comunità europea Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/comunita-europea/ Settimanale di informazione regionale Fri, 26 Mar 2021 14:53:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg comunità europea Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/comunita-europea/ 32 32 Europa-Balcani: un vertice utile a tutti https://www.lavoce.it/europa-balcani-un-vertice-utile-tutti/ Wed, 16 May 2018 10:14:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51888 di Gianni Borsa

Perché a Bruxelles è stata assegnata grande rilevanza al summit del 17 maggio sui Balcani occidentali? Le ragioni sono molteplici e si inscrivono nei diversi capitoli – politico, economico/commerciale, sociale – dell’azione Ue e nel paniere di interessi che i Paesi aderenti all’Unione europea, Italia in primis, vantano nella regione.

Al vertice erano invitati i 28 Stati membri, più i sei balcanici – Serbia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Kosovo –, ciascuno in posizione differente rispetto a Bruxelles, ovvero più o meno vicini all’adesione, che comunque non avverrà prima di altri 6 o 7 anni.

Gli obiettivi del vertice erano stati da tempo resi espliciti: “ribadire l’impegno dell’Unione nei confronti dei suoi partner dei Balcani occidentali e l’appartenenza della regione alla famiglia europea”; “rafforzare i collegamenti tra Ue e Balcani in termini di infrastrutture e di connettività digitale e umana”; “collaborare più strettamente per affrontare sfide comuni, come la sicurezza, la migrazione, gli sviluppi geopolitici e le relazioni di buon vicinato”.

I temi che erano – e che rimangono – al centro dell’interesse reciproco sono quelli della sicurezza (pace), dello sviluppo economico (affari) e del buon vicinato (soprattutto migrazioni). Tradotto: all’Europa, e all’Italia che si affaccia sui Balcani e che con alcuni di questi Paesi ha già stretti legami, preme avere dei “vicini di casa” in buone relazioni tra loro, Stati dalle solide e moderne democrazie, capaci di contrastare malaffare, corruzione, traffici illeciti (armi, droga…), società in cui il dialogo interetnico, interculturale e interreligioso sia la garanzia prima per una regione stabile. Ovvero un’area d’Europa che rinuncia per sempre a risolvere i suoi problemi con l’uso delle armi, come avvenuto negli anni ’90. È ancora troppo fresco il ricordo dei massacri seguiti alla caduta della ex Yugoslavia… Inoltre l’Ue lancia l’amo della cooperazione su vasta scala per rafforzare l’area balcanica ritenuta strategica come “cuscino” frapposto tra Ue, Turchia e mondo orientale. Ancora: nell’Ue si guarda con favore a Balcani amici dell’Europa e della Nato, lontani il più possibile da un abbraccio troppo stretto e soffocante con la Russia di Putin.

Per questo annunciando il vertice di Sofia, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk aveva affermato: “Il nostro impegno sarà di rafforzare i collegamenti con la regione e al suo interno. Ciò si tradurrà in un aumento degli investimenti in infrastrutture di trasporto, maggiori scambi educativi e culturali e comunicazioni tra i nostri cittadini più rapide ed agevoli. Il vertice mirerà anche a rafforzare la cooperazione nei settori di reciproco interesse, compresa la sicurezza e la migrazione”.

Connettere, mettere in relazione, creare ponti e legami, interessi comuni, solidarietà reciproche: la ricetta, sempre valida (già presente nella Dichiarazione Schuman del 1950: l’Europa “sorgerà da realizzazioni concrete che creino una solidarietà di fatto”), per prevenire i conflitti che andrebbero a scapito di tutti: popoli e Stati balcanici, popoli e Stati europei.

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Le proposte della Settimana sociale all’Italia e all’Europa https://www.lavoce.it/le-proposte-della-settimana-sociale-allitalia-alleuropa/ Fri, 03 Nov 2017 16:09:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50445

La Settimana sociale 2017 ha inaugurato un "metodo" di interlocuzione con le forze politiche formulando alcune proposte cantierabili rivolte al Paese e alla comunità europea.

