domenica delle Palme Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/domenica-delle-palme/ Settimanale di informazione regionale Fri, 01 Dec 2023 18:00:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg domenica delle Palme Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/domenica-delle-palme/ 32 32 Settimana Santa. Mons. Soddu: la Pasqua sia “il segno di una vita nuova per noi e per tutto il mondo” https://www.lavoce.it/settimana-santa-mons-soddu-la-pasqua-sia-il-segno-di-una-vita-nuova-per-noi-e-per-tutto-il-mondo/ Sun, 10 Apr 2022 17:15:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66090 Processione delle Palme con mons. Francesco Soddu

A Terni il  vescovo Francesco Antonio Soddu ha presieduto la liturgia  delle Palme, questa mattina domenica 10 aprile, con il rito della benedizione dei rami d’ulivo e la lettura del brano dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme sul sagrato della chiesa di Santa Croce. In processione tantissimi fedeli, i bambini e ragazzi delle parrocchie della Cattedrale, Santa Croce e San Salvatore e le loro famiglie, hanno raggiunto la Cattedrale. La liturgia è proseguita con la lettura della Passione di Gesù, proclamata dal diacono e da alcuni giovani Scout, e la celebrazione eucaristica. Mons. Soddu ha ricordato come la Pasqua sia “il segno di una vita nuova per noi e per tutto il mondo”. Rivolgendosi poi ai tanti ragazzi presenti ha sottolienato il senso di essere discepoli di Gesù. “Bisogna avere uno sguardo da discepolo, per poter insegnare bisogna essere dei buoni alunni. Bisogna prima imparare per insegnare. Oggi - ha detto Soddu - ci viene detto che dobbiamo imparare, come cristiani, da Gesù che ha dato la sua vita per noi. Gesù ci può insegnare come vivere bene”. Al termine il vescovo ha salutato uno ad uno i ragazzi che ha incontrato per la prima volta e che con il loro entusiasmo e gioia, hanno accolto festosamente il nuovo vescovo Francesco Antonio. [gallery td_gallery_title_input="Alcuni momenti della celebrazione delle Palme presieduta da mons. Soddu" columns="2" ids="66095,66094,66093,66092"] https://www.youtube.com/watch?v=yn32IrAPXb4

La Messa Crismale

Il vescovo presiederà la solenne celebrazione della Messa Crismale mercoledì 13 aprile alle ore 17 nella Cattedrale di Terni.

Il Triduo pasquale con il vescovo Soddu

I fedeli e sacerdoti della comunità pastorale “Terni centro” si uniranno alle celebrazioni del triduo pasquale nella Cattedrale di Terni (secondo le disposizioni della “Paschalis solemnitatis” che invita le piccole comunità religiose a prendere parte alle celebrazioni del Triduo pasquale nelle chiese maggiori). Giovedì, venerdì e sabato ci sarà la celebrazione comunitaria in Cattedrale delle letture e delle Lodi alle ore 8.30. Le celebrazioni del Triduo presiedute dal Vescovo
  • Giovedì 14 aprile alle ore 18 messa in “Coena Domini” in cui si ricorderà l’istituzione dell’Eucaristia da parte di Gesù nell’ultima cena. Alle ore 21  l’adorazione del Santissimo Sacramento.
  • Venerdì 15 aprile alle ore 18 celebrazione della Passione del Signore. Alle ore 20.30 la processione del Cristo morto lungo le vie del centro cittadino dalla chiesa di san Francesco alla Cattedrale. Nelle sofferenze di Cristo ci sono anche le croci di chi soffre per i tanti mali che affliggono il mondo contemporaneo.
  • Sabato 16 aprile alle ore 22.30 il vescovo presiederà la celebrazione della Veglia Pasquale nel corso della quale sarà benedetto il fuoco nuovo e l’acqua del fonte battesimale. All’interno della celebrazione saranno amministrati battesimo e cresima a sei adulti
  • Domenica 17 aprile, Pasqua di Resurrezione, il vescovo presiederà la celebrazione alle ore 11 nella concattedrale di Narni e alle ore 18 nella Concattedrale di Amelia.
Le celebrazioni della Settimana Santa nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Terni sono trasmesse in diretta streaming sulla pagina Facebook Diocesi di Terni-Narni-Amelia e sul canale Youtube della Diocesi TerniNarniAmelia.]]>
Processione delle Palme con mons. Francesco Soddu

A Terni il  vescovo Francesco Antonio Soddu ha presieduto la liturgia  delle Palme, questa mattina domenica 10 aprile, con il rito della benedizione dei rami d’ulivo e la lettura del brano dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme sul sagrato della chiesa di Santa Croce. In processione tantissimi fedeli, i bambini e ragazzi delle parrocchie della Cattedrale, Santa Croce e San Salvatore e le loro famiglie, hanno raggiunto la Cattedrale. La liturgia è proseguita con la lettura della Passione di Gesù, proclamata dal diacono e da alcuni giovani Scout, e la celebrazione eucaristica. Mons. Soddu ha ricordato come la Pasqua sia “il segno di una vita nuova per noi e per tutto il mondo”. Rivolgendosi poi ai tanti ragazzi presenti ha sottolienato il senso di essere discepoli di Gesù. “Bisogna avere uno sguardo da discepolo, per poter insegnare bisogna essere dei buoni alunni. Bisogna prima imparare per insegnare. Oggi - ha detto Soddu - ci viene detto che dobbiamo imparare, come cristiani, da Gesù che ha dato la sua vita per noi. Gesù ci può insegnare come vivere bene”. Al termine il vescovo ha salutato uno ad uno i ragazzi che ha incontrato per la prima volta e che con il loro entusiasmo e gioia, hanno accolto festosamente il nuovo vescovo Francesco Antonio. [gallery td_gallery_title_input="Alcuni momenti della celebrazione delle Palme presieduta da mons. Soddu" columns="2" ids="66095,66094,66093,66092"] https://www.youtube.com/watch?v=yn32IrAPXb4

La Messa Crismale

Il vescovo presiederà la solenne celebrazione della Messa Crismale mercoledì 13 aprile alle ore 17 nella Cattedrale di Terni.

Il Triduo pasquale con il vescovo Soddu

I fedeli e sacerdoti della comunità pastorale “Terni centro” si uniranno alle celebrazioni del triduo pasquale nella Cattedrale di Terni (secondo le disposizioni della “Paschalis solemnitatis” che invita le piccole comunità religiose a prendere parte alle celebrazioni del Triduo pasquale nelle chiese maggiori). Giovedì, venerdì e sabato ci sarà la celebrazione comunitaria in Cattedrale delle letture e delle Lodi alle ore 8.30. Le celebrazioni del Triduo presiedute dal Vescovo
  • Giovedì 14 aprile alle ore 18 messa in “Coena Domini” in cui si ricorderà l’istituzione dell’Eucaristia da parte di Gesù nell’ultima cena. Alle ore 21  l’adorazione del Santissimo Sacramento.
  • Venerdì 15 aprile alle ore 18 celebrazione della Passione del Signore. Alle ore 20.30 la processione del Cristo morto lungo le vie del centro cittadino dalla chiesa di san Francesco alla Cattedrale. Nelle sofferenze di Cristo ci sono anche le croci di chi soffre per i tanti mali che affliggono il mondo contemporaneo.
  • Sabato 16 aprile alle ore 22.30 il vescovo presiederà la celebrazione della Veglia Pasquale nel corso della quale sarà benedetto il fuoco nuovo e l’acqua del fonte battesimale. All’interno della celebrazione saranno amministrati battesimo e cresima a sei adulti
  • Domenica 17 aprile, Pasqua di Resurrezione, il vescovo presiederà la celebrazione alle ore 11 nella concattedrale di Narni e alle ore 18 nella Concattedrale di Amelia.
Le celebrazioni della Settimana Santa nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Terni sono trasmesse in diretta streaming sulla pagina Facebook Diocesi di Terni-Narni-Amelia e sul canale Youtube della Diocesi TerniNarniAmelia.]]>
Settimana Santa. Boccardo: Gesù porta la pace e la salvezza https://www.lavoce.it/settimana-santa-boccardo-gesu-porta-la-pace-e-la-salvezza/ Sun, 10 Apr 2022 16:45:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66078 Settimana Santa a Spoleto

A Spoleto, nella Domenica delle Palme che apre la Settimana Santa, questa mattina l’arcivescovo Renato Boccardo e i fedeli si sono radunati in piazza Duomo dove è iniziata la liturgia con la benedizione dei ramoscelli di ulivo distribuiti ai presenti e la lettura del brano evangelico dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme. Quindi la processione verso la Basilica Cattedrale dove la liturgia è proseguita ed è stato letto il brano della Passione di Gesù, tratta quest’anno dal Vangelo di Luca. «Oggi guardiamo a Gesù - ha detto all'omelia mons. Boccardo - che si avvicina al termine della sua vita e si presenta come Messia atteso dal popolo, mandato da Dio e venuto in suo nome a portare la pace e la salvezza, anche se in misura diversa da come l’interpretavano i suoi contemporanei. L’opera di salvezza e di liberazione compiuta da Gesù continua nei secoli. Per questo la Chiesa, che fermamente lo crede presente anche se invisibile, non si stanca di acclamarlo nella lode e nell’adorazione». La Chiesa, però, leggendo il racconto della passione non si limita a considerare unicamente le sofferenze di Gesù. «Essa – ha continuato l’Arcivescovo - si accosta trepidante e serena a questo mistero sapendo che il suo Signore è risorto. La luce della Pasqua fa scoprire il grande insegnamento contenuto nella passione: la vita si afferma attraverso il dono sincero di sé fino a morire. Gesù non ha inteso la propria esistenza terrena come acquisizione di potere, come corsa al successo e alla carriera, come un imporsi sugli altri. Al contrario, egli rinuncia di proposito alla sua uguaglianza con Dio, assume la condizione di servo divenendo simile agli uomini e obbedisce al progetto del Padre fino alla morte sulla croce. E così lascia ai suoi discepoli e alla Chiesa l’insegnamento prezioso: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24)».

