Donald Trump Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/donald-trump/ Settimanale di informazione regionale Wed, 31 Jul 2024 13:33:06 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Donald Trump Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/donald-trump/ 32 32 Trump vittima e colpevole https://www.lavoce.it/trump-vittima-e-colpevole/ https://www.lavoce.it/trump-vittima-e-colpevole/#respond Fri, 19 Jul 2024 10:46:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77098

Scrivo queste righe mentre il mondo intero è sconcertato dall’attentato che poteva costare la vita a Donald Trump. Le conseguenze materiali sono state minime, ma è rimasto turbato lo scenario – già inquietante di suo - delle prossime elezioni presidenziali.

Naturalmente, chiunque abbia a cuore la democrazia e la civile convivenza non può che inorridire per quel gesto di folle violenza e congratularsi con la mancata vittima per lo scampato pericolo. Ma i sostenitori di Trump – e anche i suoi simpatizzanti al di qua dell’Atlantico, sulle rive del Tevere e su quelle del Po – se hanno un minimo di onestà intellettuale non possono addebitare agli avversari politici del partito dell’ex presidente la responsabilità morale dell’attentato. È stato il gesto isolato di uno squilibrato, nelle cui mani era capitata una delle innumerevoli armi da guerra che laggiù hanno libera circolazione come da noi i telefoni cellulari. Al pari di quelle stragi che ogni pochi mesi si ripetono qua e là nelle scuole o nei supermercati e che non hanno altra spiegazione che la follia dei loro autori congiunta alla diffusione incontrollata delle armi.

Quindi se si vogliono i responsabili morali li troviamo proprio nel partito di Trump che difende ostinatamente quel sistema legale e se ne fa vanto. Quanto alla violenza organizzata e applicata alla politica, se negli Usa ce ne è stato un esempio eclatante è stato quello dell’assalto alla sede del Congresso (il parlamento federale) a Washington, il 6 gennaio 2021. Quel giorno il Congresso doveva convalidare l’esito delle elezioni presidenziali con la elezione di Joe Biden.

Trump, candidato sconfitto ma ancora presidente in carica, sosteneva (senza nessuna prova) che il voto fosse stato truccato e pretendeva che il Congresso ribaltasse il risultato. Il palazzo fu assediato per ore e invaso da una folla di rivoltosi, guidata dagli incitamenti di Trump.

Un vero e proprio tentativo di colpo di Stato, che fallì solo perché il vicepresidente uscente, quale presidente di diritto del Senato, si rifiutò di obbedire alle intimazioni di Trump che pure era il suo capo, e firmò la convalida delle elezioni. I due episodi - quella giornata di rivolta del 2021 e l’attentato fallito di questi giorni – non possono essere messi in relazione né tanto meno l’uno può spiegare o giustificare l’altro. Se ne parla solo per dire chi è veramente Trump, e che le sue colpe non possono considerarsi lavate dal gesto criminale di chi gli ha sparato.

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Scrivo queste righe mentre il mondo intero è sconcertato dall’attentato che poteva costare la vita a Donald Trump. Le conseguenze materiali sono state minime, ma è rimasto turbato lo scenario – già inquietante di suo - delle prossime elezioni presidenziali.

Naturalmente, chiunque abbia a cuore la democrazia e la civile convivenza non può che inorridire per quel gesto di folle violenza e congratularsi con la mancata vittima per lo scampato pericolo. Ma i sostenitori di Trump – e anche i suoi simpatizzanti al di qua dell’Atlantico, sulle rive del Tevere e su quelle del Po – se hanno un minimo di onestà intellettuale non possono addebitare agli avversari politici del partito dell’ex presidente la responsabilità morale dell’attentato. È stato il gesto isolato di uno squilibrato, nelle cui mani era capitata una delle innumerevoli armi da guerra che laggiù hanno libera circolazione come da noi i telefoni cellulari. Al pari di quelle stragi che ogni pochi mesi si ripetono qua e là nelle scuole o nei supermercati e che non hanno altra spiegazione che la follia dei loro autori congiunta alla diffusione incontrollata delle armi.

Quindi se si vogliono i responsabili morali li troviamo proprio nel partito di Trump che difende ostinatamente quel sistema legale e se ne fa vanto. Quanto alla violenza organizzata e applicata alla politica, se negli Usa ce ne è stato un esempio eclatante è stato quello dell’assalto alla sede del Congresso (il parlamento federale) a Washington, il 6 gennaio 2021. Quel giorno il Congresso doveva convalidare l’esito delle elezioni presidenziali con la elezione di Joe Biden.

Trump, candidato sconfitto ma ancora presidente in carica, sosteneva (senza nessuna prova) che il voto fosse stato truccato e pretendeva che il Congresso ribaltasse il risultato. Il palazzo fu assediato per ore e invaso da una folla di rivoltosi, guidata dagli incitamenti di Trump.

Un vero e proprio tentativo di colpo di Stato, che fallì solo perché il vicepresidente uscente, quale presidente di diritto del Senato, si rifiutò di obbedire alle intimazioni di Trump che pure era il suo capo, e firmò la convalida delle elezioni. I due episodi - quella giornata di rivolta del 2021 e l’attentato fallito di questi giorni – non possono essere messi in relazione né tanto meno l’uno può spiegare o giustificare l’altro. Se ne parla solo per dire chi è veramente Trump, e che le sue colpe non possono considerarsi lavate dal gesto criminale di chi gli ha sparato.

