Chiara Lubich Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/chiara-lubich/ Settimanale di informazione regionale Fri, 21 Jul 2023 15:01:50 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Chiara Lubich Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/chiara-lubich/ 32 32 Il sogno di Nina diventa realtà https://www.lavoce.it/il-sogno-di-nina-diventa-realta/ Thu, 09 Jul 2015 08:46:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=38044 Nina e la sua piccola con le suore Figlie della Carità
Nina e la sua piccola con le suore Figlie della Carità

A “Casa San Vincenzo” c’è una giovane del Camerun con la sua bambina. Sono Nina Tchamba Talla, di religione cristiana, e la figlia, Nathanaelle (nome non casuale), arrivate lì la Vigilia di Natale.

“Erano da poco passate le diciotto dello scorso 24 dicembre, – raccontano le Figlie della Carità – quando Nina e la sua piccola Nathanaelle, nata due giorni prima, sono entrate nella nostra casa, accompagnate da una volontaria della Caritas subito dopo essere state dimesse dall’Ospedale…

È stata una bella sorpresa per tutta la comunità, che ha accolto mamma e figlia come un dono di Dio giunto alla Vigilia di Natale, ricevuto con tanta gioia e riconoscenza”.

A segnalare il “caso” di Nina sono stati i Servizi sociali del Comune di Perugia, che seguivano Nina fin da quando dimorava in una struttura universitaria di accoglienza.

Dopo aver dato alla luce Nathanaelle, Nina aveva necessità di essere accompagnata giorno per giorno in questa nuova fase della sua vita e la “Casa San Vincenzo” è l’ambiente che meglio si prestava a questo tipo di aiuto.

Le Figlie della Carità, con il sostegno della Caritas, per questa giovane ospite e la sua bambina hanno pensato un “progetto di vita” attraverso il quale Nina ha potuto completare, a pieni voti, gli studi universitari senza rinunciare a tenere la bambina con sé.

Nina ha trovato nella “Casa San Vincenzo” il sostegno morale e materiale per realizzare un suo sogno, quello di conseguire la Laurea magistrale in “Relazioni internazionali e cooperazione allo sviluppo”, dopo aver conseguito la triennale in “Comunicazione internazionale” nel 2012, sempre presso l’Università di Perugia e in Camerun la laurea in Lingue.

Nina parla correttamente il francese, l’inglese e l’italiano ed ha una discreta conoscenza del tedesco e dello spagnolo. È giunta a Perugia nel 2009 per approfondire i suoi studi accademici e lo scorso 15 aprile nella discussione della tesi ha richiamato l’attenzione dell’intera commissione di laurea nell’illustrare lo “Studio dell’immagine della violenza nelle opere ‘I dannati della terra’ di Frantz Fanon e ‘Sulla violenza’ di Hannah Arendht”, sviluppando il filone storico e filosofico dei due autori, in particolare prendendo in esame le loro “tesi” contrapposte e, nel contempo, complementari sul tema della pace.

“Difronte a polemiche e differenze di pensiero e scontri ideologici – evidenzia la dottoressa Nina Tchamba Talla – bisogna sempre usare la parola, quindi il dialogo, e non la violenza. La pace è molto manipolabile, fragile e prima di proporla occorre averla internamente. Si parte dal livello personale per raggiungere la collettività e la società più ampia”.

L’obiettivo di Nina è quello di contribuire al “riscatto culturale” delle donne del suo Paese. E lo vuole fare ritornando in Camerun, insegnando all’Università e per questo ora il suo desiderio è quello di poter proseguire gli studi in Italia, possibilmente a Perugia, cercando di ottenere il Dottorato di ricerca.

Nina sa che non sarà facile, però la speranza è tanta. In Italia non ha solo studiato, ha svolto attività sia di volontariato per disabili, a Piacenza, che di interprete e traduttrice, a Perugia.

A Nina abbiamo chiesto perché ha scelto il nostro Paese per raggiungere il suo obiettivo. “In Camerun ho conosciuto e frequentato il movimento dei Focolari di Chiara Lubich – risponde –, un’esperienza che mi ha incoraggiato a venire in Italia per studiare le materie delle relazioni internazionali, in quanto con i Focolarini ho conosciuto le realtà delle ONG”.

Nina, che ha scritto la tesi di laurea tra le mura di “Casa San Vincenzo” mentre le Figlie della Carità l’aiutavano a prendersi cura della sua Nathanaelle, ha da poco iniziato uno stage, presso un’azienda locale, promosso dall’Università di Perugia per l’“Attrazione di talenti stranieri per la promozione del marchio italiano all’estero”.

E questo stage, per lei molto importante professionalmente, può farlo grazie ancora al sostegno morale e materiale che “Casa San Vincenzo” e la Caritas diocesana le stanno fornendo, rientrando – come accennato all’inizio – in quel “progetto di vita” pensato per Nina, che non si stanca di dire “grazie” a chi le ha dato dato l’opportunità di realizzare il suo sogno.

 

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Uno per Uno per Uno = Uno https://www.lavoce.it/uno-per-uno-per-uno-uno/ Tue, 26 May 2015 13:37:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=34121 Abbiamo constatato che, con l’Ascensione, