DAL PASSATO AL FUTURO Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/dal-passato-al-futuro/ Settimanale di informazione regionale Fri, 01 Sep 2017 15:37:25 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg DAL PASSATO AL FUTURO Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/dal-passato-al-futuro/ 32 32 Orvieto-Todi: l’epoca della “riforma” della Chiesa https://www.lavoce.it/orvieto-todi-lepoca-della-riforma-della-chiesa/ Fri, 01 Aug 2014 12:43:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27344 Madonna-in-trono-bn
Madonna in trono – Sedes Sapiaentiae, sec. XII-XIII, Todi

I frutti della riforma “gregoriana” si videro già nel secolo XI con la rinascita della Chiesa cittadina, la valorizzazione della cattedrale e l’istituzione di un Collegio di canonici per favorire la vita comune dei preti e dare loro una Regola di vita.

Si manifestarono subito dei pericoli: uno a causa delle rendite che erano legate a questa funzione, e che suscitarono le brame delle aristocrazie locali; l’altro era l’opposizione al vescovo, come avvenne ad Orvieto, dove il Capitolo parteggiava per il Comune nei contrasti con il vescovo Ildebrando (1149-1154).

Canonicati sorsero pure in zone rurali, come dimostra il toponimo Canonica che ha dato il nome a due paesi, uno vicino a Todi e l’altro nei pressi di Sugano d’Orvieto. Nelle campagne si edificarono molti monasteri benedettini, alcuni anche in città. Nel 1093 il vescovo tuderte Oddo concesse il permesso a Sinolfo degli Atti di costruire un’abbazia, San Nicolò de Criptis, sulle rovine dell’anfiteatro romano. È un periodo in cui si moltiplicano le chiese: nel sec. XIII a Orvieto vi sono 17 chiese urbane e 77 rurali, a Todi 18 in città e 136 in campagna, una rete destinata a crescere.

La ripresa di una forte vitalità sociale urbana, con contatti più ampi, portò anche alla diffusione delle eresie. Molti non erano soddisfatti della vita cristiana vigente e anelavano il ritorno alla Chiesa delle origini, povera e fraterna. Si diffusero vari movimenti ereticali tra cui i Catari; a Orvieto il fenomeno fu particolarmente grave, ed era tollerato dalle autorità pubbliche. Il papa Innocenzo III inviò nella città il podestà Pietro Parenzo per sanare la situazione, ma Pietro fu assassinato dagli eretici il 20 maggio 1199.

Nella società c’era un’inquietudine sia sociale sia religiosa, emergeva il bisogno di una spiritualità più autentica, un desiderio diffuso d’imitare Cristo, di capire la sua parola. Dal sec. XII si avviò un processo di rinnovamento della vita religiosa dei laici; dal loro fermento, spesso al limite dell’ortodossia, nacquero nuovi Ordini religiosi. Dai successivi movimenti penitenziali, quali i Flagellanti e i Bianchi, si generarono una costellazione di associazioni devozionali come le confraternite. Fu questo l’humus che fece germinare gli Ordini mendicanti. Nel XIII secolo a Orvieto e a Todi s’insediarono i Francescani, i Domenicani, gli Eremiti di sant’Agostino, i Servi di Maria; i Frati minori aprirono comunità anche ad Acquasparta, a Pantanelli, a Monte Giove.

Giovani locali lasciarono tutto per seguire Cristo povero e umile sull’esempio di Francesco d’Assisi: il beato Simone da Collazzone, il beato Ruggero da Todi sono discepoli della prima ora del santo d’Assisi. Anche il mondo femminile si dimostrò vitale con l’esperienza di santa Chiara; nel 1228 troviamo conventi di Clarisse sia nel territorio di Todi che di Orvieto.

