Don Luigi Giussani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/don-luigi-giussani/ Settimanale di informazione regionale Thu, 27 Apr 2023 15:42:51 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Don Luigi Giussani Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/don-luigi-giussani/ 32 32 ‘Il senso religioso’: presentazione a Perugia e Terni della nuova edizione del libro di Luigi Giussani https://www.lavoce.it/il-senso-religioso-presentazione-a-perugia-e-terni-della-nuova-edizione-del-libro-di-luigi-giussani/ https://www.lavoce.it/il-senso-religioso-presentazione-a-perugia-e-terni-della-nuova-edizione-del-libro-di-luigi-giussani/#respond Thu, 27 Apr 2023 15:42:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71218 Il Senso religioso Luigi Giussani

Martedì 2 maggio alle ore 21 al Teatro Dal Verme a Milano, è in programma la presentazione della Scuola di comunità di Comunione e Liberazione sulla nuova edizione de Il senso religioso di Luigi Giussani, con la prefazione di Jorge Mario Bergoglio (pubblicato da BUR-Rizzoli).
L'evento, che potrà essere seguito in diretta con molte città in Italia e nel mondo (nella nostra regione, a Perugia, presso la chiesa di San Fortunato, e a Terni, al Museo Diocesano e Capitolare), vuole approfondire il rapporto tra senso religioso e vita, insieme all'impegno di Cl nell’educazione al senso religioso, con il contributo di due importanti relatori: Javier Prades (Rettore dell’Università Ecclesiastica San Dámaso di Madrid e professore ordinario di Teologia dogmatica) e Davide Prosperi (presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione). Modera la giornalista Irene Elisei.

Il libro

Il senso religioso è il primo volume del PerCorso, nel quale don Giussani riassume il suo itinerario di pensiero e di esperienza. Il libro identifica nel senso religioso l’essenza stessa della razionalità e la radice della coscienza umana. Secondo l’autore il senso religioso si colloca a livello dell’esperienza elementare di ciascun uomo, là dove l’io si pone domande sul significato della vita, della realtà, di tutto ciò che accade.
È la realtà, infatti, che mette in moto gli interrogativi ultimi sul significato esauriente dell’esistenza. Il contenuto del senso religioso coincide con queste domande e con qualunque risposta a queste stesse domande. Monsignor Giussani guida il lettore alla scoperta di quel senso originale di dipendenza che è l’evidenza più grande e suggestiva per l’uomo di tutti i tempi. Nell’ultimo capitolo del libro, Giussani introduce l’ipotesi della rivelazione, che cioè il Mistero ignoto prenda l’iniziativa e si faccia conoscere incontrando l’uomo. Il cristianesimo ha a che fare con il senso religioso proprio perché si propone come risposta imprevedibile, eppure pienamente ragionevole, al desiderio dell’uomo di vivere scoprendo e amando il proprio destino.

Nuova edizione de Il senso religioso con la prefazione dell'allora arcivescovo Bergoglio

La prefazione della nuova edizione de Il senso religioso è il testo dell’intervento dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio, in occasione della presentazione dell’edizione spagnola nel 1998 nella capitale argentina. Disse Bergoglio: "Il senso religioso non è un libro a uso esclusivo di coloro che fanno parte del movimento; neppure è solo per i cristiani o per i credenti. È un libro per tutti gli uomini che prendono sul serio la propria umanità. Oso dire che oggi la questione che dobbiamo maggiormente affrontare non è tanto il problema di Dio (l’esistenza di Dio, la conoscenza di Dio), ma il problema dell’uomo, la conoscenza dell’uomo e il trovare nell’uomo stesso l’impronta che Dio vi ha lasciato perché egli possa incontrarsi con Lui".

La Scuola di comunità

La Scuola di comunità è lo strumento educativo fondamentale di chi partecipa al movimento di CL. Consiste nella meditazione personale di un testo, cui seguono incontri comunitari. Il lavoro è concepito proprio come una scuola: ha per metodo il paragone tra la proposta cristiana e la vita, per verificare come la fede risponde alle esigenze dell’uomo in ogni aspetto della realtà. La partecipazione è libera e proposta negli ambienti di vita, di studio e di lavoro.  
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Il Senso religioso Luigi Giussani

Martedì 2 maggio alle ore 21 al Teatro Dal Verme a Milano, è in programma la presentazione della Scuola di comunità di Comunione e Liberazione sulla nuova edizione de Il senso religioso di Luigi Giussani, con la prefazione di Jorge Mario Bergoglio (pubblicato da BUR-Rizzoli).
L'evento, che potrà essere seguito in diretta con molte città in Italia e nel mondo (nella nostra regione, a Perugia, presso la chiesa di San Fortunato, e a Terni, al Museo Diocesano e Capitolare), vuole approfondire il rapporto tra senso religioso e vita, insieme all'impegno di Cl nell’educazione al senso religioso, con il contributo di due importanti relatori: Javier Prades (Rettore dell’Università Ecclesiastica San Dámaso di Madrid e professore ordinario di Teologia dogmatica) e Davide Prosperi (presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione). Modera la giornalista Irene Elisei.

Il libro

Il senso religioso è il primo volume del PerCorso, nel quale don Giussani riassume il suo itinerario di pensiero e di esperienza. Il libro identifica nel senso religioso l’essenza stessa della razionalità e la radice della coscienza umana. Secondo l’autore il senso religioso si colloca a livello dell’esperienza elementare di ciascun uomo, là dove l’io si pone domande sul significato della vita, della realtà, di tutto ciò che accade.
È la realtà, infatti, che mette in moto gli interrogativi ultimi sul significato esauriente dell’esistenza. Il contenuto del senso religioso coincide con queste domande e con qualunque risposta a queste stesse domande. Monsignor Giussani guida il lettore alla scoperta di quel senso originale di dipendenza che è l’evidenza più grande e suggestiva per l’uomo di tutti i tempi. Nell’ultimo capitolo del libro, Giussani introduce l’ipotesi della rivelazione, che cioè il Mistero ignoto prenda l’iniziativa e si faccia conoscere incontrando l’uomo. Il cristianesimo ha a che fare con il senso religioso proprio perché si propone come risposta imprevedibile, eppure pienamente ragionevole, al desiderio dell’uomo di vivere scoprendo e amando il proprio destino.

Nuova edizione de Il senso religioso con la prefazione dell'allora arcivescovo Bergoglio

La prefazione della nuova edizione de Il senso religioso è il testo dell’intervento dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio, in occasione della presentazione dell’edizione spagnola nel 1998 nella capitale argentina. Disse Bergoglio: "Il senso religioso non è un libro a uso esclusivo di coloro che fanno parte del movimento; neppure è solo per i cristiani o per i credenti. È un libro per tutti gli uomini che prendono sul serio la propria umanità. Oso dire che oggi la questione che dobbiamo maggiormente affrontare non è tanto il problema di Dio (l’esistenza di Dio, la conoscenza di Dio), ma il problema dell’uomo, la conoscenza dell’uomo e il trovare nell’uomo stesso l’impronta che Dio vi ha lasciato perché egli possa incontrarsi con Lui".

La Scuola di comunità

La Scuola di comunità è lo strumento educativo fondamentale di chi partecipa al movimento di CL. Consiste nella meditazione personale di un testo, cui seguono incontri comunitari. Il lavoro è concepito proprio come una scuola: ha per metodo il paragone tra la proposta cristiana e la vita, per verificare come la fede risponde alle esigenze dell’uomo in ogni aspetto della realtà. La partecipazione è libera e proposta negli ambienti di vita, di studio e di lavoro.  
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“La bellezza disarmata” il primo libro italiano di Juliàn Carròn https://www.lavoce.it/la-bellezza-disarmata-il-primo-libro-italiano-di-julian-carron/ Mon, 12 Oct 2015 14:21:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43825 La bellezza disarmata_copertina“Ma noi cristiani crediamo ancora nella capacità della fede che abbiamo ricevuto di esercitare un’attrattiva su coloro che incontriamo e nel fascino vincente della sua bellezza disarmata?”. Così don Julián Carrón concludeva un suo intervento su un quotidiano italiano dopo la strage di Charlie Hebdo. E proprio “La bellezza disarmata” del cristianesimo dà il titolo a questa raccolta di riflessioni che non solo hanno segnato la storia del movimento di CL in questi dieci anni dalla scomparsa del fondatore, il Servo di Dio don Luigi Giussani, ma sono entrati con umiltà e coraggio nel dialogo pubblico e nelle ferite profonde del nostro tempo.

Il terrorismo, le persecuzioni dei cristiani, la crisi economica, l’Europa e la politica, l’emergenza educativa, il dramma delle migrazioni, perfino le debolezze e gli errori commessi da persone di CL: Julián Carrón non si sottrae alla domanda profonda che queste sfide pongono all’esperienza della fede e al carisma di don Giussani. Al contrario, affonda lo sguardo alla radice di esse, in quel “crollo delle evidenze” in cui Papa Benedetto XVI ha magistralmente sintetizzato la crisi antropologica dell’Occidente odierno e che corrode anche il cristianesimo, se si lascia ridurre a ideologia invece che riproporsi come esperienza, come avvenimento sperimentabile e corrispondente al cuore dell’uomo. Nel crollo delle evidenze, dice Carrón lungo la riflessione condotta in questi dieci anni con e per gli amici di Comunione e Liberazione ma anche “per tutti i nostri fratelli uomini”, l’urto provocatorio della realtà continua a essere la via maestra e misteriosamente provvidente che ridesta nell’io la vertiginosa domanda di verità e di significato, anche per chi crede. “L’unica condizione per essere sempre e veramente religiosi è vivere sempre e intensamente il reale, senza rinnegare e dimenticare nulla” scriveva don Giussani nel suo libro più famoso, Il senso religioso, e il suo successore scommette totalmente su questo magistero della realtà che sottopone anche la fede alla verifica dell’esperienza. Solo se l’avvenimento cristiano si dimostra capace di risvegliare l’io, di farlo rinascere in tutte le sue dimensioni – ragione, affezione, libertà – e di mantenerlo nella posizione adeguata per affrontare l’intera esistenza, con le sue prove e la sua problematicità, può risultare credibile e suscitare l’interesse dell’uomo contemporaneo.

