Clarisse Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/clarisse/ Settimanale di informazione regionale Wed, 09 Aug 2023 11:36:51 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Clarisse Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/clarisse/ 32 32 L’arcivescovo Ivan Maffeis in visita ai tre Monasteri delle Clarisse della comunità diocesana https://www.lavoce.it/larcivescovo-ivan-maffeis-in-visita-ai-tre-monasteri-delle-clarisse-della-comunita-diocesana/ https://www.lavoce.it/larcivescovo-ivan-maffeis-in-visita-ai-tre-monasteri-delle-clarisse-della-comunita-diocesana/#respond Wed, 09 Aug 2023 11:25:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73090 clarisse

La Chiesa fa memoria liturgica di Santa Chiara d’Assisi l’11 agosto, giorno della morte della fondatrice dell’Ordine delle Clarisse di cui quest’anno ricorre il 770simo anniversario (1253-2023). L’arcivescovo Ivan Maffeis, il prossimo 11 agosto, farà visita alle comunità delle Clarisse parti integranti della comunità diocesana perugino-pievese, che animano da secoli la vita dei Monasteri di clausura di Sant’Agnese in Porta Sant’Angelo e di Santa Maria di Monteluce in Sant’Erminio di Perugia e di Santa Lucia di Città della Pieve.

Clarisse, donne donate completamente a Dio

Monsignor Maffeis sarà in questi tre luoghi dell’Ordine di Santa Chiara per l’intera giornata, recandosi, al mattino, nei monasteri di Sant’Agnese (alle ore 8) e di Santa Lucia (alle 11), e, nel pomeriggio, in quello di Santa Maria di Monteluce (alle 18). Una visita, quella dell’arcivescovo perugino-pievese, per esprimere la gratitudine dell’intera comunità diocesana a queste donne che hanno fatto la scelta di donarsi completamente a Dio nell’abbracciare la regola della loro Santa fondatrice. Donne dedite alla preghiera incessante, alla contemplazione delle Sacre Scritture e alle opere di carità nel condividere quello che hanno (anche grazie a tanti benefattori) con quanti bussano (sono sempre di più) alla porta dei loro monasteri.

Ricchezza della Chiesa e del mondo

 La loro la preghiera, richiesta da tante persone giovani e adulte (in presenza, per lettere, e-mail e canali social), unita al loro ascolto (in parlatorio e al telefono), sono la ricchezza della Chiesa e del mondo a cui non si può rinunciare, anzi vanno sostenute con l’attenzione e la vicinanza costante. Di questo ne è convinto monsignor Maffeis nell’apprestarsi ad incontrare le cinquantasette monache clarisse, insieme a quattro professe di voti temporanei e ad una postulante, che fanno vita di clausura nei tre monasteri. Come anche è convinto dell’importanza di fare conoscere sempre di più la testimonianza di fede di queste comunità religiose nella Chiesa e al di fuori. Occasione propizia per farlo è il 770simo anniversario della morte della loro Santa fondatrice, che diventa anche momento di approfondimento degli insegnamenti e della storia di Chiara d’Assisi e del Francescanesimo in generale, in vista dell’atteso ottavo centenario del transito di San Francesco (1226-2026), oltre che di preghiera e ringraziamento al Signore della comunità diocesana per il dono delle sorelle Clarisse, affinché abbiano anche più vocazioni indispensabili al prosieguo della loro testimonianza umana e cristiana.

Ancore di salvezza e via verso Dio

Una testimonianza che va oltre la vita di clausura, perché, come raccontano le stesse Clarisse, molte persone affidano alle nostre preghiere tante situazioni di sofferenza…

"Viviamo in mondo -dicono le claustrali- con tanta solitudine dove la comunicazione è facilissima, ma, al contempo, è superficiale e con scarso rispetto. Molti chiedono di essere accompagnati in un cammino di fede e di senso di dare alla propria vita, spesso segnata da dolori, inquietudini, povertà".

La vita monastica, in particolare quella di clausura, evidenziano le Clarisse, è molto importante per la stessa vita della Chiesa e del mondo, perché luogo di incontro con Dio in un momento di confusione, di conflitto che l’umanità sta vivendo.

"Santa Chiara -aggiungono- una piccola donna ma forte, che ha incontrato Dio senza fare tanto rumore, ci sostiene nell’indicarci una via da seguire per incontrarlo. Tante persone, anche giovani, arrivano nei nostri monasteri o ci contattano attraverso i mezzi tradizionali e nuovi di comunicazione, perché, come queste persone ci raccontano fin dal primo contatto, trovano in noi delle ancore di salvezza perché trasmettiamo la speranza che cercano".

Una clausura aperta al mondo

La clausura delle Clarisse, pur nel rispetto della regola impartita quasi otto secoli fa da Chiara d’Assisi, è aperta al mondo e lo è concretamente. Basti pensare ai momenti di preghiera, di incontro, di formazione e di ritiro spirituale offerti durante l’anno e in particolare nel periodo estivo. Basta visitare i loro siti web per rendersi conto di questa preziosa attività-testimonianza vissuta tra le loro mura, nelle loro foresterie in cui hanno accesso tutti gli interessati di vivere queste esperienze di crescita umana e cristiana all’insegna degli insegnamenti di Chiara e di Francesco d’Assisi, dalle studentesse e studenti di università, agli adulti, alle famiglie. Ad esempio, a Sant’Agnese, la cui chiesa è aperta ai fedeli tutti i giorni, dalle ore 6 alle 21.30, ed è visitabile lo splendido affresco della Madonna delle Grazie con Santi dipinto dal Perugino, si terrà, dal 9 al 16 agosto, il ritiro spirituale Settimana con Dio; mentre a Santa Maria di Monteluce, dal 13 al 16 agosto, si terranno delle giornate di approfondimento per ragazze sulla figura di Santa Chiara, e a settembre, dal 18 al 22, la Settimana di studio per studenti e studentesse.

Il rapporto delle Clarisse con i giovani

 Uno sguardo particolare le Clarisse lo riservano alle giovani generazioni, perché, spiegano, le generazioni passano ed ognuna è diversa rispetto alla precedente.

"Ma la Misericordia di Dio -ribadiscono- di generazione in generazione raggiunge il cuore di tutti i giovani dando senso e speranza alla loro vita. Dio, attraverso testimonianze di santità quali Chiara d’Assisi, aiuta tanti giovani a prendere una decisione per una vocazione sia al matrimonio, alla famiglia sia alla vita consacrata, perché Dio ha un disegno grande per ciascuno contribuendo alla costruzione della civiltà dell’Amore".

Clausura, antidoto alla chiusura del cuore

 E per i giovani della GMG di Lisbona, come anche per quelli che sono rimasti a casa, le Clarisse pregano incessantemente, affinché, commentano, i loro cuori si aprano a quest’Amore, non restino chiusi, come quando trascorrono intere giornate in solitudine nella propria stanza davanti al computer o al cellulare.

"Questa loro chiusura verso il mondo reale -concludono- ben lungi dall’esser clausura, spesso, purtroppo, coincide con la chiusura del loro cuore. Per questo li invitiamo a conosce la bellezza e la forza della nostra vita di clausura, vita donata per la pace e la speranza del mondo sull’esempio di Chiara e di Francesco d’Assisi".

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La Chiesa fa memoria liturgica di Santa Chiara d’Assisi l’11 agosto, giorno della morte della fondatrice dell’Ordine delle Clarisse di cui quest’anno ricorre il 770simo anniversario (1253-2023). L’arcivescovo Ivan Maffeis, il prossimo 11 agosto, farà visita alle comunità delle Clarisse parti integranti della comunità diocesana perugino-pievese, che animano da secoli la vita dei Monasteri di clausura di Sant’Agnese in Porta Sant’Angelo e di Santa Maria di Monteluce in Sant’Erminio di Perugia e di Santa Lucia di Città della Pieve.

Clarisse, donne donate completamente a Dio

Monsignor Maffeis sarà in questi tre luoghi dell’Ordine di Santa Chiara per l’intera giornata, recandosi, al mattino, nei monasteri di Sant’Agnese (alle ore 8) e di Santa Lucia (alle 11), e, nel pomeriggio, in quello di Santa Maria di Monteluce (alle 18). Una visita, quella dell’arcivescovo perugino-pievese, per esprimere la gratitudine dell’intera comunità diocesana a queste donne che hanno fatto la scelta di donarsi completamente a Dio nell’abbracciare la regola della loro Santa fondatrice. Donne dedite alla preghiera incessante, alla contemplazione delle Sacre Scritture e alle opere di carità nel condividere quello che hanno (anche grazie a tanti benefattori) con quanti bussano (sono sempre di più) alla porta dei loro monasteri.

Ricchezza della Chiesa e del mondo

 La loro la preghiera, richiesta da tante persone giovani e adulte (in presenza, per lettere, e-mail e canali social), unita al loro ascolto (in parlatorio e al telefono), sono la ricchezza della Chiesa e del mondo a cui non si può rinunciare, anzi vanno sostenute con l’attenzione e la vicinanza costante. Di questo ne è convinto monsignor Maffeis nell’apprestarsi ad incontrare le cinquantasette monache clarisse, insieme a quattro professe di voti temporanei e ad una postulante, che fanno vita di clausura nei tre monasteri. Come anche è convinto dell’importanza di fare conoscere sempre di più la testimonianza di fede di queste comunità religiose nella Chiesa e al di fuori. Occasione propizia per farlo è il 770simo anniversario della morte della loro Santa fondatrice, che diventa anche momento di approfondimento degli insegnamenti e della storia di Chiara d’Assisi e del Francescanesimo in generale, in vista dell’atteso ottavo centenario del transito di San Francesco (1226-2026), oltre che di preghiera e ringraziamento al Signore della comunità diocesana per il dono delle sorelle Clarisse, affinché abbiano anche più vocazioni indispensabili al prosieguo della loro testimonianza umana e cristiana.