QUATTRO PROPOSTE AL GOVERNO ITALIANO

1. Rimettere il lavoro al centro dei processi formativi Per ridurre ulteriormente e in misura più consistente la disoccupazione giovanile, occorre intervenire in modo strutturale rafforzando la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano. 2. Canalizzare i risparmi dei Piani individuali di risparmio (Pir) Anche verso le piccole imprese non quotate che rispondono a precise caratteristiche di coerenza ambientale e sociale. Stimolando l’investimento dei patrimoni familiari delle generazioni adulte. 3. Accentuare il cambio di paradigma del Codice dei contratti pubblici - potenziando i criteri di sostenibilità ambientale; - inserendo tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale, ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo; - varando un programma di formazione delle amministrazioni sul nuovo codice. 4. Tenendo conto delle scadenze e dei vincoli europei, rimodulare le aliquote Iva per le imprese che producono rispettando i criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili (a saldo zero per la finanza pubblica). Anche per combattere il dumping sociale e ambientale.

TRE PROPOSTE ALL’EUROPA

1. Armonizzazione fiscale ed eliminazione dei paradisi fiscali all’interno dell’Ue 2. Investimenti infrastrutturali e investimenti produttivi, anche privati 3. Integrazione nello statuto della Bce del parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica]]>

La Settimana sociale 2017 ha inaugurato un "metodo" di interlocuzione con le forze politiche formulando alcune proposte cantierabili rivolte al Paese e alla comunità europea.

QUATTRO PROPOSTE AL GOVERNO ITALIANO

1. Rimettere il lavoro al centro dei processi formativi Per ridurre ulteriormente e in misura più consistente la disoccupazione giovanile, occorre intervenire in modo strutturale rafforzando la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano. 2. Canalizzare i risparmi dei Piani individuali di risparmio (Pir) Anche verso le piccole imprese non quotate che rispondono a precise caratteristiche di coerenza ambientale e sociale. Stimolando l’investimento dei patrimoni familiari delle generazioni adulte. 3. Accentuare il cambio di paradigma del Codice dei contratti pubblici - potenziando i criteri di sostenibilità ambientale; - inserendo tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale, ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo; - varando un programma di formazione delle amministrazioni sul nuovo codice. 4. Tenendo conto delle scadenze e dei vincoli europei, rimodulare le aliquote Iva per le imprese che producono rispettando i criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili (a saldo zero per la finanza pubblica). Anche per combattere il dumping sociale e ambientale.

TRE PROPOSTE ALL’EUROPA

1. Armonizzazione fiscale ed eliminazione dei paradisi fiscali all’interno dell’Ue 2. Investimenti infrastrutturali e investimenti produttivi, anche privati 3. Integrazione nello statuto della Bce del parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica]]>
Elezioni europee: appelli del laicato cristiano e dei Vescovi cattolici https://www.lavoce.it/elezioni-europee-appelli-del-laicato-cristiano-e-dei-vescovi-cattolici/ Fri, 11 Apr 2014 10:28:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24342 Il palazzo della sede del Parlamento Europea di Strasburgo
Il palazzo della sede del Parlamento Europea di Strasburgo

“Sì alla dimensione effettivamente europea dei programmi elettorali, no alle liste che prendono in ostaggio l’Europa per egoistici fini nazionali. Sì a una seria analisi dei limiti dell’Ue, no alle tentazioni populiste. Sì a una nuova comprensione degli interessi nazionali”, ma al contempo “sì a una identità europea che valorizzi le specificità nazionali e regionali”. Sono alcuni dei punti fermi indicati nell’appello in vista delle elezioni per l’Europarlamento diffuso il 2 aprile a Bruxelles dall’Iniziativa dei cristiani per l’Europa (Ixe), che raccoglie numerose organizzazioni laicali di vari Stati.