Per questo Carrón mette l’accento sulla fede come testimonianza di un io afferrato dall’amore di Cristo: come ricorda Papa Francesco, «solo così si può proporre nella sua forza, nella sua bellezza, nella sua semplicità, l’annuncio liberante dell’amore di Dio e della salvezza che Cristo ci offre». “La bellezza disarmata” propone gli elementi essenziali della riflessione di don Julián Carrón a partire dal 2005, anno della sua elezione a presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, dopo che don Giussani stesso, l’anno prima, lo aveva chiamato dalla Spagna a condividere con lui la responsabilità di guida del movimento. Gli scritti, nati in occasioni diverse, sono stati ampiamente rielaborati e ordinati dall’autore per offrire il contributo di una esperienza di vita a chiunque sia alla ricerca di ragioni adeguate per vivere e costruire spazi di libertà e di convivenza in una società pluralistica. Come scrive l’Autore: “Non c’è altro accesso alla verità se non attraverso la libertà. La storia è lo spazio del dialogo nella libertà: che non vuol dire spazio vuoto, deserto di proposte di vita. Perché del nulla non si vive. Nessuno può stare in piedi, avere un rapporto costruttivo con la realtà, senza qualcosa per cui valga la pena vivere”.

Il volume è in distribuzione nelle librerie al prezzo di copertina di 18 euro a partire dal 17 settembre. È disponibile anche in formato eBook al prezzo di 9,99 euro.

 

 

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Fraternità e dialogo: a confronto religioni, filosofia e economia https://www.lavoce.it/fraternita-e-dialogo-a-confronto-religioni-filosfia-e-economia/ Sat, 09 May 2015 00:20:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32965 DSC_51701532325959
foto A.Coli

Quasi 500 persone hanno partecipato in questi giorni al Laboratorio di studio promosso a Perugia dal 7 al 9 maggio, in preparazione al convegno ecclesiale di Firenze 2015.

(Guarda le foto dell’evento)

 

Al centro congressi della Figc sede dei lavori, giovedì pomeriggio il cardinale Gualtiero Bassetti ha aperto i lavori con una riflessione sul valore dell’accoglienza declinato sulle tematiche perno del laboratorio, ovvero solidarietà, fraternità, identità, estraneità e relazioni, con il fine di portare un contributo ad un’umanesimo definito nuovo perché propositivo.

“Dobbiamo evitare di abbrutirci, puntando sempre alla ricerca dell’Assoluto”, è stata la frase più incisiva e ritwittata dai tanti follower del laboratorio. A moderare il dibattito don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo, che ha spiegato con queste parole l’impostazione del laboratorio: “Ci sentiamo interrogati sulla figura di Gesù e il nuovo umanesimo, intendendo il termine ‘nuovo’ come propositivo nei tempi in cui viviamo: cerchiamo di passare la visione di un umanesimo capace di dire qualcosa di buono per l’uomo di oggi, capendone le declinazioni che può assumere, dal punto di vista laico-filosofico e interreligioso, approfondendo i punti di contatto tra le tre religioni monoteistiche – cristianesimo, ebraismo e islamismo – e tra queste e le principali religioni orientali (buddismo e induismo)”.

Tutti i lavori del convegno sono stati trasmessi in streaming e i video sono disponibili on line (clicca qui per i video).
PRIMA GIORNATA

La prima giornata ha avuto un taglio di carattere filosofico e antropologico, con l’obiettivo di spiegare il significato della scelta del termine “nuovo umanesimo” (dove per nuovo s’intende capace di essere propositivo, in una dinamica di dialogo tra diversità volto ad arricchire gli interlocutori) e le sue declinazioni nel campo della ricerca filosofica (la relazione di Angelo Capecci, docente di Filosofia e prospettive di nuovo umanesimo all’ateneo di Perugia, si è incentrata sull’approfondimento del postulato “l’uomo è ciò che sceglie”, celebre nella trattazione filosofica) e dell’analisi dei fatti relativi alla storia contemporanea, grazie agli interventi degli storici Luciano Tosi, Marco Impagliazzo e Roberto Morozzo della Rocca.

L’evoluzione e l’andamento della religiosità in Europa. Marco Impagliazzo, docente di storia a Perugia e presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha offerto una relazione ricca di dati, utili a farsi un quadro dell’andamento socio-religioso in Europa, con particolare riguardo tra differenze e analogie che si stanno verificando in Italia e nella regione balcanica: “Nell’Europa contemporanea il 10% della popolazione è composta da immigrati o da persone di origine non europea – ha detto Impagliazzo -. Questo melting pot genera una pluralità di credenze religiose che obbligano ad un dialogo interreligioso sempre più fervente e importante, che non sia materia riservata a specialisti, ma da collocare in un cammino più vasto della Chiesa italiana. Il dialogo tra le religioni deve essere un fatto di popolo, che riguardi le Chiese locali, le parrocchie e i movimenti. Sostenere la fede delle popolazioni immigrate è necessario a rafforzare i legami comunitari, e salva dal rischio di una religione senza popolo. Papa Francesco nell’ultimo Concistoro ha parlato ai nuovi cardinali di pastorale dell’integrazione, stando attenti a non respingere nessuno. Nella Evangelii Gaudium c’è un passaggio che riecheggia lo spirito di Assisi trent’anni dopo: si parla infatti di mistica del vivere insieme, appoggiandoci a vicenda in una marea un po’ caotica che può trasformarsi in un santo pellegrinaggio”.

Tante analogie tra la religiosità italiana e quella balcanica. Il dialogo sull’Europa è proseguito analizzando il contesto dell’Europa balcanica e dei Paesi ex-comunisti con Roberto Morozzo della Rocca, docente di Storia dell’Europa contemporanea e Storia dell’Europa orientale all’ateneo di Roma Tre. Morozzo ha snocciolato i dati sull’andamento della religiosità popolare nei Paesi dell’Europa orientale, caratterizzati fino al 1989 dall’egemonia comunista, i quali solleticano il ragionamento sulla situazione attuale italiana. “In Polonia stanno rinascendo movimenti laicisti organizzati da polacchi che avevano vissuto il periodo comunista immigrando nei Paesi dell’Europa occidentale – ha spiegato Morozzo -, così come in Romania e nei Paesi balcanici in generale è pressoché assente l’ateismo dichiarato ma la religiosità è sempre più fragile, anche per la crescita del benessere economico grazie ai fondi europei. In Russia viene mantenuta in molte case la tradizione del cosiddetto “angolo delle icone” come luogo di preghiera, ma la pratica cristiana è poi quasi assente. Anche in Italia viviamo un periodo simile, con la religiosità che va disgregandosi anche tra coloro che si definiscono cristiani”.

Homo economicus e nuovo umanesimo. L’ultima tavola rotonda ha avuto come tema “Società civile, fraternità e dialogo interreligioso: prospettive di nuovo umanesimo”. Carlo Vinti dell’Università di Perugia e i docenti Francesco Fischetti, Mauro Letterio e Fulvio Longato hanno ragionato sulla necessità del dialogo tra culture e religioni differenti e spesso, per vari fattori, antagoniste. Più volte è stato citato il pensiero di Amartya Sen, il filosofo indiana premio Nobel per l’economia nel 1998, ma in particolare ha suscitato l’interesse del popolo virtuale (che ha seguito i lavori del convegno trasmesso in streaming sul sito www.firenze2015.it o twittando @Firenze_2015) la frase di Jacques Maritain “senza le religioni saremmo infinitamente più poveri e malvagi”. Su tale riflessione Fistetti ha analizzato il criterio di necessità della religione come elemento equilibrante della vita umana e – conseguentemente nonostante tutto – delle relazioni tra uomini. “Nell’homo economicus la libertà è intesa come non avere debiti con nessuno, introducendo il criterio razionale della giustizia di mercato, che diventa anche giustizia politica”.

Diritto internazionale e Magistero universale. Mauro Letterio ha cominciato la sua relazione citando Papa Francesco, il quale nel corso del suo ancora breve ma denso magistero ha parlato più volte “dell’uomo come essere relazionale”. Tale frase è in continuità con l’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e proseguendo in un’analisi storica del Diritto internazionale ha strutturato un parallelismo tra il crescendo del diritto e l’evoluzione del magistero ecclesiale. Infine Fulvio Longato ha esordito dicendo che “l’unità strutturale è basata su dignità, libertà, uguaglianza e fraternità, e l’implementazione dei diritti è strettamente legata alla crescita dei doveri”.

Nel video il direttore dell’Ufficio nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Cei, don Cristiano Bettega, fa il punto sulla prima giornata di lavori

 

 SECONDA GIORNATA – mattino

In apertura di giornata è stata la tavola rotonda “Dialogo: nel nome dell’Unico, per un’antropologia di pace” (introdotta dal vescovo di Città di Castello Mons. Domenico Cancian e le relazioni – introdotte da Brunetto Salvarani – del docente di teologia trinitaria Piero Coda e l’islamista Adnane Mokrani.