Ancore di salvezza e via verso Dio

Una testimonianza che va oltre la vita di clausura, perché, come raccontano le stesse Clarisse, molte persone affidano alle nostre preghiere tante situazioni di sofferenza…

"Viviamo in mondo -dicono le claustrali- con tanta solitudine dove la comunicazione è facilissima, ma, al contempo, è superficiale e con scarso rispetto. Molti chiedono di essere accompagnati in un cammino di fede e di senso di dare alla propria vita, spesso segnata da dolori, inquietudini, povertà".

La vita monastica, in particolare quella di clausura, evidenziano le Clarisse, è molto importante per la stessa vita della Chiesa e del mondo, perché luogo di incontro con Dio in un momento di confusione, di conflitto che l’umanità sta vivendo.

"Santa Chiara -aggiungono- una piccola donna ma forte, che ha incontrato Dio senza fare tanto rumore, ci sostiene nell’indicarci una via da seguire per incontrarlo. Tante persone, anche giovani, arrivano nei nostri monasteri o ci contattano attraverso i mezzi tradizionali e nuovi di comunicazione, perché, come queste persone ci raccontano fin dal primo contatto, trovano in noi delle ancore di salvezza perché trasmettiamo la speranza che cercano".

Una clausura aperta al mondo

La clausura delle Clarisse, pur nel rispetto della regola impartita quasi otto secoli fa da Chiara d’Assisi, è aperta al mondo e lo è concretamente. Basti pensare ai momenti di preghiera, di incontro, di formazione e di ritiro spirituale offerti durante l’anno e in particolare nel periodo estivo. Basta visitare i loro siti web per rendersi conto di questa preziosa attività-testimonianza vissuta tra le loro mura, nelle loro foresterie in cui hanno accesso tutti gli interessati di vivere queste esperienze di crescita umana e cristiana all’insegna degli insegnamenti di Chiara e di Francesco d’Assisi, dalle studentesse e studenti di università, agli adulti, alle famiglie. Ad esempio, a Sant’Agnese, la cui chiesa è aperta ai fedeli tutti i giorni, dalle ore 6 alle 21.30, ed è visitabile lo splendido affresco della Madonna delle Grazie con Santi dipinto dal Perugino, si terrà, dal 9 al 16 agosto, il ritiro spirituale Settimana con Dio; mentre a Santa Maria di Monteluce, dal 13 al 16 agosto, si terranno delle giornate di approfondimento per ragazze sulla figura di Santa Chiara, e a settembre, dal 18 al 22, la Settimana di studio per studenti e studentesse.

Il rapporto delle Clarisse con i giovani

 Uno sguardo particolare le Clarisse lo riservano alle giovani generazioni, perché, spiegano, le generazioni passano ed ognuna è diversa rispetto alla precedente.

"Ma la Misericordia di Dio -ribadiscono- di generazione in generazione raggiunge il cuore di tutti i giovani dando senso e speranza alla loro vita. Dio, attraverso testimonianze di santità quali Chiara d’Assisi, aiuta tanti giovani a prendere una decisione per una vocazione sia al matrimonio, alla famiglia sia alla vita consacrata, perché Dio ha un disegno grande per ciascuno contribuendo alla costruzione della civiltà dell’Amore".

Clausura, antidoto alla chiusura del cuore

 E per i giovani della GMG di Lisbona, come anche per quelli che sono rimasti a casa, le Clarisse pregano incessantemente, affinché, commentano, i loro cuori si aprano a quest’Amore, non restino chiusi, come quando trascorrono intere giornate in solitudine nella propria stanza davanti al computer o al cellulare.

"Questa loro chiusura verso il mondo reale -concludono- ben lungi dall’esser clausura, spesso, purtroppo, coincide con la chiusura del loro cuore. Per questo li invitiamo a conosce la bellezza e la forza della nostra vita di clausura, vita donata per la pace e la speranza del mondo sull’esempio di Chiara e di Francesco d’Assisi".

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Gloria: da Perugia a Carpi per vivere la sua vocazione https://www.lavoce.it/gloria-perugia-carpi-vivere-la-vocazione/ Wed, 06 Jul 2022 17:48:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67607

Il 3 luglio suor Gloria Betel Roscini ha pronunciato la professione solenne nel monastero delle Sorelle povere di Santa Chiara in Carpi-Modena. Gloria, 35 anni, proviene dalla Comunità Magnificat di Perugia ed era anche impegnata tra i giovani della diocesi nella Pastorale giovanile. Ha iniziato a pensare alla vocazione quando ha partecipato alla marcia francescana del 2008 e poi alla missione dei frati minori organizzata con la Pastorale giovanile in diocesi (la stessa missione francescana nella quale un altro ragazzo, Gabriele Rocchi, compagno di liceo di Gloria, che aveva iniziato il cammino con la Comunità Magnificat, ha sentito la chiamata e successivamente è entrato dai Frati minori ricevendo l'ordinazione presbiteriale lo scorso 24 giugno a Santa Maria degli Angeli).

Gloria, mentre si interrogava sulla sua vocazione, ha conosciuto le sorelle del monastero di Carpi dove aveva già fatto ingresso Elena Balducci, anche lei perugina. Ha instaurato un legame di amicizia con le sorelle di Carpi e ha sentito il fascino per la semplicità della loro vita. Intanto si è laureata in psicologia nella Pontificia università salesiana di Roma, mentre Dio operava nel suo cuore.

Tra le varie vicende della sua vita Gloria ha avuto modo di conoscere anche Chiara Corbella. Nel settembre del 2013 è entrata come postulante tra le clarisse di Carpi, nel 2014 ha iniziato il noviziato. Nel 2017 ha pronunciato la Professione semplice ed ora, con la professione solenne in cui ha assunto il nome di Gloria Betel (in cui betel significa “casa di Dio”) a significare il desiderio di essere lei stessa dimora di Dio e allo stesso tempo il desiderio di accogliere, cioè diventare dimora, gli altri.

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Il 3 luglio suor Gloria Betel Roscini ha pronunciato la professione solenne nel monastero delle Sorelle povere di Santa Chiara in Carpi-Modena. Gloria, 35 anni, proviene dalla Comunità Magnificat di Perugia ed era anche impegnata tra i giovani della diocesi nella Pastorale giovanile. Ha iniziato a pensare alla vocazione quando ha partecipato alla marcia francescana del 2008 e poi alla missione dei frati minori organizzata con la Pastorale giovanile in diocesi (la stessa missione francescana nella quale un altro ragazzo, Gabriele Rocchi, compagno di liceo di Gloria, che aveva iniziato il cammino con la Comunità Magnificat, ha sentito la chiamata e successivamente è entrato dai Frati minori ricevendo l'ordinazione presbiteriale lo scorso 24 giugno a Santa Maria degli Angeli).

Gloria, mentre si interrogava sulla sua vocazione, ha conosciuto le sorelle del monastero di Carpi dove aveva già fatto ingresso Elena Balducci, anche lei perugina. Ha instaurato un legame di amicizia con le sorelle di Carpi e ha sentito il fascino per la semplicità della loro vita. Intanto si è laureata in psicologia nella Pontificia università salesiana di Roma, mentre Dio operava nel suo cuore.

Tra le varie vicende della sua vita Gloria ha avuto modo di conoscere anche Chiara Corbella. Nel settembre del 2013 è entrata come postulante tra le clarisse di Carpi, nel 2014 ha iniziato il noviziato. Nel 2017 ha pronunciato la Professione semplice ed ora, con la professione solenne in cui ha assunto il nome di Gloria Betel (in cui betel significa “casa di Dio”) a significare il desiderio di essere lei stessa dimora di Dio e allo stesso tempo il desiderio di accogliere, cioè diventare dimora, gli altri.

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106 anni per suor Giuseppa Zanette, clarissa del monastero di Città della Pieve https://www.lavoce.it/106-anni-per-suor-giuseppa-zanette-clarissa-monastero-citta-della-pieve/ Fri, 12 Mar 2021 10:58:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=59504 Suor Giuseppa, la tersa da sinistra, in seconda fila, al centro del gruppo di suore della comunità delle clarisse del monastero di Città della Pieve

Festa grande presso il Monastero di Santa Lucia a Città della Pieve per i 106 anni di suor Giuseppa Zanette. Decana della comunità religiosa delle clarisse pievesi, suor Giuseppa è la cittadina più longeva della città del perugino. Per questo motivo l’Amministrazione comunale le formula gli auguri a nome di tutta la comunità locale.

Con grande gioia ed emozione – si legge nel messaggio del Comune - il Sindaco e l'Amministrazione comunale, a nome dell'intera comunità pievese, porgono tantissimi auguri alla concittadina più longeva di Città della Pieve, la carissima suor Giuseppa Zanette, del Monastero di S. Lucia delle Clarisse, che oggi compie 106 anni circondata dall'affetto delle sue consorelle. Tutti i pievesi conoscono bene le Clarisse e questa è l'occasione per ribadire loro la nostra immensa gratitudine, per essere costantemente al fianco della comunità e per rappresentare, da sempre, un fondamentale punto di riferimento spirituale”.