Settimana Santa: le celebrazioni in Duomo

Dopo la Messa Crismale che l’Arcivescovo presiederà mercoledì 13 aprile alle ore 18.30, dove vengono consacrati gli Oli Santi (Crisma, dei Catecumeni e degli Infermi), la Chiesa entra nella Settimana Santa che rievoca gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo. Programma delle celebrazioni del Triduo presieduta da mons. Boccardo in Duomo:
  • giovedì 14 aprile alle ore 18.30, Messa in Coena Domini;
  • venerdì 15 aprile alle ore 18.30, Celebrazione della Passione, e alle 21.00 Via Crucis;
  • sabato 16 aprile alle ore 22.00, Veglia Pasquale.
  • domenica di Pasqua, 17 aprile, l’Arcivescovo celebrerà il solenne pontificale alle ore 11.30.
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Settimana Santa a Spoleto

A Spoleto, nella Domenica delle Palme che apre la Settimana Santa, questa mattina l’arcivescovo Renato Boccardo e i fedeli si sono radunati in piazza Duomo dove è iniziata la liturgia con la benedizione dei ramoscelli di ulivo distribuiti ai presenti e la lettura del brano evangelico dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme. Quindi la processione verso la Basilica Cattedrale dove la liturgia è proseguita ed è stato letto il brano della Passione di Gesù, tratta quest’anno dal Vangelo di Luca. «Oggi guardiamo a Gesù - ha detto all'omelia mons. Boccardo - che si avvicina al termine della sua vita e si presenta come Messia atteso dal popolo, mandato da Dio e venuto in suo nome a portare la pace e la salvezza, anche se in misura diversa da come l’interpretavano i suoi contemporanei. L’opera di salvezza e di liberazione compiuta da Gesù continua nei secoli. Per questo la Chiesa, che fermamente lo crede presente anche se invisibile, non si stanca di acclamarlo nella lode e nell’adorazione». La Chiesa, però, leggendo il racconto della passione non si limita a considerare unicamente le sofferenze di Gesù. «Essa – ha continuato l’Arcivescovo - si accosta trepidante e serena a questo mistero sapendo che il suo Signore è risorto. La luce della Pasqua fa scoprire il grande insegnamento contenuto nella passione: la vita si afferma attraverso il dono sincero di sé fino a morire. Gesù non ha inteso la propria esistenza terrena come acquisizione di potere, come corsa al successo e alla carriera, come un imporsi sugli altri. Al contrario, egli rinuncia di proposito alla sua uguaglianza con Dio, assume la condizione di servo divenendo simile agli uomini e obbedisce al progetto del Padre fino alla morte sulla croce. E così lascia ai suoi discepoli e alla Chiesa l’insegnamento prezioso: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24)».

Settimana Santa: le celebrazioni in Duomo

Dopo la Messa Crismale che l’Arcivescovo presiederà mercoledì 13 aprile alle ore 18.30, dove vengono consacrati gli Oli Santi (Crisma, dei Catecumeni e degli Infermi), la Chiesa entra nella Settimana Santa che rievoca gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo. Programma delle celebrazioni del Triduo presieduta da mons. Boccardo in Duomo:
  • giovedì 14 aprile alle ore 18.30, Messa in Coena Domini;
  • venerdì 15 aprile alle ore 18.30, Celebrazione della Passione, e alle 21.00 Via Crucis;
  • sabato 16 aprile alle ore 22.00, Veglia Pasquale.
  • domenica di Pasqua, 17 aprile, l’Arcivescovo celebrerà il solenne pontificale alle ore 11.30.
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Domenica delle Palme. Bassetti: “Gesù è la nostra vera pace” https://www.lavoce.it/domenica-delle-palme-bassetti-gesu-e-la-nostra-vera-pace/ Sun, 10 Apr 2022 16:08:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66059

«Vi invito con tutto il cuore a vivere con intensità questa Settimana Santa che ci prepara alla Pasqua. Immergiamoci pienamente in tutte le vicende che hanno segnato la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. E accanto a quelle di Gesù ci sono le sofferenze di tanti fratelli e sorelle ucraini calpestati nella loro dignità umana, particolarmente i bambini, le donne, gli anziani, i giovani». Con queste parole il cardinale Gualtiero Bassetti ha introdotto l’omelia della Domenica delle Palme, pronunciata nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia dopo aver fatto memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme benedicendo i ramoscelli d’ulivo e guidando la processione dall’arcivescovado alla cattedrale, animata dai membri degli ordini cavallereschi di Malta e del Santo Sepolcro a cui hanno preso parte numerosi fedeli.

Verrà un giorno…

Pensando a quanto di disumano sta accadendo in Ucraina, il cardinale ha detto con voce ferma: «Ricordiamoci che Dio è un Padre geloso, che chiederà conto a tutti delle sue creature. “Verrà un giorno…”, disse padre Cristoforo nel Promessi Sposi, ed io temo il giudizio di Dio quando il nostro comportamento delega da ogni insegnamento evangelico e dai comandamenti del Signore. Anche per tutti questi motivi viviamo a fondo gli eventi che segnano gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù».

Il trono della croce

«Oggi il Signore entra in Gerusalemme come un re, ma è diverso dai potenti di questo mondo: regna da un trono, che è la croce. Non vince con gli eserciti e le alleanze. Le sue parole sono chiare: “Chi è il più grande fra voi diventi come il più piccolo e chi governa, come chi serve”. Non erano parole di comodo, bastarono poche ore e Gesù portò sulla sua carne, alle estreme conseguenze, queste affermazioni».

Le parole di una catechista

Bassetti ha proseguito l’omelia raccontando la sua esperienza in una parrocchia: «Mi sono commosso, tempo fa, ascoltando una brava catechista, una mamma, che spiegava con parole semplici ai suoi ragazzi la Passione di Gesù, più o meno con queste espressioni che mi sono rimaste impresse: “Cari ragazzi, c’era un uomo buono che parlava del Vangelo. In tanti accorrevano ad ascoltarlo. Ad un certo punto i potenti decisero che aveva parlato troppo e che troppe persone stavano a sentirlo; presero quindi la decisione di farlo tacere… Quell’uomo, dopo essere stato rivestito per burla, con gli abiti da re, fu torturato, schiaffeggiato, coronato di spine. Poi fu condotto fuori della città, verso una collinetta chiamata Golgota e fu inchiodato sulla croce con due ladri. Su quella Croce quell’uomo buono morì. Si chiamava Gesù e veniva da Nazareth. Quella morte fu ingiusta”, concluse la catechista». «La morte, ogni vita tolta – ha commentato il cardinale –, è sempre ingiusta, anche dopo i crimini più brutti». [gallery td_gallery_title_input="Perugia. Celebrazione della Messa delle Palme presieduta dal Cardinale Gualtiero Bassetti" td_select_gallery_slide="slide" columns="2" ids="66066,66067,66065,66064,66070,66072,66071,66063,66073,66069"]

I bambini comprendono

Il presule si è poi posto questa domanda: «Chi è in grado di comprendere Gesù? Io mi sono posto tante volte questa domanda e pensando ai bambini che accolgono Gesù mentre entra a Gerusalemme, forse sono proprio loro che lo comprendono più di noi adulti, perché ne colgono la profondità del suo messaggio: “Se non diventerete come bambini, non potete entrare nel Regno dei Cieli”. È quello che succede a Pietro nell’orto degli ulivi, quando si mette a piangere come un bambino. È allora che comincia a capire davvero sé stesso e noi siamo come lui».

Prendere in mano il Vangelo

«Dobbiamo tutti, all’inizio di questa Settimana Santa, rientrare in noi stessi. Cerchiamo di diventare uomini e donne, veri, sinceri e onesti come Pietro. Decidiamo con forza di cambiare vita. Prendiamo in mano il Vangelo e facciamo, soprattutto in questi giorni, compagnia a Gesù».

Terribilmente fragili

«Il ramoscello d’ulivo che abbiamo in mano sia davvero un segno di pace – ha auspicato Bassetti –, che ci ricorda continuamente che il Signore vuole la pace. L’ulivo ci accompagnerà nelle nostre case per ricordarci quanto Gesù ci vuole bene, perché abbiamo bisogno di dircelo concretamente e continuamente altrimenti anche noi rischiamo di cadere, perché siamo terribilmente fragili. Ricordiamo l’insegnamento della catechista ai bambini e ricordiamo soprattutto che Gesù è la nostra vera pace».]]>

«Vi invito con tutto il cuore a vivere con intensità questa Settimana Santa che ci prepara alla Pasqua. Immergiamoci pienamente in tutte le vicende che hanno segnato la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. E accanto a quelle di Gesù ci sono le sofferenze di tanti fratelli e sorelle ucraini calpestati nella loro dignità umana, particolarmente i bambini, le donne, gli anziani, i giovani». Con queste parole il cardinale Gualtiero Bassetti ha introdotto l’omelia della Domenica delle Palme, pronunciata nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia dopo aver fatto memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme benedicendo i ramoscelli d’ulivo e guidando la processione dall’arcivescovado alla cattedrale, animata dai membri degli ordini cavallereschi di Malta e del Santo Sepolcro a cui hanno preso parte numerosi fedeli.

Verrà un giorno…

Pensando a quanto di disumano sta accadendo in Ucraina, il cardinale ha detto con voce ferma: «Ricordiamoci che Dio è un Padre geloso, che chiederà conto a tutti delle sue creature. “Verrà un giorno…”, disse padre Cristoforo nel Promessi Sposi, ed io temo il giudizio di Dio quando il nostro comportamento delega da ogni insegnamento evangelico e dai comandamenti del Signore. Anche per tutti questi motivi viviamo a fondo gli eventi che segnano gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù».

Il trono della croce

«Oggi il Signore entra in Gerusalemme come un re, ma è diverso dai potenti di questo mondo: regna da un trono, che è la croce. Non vince con gli eserciti e le alleanze. Le sue parole sono chiare: “Chi è il più grande fra voi diventi come il più piccolo e chi governa, come chi serve”. Non erano parole di comodo, bastarono poche ore e Gesù portò sulla sua carne, alle estreme conseguenze, queste affermazioni».

Le parole di una catechista

Bassetti ha proseguito l’omelia raccontando la sua esperienza in una parrocchia: «Mi sono commosso, tempo fa, ascoltando una brava catechista, una mamma, che spiegava con parole semplici ai suoi ragazzi la Passione di Gesù, più o meno con queste espressioni che mi sono rimaste impresse: “Cari ragazzi, c’era un uomo buono che parlava del Vangelo. In tanti accorrevano ad ascoltarlo. Ad un certo punto i potenti decisero che aveva parlato troppo e che troppe persone stavano a sentirlo; presero quindi la decisione di farlo tacere… Quell’uomo, dopo essere stato rivestito per burla, con gli abiti da re, fu torturato, schiaffeggiato, coronato di spine. Poi fu condotto fuori della città, verso una collinetta chiamata Golgota e fu inchiodato sulla croce con due ladri. Su quella Croce quell’uomo buono morì. Si chiamava Gesù e veniva da Nazareth. Quella morte fu ingiusta”, concluse la catechista». «La morte, ogni vita tolta – ha commentato il cardinale –, è sempre ingiusta, anche dopo i crimini più brutti». [gallery td_gallery_title_input="Perugia. Celebrazione della Messa delle Palme presieduta dal Cardinale Gualtiero Bassetti" td_select_gallery_slide="slide" columns="2" ids="66066,66067,66065,66064,66070,66072,66071,66063,66073,66069"]

I bambini comprendono

Il presule si è poi posto questa domanda: «Chi è in grado di comprendere Gesù? Io mi sono posto tante volte questa domanda e pensando ai bambini che accolgono Gesù mentre entra a Gerusalemme, forse sono proprio loro che lo comprendono più di noi adulti, perché ne colgono la profondità del suo messaggio: “Se non diventerete come bambini, non potete entrare nel Regno dei Cieli”. È quello che succede a Pietro nell’orto degli ulivi, quando si mette a piangere come un bambino. È allora che comincia a capire davvero sé stesso e noi siamo come lui».

