Chiesa umbra Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/chiesa-umbra/ Settimanale di informazione regionale Thu, 14 Nov 2024 21:47:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Chiesa umbra Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/chiesa-umbra/ 32 32 Dal 2019 uno sguardo sul futuro delle diocesi umbre https://www.lavoce.it/dal-2019-uno-sguardo-sul-futuro-delle-diocesi-umbre/ https://www.lavoce.it/dal-2019-uno-sguardo-sul-futuro-delle-diocesi-umbre/#respond Thu, 14 Nov 2024 21:47:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78530 L'arcivescovo a mezzo busto, seduto vestito di nero con il microfono in mano

“Le Chiese diocesane dell’Umbria hanno pensato già nel 2019 a un’assemblea regionale che ha raccolto gli operatori pastorali per una giornata di conoscenza innanzitutto, e poi studio, condivisione, riflessione con uno sguardo al futuro. Lì sono stati delineati alcuni punti centrali da realizzare nel cammino pastorale delle diverse Chiese locali. Poi è arrivata la pandemia che ha ritardato il cammino, però nel 2022 abbiamo voluto riprendere il lavoro fatto allora”. Il presidente della Conferenza episcopale umbra, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, non nasconde una punta di orgoglio per il fatto che le diocesi della regione di san Francesco e san Benedetto avessero già anticipato gli incontri e le assemblee in stile sinodale che da un triennio stanno cambiando il volto della Chiesa.

Dal 2019 ai giorni nostri. Proprio sabato scorso, ad Assisi le Chiese umbre si sono ritrovate quasi per una "verifica" pastorale di questo cammino iniziato cinque anni fa…

“Esattamente: una giornata di nuovo con i responsabili dei diversi settori della pastorale nelle nostre diocesi per guardare non tanto al cammino fatto, che ormai è parte integrante della nostra storia, ma soprattutto con lo sguardo al futuro immediato, che è il Giubileo. In Umbria, nel 2026 vivremo anche il centenario della morte di san Francesco e questo sarà un altro momento di grazia. Dunque, ci fermiamo un attimo per proiettarci in avanti e riprendere questo percorso già pensando a quella che potrà essere una ulteriore Assemblea ecclesiale regionale, probabilmente nel novembre del 2025, che farà tesoro anche del documento finale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, che dovrà essere approvato dall’Assemblea generale dei vescovi nel maggio prossimo”.

Tornando al Cammino sinodale della Chiesa italiana, alle sue fasi e ai suoi temi, come è stato vissuto in parallelo con l’altro cammino già avviato qui in Umbria?

“Ogni diocesi ha avuto, com’è giusto che sia, la sua peculiarità nell’affrontare i diversi temi suggeriti anche per ognuno dei primi due anni, ora per il terzo, del Cammino sinodale italiano. Quello che mi sembra essere comune, quasi come una linea trasversale, è l’interesse suscitato forse più nei laici che non nei sacerdoti. In particolare, la scoperta che la differenza non è una minaccia, ma in realtà è una grande ricchezza. Mettersi insieme, raccontarsi, raccontare la propria esperienza di fede, raccontare come si annuncia il Vangelo nella situazione concreta, vedere che ognuno è animato da una passione particolare per rendere vivo e comunicativo il messaggio del Vangelo oggi: questa si è rivelata una grande ricchezza e ha suscitato certamente molte attese. La responsabilità adesso è non deludere queste attese. Non si tratta di fare rivoluzioni, quanto di ritrovare la freschezza dell’annuncio evangelico, che sembra essere oggi più che mai necessaria per questa nostra società sempre più disorientata, paurosa e superficiale.

Pensando proprio a queste sue ultime parole - dal punto di vista del credente “semplice”, che non ha ministeri né incarichi pastorali - che ricaduta possono avere i cammini ecclesiali locale, regionale, nazionale, universale?

“A me piacerebbe che - al di là di tutte le dichiarazioni, i documenti, gli orientamenti, ecc. - rinascesse nelle nostre comunità la voglia di stare insieme, cioè di far vedere che oggi, nella complessità di questo nostro mondo, il Vangelo può ancora dare senso all’esistenza. Credo sia il messaggio più urgente che noi dobbiamo tentare di trasmettere. Giustamente, non facendo riferimento esclusivamente ai cosiddetti operatori pastorali o a chi ha ricevuto un ministero, guardiamo le nostre comunità, le nostre parrocchie che fanno fatica, che si lamentano continuamente perché i giovani non ci sono, perché gli anziani non si possono spostare da una parte all’altra per partecipare alla celebrazione domenicale, poi le famiglie, il catechismo... Ecco, non possiamo nasconderci dietro un dito: in queste situazioni di fatica, proviamo a far vedere che il Vangelo è fecondo, che porta frutto. In modi diversi, non possiamo pretendere di uniformare il tutto, di fare tutti la stessa cosa, nello stesso modo, nello stesso tempo. Concentriamoci su alcune cose fondamentali ed essenziali, e proviamo a renderle ‘parlanti’, direi. Qualcosa che possa interpellare i nostri contemporanei fino a chiedersi: ma chi te lo fa fare? Ma perché tu vivi così? Credo che se noi riuscissimo a suscitare questa curiosità e questo interesse già avremmo fatto una grande operazione”.

Da una parte i vescovi, i sacerdoti, i ministri ordinati, dall’altra il popolo di Dio. Sono pronti gli uni e gli altri a lavorare sempre più con questo stile sinodale di cui si parla ormai da tre anni?

“Il Papa ci parla spesso di conversione, cioè di cambiamento. Noi preti dobbiamo cambiare la mentalità perché siamo stati formati per essere responsabili. Poi naturalmente questa responsabilità ognuno la esercita secondo i propri carismi, però sentiamo fortemente la responsabilità di essere guida della comunità. I fedeli laici sono stati formati, o forse ‘deformati’, dal fatto di essere guidati. La parrocchia non è affidata esclusivamente al prete. Per il battesimo che prete e laici hanno ricevuto, la parrocchia vive grazie all’impegno di tutti. Nessuno è inutile, ognuno ha il suo posto e - se quel posto che è il mio non lo occupo - rimane vuoto, non c’è qualcun altro che lo possa fare al mio posto. Credo che noi dobbiamo recuperare proprio questa visione d’insieme”.

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L'arcivescovo a mezzo busto, seduto vestito di nero con il microfono in mano

“Le Chiese diocesane dell’Umbria hanno pensato già nel 2019 a un’assemblea regionale che ha raccolto gli operatori pastorali per una giornata di conoscenza innanzitutto, e poi studio, condivisione, riflessione con uno sguardo al futuro. Lì sono stati delineati alcuni punti centrali da realizzare nel cammino pastorale delle diverse Chiese locali. Poi è arrivata la pandemia che ha ritardato il cammino, però nel 2022 abbiamo voluto riprendere il lavoro fatto allora”. Il presidente della Conferenza episcopale umbra, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, non nasconde una punta di orgoglio per il fatto che le diocesi della regione di san Francesco e san Benedetto avessero già anticipato gli incontri e le assemblee in stile sinodale che da un triennio stanno cambiando il volto della Chiesa.

Dal 2019 ai giorni nostri. Proprio sabato scorso, ad Assisi le Chiese umbre si sono ritrovate quasi per una "verifica" pastorale di questo cammino iniziato cinque anni fa…

“Esattamente: una giornata di nuovo con i responsabili dei diversi settori della pastorale nelle nostre diocesi per guardare non tanto al cammino fatto, che ormai è parte integrante della nostra storia, ma soprattutto con lo sguardo al futuro immediato, che è il Giubileo. In Umbria, nel 2026 vivremo anche il centenario della morte di san Francesco e questo sarà un altro momento di grazia. Dunque, ci fermiamo un attimo per proiettarci in avanti e riprendere questo percorso già pensando a quella che potrà essere una ulteriore Assemblea ecclesiale regionale, probabilmente nel novembre del 2025, che farà tesoro anche del documento finale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, che dovrà essere approvato dall’Assemblea generale dei vescovi nel maggio prossimo”.

Tornando al Cammino sinodale della Chiesa italiana, alle sue fasi e ai suoi temi, come è stato vissuto in parallelo con l’altro cammino già avviato qui in Umbria?

“Ogni diocesi ha avuto, com’è giusto che sia, la sua peculiarità nell’affrontare i diversi temi suggeriti anche per ognuno dei primi due anni, ora per il terzo, del Cammino sinodale italiano. Quello che mi sembra essere comune, quasi come una linea trasversale, è l’interesse suscitato forse più nei laici che non nei sacerdoti. In particolare, la scoperta che la differenza non è una minaccia, ma in realtà è una grande ricchezza. Mettersi insieme, raccontarsi, raccontare la propria esperienza di fede, raccontare come si annuncia il Vangelo nella situazione concreta, vedere che ognuno è animato da una passione particolare per rendere vivo e comunicativo il messaggio del Vangelo oggi: questa si è rivelata una grande ricchezza e ha suscitato certamente molte attese. La responsabilità adesso è non deludere queste attese. Non si tratta di fare rivoluzioni, quanto di ritrovare la freschezza dell’annuncio evangelico, che sembra essere oggi più che mai necessaria per questa nostra società sempre più disorientata, paurosa e superficiale.

Pensando proprio a queste sue ultime parole - dal punto di vista del credente “semplice”, che non ha ministeri né incarichi pastorali - che ricaduta possono avere i cammini ecclesiali locale, regionale, nazionale, universale?

“A me piacerebbe che - al di là di tutte le dichiarazioni, i documenti, gli orientamenti, ecc. - rinascesse nelle nostre comunità la voglia di stare insieme, cioè di far vedere che oggi, nella complessità di questo nostro mondo, il Vangelo può ancora dare senso all’esistenza. Credo sia il messaggio più urgente che noi dobbiamo tentare di trasmettere. Giustamente, non facendo riferimento esclusivamente ai cosiddetti operatori pastorali o a chi ha ricevuto un ministero, guardiamo le nostre comunità, le nostre parrocchie che fanno fatica, che si lamentano continuamente perché i giovani non ci sono, perché gli anziani non si possono spostare da una parte all’altra per partecipare alla celebrazione domenicale, poi le famiglie, il catechismo... Ecco, non possiamo nasconderci dietro un dito: in queste situazioni di fatica, proviamo a far vedere che il Vangelo è fecondo, che porta frutto. In modi diversi, non possiamo pretendere di uniformare il tutto, di fare tutti la stessa cosa, nello stesso modo, nello stesso tempo. Concentriamoci su alcune cose fondamentali ed essenziali, e proviamo a renderle ‘parlanti’, direi. Qualcosa che possa interpellare i nostri contemporanei fino a chiedersi: ma chi te lo fa fare? Ma perché tu vivi così? Credo che se noi riuscissimo a suscitare questa curiosità e questo interesse già avremmo fatto una grande operazione”.

Da una parte i vescovi, i sacerdoti, i ministri ordinati, dall’altra il popolo di Dio. Sono pronti gli uni e gli altri a lavorare sempre più con questo stile sinodale di cui si parla ormai da tre anni?

“Il Papa ci parla spesso di conversione, cioè di cambiamento. Noi preti dobbiamo cambiare la mentalità perché siamo stati formati per essere responsabili. Poi naturalmente questa responsabilità ognuno la esercita secondo i propri carismi, però sentiamo fortemente la responsabilità di essere guida della comunità. I fedeli laici sono stati formati, o forse ‘deformati’, dal fatto di essere guidati. La parrocchia non è affidata esclusivamente al prete. Per il battesimo che prete e laici hanno ricevuto, la parrocchia vive grazie all’impegno di tutti. Nessuno è inutile, ognuno ha il suo posto e - se quel posto che è il mio non lo occupo - rimane vuoto, non c’è qualcun altro che lo possa fare al mio posto. Credo che noi dobbiamo recuperare proprio questa visione d’insieme”.

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Stati generali delle Commissioni pastorali regionali: temi e percorsi https://www.lavoce.it/stati-generali-delle-commissioni-pastorali-regionali-temi-e-percorsi/ https://www.lavoce.it/stati-generali-delle-commissioni-pastorali-regionali-temi-e-percorsi/#respond Thu, 07 Nov 2024 13:43:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78449 Veduta dall'alto del Seminario regionale umbro immerso nella vegetazione, sullo sfondo Assisi

Un’altra pagina del cammino pastorale delle otto chiese sorelle della Regione ecclesiastica umbra si scrive in questa settimana ricca di eventi particolarmente simbolici.

Stati generali delle Commissioni pastorali regionali

A pochi giorni dalla celebrazione per i cento anni dalla dedicazione della cappella interna del Seminario regionale “Pio XI” ad Assisi, dove hanno pregato e pregano generazioni di futuri presbiteri, nella stessa aula liturgica il 9 novembre i delegati diocesani invocheranno il dono dello Spirito santo per vivere con sapienza e profezia gli “stati generali” delle Commissioni pastorali regionali.

Conoscere la situazione pastorale delle comunità cristiane

Nei giorni in cui Papa Francesco consegna la sua quarta enciclica Dilexit nos, ispirata al Sacro Cuore di Gesù, sotto lo sguardo ieratico e dolce del Cristo glorioso che domina sulla tela del presbiterio della cappella del Seminario, la Chiesa umbra si raduna per ascoltare il polso della situazione pastorale delle comunità cristiane e provare a lanciare il cuore oltre gli ostacoli della complessità contemporanea. Si proverà, infatti, a parlare con coraggio soprattutto di priorità e di futuro, selezionando tra le numerose traiettorie descritte dai Lineamenti sinodali.

A Roma l'assemblea del cammino sinodale delle Chiese

Un futuro prossimo e un futuro remoto: prossimo è l’impegno di portare il contributo delle nostre Chiese all’imminente prima Assemblea del Cammino sinodale delle Chiese in Italia che si celebrerà presso la basilica di San Paolo fuori le mura in Roma dal 15 al 17 novembre. I delegati diocesani potranno raccogliere dalle voci degli operatori delle nostre otto Chiese le principali istanze, i più importanti desideri, le proposte prioritarie da condividere a livello nazionale.

Individuare i passi futuri per il rinnovamento pastorale

Nel futuro remoto c’è il lavoro per individuare i passi concreti da indicare e da compiere per raggiungere alcuni obiettivi realistici e strategici per il rinnovamento pastorale delle nostre comunità. Un primo passo essenziale e fondamentale è perseverare nel facilitare e favorire le relazioni e la fraternità. Una convergenza assoluta si riscontra nel dover puntare con decisione sul cuore di ogni altra iniziativa: la comunione e la comunicazione.

Perché gli Stati generali delle Commissioni pastorali

Gli “stati generali” non hanno nessuna pretesa di produrre alcun documento o testo, ma l’esigenza impellente di documentare l’intensificarsi delle relazioni pastorali e mettere testa a nuovi stili di collaborazione. Sono un punto e un ponte: sono una linea di partenza per nuove buone prassi e vogliono fare da passerella alla futura Assemblea regionale.

Giubileo 2025 e VIII Centenario francescano

Gli “stati generali” sono anche un trampolino per il futuro Giubileo 2025 e un laboratorio per l’ottavo Centenario francescano. Si parlerà infatti anche delle iniziative e dei progetti in cantiere per questi due anni di grazia che vedranno l’Umbria avamposto e meta dei “pellegrini di Speranza”. Come scrive Papa Francesco nella bolla Spes non confundit (al n. 9): “Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”. Gli “stati generali” provano a condividere questa visione e a tenere vivo l’entusiasmo dei cristiani con la gioia del Vangelo.

Don Giovanni Zampa Coordinatore segreteria pastorale regionale Ceu

I due quesiti su cui si confronteranno ad Assisi i delegati regionali

Nella mattinata di sabato 9 novembre, gli “stati generali” si riuniscono al Seminario regionale di Assisi. Alla luce dei Lineamenti del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ecco i due quesiti su cui si confronteranno i delegati delle Commissioni pastorali regionali:

1) tra le proposte, prospettive e iniziative emerse nei Lineamenti quali sono prioritarie e più urgenti da porre all’attenzione dei nostri Vescovi e delle nostre Chiese locali e da realizzare nelle nostre diocesi e nella nostra regione? Perché?

2) quali passi concreti compiere, quali processi praticabili attivare, quali tappe realistiche individuare per raggiungere fattivamente queste priorità?

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Veduta dall'alto del Seminario regionale umbro immerso nella vegetazione, sullo sfondo Assisi

Un’altra pagina del cammino pastorale delle otto chiese sorelle della Regione ecclesiastica umbra si scrive in questa settimana ricca di eventi particolarmente simbolici.

Stati generali delle Commissioni pastorali regionali

A pochi giorni dalla celebrazione per i cento anni dalla dedicazione della cappella interna del Seminario regionale “Pio XI” ad Assisi, dove hanno pregato e pregano generazioni di futuri presbiteri, nella stessa aula liturgica il 9 novembre i delegati diocesani invocheranno il dono dello Spirito santo per vivere con sapienza e profezia gli “stati generali” delle Commissioni pastorali regionali.

Conoscere la situazione pastorale delle comunità cristiane

Nei giorni in cui Papa Francesco consegna la sua quarta enciclica Dilexit nos, ispirata al Sacro Cuore di Gesù, sotto lo sguardo ieratico e dolce del Cristo glorioso che domina sulla tela del presbiterio della cappella del Seminario, la Chiesa umbra si raduna per ascoltare il polso della situazione pastorale delle comunità cristiane e provare a lanciare il cuore oltre gli ostacoli della complessità contemporanea. Si proverà, infatti, a parlare con coraggio soprattutto di priorità e di futuro, selezionando tra le numerose traiettorie descritte dai Lineamenti sinodali.

A Roma l'assemblea del cammino sinodale delle Chiese

Un futuro prossimo e un futuro remoto: prossimo è l’impegno di portare il contributo delle nostre Chiese all’imminente prima Assemblea del Cammino sinodale delle Chiese in Italia che si celebrerà presso la basilica di San Paolo fuori le mura in Roma dal 15 al 17 novembre. I delegati diocesani potranno raccogliere dalle voci degli operatori delle nostre otto Chiese le principali istanze, i più importanti desideri, le proposte prioritarie da condividere a livello nazionale.

Individuare i passi futuri per il rinnovamento pastorale

Nel futuro remoto c’è il lavoro per individuare i passi concreti da indicare e da compiere per raggiungere alcuni obiettivi realistici e strategici per il rinnovamento pastorale delle nostre comunità. Un primo passo essenziale e fondamentale è perseverare nel facilitare e favorire le relazioni e la fraternità. Una convergenza assoluta si riscontra nel dover puntare con decisione sul cuore di ogni altra iniziativa: la comunione e la comunicazione.

Perché gli Stati generali delle Commissioni pastorali

Gli “stati generali” non hanno nessuna pretesa di produrre alcun documento o testo, ma l’esigenza impellente di documentare l’intensificarsi delle relazioni pastorali e mettere testa a nuovi stili di collaborazione. Sono un punto e un ponte: sono una linea di partenza per nuove buone prassi e vogliono fare da passerella alla futura Assemblea regionale.

Giubileo 2025 e VIII Centenario francescano

Gli “stati generali” sono anche un trampolino per il futuro Giubileo 2025 e un laboratorio per l’ottavo Centenario francescano. Si parlerà infatti anche delle iniziative e dei progetti in cantiere per questi due anni di grazia che vedranno l’Umbria avamposto e meta dei “pellegrini di Speranza”. Come scrive Papa Francesco nella bolla Spes non confundit (al n. 9): “Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”. Gli “stati generali” provano a condividere questa visione e a tenere vivo l’entusiasmo dei cristiani con la gioia del Vangelo.

Don Giovanni Zampa Coordinatore segreteria pastorale regionale Ceu

I due quesiti su cui si confronteranno ad Assisi i delegati regionali

Nella mattinata di sabato 9 novembre, gli “stati generali” si riuniscono al Seminario regionale di Assisi. Alla luce dei Lineamenti del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ecco i due quesiti su cui si confronteranno i delegati delle Commissioni pastorali regionali:

1) tra le proposte, prospettive e iniziative emerse nei Lineamenti quali sono prioritarie e più urgenti da porre all’attenzione dei nostri Vescovi e delle nostre Chiese locali e da realizzare nelle nostre diocesi e nella nostra regione? Perché?