Suor Giuseppa è entrata nel Monastero di Santa Lucia negli anni ‘30 e insieme alle consorelle è stata testimone dei principali avvenimenti che ha attraversato come gli anni duri della guerra, in cui il monastero divenne punto di riferimento per tante persone che vi trovavano conforto e condivisione dei pochi beni a disposizione; il dopoguerra, segnato anche in monastero dalla ricostruzione, a costo di tanti sacrifici; del tempo del Concilio Vaticano II, che portò rinnovamento e qualche cambiamento anche nella vita monastica; degli anni successivi in cui ci fu un rifiorire di vocazioni.

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Suor Giuseppa, la tersa da sinistra, in seconda fila, al centro del gruppo di suore della comunità delle clarisse del monastero di Città della Pieve

Festa grande presso il Monastero di Santa Lucia a Città della Pieve per i 106 anni di suor Giuseppa Zanette. Decana della comunità religiosa delle clarisse pievesi, suor Giuseppa è la cittadina più longeva della città del perugino. Per questo motivo l’Amministrazione comunale le formula gli auguri a nome di tutta la comunità locale.

Con grande gioia ed emozione – si legge nel messaggio del Comune - il Sindaco e l'Amministrazione comunale, a nome dell'intera comunità pievese, porgono tantissimi auguri alla concittadina più longeva di Città della Pieve, la carissima suor Giuseppa Zanette, del Monastero di S. Lucia delle Clarisse, che oggi compie 106 anni circondata dall'affetto delle sue consorelle. Tutti i pievesi conoscono bene le Clarisse e questa è l'occasione per ribadire loro la nostra immensa gratitudine, per essere costantemente al fianco della comunità e per rappresentare, da sempre, un fondamentale punto di riferimento spirituale”.

Suor Giuseppa è entrata nel Monastero di Santa Lucia negli anni ‘30 e insieme alle consorelle è stata testimone dei principali avvenimenti che ha attraversato come gli anni duri della guerra, in cui il monastero divenne punto di riferimento per tante persone che vi trovavano conforto e condivisione dei pochi beni a disposizione; il dopoguerra, segnato anche in monastero dalla ricostruzione, a costo di tanti sacrifici; del tempo del Concilio Vaticano II, che portò rinnovamento e qualche cambiamento anche nella vita monastica; degli anni successivi in cui ci fu un rifiorire di vocazioni.

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MONTELUCE. L’ottavo centenario della comunità di S. Maria in S. Erminio https://www.lavoce.it/ottavo-centenario-comunita-s-erminio/ Mon, 06 Aug 2018 10:00:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52656 monastero clarisse Erminio

Sabato 28 luglio si è aperto l’VIII Centenario della fondazione della nostra comunità di clarisse di S. Maria di Monteluce in S. Erminio, con una veglia di preghiera presieduta dal rev. p. Enrico Voltolini ofm., guardiano del convento di Monteripido. Questo anno di grazia, si concluderà con la solennità della madre santa Chiara l’11 agosto 2019, ringraziando Dio per la misericordia con cui sempre conduce gli eventi e ne fa una storia di salvezza.

Le celebrazioni proseguono già nel mese di agosto con la solennità della nostra madre santa Chiara, preceduta da un triduo di preparazione nei giorni 8, 9 e 10, con i vespri presieduti da fra Massimo Chieruzzi ofm. della fraternità di Monteripido. La veglia di preghiera, il 10 agosto alle ore 21, sarà presieduta da don Nicola Allevi, parroco della parrocchia di Monteluce, mentre celebreremo la messa della solennità, l’11 agosto alle ore 7.50, insieme alla comunità dei frati di Monteripido.

L’atto ufficiale della fondazione nel luglio 1218 parla delle “donne religiose che lì (a Monteluce) già vivevano insieme e servivano Dio”; all’atto sono presenti anche il cardinale Ugolino per la Chiesa, e il podestà Andrea di Giacomo per il Comune di Perugia, insieme a numerosi altri cittadini.

Un duplice legame che, fin dall’inizio,– oltre all’indubbia matrice francescana – lega il monastero con la città di Perugia e con la Chiesa, quasi una caratteristica della comunità di Monteluce. Ed è con gratitudine e stupore che guardiamo a questi 800 anni di cammino insieme, vissuto il più delle volte in modo intenso e significativo, altre più “poveramente”, nella condivisione delle vicende liete e tristi di questa terra: dalle guerre combattute sul suolo di Perugia – compresa quella del sale –, alle pestilenze e carestie in cui anche qualche monaca sovveniva ai poveri; dall’antichissima “Luminaria” la vigilia dell’Assunta, la processione istituita fin dal 1235, agli affreschi del 1600 nella chiesa esterna (ora chiesa parrocchiale di Monteluce) come vera “Bibbia dei poveri” che narra ai fedeli la storia biblica della salvezza, insieme a quelli dei Santi più significativi, cominciando da Chiara e Francesco d’Assisi.

Durante l’anno del centenario ci saranno altri momenti celebrativi di cui via via saranno comunicati il giorno e l’ora. Si svolgeranno in quel contesto di preghiera e di letizia francescana che caratterizza la nostra vita, nel desiderio di poter innalzare insieme il nostro grazie a Dio e di invocare la Sua benedizione sulla Chiesa e sulla nostra città.

Le sorelle di S. Maria di Monteluce in S. Erminio

L'indulgenza plenaria per gli 800 anni

Nell' occasione dell'ottavo centenario la Penitenzieria apostolica ha concesso la possibilità di lucrare l’indulgenza plenaria, l’11 di ogni mese, fino al 27 luglio 2019. Oltre la confessione, la comunione e le preghiere per le intenzioni del Papa, è richiesta la visita alla chiesa conventuale “in forma di pellegrinaggio” e la partecipazione a una celebrazione, o la sosta per uno spazio di tempo congruo in meditazione, “concludendo con l’Orazione domenicale (il Padre nostro), il Simbolo della Fede e le invocazioni della B. V. Maria, di s. Francesco e di s. Chiara”. L’indulgenza è concessa anche agli anziani, i malati, e tutti quelli che “per grave causa non possono uscire di casa”, “se, con il completo distacco da qualsiasi peccato e con l’intenzione di adempiere quanto prima le tre consuete condizioni, si uniscono spiritualmente alle celebrazioni giubilari, offrendo le loro preghiere e sofferenze e i disagi della loro vita a Dio misericordioso”. Il testo del decreto della Penitenzieria apostolica è scaricabile dal sito della diocesi.

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monastero clarisse Erminio

Sabato 28 luglio si è aperto l’VIII Centenario della fondazione della nostra comunità di clarisse di S. Maria di Monteluce in S. Erminio, con una veglia di preghiera presieduta dal rev. p. Enrico Voltolini ofm., guardiano del convento di Monteripido. Questo anno di grazia, si concluderà con la solennità della madre santa Chiara l’11 agosto 2019, ringraziando Dio per la misericordia con cui sempre conduce gli eventi e ne fa una storia di salvezza.

Le celebrazioni proseguono già nel mese di agosto con la solennità della nostra madre santa Chiara, preceduta da un triduo di preparazione nei giorni 8, 9 e 10, con i vespri presieduti da fra Massimo Chieruzzi ofm. della fraternità di Monteripido. La veglia di preghiera, il 10 agosto alle ore 21, sarà presieduta da don Nicola Allevi, parroco della parrocchia di Monteluce, mentre celebreremo la messa della solennità, l’11 agosto alle ore 7.50, insieme alla comunità dei frati di Monteripido.

L’atto ufficiale della fondazione nel luglio 1218 parla delle “donne religiose che lì (a Monteluce) già vivevano insieme e servivano Dio”; all’atto sono presenti anche il cardinale Ugolino per la Chiesa, e il podestà Andrea di Giacomo per il Comune di Perugia, insieme a numerosi altri cittadini.

Un duplice legame che, fin dall’inizio,– oltre all’indubbia matrice francescana – lega il monastero con la città di Perugia e con la Chiesa, quasi una caratteristica della comunità di Monteluce. Ed è con gratitudine e stupore che guardiamo a questi 800 anni di cammino insieme, vissuto il più delle volte in modo intenso e significativo, altre più “poveramente”, nella condivisione delle vicende liete e tristi di questa terra: dalle guerre combattute sul suolo di Perugia – compresa quella del sale –, alle pestilenze e carestie in cui anche qualche monaca sovveniva ai poveri; dall’antichissima “Luminaria” la vigilia dell’Assunta, la processione istituita fin dal 1235, agli affreschi del 1600 nella chiesa esterna (ora chiesa parrocchiale di Monteluce) come vera “Bibbia dei poveri” che narra ai fedeli la storia biblica della salvezza, insieme a quelli dei Santi più significativi, cominciando da Chiara e Francesco d’Assisi.

Durante l’anno del centenario ci saranno altri momenti celebrativi di cui via via saranno comunicati il giorno e l’ora. Si svolgeranno in quel contesto di preghiera e di letizia francescana che caratterizza la nostra vita, nel desiderio di poter innalzare insieme il nostro grazie a Dio e di invocare la Sua benedizione sulla Chiesa e sulla nostra città.