Prendere in mano il Vangelo

«Dobbiamo tutti, all’inizio di questa Settimana Santa, rientrare in noi stessi. Cerchiamo di diventare uomini e donne, veri, sinceri e onesti come Pietro. Decidiamo con forza di cambiare vita. Prendiamo in mano il Vangelo e facciamo, soprattutto in questi giorni, compagnia a Gesù».

Terribilmente fragili

«Il ramoscello d’ulivo che abbiamo in mano sia davvero un segno di pace – ha auspicato Bassetti –, che ci ricorda continuamente che il Signore vuole la pace. L’ulivo ci accompagnerà nelle nostre case per ricordarci quanto Gesù ci vuole bene, perché abbiamo bisogno di dircelo concretamente e continuamente altrimenti anche noi rischiamo di cadere, perché siamo terribilmente fragili. Ricordiamo l’insegnamento della catechista ai bambini e ricordiamo soprattutto che Gesù è la nostra vera pace».]]>
La Vita duella con la morte https://www.lavoce.it/la-vita-duella-con-la-morte/ Fri, 03 Apr 2020 14:46:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56759 logo reubrica commento al Vangelo

Domenica delle Palme – 5 aprile 2020

“Osanna al Figlio di David” è l’inno che introduce la celebrazione della Domenica delle Palme, è anche il canto che l’assemblea in cammino intona dopo le parole del sacerdote che dice: “Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme, che acclamavano Gesù, Re e Signore, e avviamoci in pace”. Con i rami di ulivo, processionalmente si entrava in chiesa, iniziando così la Settimana Santa, accompagnata dall’ascolto della Passione del Signore proclamata ben due volte: la domenica e il Venerdì santo. Un rito caro alle nostre comunità. Quest’anno lo dovremo interiorizzare vivendolo nelle famiglie all’ascolto della parola (qui le letture della Domenica), lasciandoci aiutare dalle immagini ma anche da un particolare atteggiamento spirituale.

La grande settimana

Questa domenica che precede la Pasqua è chiamata dai liturgisti “la grande settimana”, segnata dal mistero del dolore che si arresta al Sabato santo in attesa della Pasqua. Possiamo chiamarla anche “settimana di passione” a motivo non solo della doppia lettura dei testi evangelici della passione, ma anche a motivo ascolto dei quattro canti del Servo di YHWH, definiti del “Servo Sofferente” tratti dal profeta Isaia. Una “colonna sonora” che non crea certo distonia con il contesto che stiamo vivendo. Se qualche volta ci viene da dire: “Dov’è Dio”, questa domenica di risponde: “È qui in mezzo a noi”, egli ha fatto il suo ingresso nel mistero del dolore, affinché noi non perdessimo la speranza. Gesù entra a Gerusalemme, accolto con canti festosi, esultanza di popolo, al grido “Osanna” (Mt 21,9). Ma i canti di festa si tramutano, di lì a qualche giorno, come ci racconta il vangelo della passione, in urla rabbiose che lo condannano a morte (Mt 27,22-23). La folla è uno degli elementi caratteristici delle vicende narrate in questo lungo Evangelo. Dapprima la folla (Mt 21,8) riconosce in Gesù il profeta di Nazareth (v. 11) e l’inviato del Signore (v. 9), poi sempre la folla si erge a giudice in tribunale davanti a Pilato che commette il più grande “peccato di omissione” della storia lavandosi le mani (Mt 27,34). La folla farà da corteo a Giuda che si reca da Gesù per l’arresto, mandata dai sacerdoti e dagli anziani del popolo, armata di bastoni (Mt 26, 47); ad essa Gesù si rivolge chiedendo una spiegazione riguardo a questo atteggiamento, mai emerso quando nei giorni precedenti era al tempio e insegnava (v. 55).

Chissà, quanti sono passati dagli “applausi a Gesù” al grido di condanna!

Quando il testo parla della folla, compaiono sempre i sacerdoti e gli anziani in veste di “suggeritore occulto”. La sua azione trasforma le individualità in viltà, sfruttando la semplicità popolare che degenera in “populismo”. La folla diviene allora l’amplificatore dei peggiori istinti dell’uomo. Qual è l’atteggiamento di Gesù, di fronte alla sua condizione di indagato, accusato, arrestato ed infine di condannato? Il processo di piazza della folla, il processo del sinedrio, sembrano dominare sull’imputato, ma è in realtà Gesù a dominare la situazione. È Lui che decide, Lui stabilisce l’ora e il giorno della condanna e della sentenza. È Lui che decide di non difendersi con una schiera di angeli al suo comando, quando toglie la spada a chi voleva difenderlo dall’arresto (Mt 26, 52-53).

Il bene ed il male

Il Vangelo della Passione evidenzia, anche, lo scontro decisivo tra il bene ed il male. L’atto d’amore supremo di Gesù genera l’odio più profondo e sembra concentrarsi proprio negli ultimi eventi della vita di Gesù. In Lui sembra esserci la consapevolezza che si sta “giocando” la partita decisiva. Il male a sua volta concentra tutta la sua potenza, per trascinare nell’abisso il progetto della salvezza. “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello” ascolteremo nella Sequenza di Pasqua, ma il combattimento, nella logica umana, non ha la certezza della facile vittoria. Il male ha la forza di trascinare l’uomo nelle tenebre e se non si scorge il piano inclinato che il Principe delle Tenebre ha preparato. Il degrado raggiunge l’abisso del male e l’uomo si costruisce il suo inferno.

Il duello ha un vincitore apparente.

La morte sembra avere l’ultima parola, ma essa “è stata ingoiata per la vittoria” ci ricorda san Paolo (1Cor 15,54). La vita ha ricollocato la morte nell’ambito del provvisorio, grazie al circuito dell’amore che troviamo espresso nel Vangelo della Passione: l’Eucarestia, il Getzemani, la Croce. In quell’ultima Cena che Gesù trasforma nella prima del tempo nuovo, egli esprime l’atto d’amore nel dono di sé, è la sua consegna ai suoi discepoli e lo spezzare il pane che è il suo corpo, anticipa l’evento della croce. Un atto d’amore compiuto nell’intimità di una tenerezza corrisposta. L’uscita verso il Getzemani, segna la tappa dell’amore, messo alla prova dal dolore dell’abbandono. La ferita interiore del dubbio penetra in profondità, ma il tutto si conferma con la fiducia totale che si fa abbandono tra le braccia del Padre. La croce diviene ormai il talamo nuziale, dove consumare quell’amore indissolubile con l’umanità, già fatto proprio e confermato. Le ferite del male, che hanno segnato l’intimo della volontà e del cuore di Gesù, sono ora visibili sul corpo ormai donato. La croce diventa una sorta di rito esplicativo, del supremo atto d’amore celebrato. San Tommaso tradurrà nell’Adoro te Devote questo “sovrapporsi” di immagini: il corpo sfigurato di Cristo sulla croce, e il Corpo di Cristo che è l’Eucaristia: “sulla croce era nascosta la sola divinità. Ma qui (nell’eucaristia) è celata anche l’umanità”. La fede in entrambe ci salverà. don Andrea Rossi]]>
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Domenica delle Palme – 5 aprile 2020

“Osanna al Figlio di David” è l’inno che introduce la celebrazione della Domenica delle Palme, è anche il canto che l’assemblea in cammino intona dopo le parole del sacerdote che dice: “Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme, che acclamavano Gesù, Re e Signore, e avviamoci in pace”. Con i rami di ulivo, processionalmente si entrava in chiesa, iniziando così la Settimana Santa, accompagnata dall’ascolto della Passione del Signore proclamata ben due volte: la domenica e il Venerdì santo. Un rito caro alle nostre comunità. Quest’anno lo dovremo interiorizzare vivendolo nelle famiglie all’ascolto della parola (qui le letture della Domenica), lasciandoci aiutare dalle immagini ma anche da un particolare atteggiamento spirituale.

La grande settimana

Questa domenica che precede la Pasqua è chiamata dai liturgisti “la grande settimana”, segnata dal mistero del dolore che si arresta al Sabato santo in attesa della Pasqua. Possiamo chiamarla anche “settimana di passione” a motivo non solo della doppia lettura dei testi evangelici della passione, ma anche a motivo ascolto dei quattro canti del Servo di YHWH, definiti del “Servo Sofferente” tratti dal profeta Isaia. Una “colonna sonora” che non crea certo distonia con il contesto che stiamo vivendo. Se qualche volta ci viene da dire: “Dov’è Dio”, questa domenica di risponde: “È qui in mezzo a noi”, egli ha fatto il suo ingresso nel mistero del dolore, affinché noi non perdessimo la speranza. Gesù entra a Gerusalemme, accolto con canti festosi, esultanza di popolo, al grido “Osanna” (Mt 21,9). Ma i canti di festa si tramutano, di lì a qualche giorno, come ci racconta il vangelo della passione, in urla rabbiose che lo condannano a morte (Mt 27,22-23). La folla è uno degli elementi caratteristici delle vicende narrate in questo lungo Evangelo. Dapprima la folla (Mt 21,8) riconosce in Gesù il profeta di Nazareth (v. 11) e l’inviato del Signore (v. 9), poi sempre la folla si erge a giudice in tribunale davanti a Pilato che commette il più grande “peccato di omissione” della storia lavandosi le mani (Mt 27,34). La folla farà da corteo a Giuda che si reca da Gesù per l’arresto, mandata dai sacerdoti e dagli anziani del popolo, armata di bastoni (Mt 26, 47); ad essa Gesù si rivolge chiedendo una spiegazione riguardo a questo atteggiamento, mai emerso quando nei giorni precedenti era al tempio e insegnava (v. 55).

Chissà, quanti sono passati dagli “applausi a Gesù” al grido di condanna!

