commemorazione defunti e santi Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/commemorazione-defunti/ Settimanale di informazione regionale Wed, 06 Nov 2024 14:32:16 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg commemorazione defunti e santi Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/commemorazione-defunti/ 32 32 Comunione con i morti. E anche con i vivi https://www.lavoce.it/comunione-con-i-morti-e-anche-con-i-vivi/ https://www.lavoce.it/comunione-con-i-morti-e-anche-con-i-vivi/#respond Wed, 06 Nov 2024 14:32:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78412 Una croce metallica sopra una sepoltura a terra, sopra un mazzo di fiori

Abbiamo da poco celebrato la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti e nasce spontanea la domanda riguardo a quanto tali ricorrenze abbiano ancora una rilevanza nelle nostre famiglie che vada ben oltre il consumismo a dir poco superficiale indotto dai festeggiamenti legati invece alla conclamata notte di Halloween.

Non si vuole suggerire di “lasciare stare i santi”, con un moralismo piuttosto superficiale, ma, più propositivamente invitare a cogliere la natura originaria di queste due feste significativamente ravvicinate. Quanto anche come cristiani viviamo la consapevole speranza che molti nostri cari defunti siano effettivamente già santi al cospetto di Dio, pur senza aver ricevuto i cosiddetti “onori degli altari”?

Può essere salutare riprendere un passaggio importante fra i paragrafi iniziali dell’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità ‘della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità’” (n. 7).

È proprio così: la nostra vita è come tempestata dalle gemme che sono gli incontri con le persone che in diverso modo ci testimoniano la loro fede e ci aiutano a viverla. Spesso i primi che ci indicano una via possibile per seguire il disegno di Dio su di noi sono i nostri genitori, i nonni, altri parenti, ma anche i nostri figli, come ci indica il modello luminoso di Carlo Acutis. È per questo motivo che la festa di tutti i santi può definirsi pienamente una festa di famiglia!

Ed è chiaro che questo esercizio di condivisione può essere fatto non solo con le persone care che sono ancora in vita, ma anche con quelle che non sono più fisicamente tra noi. Questo risponderebbe pienamente all’invito della Chiesa, di fare memoria e questo può avvenire in virtù di quella comunione dei santi in cui crediamo. E allargando il cerchio di questa comunione, perché non sentirsi spronati da queste feste a cercare germi di bene nelle persone che vivono accanto a noi e che, soprattutto nelle grandi città, quasi non conosciamo? Non sarebbe male che nelle rarissime occasioni di incontro con i vicini di casa, anche gli adulti potessero fare lo sforzo di andare a salutare una persona anziana, porgerle una parola di amicizia, offrirle qualche tempo di condivisione.

Oltre all’antica devozione della visita ai cimiteri, il mese di novembre potrebbe essere un periodo fecondo di incontri e scambi anche fra i vivi, per ravvivare la fede, ma anche solo la solidarietà umana, con l’intento di colmare quelle sacche di solitudine silenziosa molto presenti soprattutto fra le persone anziane. Del resto, è la Parola di Dio che ci invita ad accogliere e incontrare l’altro, sapendo che in lui potrebbe esserci un angelo, ovvero una fiamma nascosta ma crepitante dello Spirito.

Giovanni M. Capetta
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Una croce metallica sopra una sepoltura a terra, sopra un mazzo di fiori

Abbiamo da poco celebrato la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti e nasce spontanea la domanda riguardo a quanto tali ricorrenze abbiano ancora una rilevanza nelle nostre famiglie che vada ben oltre il consumismo a dir poco superficiale indotto dai festeggiamenti legati invece alla conclamata notte di Halloween.

Non si vuole suggerire di “lasciare stare i santi”, con un moralismo piuttosto superficiale, ma, più propositivamente invitare a cogliere la natura originaria di queste due feste significativamente ravvicinate. Quanto anche come cristiani viviamo la consapevole speranza che molti nostri cari defunti siano effettivamente già santi al cospetto di Dio, pur senza aver ricevuto i cosiddetti “onori degli altari”?

Può essere salutare riprendere un passaggio importante fra i paragrafi iniziali dell’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità ‘della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità’” (n. 7).

È proprio così: la nostra vita è come tempestata dalle gemme che sono gli incontri con le persone che in diverso modo ci testimoniano la loro fede e ci aiutano a viverla. Spesso i primi che ci indicano una via possibile per seguire il disegno di Dio su di noi sono i nostri genitori, i nonni, altri parenti, ma anche i nostri figli, come ci indica il modello luminoso di Carlo Acutis. È per questo motivo che la festa di tutti i santi può definirsi pienamente una festa di famiglia!

Ed è chiaro che questo esercizio di condivisione può essere fatto non solo con le persone care che sono ancora in vita, ma anche con quelle che non sono più fisicamente tra noi. Questo risponderebbe pienamente all’invito della Chiesa, di fare memoria e questo può avvenire in virtù di quella comunione dei santi in cui crediamo. E allargando il cerchio di questa comunione, perché non sentirsi spronati da queste feste a cercare germi di bene nelle persone che vivono accanto a noi e che, soprattutto nelle grandi città, quasi non conosciamo? Non sarebbe male che nelle rarissime occasioni di incontro con i vicini di casa, anche gli adulti potessero fare lo sforzo di andare a salutare una persona anziana, porgerle una parola di amicizia, offrirle qualche tempo di condivisione.

Oltre all’antica devozione della visita ai cimiteri, il mese di novembre potrebbe essere un periodo fecondo di incontri e scambi anche fra i vivi, per ravvivare la fede, ma anche solo la solidarietà umana, con l’intento di colmare quelle sacche di solitudine silenziosa molto presenti soprattutto fra le persone anziane. Del resto, è la Parola di Dio che ci invita ad accogliere e incontrare l’altro, sapendo che in lui potrebbe esserci un angelo, ovvero una fiamma nascosta ma crepitante dello Spirito.

Giovanni M. Capetta
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Celebrazioni di Ognissanti e Commemorazione dei defunti https://www.lavoce.it/celebrazioni-di-ognissanti-e-commemorazione-dei-defunti/ https://www.lavoce.it/celebrazioni-di-ognissanti-e-commemorazione-dei-defunti/#respond Tue, 31 Oct 2023 10:55:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73863 commemorazione dei defunti

Il 1 e il 2 novembre la Chiesa celebra la Solennità di Ognissanti e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. A Perugia l’arcivescovo monsignor Ivan Maffeis, il vicario generale don Simone Sorbaioli e il parroco di Santa Maria Assunta in Casaglia don Fabrizio Crocioni, nel cui territorio insiste il Cimitero Monumentale e di Monterone, presiederanno le celebrazioni eucaristiche animate dai membri delle Confraternite del Santissimo Sacramento e della Misericordia di Perugia.

Il programma

Mercoledì 1 novembre, alle ore 11, nella chiesa del Cimitero Monumentale, la celebrazione presieduta dall’arcivescovo con al termine il rito della benedizione per tutti i fedeli defunti; celebrazione preceduta dalla preghiera del Santo Rosario (ore 10.30) e dalla Santa Messa (ore 8.30) nella chiesa di Monterone.

Giovedì 2 novembre, alle ore 10, nella chiesa di Monterone, la celebrazione presieduta dal vicario generale e nel pomeriggio (ore 15.30), la Santa Messa della Confraternita della Misericordia, nella chiesa del Cimitero Monumentale.

Sempre nel pomeriggio (ore 18), nella Cattedrale di San Lorenzo, l’arcivescovo presiederà la celebrazione in memoria dei suoi predecessori defunti con al termine il rito della benedizione delle loro tombe, presso la cripta del duomo, dove i fedeli potranno raccogliersi in preghiera.

Sempre in Cattedrale, il 1 e il 2 novembre, saranno celebrate le Sante Messe con il seguente orario: 8, 11 e 18.

Commemorazione dei defunti anche a Terni

Giovedì 2 novembre alle ore 10.30 presso il cimitero civico di Terni, il vescovo Francesco Antonio Soddu, presiederà la santa Messa per la commemorazione di tutti i defunti della città, concelebrata con i sacerdoti e alla presenza delle autorità civili e militari e delle associazioni combattentistiche e d’arma.

Saranno ricordati e onorati i defunti, specie gli appartenenti ai vari Corpi dello Stato, caduti nell’adempimento del loro dovere.

Una ricorrenza che accomuna, nel ricordo dei defunti, non solo i credenti ma tutte le persone che si recano in questi giorni al cimitero, nel segno di un legame di amore, ravvivato nella preghiera e nella memoria.

Dopo la celebrazione seguirà un momento di raccoglimento all'interno del cimitero in memoria dei caduti in guerra e presso il Sacrario ai Caduti, la tomba dei Garibaldini e i monumenti delle varie Forze armate, Corpi dello Stato associazioni combattentistiche e d’arma, al monumento e fosse comuni dei caduti nei bombardamenti della città di Terni, alle tombe dei cittadini illustri che hanno segnato la storia della città.

Al termine della visita istituzionale, il vescovo, accompagnato dal cappellano del cimitero, si recherà sulle tombe abbandonate nella zona vicino all’ingresso principale del cimitero, per una preghiera.

Nella Cattedrale di Terni il 2 novembre alle ore 17.30 il vescovo Soddu presiederà la celebrazione per la commemorazione dei defunti, ricordando in particolare i vescovi della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, i sacerdoti e i canonici defunti, con la preghiera nella cripta della cattedrale dove sono custodite le tombe del primo vescovo di Terni Anastasio, di monsignor Dal Prà e monsignor Gualdrini. Saranno presenti i sacerdoti di Terni e i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

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commemorazione dei defunti

Il 1 e il 2 novembre la Chiesa celebra la Solennità di Ognissanti e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. A Perugia l’arcivescovo monsignor Ivan Maffeis, il vicario generale don Simone Sorbaioli e il parroco di Santa Maria Assunta in Casaglia don Fabrizio Crocioni, nel cui territorio insiste il Cimitero Monumentale e di Monterone, presiederanno le celebrazioni eucaristiche animate dai membri delle Confraternite del Santissimo Sacramento e della Misericordia di Perugia.

Il programma

Mercoledì 1 novembre, alle ore 11, nella chiesa del Cimitero Monumentale, la celebrazione presieduta dall’arcivescovo con al termine il rito della benedizione per tutti i fedeli defunti; celebrazione preceduta dalla preghiera del Santo Rosario (ore 10.30) e dalla Santa Messa (ore 8.30) nella chiesa di Monterone.

Giovedì 2 novembre, alle ore 10, nella chiesa di Monterone, la celebrazione presieduta dal vicario generale e nel pomeriggio (ore 15.30), la Santa Messa della Confraternita della Misericordia, nella chiesa del Cimitero Monumentale.

Sempre nel pomeriggio (ore 18), nella Cattedrale di San Lorenzo, l’arcivescovo presiederà la celebrazione in memoria dei suoi predecessori defunti con al termine il rito della benedizione delle loro tombe, presso la cripta del duomo, dove i fedeli potranno raccogliersi in preghiera.

Sempre in Cattedrale, il 1 e il 2 novembre, saranno celebrate le Sante Messe con il seguente orario: 8, 11 e 18.

Commemorazione dei defunti anche a Terni

Giovedì 2 novembre alle ore 10.30 presso il cimitero civico di Terni, il vescovo Francesco Antonio Soddu, presiederà la santa Messa per la commemorazione di tutti i defunti della città, concelebrata con i sacerdoti e alla presenza delle autorità civili e militari e delle associazioni combattentistiche e d’arma.

Saranno ricordati e onorati i defunti, specie gli appartenenti ai vari Corpi dello Stato, caduti nell’adempimento del loro dovere.

Una ricorrenza che accomuna, nel ricordo dei defunti, non solo i credenti ma tutte le persone che si recano in questi giorni al cimitero, nel segno di un legame di amore, ravvivato nella preghiera e nella memoria.

Dopo la celebrazione seguirà un momento di raccoglimento all'interno del cimitero in memoria dei caduti in guerra e presso il Sacrario ai Caduti, la tomba dei Garibaldini e i monumenti delle varie Forze armate, Corpi dello Stato associazioni combattentistiche e d’arma, al monumento e fosse comuni dei caduti nei bombardamenti della città di Terni, alle tombe dei cittadini illustri che hanno segnato la storia della città.

Al termine della visita istituzionale, il vescovo, accompagnato dal cappellano del cimitero, si recherà sulle tombe abbandonate nella zona vicino all’ingresso principale del cimitero, per una preghiera.

Nella Cattedrale di Terni il 2 novembre alle ore 17.30 il vescovo Soddu presiederà la celebrazione per la commemorazione dei defunti, ricordando in particolare i vescovi della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, i sacerdoti e i canonici defunti, con la preghiera nella cripta della cattedrale dove sono custodite le tombe del primo vescovo di Terni Anastasio, di monsignor Dal Prà e monsignor Gualdrini. Saranno presenti i sacerdoti di Terni e i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

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Celebrazione della Solennità di Ognissanti e Commemorazione dei defunti https://www.lavoce.it/celebrazione-della-solennita-di-ognissanti-e-commemorazione-dei-defunti/ Mon, 31 Oct 2022 15:37:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69117 celebrazione di ognissanti commemorazione defunti

La solennità di Ognissanti e la Commemorazione dei fedeli defunti, del primo e due novembre, sono da sempre molto sentite e partecipate anche nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve. Martedì primo novembre, presso il Cimitero monumentale di Perugia, si terranno due Sante Messe, al mattino (ore 10.30), nella chiesa esterna di Monterone, nel pomeriggio (ore 15.30), nella chiesa interna della Confraternita della Misericordia, presieduta dall’arcivescovo monsignor Ivan Maffeis, che al termine impartirà la benedizione per tutti i fedeli defunti. La celebrazione sarà preceduta dalla recita del Santo Rosario (ore 15) nella stessa chiesa.

Mercoledì due novembre, al mattino (ore 10.30), nella chiesa esterna di Monterone, la Santa Messa sarà presieduta dal vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi; nel pomeriggio (ore 15.30), la Santa Messa della Confraternita della Misericordia sarà celebrata nella chiesa interna al cimitero. Ad annunciare il programma delle celebrazioni del primo e due novembre sono il parroco di Santa Maria Assunta in Casaglia don Nicola Allevi e il governatore della Confraternita della Misericordia Massimo Moscatelli.

Sempre il due novembre, di pomeriggio (ore 18), nella Cattedrale di San Lorenzo, l’arcivescovo Maffeis presiederà la celebrazione eucaristica del giorno della Commemorazione dei defunti, ricordando, in particolare, i suoi predecessori tornati alla Casa del Padre. Al termine della celebrazione monsignor Maffeis si raccoglierà in preghiera davanti alle tombe degli arcivescovi nella cripta della cattedrale.

Celebrazione e Commemorazione dei defunti a Terni

Mercoledì 2 novembre alle ore 10.30 presso il Cimitero civico di Terni, il vescovo Francesco Antonio Soddu, presiederà la Santa Messa per la commemorazione di tutti i defunti della città, concelebrata con i sacerdoti e alla presenza delle autorità civili e militari e delle associazioni combattentistiche e d’arma. Saranno ricordati e onorati i defunti, specie gli appartenenti ai vari Corpi dello Stato, caduti nell’adempimento del loro dovere.

Una ricorrenza che accomuna, nel ricordo dei defunti, non solo i credenti ma tutte le persone che si recano in questi giorni al cimitero, nel segno di un legame di amore, ravvivato nella preghiera e nella memoria.

Dopo la celebrazione seguirà un momento di raccoglimento all'interno del cimitero in memoria dei caduti in guerra e la benedizione delle corone d’alloro che saranno deposte presso il Sacrario ai Caduti, la tomba dei Garibaldini e i monumenti delle varie Forze armate, Corpi dello Stato associazioni combattentistiche e d’arma, al monumento e fosse comuni dei caduti nei bombardamenti della città di Terni, all’interno del cimitero civico.

Nella Cattedrale di Terni il 2 novembre alle ore 17.30 il vescovo Soddu presiederà la celebrazione per la commemorazione dei defunti, ricordando in particolare i vescovi della Diocesi, i sacerdoti e i canonici defunti, con la preghiera nella cripta della Cattedrale dove sono custodite le tombe del primo vescovo di Terni Anastasio, di monsignor Dal Prà e monsignor Gualdrini. Saranno presenti i sacerdoti di Terni e i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

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celebrazione di ognissanti commemorazione defunti

La solennità di Ognissanti e la Commemorazione dei fedeli defunti, del primo e due novembre, sono da sempre molto sentite e partecipate anche nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve. Martedì primo novembre, presso il Cimitero monumentale di Perugia, si terranno due Sante Messe, al mattino (ore 10.30), nella chiesa esterna di Monterone, nel pomeriggio (ore 15.30), nella chiesa interna della Confraternita della Misericordia, presieduta dall’arcivescovo monsignor Ivan Maffeis, che al termine impartirà la benedizione per tutti i fedeli defunti. La celebrazione sarà preceduta dalla recita del Santo Rosario (ore 15) nella stessa chiesa.

Mercoledì due novembre, al mattino (ore 10.30), nella chiesa esterna di Monterone, la Santa Messa sarà presieduta dal vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi; nel pomeriggio (ore 15.30), la Santa Messa della Confraternita della Misericordia sarà celebrata nella chiesa interna al cimitero. Ad annunciare il programma delle celebrazioni del primo e due novembre sono il parroco di Santa Maria Assunta in Casaglia don Nicola Allevi e il governatore della Confraternita della Misericordia Massimo Moscatelli.

Sempre il due novembre, di pomeriggio (ore 18), nella Cattedrale di San Lorenzo, l’arcivescovo Maffeis presiederà la celebrazione eucaristica del giorno della Commemorazione dei defunti, ricordando, in particolare, i suoi predecessori tornati alla Casa del Padre. Al termine della celebrazione monsignor Maffeis si raccoglierà in preghiera davanti alle tombe degli arcivescovi nella cripta della cattedrale.

Celebrazione e Commemorazione dei defunti a Terni

Mercoledì 2 novembre alle ore 10.30 presso il Cimitero civico di Terni, il vescovo Francesco Antonio Soddu, presiederà la Santa Messa per la commemorazione di tutti i defunti della città, concelebrata con i sacerdoti e alla presenza delle autorità civili e militari e delle associazioni combattentistiche e d’arma. Saranno ricordati e onorati i defunti, specie gli appartenenti ai vari Corpi dello Stato, caduti nell’adempimento del loro dovere.

Una ricorrenza che accomuna, nel ricordo dei defunti, non solo i credenti ma tutte le persone che si recano in questi giorni al cimitero, nel segno di un legame di amore, ravvivato nella preghiera e nella memoria.

Dopo la celebrazione seguirà un momento di raccoglimento all'interno del cimitero in memoria dei caduti in guerra e la benedizione delle corone d’alloro che saranno deposte presso il Sacrario ai Caduti, la tomba dei Garibaldini e i monumenti delle varie Forze armate, Corpi dello Stato associazioni combattentistiche e d’arma, al monumento e fosse comuni dei caduti nei bombardamenti della città di Terni, all’interno del cimitero civico.

Nella Cattedrale di Terni il 2 novembre alle ore 17.30 il vescovo Soddu presiederà la celebrazione per la commemorazione dei defunti, ricordando in particolare i vescovi della Diocesi, i sacerdoti e i canonici defunti, con la preghiera nella cripta della Cattedrale dove sono custodite le tombe del primo vescovo di Terni Anastasio, di monsignor Dal Prà e monsignor Gualdrini. Saranno presenti i sacerdoti di Terni e i cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

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Il vescovo Giuseppe Piemontese commemora i defunti al Cimitero di Terni https://www.lavoce.it/il-vescovo-giuseppe-piemontese-commemora-i-defunti-al-cimitero-di-terni/ Tue, 02 Nov 2021 14:18:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=62931 defunti

È stata celebrata al Cimitero di Terni, dal vescovo della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, padre Giuseppe Piemontese, la Santa Messa per la commemorazione di tutti i defunti, alla presenza del prefetto Emilio Dario Sensi, del sindaco Leonardo Latini, del questore Bruno Failla, delle massime autorità e civili e militari cittadine, delle associazioni combattentistiche e d’arma,  concelebrata dal vicario generale della diocesi monsignor Salvatore Ferdinandi, dal cappellano del cimitero padre Mario Lendini e da numerosi sacerdoti della città. Una ricorrenza che accomuna, nel ricordo dei defunti, non solo i credenti ma tutte le persone che si sono recate in questi giorni al cimitero. Una tradizione che è segno di un legame di amore, ravvivato nella preghiera e nel ricordo. Dopo la celebrazione è seguito un momento di raccoglimento all'interno del cimitero e la benedizione da parte del Vescovo delle tombe lungo i viali del cimitero, ricordando i defunti a causa della pandemia, ma soprattutto tutti quei i morti che sono stati privati di una degna sepoltura.

L'omelia del vescovo nella commemorazione dei defunti

"Siamo qui, come comunità ecclesiale -ha esordito monsignor Piemontese- per testimoniare la nostra convinta fede e ferma speranza nella risurrezione di Gesù, ma anche della risurrezione nostra e dell’umanità intera. Lo facciamo con la memoria dei nostri cari, con la celebrazione della Messa, con la preghiera. Ma siamo qui anche come comunità civile, rappresentata dalle Istituzioni civili e militari: una famiglia unica, che ricorda e piange i propri figli, tutti, specie quelli che hanno lasciato questo mondo e la comunità in maniera prematura per malattia, disgrazia, calamità naturali, o violenza: i morti sul lavoro, negli ultimi tempi, ahimè notevolmente aumentati, tutti quelli, civili e militari, che hanno perso la vita nell’adempimento del dovere. Oggi nel ricordo dei defunti vogliamo riportare alla memoria il giorno, quando in piena pandemia e quarantena generale, insieme al sindaco Latini, o ai sindaci di Narni e Amelia, ho pellegrinato tra i viali dei rispettivi cimiteri, chiusi al pubblico, per rendere onore ai defunti, sepolti in fretta a causa della pandemia, senza liturgia funebre e senza la presenza devota e testimoniale dei familiari. A fino ottobre 2021, secondo l’OMS sono 245 milioni i casi di Covid confermati nel mondo dall'inizio della pandemia, mentre i morti sono cinque milioni. Solo in Italia i casi confermati sono 4.757.231  mentre i morti 132.004. In un momento di relativa tregua della pandemia -ha proseguito il vescovo- siamo invitati a riparare a quelle sepolture veloci e disadorne, a commiati quasi strappati e veloci, e a rendere onore ai nostri morti con la presenza, il pellegrinaggio carico di pietà, la Santa Messa e la preghiera. Per ripartire da questa esperienza più coraggiosi ed entusiasti nella cura e promozione della vita e del convivere civile. Nel tempo critico della pandemia siamo stati costretti a guardare in faccia la morte. Gli stessi mezzi di comunicazione sociale ce l’anno mostrata in forme impressionanti. E tuttavia, pur essendo circondati dalla morte, a volte testimoni della morte in diretta attraverso la televisione, la nostra generazione, specie la società occidentale, in alcune larghe frange ha un atteggiamento contraddittorio verso il fine vita, quel momento decisivo per ogni uomo o donna che è la morte. Alcuni con temeraria incoscienza si dedicano a sport, scommesse, giochi o abitudini che sono via alla morte o che in moltissimi casi, hanno come epilogo la stessa morte per se e per gli altri. La consapevolezza della preziosità e unicità della vita, patrimonio di ogni esistenza -ha aggiunto- viene oscurata o peggio messa alla prova. Tutto ha origine dall’aver rinunciato al principio della indisponibilità dell’esistenza di ogni persona, uomo o donna, bambino o vecchio, sano o malato, persino della propria esistenza. Il rispetto, la cura, la venerazione di ogni persona, che per i cristiani è dono e immagine di Dio, conduce quasi alla devozione verso ogni persona, alla cura del corpo, all’accompagnamento rispettoso e devoto anche nel momento della fragilità, della malattia e della morte. In nome della libertà si tenta di abbattere il principio del valore primario dell’esistenza umana. E tuttavia la gran parte degli uomini di fronte al momento decisivo della morte tendono a rimuoverla; e perciò quando si affaccia il suo pensiero o si avvicina, si è presi dall’angoscia. Solo chi con saggia e appropriata riflessione la guarda in faccia, ne vince la carica di angoscia, l’affronta con coraggio e serenità. I santi, che sono animati dalla fede in Gesù, morto e risorto, hanno imparato a non temerla. Ci viene in mente l’esperienza di san Francesco d’Assisi: Con la grazia di Dio non sono un codardo che teme la morte. Sono così intimamente unito a Lui, che sono ugualmente felice sia della morte che della vita. Egli aveva imparato a chiamarla sorella, il suo transito verso la vera vita. Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio, e con certi versi, che aveva composto un tempo, le esortava all’amore divino. Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode, e andandole incontro lieto, la invitava ad essere suo ospite: Ben venga, mia sorella morte!. Molti uomini e donne non credono all’aldilà, alla vita dopo la morte. E tuttavia tutti sentiamo che i nostri cari, che ci hanno lasciati, continuano ad essere vivi, ci sono presenti. La fede ci dice che essi vivono in Dio. Nell visione grandiosa del libro dell’Apocalisse viene mostrata la città santa, la Gerusalemme celeste, che accoglie tutti i morti: Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate (Ap 21). Oggi rinnovo l’invito a lasciarci guidare dalla fede, che è il nostro sostegno, il timone nella fatica della vita e nella lotta contro la morte. Fratelli e sorelle, non dobbiamo attendere la fine dei tempi per incontrare i nostri cari defunti. La preghiera, la meditazione della Parola di Dio e la carità sono lo spazio di condivisione, di sentimenti e di dialogo con chi abbiamo amato, abbiamo curato e accompagnato. Ma soprattutto la Santa Messa è celebrazione della vita e incontro in Gesù con chi è morto. Onoriamo i nostri morti -ha proseguito il presule- le tombe dei nostri cari, che abbiamo amato, che sono stati santificati nel battesimo e nei sacramenti, e che ora sono in attesa della risurrezione, insieme a Gesù, a Maria, ai santi agli altri nostri cari defunti. Ci ritroviamo al cimitero, nel nostro appuntamento annuale di memoria dei defunti. La parola cimitero deriva dal greco (κοιμητήριον=koimetérion,) e significa luogo di riposo, casa delle persone che non sono più tra noi, luogo della memoria dei trapassati, giardino del pianto, spazio della speranza. Attesa della risurrezione. Siamo venuti quasi per una festa sommessa o meglio per l’incontro con coloro, che abbiamo amato, specie di coloro che di recente ci hanno lasciato, in un desiderio di custodire e ravvivare il ricordo e rinnovare la presenza e la relazione di persone familiari ed amici. Nei cimiteri i nostri avi, fin dagli albori dell’umanità, hanno custodito la memoria dei propri cari, così i cristiani nei cimiteri presso le catacombe, hanno circondato di onore i corpi e i resti dei propri cari, avi, santificati dai sacramenti, dal battesimo, dall’Eucarestia dal sigillo dello Spirito Santo. Con questi sentimenti -ha concluso il vescovo di Terni- viviamo questo momento di liturgia collettiva, di rispetto e venerazione di chi ci ha preceduto, e di consolazione per tutti noi concittadini di questo mondo che condividono un tempo, un luogo e uno spazio nel rispetto e nella cura della vita e che siamo animati dalla speranza di condividere l’eternità con tutti gli uomini, con quelli che ci hanno preceduto, con tutti i santi, con Maria Santissima, in Gesù Cristo".]]>
defunti