Le sorelle di S. Maria di Monteluce in S. Erminio

L'indulgenza plenaria per gli 800 anni

Nell' occasione dell'ottavo centenario la Penitenzieria apostolica ha concesso la possibilità di lucrare l’indulgenza plenaria, l’11 di ogni mese, fino al 27 luglio 2019. Oltre la confessione, la comunione e le preghiere per le intenzioni del Papa, è richiesta la visita alla chiesa conventuale “in forma di pellegrinaggio” e la partecipazione a una celebrazione, o la sosta per uno spazio di tempo congruo in meditazione, “concludendo con l’Orazione domenicale (il Padre nostro), il Simbolo della Fede e le invocazioni della B. V. Maria, di s. Francesco e di s. Chiara”. L’indulgenza è concessa anche agli anziani, i malati, e tutti quelli che “per grave causa non possono uscire di casa”, “se, con il completo distacco da qualsiasi peccato e con l’intenzione di adempiere quanto prima le tre consuete condizioni, si uniscono spiritualmente alle celebrazioni giubilari, offrendo le loro preghiere e sofferenze e i disagi della loro vita a Dio misericordioso”. Il testo del decreto della Penitenzieria apostolica è scaricabile dal sito della diocesi.

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Santa Chiara: un esempio di vita ancora attuale https://www.lavoce.it/santa-chiara-un-esempio-di-vita-ancora-attuale/ Thu, 13 Aug 2015 12:18:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42473 Santa Chiara in preghiera con le sue suore, affresco, chiesa di San Damiano, Assisi
Santa Chiara in preghiera con le sue suore, affresco, chiesa di San Damiano, Assisi

Martedì 11 agosto in occasione della solennità di santa Chiara si è tenuta, presso la basilica dedicata alla Santa di Assisi, la concelebrazione solenne presieduta dal cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

La cerimonia animata dal coro dei “Cantori di Assisi” ha visto la partecipazione delle massime autorità civili e militari.

Il cardinale Robert Sarah durante l’omelia, dopo aver ringraziato innalzando un canto di lode al Signore per esprimere la sua gioia nell’essere presente alla celebrazione dedicata alla Santa, ha posto l’attenzione sulla Parola di Dio e sull’Eucaristia affermando che “non possiamo farne a meno per vivere in pienezza la nostra esistenza. Nella vita di Santa Chiara – ha aggiunto – hanno avuto un ruolo fondamentale; sono stati i suoi due grandi pilastri. Santa Chiara ha cercato di vivere il Vangelo sull’esempio del Poverello di Assisi, lei desiderava rendere la sua vita conforme all’ideale evangelico proposto da Gesù; voleva vivere per Gesù, in Gesù e come Gesù stesso ha vissuto.

Partendo dalla Parola di Dio e da un rapporto intenso con Gesù Eucaristia santa Chiara ha modellato tutta la sua vita desiderando di essere la sposa di Cristo a cui era legata intimamente. La povertà per santa Chiara e san Francesco è stata la strada maestra per poter vivere pienamente il Vangelo imitando Cristo che è stato povero dalla nascita fino alla morte – ha poi suggerito il cardinale  – siamo tutti chiamati a seguire Gesù povero, umile, spogliato di ogni privilegio”.

Infine il cardinale Sarah ha ricordato, affidandoli a Dio, tutti i cristiani perseguitati e ha rivolto a tutti i fedeli l’augurio di far crescere come in santa Chiara l’amicizia con Gesù tramite la preghiera e l’adorazione. Durante la cerimonia sono stati portati sull’altare due cesti, uno contenente i ceri e l’altro i libri delle lodi e dei vespri offerti dalle suore clarisse.

 

 

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La riforma cappuccina e santa Veronica https://www.lavoce.it/la-riforma-cappuccina-e-santa-veronica/ Wed, 24 Jun 2015 12:03:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36417 Clarisse
Le Clarisse Cappuccine di Città di Castello

Il nostro monastero, intitolato a santa Veronica Giuliani, accoglie sorelle che abbracciano la Regola di santa Chiara d’Assisi secondo lo spirito della riforma intrapresa dalla venerabile Lorenza Longo verso la metà del 1500.

Questa nobildonna spagnola, terziaria francescana, dopo una vita spesa al servizio dei sofferenti nell’ospedale degli Incurabili da lei stessa fondato a Napoli, sente la chiamata divina a fondare un monastero in cui si viva di intensa preghiera, in uno stile di vita più francescano.

Nel 1538 quest’ispirazione diviene realtà: papa Paolo III riconosce la nuova fondazione come monastero di strettissima osservanza dell’Ordine di santa Chiara. Le caratteristiche principali della riforma delle Cappuccine sono: una vita povera, consacrata alla lode di Dio, nella semplicità dei rapporti fraterni e in clausura.

Il nostro monastero sorse a Città di Castello nel 1643. Da allora innumerevoli donne si sono succedute, abbracciando Cristo in questa vita semplice, umile, povera, pervasa dalla tipica letizia francescana che fa guardare il mondo e tutto ciò che lo riempie con gioia e gratitudine. L’arrivo di Veronica Giuliani nel 1677 rappresenta un passaggio fondamentale nella storia del nostro monastero: la sua eccezionale esperienza mistica ha segnato per sempre il volto della nostra fraternità. Sui passi di san Francesco d’Assisi, Veronica ha una sete ardente della salvezza di tutti gli uomini.

La missione che riceve è quella di intercedere, di farsi “mezzana [intermediaria] per i peccatori”. Morì il 9 luglio 1727 pronunciando le parole: “Ho trovato l’Amore, ditelo a tutte! È questo il segreto delle mie sofferenze e delle mie gioie. L’Amore si è lasciato trovare!”. Ancora oggi custodiamo la memoria viva e attuale di questa esperienza spirituale straordinaria. In chiesa, nell’urna sotto l’altare, riposa il corpo della Santa, mentre nel piccolo museo sono conservati i suoi ricordi e le reliquie più importanti.

Durante tutto l’anno accogliamo pellegrini, provenienti dall’Italia e dal mondo, che chiedono di poter sostare in preghiera e di visitare la chiesa e il museo. Evento annuale significativo è la novena di santa Veronica che si celebra dal 30 giugno all’8 luglio. Un sacerdote, appositamente scelto e preparato, presiede la celebrazione eucaristica e, alla luce della Parola di Dio, ripropone l’attualità del messaggio di santa Veronica. La solennità del 9 luglio, anniversario della sua morte, conclude un intenso percorso di riflessione.

Attualmente i monasteri della nostra federazione nel mondo sono 28. In Umbria, a Gubbio, abbiamo un’altra fraternità dedita all’adorazione perpetua. Il nostro collegamento non è solo con i monasteri che seguano la riforma cappuccina ma anche con tutti gli altri monasteri di Clarisse che, solo sul territorio umbro, raggiungono il numero di 24.

La nostra missione, sull’esempio di santa Chiara, e quella di sostenere con la nostra preghiera il lavoro apostolico non solo dei fratelli francescani ma anche il lavoro pastorale dei sacerdoti e dei Pastori delle Chiese particolari.

Santa Veronica Giuliani
Santa Veronica Giuliani

Il monastero di Città di Castello sorge nella parte antica della città. Nel corso del tempo, grazie alla presenza di santa Veronica, la nostra fraternità è divenuta un punto di riferimento per tanti: confezioniamo le ostie per le parrocchie della diocesi; accogliamo quanti bussano alla nostra porta per chiedere ascolto e preghiera; riceviamo richieste di celebrazione di messe per i defunti.

Quest’Anno dedicato alla vita consacrata ci ha interpellate come monastero e come federazione, aprendoci a un profondo cammino di riflessione. Come fraternità dedita alla vita contemplativa, siamo chiamate a una missione di intercessione che ha carattere di “profezia”. Alle spalle abbiamo una lunga tradizione, un passato “glorioso”; viviamo un presente in cui condividiamo le stesse incertezze di tanti nostri fratelli e sorelle.

Le difficoltà di questo momento storico ci chiedono di imparare a riconoscere, nella grande storia umana e nella piccola storia della nostra fraternità e del nostro Ordine, i segni della risurrezione – non come noi la immaginiamo, ma come è pensata e voluta da Dio.

 

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La clausura “aperta” https://www.lavoce.it/la-clausura-aperta/ Wed, 22 Apr 2015 07:59:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31631 Nella foto un momento della conferenza
Nella foto un momento della conferenza

Un’interessante iniziativa ha illuminato un fresco pomeriggio domenicale nel centro storico di Montone, attirando molte persone nell’angusto ma sempre affascinante monastero delle Clarisse. La conferenza, dal titolo “L’Ordine di santa Chiara nel territorio altotiberino”, inserita nel programma di “E se le donne… Rassegna di eventi al femminile”, ha visto la partecipazione di Giovanna Casagrande, Giovanni Cangi e Vittorio Angeletti.