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La Chiesa umbra nella stretta del feudalesimo https://www.lavoce.it/la-chiesa-umbra-nella-stretta-del-feudalesimo/ Fri, 25 Jul 2014 14:46:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27252 Orvieto, chiesa di san Giovenale edificata nel 1004
Orvieto, chiesa di san Giovenale edificata nel 1004

I cristiani sono nel mondo ma non del mondo. I pericoli della “mondanità” sono in agguato in ogni epoca e costituiscono un grave pericolo per la fede. Dopo la morte di Carlo Magno (814 d. C.), l’Impero si sfalda e si determina una nuova posizione politica con notevoli ripercussioni sia nella proposizione dei valori evangelici sia nelle sue strutture territoriali della Chiesa.

Il feudalesimo come “concetto” coinvolse i vescovi, gli abati, fino al parroco della più sperduta chiesa rurale. A tutte le chiese erano annessi un patrimonio e redditi più o meno ragguardevoli, comprese le offerte dei fedeli e le decime. Se un proprietario faceva costruire una chiesa, questa rimaneva al fondatore, che poteva usarne a suo piacimento. Nel Tuderte vi furono potenti feudatari che esercitarono questi diritti sulle chiese, come gli Arnolfi, i Montmartre e gli Atti. In questo modo la comunità cristiana si frammenta in una miriade di giurisdizioni sovrapposte. In teoria le nomine erano riservate al vescovo, ma la presentazione spettava al dominus che collocava un suo candidato senza tener conto dalla sua idoneità al ministero sacerdotale.

A Roma la famiglia dei conti Toscolo, nel 955, fece eleggere Papa un giovane di 18 anni, che prese il nome di Giovanni XVII: perfino nel Liber pontificalis si legge che trascorse il tempo nella lussuria e nella vanità; alcuni storici locali scrivono che in contemporanea a Todi fu nominato vescovo un fanciullo di 10 anni di nome Gregorio.

Non solamente le chiese costruite nei fondi dei proprietari caddero in questo sistema ma anche le pievi che, con il proliferare delle chiese rurali, persero la funzione di mantenere l’unità del popolo cristiano, ma erano date in cessione perpetua a qualche signore locale.

Nel sec. XI la situazione era giunta a un punto tale da impedire una pur minima fedeltà allo spirito religioso. Lo Spirito che, nonostante i peccati degli uomini, non abbandona la Chiesa, suscitò persone che avviarono una riforma, cominciando da alcuni monasteri e poi dai Pontefici romani, che sfociò nella riforma gregoriana, dal nome del più illustre riformatore, papa Gregorio VII (1073 -1085).

A Todi, sul colle della Rocca, sorse un’abbazia dedicata a San Leucio; se ne ha notizia già dal 1052. Nel 1004 alcune famiglie nobili orvietane, tra cui spiccano i Monaldeschi, di origine longobarda, fecero costruire l’attuale chiesa di San Giovenale. Il conte di Orvieto, Farolfo di Guido, appoggiò la riforma della Chiesa promossa dall’imperatore Ottone III e fece importanti donazioni a san Romualdo nel 995 e nel 1005, inducendolo a fondare abbazie e monasteri intorno alla città.

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Quando nacquero le pievanie e perché https://www.lavoce.it/quando-nacquero-le-pievanie-e-perche/ Fri, 18 Jul 2014 12:47:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27098 L'abbazia dei santi Fidenzio e Terenzio a Massa Martana

L’abbazia dei santi Fidenzio e Terenzio a Massa Martana

Siamo in un tempo di transizione, e non è la prima volta che la Chiesa affronta questa situazione. Dal Concilio Trullano (692) fino all’inizio del pontificato di Gregorio VII (1073) – per quattro secoli – la Chiesa si trovò di fronte a condizioni completamente diverse da quelle dell’antichità cristiana. Il pensiero, i rapporti erano tutti volti verso il mondo greco-romano, ora la vita e l’annuncio cristiano è diretto verso nuovi popoli germano-romani. Todi era compresa nel Corridoio bizantino, un’esile striscia di territorio che da Ravenna conduceva a Roma, mentre Orvieto dal 568 si trovava sotto il domino dei Longobardi che non erano cattolici ma seguivano il cristianesimo ariano.