È stata celebrata al Cimitero di Terni, dal vescovo della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, padre Giuseppe Piemontese, la Santa Messa per la commemorazione di tutti i defunti, alla presenza del prefetto Emilio Dario Sensi, del sindaco Leonardo Latini, del questore Bruno Failla, delle massime autorità e civili e militari cittadine, delle associazioni combattentistiche e d’arma,  concelebrata dal vicario generale della diocesi monsignor Salvatore Ferdinandi, dal cappellano del cimitero padre Mario Lendini e da numerosi sacerdoti della città. Una ricorrenza che accomuna, nel ricordo dei defunti, non solo i credenti ma tutte le persone che si sono recate in questi giorni al cimitero. Una tradizione che è segno di un legame di amore, ravvivato nella preghiera e nel ricordo. Dopo la celebrazione è seguito un momento di raccoglimento all'interno del cimitero e la benedizione da parte del Vescovo delle tombe lungo i viali del cimitero, ricordando i defunti a causa della pandemia, ma soprattutto tutti quei i morti che sono stati privati di una degna sepoltura.

L'omelia del vescovo nella commemorazione dei defunti

"Siamo qui, come comunità ecclesiale -ha esordito monsignor Piemontese- per testimoniare la nostra convinta fede e ferma speranza nella risurrezione di Gesù, ma anche della risurrezione nostra e dell’umanità intera. Lo facciamo con la memoria dei nostri cari, con la celebrazione della Messa, con la preghiera. Ma siamo qui anche come comunità civile, rappresentata dalle Istituzioni civili e militari: una famiglia unica, che ricorda e piange i propri figli, tutti, specie quelli che hanno lasciato questo mondo e la comunità in maniera prematura per malattia, disgrazia, calamità naturali, o violenza: i morti sul lavoro, negli ultimi tempi, ahimè notevolmente aumentati, tutti quelli, civili e militari, che hanno perso la vita nell’adempimento del dovere. Oggi nel ricordo dei defunti vogliamo riportare alla memoria il giorno, quando in piena pandemia e quarantena generale, insieme al sindaco Latini, o ai sindaci di Narni e Amelia, ho pellegrinato tra i viali dei rispettivi cimiteri, chiusi al pubblico, per rendere onore ai defunti, sepolti in fretta a causa della pandemia, senza liturgia funebre e senza la presenza devota e testimoniale dei familiari. A fino ottobre 2021, secondo l’OMS sono 245 milioni i casi di Covid confermati nel mondo dall'inizio della pandemia, mentre i morti sono cinque milioni. Solo in Italia i casi confermati sono 4.757.231  mentre i morti 132.004. In un momento di relativa tregua della pandemia -ha proseguito il vescovo- siamo invitati a riparare a quelle sepolture veloci e disadorne, a commiati quasi strappati e veloci, e a rendere onore ai nostri morti con la presenza, il pellegrinaggio carico di pietà, la Santa Messa e la preghiera. Per ripartire da questa esperienza più coraggiosi ed entusiasti nella cura e promozione della vita e del convivere civile. Nel tempo critico della pandemia siamo stati costretti a guardare in faccia la morte. Gli stessi mezzi di comunicazione sociale ce l’anno mostrata in forme impressionanti. E tuttavia, pur essendo circondati dalla morte, a volte testimoni della morte in diretta attraverso la televisione, la nostra generazione, specie la società occidentale, in alcune larghe frange ha un atteggiamento contraddittorio verso il fine vita, quel momento decisivo per ogni uomo o donna che è la morte. Alcuni con temeraria incoscienza si dedicano a sport, scommesse, giochi o abitudini che sono via alla morte o che in moltissimi casi, hanno come epilogo la stessa morte per se e per gli altri. La consapevolezza della preziosità e unicità della vita, patrimonio di ogni esistenza -ha aggiunto- viene oscurata o peggio messa alla prova. Tutto ha origine dall’aver rinunciato al principio della indisponibilità dell’esistenza di ogni persona, uomo o donna, bambino o vecchio, sano o malato, persino della propria esistenza. Il rispetto, la cura, la venerazione di ogni persona, che per i cristiani è dono e immagine di Dio, conduce quasi alla devozione verso ogni persona, alla cura del corpo, all’accompagnamento rispettoso e devoto anche nel momento della fragilità, della malattia e della morte. In nome della libertà si tenta di abbattere il principio del valore primario dell’esistenza umana. E tuttavia la gran parte degli uomini di fronte al momento decisivo della morte tendono a rimuoverla; e perciò quando si affaccia il suo pensiero o si avvicina, si è presi dall’angoscia. Solo chi con saggia e appropriata riflessione la guarda in faccia, ne vince la carica di angoscia, l’affronta con coraggio e serenità. I santi, che sono animati dalla fede in Gesù, morto e risorto, hanno imparato a non temerla. Ci viene in mente l’esperienza di san Francesco d’Assisi: Con la grazia di Dio non sono un codardo che teme la morte. Sono così intimamente unito a Lui, che sono ugualmente felice sia della morte che della vita. Egli aveva imparato a chiamarla sorella, il suo transito verso la vera vita. Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio, e con certi versi, che aveva composto un tempo, le esortava all’amore divino. Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode, e andandole incontro lieto, la invitava ad essere suo ospite: Ben venga, mia sorella morte!. Molti uomini e donne non credono all’aldilà, alla vita dopo la morte. E tuttavia tutti sentiamo che i nostri cari, che ci hanno lasciati, continuano ad essere vivi, ci sono presenti. La fede ci dice che essi vivono in Dio. Nell visione grandiosa del libro dell’Apocalisse viene mostrata la città santa, la Gerusalemme celeste, che accoglie tutti i morti: Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate (Ap 21). Oggi rinnovo l’invito a lasciarci guidare dalla fede, che è il nostro sostegno, il timone nella fatica della vita e nella lotta contro la morte. Fratelli e sorelle, non dobbiamo attendere la fine dei tempi per incontrare i nostri cari defunti. La preghiera, la meditazione della Parola di Dio e la carità sono lo spazio di condivisione, di sentimenti e di dialogo con chi abbiamo amato, abbiamo curato e accompagnato. Ma soprattutto la Santa Messa è celebrazione della vita e incontro in Gesù con chi è morto. Onoriamo i nostri morti -ha proseguito il presule- le tombe dei nostri cari, che abbiamo amato, che sono stati santificati nel battesimo e nei sacramenti, e che ora sono in attesa della risurrezione, insieme a Gesù, a Maria, ai santi agli altri nostri cari defunti. Ci ritroviamo al cimitero, nel nostro appuntamento annuale di memoria dei defunti. La parola cimitero deriva dal greco (κοιμητήριον=koimetérion,) e significa luogo di riposo, casa delle persone che non sono più tra noi, luogo della memoria dei trapassati, giardino del pianto, spazio della speranza. Attesa della risurrezione. Siamo venuti quasi per una festa sommessa o meglio per l’incontro con coloro, che abbiamo amato, specie di coloro che di recente ci hanno lasciato, in un desiderio di custodire e ravvivare il ricordo e rinnovare la presenza e la relazione di persone familiari ed amici. Nei cimiteri i nostri avi, fin dagli albori dell’umanità, hanno custodito la memoria dei propri cari, così i cristiani nei cimiteri presso le catacombe, hanno circondato di onore i corpi e i resti dei propri cari, avi, santificati dai sacramenti, dal battesimo, dall’Eucarestia dal sigillo dello Spirito Santo. Con questi sentimenti -ha concluso il vescovo di Terni- viviamo questo momento di liturgia collettiva, di rispetto e venerazione di chi ci ha preceduto, e di consolazione per tutti noi concittadini di questo mondo che condividono un tempo, un luogo e uno spazio nel rispetto e nella cura della vita e che siamo animati dalla speranza di condividere l’eternità con tutti gli uomini, con quelli che ci hanno preceduto, con tutti i santi, con Maria Santissima, in Gesù Cristo".]]>
1-2 NOVEMBRE. Con un po’ di attenzione, è possibile visitare i defunti https://www.lavoce.it/1-2-novembre-attenzione-defunti/ Thu, 29 Oct 2020 11:15:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=58063 cimitero monumentale di Perugia

L’emergenza sanitaria non poteva non avere una ricaduta anche sulla vita delle parrocchie, ‘costrette’ adesso a rivedere le proprie consuetudini, con la solennità di Tutti i santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti ormai alle porte. Nonostante il fatto che gli ultimi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (13 ottobre e 24 ottobre) abbiano lasciato invariato quanto già previsto nel Protocollo del 7 maggio circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo, e dalle successive integrazioni, molte diocesi si sono interrogate sull’opportunità di celebrare o meno le messe o altre forme di devozione e di pietà popolare nei cimiteri, che sono perlopiù di competenza comunale.

In Umbria la maggior parte delle diocesi, se non tutte, di concerto con i Comuni, hanno deciso di celebrare nelle chiese parrocchiali le messe il cui svolgimento era previsto nei cimiteri, come da tradizione, il 1° e il 2 novembre. La situazione sanitaria attuale e il timore di eventuali assembramenti, difficili da gestire, hanno fatto sì che vescovi e autorità comunali, insieme, abbiano valutato che per quest’anno non sussistevano le condizioni per le celebrazioni nei luoghi di sepoltura.

In alcune diocesi umbre, tuttavia, anche in base a quanto stabilito dai Comuni, ai parroci è stata data la possibilità di recarsi nei cimiteri, evitando comunque il formarsi di assembramenti, per benedire le tombe.

L'indulgenza per i defunti

Anche la Penitenzieria apostolica si è posta sulla stessa linea prudenziale, decretando la proroga per tutto il mese di novembre affinché possa essere conseguita l’indulgenza plenaria [la totale remissione della pena temporale che le anime devono scontare a causa del peccato] per i fedeli defunti. Infatti, la visita ai cimiteri nei primi giorni di novembre non è legata al solo ricordo dei defunti, ma anche alla possibilità di ottenere per loro l’indulgenza.

Se fino a oggi era possibile eseguire questo rito dal 1° all’8 novembre e nel giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, nell’attuale tempo segnato dalla pandemia il Dicastero vaticano ha stabilito che lo si può fare per tutto novembre, onde evitare un flusso eccessivo di fedeli. Nello stesso decreto del 22 ottobre, la Penitenzieria ha adeguato anche le opere e le condizioni per ottenere l’indulgenza, sempre per garantire l’incolumità dei fedeli.

Dunque, con la visita ai cimiteri e la preghiera per i defunti o con la visita a una chiesa o oratorio, e la recita del Padre nostro e del Credo, in un qualsiasi giorno di novembre, insieme dalle condizioni generalmente richieste (confessione sacramentale, partecipazione alla messa e comunione eucaristica, ecc.), i fedeli possono anche quest’anno ricevere l’indulgenza plenaria a favore dei propri cari scomparsi.

Quest’anno, dunque, la solennità di Tutti i santi e la Commemorazione dei defunti sembrano essere un’ulteriore prova di come la Chiesa - in Umbria, e non solo stia rivendendo le proprie ‘abitudini’, con senso di responsabilità e per dovere civile, senza venir meno alla propria peculiare missione.