Le Clarisse, ha ricordato la prof. Giovanna Casagrande , sono le religiose di voti solenni appartenenti all’Ordine fondato da san Francesco e santa Chiara d’Assisi nel 1212, e che seguono la Regola approvata da Papa Innocenzo IV nel 1253. Si narra che il Secondo ordine francescano nacque nella notte della domenica delle Palme 1211 o 1212, quando Chiara, fuggita dalla casa del padre, si recò alla Porziuncola di Assisi dove si fece tagliare i capelli da Francesco e ricevette il velo monastico. Affidata inizialmente alle Benedettine, quando venne raggiunta dalla sorella Agnese, fu trasferita negli umili locali annessi alla chiesetta di San Damiano (da cui derivarono il nome di Damianite).

La regola di vita dell’Ordine era inizialmente costituita da alcune semplici istruzioni dettate da san Francesco, ma queste osservanze, in base a quanto stabilito dal Concilio lateranense IV, dovettero cedere il posto alla Regola benedettina. Fu poi tre anni dopo il card. Ugolino dei Conti, il futuro papa Gregorio IX, a formulare per loro una nuova regola, molto rigida, che prevedeva l’obbligo della clausura. Questa regola fu definitivamente redatta da Chiara (per cui è detta “Regola di santa Chiara”) e venne approvata da Innocenzo IV nel 1253.

Interessanti sono stati gli interventi storici di Cangi e Angeletti, che hanno affrontato il tema degli insediamenti delle Clarisse nei monasteri tifernati, il primo, mentre il secondo ha riportato alla luce alcuni interessanti documenti che hanno segnato la storia delle Clarisse nella comunità montonese di qualche secolo fa.

L’intervento che però è più uscito dagli schemi è stato quello di suor Damiana Ardesi la quale, accompagnata dalle altre monache di Montone, ha riportato la discussione all’attualità della vita del monastero, aprendo idealmente le porte della clausura e facendo capire l’importanza che esso ha nella vita sociale del paese. Un intervento appassionato che ha sorpreso e rallegrato i presenti.

Domenica prossima, 26 aprile, il monastero di Montone ospiterà un altro incontro di preghiera: a partire dalle ore 18 sarà possibile ascoltare e meditare la catechesi su “Gesù incontra Simone il fariseo e la donna peccatrice”.

 

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I nostri giorni tra i Ticuna https://www.lavoce.it/i-nostri-giorni-tra-i-ticuna/ Thu, 06 Mar 2014 13:25:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23250 Uno spostamento in barca
Uno spostamento in barca

Una “missione” memorabile per i componenti della delegazione diocesana guidata dal vescovo Domenico, dal provinciale dei Cappuccini, fra Celestino Di nardo, e costituita complessivamente da 10 persone, tra cui 2 suore, 2 esponenti del Centro missionario, 2 laici.

Sono venuti a contatto diretto con la vita dei missionari francescani, hanno vissuto al loro fianco, hanno conosciuto la loro grande opera, testimoniata anche dalle chiese, dalle case di accoglienza e altro realizzato in oltre un secolo di impegno diretto nell’Amazzonia, ora ubicate al centro delle città e dei villaggi che si sono sviluppati intorno.

Un viaggio pieno di sudore, faticoso per il caldo, l’afa, l’umidità che penetra nelle ossa e debilita. Ma anche entusiasmante, per il calore umano trasmesso dalla gente, testimoniato dai canti, dai sorrisi, dallo scambio di abbracci e di strette di mano nelle liturgie celebrate nelle varie chiese delle città visitate: Atalaia, Benjamin Constant, Tabatinga (la più grande, con circa 50.000 abitanti), Belem, San Paolo de Olivenca, Amaturà, Santo Antonio de Ica, Tamantins, ma anche negli incontri lungo la strada. Un viaggio duro anche per le grandi distanze: i paesi non hanno collegamenti diversi da quelli via acqua, sia nelle valli del Javarì che del Solimoes, fiumi larghi per chilometri, pieni di pericoli per la presenza di animali, serpenti, insetti e pesci di ogni genere, di tanti tronchi trasportati dalle piene prodotte dai temporali.

Un viaggio anche con i pericoli quotidiani vissuti dai missionari: per esempio il 17 febbraio la barca carica di bagagli e di 14 passeggeri, diretta a Belem, s’è fermata a poco più di un chilometro di distanza dal flutuante (piattaforma mobile ancorata alla riva, un piccolo porto), s’è aperta una falla e l’acqua ha iniziato a penetrare nello scafo. Il pilota, frei Paolo, ha sdrammatizzato e ha chiesto se ci fosse qualche motoscafo in zona; ma non c’era nessuno. Allora ha consultato padre Assilvio per decidere se fosse il caso di accostare la sponda più vicina, con tutte le incognite: ci sono sabbie mobili? E che fare, dato che la foresta è fitta, senza sentieri, e non c’è segnale telefonico? Poi, visto che il motore si è improvvisamente riacceso, si è tentato l’approdo al flutuante. Con successo. Anche se all’arrivo la benzina era finita.

Quel flutuante sgangherato, pressoché distrutto dal fiume che tempo fa s’era portato via anche la chiesa e diverse case, è stato la rampa per salire sulla terraferma.

La sera, rosario e messa nella bella, nuova chiesa parrocchiale; e tanto il calore umano degli indios che gremivano l’edificio e che hanno applaudito il saluto in lingua ticuna del bispo Domingo. Il giorno dopo, tutti trasformati in “ticuna”, con i tatuaggi sul volto fatti con succhi di erbe, segno di appartenenza. La sera la cena inventata, con qualche pezzo di pane e il cocomero: pregevole.

Un viaggio che ha fatto vivere anche la passione dei missionari in quella vastissima e difficilissima zona: cominciarono nel 1909, con quattro Cappuccini guidati da padre Domenico Anderlini di Palazzo Mancinelli di Gualdo Tadino. Una storia d’amore cristiano che continua fino a oggi, con frati umbri che vi hanno vissuto, come Tommaso, Arsenio, Evaristo, Mario, Giuseppe, Benigno e tanti altri; ed ancora oggi Gino, Fulgenzio, Paolo, Carlo ed altri, compresi i laici, tra cui Andrea Lombardi di Assisi, da qualche mese all’opera con i giovani e i portatori di handicap di Santo Antonio de Ica.

Un amore immenso. Come il fiume. Sterminato e che contende gli spazi alla terraferma (quando ci sono le piene, se ne porta via un po’). Sopra ci sono le case: precarie, in genere di legno, con palafitte utili quando c’è la piena; e gli argini si ampliano e possono nascere nuove isole su quel letto mobile vastissimo. Un’acqua tiepida, torbida all’apparenza, usata dagli indios per lavarsi, per lavare, per bere.

Una missione che ha toccato tutti. Nessuno è tornato a casa indifferente dopo il contatto con quella “periferia”. Che è diversa, ma simile a tante altre – anche se meno appariscenti – presenti qui nella nostra Umbria.

Il progetto Javarì

La diocesi di Assisi – Nocera Umbra e Gualdo Tadino sostiene da quattro anni il progetto Javarì dei frati Cappuccini dell’Umbria. Nell’area della Valle del Rio Javarì, situata nella foresta amazzonica tra il Brasile e il Perù, i Cappuccini promuovono lo sviluppo delle popolazioni locali nel rispetto delle loro culture. Grazie all’aiuto dei benefattori e di vari progetti sono state realizzate case per l’accoglienza di madri gestanti, scuole e sono stati curati malati di tubercolosi, di Hiv e di lebbra. La delegazione ha portato con sè 15 mila euro frutto delle varie iniziative realizzate a sostegno del progetto, alcune delle quali realizzate dalle scuole. Durante il viaggio la delegazione, che è stata ospite delle “case” dove alloggiano i Cappuccini del luogo, ha percorso circa 1500 Km in barca, attraversando una piccola parte della foresta amazzonica dove si trovano i villaggi. Ha potuto inoltre incontrare sei suore di un convento di clarisse nella foresta vicino a Manaus.

Clicca qui per la fotogallery

Le memorie del vescovo Sorrentino in prima persona sono riportate nella Parola di vescovo di questo numero, clicca qui.

Ulteriori informazioni sul sito della Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino

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Diocesi Orvieto. Giornata della vita consacrata: incontro con Dio nel deserto della fiducia https://www.lavoce.it/diocesi-orvieto-giornata-della-vita-consacrata-incontro-con-dio-nel-deserto-della-fiducia/ Thu, 06 Feb 2014 14:15:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22011 La celebrazione nella chiesa delle Clarisse del monastero Buon Gesù, insieme al vescovo Benedetto Tuzia per un pomeriggio di riflessione sulla vita consacrata
La celebrazione nella chiesa delle Clarisse del monastero Buon Gesù, insieme al vescovo Benedetto Tuzia per un pomeriggio di riflessione sulla vita consacrata

Il 2 febbraio, nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio, la Chiesa universale celebra da 18 anni la Giornata della vita consacrata. Nella diocesi di Orvieto-Todi, i consacrati e le consacrate si sono ritrovati presso la chiesa delle Clarisse del monastero Buon Gesù, insieme al vescovo Benedetto Tuzia per un pomeriggio di riflessione sulla vita consacrata a partire dalla esortazione apostolica Evangelii gaudium.

Il Vescovo ha ricordato che il 2015 sarà l’anno dedicato alla vita consacrata, come annunciato a novembre da Papa Francesco, in occasione dei 50 anni del decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento e aggiornamento della vita religiosa.