2) quali passi concreti compiere, quali processi praticabili attivare, quali tappe realistiche individuare per raggiungere fattivamente queste priorità?

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Giubileo 2025. Tanti i giovani che arriveranno in Umbria https://www.lavoce.it/giubileo-2025-tanti-i-giovani-che-arriveranno-in-umbria/ https://www.lavoce.it/giubileo-2025-tanti-i-giovani-che-arriveranno-in-umbria/#respond Fri, 25 Oct 2024 08:01:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78231 Giovani in primo piano a mezzo busto, alle loro spalle una piccola chiesetta

Il cammino di preparazione al Giubileo ordinario dell’anno 2025 è stato positivamente influenzato dalla recente diffusione della Bolla di indizione intitolata Spes non confundit.

Le iniziative siano per tutti "occasione di rianimare la speranza"

In essa, il Santo Padre, con lo stile sapiente che gli è proprio, auspica che le iniziative in programma possano “essere per tutti occasione di rianimare la speranza” in un contesto, come quello attuale, nel quale molti guardano al futuro con scetticismo e pessimismo, “come se nulla potesse offrire loro felicità” (n. 1). Per scongiurare il rischio di sentirsi sopraffatti dal male e dalla violenza, egli invita, pertanto, i fedeli, ad attingere questa virtù nella grazia di Dio e a riscoprirla “nei segni dei tempi che il Signore ci offre” (n. 7).

Prendersi cura dei giovani

Tra di essi annovera, a ragione, anche i giovani, sui quali si fonda l’avvenire dell’umanità, in virtù dell’entusiasmo che li contraddistingue. Tuttavia, fa notare che la frequenza con la quale oggigiorno essi vedono crollare i loro sogni, a causa dell’incertezza dominante, impone un’attenzione particolare, al fine di evitare che i loro propositi siano irrimediabilmente delusi e i loro desideri azzerati. Quando ciò si verifica, osserva Papa Francesco, “l’illusione delle droghe, il rischio della trasgressione e la ricerca dell’effimero creano in loro più che in altri confusione e nascondono la bellezza e il senso della vita, facendoli scivolare in baratri oscuri e spingendoli a compiere gesti autodistruttivi”. Per questo motivo, egli si augura che il Giubileo sia “occasione di slancio nei loro confronti” e invita tutte le persone di buona volontà a prendersi cura “con una rinnovata passione […] dei ragazzi, degli studenti, dei fidanzati, delle giovani generazioni”, nella certezza che essi costituiscano la gioia e la speranza del mondo (n. 12).

L'Umbria accoglie nelle parrocchie i giovani per il Giubileo

Lasciandosi ispirare da questa esortazione, la Chiesa umbra ha pensato che un concreto segno di attenzione nei loro confronti, tra i tanti possibili, potesse essere rappresentato dalla disponibilità ad accogliere, nelle parrocchie della regione, giovani italiani e stranieri in procinto di partecipare al Giubileo ad essi dedicato, sullo stile che caratterizza da anni anche la settimana che precede le Giornate mondiali della gioventù. L’esperienza maturata a riguardo insegna, infatti, che le relazioni che si instaurano in questi contesti costituiscono un efficace mezzo di evangelizzazione, sia per chi riceve ospitalità, che per chi la offre, in modo particolare se si tratta di nuclei familiari disponibili ad aprire le porte delle proprie abitazioni.

Il programma nelle diocesi umbre

Sulla base del programma elaborato, l’arrivo e la sistemazione dei gruppi nelle parrocchie loro assegnate sono previsti nel tardo pomeriggio di giovedì 24 luglio 2025. Il giorno successivo, ai pellegrini ospitati nelle diocesi di Terni-Narni-Amelia, Orvieto-Todi, Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, sarà proposto un itinerario di conoscenza della Chiesa particolare che li accoglie (ogni realtà si organizzerà autonomamente a riguardo). I giovani assegnati alle altre diocesi umbre si recheranno, invece, ad Assisi, dove avranno la possibilità di visitare le basiliche di San Francesco e di Santa Chiara, il santuario di San Damiano, la cattedrale, la Chiesa Nuova e il santuario della Spogliazione. Sabato 26 luglio il programma sarà identico a quello del giorno precedente, con la differenza che l’itinerario diocesano sarà proposto dalle diocesi di Perugia-Città della Pieve, Gubbio, Città di Castello e Spoleto-Norcia, mentre le comitive associate alle altre Chiese faranno visita alla città del Poverello. Domenica 27 luglio, nel mattino, è prevista la messa e il pranzo nelle parrocchie ospitanti. Nel secondo pomeriggio, poi, tutti i giovani presenti in Umbria si ritroveranno nuovamente ad Assisi, presso la basilica di Santa Maria degli Angeli, per un incontro di preghiera e di festa, durante il quale sarà possibile visitare anche la Porziuncola. Il 28 luglio, nel mattino o nel pomeriggio, in orari variabili in base alla diocesi, è prevista la partenza dei pellegrini per Roma.

Individuare le famiglie disponibili ad ospitare i giovani

La velocità con la quale i gruppi si stanno prenotando rende probabile il raggiungimento del tetto massimo di 8.000 partecipanti (1.000 per diocesi) entro la data di chiusura delle iscrizioni, prevista per il 30 marzo 2025. Il dato è incoraggiante, ma comporta che le parrocchie individuino in tempi rapidi le famiglie disponibili ad ospitarli. I dettagli sono indicati sul sito www.chiesainumbria.it.

Don Luca Castrica Coordinatore della segreteria per l’accoglienza dei giovani in Umbria

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Giovani in primo piano a mezzo busto, alle loro spalle una piccola chiesetta

Il cammino di preparazione al Giubileo ordinario dell’anno 2025 è stato positivamente influenzato dalla recente diffusione della Bolla di indizione intitolata Spes non confundit.

Le iniziative siano per tutti "occasione di rianimare la speranza"

In essa, il Santo Padre, con lo stile sapiente che gli è proprio, auspica che le iniziative in programma possano “essere per tutti occasione di rianimare la speranza” in un contesto, come quello attuale, nel quale molti guardano al futuro con scetticismo e pessimismo, “come se nulla potesse offrire loro felicità” (n. 1). Per scongiurare il rischio di sentirsi sopraffatti dal male e dalla violenza, egli invita, pertanto, i fedeli, ad attingere questa virtù nella grazia di Dio e a riscoprirla “nei segni dei tempi che il Signore ci offre” (n. 7).

Prendersi cura dei giovani

Tra di essi annovera, a ragione, anche i giovani, sui quali si fonda l’avvenire dell’umanità, in virtù dell’entusiasmo che li contraddistingue. Tuttavia, fa notare che la frequenza con la quale oggigiorno essi vedono crollare i loro sogni, a causa dell’incertezza dominante, impone un’attenzione particolare, al fine di evitare che i loro propositi siano irrimediabilmente delusi e i loro desideri azzerati. Quando ciò si verifica, osserva Papa Francesco, “l’illusione delle droghe, il rischio della trasgressione e la ricerca dell’effimero creano in loro più che in altri confusione e nascondono la bellezza e il senso della vita, facendoli scivolare in baratri oscuri e spingendoli a compiere gesti autodistruttivi”. Per questo motivo, egli si augura che il Giubileo sia “occasione di slancio nei loro confronti” e invita tutte le persone di buona volontà a prendersi cura “con una rinnovata passione […] dei ragazzi, degli studenti, dei fidanzati, delle giovani generazioni”, nella certezza che essi costituiscano la gioia e la speranza del mondo (n. 12).

L'Umbria accoglie nelle parrocchie i giovani per il Giubileo

Lasciandosi ispirare da questa esortazione, la Chiesa umbra ha pensato che un concreto segno di attenzione nei loro confronti, tra i tanti possibili, potesse essere rappresentato dalla disponibilità ad accogliere, nelle parrocchie della regione, giovani italiani e stranieri in procinto di partecipare al Giubileo ad essi dedicato, sullo stile che caratterizza da anni anche la settimana che precede le Giornate mondiali della gioventù. L’esperienza maturata a riguardo insegna, infatti, che le relazioni che si instaurano in questi contesti costituiscono un efficace mezzo di evangelizzazione, sia per chi riceve ospitalità, che per chi la offre, in modo particolare se si tratta di nuclei familiari disponibili ad aprire le porte delle proprie abitazioni.

Il programma nelle diocesi umbre

Sulla base del programma elaborato, l’arrivo e la sistemazione dei gruppi nelle parrocchie loro assegnate sono previsti nel tardo pomeriggio di giovedì 24 luglio 2025. Il giorno successivo, ai pellegrini ospitati nelle diocesi di Terni-Narni-Amelia, Orvieto-Todi, Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, sarà proposto un itinerario di conoscenza della Chiesa particolare che li accoglie (ogni realtà si organizzerà autonomamente a riguardo). I giovani assegnati alle altre diocesi umbre si recheranno, invece, ad Assisi, dove avranno la possibilità di visitare le basiliche di San Francesco e di Santa Chiara, il santuario di San Damiano, la cattedrale, la Chiesa Nuova e il santuario della Spogliazione. Sabato 26 luglio il programma sarà identico a quello del giorno precedente, con la differenza che l’itinerario diocesano sarà proposto dalle diocesi di Perugia-Città della Pieve, Gubbio, Città di Castello e Spoleto-Norcia, mentre le comitive associate alle altre Chiese faranno visita alla città del Poverello. Domenica 27 luglio, nel mattino, è prevista la messa e il pranzo nelle parrocchie ospitanti. Nel secondo pomeriggio, poi, tutti i giovani presenti in Umbria si ritroveranno nuovamente ad Assisi, presso la basilica di Santa Maria degli Angeli, per un incontro di preghiera e di festa, durante il quale sarà possibile visitare anche la Porziuncola. Il 28 luglio, nel mattino o nel pomeriggio, in orari variabili in base alla diocesi, è prevista la partenza dei pellegrini per Roma.

Individuare le famiglie disponibili ad ospitare i giovani

La velocità con la quale i gruppi si stanno prenotando rende probabile il raggiungimento del tetto massimo di 8.000 partecipanti (1.000 per diocesi) entro la data di chiusura delle iscrizioni, prevista per il 30 marzo 2025. Il dato è incoraggiante, ma comporta che le parrocchie individuino in tempi rapidi le famiglie disponibili ad ospitarli. I dettagli sono indicati sul sito www.chiesainumbria.it.

Don Luca Castrica Coordinatore della segreteria per l’accoglienza dei giovani in Umbria

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Gli “stati generali” della pastorale regionale: intervista a don Giovanni Zampa https://www.lavoce.it/gli-stati-generali-della-pastorale-regionale-intervista-a-don-giovanni-zampa/ https://www.lavoce.it/gli-stati-generali-della-pastorale-regionale-intervista-a-don-giovanni-zampa/#respond Thu, 26 Sep 2024 19:04:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77740 Persone sedute su sedie a cerchio all'interno di una sala

“Dalla splendida Assemblea ecclesiale regionale del 2019 è ripartito un percorso che ha visto come mappa il documento che i vescovi umbri ci hanno consegnato nella primavera del 2020: Cristiani in Umbria con la gioia del Vangelo. Da quel frutto di una bella esperienza di sinodalità reale e concreta è emersa l’esigenza di attivare un Consiglio pastorale regionale, una Segreteria pastorale, una programmazione regolare delle assemblee e l’opportunità di intraprendere una riflessione sul rilancio delle Commissioni e i servizi pastorale regionali”. Don Giovanni Zampa è il coordinatore della Segreteria pastorale istituita dalla Conferenza episcopale umbra (Ceu) e ci spiega l’itinerario che le Chiese umbre hanno avviato ormai cinque anni fa.

Il 9 novembre, i vescovi della Ceu hanno convocato gli stati generali delle Commissioni pastorali regionali. Cosa si intende con questa espressione?

“Dal 2019 abbiamo iniziato a lavorare con i nuovi strumenti pastorali, lentamente e non senza difficoltà. Il Consiglio pastorale regionale si è ritrovato più volte, la Segreteria ha una sua regolarità, è stata celebrata un’assemblea nel maggio del 2022, sono in corso le collaborazioni per il Cammino sinodale della Chiesa italiana, per quello universale e per il Giubileo 2025. Gli stati generali sono una tappa intermedia voluta dai vescovi per verificare la strada fatta e impostare quella futura, che culminerà con una nuova Assemblea regionale, verosimilmente subito dopo il Giubileo, e la consegna del documento finale del Sinodo in corso”.

Concretamente in cosa consistono gli stati generali?

“Con il Consiglio pastorale regionale si è impostato il lavoro di questo anno passato intorno a tre poli essenziali su cui coinvolgere le Commissioni e indirettamente le diocesi: riconsolidare le Commissioni, sintonizzarsi con il Sinodo, preparare il Giubileo. La mattinata del 9 novembre, in pratica, sarà la verifica, la condivisione e il rilancio di questo lavoro. Non mancherà poi modo di fare fraternità e cominciare a confrontarci per l’assemblea futura”.

Chi parteciperà a queste sessione di lavori?

“Oltre ai responsabili, sono convocati tutti i membri delle singole Commissioni e dei servizi regionali. Ovviamente non possono mancare i delegati diocesani per il Sinodo e per il Giubileo”.

Dal suo punto di vista quale clima pastorale si respira nella nostra regione ecclesiastica?

“Per rispondere a questa domanda impegnativa prendo in prestito la parabola dei talenti. La nostra terra umbra ha in consegna tanti talenti. Sia il passato sia il presente sono caratterizzati da una ricchezza pastorale, ecclesiale e di santità immensa. Credo, però, che spesso la sotterriamo. Attanagliati dalla paura di perdere , non abbiamo il coraggio di investire e di osare, scommettendo sul sostegno della Provvidenza. Forse facciamo troppi calcoli e tiriamo troppo poco le somme, per timore di scoprire un risultato negativo. Da sempre, Dio non ci chiede di raccogliere, ma di seminare”.

Cosa le ha suscitato la recente lettera inviata dai vescovi umbri al clero?

“Stima, fiducia e comunione. Mi vengono in mente queste tre parole: per me è un segno di stima e di apprezzamento per le persone con cui collaborano. Fiducia e incoraggiamento per l’importante e difficile missione che ci affidano. Comunione e obbedienza, soprattutto al Santo Padre, Papa Francesco che nella recente visita ad limina apostolorum ha raccomandato ai nostri Pastori di ‘essere vicini ai preti con paternità e fraternità’”.

Il programma degli Stati generali

Gli stati generali delle Commissioni e dei servizi della Conferenza episcopale umbra si riuniranno nel Seminario regionale di Assisi il 9 novembre. Dopo l’accoglienza e la preghiera, sarà il presidente della Ceu mons. Renato Boccardo a introdurre i lavori. Seguiranno i gruppi di lavoro, in stile sinodale sapienziale, con suddivisione per aree pastorali e sottogruppi per la condivisione delle sintesi sinodali e dei nuovi lineamenti Cei per la fase profetica. Infine, ci sarà la presentazione degli eventi in preparazione del Giubileo 2025 nelle singole diocesi e per Commissioni.

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Persone sedute su sedie a cerchio all'interno di una sala

“Dalla splendida Assemblea ecclesiale regionale del 2019 è ripartito un percorso che ha visto come mappa il documento che i vescovi umbri ci hanno consegnato nella primavera del 2020: Cristiani in Umbria con la gioia del Vangelo. Da quel frutto di una bella esperienza di sinodalità reale e concreta è emersa l’esigenza di attivare un Consiglio pastorale regionale, una Segreteria pastorale, una programmazione regolare delle assemblee e l’opportunità di intraprendere una riflessione sul rilancio delle Commissioni e i servizi pastorale regionali”. Don Giovanni Zampa è il coordinatore della Segreteria pastorale istituita dalla Conferenza episcopale umbra (Ceu) e ci spiega l’itinerario che le Chiese umbre hanno avviato ormai cinque anni fa.

Il 9 novembre, i vescovi della Ceu hanno convocato gli stati generali delle Commissioni pastorali regionali. Cosa si intende con questa espressione?

“Dal 2019 abbiamo iniziato a lavorare con i nuovi strumenti pastorali, lentamente e non senza difficoltà. Il Consiglio pastorale regionale si è ritrovato più volte, la Segreteria ha una sua regolarità, è stata celebrata un’assemblea nel maggio del 2022, sono in corso le collaborazioni per il Cammino sinodale della Chiesa italiana, per quello universale e per il Giubileo 2025. Gli stati generali sono una tappa intermedia voluta dai vescovi per verificare la strada fatta e impostare quella futura, che culminerà con una nuova Assemblea regionale, verosimilmente subito dopo il Giubileo, e la consegna del documento finale del Sinodo in corso”.

Concretamente in cosa consistono gli stati generali?

“Con il Consiglio pastorale regionale si è impostato il lavoro di questo anno passato intorno a tre poli essenziali su cui coinvolgere le Commissioni e indirettamente le diocesi: riconsolidare le Commissioni, sintonizzarsi con il Sinodo, preparare il Giubileo. La mattinata del 9 novembre, in pratica, sarà la verifica, la condivisione e il rilancio di questo lavoro. Non mancherà poi modo di fare fraternità e cominciare a confrontarci per l’assemblea futura”.

Chi parteciperà a queste sessione di lavori?

“Oltre ai responsabili, sono convocati tutti i membri delle singole Commissioni e dei servizi regionali. Ovviamente non possono mancare i delegati diocesani per il Sinodo e per il Giubileo”.

Dal suo punto di vista quale clima pastorale si respira nella nostra regione ecclesiastica?

“Per rispondere a questa domanda impegnativa prendo in prestito la parabola dei talenti. La nostra terra umbra ha in consegna tanti talenti. Sia il passato sia il presente sono caratterizzati da una ricchezza pastorale, ecclesiale e di santità immensa. Credo, però, che spesso la sotterriamo. Attanagliati dalla paura di perdere , non abbiamo il coraggio di investire e di osare, scommettendo sul sostegno della Provvidenza. Forse facciamo troppi calcoli e tiriamo troppo poco le somme, per timore di scoprire un risultato negativo. Da sempre, Dio non ci chiede di raccogliere, ma di seminare”.

Cosa le ha suscitato la recente lettera inviata dai vescovi umbri al clero?

“Stima, fiducia e comunione. Mi vengono in mente queste tre parole: per me è un segno di stima e di apprezzamento per le persone con cui collaborano. Fiducia e incoraggiamento per l’importante e difficile missione che ci affidano. Comunione e obbedienza, soprattutto al Santo Padre, Papa Francesco che nella recente visita ad limina apostolorum ha raccomandato ai nostri Pastori di ‘essere vicini ai preti con paternità e fraternità’”.

Il programma degli Stati generali

Gli stati generali delle Commissioni e dei servizi della Conferenza episcopale umbra si riuniranno nel Seminario regionale di Assisi il 9 novembre. Dopo l’accoglienza e la preghiera, sarà il presidente della Ceu mons. Renato Boccardo a introdurre i lavori. Seguiranno i gruppi di lavoro, in stile sinodale sapienziale, con suddivisione per aree pastorali e sottogruppi per la condivisione delle sintesi sinodali e dei nuovi lineamenti Cei per la fase profetica. Infine, ci sarà la presentazione degli eventi in preparazione del Giubileo 2025 nelle singole diocesi e per Commissioni.

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Lettera dei vescovi umbri ai sacerdoti e diaconi per il Giubileo https://www.lavoce.it/lettera-dei-vescovi-umbri-ai-sacerdoti-e-diaconi-giubileo/ https://www.lavoce.it/lettera-dei-vescovi-umbri-ai-sacerdoti-e-diaconi-giubileo/#respond Thu, 12 Sep 2024 10:27:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77533

Ai sacerdoti e diaconi della Regione ecclesiastica umbra

Carissimo confratello,

si avvicina l’anno di grazia che la benevolenza divina e la maternità della Chiesa ci donano con il Giubileo 2025. Noi ministri ordinati abbiamo la grande gioia e il lieto compito di accompagnare il popolo di Dio a farne tesoro: sarà una preziosa occasione per rigenerare la nostra vocazione e mettere a frutto la nostra missione di “servi della speranza”, di amici di “Cristo, nostra speranza”.