Don Francesco Verzini

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cimitero monumentale di Perugia

L’emergenza sanitaria non poteva non avere una ricaduta anche sulla vita delle parrocchie, ‘costrette’ adesso a rivedere le proprie consuetudini, con la solennità di Tutti i santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti ormai alle porte. Nonostante il fatto che gli ultimi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (13 ottobre e 24 ottobre) abbiano lasciato invariato quanto già previsto nel Protocollo del 7 maggio circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo, e dalle successive integrazioni, molte diocesi si sono interrogate sull’opportunità di celebrare o meno le messe o altre forme di devozione e di pietà popolare nei cimiteri, che sono perlopiù di competenza comunale.

In Umbria la maggior parte delle diocesi, se non tutte, di concerto con i Comuni, hanno deciso di celebrare nelle chiese parrocchiali le messe il cui svolgimento era previsto nei cimiteri, come da tradizione, il 1° e il 2 novembre. La situazione sanitaria attuale e il timore di eventuali assembramenti, difficili da gestire, hanno fatto sì che vescovi e autorità comunali, insieme, abbiano valutato che per quest’anno non sussistevano le condizioni per le celebrazioni nei luoghi di sepoltura.

In alcune diocesi umbre, tuttavia, anche in base a quanto stabilito dai Comuni, ai parroci è stata data la possibilità di recarsi nei cimiteri, evitando comunque il formarsi di assembramenti, per benedire le tombe.

L'indulgenza per i defunti

Anche la Penitenzieria apostolica si è posta sulla stessa linea prudenziale, decretando la proroga per tutto il mese di novembre affinché possa essere conseguita l’indulgenza plenaria [la totale remissione della pena temporale che le anime devono scontare a causa del peccato] per i fedeli defunti. Infatti, la visita ai cimiteri nei primi giorni di novembre non è legata al solo ricordo dei defunti, ma anche alla possibilità di ottenere per loro l’indulgenza.

Se fino a oggi era possibile eseguire questo rito dal 1° all’8 novembre e nel giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, nell’attuale tempo segnato dalla pandemia il Dicastero vaticano ha stabilito che lo si può fare per tutto novembre, onde evitare un flusso eccessivo di fedeli. Nello stesso decreto del 22 ottobre, la Penitenzieria ha adeguato anche le opere e le condizioni per ottenere l’indulgenza, sempre per garantire l’incolumità dei fedeli.

Dunque, con la visita ai cimiteri e la preghiera per i defunti o con la visita a una chiesa o oratorio, e la recita del Padre nostro e del Credo, in un qualsiasi giorno di novembre, insieme dalle condizioni generalmente richieste (confessione sacramentale, partecipazione alla messa e comunione eucaristica, ecc.), i fedeli possono anche quest’anno ricevere l’indulgenza plenaria a favore dei propri cari scomparsi.

Quest’anno, dunque, la solennità di Tutti i santi e la Commemorazione dei defunti sembrano essere un’ulteriore prova di come la Chiesa - in Umbria, e non solo stia rivendendo le proprie ‘abitudini’, con senso di responsabilità e per dovere civile, senza venir meno alla propria peculiare missione.

Don Francesco Verzini

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Festa dei santi e commemorazione defunti. Di Cristo ereditiamo la passione e la gloria https://www.lavoce.it/santi-defunti-cristo-passione-gloria/ Fri, 01 Nov 2019 07:00:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55679 defunti

Questi sono i giorni in cui si celebrano i santi e i defunti. Perché però queste due atmosfere, tutte opposte, devono trovarsi una immediatamente dopo l’altra? E cosa c’è di così “cristiano” nell’andare al cimitero a mettere qualche fiore?

Sarà capitato in questi ultimi giorni a ognuno di noi di aver sentito dai microfoni delle nostre chiese parrocchiali una serie di appuntamenti celebrativi che si svolgeranno in questa settimana. Così come avremo notato il lavorio che c’è nei cimiteri parrocchiali o cittadini, l’attenzione e la cura con le quali si rende onore ai nostri fratelli defunti o la cura con le quali le chiese vengono ornate da composizioni floreali, diverse rispetto al solito.

Tutto questo moto preparatorio può, e in qualche maniera deve, ridestare la nostra attenzione sulla celebrazione della solennità di Tutti i santi (1° novembre) e sulla Commemorazione di tutti i fedeli defunti (2 novembre).

Strada sicura da percorrere per dare buona risposta alla nostra attenzione, cioè per comprendere il senso di queste due date particolari che l’anno liturgico ci offre, è aprire una riflessione a partire dalla ricchezza che il Messale romano ci offre per la loro celebrazione. D’altronde, mai si sbaglia quando facciamo nostro l’antico adagio lex orandi lex credendi (la legge della preghiera è la legge della fede) con il quale si afferma che la Chiesa crede ciò che prega.

La festa di tutti i santi

Fin dal IX secolo la Chiesa di Roma celebra la festa di Tutti i santi, nella quale “in un’unica festa si celebrano, insieme ai santi canonizzati, tutti i giusti di ogni lingua, di ogni razza e di ogni nazione, i cui nomi sono scritti nel libro della vita” (Messale romano, p. 609).

Il prefazio di questa solennità afferma che i santi sono “amici e modelli di vita”, due epiteti non di poco conto per la nostra riflessione, anzi con semplicità le parole che introducono la Preghiera eucaristica rispondono al perché nella Chiesa diamo importanza al culto dei santi e al senso della solennità che ci apprestiamo a celebrare.

Se infatti, da una parte, intercedono per noi presso il Padre per sostenerci nel cammino della vita e affinché si compia in noi il mistero della salvezza, dall’altra troviamo in loro un esempio di come il Vangelo può essere vissuto nella nostra esistenza.

Alcuni potrebbero pensare che la santità sia qualcosa per pochi eletti, invece fin dal giorno del battesimo siamo “figli” di Dio, immersi nella vita divina, e ci è stata data la possibilità di perseguire un cammino, sebbene talvolta difficile, per rispondere all’invito che il Signore fece al popolo di Israele: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (Lv 19,2).

Celebrare quindi i santi è ricordarci che qualcuno, nostro modello e intercessore, prima di noi ha testimoniato nella quotidianità della sua esistenza che è possi- bile per tutti percorrere la strada che conduce alla santità.

“Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianzanelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa.

Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (Papa Francesco, Gaudete et exsultate, n. 14).

Commemorazione dei defunti

Della Commemorazione di tutti i fedeli defunti abbiamo tracce fin dall’antichità; dal XIV secolo circa l’usanza sembra estendersi in tutta la Chiesa di rito romano. Il Messale offre tre differenti schemi di messa, ognuno con il suo formulario e le letture proprie, ma tutti convergenti verso lo stesso senso: pregare per i nostri fratelli defunti nella sicura speranza che, insieme a tutti i defunti, in Cristo risorgeranno nell’ultimo giorno.

Questa celebrazione offre quindi l’occasione per leggere l’evento doloroso della morte alla luce della Pasqua del Signore. Il cristiano nel battesimo ha ricevuto “lo Spirito da figli adottivi”, così da diventare eredi di Dio e “coeredi di Cristo”, partecipando non solo alla sua passione ma anche alla sua gloria (cfr. Rm8,14-23).

Il primo tra i sacramenti ci inserisce quindi nel mistero pasquale di Cristo, mistero che non si è concluso con la morte ma ha aperto a noi le porte della vita eterna. Ciò che da bambini abbiamo vissuto sacramentalmente, per mezzo della salvezza operata da Cristo quale volontà del Padre (cfr. Gv 6,37-40), trova il suo pieno compimento con la morte corporale e la risurrezione nella fine dei tempi.

Ecco allora che le parole del profeta Isaia diventano vere: “Dio eliminerà la morte per sempre” (Is 25,6-9), rendendola una porta di passaggio che conduce al luogo dove poter vedere con i nostri occhi il Signore (cfr. Gb 19,1.23-27a). Infatti nel mistero della morte “la vita non ci è tolta, ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo” (dal Prefazio dei defunti I), un posto nella santa Gerusalemme (cfr. Ap 21,1-7).

Don Francesco Verzini

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defunti

Questi sono i giorni in cui si celebrano i santi e i defunti. Perché però queste due atmosfere, tutte opposte, devono trovarsi una immediatamente dopo l’altra? E cosa c’è di così “cristiano” nell’andare al cimitero a mettere qualche fiore?

Sarà capitato in questi ultimi giorni a ognuno di noi di aver sentito dai microfoni delle nostre chiese parrocchiali una serie di appuntamenti celebrativi che si svolgeranno in questa settimana. Così come avremo notato il lavorio che c’è nei cimiteri parrocchiali o cittadini, l’attenzione e la cura con le quali si rende onore ai nostri fratelli defunti o la cura con le quali le chiese vengono ornate da composizioni floreali, diverse rispetto al solito.

Tutto questo moto preparatorio può, e in qualche maniera deve, ridestare la nostra attenzione sulla celebrazione della solennità di Tutti i santi (1° novembre) e sulla Commemorazione di tutti i fedeli defunti (2 novembre).

Strada sicura da percorrere per dare buona risposta alla nostra attenzione, cioè per comprendere il senso di queste due date particolari che l’anno liturgico ci offre, è aprire una riflessione a partire dalla ricchezza che il Messale romano ci offre per la loro celebrazione. D’altronde, mai si sbaglia quando facciamo nostro l’antico adagio lex orandi lex credendi (la legge della preghiera è la legge della fede) con il quale si afferma che la Chiesa crede ciò che prega.

La festa di tutti i santi

Fin dal IX secolo la Chiesa di Roma celebra la festa di Tutti i santi, nella quale “in un’unica festa si celebrano, insieme ai santi canonizzati, tutti i giusti di ogni lingua, di ogni razza e di ogni nazione, i cui nomi sono scritti nel libro della vita” (Messale romano, p. 609).

Il prefazio di questa solennità afferma che i santi sono “amici e modelli di vita”, due epiteti non di poco conto per la nostra riflessione, anzi con semplicità le parole che introducono la Preghiera eucaristica rispondono al perché nella Chiesa diamo importanza al culto dei santi e al senso della solennità che ci apprestiamo a celebrare.

Se infatti, da una parte, intercedono per noi presso il Padre per sostenerci nel cammino della vita e affinché si compia in noi il mistero della salvezza, dall’altra troviamo in loro un esempio di come il Vangelo può essere vissuto nella nostra esistenza.

Alcuni potrebbero pensare che la santità sia qualcosa per pochi eletti, invece fin dal giorno del battesimo siamo “figli” di Dio, immersi nella vita divina, e ci è stata data la possibilità di perseguire un cammino, sebbene talvolta difficile, per rispondere all’invito che il Signore fece al popolo di Israele: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (Lv 19,2).

Celebrare quindi i santi è ricordarci che qualcuno, nostro modello e intercessore, prima di noi ha testimoniato nella quotidianità della sua esistenza che è possi- bile per tutti percorrere la strada che conduce alla santità.

“Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianzanelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa.

Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (Papa Francesco, Gaudete et exsultate, n. 14).

Commemorazione dei defunti

Della Commemorazione di tutti i fedeli defunti abbiamo tracce fin dall’antichità; dal XIV secolo circa l’usanza sembra estendersi in tutta la Chiesa di rito romano. Il Messale offre tre differenti schemi di messa, ognuno con il suo formulario e le letture proprie, ma tutti convergenti verso lo stesso senso: pregare per i nostri fratelli defunti nella sicura speranza che, insieme a tutti i defunti, in Cristo risorgeranno nell’ultimo giorno.

Questa celebrazione offre quindi l’occasione per leggere l’evento doloroso della morte alla luce della Pasqua del Signore. Il cristiano nel battesimo ha ricevuto “lo Spirito da figli adottivi”, così da diventare eredi di Dio e “coeredi di Cristo”, partecipando non solo alla sua passione ma anche alla sua gloria (cfr. Rm8,14-23).

Il primo tra i sacramenti ci inserisce quindi nel mistero pasquale di Cristo, mistero che non si è concluso con la morte ma ha aperto a noi le porte della vita eterna. Ciò che da bambini abbiamo vissuto sacramentalmente, per mezzo della salvezza operata da Cristo quale volontà del Padre (cfr. Gv 6,37-40), trova il suo pieno compimento con la morte corporale e la risurrezione nella fine dei tempi.

Ecco allora che le parole del profeta Isaia diventano vere: “Dio eliminerà la morte per sempre” (Is 25,6-9), rendendola una porta di passaggio che conduce al luogo dove poter vedere con i nostri occhi il Signore (cfr. Gb 19,1.23-27a). Infatti nel mistero della morte “la vita non ci è tolta, ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo” (dal Prefazio dei defunti I), un posto nella santa Gerusalemme (cfr. Ap 21,1-7).

Don Francesco Verzini

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Fiera dei Morti Perugia. Uno stand con i prodotti delle ospiti Caritas https://www.lavoce.it/fiera-dei-morti-perugia-caritas/ Thu, 31 Oct 2019 13:39:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=55682 Caritas

Dalla sera del 31 ottobre fino al 5 novembre anche la Caritas diocesana di Perugia avrà uno stand presso l’attesa “Fiera dei Morti”, evento fieristico tipico delle festività autunnali che catalizza a Perugia tantissimi visitatori da tutta l’Umbria e anche da fuori regione.