Ha iniziato l’incontro sottolineando l’importanza della dimensione contemplativa nella vita consacrata, e ha citato la Lettera dei contemplativi di Thomas Merton: “Il contemplativo non è l’uomo che ha infuocate visioni di cherubini che trasportano Dio sul loro carro alato, ma semplicemente uno che ha messo a rischio la propria mente nel deserto al di là del linguaggio e al di là delle idee, dove si incontra Dio nella nudità del puro fidarsi”.

Ha quindi invitato ogni consacrato a cercare luoghi e spazi di silenzio in cui poter deporre davanti a Gesù i propri “segreti”, le fatiche, le gioie, per poter quindi, nell’adorazione a Dio, ripartire verso il servizio.

Ci ha esortato già da ora a preparare l’anno della vita consacrata e ha indicato tre piste su cui incamminarci: la memoria grata del passato, della storia delle diverse congregazioni e Ordini religiosi; lo sguardo di speranza sul futuro poiché il dono della vita consacrata è dono di Cristo per la Chiesa sua Sposa e sarà sempre lo Spirito santo a rinnovarla e mantenerla viva secondo le esigenze dei tempi; la profezia nel presente. In un mondo confuso e ambiguo, i consacrati sono come stelle, punti luminosi nella notte perché, se non mancano le povertà e gli scandali anche nella Chiesa, c’è tanto servizio silenzioso, nascosto, pieno di amore che non fa rumore ma opera da dentro e nella pazienza dei giorni.

Mons. Tuzia si è poi soffermato sul n. 107 della Evangelii gaudium affrontando il tema delle vocazioni. Tutte le vocazioni sono un dono di Dio; a ogni comunità cristiana è chiesta l’audacia e la gioia della testimonianza, e di creare un terreno sociale e familiare di fede in cui una vocazione può nascere e crescere.

Alla riflessione è seguita la celebrazione eucaristica, in cui il Vescovo ci ha invitato a riflettere la luce di Gesù ed essere luce nel mondo. Molto commovente è stato, dopo l’omelia, il rinnovo dei voti, fatto insieme, frati e suore delle diverse congregazioni. Si è gustata la bellezza e la forza di un impegno di fedeltà ripetuto davanti al Cristo Sposo, di cui il Vescovo era rappresentante, a vivere in obbedienza, povertà e castità a servizio della Chiesa e di questa Chiesa particolare.

I consacrati con la loro molteplicità e varietà di carismi sono come gioielli che adornano le Chiese locali, le arricchiscono e collaborano alla diffusione del Vangelo.

Dopo la celebrazione si è festeggiato insieme con un momento di fraternità ricreativo e di incontro, condividendo con semplicità la gioia di appartenere a Cristo, scambiandoci il desiderio di seguire Gesù lì dove e come ci chiama. Ringraziamo insieme il Signore della gioia di questo giorno, dandoci ancora appuntamento in maggio per la celebrazione del Giubileo della vita consacrata.

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Gubbio. Archiviato il caso delle suore Sacramentarie https://www.lavoce.it/gubbio-archiviato-il-caso-delle-suore-sacramentarie/ Thu, 30 Jan 2014 16:05:26 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21783 L’esterno del monastero delle suore Cappuccine
L’esterno del monastero delle suore Cappuccine

“Va quindi disposta l’archiviazione, come richiesto dal pubblico ministero, poiché le notizie di reato da cui sono scaturiti i procedimenti riuniti sono risultate infondate e, comunque, non sono emersi elementi sufficienti e idonei per sostenere l’accusa in giudizio in ordine ad alcune delle ipotesi di reato prospettate”.

È un passo della sentenza emessa il 22 gennaio dal giudice Lidia Brutti del tribunale di Perugia che mette la parola fine sul caso giudiziario che aveva coinvolto il secolare monastero “Buon Gesù” delle Clarisse Cappuccine Sacramentarie di via Perugina. Le suore, difese dall’avv. Ubaldo Minelli, erano state chiamate a rispondere di comportamenti e accuse risultate prive di fondamento, compreso il furto di gioielli per un valore di oltre un milione di euro. All’archiviazione, richiesta al termine della fase istruttoria dal pubblico ministero Mario Formisano, si era però opposto il difensore della parte civile, Carlo Taormina. L’opposizione era stata esaminata dal tribunale nella seduta dello scorso 10 gennaio, sfociata nella sentenza emessa dalla dott.ssa Brutti.

Un successo, insomma, per le religiose e il loro legale di fiducia, anche se arrivato al termine di un cammino che ha provocato non poche sofferenze.

Questa la cronistoria in sintesi. Nella notte del 2 giugno 2008 due converse, Maria Soledad, spagnola, e Alicia Munoz, colombiana, ritenute – al termine del percorso – non idonee alla vita religiosa, decisero di fuggire dal monastero insieme alla suora che le aveva seguite nel loro cammino, suor Chiara (Maria de Jesus).

Quel “no” pronunciato dai superiori, mai digerito, è sfocato il 10 giugno 2009 in una denuncia presentata alla stazione carabinieri di Roma Prati con l’assistenza del prof. Taormina, amplificata da taluni media a livello nazionale. Tra le varie accuse, talune di sfondo pruriginoso e dai contorni di mobbing, la mancata restituzione di gioielli per un valore di un milione di euro (tre crocefissi e altrettante catene d’oro, cinque medaglie della Madonna tempestate di preziosi, 12 collane e braccialetti, 21 anelli, tre orologi, altri sette braccialetti).

Ora tutto resterà un ricordo, anche se sgradito e restituisce al monastero – fondato nel 1559, rilanciato anni fa dall’arrivo dall’America Latina di un nucleo di suore “sacramentarie” perfettamente inseritesi – quella dimensione di profonda spiritualità nella quale è stato da sempre immerso.

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La clarissa madre Biviglia “Giusto tra le Nazioni” https://www.lavoce.it/la-clarissa-madre-biviglia-giusto-tra-le-nazioni/ Fri, 06 Dec 2013 15:06:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20957 Biviglia 1934Martedì 10 dicembre 2013, presso la sede comunale di Foligno, avrà luogo una solenne cerimonia per il conferimento del titolo di “Giusto tra le nazioni” a Suor Maria Giuseppina Biviglia, madre abbadessa del monastero di clausura delle suore clarisse di S. Quirico in Assisi, che durante l’occupazione tedesca della città, e precisamente dall’ottobre 1943 al giugno 1944, accolse e protesse clandestinamente alcuni ebrei e altre vittime della persecuzione nazi-fascista.

***

Oltre a qualche decina di ebrei, anche altri rifugiati clandestini in Assisi riuscirono a munirsi di documenti falsi per non essere riconosciuti dai nazi-fascisti.
Alcuni di costoro avevano trovato rifugio presso il monastero di clausura di S. Quirico grazie all’intervento di mons. Giuseppe Placido Nicolini, vescovo della Diocesi serafica, al quale quei perseguitati si erano fiduciosamente rivolti.
Il giornale “La Riscossa”, organo del movimento fascista repubblicano di Perugia, in data 25 marzo 1944 pubblicava un breve articolo la cui importanza risultava evidente dal titolo su tre colonne: «La cattura del col. Gay dell’Armata Caracciolo, di un disertore, di due slavi e di altri due italiani muniti di documenti falsi».
Questo il contenuto:

«Nel convento delle clarisse di S. Quirico in Assisi il Nucleo Investigativo della Polizia repubblicana ha tratto in arresto il colonnello di stato maggiore Paolo Gay, già ufficiale «I» della quinta armata al comando del Gen. Caracciolo di Ferroreto, a suo tempo sorpreso in un convento di francescani. Il Gay era fornito di documenti falsi ed il suo nome non risultava nell’apposito registro di P.S. che le monache hanno per l’esercizio della foresteria.

Sono stati, altresì, tratti in arresto quali ospiti dello stesso convento due slavi e due giovani italiani, uno dei quali ufficiale della ex R. Aeronautica. Due di questi individui erano forniti, come il Gay, di falsi documenti di identificazione personale. Inoltre, sempre ad opera del Nucleo Investigativo, nel convento dei frati cappuccini di Monte Malbe, è stato catturato ed arrestato un soldato disertore».

 

Pertanto, cinque dei sei arrestati (tranne il «disertore» catturato nel convento di Monte Malbe) erano stati scovati dalla polizia fascista nel monastero di S. Quirico, dove avevano trovato rifugio varie persone di diversa religione e parte politica, come si legge nella “Cronaca” del monastero, redatta dalla madre abbadessa suor Maria Giuseppina Biviglia:

«Le persone che si rifugiarono da noi, furono, per grazia di Dio, nei nostri riguardi, tutte oneste, rette, buone, e anche religiose, tanto i cattolici quanto gli Ebrei. Venne qualche fascista durante il Governo Badoglio e dopo l’entrata degli Americani; qualche socialista in certi momenti di pericolo, durante la Repubblica sociale. Subito dopo l’8 settembre avemmo ufficiali e soldati del R. Esercito ligi al giuramento costituzionale, e poco più tardi un folto numero di ebrei (era proprio un’arca di Noè).
Un gruppetto di questa gente, ossia gli Ufficiali e gli uomini giovani degli Ebrei (Ebrei di confessione o anche soltanto di razza) rimasero celati nel grande dormitorio dall’arrivo sino all’infausto 27 febbraio del ‘44: invece le famiglie (donne e parenti anziani) erano negli alti ambienti di foresteria, come ospiti privati, come sfollati dalle proprie città per pericoli aerei, ma sotto mentite spoglie. Ogni tanto questa povera gente si spostava: qualcuno andava in altro alloggio, qualche altro veniva a prendere il suo posto; erano misure precauzionali, onde far perdere le loro tracce (sic) in caso di ricerche da parte della Polizia».