L’intento, hanno spiegato i promotori, è di “contrastare la disillusione e lo scoraggiamento” che sono stati alimentati dalla crisi, di “diffondere fiducia e speranza” legate al progetto europeo, di mettere in guardia dai pericoli derivanti dai nazionalismi, dalla xenofobia e dai movimenti populisti che si rafforzano in prossimità del voto di maggio.

Il documento – intitolato Per un’Europa dei valori e della fraternità – è stato presentato da Jérôme Vignon a nome delle Semaines sociales de France (Settimane sociali di Francia), e da Stefan Vesper del Zentralkomite der deutschen Katholiken (Comitato centrale dei cattolici tedeschi). Il testo invita i cittadini Ue a sostenere il disegno di costruzione dell’Europa unita, sottolinea la crescente importanza dell’Europarlamento nel processo legislativo e politico dell’Ue, ricorda le attuali difficoltà legate alla lunga recessione. L’appello ribadisce la necessità di un’Europa “vicina ai cittadini”, mette in guardia da una legislazione comunitaria incomprensibile per gli stessi cittadini, indica la via di un altro modello di sviluppo fondato sulla solidarietà.

Per l’Ixe, le “prossime elezioni rappresentano un’opportunità concreta, alla nostra portata, per domandare un nuovo soffio, un nuovo slancio per l’Europa… È il Parlamento europeo che incarna direttamente i popoli. Competente oggi sulla totalità delle politiche dell’Unione, esso deve diventare la voce della comune coscienza europea”. Il testo ricorda però che la crisi ha portato l’Ue “sulla soglia di una crisi esistenziale”, che si evidenzia con modalità differenti, legate fra l’altro alla mancanza di lavoro da una parte, e dalla diffusione del populismo dall’altra.

Il documento richiama alcuni dati storici (fra cui gli anniversari delle guerre mondiali e della caduta del Muro di Berlino) e di attualità, con le delicatissime situazioni createsi in Ucraina e sulle sponde mediterranee. Vi sono popoli – è il messaggio – “che rischiano la loro vita per godere dei diritti e delle libertà di cui noi già beneficiamo” e per questo, “l’astensione” dal voto di maggio “sarebbe una grave colpa morale”. Nell’appello si sottolinea poi il valore della fraternità, che richiede giustizia verso i più deboli, l’apertura internazionale (“no a un Continente indifferente alle miserie e alle speranze del mondo”), la solidarietà verso i migranti, il rispetto dell’ambiente.

“Infòrmati, ascolta, agisci” sono i tre verbi che scandiscono l’organizzazione del sito web promosso dall’Iniziativa dei cristiani per l’Europa per “aiutare i credenti a diventare soggetti responsabili e protagonisti” nel processo di integrazione europea. Il sito (www.theeuropeexperience.eu) s’intitola “The Europe Experience – Get informed, get inspired, go ahead!” ed è stato presentato da Johanna Touzel, coordinatrice del progetto, e da alcune personalità del laicato europeo. Alla presentazione era presente padre Patrick Daly, segretario generale della Comece, Commissione degli episcopati della Comunità europea.

Una parte del sito – disponibile in 7 lingue – è di carattere informativo (Fatti un’idea delle politiche europee e pensa alle sfide che ne derivano); quindi figura una parte di approfondimento (Confrontati con la dottrina sociale cristiana e guarda come la pensano le Ong cristiane; vi sono riportati testi preparati da un’équipe di teologi di vari Paesi europei); infine un angolo interattivo (Mettiti nei panni di un eurodeputato e fai le tue proposte).

In particolare l’attenzione si concentra su cinque grandi tematiche inerenti le competenze Ue: politiche economiche e sociali; migrazioni e asilo; sostenibilità; politiche per i giovani e la famiglia; l’Ue nel mondo. Gli organizzatori hanno espresso la possibilità che il sito diventi, al di là delle prossime elezioni, “un punto di riferimento stabile” per il confronto sul processo d’integrazione, provando anche a mettere in rete gruppi locali e associazioni nazionali di cristiani impegnati in campo culturale, sociale e politico”.

