Corte costituzionale Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/corte-costituzionale/ Settimanale di informazione regionale Wed, 28 Aug 2024 16:45:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Corte costituzionale Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/corte-costituzionale/ 32 32 Suicidio assistito. La (discussa) sentenza della Corte costituzionale https://www.lavoce.it/suicidio-assistito-la-discussa-sentenza-della-corte-costituzionale/ https://www.lavoce.it/suicidio-assistito-la-discussa-sentenza-della-corte-costituzionale/#respond Wed, 28 Aug 2024 16:45:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77400

Poche settimane fa, il 18 luglio, è stata pubblicata una sentenza della Corte costituzionale (la n. 135 di quest’anno) che ha di nuovo precisato le condizioni nelle quali si deve considerare lecito il cosiddetto suicidio assistito.

Si chiama così la collaborazione prestata ad un sofferente che è in grado di compiere autonomamente il gesto estremo che porrà fine alla sua vita, ma ha bisogno che qualcuno lo metta prima in condizione di farlo. La Corte ha approfondito i princìpi che aveva già enunciato con la sentenza n. 242 del 2019. Il 23 agosto scorso, il presidente della Corte, Augusto Barbera, ne ha ancora parlato al Meeting di Rimini. Non abbiamo qui lo spazio per spiegare in dettaglio il quadro del lecito e dell’illecito secondo le sentenze della Corte costituzionale (quelle due e le altre sul tema del fine vita).

In sintesi, i pilastri del pensiero della Corte sono due. Il primo è che uno Stato laico non può rendere obbligatorio per legge l’eroismo che ci vuole per accettare una sofferenza che non ha rimedio né sollievo. Il secondo è che a legittimare l’aiuto al suicidio non può bastare la volontà espressa dall’interessato; spetta all’autorità sanitaria giudicare se, oggettivamente, ne sussistono le condizioni: e cioè che quella persona sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale a motivo di una patologia irreversibile; che questo stato le procuri sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili; e che essa sia in grado di decidere consapevolmente e liberamente.

La Corte ha messo in evidenza che questi requisiti (i quali, come si è detto, debbono essere accertati dall’autorità sanitaria) sono importanti perché non si può riconoscere ad alcuno un diritto incondizionato a decidere la propria morte e di conseguenza a ricevere dallo Stato o comunque da terzi la collaborazione di cui abbia bisogno per farlo.

La legge infatti (lo dice la Corte costituzionale) deve evitare che un regime troppo permissivo conduca alla morte le persone deboli, depresse, insicure; queste vanno sostenute nell’accettare la vita.

Questo comporta, fra l’altro, che la collettività ha il dovere di investire nell’assistenza, nelle cure palliative e in ogni altro intervento che renda tollerabile e serena anche la peggiore malattia.  Sin qui, il pensiero laico della Corte. Ci pare che, come cattolici, non possiamo che sottoscriverlo.

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Poche settimane fa, il 18 luglio, è stata pubblicata una sentenza della Corte costituzionale (la n. 135 di quest’anno) che ha di nuovo precisato le condizioni nelle quali si deve considerare lecito il cosiddetto suicidio assistito.

Si chiama così la collaborazione prestata ad un sofferente che è in grado di compiere autonomamente il gesto estremo che porrà fine alla sua vita, ma ha bisogno che qualcuno lo metta prima in condizione di farlo. La Corte ha approfondito i princìpi che aveva già enunciato con la sentenza n. 242 del 2019. Il 23 agosto scorso, il presidente della Corte, Augusto Barbera, ne ha ancora parlato al Meeting di Rimini. Non abbiamo qui lo spazio per spiegare in dettaglio il quadro del lecito e dell’illecito secondo le sentenze della Corte costituzionale (quelle due e le altre sul tema del fine vita).

In sintesi, i pilastri del pensiero della Corte sono due. Il primo è che uno Stato laico non può rendere obbligatorio per legge l’eroismo che ci vuole per accettare una sofferenza che non ha rimedio né sollievo. Il secondo è che a legittimare l’aiuto al suicidio non può bastare la volontà espressa dall’interessato; spetta all’autorità sanitaria giudicare se, oggettivamente, ne sussistono le condizioni: e cioè che quella persona sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale a motivo di una patologia irreversibile; che questo stato le procuri sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili; e che essa sia in grado di decidere consapevolmente e liberamente.

La Corte ha messo in evidenza che questi requisiti (i quali, come si è detto, debbono essere accertati dall’autorità sanitaria) sono importanti perché non si può riconoscere ad alcuno un diritto incondizionato a decidere la propria morte e di conseguenza a ricevere dallo Stato o comunque da terzi la collaborazione di cui abbia bisogno per farlo.

La legge infatti (lo dice la Corte costituzionale) deve evitare che un regime troppo permissivo conduca alla morte le persone deboli, depresse, insicure; queste vanno sostenute nell’accettare la vita.

Questo comporta, fra l’altro, che la collettività ha il dovere di investire nell’assistenza, nelle cure palliative e in ogni altro intervento che renda tollerabile e serena anche la peggiore malattia.  Sin qui, il pensiero laico della Corte. Ci pare che, come cattolici, non possiamo che sottoscriverlo.

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