Quello che verrà esposto in questo speciale spazio consiste in una serie di oggetti realizzati da alcune signore ospiti del Villaggio della Carità “Sorella Provvidenza”, quartier generale della Caritas perugino-pievese, dove risiedono anche alcune famiglie in condizioni economiche di grave difficoltà, che hanno perso la propria abitazione.

Per una maggiore integrazione tra persone e culture diverse, i volontari e operatori della Caritas hanno pensato nei mesi scorsi di dare vita ad uno speciale laboratorio creativo-sartoriale: qui le signore che sono ospitate nel Villaggio si sono ritrovate per realizzare borse di stoffa colorate decorate in maniera artigianale,sacchetti per il pane, presine e grembiuli da cucina, sfoderando ciascuna le proprie doti creative. “Il risultato è stato sorprendente - afferma Giancarlo Pecetti ,direttore della Caritas perugina non solo i rapporti

tra le coinquiline si sono rafforzati, ma addirittura si è scoperto quanto sia bello stare insieme, creando una magnifica atmosfera dove ciascuna ha offerto il meglio di sé”.

Il risultato di questa esperienza di comunità e collaborazione sarà dunque in mostra presso lo stand Caritas della Fiera dei Morti a Pian di Massiano fin dalla sera del 31 ottobre, momento inaugurale.

Naturalmente chi vorrà potrà lasciare un’offerta che andrà a finanziare le iniziative della Caritas, portando a casa uno degli meravigliosi lavori realizzati dalle ospiti del Villaggio Sorella Provvidenza.

Mariangela Musolino

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Caritas

Dalla sera del 31 ottobre fino al 5 novembre anche la Caritas diocesana di Perugia avrà uno stand presso l’attesa “Fiera dei Morti”, evento fieristico tipico delle festività autunnali che catalizza a Perugia tantissimi visitatori da tutta l’Umbria e anche da fuori regione.

Quello che verrà esposto in questo speciale spazio consiste in una serie di oggetti realizzati da alcune signore ospiti del Villaggio della Carità “Sorella Provvidenza”, quartier generale della Caritas perugino-pievese, dove risiedono anche alcune famiglie in condizioni economiche di grave difficoltà, che hanno perso la propria abitazione.

Per una maggiore integrazione tra persone e culture diverse, i volontari e operatori della Caritas hanno pensato nei mesi scorsi di dare vita ad uno speciale laboratorio creativo-sartoriale: qui le signore che sono ospitate nel Villaggio si sono ritrovate per realizzare borse di stoffa colorate decorate in maniera artigianale,sacchetti per il pane, presine e grembiuli da cucina, sfoderando ciascuna le proprie doti creative. “Il risultato è stato sorprendente - afferma Giancarlo Pecetti ,direttore della Caritas perugina non solo i rapporti

tra le coinquiline si sono rafforzati, ma addirittura si è scoperto quanto sia bello stare insieme, creando una magnifica atmosfera dove ciascuna ha offerto il meglio di sé”.

Il risultato di questa esperienza di comunità e collaborazione sarà dunque in mostra presso lo stand Caritas della Fiera dei Morti a Pian di Massiano fin dalla sera del 31 ottobre, momento inaugurale.

Naturalmente chi vorrà potrà lasciare un’offerta che andrà a finanziare le iniziative della Caritas, portando a casa uno degli meravigliosi lavori realizzati dalle ospiti del Villaggio Sorella Provvidenza.

Mariangela Musolino

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Oltre il tempo. L’eternità, quella vera https://www.lavoce.it/oltre-il-tempo-leternita-quella-vera/ Thu, 30 Oct 2014 14:38:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28792 Commemorazione-defuntiForse nessuna festa come quella di Tutti i santi o nessun ricordo come quello della Commemorazione dei defunti pongono davanti a ciascuno la domanda seria: dove andremo dopo questa vita? O più radicalmente: c’è qualcosa dopo la morte? I credenti hanno ricevuto su questo una parola certa, cui guardare con fiducia, e il Vangelo insegna che cosa aspettare con gratitudine.

L’attesa di un “dopo” è inscritta nel cuore di ognuno: l’uomo avverte che non può finire tutto con questa vita; sente di aspirare a qualcosa di più. Certamente, non riusciamo a immaginare come debba essere in realtà la vita dopo la morte, ma sentiamo che c’è.

Qualcosa in noi lo testimonia, lo attesta. Non è frutto della nostra immaginazione, ma piuttosto è la prova che Dio ha messo nel cuore dell’uomo la nozione dell’eternità (cfr. Qoelet 3,11). Sì Dio, dopo aver creato nel mondo bella ogni cosa, ha posto nell’uomo la chiamata a qualcosa di più. Sant’Agostino a questo proposito ha scritto: “C’è dunque in noi, per così dire, una dotta ignoranza” (Lettera a Proba). Da soli non sappiamo che cosa ci sia dopo questa vita, ma siamo certi che qualcosa ci sia.

Questo qualcosa è quello che noi chiamiamo “vita beata” o “vera vita”. “La vera vita – dice ancora Agostino – è quella al cui confronto questa nostra, da noi tanto amata, per quanto piacevole e lunga, non merita di essere chiamata vita”. E ancora: l’unica vera vita, la sola beata è “il poter contemplare, immortali per l’eternità, e incorruttibili nel corpo e nello spirito, le delizie di Dio”. L’uomo è stato creato per questa beatitudine e si realizza pienamente solo così. Ecco perché i beni terreni possono essere di conforto, ma non offrono al cuore dell’uomo la pienezza che solo quelli eterni possono dare. Sbaglia l’uomo quando considera le ricchezze, le sicurezze umane, gli onori, i piaceri come la propria realizzazione. Questi possono esserci, ma si possono anche perdere; se ci sono, devono servire come mezzi per compiere il bene agli altri. Si confonde l’uomo quando considera i beni materiali come il fine della propria esistenza, come se questi offrissero la vita beata. Ma essa sta altrove.

Cerca l’uomo la vita vera, la vita beata? Ecco è il punto. Dio ha messo nel cuore dell’uomo il pensiero e il desiderio dell’eternità, ma talvolta sembrano ormai spenti. Forse a motivo di una cattiva comprensione del concetto stesso di eternità, come se fosse un continuo susseguirsi di giorni del calendario, un prolungamento all’infinito delle nostre attività e relazioni. Basti pensare che il paradiso viene talvolta presentato come una continuazione materiale di questa vita, come il luogo dove le famiglie si riuniscono al sicuro per sempre. “Vita eterna” è oggi una parola insufficiente e crea confusione; “eterno” suscita l’idea dell’interminabile, del ripetitivo che annoia.

“Cristo Giudice” del Beato Angelico, affresco del 1447, cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto
“Cristo Giudice” del Beato Angelico, affresco del 1447, cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto

Così, l’annuncio della vita eterna per molti è divenuta un’informazione che può essere messa accanto alle tante che si possiedono su svariati argomenti. Deve invece tornare a essere un annuncio capace di orientare l’esistenza terrena, la vita quotidiana. L’eternità sarà il momento “dell’immergersi nell’oceano dell’infinito amore, nel quale il tempo – il prima e il dopo – non esiste più” (Benedetto XVI, Spe salvi, 12).

Questo momento, giorno che non tramonta, è la vita in senso pieno: un tuffarsi in Dio, così da essere sopraffatti dalla gioia. Sarà lo svelamento della condizione definitiva di figli, abbracciati tutti dall’amore del Padre. Se è questa, la vita eterna torna a essere desiderabile!

L’origine della festa di Ognissanti

La festa di Tutti i santi, il 1° novembre, si diffuse nell’Europa latina nei secoli VIII-IX. Si iniziò a celebrare la festa di tutti i santi anche a Roma, fin dal secolo IX. Il Martirologio romano così presenta la “solennità di tutti i santi uniti con Cristo nella gloria”: “Oggi, in un unico giubilo di festa, la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni”.

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Inchiesta sulla Speranza https://www.lavoce.it/inchiesta-sulla-speranza/ Tue, 28 Oct 2014 18:12:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28694 La liturgia domenicale, per una coincidenza temporale, è incentrata sulla Commemorazione dei defunti, che per il cristiano si connette alla fede nella resurrezione. Già nel primo Testamento (prima lettura) Giobbe testimonia la sua fede: dopo la morte “vedrò Dio”. E Cristo, nel Vangelo di Giovanni, dichiara che “chiunque vede il Figlio e crede in lui ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Nella seconda lettura san Paolo ci ricorda che “la speranza non delude” perché Dio ha manifestato il suo amore per noi tramite Cristo che ci ha salvati dal peccato con il suo sacrificio.

Oltre alla promessa di resurrezione che si può ricavare dalla lettura della Bibbia, per i cristiani esiste anche il fatto, la “Primizia” della risurrezione, avvenuta in Cristo. Ciò rende più concreta, “storica” una realtà che è qualcosa di inaudito, difficile da rappresentare nella mente. È questa nuova realtà che fa dire a san Paolo: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? (1Cor 15,55). A livello di ogni uomo e della società, esiste una incompatibilità tra la vita e la morte. La morte rimane sostanzialmente incomprensibile, non accettabile; secondo molti, questi sentimenti dominano il pensare dell’uomo e ne sono alla base di gran parte dell’agire.

La promessa della nostra risurrezione risponde quindi a un bisogno che è alla radice dell’uomo. I cristiani possono veramente avere un atteggiamento nuovo verso la morte: la speranza si contrappone alla paura. Ci sono state e tuttora esistono varie testimonianze in proposito. Non solo i martiri; ogni giorno assistiamo a comportamenti che fanno toccare con mano quanto la certezza della risurrezione influisca sulla vita dei malati, e non solo. A fronte di questi elementi positivi, che ci danno coraggio e fiducia, vogliamo però menzionare alcuni aspetti che indicano delle difficoltà, e che devono essere un incentivo al loro superamento nella nostra vita di cristiani.

a) Nella realtà culturale in cui siamo immersi c’è una chiara tendenza a rimuovere la morte. Non si muore più in casa; è invalsa quasi una ritualità caratterizzata dal ricovero in ospedale e da un insieme di atti medici che sovente non sono finalizzati ad alleviare le sofferenze, ma a sottolineare un atteggiamento di rifiuto verso la morte. La morte viene nascosta (ad es. ai bambini) come qualcosa di disdicevole; i funerali non possono “disturbare” il normale andamento di una città. Questo fenomeno, per certi aspetti spontaneo, è anche un segno della grande paura della morte, che non riusciamo a gestire e che quindi cerchiamo di cancellare. Il messaggio cristiano quindi non sembra incidere a fondo nella vita di tutti i giorni. Questo ci interroga sulla nostra capacità di testimonianza credibile e sui contenuti e modalità di proposta che ci competono.

b) Desideriamo la resurrezione, la vita eterna? Se è vero che la morte ci fa paura come fenomeno spontaneo, biologico, c’è da considerare che esiste anche l’atteggiamento speculare del voler “chiudere” con una vita vissuta come triste, a volte come fallimentare, piena di insoddisfazioni, di ingiustizia, che ci sconcerta per i tanti aspetti incomprensibili, incongruenti. Da considerare inoltre che “l’istinto di morte” è considerato da alcuni un elemento fondante del nostro essere. Questo atteggiamento è diffuso nella nostra società e può attraversare la vita di ciascuno. In queste condizioni, la prospettiva di risurrezione e di vita eterna rischia di non avere senso, di essere addirittura vissuta come qualcosa di non desiderabile.

Di fronte a ciò, come porsi? A nostro avviso, un atteggiamento ambivalente verso questa realtà è imprescindibile. A noi il compito di vivere e proporre un vita che valga la pena di essere vissuta, in cui vengano rimossi gli ostacoli che ne impediscono un pieno sviluppo, in cui prevalga la gioia, e il desiderio di una vita piena, l’incanto di fronte a tutte le realtà che ci circondano sia fatto emergere in tutta la sua forza.

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Dio è Dio di persone viventi https://www.lavoce.it/metti-vangelo-22/ Thu, 07 Nov 2013 14:56:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20398 La liturgia di oggi ruota attorno al tema risurrezione. Tema assolutamente centrale alla fede cristiana: Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti (1Cor 15,20). Anche le due recenti celebrazioni, di Tutti i santi e dei fedeli defunti, ce lo rendono familiare. La prima lettura riferisce un episodio conosciuto generalmente con il titolo “La madre dei fratelli Maccabei”. Accadde un paio di secoli prima dell’altro, che ascolteremo dalla pagina evangelica. Il Secondo libro dei Maccabei, da cui la lettura è tratta, narra episodi delle pesanti persecuzioni greche contro gli ebrei.

I greci, che in quel momento dominavano il paese, avevano deciso di adottare una politica di assimilazione culturale. Ciò comportava anche l’accettazione dei culti pagani da parte dei giudei. Siccome l’offerta culturale dei greci era allentante, una parte della popolazione giudaica aderì al nuovo corso e si adeguò; ma la parte più sana resistette, andando incontro a ritorsioni: perdita del lavoro, confisca dei beni, schiavitù e anche tortura e morte. L’episodio in parola, che il narratore biblico assume come fatto emblematico della resistenza giudaica, si colloca in questo contesto storico. Colpisce il motivo di fondo che sostenne la resistenza di questa famiglia, composta da una madre e sette figli: la certezza della risurrezione. Particolarmente chiara fu la testimonianza del secondo fratello, che prima di spirare gridò in faccia al boia: “Dopo la nostra morte, il Re dell’universo… ci risusciterà a vita nuova ed eterna”.

Il terzo fu ancora più concreto, gli gridò che quelle sue membra, che lui stava straziando, le aveva ricevute da Dio e da Lui sperava di riaverle. Così tutti gli altri, inclusa la madre. Memorie di questi fatti circolavano ancora ai tempi di Gesù, soprattutto fra i resistenti alla dominazione romana. Non tutti però lo erano; né tutti erano credenti nella risurrezione. Tra essi si distinguevano i sadducei, politicamente legati ai romani, religiosamente “liberali” e soprattutto interessati agli affari. A differenza dei farisei, che accettavano come Parola di Dio l’intera Bibbia ebraica, i sadducei riconoscevano solo la Torah, ossia i primi cinque libri di Mosè. E siccome non vi trovavano scritta esplicitamente la parola “risurrezione”, sostenevano che non c’è risurrezione.

Su questo argomento i due gruppi, farisei e sadducei, erano in polemica aperta tra loro. E dato che quando si è in polemica ognuno cerca appoggi dove può, un gruppetto di sadducei si avvicinò a Gesù e gli espose il fatterello immaginario dei sette fratelli, mariti di un’unica moglie. Favoleggiarono dunque di sette fratelli, non precisamente fortunati, i quali morirono uno dopo l’altro prima della donna che ciascuno aveva dovuto sposare, in obbedienza a un precetto mosaico.

Domanda: alla risurrezione, di chi sarà moglie questa signora, visto tutti e sette l’hanno avuta in moglie? Alle nostre orecchie la cosa appare un po’ da ridere; non così per la loro mentalità; nelle scuole rabbiniche infatti si usava costruire esempi estremi, allo scopo di mettere alla prova l’acribia dell’in- terlocutore e conoscerne il pensiero. Del resto, il precetto mosaico, che imponeva di sposare la vedova del proprio fratello nel caso questi non fosse riuscito ad avere prole, rispondeva a un concetto di famiglia che riteneva la sua stabilità nel tempo come valore superiore alla monogamia.

La risposta di Gesù, riferita dai tre Vangeli sinottici pressoché negli stessi termini, va ben al di là del problemino presentato dai sadducei, che in fondo avevano richiesto solo un parere giuridico. Gesù, che porta il discorso su un piano molto più alto, così argomenta: nella presente realtà storica, un uomo sposa una donna per moltiplicare le generazioni e vedere la propria vita continuata nei figli. Nel mondo a venire invece, che è il “luogo” di quelli che Dio ha ritenuti degni della vita eterna, non c’è bisogno di ammogliarsi o di maritarsi, perché non si può più morire. Poi allarga e approfondisce ulteriormente il discorso: poiché essi sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Nel linguaggio del tempo, essere figli della risurrezione voleva dire appartenere al mondo dei risorti. Chi è risorto per la potenza dello Spirito di Dio, non può più morire, a somiglianza del Cristo. Ed è figlio di Dio perché Dio lo ha adottato, comunicandogli la sua Vita divina. Inoltre Gesù smonta anche l’affermazione secondo cui la Torah non parlerebbe di risurrezione. Nel libro dell’Esodo infatti si dice che il Signore è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: i padri di Israele. Essi non sono morti, ma viventi in Dio e nel cuore del popolo.

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Ai “Giovani verso Assisi” una lettera di frate Leone https://www.lavoce.it/ai-giovani-verso-assisi-una-lettera-di-frate-leone/ Thu, 07 Nov 2013 14:15:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20440 frate-AntonelloHa superato il 34° traguardo il convegno nazionale “Giovani verso Assisi”, che si è svolto ad Assisi dal 30 ottobre al 3 novembre, particolarmente partecipato anche per l’attrazione destata dal tema “Qui è la vera e perfetta letizia”.

Frate Leone, ritornato in vita dal Medioevo, ha scritto per l’occasione ai giovani una lettera: “Tocca a me quest’anno, frate Leone, accogliervi e farvi sentire subito a casa… Ho pensato che potevano scegliere qualcuno più giovane, ma alla fine mi è stato risposto che da tanti anni (quasi 800, sapete!) sto accanto a Francesco… io frate Leone, suo amico, suo confidente, suo confessore…”.

I ricordi affollano la mente di frate Leone, soprattutto il ricordo dell’autografo che gli fu donato da Francesco, comprendente una lode all’Altissimo e una benedizione dedicata a lui stesso: lode e benedizione che ha consegnato ai giovani convenuti da ogni regione. L’annuale incontro si è agilmente sviluppato, dalla veglia di preghiera del 30 ottobre – presieduta nella basilica inferiore di San Francesco dal custode del Sacro Convento padre Mauro Gambetti – alle fasi successive: celebrazione delle lodi, lectio divina e adorazione nell’ambito della festività di Tutti i santi, commemorazione dei defunti, celebrazione eucaristica conclusiva del 3 novembre presieduta presso la basilica superiore dal vicario generale dei Conventuali Jerzy Norel. Funzioni ed espressioni liturgiche ravvivate da letture e canti eseguiti dalla corale nazionale dei “Giovani verso Assisi”.

Rinvia al 1979 l’iniziativa giovanile rinvigorita nel 2002 da padre Antonello Fanelli e da lui condotta fino alla recente edizione. “Un impegno gravoso ma rigenerante”, così commenta lo stesso, che ha lasciato l’incarico con la consapevolezza di un necessario ricambio e della oggettiva incompatibilità con il ruolo assegnatogli di coordinatore del complesso basilicale di San Francesco e dell’area santuariale; mentre il suo più diretto collaboratore fra Vincenzo è stato designato a Padova con la mansione di cerimoniere della basilica di Sant’Antonio. Risulta già acquisita da fra Simone Tenuti, trasferito al Sacro Convento da Camposampiero, la responsabilità della pastorale giovanile.

Le testimonianze raccolte da un “campione” limitato ma piuttosto significativo indicano una realtà estremamente variegata: veterani del convegno e partecipanti per la prima volta, chi convinto da un frate o dal passaparola; giovani attenti alle problematiche dell’occupazione e molti studenti.

Tutti comunque curiosi e motivati, tutti infervorati e conquistati dalla figura del Santo di Assisi. Quanti manterranno tale ammirazione? Quanti modelleranno, secondo il suo messaggio, un coerente stile di vita? Una sfida ardua per chiunque, non solo per i giovani.

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Tutti i santi: le origini della festa e della data https://www.lavoce.it/tutti-i-santi-le-origini-della-festa-e-della-data/ Thu, 31 Oct 2013 15:34:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20390 commemorazione-defunti-fiori-cimitero-4All’origine vi era il culto di coloro che avevano testimoniato al prezzo della vita la fedeltà al Cristo. Con il tempo iniziarono ad essere compresi vescovi e quanti avessero dato prova di esemplare coerenza con il Vangelo.

E poi ci fu la volontà di sovrapporre il messaggio cristiano della comunità dei santi in Dio a quello pagano dei tanti dèi, culminata con la trasformazione del tempio per eccellenza che simboleggiava il politeismo, il Pantheon romano, nella chiesa dedicata non solo alla santa Vergine ma anche a tutti i martiri.

Correva l’anno 609. Ma il giorno scelto era ancora lontano dal 1° novembre, visto che il Papa di allora, Bonifacio IV, aveva optato per il 13 maggio, probabilmente conformandosi alla tradizione incentrata sui periodi seguenti alla Pentecoste o alla Pasqua.

Uno si potrebbe chiedere cosa c’entri il freddo novembre con i tepori della tarda primavera: la risposta è racchiusa nell’opera di un altro Pontefice, Gregorio IV, che, stabilendo nell’835 il 1° novembre come festa di Tutti i santi, si ricollegava a una analoga datazione in auge in alcuni Paesi, le Gallie, ad esempio, l’Irlanda o l’Inghilterra, che avevano in comune l’appartenenza al mondo celtico. E qui, alcuni tra i lettori avranno già capito, arriviamo alla questione di Halloween. Secondo alcuni, infatti, Halloween è contrazione delle parole All Hallows’ Eve, vale a dire “vigilia di Tutti i santi”, il che si accorderebbe con la tradizione celtica di porre il cambio tra stagione mite e quella fredda (non dimentichiamoci che siamo in zone nordiche, dove il freddo è più intenso e dove le foreste predominano) il 1° novembre: poiché questa data segnava anche un radicale cambiamento delle attività lavorative, essa rappresentava la fine dell’anno.

L'interno del Pantheon
L’interno del Pantheon

In questo momento di passaggio (e tutti i riti antichi in cui comparisse una soglia, un confine anche cronologico da varcare erano riti di passaggio) vi era una transizione tra cielo e terra, tra l’altrove assoluto e il qui e l’ora, che poteva per un attimo, in questo caso una notte, permettere il passaggio sulla terra degli spiriti dei defunti, i quali andavano o blanditi con dolci o spaventati a loro volta con maschere grottesche.

Questa accezione di anime propense a spaventare la gente non poteva piacere alla Chiesa che invece accentuava il ruolo del Cristo Salvatore e la sua funzione, con la vittoria sulla morte, di consolatore di ogni lacrima e di ogni sofferenza: “Non vi sarà più la morte né lutto”, si legge nell’Apocalisse.

Sulla spinta della vigile abbazia di Cluny (si noti che anche qui siamo in una terra anticamente abitata dai Celti), fin dal X secolo, si rese stabile la data della commemorazione delle anime dei defunti il 2 novembre (data che poi sarà definitivamente accettata dal Pontefice all’inizio del XIV secolo), che peraltro si era già stabilizzata in gran parte dell’Europa centro-settentrionale. Una questione di contrapposizione “critica”.

La festa dei Santi significa qualcosa di meno cupo della attuale sovrapposizione al contrario, visto che la base celtica è tornata a prendere il posto di quella cristiana. Lungi da noi la tentazione di esecrare moralisticamente questa forma di festa: non possiamo non notare però come essa sia a sua volta uniformata non a erudite riprese neo-celtiche, di cui non può importare di meno alla gente, ma a un banale consumismo fatto di feste, maschere, costumi.

La festa cristiana ricorda altro: la possibilità di una vita meno legata a un presente banalizzato e più attenta alle drammatiche necessità di chi giace nel bisogno, non solo materiale.

Santificazione significa anche questo, sfuggire ai tentativi di rimozione di una realtà spiacevole e testimoniare una fede che non può essere solo apparenza.

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Festa di Tutti i santi: noi tra terra e Cielo https://www.lavoce.it/festa-di-tutti-i-santi-noi-tra-terra-e-cielo/ Thu, 24 Oct 2013 13:06:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20262 La risurrezione dei morti dipinta da Luca Signorelli a Orvieto
La risurrezione dei morti dipinta da Luca Signorelli a Orvieto

La festa di Tutti i santi e la commemorazione dei Fedeli defunti conducono a riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che viene espresso con le semplici parole “terra” e “cielo”. La prima rappresenta il cammino storico dell’uomo e della creazione; la seconda, il cielo, l’eternità e la pienezza della vita in Dio.

La Chiesa è in cammino nel tempo, ma nello stesso tempo celebra già la festa senza fine nella Gerusalemme celeste, dove vivono in eterno coloro che sono salvi. Di molti di questi si conosce il nome, perché la Chiesa stessa li propone come modelli e amici; accanto a loro sono posti, nella speranza, quei fedeli che sono morti in pace con Dio e per i quali si prega in modo particolare nelle chiese o nei cimiteri.

La fede nella vita eterna deve essere, però, completata dalla verità della risurrezione dei corpi. Su questo punto oggi è venuta meno in molti la convinzione. L’uso, ad esempio, di cremare i corpi e di disperdere le ceneri, quasi come un congiungimento con la Madre Natura, non esprime forse il contrario? La fede cristiana ha sempre invitato a conservare con rispetto il corpo, che pure va disfacendosi, esprimendo con questo gesto la convinzione che un giorno Dio, il Creatore, donerà nuovamente la vita.

Anche se divenuto cenere, un corpo umano ha pur sempre un’altissima dignità, superiore a quella degli animali o delle piante, perché è stato abitato dall’anima immortale, perché attraverso esso la persona si è manifestata e realizzata, perché un giorno parteciperà della resurrezione di Cristo. Sì, come Cristo è risorto dai morti nel suo vero corpo, così ogni uomo e ogni donna lo faranno per la grazia di Dio.