Il Santo Padre, che ha indicato proprio nella virtù teologale della speranza il messaggio centrale di questa esperienza di fede e di carità, confida nel nostro entusiasmo e nella nostra collaborazione. Possiamo ora gratuitamente mettere a disposizione delle nostre comunità e dei numerosi pellegrini che intraprenderanno il cammino spirituale del Giubileo i doni di grazia che gratuitamente abbiamo ricevuto con l’ordinazione presbiterale.

Non è difficile pensare che la nostra regione sarà mèta privilegiata di tanti pellegrinaggi, tenendo conto della ricchezza di santità delle nostre diocesi e della prossima canonizzazione del beato Carlo Acutis. Per questo abbiamo una grande opportunità di seminare gioia e una grave responsabilità di predisporre il cuore del popolo di Dio, cominciando da noi stessi, come ci raccomanda Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit, 5: “Nelle Chiese particolari si curi in modo speciale la preparazione dei sacerdoti e dei fedeli alle confessioni e l’accessibilità al sacramento nella forma individuale”.

In questo periodo possiamo approfondire la formazione meditando con attenzione la bolla e studiando la nota con le Norme per la concessione dell’Indulgenza durante il Giubileo Ordinario 2025.

Possiamo collaborare e dare disponibilità alle Commissioni per il Giubileo che le nostre diocesi hanno istituito e, specialmente, possiamo approfittare di questo anno per sensibilizzare le nostre comunità, gli organismi di partecipazione, i gruppi, i giovani, i catechisti, le famiglie, alla preghiera, alla catechesi, alla carità e alla organizzazione della ospitalità e dell’accoglienza dei pellegrini.

Possiamo iniziare a preparare il Pellegrinaggio regionale delle otto diocesi umbre alla tomba dell’apostolo Pietro, che vivremo in spirito di comunione sabato 13 settembre 2025. Ti chiediamo la cortesia di segnare già ora nella tua agenda e nel calendario della tua comunità questo straordinario appuntamento di fede.

Sarà un anno molto inteso e ricco di frutti spirituali grazie alla speranza cristiana che sapremo annunciare insieme.

Ti ringraziamo di aver aperto la porta santa della tua vocazione e del dono della tua vita alla nostra Chiesa e alla nostra gente. Grazie fin da ora per la preghiera e la carità che saprai spendere in questo tempo perché molti fratelli e sorelle possano varcare la soglia della misericordia di Dio.

Saldi nella speranza della gloria di Dio, ti salutiamo fraternamente.

I Vescovi dell’Umbria

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Ai sacerdoti e diaconi della Regione ecclesiastica umbra

Carissimo confratello,

si avvicina l’anno di grazia che la benevolenza divina e la maternità della Chiesa ci donano con il Giubileo 2025. Noi ministri ordinati abbiamo la grande gioia e il lieto compito di accompagnare il popolo di Dio a farne tesoro: sarà una preziosa occasione per rigenerare la nostra vocazione e mettere a frutto la nostra missione di “servi della speranza”, di amici di “Cristo, nostra speranza”.

Il Santo Padre, che ha indicato proprio nella virtù teologale della speranza il messaggio centrale di questa esperienza di fede e di carità, confida nel nostro entusiasmo e nella nostra collaborazione. Possiamo ora gratuitamente mettere a disposizione delle nostre comunità e dei numerosi pellegrini che intraprenderanno il cammino spirituale del Giubileo i doni di grazia che gratuitamente abbiamo ricevuto con l’ordinazione presbiterale.

Non è difficile pensare che la nostra regione sarà mèta privilegiata di tanti pellegrinaggi, tenendo conto della ricchezza di santità delle nostre diocesi e della prossima canonizzazione del beato Carlo Acutis. Per questo abbiamo una grande opportunità di seminare gioia e una grave responsabilità di predisporre il cuore del popolo di Dio, cominciando da noi stessi, come ci raccomanda Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit, 5: “Nelle Chiese particolari si curi in modo speciale la preparazione dei sacerdoti e dei fedeli alle confessioni e l’accessibilità al sacramento nella forma individuale”.

In questo periodo possiamo approfondire la formazione meditando con attenzione la bolla e studiando la nota con le Norme per la concessione dell’Indulgenza durante il Giubileo Ordinario 2025.

Possiamo collaborare e dare disponibilità alle Commissioni per il Giubileo che le nostre diocesi hanno istituito e, specialmente, possiamo approfittare di questo anno per sensibilizzare le nostre comunità, gli organismi di partecipazione, i gruppi, i giovani, i catechisti, le famiglie, alla preghiera, alla catechesi, alla carità e alla organizzazione della ospitalità e dell’accoglienza dei pellegrini.

Possiamo iniziare a preparare il Pellegrinaggio regionale delle otto diocesi umbre alla tomba dell’apostolo Pietro, che vivremo in spirito di comunione sabato 13 settembre 2025. Ti chiediamo la cortesia di segnare già ora nella tua agenda e nel calendario della tua comunità questo straordinario appuntamento di fede.

Sarà un anno molto inteso e ricco di frutti spirituali grazie alla speranza cristiana che sapremo annunciare insieme.

Ti ringraziamo di aver aperto la porta santa della tua vocazione e del dono della tua vita alla nostra Chiesa e alla nostra gente. Grazie fin da ora per la preghiera e la carità che saprai spendere in questo tempo perché molti fratelli e sorelle possano varcare la soglia della misericordia di Dio.

Saldi nella speranza della gloria di Dio, ti salutiamo fraternamente.

I Vescovi dell’Umbria

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Il saluto della città a mons. Roberto Bizzarri, i funerali in cattedrale https://www.lavoce.it/il-saluto-della-citta-a-mons-roberto-bizzarri-i-funerali-in-cattedrale/ https://www.lavoce.it/il-saluto-della-citta-a-mons-roberto-bizzarri-i-funerali-in-cattedrale/#respond Sat, 07 Sep 2024 10:25:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77487

Il 4 settembre 2024, a seguito di un malore improvviso, è tornato alla casa del Padre mons. Roberto Bizzarri, 60 anni, sacerdote diocesano e Cancelliere vescovile della diocesi dal 2006, Cappellano di Sua Santità, Canonico del Capitolo della concattedrale di Narni. Un sacerdote molto conosciuto e amato in diocesi, sia per il suo impegno nella pastorale vocazionale e familiare, a cui ha dedicato molti anni del suo ministero sacerdotale ricoprendo anche incarichi a livello nazionale, sia per la sua amabilità e spiritualità.

I funerali in cattedrale

Le esequie di don Roberto Bizzarri si sono svolte il 6 settembre, alle ore 15, nella cattedrale di Terni. Giovedì mattina è stata allestita la camera ardente presso la cappella dell’obitorio dell’ospedale di Terni, dove alle ore 17 si è tenuta la preghiera comunitaria del rosario. Moltissime persone hanno partecipato il 6 settembre alla messa esequiale nella Cattedrale di Terni. Una folla commossa, raccolta in preghiera ha salutato il sacerdote, l’amico, il confratello che sempre è stato presente nella vita pastorale diocesana. Tanti ex parrocchiani, i compagni di seminario, i sacerdoti dell’istituto centrale del sostentamento clero, della Faci, dell’ufficio nazionale vocazioni, hanno partecipato al rito funebre presieduto dal vescovo Francesco Soddu e concelebrato da mons. Salvatore Ferdinandi vicario generale della diocesi e da don Sergio Rossini priore del Capitolo della Cattedrale di Narni. Numerosa la presenza delle comunità neocatecumenali che hanno eseguito i canti. Presenti anche i rappresentanti delle Confraternite e dei movimenti e associazioni diocesane.

L'omelia del vescovo Soddu

“La morte di don Roberto, che ci ha colti tutti di sorpresa e il cui distacco ci addolora immensamente, da una parte ci illumina sul senso delle scritture proclamate, affinché teniamo da conto il grande dono della fede battesimale – ha detto il vescovo Soddu nell’omelia – e la facciamo fruttificare mediante la luce della nostra fede operosa e dall’altra ci incoraggia affinché siamo sempre pronti all’incontro definitivo col Signore. In questa liturgia esequiale non abbiamo necessità di ricordare al Signore quanto don Roberto sia stato in vita, Egli sa benissimo tutto questo, quanto piuttosto intendiamo fare memoria noi di ciò che questo nostro fratello presbitero è stato per la Chiesa e per la nostra Diocesi”. Ed infine un ricordo di don Roberto legato a quell’immagine con le reliquie di San Vittore: “aldilà di tutti i titoli menzionati e gli incarichi ricoperti, molti di noi non possono non ricordarti presente ad Otricoli, durante la processione patronale, con tra le braccia la reliquia del capo di san Vittore. Possa il santo patrono del tuo paese portare ora lui la tua anima nel cammino incontro al Signore, purificarla in Cristo anche attraverso la memoria del suo sacrificio e, in Gesù Via, Verità e Vita, farti godere della pace dei giusti in Paradiso”. La salma di don Roberto è stata tumulata nella tomba dei Canonici della Cattedrale di Narni.

Biografia di don Roberto Bizzarri

Don Roberto è nato ad Otricoli il 13 maggio 1964, sin da ragazzo, sotto la guida di don Bruno Bison e don Giorgio Brodoloni, ha manifestato il desiderio di diventare sacerdote, frequentando il seminario minore a Viterbo e poi quello maggiore ad Assisi. E’ stato ordinato sacerdote il 22 ottobre 1988 da mons. Franco Gualdrini. Dopo gli studi teologici in seminario, ha conseguito la Licenza e Dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense. All’inizio del suo ministero è stato vicario parrocchiale di Sant’Antonio a Narni e segretario del Centro Diocesano Vocazioni. Poi parroco della parrocchia di Santa Maria della Cerqua, dei Santi Giovenale e Cassio a Narni, di Santa Maria delle Grazie di Foce di Amelia, del Sacro Cuore Immacolato di Maria di Terni, e in questi ultimi anni è stato officiante presso la chiesa San Lorenzo a Terni, dopo avere prestato servizio anche presso la chiesa di San Paolo in Terni, San Liberato a Narni, Sant’Andrea apostolo a Capitone. È stato primo rettore del seminario diocesano presso Casa Sant’Alò dal 1988 al 1993, direttore diocesano per l’Apostolato della preghiera diocesano, del Centro Diocesano Vocazioni e del servizio di Pastorale giovanile, docente di Diritto Canonico presso l’Istituto diocesano di Scienze religiose. Ha seguito la formazione del Cammino Neocatecumenale in diocesi ed è stato delegato episcopale per il Cammino Neocatecumeale dal 1998 al 2013, proponendo ed animando l’itinerario di riscoperta del battesimo e della formazione permanente della fede a tante persone in diocesi. Dal 2002 al 2013 è stato direttore della Commissione diocesana per la famiglia difesa e promozione della vita e delegato episcopale per la diaconia. In ambito giuridico è stato Giudice del tribunale ecclesiastico diocesano e Giudice tribunale ecclesiastico umbro. Negli anni dedicati al centro diocesano vocazioni ha seguito e proposto incontri della scuola di preghiera e lectio divina. Ha sempre curato la formazione delle coppie nella preprazione al sacramento del matrimonio. In ambito nazionale è stato dal 2004 consigliere della Federazione associazioni clero italiane a Roma e dal 2012 Delegato regionale Faci, membro del servizio europeo vocazioni, membro della commissione presbiterale italiana, membro del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero (ICSC), e infine presidente del tavolo nazionale del rapporto tra parroci e sacristi. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="77496,77497,77498,77499,77500,77501"]  ]]>

Il 4 settembre 2024, a seguito di un malore improvviso, è tornato alla casa del Padre mons. Roberto Bizzarri, 60 anni, sacerdote diocesano e Cancelliere vescovile della diocesi dal 2006, Cappellano di Sua Santità, Canonico del Capitolo della concattedrale di Narni. Un sacerdote molto conosciuto e amato in diocesi, sia per il suo impegno nella pastorale vocazionale e familiare, a cui ha dedicato molti anni del suo ministero sacerdotale ricoprendo anche incarichi a livello nazionale, sia per la sua amabilità e spiritualità.

I funerali in cattedrale

Le esequie di don Roberto Bizzarri si sono svolte il 6 settembre, alle ore 15, nella cattedrale di Terni. Giovedì mattina è stata allestita la camera ardente presso la cappella dell’obitorio dell’ospedale di Terni, dove alle ore 17 si è tenuta la preghiera comunitaria del rosario. Moltissime persone hanno partecipato il 6 settembre alla messa esequiale nella Cattedrale di Terni. Una folla commossa, raccolta in preghiera ha salutato il sacerdote, l’amico, il confratello che sempre è stato presente nella vita pastorale diocesana. Tanti ex parrocchiani, i compagni di seminario, i sacerdoti dell’istituto centrale del sostentamento clero, della Faci, dell’ufficio nazionale vocazioni, hanno partecipato al rito funebre presieduto dal vescovo Francesco Soddu e concelebrato da mons. Salvatore Ferdinandi vicario generale della diocesi e da don Sergio Rossini priore del Capitolo della Cattedrale di Narni. Numerosa la presenza delle comunità neocatecumenali che hanno eseguito i canti. Presenti anche i rappresentanti delle Confraternite e dei movimenti e associazioni diocesane.

L'omelia del vescovo Soddu

“La morte di don Roberto, che ci ha colti tutti di sorpresa e il cui distacco ci addolora immensamente, da una parte ci illumina sul senso delle scritture proclamate, affinché teniamo da conto il grande dono della fede battesimale – ha detto il vescovo Soddu nell’omelia – e la facciamo fruttificare mediante la luce della nostra fede operosa e dall’altra ci incoraggia affinché siamo sempre pronti all’incontro definitivo col Signore. In questa liturgia esequiale non abbiamo necessità di ricordare al Signore quanto don Roberto sia stato in vita, Egli sa benissimo tutto questo, quanto piuttosto intendiamo fare memoria noi di ciò che questo nostro fratello presbitero è stato per la Chiesa e per la nostra Diocesi”. Ed infine un ricordo di don Roberto legato a quell’immagine con le reliquie di San Vittore: “aldilà di tutti i titoli menzionati e gli incarichi ricoperti, molti di noi non possono non ricordarti presente ad Otricoli, durante la processione patronale, con tra le braccia la reliquia del capo di san Vittore. Possa il santo patrono del tuo paese portare ora lui la tua anima nel cammino incontro al Signore, purificarla in Cristo anche attraverso la memoria del suo sacrificio e, in Gesù Via, Verità e Vita, farti godere della pace dei giusti in Paradiso”. La salma di don Roberto è stata tumulata nella tomba dei Canonici della Cattedrale di Narni.

Biografia di don Roberto Bizzarri

Don Roberto è nato ad Otricoli il 13 maggio 1964, sin da ragazzo, sotto la guida di don Bruno Bison e don Giorgio Brodoloni, ha manifestato il desiderio di diventare sacerdote, frequentando il seminario minore a Viterbo e poi quello maggiore ad Assisi. E’ stato ordinato sacerdote il 22 ottobre 1988 da mons. Franco Gualdrini. Dopo gli studi teologici in seminario, ha conseguito la Licenza e Dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense. All’inizio del suo ministero è stato vicario parrocchiale di Sant’Antonio a Narni e segretario del Centro Diocesano Vocazioni. Poi parroco della parrocchia di Santa Maria della Cerqua, dei Santi Giovenale e Cassio a Narni, di Santa Maria delle Grazie di Foce di Amelia, del Sacro Cuore Immacolato di Maria di Terni, e in questi ultimi anni è stato officiante presso la chiesa San Lorenzo a Terni, dopo avere prestato servizio anche presso la chiesa di San Paolo in Terni, San Liberato a Narni, Sant’Andrea apostolo a Capitone. È stato primo rettore del seminario diocesano presso Casa Sant’Alò dal 1988 al 1993, direttore diocesano per l’Apostolato della preghiera diocesano, del Centro Diocesano Vocazioni e del servizio di Pastorale giovanile, docente di Diritto Canonico presso l’Istituto diocesano di Scienze religiose. Ha seguito la formazione del Cammino Neocatecumenale in diocesi ed è stato delegato episcopale per il Cammino Neocatecumeale dal 1998 al 2013, proponendo ed animando l’itinerario di riscoperta del battesimo e della formazione permanente della fede a tante persone in diocesi. Dal 2002 al 2013 è stato direttore della Commissione diocesana per la famiglia difesa e promozione della vita e delegato episcopale per la diaconia. In ambito giuridico è stato Giudice del tribunale ecclesiastico diocesano e Giudice tribunale ecclesiastico umbro. Negli anni dedicati al centro diocesano vocazioni ha seguito e proposto incontri della scuola di preghiera e lectio divina. Ha sempre curato la formazione delle coppie nella preprazione al sacramento del matrimonio. In ambito nazionale è stato dal 2004 consigliere della Federazione associazioni clero italiane a Roma e dal 2012 Delegato regionale Faci, membro del servizio europeo vocazioni, membro della commissione presbiterale italiana, membro del Collegio dei Revisori dei Conti dell’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero (ICSC), e infine presidente del tavolo nazionale del rapporto tra parroci e sacristi. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="77496,77497,77498,77499,77500,77501"]  ]]>
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Don Oscar Battaglia, una vita per le sacre scritture https://www.lavoce.it/don-oscar-battaglia-una-vita-per-le-sacre-scritture/ https://www.lavoce.it/don-oscar-battaglia-una-vita-per-le-sacre-scritture/#respond Thu, 25 Jul 2024 08:49:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77151

Con Carlo Maria Martini si davano del “tu”. Aveva studiato con i grandissimi del Biblico: De La Potterie, Alonso-Schoekel, Voyé e tanti altri.

Don Oscar era un biblista, ricercatore, predicatore...

Don Oscar Battaglia era un biblista che non conosceva solo grammatica, sintassi e lessico delle lingue antiche, ma anche teologia, magistero e spiritualità. Ha formato decine di grandi biblisti e alimentato la fede di migliaia di umbri e non solo. Ricercatore, docente, predicatore, pastore, formatore di altissimo livello, di lui però, in quest’ora tristissima mi viene al cuore altro.

Sguardo unico e una eleganza sobria

Don Oscar era un uomo molto bello. Uno degli uomini più belli che io abbia mai incontrato. Alto e snello fino a età avanzata. La sua bellezza si manifestava in uno sguardo unico e in una eleganza sobria. Un misto della signorile severità delle montagne in cui era nato e della dolcezza delle colline tra le quali aveva vissuto. Una bellezza, la sua, non solo dote naturale. Tra le Scritture e la Parola c’è un punto di tangenza e, quando arrivi lì, la coscienza si manifesta nella Parola e tutto in te si trasforma. La bellezza di don Oscar si completava lì. I suoi occhi bellissimi erano capaci di uno sguardo non ordinario. Manifestavano misericordia, quella vera, quella senza “miele”.

La parresia e la libertà del Vangelo

Don Oscar è stato un cristiano capace di parresia. Agli inizi degli anni ‘80 facevamo tante cose insieme, Giovani di Ac e Istituto teologico con lui preside. Stavo introducendo un seminario con relatori importanti e sala piena e stavo dicendo un misto di ingenuità e sciocchezze. Lui si alza dall’ultima fila nella quale era seduto, viene al tavolo, prende il microfono e pieno di santa ira smonta le scemenze che stavo dicendo. Io favoleggiavo di morale cristiana e lui ci ricordò che il Signore non chiese ad Abramo quello che aveva chiesto a Noè, ad Osea quello che aveva chiesto a Davide, a Paolo quello che aveva chiesto a Levi. La gioia di assaporare ancora una volta la libertà del Vangelo (in ogni senso del genitivo) fu addirittura più forte della vergogna che provai in quel momento.

Il punto di tangenza tra Scritture e Parola

Nella sua vita, don Oscar ha pagato tanto per la cristiana parresia, ma il suo volto sereno faceva intuire che avevano pagato molto di più gli stressantissimi e acidi ecclesiastici perennemente in cerca di carriera. Don Oscar non solo frequentava quel punto di tangenza tra Scritture e Parola, ma ti ci portava. In tante e in tanti siamo stati portati lì da lui. Ricordo una domenica di gennaio di metà anni ‘70. C’era un incontro del Movimento studenti di Azione cattolica ed eravamo nel seminario regionale di Assisi. Visto il giorno, gli ambienti erano vuoti e freddi. Messa nella cappellina al primo piano. Celebra e predica don Oscar. Il Vangelo era quello del “figliol prodigo”.