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Se vince Trump … niente di buono per noi https://www.lavoce.it/se-vince-trump-niente-di-buono-per-noi/ https://www.lavoce.it/se-vince-trump-niente-di-buono-per-noi/#respond Mon, 01 Jul 2024 12:00:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77249

Non è ancora del tutto ufficiale, ma ormai è certo che le elezioni presidenziali negli Usa – a novembre – saranno una sfida fra l’ex presidente Donald Trump e la vicepresidente uscente Kamala Harris. Dei due si potrà pensare quello che si vuole, ma non si potrebbero immaginare due sfidanti più diversi fra loro, come personalità, stile, programmi, tutto. Nessun rischio che gli elettori si trovino in imbarazzo non sapendo come orientarsi.

Si capisce che a scegliere saranno gli americani, sulla base delle loro idee e dei loro interessi, e non tocca a noi dire che cosa sarebbe meglio per loro (non ne abbiamo il diritto e non ne sappiamo abbastanza). Però siamo in grado di dire che cosa sarebbe meglio per noi – noi europei, noi italiani perché poi gli effetti si sentiranno, e in profondità. Non sarà come stare a vedere se la finale europea la vincessero gli spagnoli o gli inglesi, che a noi non ce ne veniva nulla di bene né di male.

Se vince Trump, per noi europei (e quindi anche per noi italiani) sarà dura. Il legame politico fra l’America del nord e l’Europa occidentale si può datare all’intervento americano nella prima guerra mondiale e, subito dopo, all’attivismo un po’ idealista del presidente Woodrow Wilson per la nascita della Società delle Nazioni come strumento di salvaguardia della pace e di incontro costruttivo fra i popoli, in condizioni di parità.

Ma è stato con la seconda guerra mondiale che quel legame si è stretto, a partire dalla “Carta Atlantica” dell’agosto 1941, firmata da Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill. Era in funzione antitedesca e antigiapponese (diciamo pure anche anti-italiana) ma si poneva nella prospettiva di un nuovo ordine mondiale e fu così l’embrione (avendo associato anche l’URSS e la Cina) dell’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, per la protezione della pace e dei diritti umani individuali.

Trump ha fatto capire chiaramente che considera tutto questo un passato da cui gli americani si debbono liberare per fare “finalmente” i propri interessi nazionali. Veramente li hanno fatti sempre, anche in modi discutibili, ma certamente hanno sempre avuto una speciale considerazione per le liberal-democrazie dell’Europa occidentale. Le promesse di Trump, se venissero attuate, non sarebbero una buona notizia per il consolidarsi dell’unità europea e per gli equilibri mondiali.

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Non è ancora del tutto ufficiale, ma ormai è certo che le elezioni presidenziali negli Usa – a novembre – saranno una sfida fra l’ex presidente Donald Trump e la vicepresidente uscente Kamala Harris. Dei due si potrà pensare quello che si vuole, ma non si potrebbero immaginare due sfidanti più diversi fra loro, come personalità, stile, programmi, tutto. Nessun rischio che gli elettori si trovino in imbarazzo non sapendo come orientarsi.

Si capisce che a scegliere saranno gli americani, sulla base delle loro idee e dei loro interessi, e non tocca a noi dire che cosa sarebbe meglio per loro (non ne abbiamo il diritto e non ne sappiamo abbastanza). Però siamo in grado di dire che cosa sarebbe meglio per noi – noi europei, noi italiani perché poi gli effetti si sentiranno, e in profondità. Non sarà come stare a vedere se la finale europea la vincessero gli spagnoli o gli inglesi, che a noi non ce ne veniva nulla di bene né di male.

Se vince Trump, per noi europei (e quindi anche per noi italiani) sarà dura. Il legame politico fra l’America del nord e l’Europa occidentale si può datare all’intervento americano nella prima guerra mondiale e, subito dopo, all’attivismo un po’ idealista del presidente Woodrow Wilson per la nascita della Società delle Nazioni come strumento di salvaguardia della pace e di incontro costruttivo fra i popoli, in condizioni di parità.

Ma è stato con la seconda guerra mondiale che quel legame si è stretto, a partire dalla “Carta Atlantica” dell’agosto 1941, firmata da Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill. Era in funzione antitedesca e antigiapponese (diciamo pure anche anti-italiana) ma si poneva nella prospettiva di un nuovo ordine mondiale e fu così l’embrione (avendo associato anche l’URSS e la Cina) dell’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, per la protezione della pace e dei diritti umani individuali.

Trump ha fatto capire chiaramente che considera tutto questo un passato da cui gli americani si debbono liberare per fare “finalmente” i propri interessi nazionali. Veramente li hanno fatti sempre, anche in modi discutibili, ma certamente hanno sempre avuto una speciale considerazione per le liberal-democrazie dell’Europa occidentale. Le promesse di Trump, se venissero attuate, non sarebbero una buona notizia per il consolidarsi dell’unità europea e per gli equilibri mondiali.

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