Quando il testo parla della folla, compaiono sempre i sacerdoti e gli anziani in veste di “suggeritore occulto”. La sua azione trasforma le individualità in viltà, sfruttando la semplicità popolare che degenera in “populismo”. La folla diviene allora l’amplificatore dei peggiori istinti dell’uomo. Qual è l’atteggiamento di Gesù, di fronte alla sua condizione di indagato, accusato, arrestato ed infine di condannato? Il processo di piazza della folla, il processo del sinedrio, sembrano dominare sull’imputato, ma è in realtà Gesù a dominare la situazione. È Lui che decide, Lui stabilisce l’ora e il giorno della condanna e della sentenza. È Lui che decide di non difendersi con una schiera di angeli al suo comando, quando toglie la spada a chi voleva difenderlo dall’arresto (Mt 26, 52-53).

Il bene ed il male

Il Vangelo della Passione evidenzia, anche, lo scontro decisivo tra il bene ed il male. L’atto d’amore supremo di Gesù genera l’odio più profondo e sembra concentrarsi proprio negli ultimi eventi della vita di Gesù. In Lui sembra esserci la consapevolezza che si sta “giocando” la partita decisiva. Il male a sua volta concentra tutta la sua potenza, per trascinare nell’abisso il progetto della salvezza. “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello” ascolteremo nella Sequenza di Pasqua, ma il combattimento, nella logica umana, non ha la certezza della facile vittoria. Il male ha la forza di trascinare l’uomo nelle tenebre e se non si scorge il piano inclinato che il Principe delle Tenebre ha preparato. Il degrado raggiunge l’abisso del male e l’uomo si costruisce il suo inferno.

Il duello ha un vincitore apparente.

La morte sembra avere l’ultima parola, ma essa “è stata ingoiata per la vittoria” ci ricorda san Paolo (1Cor 15,54). La vita ha ricollocato la morte nell’ambito del provvisorio, grazie al circuito dell’amore che troviamo espresso nel Vangelo della Passione: l’Eucarestia, il Getzemani, la Croce. In quell’ultima Cena che Gesù trasforma nella prima del tempo nuovo, egli esprime l’atto d’amore nel dono di sé, è la sua consegna ai suoi discepoli e lo spezzare il pane che è il suo corpo, anticipa l’evento della croce. Un atto d’amore compiuto nell’intimità di una tenerezza corrisposta. L’uscita verso il Getzemani, segna la tappa dell’amore, messo alla prova dal dolore dell’abbandono. La ferita interiore del dubbio penetra in profondità, ma il tutto si conferma con la fiducia totale che si fa abbandono tra le braccia del Padre. La croce diviene ormai il talamo nuziale, dove consumare quell’amore indissolubile con l’umanità, già fatto proprio e confermato. Le ferite del male, che hanno segnato l’intimo della volontà e del cuore di Gesù, sono ora visibili sul corpo ormai donato. La croce diventa una sorta di rito esplicativo, del supremo atto d’amore celebrato. San Tommaso tradurrà nell’Adoro te Devote questo “sovrapporsi” di immagini: il corpo sfigurato di Cristo sulla croce, e il Corpo di Cristo che è l’Eucaristia: “sulla croce era nascosta la sola divinità. Ma qui (nell’eucaristia) è celata anche l’umanità”. La fede in entrambe ci salverà. don Andrea Rossi]]>
L’agonia di Gesù https://www.lavoce.it/agonia-gesu/ Fri, 12 Apr 2019 09:20:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54370 logo reubrica commento al Vangelo

“Entrato nella lotta pregava più intensamente”, scrive l’evangelista Luca di Gesù che vive la sua tragica Ora nel Getsemani. È la Domenica delle Palme nell’Anno liturgico C, e la liturgia ci propone l’ascolto della “Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca”.

Il Vangelo della Domenica delle Palme

Il terzo Vangelo presenta un racconto della Passione descritto con un fervore e un coinvolgimento unici. Non risparmia nulla: dileggi, rifiuti, violenze, buio, tradimenti, rinnegamenti e umiliazioni.

Non potendo qui considerare l’intera narrazione, ci soffermiamo sulla prima ’tappa’ della Passione: la preghiera nel Getsemani.

Rispetto agli altri due sinottici, Luca non parla dei sentimenti di Gesù, ma inserisce tre elementi suoi propri: l’angelo del Cielo, l’agonia e il sudore come di sangue. Può sconcertare il confronto tra il potere che Gesù manifesta con i miracoli o la luminosità che gli viene concessa sul monte della Trasfigurazione, con la ‘debolezza’ che lo caratterizza nel Getsemani, ma “egli è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato” (Eb 4,15).

E Luca, grazie alla maggiore ricchezza e appropriatezza terminologica con cui descrive le malattie dei miracolati da Gesù e che per questo la tradizione ha sempre ritenuto che fosse stato medico o comunque dotato di un patrimonio culturale e scientifico che lo ha reso molto sensibile alle vicende dolorose, ci presenta con estrema chiarezza il tragico momento verificatosi nel Getsemani.

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA Libro del profeta Isaia 50,4-7

SALMO RESPONSORIALE Salmo 21

SECONDA LETTURA Lettera di Paolo ai Filippesi 2,6-11

VANGELO Vangelo di Luca 22,14-23,56

L'angelo

L’angelo che appare a Gesù verrebbe ad “integrare le risorse umane di Gesù” (Leon Morris, 478) che altrimenti, in questo caso, nessuna ‘medicina’ potrebbe rinvigorire. La sua presenza confortatrice nonché la successiva ’sudorazione’ sono perfettamente in armonia con l’ardore stilistico dell’evangelista e con il messaggio che si prefigge di trasmettere. Gli angeli sono un ‘elemento’ costantemente presente nel Vangelo lucano. In quel luogo del Getsemani l’angelo del cielo è infatti e soprattutto la risposta del Padre alla preghiera del Figlio che viene così rinforzato e incoraggiato.

L'agonia

L’evangelista e ‘medico’ Luca parla anche dello stato di agonia in cui Gesù entra. Tuttavia dobbiamo mettere in guardia che per ‘agonia’ non si intende il significato che ha erroneamente assunto nella mentalità odierna ed esprimente l’atteggiamento passivo di chi sta per morire (semmai il morente ’lotta’ per la vita!). ‘Agonia’ è uguale a ‘lotta’, ‘corsa’, ‘gara’, indica cioè qualcosa di assolutamente dinamico.

‘Agon’ è un termine molto caro a san Paolo ed ogni volta che lo utilizza trasmette tutta l’intensità dell’atleta che gareggia perché altri vincano conservando il dono della fede. Similmente il verbo ‘agonizzare’, benché usato poche volte nel NT, si riferisce direttamente o metaforicamente allo sforzo per la conquista della vita eterna.

L’evangelista Luca nel riferire le parole di Gesù circa la necessità di entrare nella ‘porta stretta’ usa il verbo in questione che viene tradotto per lo più dalle edizioni moderne con ‘sforzatevi’, ma letteralmente il verbo è ‘lottate’ “per entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare ma non vi entreranno” ( Lc 13,24).

Questi passaggi ci permettono di comprendere in profondità lo sforzo ‘agonistico’ di Gesù che non è privo di sentimenti, non è esente da strazio interiore. Anche se Luca non fa cenno all’interiorità di Gesù, non per questo si deve pensare ad un Gesù che affronta stoicamente la prova del dolore mortale.

Ogni evangelista ha la sua originalità e agli occhi del medico Luca è importante rilevare le reazioni fisiche (senza dimenticare che ha appena descritto la presenza dell’angelo confortatore, quindi sono scontate le sue emozioni interiori!).

Il sudore di sangue

Gesù infatti è in agonia e nello stesso tempo suda “come gocce di sangue”, cioè presenta i sintomi di uno che stacombattendo contro la morte, e il sostantivo ‘agonia’ è connesso col significato di ‘combattimento vittorioso’ dell’atleta o del soldato perché l’estremo sforzo in gara o in guerra è proprio di chi ce la mette tutta per vincere. Il combattente e orante Gesù raggiunge uno sforzo così imponente che il suo “sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”.

Concretamente, non fuoriesce sangue dal corpo di Gesù, tuttavia la copiosità del sudore è tale da essere equiparabile al sangue. È il così detto fenomeno dell’ ematidrosi di cui parla l’anatomopatologo Pierluigi Baima Bollone (Gli ultimi giorni di Gesù) che suppone che Gesù abbia sofferto anche la ‘nevrosi d’organo’: in conseguenza della tristezza, dello spavento e dell’angoscia, oltre alla sudorazione intensissima, ha provato affanno, alterazioni, cardiopalmi e dolori cardiaci, forti vertigini, il tutto causato dall’imponenza del combattimento.

Queste osservazioni specialistiche ci consentono di ‘entrare’ nel Getsemani con maggior consapevolezza, di rimanere esterrefatti e incapaci di pronunciare parola di fronte a questo amore estremo che non lascia vincere la morte: “dopo il suo intimo tormento Gesù vedrà la luce” (Is 53,11).

Giuseppina Bruscolotti

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“Entrato nella lotta pregava più intensamente”, scrive l’evangelista Luca di Gesù che vive la sua tragica Ora nel Getsemani. È la Domenica delle Palme nell’Anno liturgico C, e la liturgia ci propone l’ascolto della “Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca”.

Il Vangelo della Domenica delle Palme

Il terzo Vangelo presenta un racconto della Passione descritto con un fervore e un coinvolgimento unici. Non risparmia nulla: dileggi, rifiuti, violenze, buio, tradimenti, rinnegamenti e umiliazioni.

Non potendo qui considerare l’intera narrazione, ci soffermiamo sulla prima ’tappa’ della Passione: la preghiera nel Getsemani.

Rispetto agli altri due sinottici, Luca non parla dei sentimenti di Gesù, ma inserisce tre elementi suoi propri: l’angelo del Cielo, l’agonia e il sudore come di sangue. Può sconcertare il confronto tra il potere che Gesù manifesta con i miracoli o la luminosità che gli viene concessa sul monte della Trasfigurazione, con la ‘debolezza’ che lo caratterizza nel Getsemani, ma “egli è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato” (Eb 4,15).

E Luca, grazie alla maggiore ricchezza e appropriatezza terminologica con cui descrive le malattie dei miracolati da Gesù e che per questo la tradizione ha sempre ritenuto che fosse stato medico o comunque dotato di un patrimonio culturale e scientifico che lo ha reso molto sensibile alle vicende dolorose, ci presenta con estrema chiarezza il tragico momento verificatosi nel Getsemani.