Dichiarazione dei Vescovi Ue

Oltre all’Ixe anche i Vescovi europei (Comece) hanno rilasciato una Dichiarazione in vista delle prossime elezioni europee. Il testo completo lo si può leggere cliccando qui. La Comece invita gli episcopati dei singoli Paesi dell’Ue a fare propria e rilanciare la Dichiarazione. Tra i punti che essa sottolinea, l’“incremento della povertà per un grande numero di cittadini” al punto che “la situazione è drammatica, per molti addirittura tragica”. Per questo, a maggior ragione, “Noi Vescovi europei chiederemmo che il Progetto europeo non venga messo a rischio o abbandonato… Abbiamo troppo da perdere da un eventuale deragliamento del Progetto europeo”. La Dichiarazione della Comece elenca una serie di aree specifiche che dovrebbero calamitare l’attenzione delle istituzioni Ue: il principio di sussidiarietà, il principio di solidarietà, “una visione dell’uomo radicata in un profondo rispetto della dignità umana” (“La vita umana deve essere protetta dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale”), la famiglia, il fenomeno dell’immigrazione (“La responsabilità dell’accoglienza e dell’integrazione… deve essere condivisa”), l’ecologia, la libertà religiosa, la salvaguardia della domenica, la cura degli anziani e le “nuove opportunità per i giovani”.

 

 

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La marcia dei populisti sull’Europarlamento https://www.lavoce.it/la-marcia-dei-populisti-sulleuroparlamento/ Fri, 31 Jan 2014 16:01:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21888 La sede del Parlamento Europeo di Bruxelles
La sede del Parlamento Europeo di Bruxelles

Il populismo marcia verso l’Europarlamento e le elezioni del 22-25 maggio per la nuova Assemblea di Strasburgo promettono non poche sorprese. Nel momento in cui l’Ue comincia a intravedere l’uscita dal tunnel dopo sei anni di pesante crisi economica, i movimenti che gridano il loro “no” alla politica, alle istituzioni, all’Europa, alle banche, alla troika, sono all’apice delle loro fortune: presenti in ogni Paese sotto varie sigle e tendenze politiche, con leader assai diversi tra loro, si preparano a fare il pieno di voti e a portare nelle sedi comunitarie il vento dell’antieuropeismo.

Manca ancora un’analisi seria e approfondita del fenomeno, che certo non si può liquidare con qualche anatema democratico. Le forze che si definiscono esplicitamente “populiste”, o quelle che ne hanno inconfessati tratti, sono espressione di un malcontento rispettabilissimo, che nasce dalla stessa recessione, dalla disoccupazione dilagante, da giovani generazioni che si vedono ogni strada sbarrata… A ciò si aggiungano sintomi non meno complessi, come la globalizzazione che sembra esporre la “vecchia” Europa (anche in senso demografico) alla competitività delle economie emergenti, le migrazioni, la destrutturazione delle culture tradizionali… Ecco qualche citazione dai più quotati leader “populisti” – etichetta semplicistica – come la francese Marine Le Pen, a capo del Front National (Fn). “Ben venga l’arrivo dei populisti al Parlamento europeo. Forse qualcuno ha paura del giudizio dei popoli?” ha recentemente affermato nell’emiciclo Ue. “Tutte le politiche comuni vanno contro gli interessi e la volontà dei popoli. Le elezioni 2014 saranno un referendum: sì alla Francia, no all’Europa”, ha tagliato corto. Da qui si scorge, fra l’altro, un limite alla futura capacità di alleanze tra euroscettici: perché al populismo si unisce spesso l’esaltazione della patria-nazione, e dunque ciascuno si sente differente e distante dagli altri.

