.

Ci vuole una “morale della grazia” per far “scoprire e fiorire la bellezza delle virtù proprie della vita matrimoniale” e far passare ai giovani la paura di sposarsi per paura di fallire.

Altra verità da ribadire è la differenza tra uomo e donna; sulla contraccezione, il riferimento imprescindibile resta l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI.

Il ruolo delle donne

Una delle novità dell’Instrumentum laboris è l’affermazione che “può contribuire al riconoscimento del ruolo determinante delle donne una maggiore valorizzazione della loro responsabilità nella Chiesa: il loro intervento nei processi decisionali; la loro partecipazione, non solo formale, al governo di alcune istituzioni; il loro coinvolgimento nella formazione dei ministri ordinati”.

Divorziati risposati

Niente “esclusione” dei divorziati risposati: anzi, “sempre maggiore integrazione nella comunità cristiana”, tramite “cammini” preceduti “da un opportuno discernimento da parte dei pastori circa l’irreversibilità della situazione e la vita di fede della coppia in nuova unione”. Accoglienza e integrazione le due parole-chiave, nell’ottica di “una legge di gradualità rispettosa della maturazione delle coscienze”.

“C’è un comune accordo sull’ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo, per i fedeli divorziati risposati civilmente che si trovano in situazione di convivenza irreversibile”, si apprende dall’Instrumentum laboris, in cui alcuni Padri suggeriscono “un percorso di presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica dell’eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza”.

Altri Padri, tuttavia, “per via penitenziale intendono un processo di chiarificazione e di nuovo orientamento, dopo il fallimento vissuto, accompagnato da un presbitero a ciò deputato”. Questo processo “dovrebbe condurre l’interessato a un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazione per poter far uso della potestà di legare e sciogliere in modo adeguato alla situazione”.

Unioni omosessuali

“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. È la posizione della Chiesa sulle unioni gay, ripresa dalla lettera in materia della Congregazione per la dottrina della fede, citata sia nella Relatio Synodi sia nell’Instrumentum laboris.

“Ogni persona – ricorda però il nuovo documento – indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società”. Si propone quindi: “Sarebbe auspicabile che i progetti pastorali diocesani riservassero una specifica attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale, e di queste stesse persone”.

 

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Due donne al comando https://www.lavoce.it/due-donne-al-comando/ Thu, 16 Jul 2015 10:01:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39130 L’aula del consiglio regionale
L’aula del consiglio regionale

Non era mai successo nella storia politica dell’Umbria che due donne guidassero la Regione: Catiuscia Marini è stata riconfermata presidente per altri cinque anni e condurrà l’istituzione regionale in uno dei periodi più difficili dal punto di vista economico e sociale, Donatella Porzi è il nuovo presidente dell’assemblea regionale umbra, il 18° della storia regionale, ed è la prima donna a ricoprire questo incarico.

Questo primato di donne nella politica umbra vuol dire qualcosa? La nuova legge elettorale, con l’indicazione della parità di genere, anche nel voto, intendeva dare più spazio alle donne, anche da un punto di vista numerico.

È vero che la Porzi è stata la più votata della lista Pd, ma è anche vero che ha potuto godere di un vasto appoggio di riferimento (l’area Bocci, attraverso i suoi vari candidati “maschietti”, ha consentito di farle ottenere il titolo di Lady Preferenze).

Ma basta scorrere l’elenco dei consiglieri eletti a palazzo Cesaroni per osservare l’elezione di sole 4 donne, di cui 3 ai vertici, cioè la Marini, la Porzi e l’assessore Fernanda Cecchini, con il suo mega-assessorato, e l’unica rappresentante dell’opposizione che è Maria Grazia Carbonari del Movimento 5 stelle.

Probabilmente in Umbria ci sono donne che hanno le caratteristiche giuste per esercitare il mandato degli elettori. Va registrato il fatto che dal 2000 in poi una donna (prima Maria Rita Lorenzetti per dieci anni, ora la Marini che raggiungerà anch’essa questo traguardo) ha guidato l’esecutivo di palazzo Donini, una eccezione prettamente umbra.

Per la cronaca, la Porzi è stata eletta con i 13 sì della maggioranza grazie a un accordo interno nel Pd, e le 8 schede bianche delle opposizioni. Il centrodestra non ha proposto nessuno. Non c’è stata alcuna sorpresa anche per quanto riguarda i due vice presidenti, che sono per la maggioranza Marco Vinicio Guasticchi (indicato dal Pd) e Valerio Mancini per l’opposizione (il leghista è stato candidato da tutto il centrodestra).

Il primo è stato eletto con 12 voti, il secondo con 6. Nel suo discorso dopo l’elezione, la Porzi ha parlato della “necessità di un processo di avvicinamento dei cittadini alla politica e, quindi, alle istituzioni. Questa nostra Regione può e deve rivendicare di aver creato a partire dagli anni Settanta una identità regionale che si è tradotta in crescita e in direzione anche della qualità dei servizi”.