Il vescovo di Città di Castello Domenico Cancian

I parallelismi del dialogo interreligioso tra Cristianesimo e Islam.  “Il monoteismo può essere garante di alterità, come principio universale e sotto il profilo etico”, ha detto mons. Piero Coda, docente di Teologia trinitaria alla Ius Sophia, che ha proseguito la relazione sttolineando che “l’unicità di Dio è rappresentata dall’unità nella verità, ed è fondamentale non rimanere sul pianio teorico ma scendere nella prassi, nella cultura e nella pastorale ecclesiale.  Coda ha offerto una rilettura del “monoteismo trinitario cristiano” che “è attraversato al suo interno dal principio di alterità” e da una fraternità radicata nella Parola di Dio, che nella creazione dice “è bene che l’altro sia”.

Il teologo ha sottolineato l’esigenza di una “scuola di dialogo” in cui “imparare ad essere amici senza nascondere la propria identità, per discernere cosa è conforme alla fede nell’unico Dio e cosa è proiezione del nostro egoismo”. Questo, ha aggiunto, può essere il contributo dei credenti ad una società civile, politica, culturale “completamente sorda” su questo fronte, ancora incapace di prendere atto “della risorsa che di per sé le religioni possono costituire per la stessa società e i suoi assetti istituzionali”.

“La religione dovrebbe santificare l’uomo, ma l’uomo può santificare o falsificare la religione”. Con questa frase l’islamista Adnane Mokrani, tunisimo da oltre vent’anni in Italia, docente universitario e rappresentante del Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica, ha aperto la sua relazione nella quale ha proposto una interpretazione spirituale di alcuni passi del Corano per mostrare la contraffazione che del Libro sacro viene fatta da una lettura fondamentalista e violenta, una lettura che ne altera l’ispirazione profonda. Commentando  alcuni testi  del Corano, il relatore ha fatto notare che “i falsi nomi, le bugie sono all’origine della violenza, che è tale solo per le vittime: gli altri la chiamano con altri nomi, storia, civiltà… Nessuno ha il coraggio di dire i veri nomi, che sono violenza, sfruttamento”. E così, “la violenza verbale si trasforma in violenza teologica: è una rete satanica che non manca in certi ambienti religiosi”.

Ha fatto seguito il dibattito coordinato da Marco Bontempi sul tema del “Tavolo ebraico-cristiano-islamico”, con domande provenienti dal pubblico e dai follower che hanno seguito la diretta streaming sul sito www.firenze2015.it e sull’account Twitter @Firenze_2015.

 SECONDA GIORNATA – pomeriggo

“Epifania dell’altro e disvelamento del sé”. Padre Giulio Michelini (membro della Giunta coordinatrice di Firenze 2015),  ha aperto il pomeriggio presentando il tema ed i relatori, i docenti della Pontificia Università di Rio de Janeiro Maria Clara Bingemer e Paulo Fernando de Andrade, e la partecipazione di Roberto Repole, presidente dell’Associazione Teologica Italiana.

Da citare la frase di Maria Clara Bingemer  “la giustizia è tale solo se interpellata da etica”, estrapolata dal pensiero del filosofo francese Emmanuel Lévinas. “Si tratta di un’etica – quella mistica – che non può essere marginalizzata e che deve caratterizzare la politica, affinché quest’ultima non si riduca, nella nostra era della globalizzazione, ad essere solo una mera attuazione delle richieste del mercato”.

Paulo Fernando de Andrade ha trattato il tema della “Chiesa dei poveri” che Papa Francesco ha fatto suo sin dalla scelta del nome, e parlando ai giornalisti, tre giorni dopo la sua elezione disse “come vorrei una Chiesa povera per i poveri”. Andrade, specializzato in teologia della liberazione e questioni etiche, ha ripercorso la storia del gruppo ““Gesù, la Chiesa e i poveri” che portò il tema nel Concilio Vaticano II, contando tra i suoi membri personaggi come Paul Gauthier, Helder Camara, e tra gli italiani Dossetti chiamato dal Cardinale Lercaro che seguì da vicino il lavoro del gruppo e portò nelle discussioni conciliari l’attenzione al tema.

Infine Roberto Repole ha offerta una riflessione teologica sul dialogo interreligioso: “Riflettere sulla fraternità è certamente offrire un contributo al nuovo umanesimo in Cristo. La Chiesa deve essere contrassegnata dalla fraternità, intesa in senso di apertura all’altro: un concetto di fraternità cristiana che non è filantropia, ma ospitalità affinché ciascuno trovi la sua identità, con la capacità di ospitare gli altri nella sua sconvolgente novità è la strada verso una chiesa in uscita, come intende Papa Francesco”.

Citando il teologo Ratzinger che nel 1961 scriveva che “la fraternità dei cristiani è fondata nella incorporazione in Cristo” ha sottolineato la forza dell’eucarestia il cui “fine non è solo la transustanziazione” del pane e del vino poichè “noi nello Spirito veniamo ospitati in Cristo divenendo così ospiti gli uni degli altri”. E se la fraternità si fonda sulla comune paternità di Dio “non tollera nessun gerarchismo”, scriveva Ratzinger, aggiungendo che questa “non è solo questione ecclesiologica ma teologica perchè è manifestazione del volto di Dio”. Per i cristiani la fraternità non è chiusa ma universale poiché “in Cristo non è stato creato solo il cristiano ma ogni essere umano”.

Dialogare tra popoli diversi presuppone un’etica economica. In conclusione di giornata il dibattito ha affrontato il tema “Etica ed economia: la ferita dell’altro” con Simone Poledrini (Università di Perugia), Emmanuel Gabellieri (Università Cattolica di Lione), Alain Caillè (Università Paris X) e Luigino Bruni (Università Lumsa), quest’ultimo autore di molti studi sulla relazione tra economia, civiltà e religione.

Gabellieri e Caillè hanno commentato alcuni testi di Bruni anticipando e preparando l’intervento di Bruni, molto atteso per lo spessore degli studi – anche recenti – che lo stesso economista ha svolto.

“Viviamo la cultura dell’invulnerabilità dovuta a sua volta alla cultura dell’immunità, nel senso che ci si lascia toccare dall’altro, dal diverso, dal povero. Per riflettere sulla cultura nella quale viviamo è opportuno riflettere sul significato dell’abbraccio di Francesco d’Assisi al lebbroso. Il dono è una faccenda molto seria che la nostra società ha ridotto a segni spesso ridotti e banali, quasi dei vaccini per immunizzarci dalla vera logica del dono. Domandiamoci se c’è compatibilità tra economia e logica del dono: la risposta è negativa, soprattutto negli ultimi anni. Infatti non possiamo paragonare il capitalismo italiano degli anni Ottanta con quello odierno.

Ragioniamo sul finanziamento del no-profit, che oggi è finanziato per un 50% dalle multinazionali del gioco dell’azzardo. Il dono è il cuore dell’economia occidentale, e per capirlo dobbiamo riprendere la Bibbia, per la precisione il libro di Giobbe, dove si ragiona sulla logica retributiva. Proseguendo nell’analisi storica, possiamo fare un salto in avanti arrivando al periodo della Riforma, dove la logica del dono fu uno dei motivi di scissione. Arrivando al mondo contemporaneo, la dimostrazione che la logica del dono attualmente non esiste è l’analisi dei temi neomanageriali, basati sulla grande spinta motivazionale del giovane, sottoposto a trattamenti economici talvolta imbarazzanti, e la logica dell’incentivo, dove l’impiegato nonostante sia assunto con regolare contratto necessita di un incentivo per dare il meglio di sé.

Questo denota che il lavoratore è inteso come un asino o un mulo utile a fare lavori di fatica. Oppure, nel caso degli insegnanti, l’incentivo economico sottintende pensarli come fannulloni che altrimenti non svolgerebbero appieno il proprio lavoro. Quindi, un mondo che non accoglie l’invulnerabilità è semplicemente un mondo invivibile”.

 TERZA GIORNATA

Sabato mattina si è tenuta l’ultima sessione dedicata a “Dialogo: l’uomo, tra Oriente e Occidente”, moderata da Simone Morandini, dell’Istituto di Studi Ecumenici “San Bernardino” di Venezia, che ha introdotto gli intereventi di Massimo Raveri, dell’Università Ca’ Foscati di Venezia, Svamini Hamsananda Giri, dell’Unione Induista Italiana e di Osvaldo Santi, dell’Unione Buddista Italiana. Un confronto franco attraversato dalla domanda su come è visto l’uomo nelle tradizioni religiose orientali.

“Nella loro radicale alterità, le religioni orientali sfidano la crisi dell’Occidente”, ha esordito Raveri, che si è soffermato sul buddismo giapponese, per il quale “il mio io non ha alcuna consistenza ontologica”. Sta qui la “radicale differenza con il cristianesimo: alla fine dello svuotamento interiore, che per il cristianesimo è la kenosi, c’è la relazione con Dio, mentre nel buddismo c’è l’illuminazione del vuoto”. “È un errore considerare l’induismo politeista”. A spiegarlo, è stata Hamsananda Giri, monaca induista, che ha ricordato come l’induismo sia “una religione poliedrica, una filosofia di vita per cui nessuna verità è esclusa, ma viene accettata come tale”. Per l’induismo, cioè, “la verità è una, ma i saggi la chiamano, la invocano in molteplici nomi”. “Le religioni – ha concluso – devono essere sorelle: non si fanno concorrenza, devono sedersi intorno a un tavolo per ascoltare e arricchirsi delle reciproche differenze”. Osvaldo Santi ha sottolineato la dimensione dell’ascolto e della ricerca. “Dialogare vuol dire crescere di più nella propria spiritualità. Quando facciamo un percorso insieme, le differenze sono notevoli, ma ascoltare quanto mi viene detto mi fa crescere nella mia fede religiosa e comprenderla ancora di più”.

La sessione si è conclusa con l’esperienza di dialogo con l’Oriente vissuta accanto a don Luigi Giussani da Ambrogio Pisoni, delegato dell’Arcidiocesi di Milano per il dialogo con le religioni orientali.