 

Come abbiamo detto, gli arresti ebbero luogo il 27 febbraio 1944. Così suor Giuseppina rievoca quei drammatici momenti:

«Il giorno prima, 26, due dei nostri giovani (un croato già evaso da un campo di concentramento della Jugoslavia, e un Ufficiale dell’aviazione Italiana) si erano tolti al loro rifugio per unirsi ad altri due o tre compagni, per una corsa a Perugia in bicicletta, con proposito di ritornare al più presto: ma il viaggio di ritorno fu loro fatale, perché, causa l’accento straniero del giovane croato, tutta la comitiva fu sospetta a certi agenti della R. S. (che cercavano appunto in quei giorni un delinquente croato) e da questi tratto in arresto. Lo stesso giovane, al primo interrogatorio, non seppe schernirsi dal dichiarare il suo luogo di abitazione, il nostro monastero, e perciò il 27 mattina, domenica, gli agenti erano qui per un sopralluogo, dopo di aver fatto circondare da forze il monastero stesso. I funzionari della R. S. entrarono per l’ispezione della Foresteria e poi vollero che mi presentassi alla grata. Dopo un penosissimo colloquio, durante il quale quasi tutta la Comunità si era raccolta in Coro a pregare, mi convenne mostrar loro il dormitorio grande, ossia l’appartato luogo di rifugio degli Ufficiali e dei giovani Ebrei. In quel momento là dentro, c’erano i due fratelli Maionica e il Colonnello Gay che dormivano saporitamente: si ebbe appena il tempo di far entrare in clausura i due fratelli, mentre il Col. Gay affidato alla speranza d’aver libero passaggio tra i Funzionari e gli Agenti, a causa de’ suoi capelli bianchi (infatti essi cercavano solo di stabilire la verità dei fatti denunciati dagli arresti, che riguardavano soltanto la loro persona) credette di poter uscire ma fu invece fermato nell’ortino e coi funzionari condotto al Dormitorio, affinché egli stesso desse informazioni su se stesso, sui suoi compagni e sui motivi della sua presenza in questo luogo. Il Col. dichiarò in seguito l’esser suo.
Va ricordato che fra il settembre ’43 e il febbraio ’44, la nostra pattuglietta di rifugiati, conosciuta l’esistenza della grotta sotterranea con unico ingresso in discesa dall’ortino di Foresteria, l’avevano giudicato un buon luogo di rifugio in un caso estremo, purché si togliessero le tracce (sic) dell’ingresso suaccennato e si aprisse una botola entro la clausura. Con lungo lavoro avevano realizzato il progetto e ciò si mostrò veramente provvidenziale la mattina del febbraio ’44, quando si trattò di salvare almeno i fratelli Maionica, con la loro roba: anzi, la stessa grotta servì da nascondiglio anche a tante cose preziose e care di tutti gli ospiti in quel momento di panico.
Dunque, alla porta tra il Dormitorio e la Clausura, ebbe luogo altro increscioso colloquio tra i Funzionari, il Colonnello e me. Le affrettate misure prese lì per lì per occultare la presenza dei due fratelli non avevano potuto prevedere tutto, ed infatti, oltre il letto del Col. Gay che figurava d’essere il solo rifugiato in quel giorno – dopo l’arresto degli altri – trovarono anche un altro letto caldo, quello che uno dei fratelli aveva appena abbandonato in fretta e in furia […]. Così i funzionari, avendo dovuto aspettare per qualche momento, ebbero la sicurezza che qualcuno, in quel tempo, era fuggito per la clausura ove minacciarono di entrare, progetto non effettuato, perché, dietro la mia parola affermativa – “entrino pure e si accertino da loro” – immaginarono impossibile il fatto che il fuggitivo si fosse trattenuto in clausura, ma solo che attraverso a questa da noi favorito, si fosse dato alla fuga: allora, esasperati, minacciarono di condurmi in prigione; io risposi con una franchezza insolita: “Eccomi pronta; munitevi del permesso, perché son monaca di clausura e non posso abbandonarla senza autorizzazione”. Per grazia di Dio non ne fu nulla. Dio sa quanto mi premeva la sorte di quei due poveri giovani, quanto tremavo anche per il Monastero e con quale intimo spasimo cercassi di mostrarmi calma e sicura […]».

La lunga “Cronaca” così continua:

«Come detto, nello stesso giorno tutti i nostri ospiti straordinari sparirono, o meglio cambiarono alloggio: quanto ai fratelli Maionica, rimasero tutto il giorno a patire freddo nella Grotta che si era mostrata così provvida all’atto pratico, col buio della sera uscirono con le loro valigie e, accompagnati dal Guardiano di S. Damiano (ch’era allora Padre Rufino Niccacci, sic) se ne andarono in un altro alloggio. Quanto invece agli arrestati, ebbero a soffrire parecchi mesi di prigionia, addolcita peraltro dalla presenza delle Suore delle Carceri, essendo stati posti in quello ch’era il reparto femminile, alle dipendenze delle Suore appunto. In tempi diversi uscirono tutti, grazie a Dio, sani e salvi. E tutti serbarono amicizia e riconoscenza anche verso il nostro Monastero e verso tutte le persone che li avevano aiutati. La Domenica appresso dell’interrogatorio, cioè il giorno 5 marzo, io ne subii un altro da parte del Vice Questore di Perugia d’un Brigadiere e del Commissario di Polizia di Assisi, per la stesura del Verbale relativo agli arrestati: colloquio come il primo, assai increscioso. E poi non ebbi più noie».

Dopo quegli avvenimenti, tutti coloro che avevano ricevuto generosa e rischiosa ospitalità nel monastero di S. Quirico «serbarono amicizia e riconoscenza» verso il monastero, come testimoniano queste due lettere, posteriori di circa quarant’anni rispetto agli aventi narrati, inviate alla madre abbadessa di S. Quirico da Paolo Gay, colonnello di artiglieria del Ministero della Guerra.

La prima, datata Torino 5 gennaio 1982, è del seguente tenore:

«Grazie a Lei, Rev.ma madre Abbadessa e alle Rev.de Consorelle Sue per il prezioso dono che mi hanno inviato. Esso mi venne recapitato alla vigilia del S. Natale e formò oggetto delle mie letture per il periodo delle sante Feste, suscitando in me ondate di ricordi seguite da altrettante ondate di commozione profonda.
Credevo di conoscere tutto della instancabile e tanto benemerita attività del compianto P. Rufino a pro dei profughi, degli sbandati e dei perseguitati durante il periodo clandestino, in ciò generosamente coadiuvato dalla intera comunità di S. Quirico sotto la saggia e avveduta guida della Rev.ma Madre Abbadessa sr. Giuseppina Beviglia, sic). Ignoravo invece i molteplici episodi, talora veramente drammatici dei quali Egli fu eroe, come ad esempio la spedizione in Abruzzo; i suoi contatti con S. Eminenza il cardinale Dalla Costa per i bisognosi della Toscana; i Suoi incontri e scontri con il capitano delle S.S. Von den Welde che lo trattenne in carcere a Bastia torturandolo per alcuni giorni – senza acqua e cibo – per carpigli i segreti dell’organizzazione sorta in Assisi e della quale era a capo. Egli, degno epigono di tutte le virtù di S. Francesco, per umiltà, non amava parlare di sé.
Per connessione di idee sono portato a pensare che anche la rev. Madre Giuseppina Beviglia (della quale conservo sempre un ricordo meraviglioso e ammirato) può essere considerata degna epigona di s. Chiara, la gloriosa e coraggiosa fondatrice del Vostro Ordine.
E sono lieto di aver potuto leggere nel libro donatomi che anch’essa ha ricevuto dai Suoi beneficati ora in Israele una medaglia a titolo di riconoscenza.
Mentre rinnovo i miei ringraziamenti più cordiali porgo Loro i saluti di mia moglie unitamente alla mia indefettibile gratitudine.
Paolo Gay

P.S. a parte ho spedito un modesto obolo a mezzo vaglia postale, che nella mia intenzione dovrebbe servire per il Culto della Loro Suggestiva Cappella, fra cui quello di farvi celebrare in essa una S. Messa (letta) in suffragio dell’Anima di P. Rufino quando Ella, Rev.da Madre, crederà più opportuno.
Devotamente, Paolo Gay».

 

In un’altra missiva del “Lunedì dell’Angelo 1982”, il col. Gay così scriveva:

«Rev.ma Madre Abbadessa, nel godere che sia cessato l’affanno della intera Sua Comunità allarmata per la salute contemporanea di ben due Reverende Consorelle (che voglio augurarmi siano già guarite e ritornate al monastero) Le manifesto la mia grande soddisfazione per il modo felicissimo con il quale si sono svolte – in Assisi – le cerimonie delle “Giornate degli Ebrei Italiani” con esaltazione, meritatissima, del Suo Monastero!
Su esse mi ha già adeguatamente riferito la gent.ma Signora Hella Kropf, con scritto e bellissime fotografie, che terrò assai care, soprattutto quelle con effigi della indimenticabile coraggiosa Madre Giuseppina Beviglia e di Suor Alfonsina sempre sorridente e serena, come già in quei giorni, non certo lieti, nei quali l’ho conosciuta».