La Porzi ha invitato Giunta e consiglieri a “esprimersi con coraggio, a non aver paura delle innovazioni, ad alzare l’asticella con determinazione, pronti a dominare i processi, capaci a indirizzarli, consapevoli delle nostre potenzialità”. Visto che il “potere umbro è rosa”, perché non caratterizzarsi per qualche iniziativa particolare? Il consigliere Giuseppe Biancarelli (Umbria più uguale) ha proposto un taglio alle indennità dei consiglieri regionali, peraltro meno sostanziose rispetto a tante altre regioni. Quale migliore inizio, per la coppia di donne al comando, che rendere concreta questa iniziativa?

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La tragica scomparsa di Elisa Lardani dopo le complicazioni del parto https://www.lavoce.it/la-tragica-scomparsa-di-elisa-lardani-dopo-le-complicazioni-del-parto/ Fri, 06 Mar 2015 19:26:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30793 Elisa Lardani
Elisa Lardani

La notizia delle gravi condizioni in cui versava Elisa Lardani dopo aver dato alla luce la sua quartogenita, e poi quella della sua morte, hanno raggiunto velocemente la nostra comunità diocesana, che da subito si è raccolta in preghiera, affidando a Dio la giovane donna e tutta la sua famiglia.

Elisa, 38 anni, è deceduta nel primo pomeriggio di sabato 28 febbraio al “Santa Maria della Stella” di Orvieto. Un evento del tutto improvviso e imprevedibile – come riferito dalla Direzione sanitaria dell’ospedale – a causa della coagulazione del sangue è comparso, con gravissime emorragie, in sala travaglio immediatamente prima del parto. Poi il tempestivo intervento dell’équipe sanitaria per far nascere in tempi rapidissimi la bambina (ricoverata in Terapia intensiva neonatale a Perugia; le sue condizioni sembrano migliorare). Successivi interventi presi d’urgenza da più specialisti hanno consentito nell’immediato il mantenimento in vita della donna.

A nulla sono valse, invece, tutte le ulteriori cure presso il reparto di Rianimazione che miravano al conseguimento di un grado di stabilizzazione dei parametri vitali tale da poter rendere ipotizzabile un tra- sferimento, con mezzo idoneo, in una struttura ospedaliera di alta specialità in grado di effettuare il trattamento di plasmaferesi, ultima opzione terapeutica da mettere in campo, anche se – riferiscono sempre i medici – con scarse possibilità di successo vista la tipologia e l’entità della patologia in atto. Elisa non ce l’ha fatta: le condizioni sono precipitate rapidamente, fino al fatale arresto cardiaco.

Sposa di Luca Marchi , infermiere che era con lei in sala parto, Elisa lascia in chiunque l’abbia conosciuta – come attestato da innumerevoli testimonianze – il ricordo del suo splendido sorriso e il profumo di una vita vissuta appieno e donata con profondo amore e generosità in ogni ambito, da quello familiare a quello lavorativo (brillante psicologa, sempre pronta con umiltà e discrezione a sostenere i più sofferenti e disagiati) ed ecclesiale (con il marito Luca, nella Comunità Maria di Orvieto, nell’associazione Servi familiae del progetto Mistero grande e nella Pastorale familiare diocesana).

Lunedì scorso, nel duomo di Orvieto gremito di fedeli, si è svolta la celebrazione delle esequie. Poi hanno parlato una religiosa, un sacerdote, il fratello e il marito. “Da quando è accaduto – ha detto Luca– mi ripeto: ‘A testa alta, fino in fondo’… Portando la bara di Elisa ho capito perché a testa alta, fino in fondo. Perché a testa alta ho visto Lui. È la mia forza, il mio coraggio… Siamo nati e non moriremo mai più. Noi abbiamo scelto di guardare in faccia la vita e scommetterci, senza paura. Abbiamo scelto di amare fino in fondo”.

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Chi dice donna dice anche scienza https://www.lavoce.it/chi-dice-donna-dice-anche-scienza/ https://www.lavoce.it/chi-dice-donna-dice-anche-scienza/#comments Fri, 06 Mar 2015 14:19:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30779 Samantha Cristoforetti
Samantha Cristoforetti

Le intenzioni di Papa Francesco per il mese di marzo sono la preghiera per la scienza e la preghiera per le donne. Ho allora accolto con piacere l’invito a riflettere sulle donne e la scienza in occasione della Festa internazionale della donna. Ultimamente proprio due donne scienziate hanno fatto notizia: Samantha Cristoforetti è la prima donna italiana nello spazio, in missione nella Stazione spaziale internazionale dal 22 novembre 2014; la seconda italiana è Fabiola Gianotti, che dal novembre 2014 è a capo del Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, il più grande laboratorio al mondo per la Fisica delle particelle.

Donne che collaborano con uomini, come è ovvio che sia, perché non sanno solo emozionarsi ma anche pensare. Negli ambienti di lavoro, ma anche in casa, una donna “pensa” e “progetta” come quando organizza la famiglia, soprattutto se numerosa. Donne che nel loro modo di pensare mettono ovviamente una attitudine da donne. Ma senza indugiare troppo su cosa sia questa attitudine o, volendo provarci, sapendo fare tutte le distinzioni necessarie. Perché non ci sono “donne in astratto”, come idee disincarnate dalla storia. Ci sono invece donne concrete che hanno scritto la storia: sia la storia di generazioni di famiglie, sia, non appena è stata loro concessa una minima possibilità, la storia del loro tempo.