La geografia europea dei populisti-nazionalisti mostra una diffusione pressoché omogenea: si va dalla Francia (Le Pen) al Regno Unito (il più noto è il Partito dell’indipendenza, Ukip, di Nigel Farage), dai Paesi Bassi (Partito della libertà, guidato da Geert Wilders) al Belgio (Vlaams Belang). Più a nord il fenomeno ha radici salde in Finlandia (Veri finlandesi), Svezia (Democratici svedesi), Danimarca (Partito del popolo).

Si rafforzano anche a est le posizioni anti-Bruxelles: Ungheria (Fidesz, al governo con il premier Orban; Jobbik), Bulgaria (Ataka), Romania (Grande Romania); ma l’elenco non può trascurare Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia. C’è poi una delle patrie del populismo, l’Austria, che anni fa aveva visto sbocciare il Partito della libertà, Fpö, dello scomparso Jörg Haider.

Più a sud ci sono l’Italia (Lega nord; Movimento 5 stelle) e la Grecia, forse la nazione maggiormente punita dalla crisi, che conta su un populismo “di destra” con il partito Alba dorata, e uno “di sinistra”, Syriza. Alle elezioni tedesche dello scorso settembre ha invece avuto discreta fortuna il partito contrario alla moneta unica, Alternative für Deutschland. E l’elenco potrebbe continuare.

Se in ogni Paese questi movimenti si esprimono con variegate parole d’ordine, è possibile evidenziare tratti riconoscibili e convergenti: una chiara propensione a valorizzare la sovranità nazionale a detrimento di qualsiasi percorso sovranazionale ed europeo; tanti “no”, no all’euro, a Schengen, all’allargamento Ue, così pure alle migrazioni, all’austerità. Non manca la riproposizione, talvolta equivoca, dei “valori tradizionali”: la terra, la famiglia, la patria e perfino la religione cristiana in chiave anti-islam. La demagogia populista – non di rado alimentata da leader nazionali inconcludenti e da mass media pigri nell’analisi sociopolitica – si scaglia dunque contro le istituzioni dell’Ue, facile capro espiatorio: un’Europa avvertita come lontana e inefficace, burocratizzata, accusata di legiferare sull’inutile e di attardarsi quando invece occorrerebbe essere solleciti nelle risposte ai bisogni dei cittadini. Accuse magari ingenerose, ma non del tutto prive di fondamento.

In questo senso, i “palazzi” della politica, a Parigi come a Londra, a Bruxelles come a Roma, Berlino o Varsavia, dovrebbero seriamente interrogarsi. Probabilmente a maggio un terzo o più dell’elettorato europeo farà riferimento al Front national, all’Ukip o al Vlaams Belang. I cosiddetti populismi pongono domande serie, ai Governi nazionali non meno che alla “casa comune” europea; domande che non possono essere eluse o liquidate con faciloneria. Questioni che sollecitano anche il mondo della cultura, le università, i giornali, le Chiese.

“I cristiani non sono esenti dal populismo”, ammoniva a fine 2010 un documento della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea). “Il populismo – aggiungevano i Vescovi – è l’opposto dell’idea di integrazione europea” ed “è assolutamente incompatibile con la vocazione universale della Chiesa”. Chiari punti fermi dai quali ripartire.

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Aborto e obiezione Invasione di campo https://www.lavoce.it/aborto-e-obiezione-invasione-di-campo/ Thu, 24 Oct 2013 13:31:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20276 parlamento-europeoPuò esistere un “diritto all’aborto”? Si può limitare il diritto all’obiezione di coscienza qualora questo si ponga quale “ostacolo” al presunto “diritto all’aborto”. Sono le principali forzature etico-politiche contenute nella relazione “Sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi” (firmata dalla deputata portoghese Edite Estrela) portata in plenaria al Parlamento europeo il 22 ottobre dopo che il testo era stato varato in sede di commissione per i diritti della donna. Ma il documento – che non avrebbe comunque valore giuridico cogente – è stato rimandato in commissione parlamentare dopo una vera e propria bagarre in emiciclo.