I vescovi, in un territorio dove ormai abitava gente almeno nominalmente cristiana, dovevano provvedere alla loro cura pastorale. Dalla città sede vescovile necessitava costituire delle comunità rurali, tenendo sempre come principio l’unità del popolo cristiano. Per questo si stavano affermando le pievanie o plebanati, chiese del popolo, guidate da un arciprete; in diocesi di Todi in certi periodi se ne contavano diciotto. Chiese dove risiedeva un clero più numeroso, dove si celebrava il battesimo e vi era anche il cimitero.

Dalla pievania dipendevano altre chiese, oratoria, installatasi nei fondi e fatte costruire da signori laici. Data l’insicurezza sociale venutasi a creare, si assiste al fenomeno dell’incastellamento: sorgono villaggi fortificati per proteggere la popolazione dedita al lavoro dei campi delle aristocrazie locali. Questo fatto era fonte di problemi pastorali; in seguito sarà motivo di decadenza e corruzione.

I vescovi, almeno all’inizio, facendosi forti della legislazione gelasiana che prevedeva la distinzione dei poteri secondo il Diritto romano, non facevano molte concessioni al signore laico che edificava una chiesa nei propri possedimenti. Durante le feste di Natale, Epifania, Pasqua, Ascensione, Pentecoste e natività di san Giovanni Battista, la messa non veniva celebrata nelle chiese dipendenti, ma tutti i fedeli si recavano alla pieve.

La Chiesa, anche in situazioni così mutevoli, cercava di svolgere la propria missione e ci ha lasciato numerose testimonianze archeologiche, come il Paliotto dell’altare della chiesa abbaziale dei Santi Severo e Martirio (sec. VI-VIII) con dedica del vescovo Teuzo, presule di origine longobarda. È del 708 una lamina di piombo con inciso: Hec sunt reliquie beatissimi Fortunati episcopi et confessoris. Segno di una forte devozione della Chiesa di Todi per questo santo vescovo vissuto nel secolo VI. Luci e ombre in contesti che mutano, ma d’affrontare, come sempre, con la forza della fede e il discernimento dei segni dei tempi.

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La diocesi di Orvieto dopo il boom del cristianesimo https://www.lavoce.it/la-diocesi-di-orvieto-dopo-il-boom-del-cristianesimo/ Thu, 10 Jul 2014 18:04:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=26015 Carsulae-cmyk
Il sito di Carsulae lungo la via Flaminia completamente abbandonato dopo l’arrivo dei barbari

Non ci può essere identificazione tra “Chiesa” e “struttura”. Una tale impostazione porterebbe la Chiesa a diventare una realtà più sociologica che un’ispirazione vivente, anche se le strutture sono una mediazione necessaria perché il Vangelo possa inserirsi nel tessuto umano. La Chiesa ha dovuto rispondere a diverse esigenze pastorali e darsi continuamente nuovi modi di presenza nel territorio.

Con l’imperatore Teodosio (380 d.C.), molti si convertono anche nei vici, e nei pagi (villaggi) si creano gruppi di credenti. I vescovi iniziano a inviare, a questo embrione di quello che saranno le parrocchie, dei “presbiteri visitatori”, come si comprende da una lettera di papa Innocenzo (anno 400) a Decenzio, vescovo di Gubbio.

Non tutto funziona perfettamente, non sempre si trovano presbiteri sufficienti e adatti a questo genere di ministero che richiedeva spostamenti difficili e sottraeva il tempo al lavoro (i presbiteri spesso avevano famiglia e si mantenevano con le proprie mani). Comunque è un periodo in cui le Chiese si espandono anche nelle campagne ed emergono figure di vescovi molto attivi e presenti, come Cresconio di Todi.