Al punto chiave dell’omelia don Oscar chiede: come fece il padre a vederlo mentre era ancora lontano? Mica gli aveva telefonato per dire che stava tornando. Lo vide perché quel padre che lo aveva lasciato partire e aveva accettato di essere morto per quel figlio, era rimasto lì ad aspettare. L’amore con cui quel padre accoglierà è lo stesso con cui aveva rispettato e aspettato. Sono cinquant’anni che sento dentro di me il suono di queste parole di don Oscar e sono una voce decisiva ogni volta che l’ho ascoltata. Tantissime persone mi hanno raccontato esperienze analoghe. Don Oscar sapeva portarti in quel punto di tangenza tra Scritture e Parola perché ne conosceva la strada e ti insegnava che per arrivarci non basta devozione, ma serve anche intelligenza, e serve quella libertà senza la quale l’obbedienza è solo pigrizia o furbizia, preludio al prossimo tradimento.

…poi dovremmo dire del don Oscar confessore o del don Oscar direttore spirituale, ma qui deve scendere il silenzio del segreto. Un segreto che custodiamo in tantissimi: preti, laiche e laici, religiose e religiosi. Non credenti persino. Non so perché in tanti si affannino a irridere e sfasciare la Chiesa del Vangelo, della tradizione (quella vera, non quella dei tradizionalisti), quella del Vaticano II, la Chiesa che don Oscar Battaglia ha amato, testimoniato e fatto conoscere nel senso più pieno di questo verbo massimamente biblico.

Luca Diotallevi

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Con Carlo Maria Martini si davano del “tu”. Aveva studiato con i grandissimi del Biblico: De La Potterie, Alonso-Schoekel, Voyé e tanti altri.

Don Oscar era un biblista, ricercatore, predicatore...

Don Oscar Battaglia era un biblista che non conosceva solo grammatica, sintassi e lessico delle lingue antiche, ma anche teologia, magistero e spiritualità. Ha formato decine di grandi biblisti e alimentato la fede di migliaia di umbri e non solo. Ricercatore, docente, predicatore, pastore, formatore di altissimo livello, di lui però, in quest’ora tristissima mi viene al cuore altro.

Sguardo unico e una eleganza sobria

Don Oscar era un uomo molto bello. Uno degli uomini più belli che io abbia mai incontrato. Alto e snello fino a età avanzata. La sua bellezza si manifestava in uno sguardo unico e in una eleganza sobria. Un misto della signorile severità delle montagne in cui era nato e della dolcezza delle colline tra le quali aveva vissuto. Una bellezza, la sua, non solo dote naturale. Tra le Scritture e la Parola c’è un punto di tangenza e, quando arrivi lì, la coscienza si manifesta nella Parola e tutto in te si trasforma. La bellezza di don Oscar si completava lì. I suoi occhi bellissimi erano capaci di uno sguardo non ordinario. Manifestavano misericordia, quella vera, quella senza “miele”.

La parresia e la libertà del Vangelo

Don Oscar è stato un cristiano capace di parresia. Agli inizi degli anni ‘80 facevamo tante cose insieme, Giovani di Ac e Istituto teologico con lui preside. Stavo introducendo un seminario con relatori importanti e sala piena e stavo dicendo un misto di ingenuità e sciocchezze. Lui si alza dall’ultima fila nella quale era seduto, viene al tavolo, prende il microfono e pieno di santa ira smonta le scemenze che stavo dicendo. Io favoleggiavo di morale cristiana e lui ci ricordò che il Signore non chiese ad Abramo quello che aveva chiesto a Noè, ad Osea quello che aveva chiesto a Davide, a Paolo quello che aveva chiesto a Levi. La gioia di assaporare ancora una volta la libertà del Vangelo (in ogni senso del genitivo) fu addirittura più forte della vergogna che provai in quel momento.

Il punto di tangenza tra Scritture e Parola

Nella sua vita, don Oscar ha pagato tanto per la cristiana parresia, ma il suo volto sereno faceva intuire che avevano pagato molto di più gli stressantissimi e acidi ecclesiastici perennemente in cerca di carriera. Don Oscar non solo frequentava quel punto di tangenza tra Scritture e Parola, ma ti ci portava. In tante e in tanti siamo stati portati lì da lui. Ricordo una domenica di gennaio di metà anni ‘70. C’era un incontro del Movimento studenti di Azione cattolica ed eravamo nel seminario regionale di Assisi. Visto il giorno, gli ambienti erano vuoti e freddi. Messa nella cappellina al primo piano. Celebra e predica don Oscar. Il Vangelo era quello del “figliol prodigo”.

Al punto chiave dell’omelia don Oscar chiede: come fece il padre a vederlo mentre era ancora lontano? Mica gli aveva telefonato per dire che stava tornando. Lo vide perché quel padre che lo aveva lasciato partire e aveva accettato di essere morto per quel figlio, era rimasto lì ad aspettare. L’amore con cui quel padre accoglierà è lo stesso con cui aveva rispettato e aspettato. Sono cinquant’anni che sento dentro di me il suono di queste parole di don Oscar e sono una voce decisiva ogni volta che l’ho ascoltata. Tantissime persone mi hanno raccontato esperienze analoghe. Don Oscar sapeva portarti in quel punto di tangenza tra Scritture e Parola perché ne conosceva la strada e ti insegnava che per arrivarci non basta devozione, ma serve anche intelligenza, e serve quella libertà senza la quale l’obbedienza è solo pigrizia o furbizia, preludio al prossimo tradimento.

…poi dovremmo dire del don Oscar confessore o del don Oscar direttore spirituale, ma qui deve scendere il silenzio del segreto. Un segreto che custodiamo in tantissimi: preti, laiche e laici, religiose e religiosi. Non credenti persino. Non so perché in tanti si affannino a irridere e sfasciare la Chiesa del Vangelo, della tradizione (quella vera, non quella dei tradizionalisti), quella del Vaticano II, la Chiesa che don Oscar Battaglia ha amato, testimoniato e fatto conoscere nel senso più pieno di questo verbo massimamente biblico.

Luca Diotallevi

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Giubileo 2025. L’arcivescovo Boccardo: “tanti i pellegrini che transiteranno in Umbria” https://www.lavoce.it/giubileo-2025-larcivescovo-boccardo-tanti-i-pellegrini-che-transiteranno-in-umbria/ https://www.lavoce.it/giubileo-2025-larcivescovo-boccardo-tanti-i-pellegrini-che-transiteranno-in-umbria/#respond Thu, 30 May 2024 18:31:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76465

Anche la Chiesa dell’Umbria si sta preparando al meglio per accogliere nell’anno del Giubileo numerosi pellegrini. Il prossimo 15 giugno, presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Assisi, si terrà il Consiglio pastorale regionale della Conferenza episcopale umbra (Ceu) il cui primo punto all’ordine del giorno è la “preparazione del Giubileo 2025”. Nell’attesa di conoscere le varie iniziative giubilari promosse a livello diocesano e regionale, il presidente della Ceu, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, interviene sul dato del flusso di pellegrini, circa 32 milioni, che arriveranno a Roma nel corso del prossimo anno, frutto di uno studio della Facoltà di Sociologia dell’Università Roma Tre fornito lo scorso 27 maggio, in conferenza stampa, dall’arcivescovo mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede, responsabile dell’organizzazione dell’Anno Santo.

La Chiesa umbra si sta preparando al Giubileo

«Tanti pellegrini transiteranno per le nostre contrade per poi convergere verso Roma, alle tombe degli Apostoli – commenta il presidente della Ceu mons. Boccardo –. Lo scorso 9 maggio il Santo Padre ha pubblicato la bolla di indizione del Giubileo 2025, invitando tutta la Chiesa a mettersi in cammino verso questo pellegrinaggio della speranza. In Umbria ci stiamo organizzando, in sinergia anche con gli enti locali, per poter assicurare un’accoglienza non soltanto dignitosa, ma cordiale e fraterna a tutti coloro che giungeranno nella nostra regione ricca di santità, di testimonianze di vita cristiana. Sarà bello e interessante per quanti verranno in Umbria conoscere meglio la storia e la vita di tanti cristiani (in particolare quelle di san Francesco, di santa Chiara, di santa Rita, di san Benedetto, di sant’Angela da Foligno, del beato Carlo Acutis, prossimo Santo, della beata Madre Speranza di Gesù…) che rimangono per tutti esempio di incoraggiamento a percorrere la strada del Vangelo di Gesù. Fin da ora diamo un cordialissimo benvenuto a tutti i pellegrini: ci stiamo preparando affinché la nostra casa sia con le porte spalancate per permettere a tutti di sentirsi accolti come a casa».]]>

Anche la Chiesa dell’Umbria si sta preparando al meglio per accogliere nell’anno del Giubileo numerosi pellegrini. Il prossimo 15 giugno, presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Assisi, si terrà il Consiglio pastorale regionale della Conferenza episcopale umbra (Ceu) il cui primo punto all’ordine del giorno è la “preparazione del Giubileo 2025”. Nell’attesa di conoscere le varie iniziative giubilari promosse a livello diocesano e regionale, il presidente della Ceu, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, interviene sul dato del flusso di pellegrini, circa 32 milioni, che arriveranno a Roma nel corso del prossimo anno, frutto di uno studio della Facoltà di Sociologia dell’Università Roma Tre fornito lo scorso 27 maggio, in conferenza stampa, dall’arcivescovo mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione della Santa Sede, responsabile dell’organizzazione dell’Anno Santo.

La Chiesa umbra si sta preparando al Giubileo

«Tanti pellegrini transiteranno per le nostre contrade per poi convergere verso Roma, alle tombe degli Apostoli – commenta il presidente della Ceu mons. Boccardo –. Lo scorso 9 maggio il Santo Padre ha pubblicato la bolla di indizione del Giubileo 2025, invitando tutta la Chiesa a mettersi in cammino verso questo pellegrinaggio della speranza. In Umbria ci stiamo organizzando, in sinergia anche con gli enti locali, per poter assicurare un’accoglienza non soltanto dignitosa, ma cordiale e fraterna a tutti coloro che giungeranno nella nostra regione ricca di santità, di testimonianze di vita cristiana. Sarà bello e interessante per quanti verranno in Umbria conoscere meglio la storia e la vita di tanti cristiani (in particolare quelle di san Francesco, di santa Chiara, di santa Rita, di san Benedetto, di sant’Angela da Foligno, del beato Carlo Acutis, prossimo Santo, della beata Madre Speranza di Gesù…) che rimangono per tutti esempio di incoraggiamento a percorrere la strada del Vangelo di Gesù. Fin da ora diamo un cordialissimo benvenuto a tutti i pellegrini: ci stiamo preparando affinché la nostra casa sia con le porte spalancate per permettere a tutti di sentirsi accolti come a casa».]]>
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Convegno catechistico: ne parliamo con il vescovo Luciano Paolucci Bedini https://www.lavoce.it/convegno-catechistico-parliamo-vescovo-luciano-paolucci-bedini/ https://www.lavoce.it/convegno-catechistico-parliamo-vescovo-luciano-paolucci-bedini/#respond Thu, 09 May 2024 14:18:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76062 Il vescovo Luciano Paolucci Bedini a mezzo busto celebra sull'altare nella basilica di Sant'Ubaldo a Gubbio

“Oggi la comunità cristiana ha bisogno di riscoprire la bellezza del vivere la fede, proprio a partire da quell’annuncio essenziale che è al centro anche del nostro convegno interregionale: il kerygma, l’annuncio della Pasqua di Cristo”. È la relazione introduttiva del vescovo di Gubbio e di Città di Castello, mons. Luciano Paolucci Bedini, ad aprire il convegno catechistico delle Chiese di Umbria e Marche che si tiene alla Domus Pacis di Assisi, dal 10 al 12 maggio, sul tema “Celebrate il Signore perché è buono? Una Comunità che celebra e testimonia il kerygma ”. Ed è un interrogativo anche quello che dà il titolo all’intervento del vescovo Luciano, una domanda che è quasi una “sfida”: le nostre comunità celebrano ancora la fede?

Mons. Paolucci Bedini, i numeri del Popolo di Dio sembrano tutti in calo: meno fedeli nelle liturgie, meno giovani nei seminari e nei noviziati, sempre più difficile trovare anche catechisti motivati e formati. Da dove ricominciare?

“Non si tratta tanto di aumentare numeri o reclutare persone. Sappiamo che l’annuncio del Vangelo, fin dall’inizio, trovava le persone sensibili, toccate dalla parola, dalla notizia della resurrezione di Gesù. Era la conversione, che spingeva gli uomini e le donne di allora ad affidare la propria vita al Signore. Non si tratta di recuperare qualcosa del passato ma di rinnovare un annuncio che tocca le persone, sapendo che oggi l’essere minoranza del popolo di Dio è una condizione che va compresa e accettata. Noi veniamo da una tradizione cattolica, soprattutto europea e italiana che ci ha abituati a un Cristianesimo di maggioranza ma questo passaggio, come il Papa ci ha detto tante volte, ormai si è consumato e non ha senso recuperare esperienze del passato”.

Cosa dovrebbe insegnarci questa situazione?

“Non è una disgrazia o un fallimento, ma è una condizione reale per cui alcuni accolgono la parola del Vangelo, altri no. E i cristiani saranno nel mondo sempre come il lievito nella massa e il seme nella terra così come un segno, un’indicazione disponibile e aperta a tutti. Veniamo da un Cristianesimo che, a un certo punto, ha uniformato il diventare cristiani con il crescere sociale. I sacramenti sono stati messi in parallelo con le tappe della crescita dei ragazzi. Oggi proprio le famiglie ci dicono che questo processo sociale non è più né automatico né condiviso. Siamo chiamati a recuperare una riflessione antica: cristiani non si nasce ma si diventa per libera scelta, per volontà personale, per l’incontro con Cristo”.

C’è bisogno di “aggiustare” un po’ il kerygma, l’annuncio, per arrivare di nuovo a tutti? O bisogna solo ritrovare lo spirito originario dei primi cristiani?

“Non credo che il kerygma - come annuncio essenziale della Pasqua di Cristo - abbia bisogno di ’aggiustamenti’, perché va al cuore dell’esperienza e del dramma dell’esistenza umana. È il confronto con la propria fragilità, col proprio peccato, con il male e la morte, ma anche annuncio di amore e misericordia che permette di vivere questa vita e di aprirla all’eternità. Più che essere rinnovato, l’annuncio va portato dentro la cultura, gli ambienti e la vita di oggi”.

Vita quotidiana e celebrazione liturgica: perché calano le persone alla messa?

“Questo dramma dell’allontanamento della vita quotidiana dalla fede, e quindi anche dalla celebrazione liturgica della fede, è qualcosa che - diceva Paolo VI - inizia negli anni Sessanta. Il Concilio Vaticano II cerca di interpretare la situazione e di rilanciare. Anche il primo Piano pastorale della Cei, nel 1973, Evangelizzazione e sacramenti si accorgeva che la secolarizzazione, allora incipiente, in realtà aveva già segnato questa spaccatura. Noi oggi abbiamo bisogno non solo di richiamare le persone alla frequenza dei sacramenti o delle celebrazioni.  C’è da riscoprire come la celebrazione del mistero pasquale si colloca al centro e dentro una vita di fede condivisa nella fraternità ecclesiale. Noi, purtroppo, abbiamo ridotto molto la vita cristiana alla sola partecipazione alla messa domenicale, con il risultato che oggi si fa fatica a comprendere il senso e il significato di questa celebrazione. Chi ancora vi partecipa per tradizione non porta quasi nessun beneficio nella vita quotidiana e molti hanno abbandonato proprio per questo. La celebrazione, per essere compresa e per portare frutto, ha bisogno di una vita concreta che cammina sull’onda della Parola di Dio, della vita della Chiesa, dell’annuncio del Vangelo, della carità, di tutte quelle dimensioni della vita cristiana che la liturgia raccoglie e nutre'.

In questo quadro, come rivedere l’iniziazione cristiana per bambini e adulti?

“Bisognerebbe riprendere l’iniziazione cristiana degli adulti, perché noi ci siamo abituati al fatto che sia solo per i bambini e, in qualche modo, si pensa che essa termini con la cresima. Quindi, c’è da ripensare un percorso di ispirazione catecumenale degli adulti, perché oggi la maggior parte di loro ha bisogno di riscoprire la propria fede. Il discorso dell’iniziazione cristiana dei bambini si basa su una premessa che ormai sta venendo meno: l’esistenza di famiglie che vivono nella fede e che desiderano accompagnare i propri figli nel cammino. Di fatto ai bambini viene fatta una proposta che non è né condivisa né accompagnata dalle famiglie, che spesso non sono in grado, in condizione o nella volontà di farlo. Cosa che anche dal punto di vista pedagogico è assolutamente impropria, perché laddove i bambini non vengano accompagnati e sostenuti nel loro crescere - difficilmente comprenderanno l’importanza e saranno aiutati a maturare in un aspetto così importante per la loro esistenza com’è quello spirituale”.

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Il vescovo Luciano Paolucci Bedini a mezzo busto celebra sull'altare nella basilica di Sant'Ubaldo a Gubbio

“Oggi la comunità cristiana ha bisogno di riscoprire la bellezza del vivere la fede, proprio a partire da quell’annuncio essenziale che è al centro anche del nostro convegno interregionale: il kerygma, l’annuncio della Pasqua di Cristo”. È la relazione introduttiva del vescovo di Gubbio e di Città di Castello, mons. Luciano Paolucci Bedini, ad aprire il convegno catechistico delle Chiese di Umbria e Marche che si tiene alla Domus Pacis di Assisi, dal 10 al 12 maggio, sul tema “Celebrate il Signore perché è buono? Una Comunità che celebra e testimonia il kerygma ”. Ed è un interrogativo anche quello che dà il titolo all’intervento del vescovo Luciano, una domanda che è quasi una “sfida”: le nostre comunità celebrano ancora la fede?

Mons. Paolucci Bedini, i numeri del Popolo di Dio sembrano tutti in calo: meno fedeli nelle liturgie, meno giovani nei seminari e nei noviziati, sempre più difficile trovare anche catechisti motivati e formati. Da dove ricominciare?

“Non si tratta tanto di aumentare numeri o reclutare persone. Sappiamo che l’annuncio del Vangelo, fin dall’inizio, trovava le persone sensibili, toccate dalla parola, dalla notizia della resurrezione di Gesù. Era la conversione, che spingeva gli uomini e le donne di allora ad affidare la propria vita al Signore. Non si tratta di recuperare qualcosa del passato ma di rinnovare un annuncio che tocca le persone, sapendo che oggi l’essere minoranza del popolo di Dio è una condizione che va compresa e accettata. Noi veniamo da una tradizione cattolica, soprattutto europea e italiana che ci ha abituati a un Cristianesimo di maggioranza ma questo passaggio, come il Papa ci ha detto tante volte, ormai si è consumato e non ha senso recuperare esperienze del passato”.

Cosa dovrebbe insegnarci questa situazione?

“Non è una disgrazia o un fallimento, ma è una condizione reale per cui alcuni accolgono la parola del Vangelo, altri no. E i cristiani saranno nel mondo sempre come il lievito nella massa e il seme nella terra così come un segno, un’indicazione disponibile e aperta a tutti. Veniamo da un Cristianesimo che, a un certo punto, ha uniformato il diventare cristiani con il crescere sociale. I sacramenti sono stati messi in parallelo con le tappe della crescita dei ragazzi. Oggi proprio le famiglie ci dicono che questo processo sociale non è più né automatico né condiviso. Siamo chiamati a recuperare una riflessione antica: cristiani non si nasce ma si diventa per libera scelta, per volontà personale, per l’incontro con Cristo”.

C’è bisogno di “aggiustare” un po’ il kerygma, l’annuncio, per arrivare di nuovo a tutti? O bisogna solo ritrovare lo spirito originario dei primi cristiani?

