detenuti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/detenuti/ Settimanale di informazione regionale Fri, 10 May 2024 08:51:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg detenuti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/detenuti/ 32 32 Dalla vendetta alla giustizia. E oltre https://www.lavoce.it/dalla-vendetta-alla-giustizia-e-oltre/ https://www.lavoce.it/dalla-vendetta-alla-giustizia-e-oltre/#respond Fri, 10 May 2024 08:10:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76087

A dispetto delle sue difficoltà di movimento, papa Francesco ha fatto una visita lampo a Venezia, dedicata principalmente al carcere femminile e ad un incontro con quelle detenute. La storia di quella visita, e il suo perché, meriterebbero un commento a parte; ma oggi voglio concentrare l’attenzione su un episodio marginale. Come d’uso in questi casi, una detenuta era stata scelta (ovviamente non dal Papa) per rivolgere all’ospite un saluto e un omaggio a nome di tutte; e il Papa aveva risposto con toni di incoraggiamento e di speranza. Tutto normale, da quando a Natale del 1958 Giovanni XXIII, a sorpresa, fece visita a un carcere, la prima volta per un Papa.

Ma qualche giornalista si è chiesto chi fosse quella donna, ha scoperto che sta scontando una condanna per omicidio volontario, e ha pensato bene di andare ad intervistare i parenti della vittima. Ha trovato un signore il quale ha detto che, con tutto il rispetto per il Papa, lui però non è disposto a perdonare quella detenuta, e che la giustizia non è stata abbastanza severa con lei.

Un classico: ormai non c’è cronaca del processo per un grave delitto che non sia accompagnata dall’intervista ai parenti della vittima e che non dia risonanza alla loro rituale indignazione perché avrebbero voluto pene più pesanti. I giornali in genere sposano questi atteggiamenti, e lasciano intendere al lettore che il compito dei giudici sarebbe quello di dare soddisfazione ai familiari del morto, i quali dunque hanno ragione di protestare se così non è stato. A volte viene il sospetto che qualche giudice si sia lasciato influenzare dal timore di questi commenti.

Invece si dovrebbe ricordare il vecchio detto che la civiltà umana è cominciata il giorno in cui si è stabilito che non spetta ai parenti del morto decidere la pena per l’uccisore; insomma, quando si è imparato a distinguere fra giustizia e vendetta. Nei nostri giorni, però, c’è anche chi va oltre tutto questo; parlo delle iniziative di “giustizia riparativa” (recepite da una legge voluta da Marta Cartabia quando era ministro della giustizia) che consistono nel promuovere l’incontro e la pacificazione, in privato, fra l’autore del reato e la sua vittima (o i parenti di questa), ferme restando le sanzioni legali. In concreto, questo percorso è possibile in casi molto rari, ma qualche volta il risultato si ottiene.

]]>

A dispetto delle sue difficoltà di movimento, papa Francesco ha fatto una visita lampo a Venezia, dedicata principalmente al carcere femminile e ad un incontro con quelle detenute. La storia di quella visita, e il suo perché, meriterebbero un commento a parte; ma oggi voglio concentrare l’attenzione su un episodio marginale. Come d’uso in questi casi, una detenuta era stata scelta (ovviamente non dal Papa) per rivolgere all’ospite un saluto e un omaggio a nome di tutte; e il Papa aveva risposto con toni di incoraggiamento e di speranza. Tutto normale, da quando a Natale del 1958 Giovanni XXIII, a sorpresa, fece visita a un carcere, la prima volta per un Papa.

Ma qualche giornalista si è chiesto chi fosse quella donna, ha scoperto che sta scontando una condanna per omicidio volontario, e ha pensato bene di andare ad intervistare i parenti della vittima. Ha trovato un signore il quale ha detto che, con tutto il rispetto per il Papa, lui però non è disposto a perdonare quella detenuta, e che la giustizia non è stata abbastanza severa con lei.

Un classico: ormai non c’è cronaca del processo per un grave delitto che non sia accompagnata dall’intervista ai parenti della vittima e che non dia risonanza alla loro rituale indignazione perché avrebbero voluto pene più pesanti. I giornali in genere sposano questi atteggiamenti, e lasciano intendere al lettore che il compito dei giudici sarebbe quello di dare soddisfazione ai familiari del morto, i quali dunque hanno ragione di protestare se così non è stato. A volte viene il sospetto che qualche giudice si sia lasciato influenzare dal timore di questi commenti.

Invece si dovrebbe ricordare il vecchio detto che la civiltà umana è cominciata il giorno in cui si è stabilito che non spetta ai parenti del morto decidere la pena per l’uccisore; insomma, quando si è imparato a distinguere fra giustizia e vendetta. Nei nostri giorni, però, c’è anche chi va oltre tutto questo; parlo delle iniziative di “giustizia riparativa” (recepite da una legge voluta da Marta Cartabia quando era ministro della giustizia) che consistono nel promuovere l’incontro e la pacificazione, in privato, fra l’autore del reato e la sua vittima (o i parenti di questa), ferme restando le sanzioni legali. In concreto, questo percorso è possibile in casi molto rari, ma qualche volta il risultato si ottiene.