LE CONCLUSIONI

Partecipare per esprimere le nostre idee per il futuro della nostra comunità, della Chiesa e della società. Questo è chiesto ai delegati nazionali al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze che sarà, lo ha anticipato Adriano Fabris concludendo a Perugia il primo dei tre Laboratori di studio in preparazione a Firenze.

Il Convegno di Firenze, ha detto Fabris, “non sarà un convegno in cui c’è solo l’ascolto ma un laboratorio di pensiero” in cui i delegati lavoreranno in piccoli gruppi e la partecipazione sarà “aperta” anche a chi non potrà essere presente grazie all’interattività sperimentata in queste giornate di Perugia trasmesse in streaming e commentate in diretta su Twitter e su Facebook.

Firenze, ha aggiunto, vuole esprimere  “idee per il futuro” percorrendo le “due vie” sperimentate a Perugia, quella del dialogo con le scienze umane quali l’economia, la sociologia, la filosofia, e quella del dialogo con le religioni.

Tutti i relatori del Laboratorioperugino sono stati invitati a confrontarsi con la parola fraternità, la cenerentola delle tre parole-manifesto della Rivoluzione francese, messa tra parentesi, dimenticata nell’Ottocento e nel Novecento. Nelle giornate di Perugia, ha detto Fabris, docente di Teologia morale all’Università di Pisa, “le scienze umane ci hanno detto che la fraternità è fondamentale per uscire dalla crisi perché la fraternità è un’esigenza dell’uomo in quanto essere umano e non in quanto essere umano religioso, e ce lo hanno detto, per esempio, con la categoria del dono”.

Nel dialogo, ha aggiunto Fabris, qui a Perugia “sia gli esponenti delle religioni monoteiste, sia quelli delle religioni orientali ci hanno testimoniato che le religioni pur nelle difficoltà di un incontro tra molte tradizioni diverse e differenze linguaggi, hanno in loro stesse una tensione verso l’elemento della fraternità”. Rimettere al centro questa parola ha portato i relatori a dire cosa è l’uomo, e è emerso chiaramente che l’essere umano non è quell’individuo isolato che si mette in relazione con gli altri se e come vuole, come lo pensa gran parte della cultura contemporanea, ma è “un essere in relazione” che cresce, si forma, si esprime in relazione con gli altri, con l’ambiente, con l’Altro. “Siamo fratelli non lo ha detto Robespierre”, ha detto Fabris a sottolineare la necessità di “riappropriarsi delle parole proprie del cattolicesimo, che gli sono state scippate o che rischiano di essere distorte da altri ambienti e altri settori”.

“Noi cristiani abbiamo il dovere di riproporre la fraternità, in un contesto sociale improntato a ben altri valori”. Lo ha detto il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, portando il saluto conclusivo ai convegnisti. “Mi ha fatto piacere – ha aggiunto – che in queste tre giornate il tema del dialogo abbia avuto il suo giusto spazio, sia come riflessione teorica, ma anche come incontro reale tra persone di diverse convinzioni, ma con la certezza che al centro deve essere sempre messo, e oggi in particolare deve tornare ad essere, l’uomo”. Il Cardinale ha detto poi di aver trovato “molto interessanti” le due proposte fatte da mons. Piero Coda della “istituzione di un gruppo di lavoro sui tre monoteismi” che possa essere “spazio di incontro reale e di apertura a un nuovo umanesimo del dialogo” e poi “l’attivazione di un’assemblea interreligiosa, per mettere al centro l’uomo e il suo desiderio di assoluto”.

Don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei Ecumenismo e dialogo, ha invitato a chiudere i lavori con “un momento di dialogo particolare: un minuto di silenzio in cui essere uniti “nella preghiera anche se non con le stesse parole”.

 

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La fecondità di un incontro. Le origini della presenza di Comunione e Liberazione in Umbria https://www.lavoce.it/la-fecondita-di-un-incontro-le-origini-della-presenza-di-comunione-e-liberazione-in-umbria/ https://www.lavoce.it/la-fecondita-di-un-incontro-le-origini-della-presenza-di-comunione-e-liberazione-in-umbria/#comments Fri, 13 Mar 2015 12:35:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30904 Incontro di Cl con gli studenti iraniani (Perugia, 1981)
Incontro di Cl con gli studenti iraniani (Perugia, 1981)

Nell’udienza di sabato 7 marzo, concessa a Comunione e Liberazione in occasione dei sessant’anni dell’inizio del movimento e del decennale della morte di don Luigi Giussani, Papa Francesco ha descritto il cristianesimo con la parola ‘incontro’, tanto cara a Giussani. Dall’incontro di don Giussani con Cristo è nata una storia che da tempo ha raggiunto anche l’Umbria: vorremmo ricordarne qui i primissimi passi.

La prima comunità umbra di CL nasce a Perugia nel 1967/1968, da alcuni studenti che si iscrivono all’università, provenienti da Sansepolcro (Egisto Mercati) e da Fermo (Giancarlo Petrini, ora vescovo di Camaçari in Brasile, e Vando Valentini, ordinato sacerdote nel 1983 e ora in Brasile). Da Sansepolcro, li visitava settimanalmente don Valerio Valeri. Gli universitari condividono vita e casa: un appartamento di ragazze (tra cui Cristina Tarducci, di Sansepolcro) e, tra i ragazzi, un gruppetto tutto di Sansepolcro. I primi ‘adulti’ sono gli sposi Francesco Cerami e Maria Alvisi, Carlo Alberto Paolucci e Lucia Maggiorana. Due luoghi acquistano per tutti particolare significato: la casa della famiglia Cernetti e, dal 1973, quella della famiglia Secchi, giunta a Perugia da Reggio Emilia (Riccardo, il figlio maggiore, che già conosceva Gioventù Studentesca, si iscrive all’Accademia di Belle Arti). L’arcivescovo Ferdinando Lambruschini concede la prima sede, in via Ritorta. Talora, in assenza di un sacerdote stabile, celebrava la Messa padre Ilarino da Milano, professore di Storia del Cristianesimo al Magistero. Periodicamente arrivava da Catania, per completare la laurea in filosofia, don Francesco Ventorino: la sua amicizia coinvolse i coniugi Alfonsina e Corrado Secchi. Gli anni ’70 furono densi di eventi, vissuti nel clima ideologico che dominava la società e l’università italiana. gli universitari di Perugia (CLU: Comunione e Liberazione Universitari) parteciparono al primo grande convegno pubblico organizzato da CL, al Palalido Milano (“Nelle università italiane per la liberazione”, 1973). Resta poi nella memoria il 1974, con l’impegno per il Sì al referendum sul divorzio, le intimidazioni per le prime elezioni studentesche e, all’indomani della strage di Piazza della Loggia, il primo striscione in Piazza IV novembre: ‘Solo in Cristo è la liberazione’.

Nello stesso anno, la nascita del Centro Culturale Il Sicomoro e della Redazione culturale, e le prime vacanze estive, al Gargano. Nel 1975 inizia in città l’esperienza di GS, quando Cristina Tarducci cominciò a insegnare religione nelle scuole medie. Attorno a Cristina si forma anche la prima casa delle Memores Domini, situata all’interno del vescovado. Nel 1976 arrivò stabilmente da Sansepolcro don Valerio Valeri, che andò a insegnare religione al liceo scientifico. Per l’amicizia con don Carlo Alberti, direttore dell’Archivio diocesano (che stimava il movimento, allora comunemente ritenuto integralista e politicizzato), venne a don Valerio la canonica di Santa Elisabetta: nominato parroco, vi si trasferì insieme a Pierangelo Crippa (originario di Lissone ma poi trasferitosi per lavoro vicino a Gubbio) con cui aveva condiviso una prima casa in via Sdrucciola. Una volta ristrutturata assieme alla piccola chiesa annessa, Santa Elisabetta ospitò anche la nuova sede della comunità e, dopo pochi anni, la prima casa maschile dei Memores Domini. Il respiro di universalità caratteristico della proposta di don Giussani apriva intanto nuovi orizzonti. Nel 1977 i perugini parteciparono alla seconda edizione del pellegrinaggio a piedi alla Madonna Nera di Cz?stochowa, nato dal rapporto che legava don Giussani e don Francesco Ricci con la chiesa polacca; in quell’occasione, incontrarono l’allora arcivescovo di Cracovia, cardinale Karol Woiti?a. Acquistarono via via spessore nomi e vicende prima ignoti o lontanissimi: i dissidenti russi che, come Sinjavskij, pagavano di persona la difesa della fede e della dignità dell’uomo; gli scrittori dell’editoria clandestina del samizdat; Vaclav Havel e i cecoslovacchi firmatari di “Charta 77”. Grazie al polmone di “Russia cristiana”, si respirava la bellezza della teologia orientale, lo splendore delle icone. L’esperienza cristiana divenne amicizia con le realtà più diverse: nel 1981 la comunità sostenne gli studenti iraniani dell’Università per Stranieri, in sciopero della fame perché fosse loro riconosciuto il valore del titolo di studio. Dai primi anni Ottanta, il CLU di Perugia si accrebbe a più riprese di ragazzi che avevavo già conosciuto GS alle superiori, a Perugia o altrove: tra loro, Giuseppe Capaccioni, Mariella Carlotti, Francesca Secchi, Sergio Fratarcangeli, Maurizio Brizioli, Riccardo Cascioli, Giovanni Mosciatti, Angelo Frascarelli, Assuntina Morresi, Fabio Ferrucci, Tiziana Ciampetti, Alessandra e Emanuela Massi. E altri via via se ne aggiunsero, incontrando il movimento in Università tramite loro. Particolarmente numeroso e vivace, il gruppo di studenti proveniente da Guglionesi (CB). Per seguire più da vicino il cammino del CLU, Giussani inviò a Perugia Enzo Piccinini, giovane chirurgo di Bologna, che lì già da tempo seguiva gli universitari. La passione e la paternità di Enzo (grande educatore del CLU, sino alla morte improvvisa nel 1999) portarono frutto: fu la stagione dei Cattolici Popolari, che animarono la vita e la politica universitaria; della cooperativa libraria CUSL gestita dagli studenti stessi; di tante iniziative del Centro Culturale Il Sicomoro. Si consolidarono nuove vocazioni alla verginità, con l’ingresso nei Memores Domini di Mariella Carlotti e Francesca Secchi (1985) e di Maurizio Brizioli (1986); Giovanni Mosciatti nel 1986 divenne sacerdote. Anno cruciale il 1984, quando nell’udienza per il Trentennale di CL Giovanni Paolo II lasciò questa consegna: Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace che si incontrano in Cristo redentore! Alla fine del 1985, don Valeri partì per il Kenya, e Giussani inviò a Perugia un nuovo sacerdote, don Agostino Graziani, che insegnando nei licei farà conoscere GS a tanti suoi alunni, accompagnerà il CLU e i giovani che si inoltravano nel mondo del lavoro, benedirà nel tempo tanti matrimoni. Della vita della comunità perugina dagli anni ’90 in poi, ci piace qui ricordare almeno un aspetto, presente sin dalle origini e mai venuto meno: la disponibilità alla missione (partenze recenti e recentissime per la Lituania, il Kenya, il Kazakhstan).