LA PAROLA della Domenica

PRIMA LETTURA Libro del profeta Isaia 50,4-7

SALMO RESPONSORIALE Salmo 21

SECONDA LETTURA Lettera di Paolo ai Filippesi 2,6-11

VANGELO Vangelo di Luca 22,14-23,56

L'angelo

L’angelo che appare a Gesù verrebbe ad “integrare le risorse umane di Gesù” (Leon Morris, 478) che altrimenti, in questo caso, nessuna ‘medicina’ potrebbe rinvigorire. La sua presenza confortatrice nonché la successiva ’sudorazione’ sono perfettamente in armonia con l’ardore stilistico dell’evangelista e con il messaggio che si prefigge di trasmettere. Gli angeli sono un ‘elemento’ costantemente presente nel Vangelo lucano. In quel luogo del Getsemani l’angelo del cielo è infatti e soprattutto la risposta del Padre alla preghiera del Figlio che viene così rinforzato e incoraggiato.

L'agonia

L’evangelista e ‘medico’ Luca parla anche dello stato di agonia in cui Gesù entra. Tuttavia dobbiamo mettere in guardia che per ‘agonia’ non si intende il significato che ha erroneamente assunto nella mentalità odierna ed esprimente l’atteggiamento passivo di chi sta per morire (semmai il morente ’lotta’ per la vita!). ‘Agonia’ è uguale a ‘lotta’, ‘corsa’, ‘gara’, indica cioè qualcosa di assolutamente dinamico.

‘Agon’ è un termine molto caro a san Paolo ed ogni volta che lo utilizza trasmette tutta l’intensità dell’atleta che gareggia perché altri vincano conservando il dono della fede. Similmente il verbo ‘agonizzare’, benché usato poche volte nel NT, si riferisce direttamente o metaforicamente allo sforzo per la conquista della vita eterna.

L’evangelista Luca nel riferire le parole di Gesù circa la necessità di entrare nella ‘porta stretta’ usa il verbo in questione che viene tradotto per lo più dalle edizioni moderne con ‘sforzatevi’, ma letteralmente il verbo è ‘lottate’ “per entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare ma non vi entreranno” ( Lc 13,24).

Questi passaggi ci permettono di comprendere in profondità lo sforzo ‘agonistico’ di Gesù che non è privo di sentimenti, non è esente da strazio interiore. Anche se Luca non fa cenno all’interiorità di Gesù, non per questo si deve pensare ad un Gesù che affronta stoicamente la prova del dolore mortale.

Ogni evangelista ha la sua originalità e agli occhi del medico Luca è importante rilevare le reazioni fisiche (senza dimenticare che ha appena descritto la presenza dell’angelo confortatore, quindi sono scontate le sue emozioni interiori!).

Il sudore di sangue

Gesù infatti è in agonia e nello stesso tempo suda “come gocce di sangue”, cioè presenta i sintomi di uno che stacombattendo contro la morte, e il sostantivo ‘agonia’ è connesso col significato di ‘combattimento vittorioso’ dell’atleta o del soldato perché l’estremo sforzo in gara o in guerra è proprio di chi ce la mette tutta per vincere. Il combattente e orante Gesù raggiunge uno sforzo così imponente che il suo “sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”.

Concretamente, non fuoriesce sangue dal corpo di Gesù, tuttavia la copiosità del sudore è tale da essere equiparabile al sangue. È il così detto fenomeno dell’ ematidrosi di cui parla l’anatomopatologo Pierluigi Baima Bollone (Gli ultimi giorni di Gesù) che suppone che Gesù abbia sofferto anche la ‘nevrosi d’organo’: in conseguenza della tristezza, dello spavento e dell’angoscia, oltre alla sudorazione intensissima, ha provato affanno, alterazioni, cardiopalmi e dolori cardiaci, forti vertigini, il tutto causato dall’imponenza del combattimento.

Queste osservazioni specialistiche ci consentono di ‘entrare’ nel Getsemani con maggior consapevolezza, di rimanere esterrefatti e incapaci di pronunciare parola di fronte a questo amore estremo che non lascia vincere la morte: “dopo il suo intimo tormento Gesù vedrà la luce” (Is 53,11).

Giuseppina Bruscolotti

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Spogliato e umiliato https://www.lavoce.it/spogliato-e-umiliato/ Fri, 23 Mar 2018 08:00:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51481 logo reubrica commento al Vangelo

“Dei molteplici aspetti sui quali potremmo sostare per vivere pienamente la più intensa settimana dell’anno liturgico che con la Domenica delle Palme (o della Passione) ha inizio, soffermiamoci sull’aspetto dell’umiliazione subita da Gesù nel corso della terribile Passione. Di Essa possiamo infatti richiamare alla mente l’assurdità della condanna, l’angoscia della solitudine nel Getsemani, l’atroce supplizio della coronazione, della flagellazione e della crocifissione, la menzogna diffusa dopo la sepoltura, ma, dovendo scegliere a causa dello spazio, approfondiamo il dileggio morale subìto da Gesù. La I lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, coincide con il ‘terzo canto del servo’, canto in cui vengono presentate le caratteristiche di un ‘servo/discepolo’ a cui il Signore ha “aperto l’orecchio”, espressione quest’ultima che allude all’uso di forare l’orecchio del servo da parte del padrone. L’ ‘apertura’ dell’orecchio era quindi il segno del legame che il servo aveva con il padrone per tutta la vita, nonché la sua indole pronta ad ‘ascoltare’ ed eseguire i comandi accettando tutto quanto ne conseguiva. Così il ‘servo’ del Signore è indissolubilmente legato alla Sua Parola, la asseconda e si sottopone alle sofferenze che sembrano essere necessarie per ottenere la salvezza. In questo caso, non sono considerate solo le sofferenze fisiche, ma anche gli oltraggi morali poiché questo servo dichiara di “non aver sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”. Anche il salmista, nell’elencare le angosce di un innocente perseguitato, mette al primo posto proprio i dileggi morali: “si fanno beffe di me, storcono le labbra, scuotono il capo” come a dire il disprezzo che nutrono i passanti nei suoi riguardi. Questa condizione di ‘abbassamento’, di rifiuto, come di chi è il peggior delinquente, Gesù che “era in tutto uguale agli uomini fuorché nel peccato” (Eb 4) l’ha vissuta pienamente tanto che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (la più infame del- le condanne a morte). E allora accogliamo il messaggio della Passione secondo Marco, evangelista che ci presenta Gesù come agnello condotto al macello, come Colui che, silenzioso, si sottopone ai dileggi perché, dopo la prima risposta data a Pilato (“tu lo dici”) per ‘riascoltare’ la voce di Gesù dobbiamo attendere l’attimo prima della morte quando si rivolgerà al Padre con le parole del Salmo con cui la liturgia ci propone di rispondere: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (parole che Marco fa pronunciare a Gesù in aramaico in sintonia con quanto aveva espresso nella notte dell’agonia, “abbà”, in tono di assoluta familiarità col Padre). Nel Vangelo si trova poi il compimento degli annunci del profeta e del salmista quando fa presente che “i passanti lo insultavano e, scuotendo il capo” lo provocavano e quando narra che “anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui” lo deridevano. “E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano”. Ma sostiamo su un’umiliazione che ha dovuto subire: la spogliazione. Gesù viene condotto nel cortile del palazzo di Pilato da parte dei soldati che, si sa (!), sfogavano la loro rabbia nei riguardi dei prigionieri! È addirittura nominata “tutta la coorte”, equivalente alla decima parte di una legione e cioè 600 soldati che dovevano vigilare in Gerusalemme. Non possiamo (forse) immaginare che un numero così alto di uomini possa aver oltraggiato Gesù, ma di certo la precisazione “tutta la coorte” sta ad indicare un’unanimità di assurdi intenti. E la descrizione continua facendo notare che Gesù viene vestito di porpora. Quindi hanno spogliato Gesù, per vestirlo di “porpora”. La porpora era molto costosa e di fatto era usata per l’abbigliamento regale, quindi si può supporre che i soldati abbiano usato in realtà uno dei loro mantelli scarlatti (come riferisce Mt 27,28). Gesù, che già è stato flagellato, viene anche coronato nel capo con un casco spinoso e “con una canna gli percuotono il capo”. La follia ancora continua perché i soldati gli sputano addosso e con fare canzonatorio lo venerano inginocchiandosi innanzi ed insultandolo. A questo punto, di nuovo lo spogliano della ‘porpora’ e gli rimettono i suoi vestiti. E ancora lo ri-spoglieranno al momento della crocifissione (“si divisero le sue vesti”). Come si permette un uomo di spogliare un suo simile? C’era relazione tra l’essere spogliati e il concetto di ‘maledizione’. Con l’atto dello spogliare al condannato si negava qualsiasi rivendicazione di dignità. Veniva ufficialmente e pubblicamente dichiarato escluso dalla società e ritenuto una ‘nullità’. Con tale gesto non solo veniva negata la vita fisica dell’individuo perché era chiaro che veniva ucciso violentemente, ma soprattutto gli veniva strappata la sua dignità di essere umano. Inoltre, Gesù è stato in croce deprivato delle sue vesti per sei ore perché Marco ci informa della spogliazione e poi in modo preciso descrive il seguito (ora terza, sesta e nona) fino al momento della morte, momento preceduto dal sentirsi ‘spogliato’ anche della presenza divina (“... perché mi hai abbandonato?”). Un mistico umbro ha fatto della Passione di Cristo un così centrale interesse da produrvi tra le più alte liriche medievali che ci aiutano a penetrare l’amarezza della nudità sperimentata da Gesù. Ciò è anche un motivo di riflessione circa coloro che, bambini, donne, uomini, vengono oggi spogliati senza scrupolo della loro dignità. Le parole che il beato Jacopone da Todi rivolge alla Madonna siano il nostro grido perché più nessuno venga offeso: “Soccurri, plena de doglia, cà ’l tuo figliol se spoglia; la gente par che voglia che sia martirizzato”. (Donna de Paradiso).
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA Isaia 50,4-7 SALMO RESPONSORIALE Salmo 21 SECONDA LETTURA Dalla Lettera ai Filippesi 2,6-11 VANGELO Dal Vangelo di Marco 14,1-15,47  ]]>
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“Dei molteplici aspetti sui quali potremmo sostare per vivere pienamente la più intensa settimana dell’anno liturgico che con la Domenica delle Palme (o della Passione) ha inizio, soffermiamoci sull’aspetto dell’umiliazione subita da Gesù nel corso della terribile Passione. Di Essa possiamo infatti richiamare alla mente l’assurdità della condanna, l’angoscia della solitudine nel Getsemani, l’atroce supplizio della coronazione, della flagellazione e della crocifissione, la menzogna diffusa dopo la sepoltura, ma, dovendo scegliere a causa dello spazio, approfondiamo il dileggio morale subìto da Gesù. La I lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, coincide con il ‘terzo canto del servo’, canto in cui vengono presentate le caratteristiche di un ‘servo/discepolo’ a cui il Signore ha “aperto l’orecchio”, espressione quest’ultima che allude all’uso di forare l’orecchio del servo da parte del padrone. L’ ‘apertura’ dell’orecchio era quindi il segno del legame che il servo aveva con il padrone per tutta la vita, nonché la sua indole pronta ad ‘ascoltare’ ed eseguire i comandi accettando tutto quanto ne conseguiva. Così il ‘servo’ del Signore è indissolubilmente legato alla Sua Parola, la asseconda e si sottopone alle sofferenze che sembrano essere necessarie per ottenere la salvezza. In questo caso, non sono considerate solo le sofferenze fisiche, ma anche gli oltraggi morali poiché questo servo dichiara di “non aver sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”. Anche il salmista, nell’elencare le angosce di un innocente perseguitato, mette al primo posto proprio i dileggi morali: “si fanno beffe di me, storcono le labbra, scuotono il capo” come a dire il disprezzo che nutrono i passanti nei suoi riguardi. Questa condizione di ‘abbassamento’, di rifiuto, come di chi è il peggior delinquente, Gesù che “era in tutto uguale agli uomini fuorché nel peccato” (Eb 4) l’ha vissuta pienamente tanto che “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (la più infame del- le condanne a morte). E allora accogliamo il messaggio della Passione secondo Marco, evangelista che ci presenta Gesù come agnello condotto al macello, come Colui che, silenzioso, si sottopone ai dileggi perché, dopo la prima risposta data a Pilato (“tu lo dici”) per ‘riascoltare’ la voce di Gesù dobbiamo attendere l’attimo prima della morte quando si rivolgerà al Padre con le parole del Salmo con cui la liturgia ci propone di rispondere: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (parole che Marco fa pronunciare a Gesù in aramaico in sintonia con quanto aveva espresso nella notte dell’agonia, “abbà”, in tono di assoluta familiarità col Padre). Nel Vangelo si trova poi il compimento degli annunci del profeta e del salmista quando fa presente che “i passanti lo insultavano e, scuotendo il capo” lo provocavano e quando narra che “anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui” lo deridevano. “E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano”. Ma sostiamo su un’umiliazione che ha dovuto subire: la spogliazione. Gesù viene condotto nel cortile del palazzo di Pilato da parte dei soldati che, si sa (!), sfogavano la loro rabbia nei riguardi dei prigionieri! È addirittura nominata “tutta la coorte”, equivalente alla decima parte di una legione e cioè 600 soldati che dovevano vigilare in Gerusalemme. Non possiamo (forse) immaginare che un numero così alto di uomini possa aver oltraggiato Gesù, ma di certo la precisazione “tutta la coorte” sta ad indicare un’unanimità di assurdi intenti. E la descrizione continua facendo notare che Gesù viene vestito di porpora. Quindi hanno spogliato Gesù, per vestirlo di “porpora”. La porpora era molto costosa e di fatto era usata per l’abbigliamento regale, quindi si può supporre che i soldati abbiano usato in realtà uno dei loro mantelli scarlatti (come riferisce Mt 27,28). Gesù, che già è stato flagellato, viene anche coronato nel capo con un casco spinoso e “con una canna gli percuotono il capo”. La follia ancora continua perché i soldati gli sputano addosso e con fare canzonatorio lo venerano inginocchiandosi innanzi ed insultandolo. A questo punto, di nuovo lo spogliano della ‘porpora’ e gli rimettono i suoi vestiti. E ancora lo ri-spoglieranno al momento della crocifissione (“si divisero le sue vesti”). Come si permette un uomo di spogliare un suo simile? C’era relazione tra l’essere spogliati e il concetto di ‘maledizione’. Con l’atto dello spogliare al condannato si negava qualsiasi rivendicazione di dignità. Veniva ufficialmente e pubblicamente dichiarato escluso dalla società e ritenuto una ‘nullità’. Con tale gesto non solo veniva negata la vita fisica dell’individuo perché era chiaro che veniva ucciso violentemente, ma soprattutto gli veniva strappata la sua dignità di essere umano. Inoltre, Gesù è stato in croce deprivato delle sue vesti per sei ore perché Marco ci informa della spogliazione e poi in modo preciso descrive il seguito (ora terza, sesta e nona) fino al momento della morte, momento preceduto dal sentirsi ‘spogliato’ anche della presenza divina (“... perché mi hai abbandonato?”). Un mistico umbro ha fatto della Passione di Cristo un così centrale interesse da produrvi tra le più alte liriche medievali che ci aiutano a penetrare l’amarezza della nudità sperimentata da Gesù. Ciò è anche un motivo di riflessione circa coloro che, bambini, donne, uomini, vengono oggi spogliati senza scrupolo della loro dignità. Le parole che il beato Jacopone da Todi rivolge alla Madonna siano il nostro grido perché più nessuno venga offeso: “Soccurri, plena de doglia, cà ’l tuo figliol se spoglia; la gente par che voglia che sia martirizzato”. (Donna de Paradiso).
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA Isaia 50,4-7 SALMO RESPONSORIALE Salmo 21 SECONDA LETTURA Dalla Lettera ai Filippesi 2,6-11 VANGELO Dal Vangelo di Marco 14,1-15,47  ]]>
La preghiera come lotta https://www.lavoce.it/la-preghiera-lotta/ Tue, 04 Apr 2017 08:46:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=49738 AltareBibbiaLa domenica delle Palme dell’anno A segue la passione di Cristo secondo Matteo che presenta, tra le varie, la caratteristica di porre in risalto l’adempimento delle Scritture. Il cielo che si oscura in pieno giorno richiama la scena già descritta da Amos, l’aceto che viene dato a Gesù è già stato anticipato dal Salmo 69, così come il Salmo 22 fa da sfondo agli episodi del supplizio patito da Gesù.