Fabiola Gianotti
Fabiola Gianotti

Oggi le donne sono più partecipi alla vita pubblica, sebbene con grandi sacrifici, in particolare se hanno una famiglia perché né la maternità né ancor meno la paternità sono riconosciuti come valori collettivi. In ogni caso, quel poco o tanto che oggi viviamo come donne è grazie alle pioniere di ieri.

E nella scienza italiana proprio due donne cattoliche sono state vere pioniere nel Settecento italiano che cercava di aprirsi alla scienza sperimentale: una laica, Maria Gaetana Agnesi, e una sposa, Laura Bassi. Infatti dopo la vittoria di Newton su Descartes, definitiva solo dopo che Maupertuis partì all’avventura in Lapponia (1736) per calcolare la lunghezza di un grado di meridiano e stabilire la vera forma della Terra (un geoide, come un pallone schiacciato ai Poli), la fisica newtoniana si diffonde in tutta Europa. In Italia, queste due donne hanno avuto un ruolo speciale.

Maria Gaetana Agnesi (Milano, 1718-1799) è così famosa che Google lo scorso anno le dedicò un doodle nell’anniversario della sua nascita. Fu il padre che comprese le particolari doti di Maria Gaetana, volendo che studiasse, contro la mentalità che escludeva le donne da tali occupazioni. Così la ragazza studiò matematica, calcolo infinitesimale e in generale la scienza del tempo, tanto da scrivere una introduzione ai lavori di Eulero che ebbe grande fortuna. Inventò una curva nota agli inglesi come Witch of Agnesi, confondendo il nome dato dalla donna alla sua invenzione, “versiera”. La versiera è una sorta di campana, simile a una curva di Gauss, ottenuta componendo opportunamente una circonferenza e un fascio proprio di rette. Maria Gaetana Agnesi ci parla anche di uno stile cristiano attento ai bisogni sociali: vocata alla vita monacale restò ad accudire il padre, ed era molto conosciuta per il costante esercizio della carità che la portò a fondare un piccolo ospedale. Studiò la sacra Scrittura e meritò grande fama: “Lustro al nome di lei, all’Italia e gloria cristiana” recita una iscrizione a lei dedicata.

Laura Bassi
Laura Bassi

Laura Bassi (Bologna 1711-1778), sollecitata e particolarmente sostenuta dal cardinale Lambertini, poi Benedetto XIV, fu la prima donna ad avere incarichi scientifici in Accademie fino addirittura a ricoprire una cattedra universitaria, prima in Filosofia e poi in Fisica sperimentale.

La grandezza della sua figura è stata oggetto di un raffinato volume curato da due prestigiose studiose, Luisa Cifarelli e Raffaella Simili (Laura Bassi. Emblema e primato nella scienza del Settecento, Bologna 2012). Bassi scrisse di calcolo infinitesimale e di meccanica. Simbolo di un cattolicesimo illuminato che fece grande impressione oltralpe, questa donna diffuse uno stile femminile cristiano in ambiti dove spesso giungeva soltanto l’Illuminismo ateo e dove era spesso l’unica donna.

Laura Bassi ci parla anche di una modalità cristiana di vivere la famiglia in un tempo in cui ancora non si parlava di Vangelo della famiglia: con il marito Giuseppe Veratti ebbe 8 figli e un laboratorio in casa dove impartire lezioni private di Fisica sperimentale. Una comunione capace di promuovere la collaborazione e fare della coppia il punto di forza di ognuno dei due coniugi, al punto che il marito subentrò sulla sua cattedra dopo la morte della donna. Una comunione intellettuale nutrita della comunione di vita, entro uno stile di vita che oggi la Chiesa indica ai coniugi cristiani, ma non solo a loro.

Infatti queste donne italiane scienziate e credenti, capaci di coniugare pensiero e carità, rigore ed affetti, ci parlano di una ricchezza che arricchisce il mondo perché pensata in scambio e interazione con il mondo maschile.

Nel Settecento la peculiarità femminile non era accolta, e patirà a lungo molte chiusure. Queste donne trovarono una via cristiana per avere un loro spazio, fedeli alla libertà che solo il Vangelo può dare. La scienza dimostra che in natura tutto è interazione tra campi di forze; così nella vita delle società umane, tutto è reciprocità tra maschile e femminile, mai riducibile a schemi e funzioni bensì esercizio costante per pensare la differenza come ricchezza e come esperienza concreta di accoglienza verso ogni diversità. Che l’8 marzo sia celebrazione anche di tutto questo, in uno stile schiettamente evangelico e missionario.