Poco dopo Perugia, il movimento nasce a Terni-Orvieto, tra il 1969 e il 1971. Segue Todi, i cui primi passi datano al 1975, quando arriva da Milano a Perugia Almerina Bonvecchi che, nei fine-settimana, su invito di un sacerdote che aveva scritto a Giussani, anima degli incontri con i giovani a Collevalenza. Nel 1976/77 il vescovo di Todi mons. Decio Lucio Grandoni le assegna l’insegnamento della religione al liceo Bramante. Una prima riunione con 10 ragazzi sul ‘problema umano’; la sfida di una candidatura alle elezioni scolastiche raccolta da uno di loro, Maurizio Brizioli: così la comunità prese avvio, anche grazie al rapporto con gli studenti di Roma. Gli incontri si tenevano nella cucina della nonna di uno dei ragazzi, poi venne la sede di San Nicolò. Di quei primi studenti alcuni (Simonetta Bernardini, Maurizio Brizioli) si iscrissero all’Università di Perugia. Anche per Todi fu fondamentale l’udienza con Giovanni Paolo II nel 1984: nel giro di un anno, la comunità rifiorì e crebbe per numero e vivacità, attorno a giovani come Cristiano Castrichini, Roberto Rosati, Massimiliano Menna, Andrea Baccarelli. Tra il 1986 e il 1996, corsi sulla dottrina sociale della Chiesa, rappresentazioni teatrali, cicli di lezioni per i maturandi, feste popolari (Happenings). Una presenza alla quale la città reagisce in modo intenso e spesso conflittuale: nel 1998, la negazione a GS di un’aula scolastica per la recita dell’ Angelus prima delle lezioni diviene un caso di risonanza nazionale. Agli anni Ottanta risalgono le origini di CL a Gualdo Tadino (Mariella Carlotti, Franco Ronca, Giuseppe Ascani). Nel 1985, Gubbio: su richiesta del vescovo mons. Ennio Antonelli (amico fraterno della famiglia Baccarelli di Todi e colpito dal cambiamento di uno dei figli, Andrea), don Giussani invia a Gubbio come insegnante Mariella Carlotti, attorno alla quale nascerà anche una casa di Memores Domini. In Umbria, comunità di CL sono presenti da anni anche ad Assisi, Città di Castello, Castiglione del Lago, Foligno.

 

 

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Per cristiani ben “presenti” https://www.lavoce.it/per-cristiani-ben-presenti/ Fri, 27 Feb 2015 11:03:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30522 Don Giussani nel 1983 (foto F. Brunetti)
Don Giussani nel 1983 (foto F. Brunetti)

Moriva dieci anni fa, il 22 febbraio 2005, don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione. In sua memoria, anche l’incontro di Roma del 7 marzo che mette insieme, non casualmente, due ricorrenze significative: il decennale, appunto, della scomparsa di don Giussani e i 60 anni di vita del movimento nato da lui.

Le due date a breve saranno celebrate con un’udienza in piazza San Pietro che Papa Francesco ha concesso a tutto il movimento di Cl. Don Julian Carron, presidente della fraternità di Comunione e liberazione ha espresso la sua gratitudine in un’apposita lettera: “Il mio pensiero – scrive – va a don Giussani, che ci ha educato a guardare il Papa per questa sua rilevanza unica nella nostra vita. Con il trascorrere degli anni cresce la riconoscenza per il dono della sua persona, della sua testimonianza e della sua dedizione totale nell’accompagnare ciascuno di noi affinché potesse diventare più maturo nella fede”.

A distanza di dieci anni si continua a rendere presenza viva un uomo che ha fatto del criterio del coinvolgimento personale dell’io con l’avvenimento di Cristo lo scopo del proprio esistere e di tutta la sua opera. È stato un grande educatore. In tempi in cui – all’inizio, in maniera quasi impercettibile – alla fine degli anni ’50 ancora il cattolicesimo italiano sembrava “trionfante”, egli percepì che l’io era il grande assente della pedagogia cattolica, e che questo avrebbe condotto alla deriva.

Non bastavano i numeri, non bastava la riproposizione, anche efficace, di iniziative, non bastavano i mega-assembramenti. Bisognava che l’io si giocasse. Bisognava che la libertà prendesse il suo peso. Bisognava insomma che la libertà vincesse la battaglia sulla “convenzione”, perché fiorisse nel cuore di ogni cristiano la convinzione che conduce alla comunicazione necessaria della conoscenza.

Una cosa non è conosciuta – diceva il grande Tommaso d’Aquino, cui spesso Giussani si rifaceva – finché non è comunicata. Sommo pedagogo, ebbe a cuore questo elemento distintivo assolutamente indispensabile: “tu giòcati”.

Ma questo coinvolgimento, questo cambiamento non lo si può realizzare da soli né applicando un automatismo. Don Giussani ci ricorda che il suo amato poeta Leopardi ha avuto un’approssimazione, una vicinanza alla soluzione, ma ha ceduto perché non ha avuto compagni. Ci vuole tempo e occorre seguire qualcuno.

Con tale certezza ha speso il proprio vivere con passione, nella consapevolezza che tutto, proprio tutto, è per una realtà positiva. Non è un caso che Cl nasca di fatto nell’istante in cui don Giussani, osservando un gruppetto di studenti comunisti, ne coglie l’aspetto positivo, cioè la loro amicizia, il loro saper essere visibili. In quell’attimo don Giussani si accorge che i cristiani non erano così, non erano visibili, non erano una “presenza”.

Per lui tutta la realtà è segno. Non si esaurisce in quello che si vede e si tocca, ma rimanda oltre. È il famoso “tutte le cose portano scritto: più in là” di Montale. Tutto era l’emergere ai suoi occhi di una profondità che andava oltre il dato effimero. E che lo portava a dire: “Io non voglio vivere inutilmente”.

Frase chiave, non a effetto, non uno slogan, ma il riverbero di una storia, l’espressione di una presenza che genera un popolo e che lo rende presente più che mai. Ora quel popolo è in cammino verso Roma, guidato dal suo carisma, ma guardando il Papa, la continuazione della Chiesa, la sua Chiesa.

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Tutto su “don Gius” https://www.lavoce.it/tutto-su-don-gius/ Thu, 27 Mar 2014 14:27:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23936 giussani-giovaniLa prima biografia completa del fondatore di Comunione e liberazione, Vita di don Giussani di Alberto Savorana (Rizzoli), verrà presentata a Perugia mercoledì 2 aprile al teatro Morlacchi alle ore 21. Interverranno Alberto Savorana, autore del libro e portavoce di Cl, il prof. Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia morale all’Università di Perugia, e il prof. Wael Farouq, docente di Lingua e cultura araba all’Università americana de Il Cairo. Precederà il saluto del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve. L’incontro è organizzato da Comunione e liberazione, in collaborazione con il centro culturale “Maestà delle Volte” di Perugia.

“Don Giussani era cresciuto in una casa – come disse lui stesso – povera di pane, ma ricca di musica; e così sin dall’inizio era toccato, anzi ferito dal desiderio della bellezza. Non si accontentava di una bellezza qualunque, di una bellezza banale: cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita. Così ha trovato Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia”. Così si esprimeva l’allora card. Joseph Ratzinger nell’omelia tenuta al funerale di Luigi Giussani, il sacerdote brianzolo (Desio 1922 – Milano 2005) che ha dato vita al movimento ecclesiale di Comunione e liberazione oggi diffuso in decine di Paesi nel mondo.

Don Giussani ha sempre sostenuto che tutto ciò che, nel corso degli anni, è nato dalla sua fede e dalla sua passione educativa affonda le radici nel rapporto con la madre, fervente cattolica, e con il padre, convinto socialista. In particolare, la sensibilità umana del padre divenne per lui la prima, affascinante testimonianza di quella dimensione originale della persona che, divenuto prete e insegnante, egli chiamerà “il senso religioso”.

L’impegno educativo di don Giussani, sin dagli esordi nelle aule del liceo “Berchet” di Milano nel 1954, si focalizza su uno scopo: “Mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita. Mi ero profondamente persuaso che una fede che non potesse essere reperta e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva e dice l’opposto”.