Al momento del voto un testo alternativo alla relazione Estrela, dai connotati pro-life, è stato respinto a grande maggioranza; ma gli eurodeputati hanno subito dopo deciso di bloccare anche la relazione principale, che ora riprende l’iter in commissione, dove potrebbe essere ridiscussa, modificata e rilanciata, oppure abbandonata. Carlo Casini, presidente della commissione Affari costituzionali dell’Assemblea Ue, sostiene, giustamente, che con il “rinvio in commissione, il Parlamento europeo ha detto che è ora di finirla con il metodo obliquo, arrogante” e “ingannatorio” con cui “le questioni bioetiche vengono presentate continuamente” all’attenzione parlamentare.

Il testo in questione affronta numerosi argomenti, dalla lotta all’Hiv all’educazione sessuale, dalla tutela delle donne migranti fino ai rapporti tra Ue e Paesi in via di sviluppo sul piano socio-sanitario. Fra le pagine non mancano taluni passaggi condivisibili, quando si afferma ad esempio che “le condizioni socioeconomiche e occupazionali delle donne e delle giovani coppie spesso ostacolano le scelte di maternità e paternità” oppure che “la mortalità materna continua a essere un fattore di preoccupazione in alcuni Stati membri”. La relazione rispedita al mittente contiene peraltro – oltre a un sottofondo di argomentazioni lontane dal concetto di promozione della vita umana – un capitolo denominato “Gravidanze non programmate e indesiderate: accesso alla contraccezione e a servizi per un aborto sicuro”, dove è facile intravvedere, attraverso l’interruzione della gravidanza, una volontà di innaturale “pianificazione familiare”. Si punta, inoltre, l’indice verso “la pratica dell’obiezione di coscienza” che avrebbe negato “a molte donne l’accesso ai servizi di salute riproduttiva”, compresa l’“interruzione legale della gravidanza”.

Prima ancora del braccio di ferro evidenziatosi in aula, che ha visto i deputati dei diversi Paesi e differenti gruppi politici dividersi trasversalmente, era giunto un autorevole commento dal Segretariato della Commissione degli episcopati della comunità europea (Comece) (vedi box).

Ma se all’indomani del rinvio si può parlare di “scampato pericolo”, restano questioni di lungo periodo che meritano attenzione. Se ne possono segnalare almeno due.

La prima è richiamata dalla stessa Comece, laddove si ricorda che vi sono campi di competenza dell’Ue e altri degli Stati membri, attorno ai quali non vi possono essere pericolose “invasioni di campo”. Si tratta, infatti, di rispettare i Trattati Ue, il principio di sussidiarietà e il motto dell’Unione europea, ovvero “Unità nella diversità”. La “casa comune” si può edificare se le differenze tra i Paesi aderenti vengono preservate e valorizzate, non certo se sono negate in nome di una unità coercitiva e irrispettosa.

La seconda questione è altrettanto dirimente. È convinzione diffusa che il Parlamento Ue sia lontano dal mostrare una maggioranza pro-life e se una relazione simile tornasse in emiciclo potrebbe ottenere la maggioranza dei consensi, come già accaduto. Eppure l’Europarlamento è eletto a suffragio universale dai cittadini europei: dunque dovremmo pensare che gli eurodeputati sono rappresentativi di un sentire diffuso che volta le spalle alla cultura della vita, alla promozione della famiglia, ai valori che fanno parte dell’eredità cristiana del continente? Si riapre, allora, al di là di sterili rivendicazioni, il vasto campo della testimonianza cristiana nello spazio pubblico europeo, che percorra, oggi come ieri (secondo l’esempio fornito dai “padri fondatori” come Schuman, Adenauer e De Gasperi), i sentieri dell’impegno culturale, sociale e politico. Le elezioni del Parlamento europeo sono ormai in vista: i credenti sapranno stare “in prima fila”, declinando i valori evangelici e gli insegnamenti della Chiesa nell’opera di costruzione europea?