“Non credo che il kerygma - come annuncio essenziale della Pasqua di Cristo - abbia bisogno di ’aggiustamenti’, perché va al cuore dell’esperienza e del dramma dell’esistenza umana. È il confronto con la propria fragilità, col proprio peccato, con il male e la morte, ma anche annuncio di amore e misericordia che permette di vivere questa vita e di aprirla all’eternità. Più che essere rinnovato, l’annuncio va portato dentro la cultura, gli ambienti e la vita di oggi”.

Vita quotidiana e celebrazione liturgica: perché calano le persone alla messa?

“Questo dramma dell’allontanamento della vita quotidiana dalla fede, e quindi anche dalla celebrazione liturgica della fede, è qualcosa che - diceva Paolo VI - inizia negli anni Sessanta. Il Concilio Vaticano II cerca di interpretare la situazione e di rilanciare. Anche il primo Piano pastorale della Cei, nel 1973, Evangelizzazione e sacramenti si accorgeva che la secolarizzazione, allora incipiente, in realtà aveva già segnato questa spaccatura. Noi oggi abbiamo bisogno non solo di richiamare le persone alla frequenza dei sacramenti o delle celebrazioni.  C’è da riscoprire come la celebrazione del mistero pasquale si colloca al centro e dentro una vita di fede condivisa nella fraternità ecclesiale. Noi, purtroppo, abbiamo ridotto molto la vita cristiana alla sola partecipazione alla messa domenicale, con il risultato che oggi si fa fatica a comprendere il senso e il significato di questa celebrazione. Chi ancora vi partecipa per tradizione non porta quasi nessun beneficio nella vita quotidiana e molti hanno abbandonato proprio per questo. La celebrazione, per essere compresa e per portare frutto, ha bisogno di una vita concreta che cammina sull’onda della Parola di Dio, della vita della Chiesa, dell’annuncio del Vangelo, della carità, di tutte quelle dimensioni della vita cristiana che la liturgia raccoglie e nutre'.

In questo quadro, come rivedere l’iniziazione cristiana per bambini e adulti?

“Bisognerebbe riprendere l’iniziazione cristiana degli adulti, perché noi ci siamo abituati al fatto che sia solo per i bambini e, in qualche modo, si pensa che essa termini con la cresima. Quindi, c’è da ripensare un percorso di ispirazione catecumenale degli adulti, perché oggi la maggior parte di loro ha bisogno di riscoprire la propria fede. Il discorso dell’iniziazione cristiana dei bambini si basa su una premessa che ormai sta venendo meno: l’esistenza di famiglie che vivono nella fede e che desiderano accompagnare i propri figli nel cammino. Di fatto ai bambini viene fatta una proposta che non è né condivisa né accompagnata dalle famiglie, che spesso non sono in grado, in condizione o nella volontà di farlo. Cosa che anche dal punto di vista pedagogico è assolutamente impropria, perché laddove i bambini non vengano accompagnati e sostenuti nel loro crescere - difficilmente comprenderanno l’importanza e saranno aiutati a maturare in un aspetto così importante per la loro esistenza com’è quello spirituale”.

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Le Chiese di Umbria e Marche si incontrano ad Assisi per il convegno catechistico https://www.lavoce.it/chiese-umbria-marche-assisi-convegno-catechistico/ https://www.lavoce.it/chiese-umbria-marche-assisi-convegno-catechistico/#respond Thu, 02 May 2024 14:01:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75958 Papa Francesco seduto sulla sedia di spalle, davanti a se ha dei bambini seduti sulle panche all'interno di una chiesa di Roma

Si ritroveranno ad Assisi dal 10 al 12 maggio per una tre giorni di convegno sul tema “Celebrate il Signore perché è buono? Una Comunità che celebra e testimonia il Kerygma”. Sono i responsabili degli Uffici catechistici delle otto diocesi umbre e delle tredici marchigiane, insieme a una decina di catechisti per ogni Chiesa locale, ai referenti regionali e ad alcuni vescovi delle due regioni ecclesiastiche.

Il convegno catechistico è organizzato dall'Ufficio catechistico nazionale della Cei

Il convegno è organizzato e promosso in collaborazione con l’Ufficio catechistico nazionale della Conferenza episcopale italiana. Ne abbiamo parlato con don Calogero Di Leo, responsabile dell’Ufficio catechistico della diocesi di Perugia-Città della Pieve e coordinatore della commissione per la Catechesi della Conferenza episcopale umbra.

Don Calogero, come nasce questo appuntamento interregionale?

“Si tratta di una iniziativa che vedrà coinvolte per la prima volta e in pieno spirito sinodale le regioni ecclesiastiche di Umbria e Marche. Il convegno ha come destinatari in primis i direttori degli Uffici catechistici diocesani con le rispettive équipe ma è aperto a tutti i catechisti che vogliono partecipare”.

Quali sono gli obiettivi di questa iniziativa?

“Vogliamo sviluppare e riflettere su quattro temi in particolare, che oggi sono quanto mai fondamentali per la vita delle nostre comunità e Chiese locali. Mi riferisco al kerygma, cioè il primo annuncio, poi alla liturgia vista nell’ottica dell’iniziazione cristiana, la mistagogia, cioè quelle esperienze che i credenti possono fare dopo i sacramenti dell’iniziazione per avvicinarsi al mistero pasquale attraverso la liturgia e la testimonianza della propria fede, e infine il tema del ruolo importante della comunità”.

Si tratta di temi che sono molto cari anche a Papa Francesco…

“Sì, infatti sono stati consegnati dal Santo Padre alla Chiesa italiana nel 2021, in occasione del 60mo anniversario della costituzione dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei”.

Quali particolarità caratterizzano questo convegno interregionale?

“Vorremmo mettere da parte le analisi, visto che negli anni scorsi ne abbiamo fatte di vario tipo. Ora è il momento delle proposte concrete e innovative per capire come rilanciare l’evangelizzazione e la catechesi nelle nostre parrocchie. In questo senso, le attività di laboratorio vedranno protagonisti proprio i catechisti delle diocesi umbre e marchigiane, che porteranno la loro esperienza e il loro contributo”.

A questo percorso guarda con attenzione anche l’Ufficio catechistico nazionale, giusto?

“Sì, esatto. I risultati del convegno saranno materiali utili anche all’Ucn, come contributo per dare vita al nuovo e futuro progetto educativo catechetico e alla creazione di nuovi strumenti e testi per un catechismo che sia innovativo e sinodale, per poter affrontare le sfide del ‘cambiamento d’epoca’ di cui ci ha parlato Papa Francesco, e per una fede coinvolgente e convincente”.

Il programma

Il convegno catechistico interregionale di Umbria e Marche inizia con l’accoglienza alla Domus Pacis di Assisi dalle ore 17 di venerdì 10 maggio. Alle ore 20.30, l’inizio dei lavori è affidato al presidente della Ceu e arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, al vescovo di Assisi e Foligno, delegato Ceu per la Catechesi, mons. Domenico Sorrentino, a don Alberto Zanetti dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei. La relazione introduttiva sul tema “Le nostre comunità celebrano ancora la fede” sarà curata dal vescovo di Gubbio e Città di Castello, mons. Luciano Paolucci Bedini.

Sabato 11 maggio, sono due i momenti principali. Alle 9.30, il dialogo tra don Marco Di Giorgio e suor Gina Masi su “Celebrazione e vita, quali piste percorribili?”, moderato da Alessandro Pacchioni. Alle 11.15, il dialogo tra il vescovo di Macerata e presidente dei Vescovi marchigiani, mons. Nazzareno Marconi, e Francesca Russo su “Quale parola e quali parole per celebrare e testimoniare il kerygma?”, moderato da Marta Bartolucci. Ci saranno poi laboratori e visita di Assisi, per concludere il convegno domenica mattina 12 maggio con il confronto assembleare.

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Papa Francesco seduto sulla sedia di spalle, davanti a se ha dei bambini seduti sulle panche all'interno di una chiesa di Roma

Si ritroveranno ad Assisi dal 10 al 12 maggio per una tre giorni di convegno sul tema “Celebrate il Signore perché è buono? Una Comunità che celebra e testimonia il Kerygma”. Sono i responsabili degli Uffici catechistici delle otto diocesi umbre e delle tredici marchigiane, insieme a una decina di catechisti per ogni Chiesa locale, ai referenti regionali e ad alcuni vescovi delle due regioni ecclesiastiche.

Il convegno catechistico è organizzato dall'Ufficio catechistico nazionale della Cei

Il convegno è organizzato e promosso in collaborazione con l’Ufficio catechistico nazionale della Conferenza episcopale italiana. Ne abbiamo parlato con don Calogero Di Leo, responsabile dell’Ufficio catechistico della diocesi di Perugia-Città della Pieve e coordinatore della commissione per la Catechesi della Conferenza episcopale umbra.

Don Calogero, come nasce questo appuntamento interregionale?

“Si tratta di una iniziativa che vedrà coinvolte per la prima volta e in pieno spirito sinodale le regioni ecclesiastiche di Umbria e Marche. Il convegno ha come destinatari in primis i direttori degli Uffici catechistici diocesani con le rispettive équipe ma è aperto a tutti i catechisti che vogliono partecipare”.

Quali sono gli obiettivi di questa iniziativa?

“Vogliamo sviluppare e riflettere su quattro temi in particolare, che oggi sono quanto mai fondamentali per la vita delle nostre comunità e Chiese locali. Mi riferisco al kerygma, cioè il primo annuncio, poi alla liturgia vista nell’ottica dell’iniziazione cristiana, la mistagogia, cioè quelle esperienze che i credenti possono fare dopo i sacramenti dell’iniziazione per avvicinarsi al mistero pasquale attraverso la liturgia e la testimonianza della propria fede, e infine il tema del ruolo importante della comunità”.

Si tratta di temi che sono molto cari anche a Papa Francesco…

“Sì, infatti sono stati consegnati dal Santo Padre alla Chiesa italiana nel 2021, in occasione del 60mo anniversario della costituzione dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei”.

Quali particolarità caratterizzano questo convegno interregionale?

“Vorremmo mettere da parte le analisi, visto che negli anni scorsi ne abbiamo fatte di vario tipo. Ora è il momento delle proposte concrete e innovative per capire come rilanciare l’evangelizzazione e la catechesi nelle nostre parrocchie. In questo senso, le attività di laboratorio vedranno protagonisti proprio i catechisti delle diocesi umbre e marchigiane, che porteranno la loro esperienza e il loro contributo”.

A questo percorso guarda con attenzione anche l’Ufficio catechistico nazionale, giusto?

“Sì, esatto. I risultati del convegno saranno materiali utili anche all’Ucn, come contributo per dare vita al nuovo e futuro progetto educativo catechetico e alla creazione di nuovi strumenti e testi per un catechismo che sia innovativo e sinodale, per poter affrontare le sfide del ‘cambiamento d’epoca’ di cui ci ha parlato Papa Francesco, e per una fede coinvolgente e convincente”.

Il programma

Il convegno catechistico interregionale di Umbria e Marche inizia con l’accoglienza alla Domus Pacis di Assisi dalle ore 17 di venerdì 10 maggio. Alle ore 20.30, l’inizio dei lavori è affidato al presidente della Ceu e arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, al vescovo di Assisi e Foligno, delegato Ceu per la Catechesi, mons. Domenico Sorrentino, a don Alberto Zanetti dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei. La relazione introduttiva sul tema “Le nostre comunità celebrano ancora la fede” sarà curata dal vescovo di Gubbio e Città di Castello, mons. Luciano Paolucci Bedini.

Sabato 11 maggio, sono due i momenti principali. Alle 9.30, il dialogo tra don Marco Di Giorgio e suor Gina Masi su “Celebrazione e vita, quali piste percorribili?”, moderato da Alessandro Pacchioni. Alle 11.15, il dialogo tra il vescovo di Macerata e presidente dei Vescovi marchigiani, mons. Nazzareno Marconi, e Francesca Russo su “Quale parola e quali parole per celebrare e testimoniare il kerygma?”, moderato da Marta Bartolucci. Ci saranno poi laboratori e visita di Assisi, per concludere il convegno domenica mattina 12 maggio con il confronto assembleare.

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Presentata la pubblicazione “Storia del cristianesimo in Umbria” https://www.lavoce.it/presentata-pubblicazione-storia-cristianesimo-umbria/ https://www.lavoce.it/presentata-pubblicazione-storia-cristianesimo-umbria/#respond Wed, 01 May 2024 17:31:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75929

“L’Umbria è traversata da una storia di entusiasmo, e il cristianesimo è anche storia di entusiasmo. Io credo che questo libro se lo leggiamo, lo sfogliamo, ci meditiamo, ci fa capire questo carattere particolare, spirituale del cristianesimo umbro, che è come un’isola vicina e lontana da Roma. Questa grande storia cristiana di venti secoli è un’eredità per la Chiesa e per i cristiani, ma anche per tutti gli umbri. Senza il cristianesimo non si comprende una parte dell’Umbria”. Lo ha affermato il prof. Andrea Riccardi, esperto di Storia contemporanea e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, a margine della presentazione dell’opera in due tomi della Storia del cristianesimo in Umbria (editrice Lev), tenutasi a Perugia il 23 aprile in sala dei Notari.

Andrea Riccardi: "Non si capisce l'Umbria senza il cristianesimo"

Riccardi, parafrasando il filosofo Benedetto Croce, “perché non possiamo non dirci cristiani”, ha poi commentato: “Perché davanti a una storia così grande, così importante, non possiamo sottovalutare il fatto che non si capisce l’Umbria senza il cristianesimo; e quanto questo cristianesimo, per credenti e non credenti, abbia influito profondamente e abbia segnato tutta la Regione, ma anche, come ha detto il card. Giuseppe Betori, l’Umbria fuori dall’Umbria.

L'attrattiva dell'Umbria ha radici stratificate e profonde

L’Umbria non è cristianesimo provinciale, è la meta di pellegrinaggi, è attrattiva, da Carlo Carretto ad Aldo Capitini, all’Eremo di Maria di Campello a tanti uomini e donne di fede, di santità, che sono venuti in questa Regione e si sono installati fino ai nostri giorni, come il giovane Carlo Acutis. C’è un’attrazione spirituale dell’Umbria che ha radici stratificate e molto profonde, le quali hanno avuto la massima espressione e forza di testimonianza, influenzando non poco l’intera storia della Chiesa, e non solo, come in Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi”.

La forza particolare del significato post conciliare dell'Umbria

Soffermandosi sulla storia del cattolicesimo dopo il Concilio Vaticano II, ha quindi precisato: “Ha una sua forza tutta particolare, e mi sembra molto importante, il significato post-conciliare dell’Umbria. La vicenda postconciliare è stata una vicenda di entusiasmo, se penso a figure di preti intellettuali, modernisti in gioventù, che disserro e scrissero: con il Concilio i nostri sogni sono realizzati”.

I relatori intervenuti alla presentazione

Oltre a lui sono intervenuti alla presentazione il già citato card. Giuseppe Betori, la presidente della Regione Donatella Tesei, il presidente della Ceu mons. Renato Boccardo, e padre Marek Inglot, presidente del Pontificio comitato di Scienze storiche, l’organismo vaticano che ha accolto la pubblicazione dell’opera.

Card, Betori: “L'Umbria sorgente di spiritualità che ha influenzato la storia dell'umanità"

Il card. Betori ha rilevato quanto l’Umbria, pur piccola, “è sorgente di spiritualità che ha saputo influenzare la storia dell’umanità intera ad iniziare dal principio di interiorità”.

Mons. Boccardo: "ritrovare la continuità di un messaggio che mantiene fresca la sua attualità"

Per mons. Boccardo , “non si tratta di procedere alla semplice riscoperta di tempi passati, né tanto meno di rivisitare una cultura datata, ma di ritrovare la continuità di un messaggio che mantiene fresca la sua attualità”.

Presidente Tesei: i cotributi degli studiosi "ci fanno riscoprire il messaggio cristiano"

Anche la presidente Tesei, soffermandosi sui numerosi contributi di studiosi e ricercatori raccolti nei due tomi, ha evidenziato quanto essi, “pagina dopo pagina, ci fanno scoprire e riscoprire il messaggio cristiano e il lungo filo di continuità che quel messaggio ha mantenuto nella cultura umbra, attraversando con forza i secoli della storia della nostra Regione”.

Oltre trenta gli autori, per un libro che ora rientra nella prestigiosa collana “Atti e documenti” del Pontificio comitato di scienze storiche della Santa Sede.

L'intervento di padre Marek Inglot

Nell’intervenire alla presentazione, il presidente del Comitato, il gesuita padre Inglot, ha richiamato l’importanza scientifica di quest’opera nel suo insieme, tassello significativo dell’intera storia del cristianesimo, contribuendo così a colmare lacune dovute alla narrazione, in passato, spesso frammentaria e incompleta della Storia.

Dalle pagine de La Voce del 26 aprile, uno dei tre curatori, il prof. Andrea Possieri, aveva sottolineato: “Non raccontiamo solo la dimensione ecclesiale ma anche sociale, politica e culturale”. Un’opera, questa, come ricorda lo stesso docente di Storia contemporanea, che era stata “intuizione felicissima dell’arcivescovo Giuseppe Chiaretti (1933-2021), e non dimenticata, anzi sviluppata dai suoi successori, in particolare dall’attuale presidente della Ceu l’arcivescovo Boccardo, che ha creduto fin da subito nell’opera e l’ha portata a termine con successo”.

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“L’Umbria è traversata da una storia di entusiasmo, e il cristianesimo è anche storia di entusiasmo. Io credo che questo libro se lo leggiamo, lo sfogliamo, ci meditiamo, ci fa capire questo carattere particolare, spirituale del cristianesimo umbro, che è come un’isola vicina e lontana da Roma. Questa grande storia cristiana di venti secoli è un’eredità per la Chiesa e per i cristiani, ma anche per tutti gli umbri. Senza il cristianesimo non si comprende una parte dell’Umbria”. Lo ha affermato il prof. Andrea Riccardi, esperto di Storia contemporanea e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, a margine della presentazione dell’opera in due tomi della Storia del cristianesimo in Umbria (editrice Lev), tenutasi a Perugia il 23 aprile in sala dei Notari.

Andrea Riccardi: "Non si capisce l'Umbria senza il cristianesimo"

Riccardi, parafrasando il filosofo Benedetto Croce, “perché non possiamo non dirci cristiani”, ha poi commentato: “Perché davanti a una storia così grande, così importante, non possiamo sottovalutare il fatto che non si capisce l’Umbria senza il cristianesimo; e quanto questo cristianesimo, per credenti e non credenti, abbia influito profondamente e abbia segnato tutta la Regione, ma anche, come ha detto il card. Giuseppe Betori, l’Umbria fuori dall’Umbria.

L'attrattiva dell'Umbria ha radici stratificate e profonde

L’Umbria non è cristianesimo provinciale, è la meta di pellegrinaggi, è attrattiva, da Carlo Carretto ad Aldo Capitini, all’Eremo di Maria di Campello a tanti uomini e donne di fede, di santità, che sono venuti in questa Regione e si sono installati fino ai nostri giorni, come il giovane Carlo Acutis. C’è un’attrazione spirituale dell’Umbria che ha radici stratificate e molto profonde, le quali hanno avuto la massima espressione e forza di testimonianza, influenzando non poco l’intera storia della Chiesa, e non solo, come in Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi”.

La forza particolare del significato post conciliare dell'Umbria

Soffermandosi sulla storia del cattolicesimo dopo il Concilio Vaticano II, ha quindi precisato: “Ha una sua forza tutta particolare, e mi sembra molto importante, il significato post-conciliare dell’Umbria. La vicenda postconciliare è stata una vicenda di entusiasmo, se penso a figure di preti intellettuali, modernisti in gioventù, che disserro e scrissero: con il Concilio i nostri sogni sono realizzati”.

I relatori intervenuti alla presentazione

Oltre a lui sono intervenuti alla presentazione il già citato card. Giuseppe Betori, la presidente della Regione Donatella Tesei, il presidente della Ceu mons. Renato Boccardo, e padre Marek Inglot, presidente del Pontificio comitato di Scienze storiche, l’organismo vaticano che ha accolto la pubblicazione dell’opera.