]]>
https://www.lavoce.it/dalla-vendetta-alla-giustizia-e-oltre/feed/ 0
Il carcere che offende i detenuti e non difende i cittadini https://www.lavoce.it/carcere-offende-detenuti-non-difende-cittadini/ https://www.lavoce.it/carcere-offende-detenuti-non-difende-cittadini/#respond Thu, 02 May 2024 11:22:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75937

A che serve lo Stato? Se ce lo chiediamo oggi, siamo pronti a rispondere indicando una quantità di servizi, dall’istruzione alla sanità ai trasporti all’assistenza agli anziani e molto altro. Ma duecento anni fa (l’altro ieri, di fronte alla storia) nessuno avrebbe esitato a dire che i compiti dello Stato erano essenzialmente due: la difesa del territorio e della popolazione dai nemici esterni (inclusa, si capisce, la promozione della pace con i trattati); e, all’interno, la difesa dei cittadini onesti dai delinquenti. I nuovi compiti si sono aggiunti a quelli antichi, ma questi naturalmente sono rimasti. Ma come funziona veramente la difesa degli onesti dai malfattori? Le statistiche sono impietose.

In Italia, solo per i reati di furto, rapina, estorsione e truffa, si registrano ogni anno non meno di un milione di denunce; poi ci sono tutti gli altri (e anche tantissimi non denunciati e non calcolati). I detenuti in carcere, da quelli che sono in attesa di giudizio a quelli che scontano condanne di lunga durata, sono quasi 60.000. Pochi? Troppi?

Ci sono filoni della politica (più di uno, non sto a dire quali) che vorrebbero più condanne, e condanne più gravi; inseriscono nuovi reati nel codice e aumentano le pene di quelli che già ci sono. Ma sono comunque troppi, perché le celle sono sovraffollate, ben oltre il massimo consentito dal senso comune e dalle convenzioni internazionali. Per questa ragione la Corte europea dei diritti umani dichiara l’Italia colpevole di trattamento inumano e degradante verso i detenuti.

Se un carcerato fa causa denunciando di essere stato tenuto in quelle condizioni, deve essere risarcito con uno sconto di pena o con una somma di denaro. Per evitare queste denunce, il legislatore italiano ha ideato rimedi come le (cosiddette) pene alternative e i benefici per buona condotta, l’invenzione dell’anno di nove mesi (non stupitevi) per tutti quelli che non si sono comportati proprio male, e così via.

Con una mano si aggravano le pene e con l’altra si alleggeriscono anche di più. In questi giorni si sta discutendo di un nuovo sconto, sempre per lo stesso motivo. Forse invece di buttare i soldi nel superbonus se ne dovevano investire un po’ nelle carceri: per rispettare la dignità umana dei detenuti oltre che per rendere un po’ più efficace il sistema penale a protezione degli onesti.

]]>

A che serve lo Stato? Se ce lo chiediamo oggi, siamo pronti a rispondere indicando una quantità di servizi, dall’istruzione alla sanità ai trasporti all’assistenza agli anziani e molto altro. Ma duecento anni fa (l’altro ieri, di fronte alla storia) nessuno avrebbe esitato a dire che i compiti dello Stato erano essenzialmente due: la difesa del territorio e della popolazione dai nemici esterni (inclusa, si capisce, la promozione della pace con i trattati); e, all’interno, la difesa dei cittadini onesti dai delinquenti. I nuovi compiti si sono aggiunti a quelli antichi, ma questi naturalmente sono rimasti. Ma come funziona veramente la difesa degli onesti dai malfattori? Le statistiche sono impietose.

In Italia, solo per i reati di furto, rapina, estorsione e truffa, si registrano ogni anno non meno di un milione di denunce; poi ci sono tutti gli altri (e anche tantissimi non denunciati e non calcolati). I detenuti in carcere, da quelli che sono in attesa di giudizio a quelli che scontano condanne di lunga durata, sono quasi 60.000. Pochi? Troppi?

Ci sono filoni della politica (più di uno, non sto a dire quali) che vorrebbero più condanne, e condanne più gravi; inseriscono nuovi reati nel codice e aumentano le pene di quelli che già ci sono. Ma sono comunque troppi, perché le celle sono sovraffollate, ben oltre il massimo consentito dal senso comune e dalle convenzioni internazionali. Per questa ragione la Corte europea dei diritti umani dichiara l’Italia colpevole di trattamento inumano e degradante verso i detenuti.

Se un carcerato fa causa denunciando di essere stato tenuto in quelle condizioni, deve essere risarcito con uno sconto di pena o con una somma di denaro. Per evitare queste denunce, il legislatore italiano ha ideato rimedi come le (cosiddette) pene alternative e i benefici per buona condotta, l’invenzione dell’anno di nove mesi (non stupitevi) per tutti quelli che non si sono comportati proprio male, e così via.

Con una mano si aggravano le pene e con l’altra si alleggeriscono anche di più. In questi giorni si sta discutendo di un nuovo sconto, sempre per lo stesso motivo. Forse invece di buttare i soldi nel superbonus se ne dovevano investire un po’ nelle carceri: per rispettare la dignità umana dei detenuti oltre che per rendere un po’ più efficace il sistema penale a protezione degli onesti.

]]>
https://www.lavoce.it/carcere-offende-detenuti-non-difende-cittadini/feed/ 0