L’ingresso di molti nella Chiesa e il conseguente calo della qualità, con il pericolo della mondanità, ora che lo Stato protegge e favorisce la fede cristiana, fa nascere in alcuni il desiderio di una vita più elevata, di una fede più pura: è l’inizio del monachesimo. Le sante Degna e Romana, che hanno il loro sepolcro a Todi, sono le antesignane di un movimento che svilupperà nel futuro. Nel VI secolo quelle strade che erano state percorse dai primi cristiani divennero le vie percorse dai barbari; la guerra greco-gotica fa scomparire le diocesi nate lungo la strade consolari, oggetto di facile conquista. Scompare il Vicus ad Martis lungo la Flaminia, e con l’invasione prima dei Visigoti e poi dei Longobardi termina anche la diocesi di Bolsena.

La romana Volsinii, posta lungo la via Cassia, aveva una comunità cristiana formatasi con molte conversioni anche di persone ragguardevoli, come ci testimoniano le inscrizioni delle catacombe sorte intorno al sepolcro della martire Cristina. Il vescovo Candido trasferisce la sede episcopale a Orvieto, luogo munito di difese naturali. A Todi durante la guerra gotica il vescovo san Fortunato è l’autorità di riferimento per le popolazioni stremate e decimate. Oltre le guerre ci sono anche problemi ecclesiali: mancanza di vocazioni, dissidi interni e lunghe “vacanze” delle sedi vescovili. Le diocesi in crisi sono affidate ai vescovi “viciniori” come visitatori; il fenomeno, iniziato nel sec. VI, termina definitivamente tra il sec. VIII e IX con il completo inglobamento di queste diocesi in altre realtà diocesane.

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Non fu merito di Costantino https://www.lavoce.it/non-fu-merito-di-costantino/ Fri, 04 Jul 2014 12:40:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25929 San Terenziano
San Terenziano

Da pochi a molti, è questa la storia degli inizi. Gli storici si domandano: come un movimento oscuro e marginale è diventato in pochi secoli la religione principale dell’Occidente? Perché gli abitanti del Vicus ad Martis, lungo la via consolare Flaminia, si sono convertiti. Certamente non tutti insieme e nello stesso periodo ma, in tempi relativamente brevi, la catacomba che è nei pressi di Villa San Faustino, sorta nel III-IV secolo, testimonia di una numerosa comunità cristiana presente nel Vicus.

Il picco delle conversioni nell’Impero romano non è avvenuto solo dopo che l’imperatore Costantino ebbe emanato il famoso editto di Milano sulla libertà religiosa (da scaltro politico, prese atto di un fenomeno ormai diffuso). Tra il 250 e il 300 d.C., su una popolazione dell’Impero stimata sui 60 milioni di persone, i cristiani passarono dall’1,9 al 10,5%. Infatti, nella nostra Umbria, tra il III e il V secolo sorsero 22 diocesi, tutte poste lungo vie di comunicazione importanti quali la Flaminia, l’Amerina e la Cassia.

Sant’Agostino ha scritto riguardo al propagarsi così veloce del cristianesimo: “La religione cristiana deve essersi propagata per miracoli, perché una così straordinaria propagazione senza miracoli sarebbe il più grande dei miracoli”.

È qui il nocciolo dell’avvenimento: la fede in Gesù Cristo. Il suo messaggio liberante che rispondeva ai bisogni più profondi dell’animo umano, il desiderio di salvezza, di trovare la verità, la risposta alla domanda suprema di fronte alla morte.

I Vescovi italiani hanno pubblicato in questi giorni degli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi, dal titolo efficace Incontriamo Gesù. La Chiesa esiste per far incontrare Cristo alle persone, tutto il resto è contorno. Le strutture cambiano perché sono finalizzate a questo, devono rispondere a questa domanda: sono utili per far incontrare Cristo, servono o sono un peso per l’evangelizzazione, oppure mantengono una religiosità che non coinvolge, che non fa sentire vivo Gesù?