Per don Giussani, l’incontro con Cristo vivo e presente ridesta e rilancia le domande dell’uomo, permette di tenere aperta e viva l’attesa della ragione umana e consente così di intercettare e accettare le sfide che la modernità pone alla effettiva rilevanza del cristianesimo nella vita personale, sociale, culturale.

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A Perugia lo spettacolo “Il mio nome è Pietro” https://www.lavoce.it/a-perugia-lo-spettacolo-il-mio-nome-e-pietro/ Thu, 09 Jan 2014 17:05:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21410 Pietro Sarubbi durante lo spettacolo “Il mio nome è Pietro”
Pietro Sarubbi durante lo spettacolo “Il mio nome è Pietro”

Chi era Pietro? Un semplice pescatore della Galilea, che dall’incontro con Gesù sulla spiaggia del lago di Genezareth è diventato un uomo nuovo. Con le parole: “Da ora in poi ti chiamerai Pietro”, Gesù lo scelse per diventare timoniere della sua Chiesa. La storia di Pietro è ora divenuta uno spettacolo teatrale, Il mio nome è Pietro, sulla base di un suggestivo testo di Giampiero Pizzol e la regia di Otello Cenci. Nei panni dell’apostolo, un appassionato Pietro Sarubbi, già incisivo interprete di Barabba nel film La Passione di Cristo di Mel Gibson.

Davanti ai sacerdoti che lo interrogano dopo il suo primo miracolo, Pietro rivive l’avventura con Cristo, il Maestro che in modo imprevedibile gli ha cambiato non solo il nome ma tutta la vita. Pietro è simile a ciascuno di noi, piange e ride, litiga con la suocera e agisce d’impulso, rinnega e ritorna. Trasformato da un incontro, quando parla di sé non può che raccontare anche del suo amico Gesù. È un santo semplice, impacciato con le parole ma svelto con i fatti: un pescatore di uomini, la cui vita testimonia che è possibile diventare davvero se stessi oltre ogni aspettativa, quando ci si lascia guardare da occhi così rivelatori che possono appartenere solo al Divino.

Il mio nome è Pietro sarà rappresentato a Perugia sabato 11 gennaio alle ore 21.30 presso il Centro congressi Capitini. Alle ore 20.30, come introduzione allo spettacolo, una testimonianza dell’attore Pietro Sarubbi, che racconterà la sua storia, anch’essa trasformata in profondità una serie di incontri, da Mel Gibson a James Caviezel a don Luigi Giussani.

Il ricavato della serata (ingresso unico 10 euro) andrà a favore dell’ente organizzatore, il Banco farmaceutico Fondazione onlus. La missione del Banco farmaceutico, da anni attivo anche in Umbria, è quella di rispondere alla povertà sanitaria e in particolare al bisogno di farmaci: un’emergenza che riguarda non più soltanto immigrati e profughi, ma un numero sempre crescente di persone, famiglie ed enti assistenziali anche del nostro Paese.

Grazie alla disponibilità di tante farmacie e all’impegno dei suoi volontari, con l’aiuto di Federfarma, il Banco organizza da anni la Giornata nazionale di raccolta del farmaco: giunta alla 14a edizione, quest’anno si svolgerà sabato 8 febbraio. Nel corso del tempo il Banco ha esteso la sua azione anche al recupero dei farmaci donati stabilmente dalle aziende farmaceutiche (ormai circa una trentina in tutta Italia) e sta ora avviando, nelle farmacie aderenti, un servizio di “recupero dei farmaci validi non scaduti” donati dai privati.

Alla realizzazione della serata presso il Capitini collabora anche il Centro culturale “Maestà delle Volte” di Perugia.

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Il Meeting di Rimini: incontri che trasformano https://www.lavoce.it/il-meeting-di-rimini-incontri-che-trasformano/ Thu, 29 Aug 2013 15:10:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18697 Un momento dell’intervento del premier Letta al Meeting. Al tavolo dei relatori Guarnieri e Vittadini
Un momento dell’intervento del premier Letta al Meeting. Al tavolo dei relatori Guarnieri e Vittadini

“Una esperienza di amicizia, di incontro di tantissimi ospiti, anche tra di loro, di rapporti che nascono, come quelli di rettori di Università di luoghi e fedi diverse che si accordano per collaborazioni culturali, religiose, scientifiche. Questa esperienza documenta il contributo del cristianesimo al mondo, che non è un progetto politico e ideologico, ma una umanità che testimonia l’Amore che trasforma e rende diversi”. È questo, per Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting, il messaggio principale che lascia la 34a edizione del Meeting di Romini, di Comunione e liberazione, che si è chiusa il 24 agosto. Sette giorni di eventi, dibattiti, approfondimenti sul tema “Emergenza Uomo”, con studiosi ed esperti ma anche politici ed esponenti di Governo. Una presenza che ha suscitato moltissime polemiche, rispedite al mittente dalla presidente, che ribadisce: “Il Meeting è un luogo di confronto libero e aperto”. Con lei tracciamo un bilancio di questa edizione.

Qual è il rapporto del Meeting con la politica?

“Crediamo che la politica sia un servizio nobile, alto, importante, del quale l’organizzazione umana ha bisogno. A Rimini invitiamo politici e governanti con i quali chiediamo di poterci e potersi confrontare sulle questioni reali di cui il Paese ha bisogno. Abbiamo parlato di Europa, di lavoro, di economia, di carceri, di giustizia. Sono uscite cose concrete, suggerimenti e indicazioni reali. Il Meeting è un luogo dove questo può accadere, se la libertà di chi viene desidera che ciò accada”.

Non crede che la presenza di uomini politici di diverso schieramento possa diventare, diciamo così – ‘ingombrante’ – rischiando di offuscare la dimensione più spirituale ed ecclesiale del Meeting, frutto dell’esperienza di don Giussani?

“La realtà del Meeting dice il contrario. Un esempio tra i tanti: mentre in una sala affollata due ministri parlavano di temi sociali e di giustizia, contemporaneamente in altre, allo stesso modo affollate, si discuteva di libertà religiosa, di fede, di vita, di ecumenismo, di umanità. L’esperienza della gente testimonia che la dimensione ecclesiale e spirituale del Meeting non è soffocata da quella politica, ma resta viva ed attiva”.

Beppe Grillo, proprio per la presenza di personalità politiche, vi ha aspramente criticato. Cosa replica?

“Lo ripeto, per noi il bene comune è una cosa seria. Che è la stessa replica che hanno dato anche alcuni ministri [Maurizio Lupi e Mario Mauro, ndr] ricordando che il Meeting non è la sponda a un uomo politico o di un partito ma, come dicevo poco fa, un luogo di confronto libero e aperto”.

Il tema del Meeting, “Emergenza Uomo”, è stato affrontato in molti incontri e da tanti esperti. Emergenza, è stato detto, non è solo la crisi economica e sociale ma anche e soprattutto umana e riguarda tutto ciò che l’uomo tocca e incontra. Da Rimini arriva un antidoto, una ricetta o magari una soluzione?

“Credo che la risposta più bella sia quella contenuta nel messaggio al Meeting di Papa Francesco. Il Pontefice ci ha ricordato che il cuore dell’uomo è un mistero di povertà e di domanda. Ha insistito sul fatto che non dobbiamo farci rubare il desiderio e la speranza, ma avere il coraggio di essere felici. Io credo che l’antidoto sia proprio l’apertura di cuore a Dio, da cui scaturisce la grazia di un incontro”.

Il giornalista irlandese John Waters nel suo intervento al Meeting ha affermato che l’emergenza uomo oggi è la banalizzazione di Dio, l’averlo posto in un angolo. E ciò rende sempre più difficile questo incontro…

“Viviamo in un tempo che, come diceva Waters, tende a de-assolutizzare. Ciò che, nella nostra società, viene oggi emarginato dalla cultura moderna è la domanda sul significato facendo diventare insignificante il fatto di Cristo, o al massimo ‘buono’ per qualche sentimento o precetto morale. Il Meeting vuole andare nella direzione opposta”.

E quale sarebbe questa direzione?

“Quella indicata da Papa Francesco nel suo messaggio al Meeting, in cui ci esorta ad andare incontro a tutti gli uomini”.

In che modo questo invito interpella Comunione e liberazione?

“Nel messaggio del Papa c’è proprio la sottolineatura che è Dio la risposta al mistero dell’uomo. Chi ha fatto l’incontro di Cristo ha una grande responsabilità: andare incontro a tutti, verso il mondo. Ed è ciò che sentiamo fortemente e sul quale desideriamo essere impegnati ogni momento”.