Card, Betori: “L'Umbria sorgente di spiritualità che ha influenzato la storia dell'umanità"

Il card. Betori ha rilevato quanto l’Umbria, pur piccola, “è sorgente di spiritualità che ha saputo influenzare la storia dell’umanità intera ad iniziare dal principio di interiorità”.

Mons. Boccardo: "ritrovare la continuità di un messaggio che mantiene fresca la sua attualità"

Per mons. Boccardo , “non si tratta di procedere alla semplice riscoperta di tempi passati, né tanto meno di rivisitare una cultura datata, ma di ritrovare la continuità di un messaggio che mantiene fresca la sua attualità”.

Presidente Tesei: i cotributi degli studiosi "ci fanno riscoprire il messaggio cristiano"

Anche la presidente Tesei, soffermandosi sui numerosi contributi di studiosi e ricercatori raccolti nei due tomi, ha evidenziato quanto essi, “pagina dopo pagina, ci fanno scoprire e riscoprire il messaggio cristiano e il lungo filo di continuità che quel messaggio ha mantenuto nella cultura umbra, attraversando con forza i secoli della storia della nostra Regione”.

Oltre trenta gli autori, per un libro che ora rientra nella prestigiosa collana “Atti e documenti” del Pontificio comitato di scienze storiche della Santa Sede.

L'intervento di padre Marek Inglot

Nell’intervenire alla presentazione, il presidente del Comitato, il gesuita padre Inglot, ha richiamato l’importanza scientifica di quest’opera nel suo insieme, tassello significativo dell’intera storia del cristianesimo, contribuendo così a colmare lacune dovute alla narrazione, in passato, spesso frammentaria e incompleta della Storia.

Dalle pagine de La Voce del 26 aprile, uno dei tre curatori, il prof. Andrea Possieri, aveva sottolineato: “Non raccontiamo solo la dimensione ecclesiale ma anche sociale, politica e culturale”. Un’opera, questa, come ricorda lo stesso docente di Storia contemporanea, che era stata “intuizione felicissima dell’arcivescovo Giuseppe Chiaretti (1933-2021), e non dimenticata, anzi sviluppata dai suoi successori, in particolare dall’attuale presidente della Ceu l’arcivescovo Boccardo, che ha creduto fin da subito nell’opera e l’ha portata a termine con successo”.

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Storia di santi e di peccatori https://www.lavoce.it/storia-di-santi-e-di-peccatori/ https://www.lavoce.it/storia-di-santi-e-di-peccatori/#respond Wed, 01 May 2024 17:04:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75919 La statua di san Benedetto al centro della piazza di Norcia, sullo sfondo delle abitazioni

La Storia del cristianesimo in Umbria appena pubblicata si presenta come un lungo viaggio attraverso i secoli per raccontare la semina, il germogliare e il fruttificare del messaggio del Vangelo di Gesù tra le genti umbre. Grazie alla serietà scientifica e sinfonica degli illustri collaboratori, i diversi capitoli concorrono a redigere quasi un album di famiglia, in cui le Chiese della nostra Regione possono scoprire, attraverso i toni e i colori che le contraddistinguono, una coscienza più profonda del loro essere e divenire e, per ciò stesso, lo stimolo per un apporto sempre più vivo e ricco in seno alla Chiesa universale.

Non è infatti il perdersi nel tutto che giova alla vita dell’insieme, ma il senso dell’armonia che si compone dalla forza amalgamante delle molteplici individualità, ogni giorno riscoperte nella loro unicità e ricchezza. L’opera offre alla nostra curiosità e alla nostra ammirazione la sintesi delle diverse epoche o i contorni più ampi di un avvenimento solenne, o ancora la figura di qualche personaggio contrassegnato dal sigillo della grandezza. Non si tratta però di procedere alla semplice riscoperta di tempi passati, né tanto meno di rivisitare una cultura datata, ma di ritrovare la continuità di un messaggio che mantiene fresca la sua attualità.

Questa opera, ideata dall’allora arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Giuseppe Chiaretti e resa possibile in questi anni grazie alla generosa dedizione e alla cura paziente di Amilcare Conti, vuole contribuire a una migliore conoscenza della vita della Chiesa in Umbria. È forse la prima volta che essa si presenta al pubblico attraverso una lettura globale della sua esistenza nel tempo. In questo senso, i due volumi possono diventare anche una provocazione, perché possono aiutarci a scavare, a recuperare le nostre radici; a consolidare la memoria storica, unica base su cui si costruisce la continuità di una comunità umana e la possibilità del vincolo sociale; a renderci più informati, più consapevoli, capaci di apprezzare il presente e di proiettarci nel futuro con sguardo più penetrante e meno distratto.

Il tempo ha lasciato il suo inesorabile segno sulle persone e sugli avvenimenti, ma le testimonianze giunte fino a noi ci permettono di riannodare i fili della storia. È quanto si è voluto realizzare attraverso la ricerca nei documenti e negli archivi alla base di questi studi, che permette di ricostruire i momenti più importanti della plantatio Ecclesiae nei nostri territori. Testimonianze recuperate dalla nebbia dei secoli, rese nuovamente “vive” e, soprattutto, accessibili a tutti. Certo, anche la storia della Chiesa sta sotto la dura e spesso sconvolgente legge delle tensioni e delle imperfezioni, che in essa hanno un peso ancor più minaccioso che non in qualsiasi altra società naturale.

Cristo si è affidato alla fede, allo spirito di sacrificio, alla gioiosa donazione, però si è anche esposto all’errore, all’ebbrezza di dominio, alla cattiveria e all’orgoglio degli uomini. Qualche pagina della storia della Chiesa è scritta con i caratteri neri del peccato che tenta di contenere l’onnipotenza di Dio. Nello stesso tempo, il Vangelo annunciato in queste contrade da martiri ed eremiti, da monaci e pellegrini, da vescovi e da studiosi, da uomini e donne semplici e generosi la cui memoria si è smarrita nel tempo, ha generato un modo di vivere e di abitare la storia, offrendo le chiavi per interpretare l’esistenza e divenendo fermento di cultura e di arte.

Mons. Renato Boccardo presidente della Ceu

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La statua di san Benedetto al centro della piazza di Norcia, sullo sfondo delle abitazioni

La Storia del cristianesimo in Umbria appena pubblicata si presenta come un lungo viaggio attraverso i secoli per raccontare la semina, il germogliare e il fruttificare del messaggio del Vangelo di Gesù tra le genti umbre. Grazie alla serietà scientifica e sinfonica degli illustri collaboratori, i diversi capitoli concorrono a redigere quasi un album di famiglia, in cui le Chiese della nostra Regione possono scoprire, attraverso i toni e i colori che le contraddistinguono, una coscienza più profonda del loro essere e divenire e, per ciò stesso, lo stimolo per un apporto sempre più vivo e ricco in seno alla Chiesa universale.

Non è infatti il perdersi nel tutto che giova alla vita dell’insieme, ma il senso dell’armonia che si compone dalla forza amalgamante delle molteplici individualità, ogni giorno riscoperte nella loro unicità e ricchezza. L’opera offre alla nostra curiosità e alla nostra ammirazione la sintesi delle diverse epoche o i contorni più ampi di un avvenimento solenne, o ancora la figura di qualche personaggio contrassegnato dal sigillo della grandezza. Non si tratta però di procedere alla semplice riscoperta di tempi passati, né tanto meno di rivisitare una cultura datata, ma di ritrovare la continuità di un messaggio che mantiene fresca la sua attualità.

Questa opera, ideata dall’allora arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale umbra mons. Giuseppe Chiaretti e resa possibile in questi anni grazie alla generosa dedizione e alla cura paziente di Amilcare Conti, vuole contribuire a una migliore conoscenza della vita della Chiesa in Umbria. È forse la prima volta che essa si presenta al pubblico attraverso una lettura globale della sua esistenza nel tempo. In questo senso, i due volumi possono diventare anche una provocazione, perché possono aiutarci a scavare, a recuperare le nostre radici; a consolidare la memoria storica, unica base su cui si costruisce la continuità di una comunità umana e la possibilità del vincolo sociale; a renderci più informati, più consapevoli, capaci di apprezzare il presente e di proiettarci nel futuro con sguardo più penetrante e meno distratto.

Il tempo ha lasciato il suo inesorabile segno sulle persone e sugli avvenimenti, ma le testimonianze giunte fino a noi ci permettono di riannodare i fili della storia. È quanto si è voluto realizzare attraverso la ricerca nei documenti e negli archivi alla base di questi studi, che permette di ricostruire i momenti più importanti della plantatio Ecclesiae nei nostri territori. Testimonianze recuperate dalla nebbia dei secoli, rese nuovamente “vive” e, soprattutto, accessibili a tutti. Certo, anche la storia della Chiesa sta sotto la dura e spesso sconvolgente legge delle tensioni e delle imperfezioni, che in essa hanno un peso ancor più minaccioso che non in qualsiasi altra società naturale.

Cristo si è affidato alla fede, allo spirito di sacrificio, alla gioiosa donazione, però si è anche esposto all’errore, all’ebbrezza di dominio, alla cattiveria e all’orgoglio degli uomini. Qualche pagina della storia della Chiesa è scritta con i caratteri neri del peccato che tenta di contenere l’onnipotenza di Dio. Nello stesso tempo, il Vangelo annunciato in queste contrade da martiri ed eremiti, da monaci e pellegrini, da vescovi e da studiosi, da uomini e donne semplici e generosi la cui memoria si è smarrita nel tempo, ha generato un modo di vivere e di abitare la storia, offrendo le chiavi per interpretare l’esistenza e divenendo fermento di cultura e di arte.

Mons. Renato Boccardo presidente della Ceu

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Chiesa umbra in cammino https://www.lavoce.it/chiesa-umbra-in-cammino/ https://www.lavoce.it/chiesa-umbra-in-cammino/#respond Wed, 13 Mar 2024 17:32:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=75226 I vescovi umbri alla visita ad limina nel 2013 in Vaticano, al centro papa Francesco

Sono trascorsi quasi undici anni dall’ultima Visita ad Limina dei Vescovi umbri in Vaticano. Nell’aprile 2013, quando i pastori delle nostre Chiese locali incontrarono Papa Francesco, il Santo Padre era arrivato sulla cattedra di Pietro da una quarantina di giorni. Subito dopo Benedetto XVI, era il secondo pontefice a prendere il nome di un santo umbro, il primo a scegliere quello di Francesco d’Assisi. Allora, i vescovi umbri non si erano lasciati sfuggire l’occasione di invitare Bergoglio proprio nella città serafica per la festa del 4 ottobre, visto che in quell’anno l’Umbria avrebbe offerto l’olio per la lampada votiva accesa sulla tomba del Santo.

Non era mancata la raccomandazione del Papa a “essere vicini alla gente, andare nelle periferie, che non sono solo geografiche, ma anche del cuore”. “So bene che ciò è un rischio per la Chiesa - aveva commentato il santo Padre - , ma preferisco una Chiesa ferita a una Chiesa malata”. Il volto della Chiesa di Francesco era già ben delineato, poco più di un mese dopo la sua elezione. La prossima settimana, dal 18 al 22 marzo, i pastori delle diocesi dell’Umbria torneranno a Roma per una nuova Visita ad Limina.

In questi undici anni, la Chiesa umbra è cambiata molto. Nella fotografia scattata allora insieme al pontefice, i vescovi umbri erano otto mentre stavolta saranno in sei e soltanto tre - Boccardo, Sigismondi e Sorrentino c’erano anche allora. Da quasi due anni, proprio Papa Francesco ha unito in persona Episcopi, cioè nella figura e nel ministero del vescovo, le diocesi di Assisi e Foligno e quelle di Gubbio e Città di Castello. Segno dei tempi e di una presenza che muta con essi.

Cambiamenti che non andrebbero subiti, come se le Chiese locali giocassero una partita solo chiudendosi in difesa. La sfida - come il Papa ripete spesso - è rilanciare l’evangelizzazione con nuovo spirito missionario, con meno strutture (e sovrastrutture), più impegno pastorale e soprattutto la testimonianza di ogni battezzato del popolo di Dio. Speranze che i vescovi umbri affidano alla liturgia che lunedì mattina presto celebreranno tutti insieme nella basilica di San Pietro, prima di incontrare in udienza il santo Padre e aprire una settimana densa di appuntamenti con i responsabili dei vari dicasteri vaticani. Non solo e non tanto una “pratica” amministrativa, quanto piuttosto un dialogo per tracciare i passi di una Chiesa locale che non smette mai di camminare.

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I vescovi umbri alla visita ad limina nel 2013 in Vaticano, al centro papa Francesco

Sono trascorsi quasi undici anni dall’ultima Visita ad Limina dei Vescovi umbri in Vaticano. Nell’aprile 2013, quando i pastori delle nostre Chiese locali incontrarono Papa Francesco, il Santo Padre era arrivato sulla cattedra di Pietro da una quarantina di giorni. Subito dopo Benedetto XVI, era il secondo pontefice a prendere il nome di un santo umbro, il primo a scegliere quello di Francesco d’Assisi. Allora, i vescovi umbri non si erano lasciati sfuggire l’occasione di invitare Bergoglio proprio nella città serafica per la festa del 4 ottobre, visto che in quell’anno l’Umbria avrebbe offerto l’olio per la lampada votiva accesa sulla tomba del Santo.

Non era mancata la raccomandazione del Papa a “essere vicini alla gente, andare nelle periferie, che non sono solo geografiche, ma anche del cuore”. “So bene che ciò è un rischio per la Chiesa - aveva commentato il santo Padre - , ma preferisco una Chiesa ferita a una Chiesa malata”. Il volto della Chiesa di Francesco era già ben delineato, poco più di un mese dopo la sua elezione. La prossima settimana, dal 18 al 22 marzo, i pastori delle diocesi dell’Umbria torneranno a Roma per una nuova Visita ad Limina.

In questi undici anni, la Chiesa umbra è cambiata molto. Nella fotografia scattata allora insieme al pontefice, i vescovi umbri erano otto mentre stavolta saranno in sei e soltanto tre - Boccardo, Sigismondi e Sorrentino c’erano anche allora. Da quasi due anni, proprio Papa Francesco ha unito in persona Episcopi, cioè nella figura e nel ministero del vescovo, le diocesi di Assisi e Foligno e quelle di Gubbio e Città di Castello. Segno dei tempi e di una presenza che muta con essi.

Cambiamenti che non andrebbero subiti, come se le Chiese locali giocassero una partita solo chiudendosi in difesa. La sfida - come il Papa ripete spesso - è rilanciare l’evangelizzazione con nuovo spirito missionario, con meno strutture (e sovrastrutture), più impegno pastorale e soprattutto la testimonianza di ogni battezzato del popolo di Dio. Speranze che i vescovi umbri affidano alla liturgia che lunedì mattina presto celebreranno tutti insieme nella basilica di San Pietro, prima di incontrare in udienza il santo Padre e aprire una settimana densa di appuntamenti con i responsabili dei vari dicasteri vaticani. Non solo e non tanto una “pratica” amministrativa, quanto piuttosto un dialogo per tracciare i passi di una Chiesa locale che non smette mai di camminare.

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Accanto alle Chiese umbre https://www.lavoce.it/accanto-alle-chiese-umbre/ https://www.lavoce.it/accanto-alle-chiese-umbre/#respond Wed, 10 Jan 2024 20:47:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74491

Da settant’anni La Voce racconta l’Umbria, i suoi campanili e le sue torri civiche, i cambiamenti ecclesiali, sociali ed economici. Il settimanale dei cattolici umbri nasce il 13 dicembre 1953, ma è da inizio dell’anno seguente che le pubblicazioni diventano regolari. Sono gli anni del dopoguerra, della ricostruzione e della divisione del mondo in due blocchi. In quel clima arriva la scelta pastorale di avviare un comune strumento di comunicazione delle quattordici diocesi umbre di allora (l’unica a non aderire al progetto è Foligno, la cui Gazzetta usciva regolarmente dal 1886).

In quei primi anni, sotto la direzione di don Pietro Fiordelli, il giornale raggiunge le 22 mila copie, grazie a una redazione in cui figurano anche nomi come Italo Moretti e Dante Alimenti. Nei decenni seguenti cambiano i direttori e il giornale viene firmato da don Antonio Berardi, don Giovanni Benedetti, don Remo Bistoni, don Elio Bromuri, Riccardo Liguori e Maria Rita Valli. Negli anni Ottanta, nella redazione regionale arrivano giovani come Luca Diotallevi di Terni e Marco Tarquinio di Assisi. Sono tante le firme e i volti che, dopo la “palestra” de La Voce, si affacciano con successo sui media nazionali, ecclesiali e non.

Nei suoi sette decenni di vita, il settimanale dei cattolici umbri muta “pelle” più volte, adattandosi alle necessità e ai cambiamenti di un territorio e di un tessuto ecclesiale, che oggi conta otto diocesi e sei vescovi dopo l’unione in persona episcopi di Assisi e Foligno, e di Gubbio e Città di Castello. Cambiamenti profondi che le Chiese umbre attraversano soprattutto dagli anni Ottanta in poi e che continuano - giorno dopo giorno anche oggi.

In questo contesto, lo stesso “consumo” di mass media cambia in modo significativo e rapido. Per soddisfare il nostro fabbisogno informativo non abbiamo più a disposizione solo una serie di mezzi di comunicazione (stampa, radio, tv, Internet), ma abbiamo varie modalità di fruizione per ogni mezzo.

Ecco perché si rendono necessari cambiamenti radicali e una nuova organizzazione editoriale ed economica anche per i mezzi di comunicazione sociale della Chiesa umbra. E nella redazione de La Voce ne siamo pienamente consapevoli, tanto da cercare di far crescere la presenza digitale del settimanale attraverso una rinnovata app per dispositivi mobili - in fase di lancio proprio in queste settimane - che possa affiancare la storica presenza online (il sito web nasce nel 1994, tra le prime testate giornalistiche) e profili social sempre più crossmediali.

Non è certo solo una questione “tecnica” o gestionale, ma soprattutto pastorale e missionaria. Negli ultimi quattro anni, in particolare, Papa Francesco ci ha invitato a riscoprire la narrazione delle storie di vita, a uscire dalle redazioni per incontrare le persone, ad ascoltare con l’orecchio del cuore e a parlare (e scrivere) per costruire ponti e non muri. Il nostro tentativo è proprio quello di continuare a leggere, interpretare e commentare l’attualità ecclesiale, sociale, politica ed economica della regione, così come l’essere “voce” chiara e decisa in dialogo col mondo laico.

Dovremo farlo adeguandoci ai tempi, ai modi e ai linguaggi propri di una comunicazione e di un giornalismo che mutano rapidamente, integrandoci con gli altri media ecclesiali del territorio in una sinergia profonda che punta a quella virtuosa diffusione di informazioni e messaggi su carta, etere, digitale.

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Da settant’anni La Voce racconta l’Umbria, i suoi campanili e le sue torri civiche, i cambiamenti ecclesiali, sociali ed economici. Il settimanale dei cattolici umbri nasce il 13 dicembre 1953, ma è da inizio dell’anno seguente che le pubblicazioni diventano regolari. Sono gli anni del dopoguerra, della ricostruzione e della divisione del mondo in due blocchi. In quel clima arriva la scelta pastorale di avviare un comune strumento di comunicazione delle quattordici diocesi umbre di allora (l’unica a non aderire al progetto è Foligno, la cui Gazzetta usciva regolarmente dal 1886).

In quei primi anni, sotto la direzione di don Pietro Fiordelli, il giornale raggiunge le 22 mila copie, grazie a una redazione in cui figurano anche nomi come Italo Moretti e Dante Alimenti. Nei decenni seguenti cambiano i direttori e il giornale viene firmato da don Antonio Berardi, don Giovanni Benedetti, don Remo Bistoni, don Elio Bromuri, Riccardo Liguori e Maria Rita Valli. Negli anni Ottanta, nella redazione regionale arrivano giovani come Luca Diotallevi di Terni e Marco Tarquinio di Assisi. Sono tante le firme e i volti che, dopo la “palestra” de La Voce, si affacciano con successo sui media nazionali, ecclesiali e non.