Le ventidue diocesi umbre sono nate per rispondere alle esigenze dei credenti, perché essi potessero incontrarlo e creare autentiche comunità di fede.

L’ultima parola sugli evangelizzatori: chi ha convertito i pagani di allora? Plinio il Giovane, aristocratico romano e intellettuale raffinato, governò dal 111 al 113 le provincie della Bitinia e del Ponto. In quel periodo scrisse una lettera all’imperatore Traiano sulla questione dei cristiani, in cui dice di aver mandato a morte quelli che confessavano e rimanevano nella loro “pertinacia e cocciuta ostinazione”. La cocciuta ostinazione che tanto ha offeso Plinio era la fede in Gesù, e questo ha accresciuto il numero dei fedeli cristiani, i quali invitavano i loro amici, parenti e vicini a condividere la Lieta Novella.

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Uno sguardo al passato e all’oggi https://www.lavoce.it/uno-sguardo-al-passato-e-alloggi/ Thu, 26 Jun 2014 16:40:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25874 catacomba di Santa Cristina -Bolsena
catacomba di Santa Cristina -Bolsena

Si parla spesso di passaggio cruciale che la Chiesa nel suo insieme sta vivendo. Qualcuno fa notare, giustamente, che la Chiesa non ha mai smesso di passare da una situazione all’altra.

La Chiesa sta dentro la storia e ne subisce i contraccolpi. È un fatto chiaro che tutta la “struttura” attuale non è possibile gestirla come sempre abbiamo fatto. Vivendo in un’epoca di passaggio, ci troviamo di fronte a tante problematiche pastorali, strutturali e organizzative. Non navighiamo nel buio, perché il Signore ci invia dei segni che dobbiamo saper interpretare per percorrere nuove vie.

Una diocesi, pur nella pienezza del suo essere Chiesa, non è una monade ma vive nella Chiesa universale, ed è inserita nella dimensione regionale e nazionale, dove le problematiche sono simili ad altre Chiese. Gesù nel Vangelo di Matteo ci dice che “ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e antiche”.

Dobbiamo saper attingere, da questo grande tesoro, quanto è necessario per la causa di Cristo per il tempo di oggi. Facile a dirsi, difficile da realizzare. Sicuramente, con la lamentela che i tempi sono cattivi e il passato era tutto rose e fiori, non andiamo da nessuna parte.

L’inizio del cristianesimo nel nostro territorio avvenne tra grandi tribolazioni. Ignoriamo i successi pastorali del vescovo san Terenziano quando il 1° settembre di un anno sconosciuto del II secolo fu trascinato fuori dalle mura della pagana Tuder e decapitato. Sicuramente i pochi credenti avranno pensato alla fine di tutto, della loro esperienza di fede, della loro vita comunitaria…

Oppure a Volsinii – l’attuale Bolsena – centro dell’antico culto della dea Norzia, divinità della fortuna e del destino, che speranza poteva avere la comunità cristiana quando Urbano, l’orgoglioso e snaturato padre di santa Cristina, fece uccidere la figlia perché cristiana? Gli inizi furono tragici, occorre sfrondare il mito nato dopo questi eventi e rapportarsi alla realtà dei fatti. Guardare alle origini del fatto cristiano, ma non per celebrare un’età dell’oro che mai è esistita (nella Chiesa delle origini si celebrano i martiri, ma sappiamo che vi furono molti lapsi che crearono seri problemi riguardo alla loro riammissione nella comunità, terminata l’ondata persecutoria).

All’inizio, il contatto con la città di Roma, reso agevole dal sistema viario che attraversava la nostra regione, ha permesso ad alcuni di incontrare la fede cristiana: prima è nata la fede in Gesù e poi sono seguite le strutture. Ci sono voluti i secoli per penetrare nel mondo pagano.

Nei primi decenni del IV secolo il noto “rescritto di Spello” ci evidenzia come sussistesse un forte legame con il paganesimo, nonostante la politica filo-cristiana dell’imperatore Costantino.

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