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Il Banco alimentare viene penalizzato dall’Ue https://www.lavoce.it/il-banco-alimentare-viene-penalizzato-dallue/ Thu, 03 Oct 2013 14:17:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=19509 colletta-alimentare-bancoAnche quest’anno il Banco alimentare dell’Umbria invita all’open day che si terrà sabato 12 ottobre dalle ore 16.30 presso il proprio magazzino di stoccaggio a S. Egidio (Perugia) per far conoscere e incentivare l’attività di reperimento di merci alimentari da distribuire alle associazioni che aiutano persone in difficoltà.

Il Banco alimentare, infatti, si occupa con i suoi volontari di reperire quotidanamente prodotti alimentari “buoni” dall’industria agroalimentare e dalla Gdo (grande distribuzione organizzata), riconfezionandoli laddove ve ne fosse bisogno per una corretta conservazione. Questi generi alimentari vengono ritirati dal mercato unicamente per ragioni commerciali; andrebbero altrimenti distrutti. Ciò permette di ridare valore a questi prodotti, che vengono donati gratuitamente ai vari enti benefici ed associazioni che aiutano i poveri dell’Umbria, permettendone quindi una destinazione sociale utile.

Gli alimenti vengono stoccati nel magazzino di 850 mq ubicato presso la sede del Banco e distribuiti ai vari enti durante le tre aperture settimanali del deposito. In alcuni casi gli aiuti vengono consegnati direttamente agli enti con i tre mezzi a disposizione dell’associazione.

Come l’anno scorso, anche in questa occasione durante l’open day non mancheranno le testimonianze sia di volontari che fanno parte della catena di solidarietà per la quale passano gli alimenti, sia di persone che ricevono l’aiuto dalle varie associazioni collegate al Banco. Significativamente gli interventi sono stati intitolati “Testimonianze sull’esperienza della gratuità”.

“Al centro della nostra attenzione – spiega Valter Venturi, presidente dell’associazione Banco alimentare Umbria – c’è l’emergenza alimentare internazionale che stiamo per affrontare: infatti nel 2014 la Comunità europea non concederà più gli incentivi alle aziende agroalimentari che offrono aiuti al Banco. Abbiamo stimato che mancheranno all’appello circa il 60% delle attuali derrate devolute al Banco, quindi le 35.000 persone che vengono raggiunte dagli aiuti potranno purtroppo ricevere molto meno. Si è pensato di fronteggiare a questa emergenza con alcuni progetti che stiamo mettendo in piedi sia in campo nazionale, sia in Umbria, in particolare nei confronti delle aziende agroalimentari e con la Gdo. In più, abbiamo un progetto sulla ristorazione. Nel frattempo continuiamo a tenere alta l’attenzione sul problema anche con la nostra Colletta alimentare nazionale”.

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La ricetta dell’economista Stefano Zamagni per far ripartire il progetto Europa https://www.lavoce.it/la-ricetta-delleconomista-stefano-zamagni-per-far-ripartire-il-progetto-europa/ Thu, 27 Jun 2013 14:31:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17709 parlamento-europeoEuropa tradita dal miraggio della moneta unica, che ha appannato lo scopo di unità politica per cui era nata. Europa a due velocità, con una Germania che detta le agende politiche e finanziarie, e un’area mediterranea che non ha saputo adeguatamente conciliare sviluppo e austerità. In tempi di crisi, si cercano ricette e capri espiatori, ma uscire dallo stallo è difficile e un’intera generazione ne sta duramente pagando le conseguenze.

Ne parliamo a Bruxelles con l’economista Stefano Zamagni, a margine della Settimana della speranza, promossa dai Vescovi della Comunità europea (Comece), dove il docente ha partecipato a un incontro presentando a un folto pubblico la figura di san Bernardino da Siena e il suo pensiero economico.