Nei suoi sette decenni di vita, il settimanale dei cattolici umbri muta “pelle” più volte, adattandosi alle necessità e ai cambiamenti di un territorio e di un tessuto ecclesiale, che oggi conta otto diocesi e sei vescovi dopo l’unione in persona episcopi di Assisi e Foligno, e di Gubbio e Città di Castello. Cambiamenti profondi che le Chiese umbre attraversano soprattutto dagli anni Ottanta in poi e che continuano - giorno dopo giorno anche oggi.

In questo contesto, lo stesso “consumo” di mass media cambia in modo significativo e rapido. Per soddisfare il nostro fabbisogno informativo non abbiamo più a disposizione solo una serie di mezzi di comunicazione (stampa, radio, tv, Internet), ma abbiamo varie modalità di fruizione per ogni mezzo.

Ecco perché si rendono necessari cambiamenti radicali e una nuova organizzazione editoriale ed economica anche per i mezzi di comunicazione sociale della Chiesa umbra. E nella redazione de La Voce ne siamo pienamente consapevoli, tanto da cercare di far crescere la presenza digitale del settimanale attraverso una rinnovata app per dispositivi mobili - in fase di lancio proprio in queste settimane - che possa affiancare la storica presenza online (il sito web nasce nel 1994, tra le prime testate giornalistiche) e profili social sempre più crossmediali.

Non è certo solo una questione “tecnica” o gestionale, ma soprattutto pastorale e missionaria. Negli ultimi quattro anni, in particolare, Papa Francesco ci ha invitato a riscoprire la narrazione delle storie di vita, a uscire dalle redazioni per incontrare le persone, ad ascoltare con l’orecchio del cuore e a parlare (e scrivere) per costruire ponti e non muri. Il nostro tentativo è proprio quello di continuare a leggere, interpretare e commentare l’attualità ecclesiale, sociale, politica ed economica della regione, così come l’essere “voce” chiara e decisa in dialogo col mondo laico.

Dovremo farlo adeguandoci ai tempi, ai modi e ai linguaggi propri di una comunicazione e di un giornalismo che mutano rapidamente, integrandoci con gli altri media ecclesiali del territorio in una sinergia profonda che punta a quella virtuosa diffusione di informazioni e messaggi su carta, etere, digitale.

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La via della sinodalità https://www.lavoce.it/la-via-della-sinodalita/ https://www.lavoce.it/la-via-della-sinodalita/#respond Wed, 26 Apr 2023 09:25:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71193

Le Chiese umbre si preparano a vivere un anno che sarà davvero intenso, alla ricerca di una comunione crescente tra le otto diocesi e come risposta alle “stramature” che la pandemia ha acuito sul tessuto ecclesiale, già compromesso dalla crisi sociale, economica, etica e antropologica degli ultimi anni.

Dopo la nascita della Segreteria regionale, nell’arco del 2023 i passi già segnati sono almeno tre: la riunione del nuovo (e forse primo) Consiglio pastorale delle Chiese umbre, il rinnovo di tutte le Commissioni regionali che si occupano dei vari ambiti pastorali (dai giovani alla famiglia, dai consacrati alla carità, dal sociale all’ecumenismo e al dialogo interreligioso e altro ancora) e infine una nuova Assemblea ecclesiale regionale, che dovrebbe riunirsi tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno.

A cosa serve tutto ciò, si chiedono in tanti nelle nostre comunità diocesane? Non c’è il rischio di aumentare le “sovrastrutture” con l’effetto di offuscare la semplicità, l’immediatezza e la radicalità del messaggio evangelico? Le risposte a questi e altri interrogativi arrivano dalla serie di indicazioni raccolte dalla Segreteria pastorale nelle settimane scorse tra gli attuali coordinatori delle Commissioni regionali.

Basta solo scorrere le indicazioni relative ai temi da mettere in agenda dei nuovi organismi pastorali e ne esce quasi un vademecum per impostare la rotta della navigazione. Parole come sinodalità e comunione sono ricorrenti e mostrano una chiara esigenza di lavorare insieme, di condividere e confrontarsi, di avviare progetti unitari. Le Chiese diocesane dell’Umbria sentono poi l’esigenza di una formazione continua e a tutti i livelli, di ripartire da giovani e famiglie, con sguardo profetico e presenza costante nella società regionale, privilegiando l’ascolto della persona e delle sue necessità.

L’invito è a riscoprire le relazioni personali, a sperimentare l’inclusione per scongiurare solitudine e abbandono, a dare sempre maggiore importanza al ruolo dei laici, riscoprendo le tante vocazioni che ci sono nel Popolo di Dio. E ancora: passare dalle buone intenzioni ai progetti concreti, ritessendo con pazienza le trame delle nostre comunità.

Queste, in sintesi, le sollecitazioni che arriveranno sul tavolo del nuovo Consiglio pastorale regionale e sulle quali le otto Chiese diocesane dell’Umbria sono chiamate ad avere uno “sguardo comune”, camminando insieme e con convizione già da sabato 29 aprile, come raccontiamo all’interno del giornale.

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Le Chiese umbre si preparano a vivere un anno che sarà davvero intenso, alla ricerca di una comunione crescente tra le otto diocesi e come risposta alle “stramature” che la pandemia ha acuito sul tessuto ecclesiale, già compromesso dalla crisi sociale, economica, etica e antropologica degli ultimi anni.

Dopo la nascita della Segreteria regionale, nell’arco del 2023 i passi già segnati sono almeno tre: la riunione del nuovo (e forse primo) Consiglio pastorale delle Chiese umbre, il rinnovo di tutte le Commissioni regionali che si occupano dei vari ambiti pastorali (dai giovani alla famiglia, dai consacrati alla carità, dal sociale all’ecumenismo e al dialogo interreligioso e altro ancora) e infine una nuova Assemblea ecclesiale regionale, che dovrebbe riunirsi tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno.

A cosa serve tutto ciò, si chiedono in tanti nelle nostre comunità diocesane? Non c’è il rischio di aumentare le “sovrastrutture” con l’effetto di offuscare la semplicità, l’immediatezza e la radicalità del messaggio evangelico? Le risposte a questi e altri interrogativi arrivano dalla serie di indicazioni raccolte dalla Segreteria pastorale nelle settimane scorse tra gli attuali coordinatori delle Commissioni regionali.

Basta solo scorrere le indicazioni relative ai temi da mettere in agenda dei nuovi organismi pastorali e ne esce quasi un vademecum per impostare la rotta della navigazione. Parole come sinodalità e comunione sono ricorrenti e mostrano una chiara esigenza di lavorare insieme, di condividere e confrontarsi, di avviare progetti unitari. Le Chiese diocesane dell’Umbria sentono poi l’esigenza di una formazione continua e a tutti i livelli, di ripartire da giovani e famiglie, con sguardo profetico e presenza costante nella società regionale, privilegiando l’ascolto della persona e delle sue necessità.

L’invito è a riscoprire le relazioni personali, a sperimentare l’inclusione per scongiurare solitudine e abbandono, a dare sempre maggiore importanza al ruolo dei laici, riscoprendo le tante vocazioni che ci sono nel Popolo di Dio. E ancora: passare dalle buone intenzioni ai progetti concreti, ritessendo con pazienza le trame delle nostre comunità.

Queste, in sintesi, le sollecitazioni che arriveranno sul tavolo del nuovo Consiglio pastorale regionale e sulle quali le otto Chiese diocesane dell’Umbria sono chiamate ad avere uno “sguardo comune”, camminando insieme e con convizione già da sabato 29 aprile, come raccontiamo all’interno del giornale.

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L’unione che moltiplica https://www.lavoce.it/lunione-che-moltiplica/ Mon, 16 May 2022 08:05:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=66714

Nel 2017 aveva cominciato il suo “viaggio” verso il servizio episcopale in una delle Chiese umbre facendosi pellegrino sulla Via di Francesco, da Assisi a Gubbio. Il vescovo Luciano Paolucci Bedini non ha mai fatto mistero della sua grande passione per il cammino. Ogni volta che può - forse troppo poco, visti gli impegni che il ministero pastorale impone - indossa un abbigliamento più sportivo, scarponi ai piedi, zaino in spalla e imbocca uno dei sentieri che percorrono la nostra meravigliosa terra umbra. Specie quelli che ci raccontano la vita, la storia e l’esperienza mistica di quel Francesco di Assisi che ha lasciato anche a Gubbio una solida e ancora attuale testimonianza di fede.

Il cammino a piedi - con passi lenti, misurati e “pesati” - permette di conoscere sul serio e in profondità un territorio, le persone che lo abitano, i luoghi e le anime. Ma peregrinare sulle proprie gambe regala al viandante molto, molto di più. Permette di conoscere meglio se stessi, guardarsi dentro e ascoltarsi, come - allo stesso tempo - ci aiuta a conoscere meglio i compagni di viaggio, a condividere il poco o tanto che ci si porta dietro, a raccontarsi l’un l’altro, ad aiutarsi e aspettarsi, se necessario. Può sembrare una divagazione fuori tema, la riflessione sul cammino collegata alla nomina del nuovo vescovo di una delle diocesi umbre. Tanto più che - come già accaduto per Assisi e Foligno quasi un anno fa - la questione anche stavolta è delicata e tocca i “campanili”. Serve ricordare, come abbiamo fatto più volte su queste pagine, che l’unione di due Chiese diocesane “nella persona del vescovo” non significa accorpare l’una all’altra, né tantomeno annettere, creando figli e figliocci.

Non c’è nessuna sudditanza, nessuna sottomissione, nessun cedere alle mire espansionistiche di qualcun altro. Significa - al contrario - scoprire la bellezza del condividere la propria storia e le proprie ricchezze, allargare lo sguardo su un orizzonte più vasto, scoprirsi - se si cammina con la giusta andatura - Chiesa davvero sinodale. Nella testa del vescovo Luciano frulla già l’idea di arrivare a Città di Castello camminando a piedi sulla Via di Francesco, per incontrare, condividere, conoscere. Perché quando si abbracciano più persone, l’amore non si divide mai ma si moltiplica sempre.

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Nel 2017 aveva cominciato il suo “viaggio” verso il servizio episcopale in una delle Chiese umbre facendosi pellegrino sulla Via di Francesco, da Assisi a Gubbio. Il vescovo Luciano Paolucci Bedini non ha mai fatto mistero della sua grande passione per il cammino. Ogni volta che può - forse troppo poco, visti gli impegni che il ministero pastorale impone - indossa un abbigliamento più sportivo, scarponi ai piedi, zaino in spalla e imbocca uno dei sentieri che percorrono la nostra meravigliosa terra umbra. Specie quelli che ci raccontano la vita, la storia e l’esperienza mistica di quel Francesco di Assisi che ha lasciato anche a Gubbio una solida e ancora attuale testimonianza di fede.

Il cammino a piedi - con passi lenti, misurati e “pesati” - permette di conoscere sul serio e in profondità un territorio, le persone che lo abitano, i luoghi e le anime. Ma peregrinare sulle proprie gambe regala al viandante molto, molto di più. Permette di conoscere meglio se stessi, guardarsi dentro e ascoltarsi, come - allo stesso tempo - ci aiuta a conoscere meglio i compagni di viaggio, a condividere il poco o tanto che ci si porta dietro, a raccontarsi l’un l’altro, ad aiutarsi e aspettarsi, se necessario. Può sembrare una divagazione fuori tema, la riflessione sul cammino collegata alla nomina del nuovo vescovo di una delle diocesi umbre. Tanto più che - come già accaduto per Assisi e Foligno quasi un anno fa - la questione anche stavolta è delicata e tocca i “campanili”. Serve ricordare, come abbiamo fatto più volte su queste pagine, che l’unione di due Chiese diocesane “nella persona del vescovo” non significa accorpare l’una all’altra, né tantomeno annettere, creando figli e figliocci.

Non c’è nessuna sudditanza, nessuna sottomissione, nessun cedere alle mire espansionistiche di qualcun altro. Significa - al contrario - scoprire la bellezza del condividere la propria storia e le proprie ricchezze, allargare lo sguardo su un orizzonte più vasto, scoprirsi - se si cammina con la giusta andatura - Chiesa davvero sinodale. Nella testa del vescovo Luciano frulla già l’idea di arrivare a Città di Castello camminando a piedi sulla Via di Francesco, per incontrare, condividere, conoscere. Perché quando si abbracciano più persone, l’amore non si divide mai ma si moltiplica sempre.

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I vescovi dell’Umbria hanno incontrato il presidente dell’Anci Michele Toniaccini https://www.lavoce.it/i-vescovi-dellumbria-hanno-incontrato-il-presidente-dellanci-michele-toniaccini/ Sat, 24 Apr 2021 13:49:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60312 I vescovi dell'Umbria con al centro il presidente dell'Anci Toniaccini

  Il 23 aprile presso il Seminario regionale di Assisi, si è svolta la riunione della Conferenza episcopale umbra (Ceu). I Vescovi, tra l’altro, hanno incontrato il presidente dell'Associazione nazionale Comuni italiani dell’Umbria (Anci), Michele Toniaccini, sindaco di Deruta.

Oratori, comunità di accoglienza e l'importante impegno delle Caritas

In un clima di grande cordialità, sono state affrontate tematiche significative sia per la Chiesa che per la società civile. Si è parlato del prezioso ruolo degli Oratori nel cammino educativo delle giovani generazioni, delle comunità di accoglienza per giovani in difficoltà a seguito di dipendenze, ed è stato evidenziato l'importante impegno delle Caritas in collaborazione con enti pubblici per far fronte alle difficoltà di tante persone e famiglie.

Il ringraziamento del presidente della Ceu mons. Renato Boccardo

L’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu mons. Renato Boccardo ha ringraziato Toniaccini per l'intesa esistente tra i Comuni e le parrocchie in favore delle popolazioni del territorio, auspicando che possa crescere sempre più: «Abbiamo apprezzato l’iniziativa del Presidente dell’Anci Umbria di farci visita, portando il saluto dei suoi colleghi sindaci, e abbiamo confermato la reciproca disponibilità ad incrementare forme di collaborazione che favoriscano la ripresa e il consolidamento del tessuto sociale ed economico, ma soprattutto umano, dopo il difficile tempo difficile della pandemia da Covid-19.

Toniaccini: "la persona e la famiglia devono tornare al centro dell'azione di noi sindaci"

«Oggi – ha detto Michele Toniaccini - si rafforza il dialogo tra l’istituzione civile e quella ecclesiale. Solidarietà, collaborazione, fede e spirito civico sono gli elementi essenziali e necessari che ci vedono coinvolti nel progettare un nuovo percorso volto a superare questo momento caratterizzato non solo da una crisi economica, ma anche morale, civile e relazionale. Una crisi anche di valori che possiamo e dobbiamo condividere con la Chiesa: la persona e la famiglia, fulcro della nostra società, devono tornare al centro dell’azione di noi sindaci. La missione di ogni politico deve essere ricca di ideali e di valori».]]>
I vescovi dell'Umbria con al centro il presidente dell'Anci Toniaccini

  Il 23 aprile presso il Seminario regionale di Assisi, si è svolta la riunione della Conferenza episcopale umbra (Ceu). I Vescovi, tra l’altro, hanno incontrato il presidente dell'Associazione nazionale Comuni italiani dell’Umbria (Anci), Michele Toniaccini, sindaco di Deruta.

Oratori, comunità di accoglienza e l'importante impegno delle Caritas

In un clima di grande cordialità, sono state affrontate tematiche significative sia per la Chiesa che per la società civile. Si è parlato del prezioso ruolo degli Oratori nel cammino educativo delle giovani generazioni, delle comunità di accoglienza per giovani in difficoltà a seguito di dipendenze, ed è stato evidenziato l'importante impegno delle Caritas in collaborazione con enti pubblici per far fronte alle difficoltà di tante persone e famiglie.

Il ringraziamento del presidente della Ceu mons. Renato Boccardo

L’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu mons. Renato Boccardo ha ringraziato Toniaccini per l'intesa esistente tra i Comuni e le parrocchie in favore delle popolazioni del territorio, auspicando che possa crescere sempre più: «Abbiamo apprezzato l’iniziativa del Presidente dell’Anci Umbria di farci visita, portando il saluto dei suoi colleghi sindaci, e abbiamo confermato la reciproca disponibilità ad incrementare forme di collaborazione che favoriscano la ripresa e il consolidamento del tessuto sociale ed economico, ma soprattutto umano, dopo il difficile tempo difficile della pandemia da Covid-19.

Toniaccini: "la persona e la famiglia devono tornare al centro dell'azione di noi sindaci"

«Oggi – ha detto Michele Toniaccini - si rafforza il dialogo tra l’istituzione civile e quella ecclesiale. Solidarietà, collaborazione, fede e spirito civico sono gli elementi essenziali e necessari che ci vedono coinvolti nel progettare un nuovo percorso volto a superare questo momento caratterizzato non solo da una crisi economica, ma anche morale, civile e relazionale. Una crisi anche di valori che possiamo e dobbiamo condividere con la Chiesa: la persona e la famiglia, fulcro della nostra società, devono tornare al centro dell’azione di noi sindaci. La missione di ogni politico deve essere ricca di ideali e di valori».]]>
Beata Margherita di Città di Castello finalmente santa https://www.lavoce.it/beata-margherita-di-citta-di-castello-finalmente-santa/ Sat, 24 Apr 2021 10:42:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60294

Beata Margherita di Città di Castello è santa. La notizia è arrivata in queste ore dal vescovo di Città di Castello mons. Domenico Cancian, nel corso di una conferenza stampa nella chiesa di San Domenico per annunciare l’importante comunicazione arrivata direttamente dal Vaticano.

Papa Francesco ha confermato in data odierna le conclusioni della Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi, membri della Congregazione della Causa dei Santi, e ha deciso di estendere alla Chiesa universale il culto della beata Margherita di Città di Castello, del Terz’Ordine dei Frati Predicatori; nata intorno al 1287 a Metola (Italia) e morta a Città di Castello (Italia) il 13 aprile 1320, iscrivendola nel catalogo dei Santi (Canonizzazione equipollente).

Di seguito il Messaggio del Vescovo reso noto oggi in occasione dell'estensione alla Chiesa universale del culto della beata Margherita di Città di Castello, ora iscritta nel catalogo dei santi.

Messaggio del Vescovo di Città di Castello

La Chiesa che è in Città di Castello vive con immensa gioia e gratitudine al Signore per la canonizzazione della nostra amatissima beata Margherita, che ha vissuto tra noi gran parte della sua vita fino alla morte, avvenuta il 13 aprile 1320.

La sua immagine raffigurata al centro del catino absidale della Cattedrale, così come nella cupola, evidenzia la straordinaria importanza di questa piccola donna nelle generazioni lungo i sette secoli che la separano cronologicamente dal nostro tempo. Ininterrottamente le è stato tributato il culto, estesosi progressivamente in vari continenti in un crescendo di devozione e la sua figura è stata ispiratrice di opere di carità.

La canonizzazione avviene mentre si stanno svolgendo le celebrazioni del settimo centenario della sua morte, che si concluderanno il 9 maggio. Avviene, inoltre, in un periodo segnato in maniera drammatica dalla pandemia: Margherita può autorevolmente insegnarci come trasformare il male in bene, senza cedere allo sterile vittimismo e alla lamentela inutile, invitandoci a una reazione evangelica che sa vedere come tutto può concorrere al bene.

Passando per le nostre vie possiamo immaginarcela con le parole poetiche di Fernando Pessoa:

"Con le mie mani tocco i muri,

ma con l’anima la verità …

Sento solo ali di uccelli

Ma vedo ali di angeli.

In me esiste, al fondo di un pozzo,

un pertugio di luce verso Dio.

Là, molto in fondo alla fine,

un occhio fabbricato nei cieli".

Nel 2019 il vescovo di Città di Castello, mons. Domenico Cancian, e l’arcivescovo di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, mons. Giovanni Tani, tenuto conto della grande diffusione del culto tributato alla beata in varie parti del mondo e con il sostegno di altri presuli umbri, hanno presentato al Santo Padre Francesco la richiesta di procedere alla canonizzazione per equipollenza. Oggi, al termine dell’espletamento di tutte le procedure canoniche e grazie all’impegno della Postulazione generale dell’Ordine dei Predicatori, questa richiesta trova la sua piena accoglienza con la firma del Papa.