 

Nella lettera precedente, il col.Gay nominava la sig.ra Hella Kropf, moglie di uno dei due “slavi” arrestati nel monastero di S. Quirico il 27 febbraio 1944, Giorgio Kropf, che si spacciava, con documenti falsi, per “Giorgio Cianura”, del cui arresto, avvenuto con gli altri tre ‘ospiti’ del monastero di S. Quirico, si ha ampia notizia da una comunicazione “riservata” dell’Ufficio Provinciale di Perugia della Polizia Repubblicana, inviata alla Questura di Assisi in data 29 febbraio 1944, che così inizia:

«Il giorno 26 corr., alle ore 16 circa un militare dell’ufficio scrivente, insospettito dal loro atteggiamento invitava in ufficio per l’opportuno riconoscimento quattro giovani in possesso di documenti che avrebbero dovuto farli conoscere per: I) Macri Paolo fu Eugenio; II) Facco Bruno di Angelo; III) Podda Antonio fu Giuseppe; iv) Cianura Giorgio di Cosimo ecc.».

 

Circa un mese dopo la liberazione di Assisi da parte alleata, avvenuta il 17 giugno 1944, il segretario capo del Comune avv. Mario Vannini rilasciava il seguente attestato sul conto di Giorgio Kropf, alias Giorgio Cianura: «Si attesta che il Sig. Giorgio Cianura (Giorgio Kropf) – già interprete presso il Comando Tedesco 1018 (alimentazione) – dal 12 maggio al 16 Giugno c.a., nel periodo cioè che ha prestato servizio presso la sezione di Assisi del Comando stesso, si è comportato in modo da favorire, nel limite del possibile, gli interessi della città […]. Il secondo slavo arrestato, di cui si parla nel precedente documento compariva sotto il falso nome di «Macri Paolo», ma in realtà si trattava di Paolo Jotza. Il terzo, dal nome non falsificato, era tenente della Regia Aeronautica. Anche il quarto («Facco Bruno di Angelo») era uno dei due arrestati «muniti di documenti falsi»; ma non sappiamo di chi effettivamente potesse trattarsi. Gli altri due presenti nel monastero di S. Quirico il giorno 27 febbraio 1944, ma non scoperti perché rifugiatisi nella «grotta sotterranea» dello stesso – come si apprende sempre dalla “Cronaca” – sappiamo che erano i fratelli ebrei Maionica o Majonica, originari di Trieste. Un altro militare, rifugiato e scoperto in S. Quirico, era il tenente Angelo Clerici, che proveniva dalla Regia Marina.

Passate quelle burrascose giornate, alle parole di gratitudine per mons. Nicolini si uniranno quelle per altri protagonisti eroici di quelle giornate, in particolare per Suor Giuseppina Biviglia (folignate, 1897-1991), alla quale – come già a mons. Nicolini, a don Aldo Brunacci, al tipografo assisano Trento Brizi e a p. Rufino Niccacci ofm, il Museo Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito il titolo di “Giusto tra le nazioni”.

Yad-Vashem

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Madre Giuseppina Biviglia “Giusto tra le nazioni” https://www.lavoce.it/metti-biviglia/ Thu, 17 Oct 2013 12:21:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20070 madre-giuseppina-Biviglia-1934

Madre Giuseppina Biviglia, abbadessa del Monastero di clarisse di S. Quirico di Assisi durante la seconda guerra mondiale, è stata proclamata “Giusto fra le nazioni”  per per aver salvato numerosi ebrei anche a rischio della sua vita,  vicende narrate anche dalla pellicola Assisi underground (Usa, 1985, regia di A. Ramati). Il riconoscimento giunge dal Museo Yad Vashem di Gerusalemme, che ha conferito il titolo di “giusto tra le nazioni” a Madre Giuseppina Biviglia (folignate, 1897-1991), allora abbadessa del Monastero di San Quirico. La testimonianza che, in spirito di clariana semplicità, Madre Giuseppina ha lasciato di quegli anni tumultuosi, è ricordata con le sue stesse parole nel comunicato diffuso dalla abbadessa Madre Benedetta e sorelle di S. Quirico, non appena ricevuta la notizia, nel quale è anche annunciato che la cerimonia di consegna “avverrà nei prossimi mesi probabilmente presso il Museo della Memoria di Assisi”.

Madre Giuseppina (nata a Serrone di Foligno (PG) il 31 marzo 1897 e morta a 94 anni il 31 marzo 1991) entrò in monastero il 13 maggio 1922 in qualità d’insegnante alla lavorazione delle telerie elettriche, lavoro che permetteva il sostentamento della comunità. L’8 settembre 1922 chiese d’iniziare il probandato e il 18 marzo 1923 fece la vestizione con il nome di sr. Maria Giuseppina di Gesù Nazareno. Il 19 marzo, solennità di S. Giuseppe, del 1924 e del 1927 fece successivamente la professione temporanea e la professione solenne. Madre Giuseppina guidò la comunità come madre abbadessa dal 1942 al 1945, dal 1945 al 1948, dal 1964 al 1967 e dal 1967 al 1970. A conclusione del secondo triennio del suo servizio di abbadessa lasciò nel libro delle memorie del monastero i suoi ricordi del periodo bellico:

“…Mentre fino dal settembre 1943 s’intensificava l’offesa aerea anglo-americana sull’Italia con somma sorpresa di tutti, mentre in patria rincrudivano persecuzioni politiche, vendette personali e ordini odiosi venivano spiccati contro Ebrei e soldati ligi allo spirito dell’armistizio, i nostri Istituti divenivano luogo di rifugio agli sbandati, ai perseguitati politici, ai fuggitivi, agli Ebrei, agli evasi dai campi di concentramento. Ne ebbe la sua parte il nostro Monastero. Superfluo dire che incapaci noi stesse di capire quanto avveniva in tanta confusione, si obbediva solo a un sentimento che sorgeva spontaneo di volta in volta che si presentavano dei disgraziati: davanti al dolore di ciascuno avrebbe taciuto ogni velleità di giudizio, anche se avessimo saputo darne uno: la pietà avrebbe in ogni caso trionfato come trionfò. E trionfò per amor di Dio e del prossimo: il Primo dava l’impulso ad aiutare il debole; il secondo quasi sempre innocente viveva in quei giorni sotto l’incubo degli arresti, dei campi di concentramento, della fucilazione e peggio! Devo dire tuttavia che qualche volta opposi un po’ di resistenza all’accettazione di queste persone sentendo tutta la responsabilità della mia posizione di fronte alla Comunità e temendone per questa qualche conseguenza: ma in quei momenti fui sempre incoraggiata dal nostro Venerato Superiore, da altri Sacerdoti e dalle mie stesse Consorelle ad agire in favore di quei poveretti. Le persone che si rifugiavano da noi furono, per grazia di Dio, nei nostri riguardi tutte oneste, rette, buone, e anche religiose, tanto i cattolici quanto gli Ebrei. Venne qualche fascista durante il Governo Badoglio e dopo l’entrata degli Americani; qualche socialista in certi momenti di pericolo durante la Repubblica Sociale. Subito dopo l’8 settembre avemmo ufficiali e soldati del R. Esercito ligi al giuramento costituzionale, e poco più tardi un folto numero di Ebrei (era proprio un’arca di Noè).”

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Il Papa porta… una bistecca alle Clarisse https://www.lavoce.it/il-papa-porta-una-bistecca-alle-clarisse/ Fri, 04 Oct 2013 15:01:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=19753 Assisi_Santa_Chiara 2Di nuovo totalmente a braccio il cordiale discorso del Papa alle Clarisse a Santa Chiara, sotto lo ‘sguardo’ del Crocifisso che parlò a san Francesco. Bergoglio ha sfatato alcuni luoghi comuni sulla vita di clausura, che sarebbe una vita “isolata, da soli con l’Assoluto”, in preda a “idee astratte che seccano la testa”. Tutto il contrario, ha evidenziato: “La strada [della clausura] passa sempre per Gesù Cristo, al centro della vita, della preghiera, di tutto”. La strada è “quella di Gesù Cristo, Dio e uomo”, per cui la suora acquisisce “una grande mente, una grande umanità” che consente di “capire le cose della vita, le problematiche della vita”. Tant’è vero che spesso le persone si rivolgono alle claustrali presentando loro i propri guai e chiedono una parola, che magari “non è niente di straordinario, ma viene dal cuore”.

Non sono mancati i momenti di simpatica confidenza, ad esempio quando il Papa ha esortato le religiose a non diventare “troppo spirituali” e ha raccontato un aneddoto di santa Teresa d’Avila, fondatrice delle “suore vostre concorrenti”. Insomma, quando nel convento qualche suora se ne usciva con frasi un po’ strane, quasi allucinate, la Santa diceva alla cuoca: “Dalle una bistecca!”.

Anche la vita comunitaria a volte è pesante, “e il diavolo fa di tutto per creare divisioni”. Ma, “come nelle famiglie, bisogna cercare soluzioni con amore”. Il segno distintivo di una suora deve essere la gioia, una gioia autetica (“A volte le suore sorridono, sì, ma come le assistenti di volo!”), la “gioia che nasce dalla vera contemplazione di Cristo, Dio e uomo”.

 

(Il testo integrale su www.vatican.va)

D. R.

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