Cosa è andato male in Europa?

“Non ha funzionato il fatto che il pensiero e l’opera dei fondatori del grande progetto europeo – De Gasperi, Adenauer e Schuman – non sono stati più seguiti a partire dagli ultimi 20 anni. L’Unione europea doveva essere il punto di arrivo di un processo che, partendo dalla realtà economica, avrebbe dovuto condurre all’unificazione politica. È accaduto invece che, a partire dagli anni Novanta, per tutta una serie di ragioni, la nuova classe dirigente europea dei diversi Paesi ha dimenticato il fine e si è andati avanti con i mezzi, cioè la moneta unica e, in generale, la dimensione monetaria, senza riguardo alcuno nei confronti dell’unificazione politica. L’arrivo, quindi, nel 2008 della crisi economica e finanziaria dagli Stati Uniti si è abbattuto come una tempesta su un corpo già debilitato, producendo gli effetti che stiamo vivendo”.

Come ridare fiato all’economia dei Paesi che sono obbligati dall’Europa a rimettere in ordine i conti?

“Il punto è un altro: cioè, che in Italia, come pure in Spagna, per non parlare di Grecia e Portogallo, abbiamo avuto nell’ultimo decennio una classe politica che non ha fatto tesoro del noto aforisma che Platone enuncia nel Fedro: ‘Il solco sarà dritto e il raccolto abbondante se i due cavalli che trainano l’aratro procedono alla stessa velocità’. Perché se un cavallo corre più veloce dell’altro, il solco piega a destra o a sinistra e il raccolto non c’è. Questa metafora di Platone si applica al nostro caso. I due cavalli sono, da un lato, l’austerità che vuol dire mettere a posto i conti, ma l’altro cavallo è lo sviluppo. Negli ultimi anni i nostri Governi hanno fatto andare avanti solo il cavallo dell’austerità e non hanno fatto marciare l’altro cavallo”.

È il nodo su cui si è impantanata l’Italia. Cosa dà allora fiato allo sviluppo?

“Danno fiato allo sviluppo tre cose. Primo, l’abbattimento dei costi della burocrazia, della politica e, più in generale, della rendita. La seconda azione è la lotta all’evasione fiscale. L’evasione fiscale in Italia è di 120 miliardi di euro all’anno. Pensiamo a quante cose si possono fare con quei soldi. Non è un caso se la Cei non perde occasione per denunciare l’evasione fiscale. Anche l’ultimo discorso del card. Bagnasco va in questa direzione: l’evasione fiscale contraddice il settimo Comandamento. È una forma di furto perché è una violazione della giustizia contributiva. Il terzo provvedimento è la pluralizzazione delle imprese che operano nel mercato. Non possiamo pensare che basti potenziare l’impresa di tipo capitalistico per uscire dalle secche attuali. A fianco delle imprese capitalistiche deve poter operare – a parità di condizioni – l’impresa sociale, l’impresa civile, cioè tutte quelle forme d’imprese che corrispondono a quelle che noi chiamiamo organizzazioni a movente ideale”.

La speranza?

“La mia grande speranza risiede oggi nella Scuola di economia civile che, dal prossimo settembre, partirà a Loppiano, aggregando un gruppo di 50 accademici italiani di diverse Università, economisti, giuristi, aziendalisti, sociologi. La nostra idea è che l’Italia potrà uscire da questa situazione soltanto se rimette in moto e al lavoro la società civile organizzata, e chiederemo lobby al Parlamento per modificare tutte quelle leggi, lacci e lacciuoli che finora hanno strangolato la dimensione economica delle società civile. Anche perché questo tipo di imprese hanno una caratteristica: sono generatori di posti di lavoro. Non sono ad alta intensità di capitali, sono imprese ad alta intensità di lavoro e, quindi, potrebbero facilmente reimmettere nel circuito produttivo almeno 600 mila persone che oggi sono disoccupate”.

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