Anche alcuni fatti sono tipici di Matteo, come il suicidio di Giuda, il sogno della moglie di Pilato, il ‘lavarsi le mani’ di Pilato e la presenza di alcune donne che da lontano assistono alla crocifissione, con specificati i loro nomi.

Cinque sono i ‘discorsi’ che compongono il Vangelo di Matteo e cinque sono le tappe della Passione: l’istituzione dell’eucaristia, il Getsemani, l’arresto e la condanna, il martirio fisico, la morte e la sepoltura.

Qui approfondiremo un aspetto: il Getsemani, luogo dove i mistici collocano il momento più alto della Passione perché lì Gesù “già vede con terribile chiarezza tutti i tormenti che gli riservano le ore della sua passione” (Beata Speranza), luogo da dove Pascal si sente dire da Gesù: “Quelle gocce di sangue le ho versate per te”.

Il Getsemani (‘frantoio per l’olio’) è un podere situato nella valle del Cedron, ai piedi del monte degli Ulivi, usato dai pellegrini che si dirigevano a Gerusalemme per sostare di notte. Qui vi si concentra l’umana debolezza di Gesù, il massimo dello strazio interiore. Gesù vuole con sé i tre apostoli degli eventi più significativi, Pietro, Giacomo e Giovanni, e comincia a “rattristarsi e angosciarsi”. Poi si reca un poco avanti rispetto ai tre e si getta con il volto a terra e prega: “Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Non però come voglio io, ma come vuoi tu”.

Dei Vangeli sinottici, Matteo è quello che, nella totalità della sua opera, parla di meno dell’attività orante di Gesù, ma qui nel Getsemani evidenzia tutta la profondità e qualità del suo pregare. E lo fa distinguendo i vari aspetti che ne delineano il modello da imitare (26,30-44): Gesù prega con i Salmi insieme ai Dodici, con parole sue nell’intimità con il Padre, con la prostrazione del corpo, con insistenza, in atteggiamento di richiesta e abbandono fiducioso, vegliando e invitando a vegliare.

Ma la preghiera è soprattutto una lotta! Gesù è nella solitudine più totale perché neppure i suoi riescono a “vegliare con lui per un’ora”.

Amarezza, solitudine e un ‘calice’ da bere. Per il giudaismo biblico il calice preludeva alla peggiore delle sventure perché conteneva l’ira di Dio che veniva fatta bere ‘fino alla feccia’ ai Suoi nemici, che venivano così condannati irrimediabilmente alla morte. Gesù, Figlio di Dio, innocente, deve bere questo calice dei condannati. E allora subentra la lotta spirituale: accettare o no questo calice? Lo stesso termine greco usato nel Padre nostro (peirasmos) viene qui riproposto, e può voler dire sia ‘tentazione’ che ‘prova’. La prova qui si chiama dolore.

Gesù per ben 3 volte chiede: “Se possibile, passi da me questo calice senza che lo beva”. Si ripropone il complesso dialogo in cui Giobbe chiede a Dio perché si stia nascondendo (13,24), interrogativo che è stato definito da san Girolamo “un’anguilla” perché, quando pensi di averlo afferrato, in realtà ti scivola via.

Il tema della sofferenza è sempre complicato! Alla fine del libro, tuttavia, Giobbe dimostra di superare la prova e arriva al più alto dei livelli, che è quello della “contemplazione del Signore” (42,5). Il dramma della sofferenza, Gesù l’ha vissuto in pieno e fino alla fine, perché la Passione secondo Matteo (e per Marco, non così per Luca e Giovanni) mette in evidenza come le ultime parole di Gesù prima di morire esprimano proprio la durezza dell’abbandono anche da parte del Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.

Alcune eresie dei primi secoli d.C. insistevano tanto sulla natura divina di Gesù da ritenere che il martirio della Passione quasi non lo riguardasse. Ma Gesù, come afferma la Lettera agli Ebrei, “è stato in tutto a nostra somiglianza, eccetto il peccato” (4,15), quindi la violenza morale e fisica l’ha vissuta interamente.

Come è stato per Giobbe, e poi per Gesù, anche a noi può capitare di ‘lottare’, ma ci è dato l’esempio che questi combattimenti preludono a una vittoria al di sopra di qualsiasi logica.

Inchiniamoci dunque, almeno con il desiderio, alla nuda roccia che sta nel presbiterio della chiesa del Getsemani a Gerusalemme. Vegliamo con il Signore nel luogo dell’‘abbandono’ e sentiamoci dire: “Qui Gesù ha sperimentato l’ultima solitudine, tutta la tribolazione dell’essere uomo. Qui l’abisso del peccato e di tutto il male gli è penetrato nel più profondo dell’anima. Qui è stato toccato dallo sconvolgimento della morte imminente. Qui il traditore lo ha baciato. Qui tutti i discepoli lo hanno lasciato. Qui egli ha lottato anche per me” (Papa Benedetto).