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Contro la crisi, creatività https://www.lavoce.it/contro-la-crisi-creativita/ Wed, 22 Feb 2012 12:52:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=494 La crisi ci rivela il nostro rapporto con la realtà: un rapporto che scopriamo essere vissuto spesso con sfiducia, con nichilismo, riducendo le cose alla loro superficie esterna. Ma “la strada per attraversare – e per non subire da rassegnati – la crisi è vivere la realtà come una provocazione che ridesta il desiderio e la domanda… Per quanto riguarda l’Italia, significa anche ingegno, conoscenza, creatività, forza di aggregazione”. È un passaggio chiave del documento recentemente pubblicato da Comunione e liberazione La crisi, sfida per un cambiamento, diffuso in tutta Italia e oggetto di un incontro promosso il 12 gennaio dalle comunità locali cielline in sala dei Notari a Perugia.
A spiegare il pensiero del movimento fondato da don Giussani relativamente al tema della crisi economica è intervenuto Carmine di Martino, docente di Filosofia teoretica presso l’Università di Milano e responsabile nazionale di CL. La crisi economica e sociale, secondo CL – idea condivisa però anche da molti non militanti e persino da non credenti – può essere vista come possibilità di cambiare il proprio modo di porsi davanti alla realtà, inventando nuovi modi di affrontare il quotidiano sia nelle piccole cose che nei grandi problemi sociali. Come afferma il documento, già adesso vi sono molte persone, famiglie e imprese che affrontano la crisi in maniera coraggiosa, nuova e senza preclusioni, continuando a credere ad esempio nella solidarietà umana, nella validità dell’educazione per i figli, nella capacità di adeguarsi (per le aziende) alle nuove e diverse esigenze del mercato, continuando a creare occupazione.
Anche Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte costituzionale, intervenendo all’incontro perugino, ha proposto un’analisi storica sulle radici della crisi attuale in Italia. Secondo Baldassarre esisterebbero due crisi speculari, quella iniziata negli anni Settanta, con la crisi del modello assistenziale dello Stato (nessuno ha più dei doveri ma solo diritti nei confronti dello Stato); la crisi del liberismo puro, che ha creato una insostenibile diversità nei redditi della classe manageriale rispetto a quella degli operai. A questo punto – dice – il collasso della società è inevitabile.
Una possibile risposta consiste in un ritorno alla solidarietà tra le persone: una solidarietà esistita fino al secondo dopoguerra, basata sulla condivisione di progetti, cose da fare, sulla gestione di servizi.
All’iniziativa di Comunione e liberazione era presente anche il sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali: “Ho letto il documento di CL – ha affermato – e ritengo che in questo momento sia utile fare un approfondimento su come uscire dalla crisi. Dobbiamo evitare che si ripropongano gli errori del passato e che l’economia venga messa davanti alle persone. Ritengo che il volontariato sia fondamentale. A Perugia, in certi segmenti quali quelli del disagio sociale, senza il volontariato cattolico non riusciremmo ad avere il risultato che abbiamo”.

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Accompagniamo i bimbi nella Realtà https://www.lavoce.it/accompagniamo-i-bimbi-nella-realta-3/ Thu, 26 Jan 2012 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=815 All’ingresso dei tre istituti gestiti dalla cooperativa sociale Walking si trova un cartello con la frase di Ignazio di Antiochia: “Si educa attraverso ciò che si dice, di più attraverso ciò che si fa, ancor più attraverso ciò che si è”.La cooperativa sociale Walking è nata a Perugia più di dieci anni fa dall’iniziativa di alcuni genitori ed insegnanti di ispirazione cattolica, legata al movimento di Comunione e liberazione. Al centro dell’interesse di questa realtà c’è l’educazione dei fanciulli, affinché possano porsi nella società come individui liberi. La cooperativa Walking oggi gestisce tre scuole. A Perugia, il Conservatorio Antinori – istituto di antica tradizione, fondato nel 1851 per l’accoglienza di ragazze povere e orfane che venivano conservate fino al momento di crearsi una propria famiglia; oggi è una scuola per l’infanzia con sezione primavera e scuola primaria. A Sant’Angelo di Celle (Deruta), la scuola parrocchiale “Casa del Fanciullo” dedicato all’infanzia. A Todi la scuola dell’infanzia Maria Santissima del Campione. Il totale dei piccoli allievi è di circa 350. I principi educativi“Il principio ispiratore della nostra esperienza educativa è fondato sulla libertà di educazione – spiega la prof.ssa Almerina Bonvecchi, coordinatrice didattica dei tre istituti. – In particolare troviamo riferimento nel testo di don Luigi Giussani Il rischio educativo, che propone il valore dell’educazione come introduzione alla realtà attraverso l’esperienza. Essa è metodo di conoscenza del reale. Così abbiamo scoperto che bisogna sempre accompagnare il bambino nella realtà, facendogli fare esperienza di essa, e mostrargli che la realtà è sempre positiva”. Per questo motivo scaturiscono di volta in volta scelte didattiche originali ed un percorso scolastico pressoché personalizzato che abbia come obiettivo lo sviluppo armonico del bambino. Il rapporto con le famiglie resta sempre fondamentale: la famiglia, infatti, viene sempre riconosciuta come luogo primario dell’esperienza del bambino, mentre il maestro viene visto come punto di riferimento autorevole che propone i contenuti dell’eredità culturale del passato. La scuola, secondo l’approccio ispiratore della cooperativa sociale Walking, è il luogo di esperienza che attinge dalla tradizione la capacità di educare alla critica. I servizi offertiGrande flessibilità viene offerta nei tre istituti per rispondere al meglio alle esigenze delle famiglie: orari flessibili, apertura il sabato, mense interne, servizi pomeridiani (come aiuto nei compiti per i bambini della scuola primaria; laboratori, attività ludiche) ed anche attività sportive, per le quali è sorta una polisportiva dedicata al calcio ed al minivolley e corsi musicali. Per informazioniTutte le informazioni sono reperibili contattando il numero 075 40258.

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Don Giussani è ancora all’opera https://www.lavoce.it/don-giussani-e-ancora-allopera/ Thu, 25 Feb 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8259 “Il nostro è un ricordo, un riandare con il cuore alla figura di don Giussani come uomo, cristiano, sacerdote, insegnante, educatore, maestro di vita cristiana nella Chiesa e nella società, amico e padre”. Ha esordito con queste parole il card. Dionigi Tettamanzi nell’omelia della messa di suffragio in ricordo di mons. Luigi Giussani. La liturgia è stata celebrata nel duomo di Milano a 5 anni esatti dalla scomparsa del sacerdote, avvenuta il 22 febbraio 2005, ed è stata concelebrata dal presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, don Julian Carron. “Don Gius”, come lo chiamano i suoi amici e seguaci, era nato a Desio il 15 ottobre 1922; fu ordinato sacerdote dal cardinale Ildefonso Shuster il 26 maggio 1945. Dedicò i primi anni di sacerdozio all’insegnamento in seminario, per poi proseguire la sua opera presso il liceo Berchet di Milano come professore di religione. Lì prese il via l’opera che caratterizzò la sua vita: il movimento di Comunione e liberazione, riconosciuto ufficialmente dal Pontificio consiglio per i laici l’11 febbraio 1982. “Siamo pieni di gratitudine al Signore – ha commentato don Julian Carron – per la vita di don Giussani e perché questa realtà, che da lui è nata, è viva e c’impegna a immedesimarci sempre di più con il suo carisma. Più passa il tempo, più ci rendiamo conto che è la risposta adeguata alle circostanze che stiamo vivendo”. Don Carron ha poi detto quanto sia “impressionante” vedere come don Giussani “continui a essere presente e continui ad accompagnarci con tutto quanto ci ha lasciato, e con tutto ciò che opera in noi e per noi nel presente”. Nel duomo di Milano gremito dai membri di Cl, l’arcivescovo Tettamanzi si è rivolto all’assemblea ricordando “alcuni convincimenti più che abituali per voi di Comunione e liberazione”. Precisando che in essi si trovano “le ragioni umane e cristiane per il realizzarsi sempre più maturo di quella comunione fraterna e di quello slancio missionario universali che sono tra i doni più preziosi e gli impegni più forti che la Chiesa quotidianamente riceve da Cristo, suo Sposo e Salvatore”. In particolare, il Cardinale ha citato un estratto dalla prima enciclica di Papa Benedetto XVI, la Deus caritas est. In essa è contenuto, ha affermato l’arcivescovo di Milano, “quello che può definirsi il filo rosso della vita e della passione educativa di don Giussani e di Comunione e liberazione: ‘All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte, e con ciò la direzione decisiva’”. Nell’attuale “contesto di esasperato pluralismo culturale”, ha aggiunto il card. Tettamanzi, l’esempio del fondatore di Cl può essere prezioso. “Il giudizio cristiano sulla realtà – ha detto il porporato –, la formazione della coscienza secondo la fede cristiana si pone come fondamento e forza di quell’impegno educativo che rappresenta senza alcun dubbio, come spesso ripete il Santo Padre, una delle attuali priorità pastorali della Chiesa. I Vescovi italiani intendono raccogliere questa sfida e la presentano come decisiva per il prossimo decennio pastorale”. In questo ambito, ha concluso la riflessione l’Arcivescovo, “penso che l’insegnamento, la vita, le opere di don Giussani abbiano ancora tanto da offrire alle nostre comunità”.