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8 Marzo in onore delle donne coraggiose https://www.lavoce.it/8-marzo-in-onore-delle-donne-coraggiose/ Fri, 06 Mar 2015 13:05:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30762 rania-e-samanthaAbbiamo scelto di celebrare l’8 marzo, rendendo omaggio al “genio” della donna, per usare una felice espressione di san Giovanni Paolo II che in questa piccola parola concentra tutto quanto di positivo si possa dire a partire dal riconoscimento della sua dignità.

Siamo ben consapevoli di quanto oggi questa dignità sia negata, e ce lo ricorda Cristiana Dobner con parole nelle quali si sente l’eco del dolore inflitto da tanta assoluta e incomprensibile violenza, ma nelle quali vi risuona anche la forza di cui sono capaci le donne che armate solo della loro dignità lottano per un mondo migliore per tutti.

Le scienziate di cui ci parla Flavia Marcacci raccontano di quanto sia grande il campo nel quale la donna può esprimere il suo “genio”, troppo spesso misconosciuto, se non negato, da una cultura in cui il mercato vorrebbe ridurre tutto a cose, a cominciuare dal corpo delle donne.

M.R.V.

Leggi gli articoli :Chi dice donna dice anche scienza e Donna umiliata. Tutte umiliate

 

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L’8 marzo dura un mese https://www.lavoce.it/l8-marzo-dura-un-mese/ Fri, 06 Mar 2015 12:30:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30746 L’assessore Edi Cicchi durante la presentazione delle iniziative per l’8 marzo
L’assessore Edi Cicchi durante la presentazione delle iniziative per l’8 marzo

La Giornata internazionale della donna quest’anno in Umbria vedrà una vasta gamma di iniziative, eventi, manifestazioni e appuntamenti. La variegata offerta è nata su iniziativa della Provincia di Perugia, dei Comuni di Perugia – in particolare l’assessorato alle Pari opportunità presieduto da Edi Cicchi – e Terni, e con la partecipazione attiva di molti altri Comuni umbri, nonché della Usl Umbria 1 e di tante associazioni di volontariato e promozione sociale che si occupano in vario modo del mondo femminile.

In un incontro – dal significativo titolo “L’8 marzo, ma la sfida è tutti i giorni” – tenuto nei giorni scorsi con la stampa, le istituzioni capofila del progetto ne hanno illustrato le finalità: primo abbozzo di quella che potrebbe diventare un vero e proprio tavolo permanente di lavoro tra associazioni e istituzioni sul tema della donna. Presente all’incontro, convocato dall’assessore comunale Cicchi, la presidente del Centro pari opportunità della Regione, Daniela Albanesi, che ha ricordato l’imminente primo compleanno dei Centri anti-violenza di Perugia e Terni, nonché del Telefono anti-violenza. Presenti anche il vice sindaco di Terni, Francesca Malafoglia, appartenente anche alla Commissione pari opportunità dell’Anci, nonché Erica Borghesi in rappresentanza della Provincia di Perugia, che ha ricordato in particolare l’incontro del 27 marzo presso la Provincia di Perugia con l’on. Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Jotti, che esporrà ai giovani di alcune scuole superiori “Le leggi delle donne che hanno cambiato l’Italia”.

Tra gli eventi più significativi che si svolgeranno da ora ad aprile per tutta la regione, vale la pena ricordare quello del 12 marzo presso palazzo dei Priori su “Impegni e bisogni: la famiglia e l’equilibrio da costruire tra molteplici istanze” a cura del Movimento per la vita di Perugia. Poi, la rassegna cinematografica in corso fino al 31 marzo presso il cinema Zenith “A proposito di donne” (programma su www.cinemazenith.it); il concerto lirico in occasione del centenario della Prima guerra mondiale “Eroine del melodramma nel secondo Risorgimento” l’8 marzo in sala dei Notari; il convegno “Donne e criminalità” che si terrà il 7 marzo a Gubbio in collaborazione con il Comune, patrocinato anche dalla consigliera di Parità della Regione, Elena Tiracorrendo, presente all’incontro assieme alla collega della Provincia perugina, Gemma Bracco, che ha ricordato alcuni eventi riguardanti il mondo dell’arte al femminile.

Il programma completo delle iniziative è consultabile sul sito www.comune.perugia.it.

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Donne libere di scegliere https://www.lavoce.it/donne-libere-di-scegliere/ Fri, 13 Feb 2015 11:19:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30296 Papa Francesco benedice la pancia di una donna incinta (Getty Images)
Papa Francesco benedice la pancia di una donna incinta (Getty Images)

Papa Francesco porta nella Chiesa una particolare attenzione alle donne. Sul loro ruolo e su come vengono trattate nella società e nella Chiesa ha parlato più volte chiedendo di aprire una riflessione. Ora ha affidato al Pontificio Consiglio per la cultura, diretto dal cardinale Gianfranco Ravasi, un vero e proprio programma di studio sulle quattro grandi aree tematiche scelte per l’incontro. Lo ha fatto ricevendo sabato 7 febbraio i partecipanti alla plenaria del Dicastero incentrata sul tema “Le culture femminili: uguaglianza e differenza”. Papa Francesco ha sottolineato la necessità di superare i modelli che vedono uomo e donna l’uno contro l’altro, per “abbracciare il paradigma della reciprocità nell’equivalenza e nella differenza”. È tempo che le donne “si sentano non ospiti, ma pienamente partecipi dei vari ambiti della vita sociale ed ecclesiale”, ha detto il Papa, rivolgendosi ai “Pastori delle comunità cristiane, ma anche alle laiche e ai laici in diversi modi impegnati nella cultura, nell’educazione, nell’economia, nella politica, nel mondo del lavoro, nelle famiglie, nelle istituzioni religiose”. Papa Francesco ha quindi di nuovo ricordato che “la Chiesa è donna, è la Chiesa, non il Chiesa” e che la questione femminile “è una sfida non più rinviabile”.