Giuseppina Bruscolotti

 

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Cuori desiderosi di unità https://www.lavoce.it/cuori-desiderosi-di-unita/ Fri, 03 Apr 2015 10:22:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31305 Padre Pierbattista Pizzaballa durante la celebrazione della Domenica delle Palme a Gerusalemme
Padre Pierbattista Pizzaballa durante la celebrazione della Domenica delle Palme a Gerusalemme

Il vero sepolcro da aprire è l’idea che non sia possibile cambiare nulla”. Ripercorre il passo evangelico di Marco 16, padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, per descrivere come le comunità cristiane di Terra Santa si apprestino a vivere la Pasqua. Gli echi, nemmeno troppo lontani, delle violenze in Siria, in Iraq, delle persecuzioni delle minoranze non solo cristiane, delle sofferenze dei milioni di rifugiati, ma anche gli annosi problemi che vessano la Terra Santa, il conflitto israelo-palestinese, l’esodo dei cristiani, la mancanza di lavoro e di prospettive future, le famiglie separate dall’occupazione militare: sono questi “i sepolcri da aprire per fare entrare la luce di Cristo e ridare così speranza e vita”. “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?”, dicevano le donne mentre andavano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù con olii aromatici. Ma “guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande”.

Chi aprirà tutti questi sepolcri di cui è piena la Terra Santa?

“La Pasqua ci insegna che Cristo ha consegnato la sua vita e consegnandola l’ha cambiata a tutti. È una forza che non è nostra e alla quale ci consegniamo. Deve essere questo il messaggio. Se contiamo solo sulle nostre forze, non ce la faremo”.

Il sepolcro che, da troppo tempo, racchiude la pace sembra inespugnabile…

“La Pasqua porti coraggio e visione a chi ha le responsabilità delle decisioni. Le strategie sono importanti, l’organizzazione anche, tutto quello che è necessario fare deve essere fatto. Dobbiamo impegnarci per la pace, guai a noi se non lo facessimo – è parte della nostra missione qui – ma non siamo solo noi. Se non alziamo lo sguardo, non riusciremo a leggere la Storia per poter poi superare le difficoltà che ci pone davanti. Alzare lo sguardo è avere una visione del ‘dopo’, pensare alle generazioni future. Non alzarlo è abdicare alla speranza”.

La mancanza di prospettive future per i giovani, l’emigrazione continua sono altri sepolcri dei quali far rotolare via la pietra. Ma come?

“La Terra Santa è luogo di Passione, ma guai a credere che sia solo questo. I giovani vanno esortati a impegnarsi perché ci sono tanti segni di luce, gente che prova a costruirsi percorsi di vita. I giovani devono dare forza a queste luci e a questa speranza, innanzitutto con fantasia, entusiasmo. L’emigrazione è un problema: sono tanti quelli che partono, ma sono molti quelli che restano. Temi come lavoro, casa, famiglia, futuro, vanno affrontati con realismo. I giovani devono scommettere, darsi da fare per conquistare ciò che è possibile, nella consapevolezza che non si può avere tutto. Il primo sepolcro da scardinare è l’idea che non sia possibile cambiare nulla”.

A soffrire non sono solo i giovani ma anche tante famiglie divise a causa dell’occupazione militare.

“La Terra Santa è piena di divisioni, e quella delle famiglie, soprattutto palestinesi, è una di queste. Le divisioni nascono proprio dall’incapacità di vedere l’uno i bisogni dell’altro. Si resta confinati dentro le proprie visioni. Anche in questo àmbito occorre avere la forza e la pazienza di lavorare, aiutare e, laddove non si riesce, di consolare”.

Le drammatiche condizioni in cui vivono associano i milioni di rifugiati siriani e iracheni alla Passione di Cristo. Come parlare loro di Risurrezione?

“Guai a noi a pensare che sia tutto finito! Se guardiamo alla storia della presenza cristiana in Medio Oriente, ci accorgiamo che non è la prima volta che si subiscono violenze. Penso al genocidio armeno di 100 anni fa. Dovevano morire tutti, erano due o tre milioni, oggi ce ne sono circa 20. Senza nulla togliere alla drammaticità del momento, non dobbiamo pensare che siamo alla fine della Storia. Questa la facciamo anche noi con la nostra vita, il nostro cuore, e soprattutto con la nostra forza interiore. Per questa gente bisogna darsi da fare, con la solidarietà certamente, ma anche con la vicinanza spirituale. Hanno una forza dentro che nessun terrorista potrà mai scalfire. La rabbia che si può covare nel vedere tanta violenza perpetrata contro le minoranze, non solo cristiane, deve diventare spinta a porre domande forti alle autorità politiche, alla comunità internazionale, ai media, perché tengano accesa l’attenzione su questa realtà drammatica”.

Solidarietà: le opere della Chiesa, le scuole, gli ospedali, la cura degli anziani, dei giovani, sono tante piccole luci che rischiarano le tenebre di questa terra. Cosa manca a queste fiammelle perché diventino luce forte?

“Manca un po’ di coordinamento, di conoscenza approfondita dei bisogni. In questo ambito il lavoro da fare è ancora molto. Tuttavia è bello vedere tanta solidarietà, che è l’antidoto più potente alla violenza dei terroristi, come lo Stato islamico che vuole troncare la vita delle nostre comunità. Ma non ci riuscirà”.

Un augurio personale per questa Pasqua?

“C’è un detto nella letteratura rabbinica che dice: ‘Un cuore integro è spezzato’. Perché un cuore spezzato è sempre desideroso di ricostituire la propria integrità perduta, è assetato e alla ricerca di unità. Il mio augurio è che in questa Pasqua il cuore di ciascuno si lasci spezzare”.

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La Gmg diocesana a Città di Castello https://www.lavoce.it/la-gmg-diocesana-a-citta-di-castello/ Wed, 01 Apr 2015 15:42:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31202 Un momento della Giornata diocesana della gioventù
Un momento della Giornata diocesana della gioventù

La domenica delle Palme si è celebrata a livello diocesano la Giornata mondiale della gioventù: ogni diocesi è tenuta a organizzare l’evento con proprie iniziative. Il tema scelto per quest’anno era “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”, seguendo la traccia del Discorso della montagna che fa da linea-guida dell’intero cammino di preparazione all’incontro internazionale dei giovani che si svolgerà a Cracovia nel luglio 2016.

Per l’occasione della Gmg diocesana, Papa Francesco ha inviato un messaggio ai giovani ricordando loro che in Cristo si trova il pieno compimento di ogni sogno di bontà e di felicità. Nel Discorso della montagna Gesù ripete per 9 volte la parola “beati” cioè felici. Nel Messaggio il Papa invita i giovani ad andare controcorrente ribellandosi alla diffusa tendenza alla banalizzazione dell’amore e a parlare con Gesù, con il Padre e lo Spirito santo attraverso la preghiera e la lettura del Vangelo, trovando in questo incontro la vera dimensione della beatitudine.

La Pastorale giovanile della diocesi ha organizzato un incontro per i giovani del territorio. Partendo da quattro punti diversi della città, si sono incamminati cantando e, con i rami di ulivo in mano, hanno raggiunto la chiesa di Sant’Agostino.

Dopo la lettura del brano del Vangelo di Marco che descrive l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, Nicola Testamigna ha guidato la riflessione con parole semplici e coinvolgenti. “Anche noi qui – ha detto – siamo chiamati a decidere chi vogliamo essere. Siamo coloro che strappano i rami e accolgono Gesù o ci disinteressiamo a lui? Siamo coloro che gridano ‘osanna, osanna!’ o coloro che pochi giorni dopo grideranno ‘crocifiggilo, crocifiggilo’? Sì, perché Gesù divide. Intorno a lui, alle sue parole, ai suoi gesti, la gente si divide allora come oggi”.

“Siamo passati – ha aggiunto – per il corso e poi in piazza. Avete visto quanta gente, anche giovani; ma noi qui abbiamo scelto di stare con Gesù. Il Signore ha bisogno di noi, con la nostra piccolezza e con le nostre debolezze. Il Signore ha bisogno di un asinello, non di un cavallo, e noi qui ora siamo la ‘stalla degli asinelli’ al servizio del Signore”.

Dopo canti e testimonianze il pomeriggio si è concluso con la cena e poi alle ore 21 nella chiesa di San Domenico è andato in scena il musical Il Risorto.

Il prossimo appuntamento dei giovani della diocesi è con il tradizionale pellegrinaggio di Pasqua che quest’anno si svolgerà nei giorni 6-8 aprile alla volta di Macerata.

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La nostra passione, uniti a Cristo https://www.lavoce.it/la-nostra-passione-uniti-a-cristo/ Wed, 01 Apr 2015 15:21:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31198 Pasqua-2015-terniLa Pasqua inizia dalla fabbrica con la tradizionale celebrazione della domenica delle Palme all’interno dell’Acciaieria di Terni presieduta dal vescovo Piemontese, che in precedenza aveva celebrato all’Alcantara di Nera Montoro la liturgia in preparazione alla Pasqua. Alla messa in Acciaieria hanno preso parte centinaia di lavoratori e i loro familiari, oltre all’amministratore delegato dell’Acciai speciali Terni Lucia Morselli e l’amministratore delegato della Società delle Fucine, il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo, il prefetto Gianfelice Bellesini. Celebrazioni che hanno richiamato i temi del lavoro, ricchezza imprescindibile per la città, nelle parole della Morselli che si è detta ottimista per il futuro: “Quelli trascorsi sono stati mesi difficili, ma siamo riusciti a centrare tutti gli obiettivi che ci eravamo posti”. Non solo risanamento per l’acciaio ternano, ma sviluppo e crescita nel futuro dell’acciaieria, per riportarla al posto che merita sul mercato mondiale. “Adesso l’azienda è in sicurezza – ha aggiunto Morselli -, indietro non si torna”. La celebrazione delle Palme apre la Settimana santa “della passione di Gesù – ha detto il Vescovo – che richiama anche la passione e la sofferenza degli uomini, di tutti coloro che attraverso il lavoro e l’impegno quotidiano affrontano la fatica e la sofferenza, che cercano di stabilire relazioni umane amichevoli e fruttuose. È un tempo di passione anche per la nostra società e per ciascuno di noi, e va letto alla luce di Gesù. Senza Gesù, la nostra passione non ha senso, siamo destinati a precipitare nella disperazione. Dai fatti che accadono ogni giorno ci rendiamo conto sempre di più di questa realtà: guerre, fame, violenza, persecuzioni dei cristiani, la stessa crisi economica, la corruzione, le ruberie, la pazzia della mente umana, pensando all’aereo della Germanwings o all’uccisione del nostro concittadino David Raggi, ucciso senza ragione. Questa passione degli uomini va vissuta e vista alla luce della passione di Gesù. La passione e la risurrezione di Gesù ha immesso energia e vitalità divina nell’uomo e nella terra, perché questo tempo diventi veramente tempo di attese e di speranze, di inversioni e di successi, tempo di concordia e di pace, di benessere, ma anche tempo di responsabilità e cooperazione, tempo di riconciliazione e perdono”.