Le due giornate – la prima è anche solennità – conducono a pensare con insistenza alla condizione storica dell’uomo, tante volte descritta come quella di un pellegrino in cammino verso la Città dalle solida fondamenta. In questo viaggio nessuno è solo, come attesta la verità della comunione dei santi. Nel battesimo ciascuno è stato inserito come membro vivo nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. È unito a tanti fratelli e a tante sorelle che quaggiù vivono le beatitudini del Vangelo ed è unito a tutti coloro che sono già accanto al Padre.

Essere cristiani, far parte della Chiesa, significa aprirsi a questa comunione che abbraccia terra e cielo. In questa comunione tutti ricevono e, soprattutto, danno qualcosa nell’ordine della grazia: i santi intercedono per coloro che camminano quaggiù, e questi ultimi con la preghiera, la penitenza e la carità aiutano chi si sta preparando all’abbraccio definitivo con il Padre.

Ancora, queste due giornate aiutano a comprendere quando un’esistenza umana possa dirsi realizzata; i parametri umani di ricchezza, carriera, successo appaiono totalmente insufficienti. La realizzazione sta altrove, perché la persona umana è fatta per dare concretezza a Dio: mani, cuore, intelligenza, tutto può servire per permettere a Dio di incarnarsi ancora e servire i Suoi figli. La persona diviene così uno strumento libero affinché Dio possa agire ancora nella storia. E un solo gesto di carità ha il senso di una vita realizzata.

La carità è l’altro nome della santità. “Ogni cristiano – ha recentemente ricordato Papa Francesco – è chiamato alla santità e la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio” (udienza, 2 ottobre 2013). La santità è l’incontro tra la debolezza dell’uomo e la forza della grazia di Dio, è avere fiducia nella sua azione, che permette di fare tutto con gioia e umiltà per la gloria di Dio e nel servizio del prossimo.

Le origini della festa

Una sintesi dell’origine della festa di Tutti i santi si trova nel sito www.catechista.it. “La solennità – vi si legge – trae la sua origine dalla dedicazione al culto cristiano del Pantheon di Roma: nell’anno 610 esso fu dedicato alla Vergine Maria e a tutti i Santi. Anche in Oriente si celebravano tutti i Santi, nella prima domenica di Pentecoste. Fu Gregorio IV che nell’anno 835 stabilì la celebrazione della festa il 1° novembre”. Ma a curiosare nella Storia emergono altri elementi, anche discordi con quelli sopra elencati. Un ruolo particolare lo avrebbero giocato i monaci di Cluny. Senza contare le antiche radici della festa, dato che il culto dei morti è un fenomeno antichissimo.

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Festa dei santi, festa della Chiesa https://www.lavoce.it/festa-dei-santi-festa-della-chiesa/ Fri, 29 Oct 2010 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8852 Avviandosi verso la fine dell’anno liturgico, la Chiesa propone temi particolari riguardanti la nostra identità storica. Domani e dopodomani si celebra infatti la festa della Chiesa nel suo dinamismo di grazia, ricordando tutti i santi, e cioè i credenti meglio riusciti, proposti alla nostra ammirazione in una lunga galleria di ritratti che si snoda nei vari giorni dell’anno; e i defunti, che, viventi con noi, sono ormai nel mistero della vita in Dio, così come ripetiamo quotidianamente nella celebrazione della messa: “Ricordati, Signore, di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede. Ammettili a godere la luce del tuo volto e la pienezza di vita nella risurrezione”. E questo vale per tutti i defunti, credenti o non credenti, delle diverse opzioni religiose, quelli che hanno cercato la via del bene e quelli che hanno sbagliato tutto: la speranza in ogni caso rimane.

Non sta a noi giudicare: il giudizio è solo di Dio, che conosce fino in fondo la storia e la responsabilità di ognuno. È importante la prima lettura, tratta dal libro della Sapienza, che funge da cornice per questa festa della Chiesa globale: “Tu, Signore, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini aspettando il loro pentimento” (Sap 11,23), ed anzi “sei indulgente con tutte le cose perché sono tue, Signore, amante della vita” (Sap 11,26). I due poli di questa preghiera inneggiante alla vita di coloro che sono già passati nei “cieli nuovi e nella terra nuova” sono il pentimento dell’uomo e l’indulgenza di Dio, di cui tutti hanno bisogno, or più or meno. Ne hanno avuto bisogno i santi, anche se il pentimento per le lievi sbavature di peccato è stato in loro sovrabbondante; ne hanno assoluto bisogno i peccatori, nei quali il cammino verso la santità è stato più faticoso e rischioso. Ne hanno bisogno i cercatori di Dio, che sono andati avanti “a tentoni”; ne hanno bisogno i contestatori e i negatori di Dio, che possiamo solo affidare alla sua misericordia. Ne abbiamo urgente bisogno noi, che camminiamo su un terreno molto accidentato, aspettando la venuta del Signore e la nostra riunione con Lui.

E tuttavia, ci dice l’apostolo Paolo, non dobbiamo farci confondere da pseudo-profeti che turbano le coscienze con le loro previsioni catastrofiche. Il Signore verrà, ne siamo certi, ma l’attesa non deve farci fuggire dalla realtà e dalla nostra responsabilità per questo mondo, che sarà anch’esso toccato dall’irraggiamento della resurrezione. La storia di Zaccheo, che l’evangelo di oggi ci offre, ci rassicura perché è una storia di pentimento e di indulgenza: il pentimento di Zaccheo, che riconosce il suo peccato e assume precisi impegni di giustizia, e l’indulgenza di Gesù che lo ha cercato tra il fogliame del sicomoro ed ha accolto il suo invito a pranzo, svelando anche il motivo della sua presenza nella terra degli uomini: “È venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”, anche se si tratta di peccatori odiosi come un esoso esattore di imposte. Ma c’è grazia per tutti, se non la rifiutiamo.

Nella storia di Zaccheo troviamo anche la risposta a quell’interrogativo che in tutti e tre i sinottici gli apostoli si sono posti dopo aver sentito da Gesù la difficoltà per un ricco di entrare nel regno dei cieli: “Chi potrà mai salvarsi?” (Mt 14,25; Mc 10, 26; Lc 18,26). La risposta di Gesù è sempre la stessa: “L’impossibile dell’uomo è il possibile di Dio”: a Lui è possibile anche trasformare un cuore di pietra in un cuore di carne, che sappia commuoversi dinanzi ai tanti bisogni dei diseredati. Il che fa capire anche quanto sia tenace il dio mammona, la cupidigia del potere, con la prospettiva della demiurgia. Se con Zaccheo è stato possibile un radicale ravvedimento, una vera rivoluzione dal male al bene, e le sue ricchezze defraudate sono ritornate ai legittimi padroni, i poveri, allora c’è speranza per tutti. E anche questo mostro del Mammona che incombe sulla nostra terra potrà essere ridimensionato e vinto.

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I santi di casa nostra ci precedono in Cielo https://www.lavoce.it/i-santi-di-casa-nostra-ci-precedono-in-cielo/ Fri, 31 Oct 2008 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7056 Dei tre formulari del Messale proposti oggi dalla liturgia ho scelto il terzo, perché collega direttamente la solennità di oggi a quella di Tutti i santi celebrata ieri. Delle tre celebrate in questa giornata, questa sarà probabilmente la messa più affollata. Il collegamento stabilito dal Vangelo con la festa di tutti i santi dona alla nostra celebrazione un senso cristiano di festa che sovrasta quello del lutto.

È la celebrazione della speranza cristiana, quella che lenisce il doloroso ricordo di parenti e amici che ci hanno lasciato e che andiamo a visitare nel cimitero. Quella folla variegata che affolla oggi il camposanto, con mazzi di fiori in mano, e con la preghiera sulle labbra, muta e pensosa, è la carovana di pellegrini in viaggio verso la patria vera, quella che i loro cari hanno già raggiunto. Qualcuno ha le lacrime agli occhi per un ricordo non ancora sbiadito, qualche altro smorza i toni del suo parlare, timoroso di disturbare coloro che dormono, e concentrato sul pensiero della morte che almeno oggi reclama la sua attenzione. C’è chi appare impacciato e smarrito, perché ha perso i contatti con Dio e con l’aldilà e a stento riesce a ritrovare spezzoni di preghiere imparate da bambino e poi dimenticate.

Questo silenzioso pellegrinaggio ci dice che tutti abbiamo i nostri santi in paradiso. Sono i nonni, i genitori, i fratelli, i figli che ci hanno preceduto nel passaggio da questa terra al cielo e ora vivono più vicini a Dio in una festa senza fine. Nell’attesa che anche noi li raggiungiamo, essi pregano per noi, ci invitano a pensare a loro con serenità, senza disperazione, perché la loro vita non è tolta, ma trasformata in meglio. Ho già commentato le beatitudini (che riascoltiamo in tempi così ravvicinati, in due feste successive che si rincorrono) nella IV domenica del Tempo ordinario del 3 febbraio scorso. Chi vuole può rileggersi le cose che ho scritto allora. Qui vorrei commentare il Vangelo alla luce del collegamento liturgico tra la festa dei santi e la commemorazione dei defunti. Esso non è fatto a caso. Nasce dalla certezza di fede che i nostri morti fanno parte della grandissima schiera di santi accolti da Dio nella sua casa del cielo. Non abbiamo ascoltato più volte che “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”? Che “Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”? La volontà di Dio non cade nel vuoto come tante nostre buone intenzioni.

Dio realizza ciò che promette, non concepisce progetti velleitari. Dunque la stragrande maggioranza dei nostri morti è stata salvata da Dio e introdotta nella vita eterna. L’Apocalisse di Giovanni ieri descriveva così quel grande popolo cosmopolita di salvati: “Vidi una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono e all’Agnello” (Ap 7,9s). Le beatitudini ci dicono che Dio non ha garantito il regno dei cieli solo agli eroi della testimonianza cristiana, quelli registrati nei nostri calendari, ma l’ha assicurato anche a tutti quei credenti anonimi che ha elencato sul monte di Galilea. È un catalogo esemplificativo composto di otto categorie di persone umili e di semplici che non hanno fatto parlare di sé i giornali o le televisioni, ma hanno vissuto con impegno e con amore una vita per tutti difficile e faticosa, la nostra vita quotidiana. Sono loro ad affollare il paradiso, per niente a disagio o in soggezione davanti a san Pietro, san Paolo, san Benedetto, san Francesco, santa Chiara, santa Teresa e i grandi martiri di tutti i tempi, nemmeno quelli sepolti nelle nostre cattedrali medioevali, che hanno fondato le nostre Chiese.

Scorrendo le beatitudini ci si rende conto che esse oltrepassano i confini della cristianità, perché alla loro base Gesù non mette nessuna motivazione di fede. Non dice, per esempio: beati i poveri in spirito cioè coloro che abbracciano la povertà per amore di Dio o la sopportano con spirito di fede. Dice semplicemente che Dio proclama beato, e quindi candidato al suo paradiso, chiunque viva la povertà o come scelta di vita umile o come situazione dolorosa; chi non rincorre la ricchezza ad ogni costo, ma si contenta di ciò che guadagna onestamente; valorizza chiunque è afflitto e sopporta la sua situazione con pazienza o vive la sofferenza per solidarietà con il prossimo nel dolore; ama chiunque è mite perché ha scelto come arma di offesa o di difesa la non violenza e si è proposto di fare sempre del bene e di non far soffrire nessuno con il proprio agire.

Gesù prende in affettuosa considerazione chiunque ha fame e sete di giustizia, perché si impegna e si schiera fattivamente a difesa del più debole nella lotta all’ingiustizia, da qualunque parte venga. Egli chiama beati i misericordiosi disposti ad aiutare chi ha bisogno e a perdonare i torti o le offese senza coltivare sentimenti di odio o di vendetta, anche se non sanno che, così facendo, imitano Dio e sono suoi figli. Proclama beati i puri di cuore, pensando a tutti coloro che vivono con onestà e rettitudine i loro rapporti umani, a qualunque categoria, religione o razza appartengano, perché l’onestà non ha colore. Dichiara beati gli operatori di pace come costruttori della convivenza umana sia a livello familiare che a livello sociale e internazionale, perché sanno tessere armonia e concordia in maniera disinteressata; gente umile, silenziosa, instancabile che sa avere pazienza per attendere e per sperare anche quando sembra impossibile rimuovere gli ostacoli, i risentimenti, gli odi inveterati.

Infine Gesù proclama beati tutti i perseguitati per amore della giustizia, cioè tutti i martiri che cadono vittime dell’intolleranza religiosa e politica; coloro che sono discriminati per ragioni di fede, di razza, di nazionalità, colpevoli solo di essere diversi nel pensare e nell’agire, perciò calunniati, malvisti, insultati, emarginati. Tutta questa gente numerosa ha camminato con noi sulle strade scomode e dissestate di questo mondo, e ora riposa nei nostri cimiteri (“cimitero” è parola greca che significa “dormitorio”) in attesa della risurrezione finale, quando apparirà la grandezza e la gloria di ognuno. Intanto essi sono nel mondo di Dio, a un passo dal nostro, dove godono la gioia della loro beatitudine. Lì ci aspettano trepidanti, ansiosi di riunirsi a noi per ricostruire la loro famiglia spezzata in terra dalla morte.