Sulla prima tematica: “Tra uguaglianza e differenza: alla ricerca di un equilibrio” ha indicato la meta: “un equilibrio che sia armonico, non solo bilanciato”, e il metodo: un approccio che non sia ideologico “perché la “lente” dell’ideologia impedisce di vedere bene la realtà”; che sia “nella prospettiva del ‘con’, della relazione”. Superati, “almeno nelle società occidentali, il modello della subordinazione sociale della donna all’uomo” e quello “della pura e semplice parità”, si è configurato “un nuovo paradigma, quello della reciprocità nell’equivalenza e nella differenza”.

La seconda tematica: “La ‘generatività” come codice simbolico”, riguarda sì “tutte le mamme” ma, ha ricordato Papa Francesco, “allarga l’orizzonte alla trasmissione e alla tutela della vita, non limitata alla sfera biologica”. “Voi donne – ha aggiunto Papa Francesco – sapete incarnare il volto tenero di Dio, la sua misericordia, che si traduce in disponibilità a donare tempo più che a occupare spazi, ad accogliere invece che ad escludere. In questo senso, mi piace descrivere la dimensione femminile della Chiesa come grembo accogliente che rigenera alla vita”.

Sulla terza tematica: “Il corpo femminile tra cultura e biologia”, Papa Francesco ha ricordato la “bellezza e l’armonia del corpo che Dio ha donato alla donna, ma anche le dolorose ferite inflitte, talvolta con efferata violenza, ad esse in quanto donne”. Ha invitato a volgere lo sguardo alle “tante forme di schiavitù, di mercificazione, di mutilazione del corpo delle donne” per un impegno a “sconfiggere questa forma di degrado che lo riduce a puro oggetto da svendere sui vari mercati”, con una attenzione alla povertà che relega le donne ai margini delle società e le rende “vittime di una cultura dello scarto.

Sulla quarta tematica: “Le donne e la religione: fuga o ricerca di partecipazione alla vita della Chiesa?” Papa Francesco si rivolge ai credenti che “sono interpellati in modo particolare”, ribadendo “l’urgenza di offrire spazi alle donne nella vita della Chiesa e di accoglierle, tenendo conto delle specifiche e mutate sensibilità culturali e sociali”. Ha auspicato “una presenza femminile più capillare ed incisiva nelle Comunità” che va dalle responsabilità pastorali, all’accompagnamento di persone, famiglie e gruppi, alla riflessione teologica.

Papa Francesco quindi aggiunto una ulteriore tematica. “Non si può dimenticare il ruolo insostituibile della donna nella famiglia” che si esaurisce tra le mura domestiche. Papa Francesco chiede di incoraggiare e sostenere “la presenza efficace delle donne in tanti ambiti della sfera pubblica, nel mondo del lavoro e nei luoghi dove vengono adottate le decisioni più importanti” facendo sì che al tempo stesso le donne possano “mantenere la loro presenza e attenzione preferenziale e del tutto speciale nella e per la famiglia”. Il Papa sollecita anche a “non lasciare sole le donne a portare questo peso e a prendere decisioni” ricordando che “tutte le istituzioni, compresa la comunità ecclesiale”, sono chiamate a “garantire la libertà di scelta per le donne, affinché abbiano la possibilità di assumere responsabilità sociali ed ecclesiali, in un modo armonico con la vita familiare”.

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GIORNATA PER LA VITA. I dati dai Cav dell’Umbria per il 2014 https://www.lavoce.it/giornata-per-la-vita-i-dati-dai-cav-dellumbria-per-il-2014/ Fri, 30 Jan 2015 15:31:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30119 mamma-padre-cmykOgni anno la Giornata nazionale per la vita (1° febbraio) è un’occasione per riflettere su quanto si registra nella nostra regione a proposito della vita nascente.

Il Messaggio della Cei per la Giornata incoraggia all’accoglienza della vita, mettendo in guardia sui rischi della fecondazione extra-corporea (Fivet o Icsi omologa ed eterologa), suggerendo alcune forme di solidarietà per la vita come le adozioni prenatali a distanza di mamme e nascituri, già proposte dal Movimento per la vita (progetto Gemma).

Come sempre, i Centri di aiuto alla vita, braccio operativo del Movimento per la vita, accolgono le donne o le coppie che hanno un dubbio di coscienza prima di avvalersi della legge 194/78, ovvero prima di fare un aborto volontario.

Mentre i numeri riportati dal Cav di Terni sono costanti, con 32 donne e relativi bimbi nati nel 2014 e altri 9 in arrivo quest’anno, i dati registrati nel 2014 nelle due sedi del Cav di Perugia (S. Lucia e Castel del Piano) mostrano una prima triste realtà: solo 20 bambini sono nati l’anno scorso grazie all’intervento dei due presidii per la vita perugini (su oltre 100 donne incontrate e aiutate in vario modo), a fronte dei 33 bimbi venuti alla luce nel 2013 e dei ben 53 nati nel 2012.

Fra le possibili cause di questa diminuzione di richieste di aiuto, oltre all’aggravarsi delle condizioni di povertà, che scoraggia l’arrivo di una nuova vita, c’è molto probabilmente il sempre più diffuso utilizzo di quella che viene chiamata “contraccezione d’emergenza”. Si tratta delle molteplici forme della “pillola del giorno dopo”, che impedisce l’annidamento di un ovulo eventualmente fecondato all’interno dell’utero materno, causandone l’espulsione. Un vero e proprio aborto “precocissimo”.

Come sostiene il presidente della Federazione umbra dei Movimenti per la vita, Angelo Francesco Filardo, “l’aborto non è diminuito: ha cambiato faccia. Si consuma nel privato, non è visibile neanche agli occhi della Sanità pubblica. Siamo intrisi ormai di una mentalità contraccettiva, di chiusura alla vita (anti-life mentality) paurosamente dilagante”.

Sulla scia di queste considerazioni, anche Vincenzo Silvestrelli, presidente del Mpv Perugia, riflettendo sul binomio libertà/verità, afferma: “Senza attenzione alla verità, la libertà di agire può diventare lesiva dei diritti di altri, come è evidente nell’aborto, dove la libertà della donna non può prescindere dai diritti del nascituro, che è persona, e nella fecondazione artificiale, dove i diritti del bambino non possono essere posposti a quelli di chi vuole un figlio.

I casi dell’utero in affitto mostrano come questo conflitto non sia teorico ma reale. Il gemello Down rifiutato dalla coppia che aveva commissionato una fecondazione con utero prestato a una donna thailandese dimostrano verso quali abissi di inumanità ci stia portando il ‘politicamente corretto’ dominante”.

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Che strazio! https://www.lavoce.it/che-strazio/ Fri, 21 Nov 2014 12:53:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29109 DON ANGELO fanucci“Come si deprime una conquista di civiltà”: un tema che potremmo tranquillamente assegnare al movimento “Femen”, sicuri che lo svolgerebbe egregiamente.

Il femminismo è stato anche da noi un grande movimento di liberazione, anche se è nato fuori della Chiesa o addirittura contro la Chiesa (come molti altri movimenti di liberazione). Ne avevamo davvero bisogno, dopo che per secoli la condizione femminile è stata una condizione emarginante, ‘grazie’ anche a una malintesa interpretazione del messaggio cristiano.

La condizione femminile: il complesso di norme, usi, costumi e leggi che nel nostro Occidente hanno riguardato il ruolo della donna nella società. Per secoli alla donna abbiamo riconosciuto solo le capacità e i ruoli che non potevamo non riconoscerle: la procreazione (almeno finché gli uomini non avessero imparato loro a partorire), la cura della prole (almeno finché gli uomini non potessero disporre di mammelle capaci di erogare su ciucciata il latte nella misura giusta). I movimenti di emancipazione femminile, con la loro tenace rivendicazione di un’uguaglianza formale e sostanziale tra la donna e l’uomo, ha fatto registrare negli ultimi secoli un successo dopo l’altro.

Ma le ultime performance del più giovane di questi movimenti, Femen, ha gravemente depresso quelle grandi conquiste di civiltà. Femen è nato a Kiev nel 2008, anche sulla scia di un moto di ribellione contro il fatto che, dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989, l’Ucraina sembrava destinata a diventare una meta preferita del turismo sessuale. Hai capito? Sono improvvisamente diventati poveri, gli ucraini, e allora alcuni dei nostri più assidui sporcaccioni, tutti rigorosamente anonimi, hanno pensato di dare loro “un aiutino” attraverso le loro donne più belle, o anche solo più disponibili. “No!” ha detto Femen. Forte. Ma quell’iniziale, forte moto di rivolta morale è caduto nel dimenticatoio, e oggi le attiviste di Femen organizzano spettacoli che sono un palmo al di sotto della stupidità più stupida che l’uomo abbia compiuto nei secoli dei secoli, amen. Che strazio!

Uno di questi spettacoli l’hanno inscenato venerdì 14 novembre in piazza San Pietro. Al fine di protestare contro Papa Francesco, “che parla come un politico” (!?!), tre belle ragazze ucraine si sono denudate davanti all’obelisco. Era presente (notizia strettamente riservata) un critico d’arte che ha subito pensato di metterle in contatto, come modelle, con un suo amico scultore, che da anni ha in animo di rieditare in stile moderno la Venere callipigia. Niente da fare, Perché loro da quelle parti, obbedienti all’orrendo Satana che hanno nel cuore, loro ci infilano… oggetti religiosi.

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Fivet: una strage invisibile e inutile https://www.lavoce.it/fivet-una-strage-invisibile-e-inutile/ Fri, 01 Aug 2014 14:13:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27368 fecondazione-bnLeggendo ogni anno la relazione del ministro della Salute al Parlamento sulla legge 40/2004 ci si rende conto che si tratta di uno degli adempimenti formali, che finora non ha aiutato i parlamentari a rendere più rispettose della dignità e della vita umana di tutti i soggetti coinvolti (coppie desiderose di avere un figlio e gli embrioni prodotti) le tecniche artificiali di riproduzione umana.

Appare subito chiaro che la relazione è scritta secondo logiche imprenditoriali, utilizzando indici (percentuale di gravidanze su cicli iniziati: 19,70, percentuale di gravidanze su trasferimenti effettuati: 25,78%) che fanno apparire queste tecniche molto più efficaci di quanto lo siano realmente. Leggendo la tabella qui riportata risulta evidente che solo 9.818 (80 in Umbria) dei 105.324 (655 in Umbria) embrioni trasferiti in utero ha avuto la possibilità di nascere, mentre 95.506 embrioni, cioè il 90,68% degli embrioni trasferiti in utero, è stato sacrificato consapevolmente e volontariamente.

dati FIVET 2014

 

Il numero diventa maggiore se consideriamo che gli ovociti a fresco fecondati (zigoti) sono stati 154.902, cui si sommano i 12.611 embrioni scongelati e i 5.825 embrioni formati dai 12.437 ovociti scongelati, che portano a 173.338 (circa 1.326 in Umbria) il numero dei concepiti prodotti e a 154.381 (1.078 in Umbria) il numero dei concepiti sacrificati per far avere uno o più bambini a 8.002 delle 54.458 coppie trattate.

In sintesi, solo uno su 10 embrioni trasferiti in utero, e uno su 16 embrioni prodotti o scongelati, riesce a nascere, e solo il 14,92% delle coppie trattate riesce ad avere un figlio, mentre l’85,06% delle coppie rimane a braccia vuote, con meno soldi in tasca, dopo essersi sottoposte a bombardamenti ormonali e a procedure invasive e… spesso con la sindrome post-Fivet quando si rendono conto di aver esposto a morte certa due, tre, cinque, nove loro figli per tentare di avere un figlio.

In più, chiediamo al ministro della Salute di dirci perché la relazione trascuri sempre di riferire sull’altissimo costo in vite umane di tutte le tecniche di fecondazione in vitro (che rappresentano in Italia la prima causa certificata in assoluto di morte degli embrioni umani), di offrirci più informazioni e dati sui risultati dell’applicazione della fecondazione in vitro su alcune patologie, come l’infertilità endocrino-ovulatoria (nel 2012 sono state trattate 2.578 coppie); l’infertilità idiopatica (7.034); la poliabortività (459 coppie); il fattore genetico (441 coppie trattate) comparando i risultati ottenuti con le tecniche di fecondazione in vitro con quelle meno costose, meno rischiose per la salute della donna e meno mortifere per gli embrioni.

Rincresce dover segnalare che i finanziamenti ministeriali vengano utilizzati quasi in toto per potenziare le tecniche di riproduzione umana artificiale, e non per promuovere la vera terapia della sterilità coniugale (microchirurgia tubarica, crioconservazione del tessuto ovarico nelle donne prima delle terapie oncologiche e suo reimpianto nell’ovaio dopo la terapia) e per la divulgazione delle informazioni sull’autoconoscenza della fertilità della donna e della coppia, che senza alcuna spesa potrebbero aiutare – come già avviene da decenni (metodo Billings e metodi sinto-termici) – tante più coppie ad avere figli naturalmente.

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Festa della mamma: occasione per una riflessione più profonda https://www.lavoce.it/festa-della-mamma-unoccasione-per-una-riflessione-piu-profonda/ Mon, 12 May 2014 12:19:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24871

mamma-libro-bimbo-legge-fiaba-al-figlioNon è stabilita una data valida per tutte le nazione del mondo per celebrare la festa della mamma. Nel nostro Paese e in molti altri come gli Stati Uniti e la Svizzera, si è convenuti per la data della seconda domenica di maggio. Ai cristiani devoti va bene: maggio è il mese dedicato alla Madonna, la madre di tutti e quindi ogni giorno va bene. L’origine americana della festa è segnata da una nota di tristezza e collegata con le madri che hanno perduto un figlio in guerra ed infatti era detta “giornata della madre per la pace”. Non molti sapranno che il primo paese in Italia a celebrare la festa della mamma è stato Tordibetto di Assisi nel 1957, su iniziativa del parroco don Otello Migliosi con una connotazione religiosa e con manifestazioni devozionali che si ripetono da allora ogni anno. Non si può mancare di dire che ovunque nel mondo con il passare del tempo, la festa ha progressivamente assunto un valore commerciale, del resto molto funzionale al sistema economico che attualmente predomina ovunque. Nello stesso tempo si deve dire che in ogni periodo storico, in forme e con rilevanza diversa, si è avuto una specie di culto per la madre a cominciare con la madre terra, la madre patria, la madre chiesa e così via. Basta un minimo di riflessione per convincersi che non c’è un amore più grande di quello della madre, perché non c’è essere umano che non sia stato concepito nel grembo materno e generato con dolore. Il legame affettivo ha radici carnali che sia pure sublimato ed esaltato razionalmente e poeticamente rimane come un dato non disponibile. Sta lì e rimane e quando un figlio perde la madre sente che qualcosa è venuto meno in lui. Oggi, per certi versi, con le moderne tecnologie di procreazione medicalizzata e tecnologizzata il discorso potrebbe diventare più complesso ed anche imbarazzante. Ma la natura biologica e razionale della persona non potrà fare a meno di ricercare sempre e comunque la madre come luogo ideale di sicurezza e rifugio. Al di là di tutto si deve porre al centro dell’attenzione a livello planetario la maternità ferita e addolorata per la perdita dei figli. Leggo (Osservatore romano 1 maggio 2014, prima pagina): “Milioni di bambini muoiono per mancanza di farmaci”. Si tratta della mancanza di medicinali pediatrici che sono insufficienti e del tutto carenti nel Paesi poveri del mondo. L’allarme che proviene dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) rileva che i bambini sotto i cinque anni muoiono per aids, tubercolosi, malaria, diarrea, polmonite, tutte malattie che potrebbero essere debellate con farmaci idonei calibrati secondo l’età, il peso e le condizioni dei bambini. Pensiamo alle madri. Quale carico di sofferenza. E come è diversa dalla sofferenza del parto da cui nasce e si sprigiona con prepotenza la vita. Celebrare la giornata della mamma in questo scenario, senza sentimentalismi e lamentele, dovrebbe tradursi in un appello corale globale alto e forte nella difesa della vita soprattutto quando è aggredita dal tarlo della malattia e della morte.]]>

mamma-libro-bimbo-legge-fiaba-al-figlioNon è stabilita una data valida per tutte le nazione del mondo per celebrare la festa della mamma. Nel nostro Paese e in molti altri come gli Stati Uniti e la Svizzera, si è convenuti per la data della seconda domenica di maggio. Ai cristiani devoti va bene: maggio è il mese dedicato alla Madonna, la madre di tutti e quindi ogni giorno va bene. L’origine americana della festa è segnata da una nota di tristezza e collegata con le madri che hanno perduto un figlio in guerra ed infatti era detta “giornata della madre per la pace”. Non molti sapranno che il primo paese in Italia a celebrare la festa della mamma è stato Tordibetto di Assisi nel 1957, su iniziativa del parroco don Otello Migliosi con una connotazione religiosa e con manifestazioni devozionali che si ripetono da allora ogni anno. Non si può mancare di dire che ovunque nel mondo con il passare del tempo, la festa ha progressivamente assunto un valore commerciale, del resto molto funzionale al sistema economico che attualmente predomina ovunque. Nello stesso tempo si deve dire che in ogni periodo storico, in forme e con rilevanza diversa, si è avuto una specie di culto per la madre a cominciare con la madre terra, la madre patria, la madre chiesa e così via. Basta un minimo di riflessione per convincersi che non c’è un amore più grande di quello della madre, perché non c’è essere umano che non sia stato concepito nel grembo materno e generato con dolore. Il legame affettivo ha radici carnali che sia pure sublimato ed esaltato razionalmente e poeticamente rimane come un dato non disponibile. Sta lì e rimane e quando un figlio perde la madre sente che qualcosa è venuto meno in lui. Oggi, per certi versi, con le moderne tecnologie di procreazione medicalizzata e tecnologizzata il discorso potrebbe diventare più complesso ed anche imbarazzante. Ma la natura biologica e razionale della persona non potrà fare a meno di ricercare sempre e comunque la madre come luogo ideale di sicurezza e rifugio. Al di là di tutto si deve porre al centro dell’attenzione a livello planetario la maternità ferita e addolorata per la perdita dei figli. Leggo (Osservatore romano 1 maggio 2014, prima pagina): “Milioni di bambini muoiono per mancanza di farmaci”. Si tratta della mancanza di medicinali pediatrici che sono insufficienti e del tutto carenti nel Paesi poveri del mondo. L’allarme che proviene dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) rileva che i bambini sotto i cinque anni muoiono per aids, tubercolosi, malaria, diarrea, polmonite, tutte malattie che potrebbero essere debellate con farmaci idonei calibrati secondo l’età, il peso e le condizioni dei bambini. Pensiamo alle madri. Quale carico di sofferenza. E come è diversa dalla sofferenza del parto da cui nasce e si sprigiona con prepotenza la vita. Celebrare la giornata della mamma in questo scenario, senza sentimentalismi e lamentele, dovrebbe tradursi in un appello corale globale alto e forte nella difesa della vita soprattutto quando è aggredita dal tarlo della malattia e della morte.]]>