Il prossimo 19 settembre, secondo modalità che saranno successivamente rese note, avrà luogo una solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento al Signore per la nuova santa nella chiesa monumentale di San Domenico in Città di Castello.

Questa circostanza è un grande stimolo per la Chiesa e per l’intera città a raccogliere la preziosa eredità umana e spirituale lasciata dalla nuova santa impegnandoci tutti a concretizzare l’accoglienza, l’inclusione, la pacificazione, la gioiosa carità di cui lei è stata esemplare testimone.

Città di Castello, 24 aprile 2021

+ Domenico Cancian, Vescovo

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Beata Margherita di Città di Castello è santa. La notizia è arrivata in queste ore dal vescovo di Città di Castello mons. Domenico Cancian, nel corso di una conferenza stampa nella chiesa di San Domenico per annunciare l’importante comunicazione arrivata direttamente dal Vaticano.

Papa Francesco ha confermato in data odierna le conclusioni della Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi, membri della Congregazione della Causa dei Santi, e ha deciso di estendere alla Chiesa universale il culto della beata Margherita di Città di Castello, del Terz’Ordine dei Frati Predicatori; nata intorno al 1287 a Metola (Italia) e morta a Città di Castello (Italia) il 13 aprile 1320, iscrivendola nel catalogo dei Santi (Canonizzazione equipollente).

Di seguito il Messaggio del Vescovo reso noto oggi in occasione dell'estensione alla Chiesa universale del culto della beata Margherita di Città di Castello, ora iscritta nel catalogo dei santi.

Messaggio del Vescovo di Città di Castello

La Chiesa che è in Città di Castello vive con immensa gioia e gratitudine al Signore per la canonizzazione della nostra amatissima beata Margherita, che ha vissuto tra noi gran parte della sua vita fino alla morte, avvenuta il 13 aprile 1320.

La sua immagine raffigurata al centro del catino absidale della Cattedrale, così come nella cupola, evidenzia la straordinaria importanza di questa piccola donna nelle generazioni lungo i sette secoli che la separano cronologicamente dal nostro tempo. Ininterrottamente le è stato tributato il culto, estesosi progressivamente in vari continenti in un crescendo di devozione e la sua figura è stata ispiratrice di opere di carità.

La canonizzazione avviene mentre si stanno svolgendo le celebrazioni del settimo centenario della sua morte, che si concluderanno il 9 maggio. Avviene, inoltre, in un periodo segnato in maniera drammatica dalla pandemia: Margherita può autorevolmente insegnarci come trasformare il male in bene, senza cedere allo sterile vittimismo e alla lamentela inutile, invitandoci a una reazione evangelica che sa vedere come tutto può concorrere al bene.

Passando per le nostre vie possiamo immaginarcela con le parole poetiche di Fernando Pessoa:

"Con le mie mani tocco i muri,

ma con l’anima la verità …

Sento solo ali di uccelli

Ma vedo ali di angeli.

In me esiste, al fondo di un pozzo,

un pertugio di luce verso Dio.

Là, molto in fondo alla fine,

un occhio fabbricato nei cieli".

Nel 2019 il vescovo di Città di Castello, mons. Domenico Cancian, e l’arcivescovo di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, mons. Giovanni Tani, tenuto conto della grande diffusione del culto tributato alla beata in varie parti del mondo e con il sostegno di altri presuli umbri, hanno presentato al Santo Padre Francesco la richiesta di procedere alla canonizzazione per equipollenza. Oggi, al termine dell’espletamento di tutte le procedure canoniche e grazie all’impegno della Postulazione generale dell’Ordine dei Predicatori, questa richiesta trova la sua piena accoglienza con la firma del Papa.

Il prossimo 19 settembre, secondo modalità che saranno successivamente rese note, avrà luogo una solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento al Signore per la nuova santa nella chiesa monumentale di San Domenico in Città di Castello.

Questa circostanza è un grande stimolo per la Chiesa e per l’intera città a raccogliere la preziosa eredità umana e spirituale lasciata dalla nuova santa impegnandoci tutti a concretizzare l’accoglienza, l’inclusione, la pacificazione, la gioiosa carità di cui lei è stata esemplare testimone.

Città di Castello, 24 aprile 2021

+ Domenico Cancian, Vescovo

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Riapre in sicurezza la “ruota” delle Cappuccine del monastero di Santa Veronica Giuliani di Città di Castello https://www.lavoce.it/riapre-in-sicurezza-la-ruota-delle-cappuccine-del-monastero-di-santa-veronica-giuliani-di-citta-di-castello/ Sat, 09 Jan 2021 16:38:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=58810

CITTA' DI CASTELLO - Per quasi quattro secoli è stata l’unica “finestra” con il mondo esterno, con i volti, le voci dei fedeli, delle persone. Il Covid poi, con le restrizioni e i vari protocolli, per la prima volta nella storia del monastero e della Congregazione delle Cappuccine ne ha imposto la chiusura.

La "ruota" del monastero

Ora però dopo mesi di stop, la storica “ruota” del monastero di clausura di Santa Veronica Giuliani di Città di Castello, nel rione San Giacomo, inaugurato nel 1643, riapre i battenti seppur attraverso necessari e inevitabili accorgimenti di carattere tecnico. “Durante la chiusura per il Coronavirus anche il monastero ha seguito le norme restrittive per custodire la salute delle persone e, dopo 377 anni, per la prima volta la ruota è stata chiusa con un pannello provvisorio – precisa, Angelica Lombardo, presidente dell’Associazione “Le Rose di Gerico” stretta collaboratrice del monastero - essa infatti, pur non facendo incontrare i volti, crea una vicinanza che può facilitare eventuali contagi. Se da una parte la storia ha fatto sì che questo tipo di tradizione per qualche mese si sia dovuta interrompere, il monastero (la badessa madre Giovanna e le altre sette “sorelle” ) ha optato per una comunicazione diversa, più visiva, un nuovo modo di essere presente nella vita delle persone, una vicinanza costante e rassicurante in sicurezza: una porta con una piccola finestra che impedisce il passaggio del droplet ma permette il dialogo e lo sguardo. Oggi dopo mesi la ruota viene riaperta anche se solo per il passaggio di oggetti, ma finalmente torna ad essere quello che è stato da secoli, segno e porta di speranza”. La pandemia determinata dal coronavirus Covid-19, ha reso pericoloso l'ascolto attraverso la ruota, dal momento che, per amplificare la voce, è necessario portarsi con la bocca molto vicino alla parte mobile, che una volta girata, potrebbe portare l'eventuale virus all'interno del monastero. Così, per ovviare a questo rischio, le Cappuccine di Città di Castello hanno innovato la tradizione, realizzando uno sportello con grata in ferro e plexigas sulla porta in legno della portineria. In questo modo possono continuare a incontrare chi bussa al monastero e anche vederlo in faccia, in tutta sicurezza. Se poi c'è bisogno di ricevere un oggetto o di donare qualcosa lo fanno togliendo temporaneamente il plexiglas grazie all'uso di una calamita.

Il calendario del monastero

Intanto le sorelle del monastero hanno scelto di lanciare un messaggio attraverso le testimonianze scritte ai tempi della Santa con l'ausilio delle foto scattate durante il lockdown. Nel calendario "Laus Deo" (realizzato da Petruzzi editore e Cartoedit), i fotografi amatoriali Silvio Ficarra e Giuseppe Marsoner hanno saputo cogliere in dodici scatti l'essenza del quotidiano, il ripetersi delle "piccole cose" nei gesti di carità, di ringraziamento e di gioia di vivere. Il sindaco, Luciano Bacchetta e l'assessore alle Politiche sociali, Luciana Bassini, hanno ringraziato le sorelle per il prezioso lavoro editoriale "di grande significato storico, culturale e sociale e per la loro presenza plurisecolare accanto alla comunità locale". Il calendario potrà essere richiesto scrivendo a questa mail: calendario.svg@gmail.com. Altre informazioni direttamente sul profilo Facebook del monastero o al sito www.santaveronicagiuliani.it, info@santaveronicagiuliani@gmail.com. Le offerte saranno destinate alla manutenzione del Monastero e al riscaldamento. [gallery ids="58824,58823,58822,58821,58819"]

Monasteri e presenze religiose nel Rione San Giacomo nel centro storico di Città di Castello

Il monastero delle Cappuccine di Città di Castello si trova nel rione San Giacomo, che è il quartiere settentrionale del centro storico. Ancora oggi questa parte della città si caratterizza per un’altissima densità di presenze religiose, alcune delle quali affondano le proprie radici in un passato molto lontano. A poche decine di metri dal seicentesco monastero di Santa Veronica Giuliani, infatti, si trova quello cinquecentesco di Santa Chiara, a sua volta edificato ampliando un precedente monastero di benedettini vallombrosani risalente al XI secolo. Nel ‘500 vi venne trasferito il monastero di Santa Chiara che si trovava in via Trastevere e nel 2005 le Clarisse sono state sostituite da una comunità di suore Francescane dell’Immacolata, che prosegue la storia di clausura, preghiera e vita comunitaria. All’interno del reticolato dei vicoli si trova il terzo monastero, quello di Santa Cecilia, dove una comunità di Clarisse Urbaniste segue la regola che papa Urbano IV diede nel 1263 all’ordine fondato da santa Chiara d’Assisi. Oggi le monache esercitano anche l’ospitalità per i pellegrini che annualmente compiono il pellegrinaggio francescano tra La Verna e Assisi. A San Giacomo, inoltre, ha sede la casa madre delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore, congregazione fondata nel 1915 dal beato Carlo Liviero, vescovo di Città di Castello, oggi presente in vari Paesi di Europa, Africa e America, dove le suore, nelle forme proprie del nostro tempo, proseguono il carisma di evangelizzazione, educazione e servizio alla persona lasciato loro dal fondatore. Queste comunità sono formate da una sessantina circa di donne, di varia età e provenienza geografica, la cui presenza costituisce una delle caratteristiche più peculiari di questa parte di Città di Castello. Parlando del quartiere, infine, non si possono dimenticare il santuario della Madonna delle Grazie, patrona della città e della diocesi, e il seminario vescovile che, cessata l’attività educativa nel 1976, ospita oggi l’Archivio storico diocesano (con documenti a partire dall’anno 1048, che occupano 500 metri di scaffalature), la biblioteca diocesana “Storti-Guerri” (ricca di 50.000 volumi dei secoli XV-XXI) e il centro studi “Santa Veronica Giuliani”. Luoghi religiosi che, in vario modo, contribuiscono a definire l'identità locale e a vivacizzare la vita culturale e sociale.]]>

CITTA' DI CASTELLO - Per quasi quattro secoli è stata l’unica “finestra” con il mondo esterno, con i volti, le voci dei fedeli, delle persone. Il Covid poi, con le restrizioni e i vari protocolli, per la prima volta nella storia del monastero e della Congregazione delle Cappuccine ne ha imposto la chiusura.

La "ruota" del monastero

Ora però dopo mesi di stop, la storica “ruota” del monastero di clausura di Santa Veronica Giuliani di Città di Castello, nel rione San Giacomo, inaugurato nel 1643, riapre i battenti seppur attraverso necessari e inevitabili accorgimenti di carattere tecnico. “Durante la chiusura per il Coronavirus anche il monastero ha seguito le norme restrittive per custodire la salute delle persone e, dopo 377 anni, per la prima volta la ruota è stata chiusa con un pannello provvisorio – precisa, Angelica Lombardo, presidente dell’Associazione “Le Rose di Gerico” stretta collaboratrice del monastero - essa infatti, pur non facendo incontrare i volti, crea una vicinanza che può facilitare eventuali contagi. Se da una parte la storia ha fatto sì che questo tipo di tradizione per qualche mese si sia dovuta interrompere, il monastero (la badessa madre Giovanna e le altre sette “sorelle” ) ha optato per una comunicazione diversa, più visiva, un nuovo modo di essere presente nella vita delle persone, una vicinanza costante e rassicurante in sicurezza: una porta con una piccola finestra che impedisce il passaggio del droplet ma permette il dialogo e lo sguardo. Oggi dopo mesi la ruota viene riaperta anche se solo per il passaggio di oggetti, ma finalmente torna ad essere quello che è stato da secoli, segno e porta di speranza”. La pandemia determinata dal coronavirus Covid-19, ha reso pericoloso l'ascolto attraverso la ruota, dal momento che, per amplificare la voce, è necessario portarsi con la bocca molto vicino alla parte mobile, che una volta girata, potrebbe portare l'eventuale virus all'interno del monastero. Così, per ovviare a questo rischio, le Cappuccine di Città di Castello hanno innovato la tradizione, realizzando uno sportello con grata in ferro e plexigas sulla porta in legno della portineria. In questo modo possono continuare a incontrare chi bussa al monastero e anche vederlo in faccia, in tutta sicurezza. Se poi c'è bisogno di ricevere un oggetto o di donare qualcosa lo fanno togliendo temporaneamente il plexiglas grazie all'uso di una calamita.

Il calendario del monastero

Intanto le sorelle del monastero hanno scelto di lanciare un messaggio attraverso le testimonianze scritte ai tempi della Santa con l'ausilio delle foto scattate durante il lockdown. Nel calendario "Laus Deo" (realizzato da Petruzzi editore e Cartoedit), i fotografi amatoriali Silvio Ficarra e Giuseppe Marsoner hanno saputo cogliere in dodici scatti l'essenza del quotidiano, il ripetersi delle "piccole cose" nei gesti di carità, di ringraziamento e di gioia di vivere. Il sindaco, Luciano Bacchetta e l'assessore alle Politiche sociali, Luciana Bassini, hanno ringraziato le sorelle per il prezioso lavoro editoriale "di grande significato storico, culturale e sociale e per la loro presenza plurisecolare accanto alla comunità locale". Il calendario potrà essere richiesto scrivendo a questa mail: calendario.svg@gmail.com. Altre informazioni direttamente sul profilo Facebook del monastero o al sito www.santaveronicagiuliani.it, info@santaveronicagiuliani@gmail.com. Le offerte saranno destinate alla manutenzione del Monastero e al riscaldamento. [gallery ids="58824,58823,58822,58821,58819"]

Monasteri e presenze religiose nel Rione San Giacomo nel centro storico di Città di Castello

Il monastero delle Cappuccine di Città di Castello si trova nel rione San Giacomo, che è il quartiere settentrionale del centro storico. Ancora oggi questa parte della città si caratterizza per un’altissima densità di presenze religiose, alcune delle quali affondano le proprie radici in un passato molto lontano. A poche decine di metri dal seicentesco monastero di Santa Veronica Giuliani, infatti, si trova quello cinquecentesco di Santa Chiara, a sua volta edificato ampliando un precedente monastero di benedettini vallombrosani risalente al XI secolo. Nel ‘500 vi venne trasferito il monastero di Santa Chiara che si trovava in via Trastevere e nel 2005 le Clarisse sono state sostituite da una comunità di suore Francescane dell’Immacolata, che prosegue la storia di clausura, preghiera e vita comunitaria. All’interno del reticolato dei vicoli si trova il terzo monastero, quello di Santa Cecilia, dove una comunità di Clarisse Urbaniste segue la regola che papa Urbano IV diede nel 1263 all’ordine fondato da santa Chiara d’Assisi. Oggi le monache esercitano anche l’ospitalità per i pellegrini che annualmente compiono il pellegrinaggio francescano tra La Verna e Assisi. A San Giacomo, inoltre, ha sede la casa madre delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore, congregazione fondata nel 1915 dal beato Carlo Liviero, vescovo di Città di Castello, oggi presente in vari Paesi di Europa, Africa e America, dove le suore, nelle forme proprie del nostro tempo, proseguono il carisma di evangelizzazione, educazione e servizio alla persona lasciato loro dal fondatore. Queste comunità sono formate da una sessantina circa di donne, di varia età e provenienza geografica, la cui presenza costituisce una delle caratteristiche più peculiari di questa parte di Città di Castello. Parlando del quartiere, infine, non si possono dimenticare il santuario della Madonna delle Grazie, patrona della città e della diocesi, e il seminario vescovile che, cessata l’attività educativa nel 1976, ospita oggi l’Archivio storico diocesano (con documenti a partire dall’anno 1048, che occupano 500 metri di scaffalature), la biblioteca diocesana “Storti-Guerri” (ricca di 50.000 volumi dei secoli XV-XXI) e il centro studi “Santa Veronica Giuliani”. Luoghi religiosi che, in vario modo, contribuiscono a definire l'identità locale e a vivacizzare la vita culturale e sociale.]]>
“Il 500 a Terni – Livio Agresti”, appuntamento on line sui canali della diocesi di “IncontrArti oltre l’immagine” https://www.lavoce.it/il-500-a-terni-livio-agresti-appuntamento-on-line-sui-canali-della-diocesi-di-incontrarti-oltre-limmagine/ Thu, 07 Jan 2021 12:15:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=58790 L'opera di Livio Agresti

TERNI - Il 7 gennaio dalle ore 17, sui canali social della diocesi di Terni-Narni-Amelia del Museo diocesano, il dott. Michele Benuccia illustrerà “Il 500 a Terni, Livio Agresti e il dipinto: 'Circoncisione di Gesù Bambino alla presenza dei Santi Monica e Agostino'” del 1560 conservato nel Museo diocesano e capitolare di Terni, proveniente dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta, già nel monastero di Santa Monica in Terni.

La tavola

La tavola raffigura Sant’Agostino e Santa Monica, mentre assistono alla circoncisione di Gesù nel tempio. Il Bambino è tenuto in piedi dalla Vergine, vicino a quest’ultima è raffigurata Sant’Anna. La tavola riporta due iscrizioni: una, datata al 1555 in cui si ricorda la committente, Nunziangela la quale destinò la propria dote per la pala d’altare, l’altra è composta dalla firma dell’artista e dalla data di esecuzione del dipinto. Livio Agresti, conosciuto anche con il nome di Ricciutello, nacque nel 1508 a Forlì. La sua formazione avviene in Romagna, su modelli raffaelleschi, successivamente si iscrive all’Accademia di San Luca a Roma. Questo evento rientra nel programma pensato dai Musei ecclesiastici umbri (Meu) nell’ambito del progetto “IncontArti oltre l’immagine” sostenuto e promosso dalla Regione Umbria. Attraverso un ricco programma di eventi culturali, i nove musei che vi partecipano stanno accompagnando le persone in questo tempo di Natale ad andare oltre l’opera d’arte ed entrare così nel mistero che rappresenta. L'appuntamento on line sulla pagina Facebook, canale Youtube e sito web della diocesi di Terni-Narni-Amelia.]]>
L'opera di Livio Agresti

TERNI - Il 7 gennaio dalle ore 17, sui canali social della diocesi di Terni-Narni-Amelia del Museo diocesano, il dott. Michele Benuccia illustrerà “Il 500 a Terni, Livio Agresti e il dipinto: 'Circoncisione di Gesù Bambino alla presenza dei Santi Monica e Agostino'” del 1560 conservato nel Museo diocesano e capitolare di Terni, proveniente dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta, già nel monastero di Santa Monica in Terni.

La tavola

La tavola raffigura Sant’Agostino e Santa Monica, mentre assistono alla circoncisione di Gesù nel tempio. Il Bambino è tenuto in piedi dalla Vergine, vicino a quest’ultima è raffigurata Sant’Anna. La tavola riporta due iscrizioni: una, datata al 1555 in cui si ricorda la committente, Nunziangela la quale destinò la propria dote per la pala d’altare, l’altra è composta dalla firma dell’artista e dalla data di esecuzione del dipinto. Livio Agresti, conosciuto anche con il nome di Ricciutello, nacque nel 1508 a Forlì. La sua formazione avviene in Romagna, su modelli raffaelleschi, successivamente si iscrive all’Accademia di San Luca a Roma. Questo evento rientra nel programma pensato dai Musei ecclesiastici umbri (Meu) nell’ambito del progetto “IncontArti oltre l’immagine” sostenuto e promosso dalla Regione Umbria. Attraverso un ricco programma di eventi culturali, i nove musei che vi partecipano stanno accompagnando le persone in questo tempo di Natale ad andare oltre l’opera d’arte ed entrare così nel mistero che rappresenta. L'appuntamento on line sulla pagina Facebook, canale Youtube e sito web della diocesi di Terni-Narni-Amelia.]]>