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Grande partecipazione di fedeli alle liturgie del 2 novembre https://www.lavoce.it/grande-partecipazione-di-fedeli-alle-liturgie-del-2-novembre/ Fri, 05 Nov 2004 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4129 Il 2 novembre: anche a Cascia il ricordo dei fratelli defunti. Ma come è vista “tradizionalmente” questa giornata? La commemorazione dei defunti viene celebrata da molte culture e specialmente fra le comunità cristiane, presso le quali trae la sua origine dal ricordo della morte di Cristo, che la vinse con l’evento straordinario della risurrezione. I riti cattolici da sempre prevedono una giornata particolare fissata il giorno dopo la festa di Ognissanti: all’esaltazione della chiesa trionfante, per i fedeli segue l’impegno di lucrare suffragi per le anime dei defunti che attendono la purificazione. Sull’esempio delle collettività degli ordini religiosi che scandivano la giornata con ritmici appuntamenti con la preghiera che iniziavano la mattina presto, “il mattutino”, nelle diverse comunità parrocchiali, anche per organizzare la giornata in armonia con le attività lavorative quotidiane, si sono fissate le celebrazioni in orario antelucano.

Anche nella cittadina di santa Rita, Cascia, il tradizionale appuntamento, con il quale si convocano i fedeli per le celebrazioni in suffragio dei defunti, viene fissato alle ore sei del mattino presso la chiesetta annessa al cimitero. Una tradizione che ha origini antiche ed è molto sentita da tutta la popolazione. Alla celebrazione, cui segue un rito di omaggio a tutti i defunti presso la croce situata nella parte centrale del cimitero, ha partecipato anche quest’anno la banda musicale di Cascia insieme a tantissima gente che la piccola chiesa non è in grado di contenere. L’arciprete di Cascia, mons. Elio Zocchi, parroco di Cascia da quasi mezzo secolo, ricorda anche che un suo predecessore convocava i fedeli addirittura alle quattro del mattino. L’atmosfera è senza dubbio suggestiva: sul finir della notte, in modo composto, la gente si avvia al cimitero per ricordare i propri cari con una cerimonia di collettiva partecipazione.

Un evento culturale, quindi, prima ancora che una semplice commemorazione dei fratelli defunti, che vede Cascia investita di modelli tradizionali anche in questo particolare momento del 2 novembre. Spoleto ricorda l’importanza della “memoria”Spoleto ha ricordato nel giorno di martedì 2 novembre i fratelli defunti, come ogni anno con due celebrazioni particolari. Al mattino, la Commemorazione dei caduti, alla presenza delle autorità, il tutto organizzato dell’Amministrazione comunale. Nel primo pomeriggio, poi, la santa messa, cui hanno preso parte i sacerdoti della città e gli spoletini di ogni parte. Dove? Nella basilica del Ss.mo Salvatore, la chiesa adiacente il cimitero di Spoleto, alla presenza dell’arcivescovo mons. Riccardo Fontana, che ha presenziato in entrambe le funzioni. Alla messa del pomeriggio, animata nei canti dal coro di santa Rita, l’Arcivescovo ha richiamato l’attenzione del popolo presente sull’importanza della “semplice” onoranza dei fratelli defunti: non importa costruirci sopra tante storie se poi, nella sostanza, ci dimentichiamo del ricordo dei cari. Ha tristemente ammesso come le famiglie di oggi non insegnino il rispetto e l’importanza del ricordo dei defunti ai figli, perché hanno paura di spaventarli mentre trovino normale banalizzare la notte di Ognissanti con la festa della notte “degli spiriti” (Halloween, 31 ottobre). “Questa è la giornata della Memoria”, ha detto mons.Fontana, marcandone l’importanza.

Non poteva mancare di ricordare la “carità”, il gesto concreto in cui si esprime la Chiesa, “e ce n’è per tutti!” Molti hanno contestato, se così si può dire, gli aiuti verso altri orizzonti quando c’è povertà anche all’interno della nostra società: ma chi ha detto che l’uno escluda l’altro? Si può fare la carità per tutti. Ma il problema di fondo è un altro: siamo pronti a ‘darci’ incondizionatamente? Cioè a compiere questi piccoli gesti concreti? Mons. Fontana ha così invitato a “scrollarsi” di dosso quel vestito di bravi discepoli definendo la società attuale “verniciata di cristianesimo ma pagana dentro”, in cui l’egoismo domina. Ripartire dalla semplicità di Cristo è dunque la strada: Colui che ha sempre liberato il popolo “schiavo”. Perché “la Sua passione è la nostra pace, le Sue sofferenze sono la nostra speranza”.

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Due novembre: Via Crucis e messa per commemorare i defunti https://www.lavoce.it/due-novembre-via-crucis-e-messa-per-commemorare-i-defunti/ Fri, 31 Oct 2003 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=3456 Con il 2 novembre, torna una ricorrenza molto cara a tutti. Quest’anno poi, la concomitanza della commemorazione dei defunti con la giornata domenicale renderà ancora più partecipate le celebrazioni di suffragio dei familiari e delle persone care scomparse. Nel vari cimiteri del territorio comunale sono previsti momenti di preghiera e celebrazioni, secondo il calendario e gli orari consueti che da anni ormai caratterizzano la giornata. Per quanto riguarda i momenti di suffragio a rilevanza cittadina, va ricordata la preghiera presso il Mausoleo dedicato ai Quaranta Martiri dell’eccidio nazista del 22 giugno 1944. Il momento di raccoglimento in memoria delle vittime della rappresaglia di guerra, previsto per le 14.30, sarà presieduto dal Vescovo. Lo stesso mons. Pietro Bottaccioli celebrerà poi la liturgia di suffragio al cimitero cittadino. Alle ore 15 inizierà la Via Crucis nella zona monumentale del grande cimitero del capoluogo, al termine della quale ci sarà la liturgia eucaristica.

Nuovi fondi per la ristrutturazione e l’ampliamento dei cimiteri

Tante proteste negli ultimi anni erano arrivate dalle frazioni, e in particolare dai comitati territoriali e dai parroci del territorio eugubino, per le condizioni pessime dei cimiteri di campagna. In primo piano, più di una volta, c’è stato il parroco di Monteluiano don Sandro Ceccarelli, che ha denunciato a più riprese lo stato di incuria e di abbandono in cui versano i cimiteri ‘ ben cinque ‘ della sua zona. Proprio per cercare di andare incontro alla popolazione e migliorare le condizioni dei cimiteri, nell’ultimo anno, l’Amministrazione comunale ha stanziato fondi e messo in cantiere lavori di ristrutturazione e ampliamento.L’ultimo progetto riguarda proprio il cimitero di Monteluiano. La Giunta comunale ha approvato il progetto preliminare dei lavori per la realizzazione di 80 loculi e la ristrutturazione della chiesetta e mura di cinta, per l’importo complessivo di quasi 120 mila euro. In ottobre era stato approvato il progetto preliminare dei lavori per la realizzazione di 185 loculi nel cimitero di Monteleto – Mocaiana per un importo complessivo di oltre 164 mila euro. L’ampliamento di nuovi loculi si è reso necessario perché l’aumento delle costruzioni a uso abitativo ha prodotto un aumento demografico della zona, con il conseguente aumento della richiesta di loculi.

L’ampliamento prevede la realizzazione dei loculi disposti su 5 file, che verranno creati su un’area libera compresa le cappelle e i loculi esistenti. Inoltre, sempre per quanto riguarda il cimitero di Monteleto – Mocaiana, è stato asfaltato proprio in questi giorni il piazzale antistante l’entrata. Nel luglio scorso l’assessore ai Lavori pubblici, Marino Cernecchi, aveva dato il via – con uno stanziamento comunale di circa 7.000 euro – a lavori di fognatura e raccolta delle acque per la realizzazione di servizi igienici sempre nel cimitero di Mocaiana. Nel mese di febbraio la questione cimiteri era approdata anche in Consiglio comunale, per un altro aspetto.

Il consigliere di Alleanza nazionale Gianfrancesco Chiocci aveva infatti presentato una interpellanza sulla realizzazione degli impianti elettrici e la gestione del servizio di illuminazione votiva nei cimiteri del capoluogo e delle frazioni. Sempre in febbraio, la seconda commissione consiliare aveva varato una variante al Piano regolatore per l’esecuzione di lavori di realizzazione di nuovi loculi nel cimitero di Morena.

Dal marzo scorso, infine, è stata anche adottata una nuova regolamentazione degli orari di apertura e chiusura dei cimiteri di Gubbio e di Mocaiana. A Gubbio, dal 1 ottobre al 31 marzo nei giorni feriali, apertura dalle ore 7 alle 17 con orario continuato. Dal 1 aprile al 30 settembre, continuato dalle ore 7 alle ore 19 per i giorni feriali e dalle 8 alle 12 e dalle 16 alle 18 per i giorni festivi. A Mocaiana, dal 1 ottobre al 31 marzo dalle ore 8 alle ore 17 con orario continuato, con la chiusura il lunedì e dalle 12 alle 15 dei giorni festivi. Dal 1 aprile al 30 settembre dalle ore 7 alle ore 18 con orario continuato e chiusura sempre di lunedì oltre che dalle 12 alle 16 dei festivi.

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Festa di tutti i santi e commemorazione dei defunti https://www.lavoce.it/festa-di-tutti-i-santi-e-commemorazione-dei-defunti/ Fri, 01 Nov 2002 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2766 Venerdì 1′ novembre – secondo la tradizione cattolica è la festa di tutti i Santi o come dicevano i Latini “Ognissanti”- e il 2 novembre la commemorazione dei fedeli defunti. Ogni parrocchia celebra questa festività coinvolgendo l’intera comunità cristiana, così anche quella di Bastia Umbra vive questo momento con particolare intensità religiosa. Ma quali sono le origini di questa festa, come mai proprio nel giorno del primo novembre e chi l’ha istituita nel corso della storia? Non dobbiamo pensare che la festa dei Santi e dei morti coincida con quella di Halloween, come oggi comunemente si fa credere ai bambini.

La solennità di tutti i Santi ha la sua origine in analogia con simili celebrazioni introdotte da diverse chiese orientali nel IV e V secolo. Ad Antiochia si celebrava una festa per tutti i martiri nella prima domenica dopo Pentecoste. La celebrazione fu introdotta a Roma con la stessa data nel VI secolo. Dopo cent’anni, nel 609 papa Bonifacio IV la fissò al 13 maggio, in concomitanza col giorno della dedicazione del Pantheon alla Madonna e a tutti i martiri e il monumento assunse allora il titolo cristiano di “Sancta Maria ad Martyres”. Il ricordo di questa solenne dedicazione si celebrava ogni anno con la straordinaria presenza di numerosi pellegrini. Nell’835, la data risulta spostata, questa celebrazione venne trasferita da papa Gregorio IV al 1’novembre, forse probabilmente per i lavori agricoli, poiché dopo il raccolto autunnale era più facile reperire cibo e bevande per la grande moltitudine di pellegrini che si riversava a Roma. Questa solennità ci richiama ai valori cristiani della vita eterna, della comunione dei santi e della fraternità. Per quanto concerne la commemorazione dei defunti, dovuta all’iniziativa dell’abate di Cluny, Sant’Odilone, nel 998, non era del tutto nuova nella Chiesa, poiché ovunque si celebrava la festa di tutti i Santi, il giorno successivo era dedicato alla memoria di tutti i defunti. Nel 1311 a Roma questa commemorazione venne sancita ufficialmente.

Le varie celebrazioni della parrocchia di Bastia Umbra durante queste festività subiranno dei cambiamenti. Nella giornata del 1’novembre le celebrazioni delle messe seguono l’orario festivo. Nel pomeriggio presso il cimitero di Bastia, alle ore 15.00 la benedizione delle tombe, alle ore 16 la solenne celebrazione presso la chiesa del Redentore del medesimo cimitero. Alle ore 17 è in programma il grande concerto del Coro polifonico “Città di Bastia”. Non viene celebrata la messa pomeridiana delle 17.00 nella chiesa parrocchiale. Sabato 2 novembre per la commemorazione dei defunti, le celebrazioni al cimitero saranno alle ore: 8 – 9 – 10.30 – 16. Alle ore 19 nella chiesa parrocchiale, la celebrazione sarà animata dal coro di Casa Chiara con l’antico canto “‘Requiem”. Da lunedì 4 novembre a domenica 10 novembre – Ottavario dei Morti con il seguente orario: 7.15 presso le monache benedettine, 7.30 presso le suore spagnole, 16 presso la chiesa del cimitero, 19 nella chiesa di S. Rocco. Domenica 10 novembre si rispetterà l’orario festivo nella chiesa parrocchiale. Nella chiesa del cimitero la messa seguirà questo orario: 9 – 10.30 – 16. Per l’occasione non si celebrerà la messa delle ore 10 a S. Lorenzo, delle 10.30 a Madonna di Campagna e delle 17 a S. Michele Arcangelo.

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