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“Il Pastore deve conoscere i suoi” https://www.lavoce.it/il-pastore-deve-conoscere-i-suoi/ Thu, 18 Feb 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8240 Mons. Bassetti giovedì 11 febbraio scorso ha parlato al clero perugino a cuore a cuore con il tono della familiarità e della paternità. I presbiteri l’hanno percepito in profondità e si sono sciolti in un dialogo molto franco e sereno. Il Vescovo, infatti, li ha stimolati a parlare, ad essere sinceri e dire tutto quello che ritengono opportuno senza false reticenze, affermando che anche lui avrebbe sempre fatto così con loro, con franchezza.Ha iniziato il suo discorso illustrando brevemente il libro di Massimo Camisasca, sacerdote di grande spessore spirituale e di ampia esperienza come rettore di seminario e come tale conosciuto e divenuto amico di mons. Bassetti, il quale ricopre già da molti anni il ruolo di visitatore apostolico dei seminari d’Italia. Il titolo del libro di Camisasca suona come una domanda minacciosa: Padre, ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della Chiesa? L’autore, legato al movimento di Comunione e liberazione e soprattutto alla persona di don Luigi Giussani, riflette in questo libro sulle esperienze che possono sostenere la vita sacerdotale e su come affrontare le difficoltà più gravi. Un testo che suscita la riflessione sulle questioni più decisive nella vita di un sacerdote: la preghiera e il silenzio, la messa, lo studio, la maturità affettiva, l’amicizia. Da questo momento di meditazione di tipo spirituale il vescovo Bassetti è passato ad indicare linee pastorali concrete che hanno avuto come punto focale la comunione del presbiterio con il proprio vescovo: “Io non farò nulla senza di voi, non prenderò decisioni senza avervi prima ascoltato”. Ha espresso il desiderio di conoscere bene tutta la diocesi e quindi le comunità parrocchiali, dichiarandosi disposto a visitarle in brevi soggiorni anche di un solo giorno per avere una visione globale ma non generica della diocesi. “Il mio predecessore – ha detto Bassetti – con fatica e dedizione ha fatto la visita pastorale in maniera dettagliata e approfondita, e non è il caso di ricominciare da capo, non avrei neppure il tempo materiale di farla – ha osservato – ma la gente è bene che conosca il suo Pastore e il Pastore deve conoscere i suoi fedeli”. Per realizzare questo in maniera organica sarà fatto un calendario in modo che nel giro di alcuni mesi possa fare visita a tutte le parrocchie. Ha anche chiesto al clero di dargli indicazioni sulle nomine che dovranno essere fatte, dal vicario generale, attualmente sostituito da un delegato ad omnia nella persona di mons. Pietro Ortica, al rettore del seminario attualmente ricoperto da don Simone Sorbaioli. Avere un rettore del seminario diocesano, secondo mons. Bassetti, non contrasta con il fatto che i nostri seminaristi (attualmente 15, la metà del totale) stiano nel Seminario regionale ma nasce dalla necessità di un discernimento vocazionale più ampio e attento, e dalla necessità di dare ai seminaristi un referente sicuro che li segua nei fine settimana in cui rientrano in diocesi e nelle vacanze estive. Il ritiro si è svolto in un clima di collaborazione e di intensa comunione, che ha permesso a molti sacerdoti di intervenire con domande e proposte.

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Protagonisti nel servizio https://www.lavoce.it/protagonisti-nel-servizio/ Thu, 28 Aug 2008 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6895 Ringrazio Comunione e liberazione per la grande provocazione dell’attuale Meeting di Rimini: ‘O protagonisti o nessuno’. È un bel modo di svegliare una certa area cristiana che dorme, non sapendo come proporsi sulla scena di questo mondo. Almeno può suscitare una discussione e un dibattito per chiarire la presenza e la posizione dei cristiani nella vita sociale del nostro Paese. Prendo la palla al balzo tentando alcune precisazioni. Il tema del Meeting mi richiama il discorso della montagna di Gesù. Dopo le beatitudini, egli afferma: ‘Voi siete il sale della terra’ voi siete la luce del mondo’ (cfr. Mt 5, 13-14). Del sale si dice che deve dare sapore, altrimenti non è nulla e va buttato. Della luce si afferma che non deve essere nascosta, deve risplendere ‘davanti agli uomini’, deve rendere visibili ‘le opere buone’, perché gli uomini, vedendole, ‘rendano gloria al Padre che è nei cieli’. L’identità cristiana ‘ il nostro volto, direbbe don Giussani ‘ ci viene regalata dall’amore di Dio, dal suo Spirito: non possiamo nascondere questa identità e questo volto, altrimenti non siamo protagonisti come Cristo ci vuole, e diventiamo insignificanti. La potenza creatrice dello Spirito ha deciso di agire oggi attraverso la nostra identità e il nostro volto. Allora non possiamo non proporci e ‘stare in panchina’; dobbiamo ‘esserci’ con tutta la nostra fede e servire con amore. Questo significa essere protagonisti. Non conta tanto la posizione in cui ci troviamo; non sono protagonisti solo quelli che contano. Tutti dobbiamo essere veramente protagonisti, mettendo in atto, in circolazione, tutti i talenti che abbiamo ricevuto. Sant’Agostino nella sua piccola Regola, affidata dalla Chiesa a centinaia di famiglie religiose, dice che il fermento che crea nuove comunità, o addirittura la città di Dio in mezzo a noi, è lo spirito di servizio ‘ quello del Servo di Jahvè ‘ di chi non pensa più a se stesso, ma solo al bene comune. ‘Il principio da rispettare è sempre che nessuno lavori per un fine individuale: tutta la nostra attività sia a servizio della comunità, con un impegno quindi maggiore e con più intenso zelo che se ciascuno curasse per proprio conto le sue faccende. Della carità è stato scritto che non cerca il proprio interesse (1Cor 13, 5b); essa implica per se stessa che si anteponga il bene comune a quello individuale, e non viceversa’. La regola d’oro che permette al cristiano di essere sale e luce, è quella di condire le sue opere con l’amore che nasce da Dio. Questo amore è la base del vero protagonismo, perché è come lasciare agire l’unico vero Protagonista con il suo stesso amore. Se poi tanti non capiscono, non accettano e perseguitano, niente paura. La via della ricostruzione e della salvezza passa dalla croce. È meglio essere ‘qualcuno’ in Cristo crocifisso che ‘nessuno’ secondo l’opinione degli uomini. Ma se non siamo qualcuno in Cristo, non siamo proprio nessuno.

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Colletta alimentare per “aiutare chi già aiuta” https://www.lavoce.it/colletta-alimentare-per-aiutare-chi-gia-aiuta/ Thu, 18 Nov 2004 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4150 Condividere i bisogni per condividere il senso della vita”: questo è il senso della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, iniziativa organizzata per il 27 novembre dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus, che lo scorso anno ha raccolto 5701 tonnellate di cibo, pari a 19 milioni di euro, distribuite a oltre 1 milione di indigenti in tutta Italia. Il Banco Alimentare, grazie alla collaborazione di circa 100 mila volontari, opera da 15 anni per soccorrere le fasce più disagiate del nostro Paese, che, secondo alcune recenti rilevazioni, rappresentano quasi il 12% della popolazione. “Scopo della Fondazione – si legge nell’art. 2 del suo Statuto – è la raccolta delle eccedenze di produzione, agricole e dell’industria specialmente alimentare e la redistribuzione delle stesse ad Enti ed iniziative di aiuto ai poveri ed agli emarginati”. Il primo Banco Alimentare nel mondo nasce a Phoenix in America nel 1967, si sviluppa poi in Canada e da lì, attraverso un volontario d’origine francese, approda a Parigi da cui si diffonde anche nei paesi Europei. “In Italia – racconta il presidente della Sezione Umbra Valter Venturi – l’idea del Banco alimentare è stata realizzata da due grandi personaggi: il Cav. Danilo Fossati, fondatore della Star, e mons. Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. Fin dall’inizio il Banco ha voluto “aiutare chi già aiuta”: si è proposto agli enti caritatevoli – sollevandoli dall’onere gravoso dell’approvvigionamento”. Il Banco alimentare è presente in Italia con 19 magazzini regionali, assiste più di 6.840 enti grazie ai quali dà cibo ogni giorno ad oltre 1 milione di persone. “In Umbria – prosegue Venturi – il Banco è nato nel 1995 ed aiuta oltre 20.000 persone (dati 2003). Ma quasi quotidianamente arrivano nuove richieste di sostegno. Dagli ultimi dati Istat la povertà in Umbria è in aumento ed il Banco Alimentare è sicuramente un importante aiuto, tenendo presente che nel 2003 abbiamo distribuito prodotti per un valore commerciale di oltre 5 milioni di euro”. La Giornata nazionale della Colletta alimentare è il gesto annuale che permette a milioni di italiani di contribuire all’attività del Banco, donando alcuni prodotti alimentari acquistati nei supermercati di tutt’Italia. “In corrispondenza dell’analoga raccolta organizzata in Europa dalla Federazione europea dei Banchi alimentari – prosegue Venturi – da 8 anni l’ultimo sabato di novembre, migliaia di volontari si alternano davanti ai supermercati per spiegare l’iniziativa e raccogliere il cibo donato. I prodotti raccolti sono ridistribuiti agli Enti assistenziali convenzionati. I risultati hanno mostrato che più di 4 milioni di italiani hanno fatto la spesa, in 4.000 supermercati, per i poveri del nostro Paese. In Umbria sono state raccolte 90 tonnellate di cibo, per un valore di circa 231 milioni di lire, con l’aiuto di circa 1.000 volontari.” A chi va il sostegno del Banco in UmbriaNella nostra regione il Banco Alimentare collabora con circa 200 Enti, fedele alla linea di “aiutare chi già aiuta”: mense, caritas diocesane e parrocchiali, centri di solidarietà, centri di accoglienza per minori, case-famiglia, centri per disabili, comunità di recupero per tossicodipendenti ricevono periodicamente derrate di prima necessità, a seconda delle richieste specifiche. Il Centro di accoglienza del gruppo di Volontariato Vincenziano di Perugia assiste circa 800 persone al mese, per la maggior parte immigrati provenienti dai Paesi in via di sviluppo, con una particolare attenzione ai neonati, “al fine di costruire – spiega Anita Spina – un rapporto di solidarietà che sia di aiuto ad una rapida integrazione sociale”. Il Banco invia per tutto l’anno alimenti primari quali pasta, riso, formaggi e latte, oltre che succhi di frutta, pomodori e biscotti, rappresentando così un sostegno decisivo per un’organizzazione che per il resto vive di auto-finanziamenti e dei contributi di alcune parrocchie. A Terni, l’associazione Gioventù studentesca si prende cura di alcune famiglie locali, fornendo sostegno spirituale e materiale. Ispirata al nome di don Luigi Giussani, nasce come promotrice di attività culturali e come centro di assistenza per i ragazzi, ma riesce – grazie anche al supporto del Banco alimentare – a rifornire ogni 15 giorni le famiglie bisognose. Il Gruppo Carit. Suore Angeline di Assisi dà ospitalità ad 80 giovani al mese, ma riesce spesso ad inviare del cibo, soprattutto pasta, alle missioni in Africa, in fedeltà alla propria ispirazione.

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