 

Messa all’Alcantara

All’Alcantara di Nera Montoro, numerosi sono stati i lavoratori convenuti presso la palazzina dell’istituto della ricerca e della tecnologia, insieme al direttore Giovanni Belloni, a Rosa Rodolfo della Bayer, a Federici Monica di Italeaf Ternienergia, a Leonardi Rinaldo della Scat di Terni, per la celebrazione con il Vescovo. “Non è – ha detto mons. Piemontese – un fatto abituale celebrare la messa nel luogo di lavoro, ma in alcune circostanze particolari come quella del precetto pasquale è bello ritrovarsi per viverne insieme il mistero. Tutta la nostra vita è come la Pasqua di Gesù: il lavoro che è fatica, la sofferenza della malattia e della morte fanno parte del Mistero pasquale. Ma non possiamo fermarci a questo, anzi dobbiamo viverlo con amore e in prospettiva di una vita piena nella resurrezione. Siamo qui per chiedere al Signore che ci aiuti stabilire tra di noi relazioni d’amore, di dono, di comprensione, di misericordia. La preghiera è per le famiglie e per la fabbrica, perché possiate trovare soddisfazione nel lavoro che fate a servizio del bene della società e dell’umanità, e perché ciascuno possa essere contento nella famiglia, nella Chiesa, nella città”.

 

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Bassetti ai giovani: “Ecco che vuol dire uscire: costruire la storia e servire la chiesa” https://www.lavoce.it/31140/ Fri, 27 Mar 2015 17:17:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31140 Veglia giovani quaresima 2015 Perugia
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 ________Il racconto della Veglia _____di Paolo Tardio

Più di 1500 giovani hanno inondato il centro storico di Perugia per il consueto appuntamento della veglia di quaresima dei giovani con il cardinale. Alle ore 20.45 tre processioni sono partite da tre differenti punti del centro della città per confluire, successivamente, nella cattedrale di San Lorenzo, dove, in trepidante attesa ed in preghiera in adorazione davanti al santissimo, c’era il cardinale Gualtiero Bassetti.

Non il maltempo, dunque, ha inondato le vie del centro perugino, ma una fiumana di giovani e ragazzi accorsi da ogni parte della diocesi per vivere insieme l’appuntamento quaresimale con il cardinale. “Chiamati a varcare la soglia” è il titolo della veglia serale che trae spunto dalle parole di Papa Francesco in occasione del messaggio sulla quaresima 2015: «Varcare la soglia dei propri confini per porsi in relazione con la società, per essere la mano di una Chiesa che continua a tenere aperta quella porta tra Dio e l’uomo che nell’incarnazione, nella vita terrena e nella morte e risurrezione del Figlio si è definitivamente aperta». Secondo questo spirito, i giovani hanno iniziato la veglia, sfidando qualche temeraria goccia di pioggia, partendo in processione ed in preghiera per le strade della città da 3 diversi punti del centro cittadino (Chiesa di Santo Stefano, Giardini Carducci, Chiesa di Sant’Ercolano), convergendo, nello stesso momento, in cattedrale, dove li attendeva il Cardinale, in preghiera. Durante il percorso fino in duomo, tre i temi centrali trattati: “chiamati a varcare la soglia di casa per trovare l’altro”, “…la soglia del cuore per trovare il perdono” e “…la soglia della morte per trovare la vita”. Simbolo di questi argomenti altrettanti chiavi consegnate ai partecipanti e allo stesso cardinale, il quale, prima di concludere il suo discorso, ha lanciato una promessa ai giovani: «Vi comunico una cosa bella: quando incontrerò papa Francesco la settimana dopo Pasqua, gli porterò in dono le tre chiavi che questa sera voi avete consegnato a me».

In adorazione davanti al Santissimo, i presenti hanno fatto proprie le parole del loro pastore, visibilmente emozionato e felice nel vedere una cattedrale gremita di ragazzi in cammino al seguito di Gesù: «Vorrei che ciascuno di voi fosse qui per gustare lo spettacolo di una cattedrale piena di giovani: questo è un grande dono di Dio». Il Vescovo ha donato loro invece un’importante riflessione sul tema della misericordia, legata al tema dell’uscita: «Siamo una chiesa in uscita, a partire dal concilio. Il beato Paolo IV disse: “la Chiesa si è fatta cultrice dell’uomo”, cioè la Chiesa coltiva l’uomo. E San Giovanni Paolo II ha aggiunto: “La Chiesa è la via per ogni uomo”, perché come Cristo è luce del mondo, anche la Chiesa, luce delle genti, è via per ogni uomo». Tra le varie citazioni, non poteva mancare il papa emerito Benedetto XVI (“la ragione è l’alleato più affidabile dell’uomo”) e papa Francesco, nel suo discorso durante la veglia ai giovani alla GMG di Rio del 2013: “Siamo costruttori della Chiesa e protagonisti della Storia. Per favore, non mettetevi nella coda della storia, ma siate protagonisti. Uscite!”.

«Ecco che vuol dire uscire:  – ha continuato il cardinale – vuol dire costruire la storia e servire la chiesa; significa scoprire il nostro impegno per intraprendere un cammino di amore alla chiesa e di servizio alla società. E la prima qualità di questa chiesa in uscita è la misericordia. La misericordia è il primato dell’amore e della gratuità. L’amore misericordioso è un unilaterale, che non chiede nulla in cambio». Questi pensieri hanno suggerito all’arcivescovo l’immagine della misericordia che si concretizza nella maternità della Chiesa.

Avviandosi alla conclusione, il prelato ha ricordato che “uscire” significa fare un cammino di conversione ed abbondare il ripiegamento su se stessi in cui si è caduti. «Ve lo dico con forza: Gesù vi chiede amore e misericordia. Gesù ci dice: lasciatevi amare, lasciatevi abbracciare. Anche l’uomo più perduto, come diceva Madre Speranza, con tenerezza immensa è amato da Gesù che è per lui padre e tenera madre. Io vi dico: la misericordia è la primavera di un mondo nuovo. Fate esplodere questa primavera uscendo da voi stessi, perché uscire è misericordia. Ricordate: siamo chiamati a varcare la soglia di casa, soprattutto per trovare l’altro. Siamo chiamati a varcare la soglia del cuore, perché abbiamo bisogno di cercare perdono. Siamo chiamati a varcare la soglia della morte per trovare risurrezione e vita».

Rinnovando loro l’invito a compiere un cammino come segno e testimonianza di uscita per annunciare, come Chiesa unita, un Dio che per primo ha varcato la soglia della sua casa divina per farsi uomo, il cardinale, affiancato da don Riccardo Pascolini e don Francesco Verzini, direttore e vicedirettore dell’ufficio diocesano di Pastorale Giovanile, prima di congedarsi, ha augurato ai presenti una santa Pasqua.

 

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Pasqua della Misericordia https://www.lavoce.it/pasqua-della-misericordia/ Fri, 27 Mar 2015 12:54:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31085 Mons. Sorrentino durante la celebrazione della Domenica delle Palme
Mons. Sorrentino durante la celebrazione della Domenica delle Palme

Un cammino sulle orme di Gesù sulla via della passione, morte e resurrezione per preparare la comunità a vivere intensamente la Pasqua. Così il vescovo mons. Domenico Sorrentino indica la Settimana santa, con un momento preparatorio giovedì 26 marzo in cui è stata effettuata la lavanda dei piedi ai ragazzi del Serafico. “L’annuncio del Giubileo, indetto da Papa Francesco – sottolinea il Vescovo -, ci fa dare a questa Pasqua il senso speciale della Misericordia. La morte e la resurrezione di Cristo ci aiutino a risorgere non solo dalle nostre fragilità morali, ma anche dalla faticosa crisi economica e sociale, e siano di speranza per i più poveri! La Pasqua sia per tutti l’occasione per aprire il cuore e fare almeno qualche gesto di misericordia, di condivisione e di bontà, come visitare un ammalato, ospitare un povero, riconciliarsi con un fratello, restituire pace alla propria famiglia. Vedrete che la grazia di Dio non mancherà”.

Per quanto riguarda il calendario, si inizia il 29 marzo con la domenica delle Palme quando in mattinata, alle ore 9.30, ci sarà il ritrovo in piazza del Comune, davanti alla chiesa di Santa Maria sopra Minerva, per la benedizione delle palme e l’avvio della processione verso la cattedrale di San Rufino, dove il Vescovo presiederà la celebrazione eucaristica. Nel pomeriggio alle ore 15 la Via crucis meditata e, a seguire, a partire dalle ore 18 presso la Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli, si svolgerà la Giornata diocesana della gioventù. La serata sarà caratterizzata da momenti di animazione, catechesi, divertimento e testimonianze, fino ad arrivare alla veglia di preghiera in Porziuncola. Mercoledì 1° aprile alle ore 17,30 è in programma la Messa crismale nella cattedrale di San Rufino, mentre giovedì 2 aprile alle ore 17.30 la celebrazione in Coena Domini e a seguire la tradizionale “scavigliazione”, ovvero la deposizione del Cristo dalla croce al cataletto, che verrà poi portato in processione venerdì 3 aprile. La stessa partirà dalla cattedrale di San Rufino la mattina alle ore 6.45 per arrivare, dopo aver toccato i monasteri del centro storico, alla basilica di San Francesco. In serata la stessa processione ripartirà alle ore 19 con il Cristo morto e la Madonna addolorata per tornare in cattedrale. Veglia di Pasqua sabato 4 aprile alle ore 22.30 nella cattedrale di San Rufino. Il Vescovo celebrerà quindi la messa solenne del 5 aprile alle ore 11 nella concattedrale di Nocera Umbra. Per il lunedì dell’Angelo la celebrazione presieduta da mons. Sorrentino – che impartirà anche il sacramento della confermazione ai ragazzi – è prevista alle ore 10 nella cattedrale di San Benedetto di Gualdo Tadino.

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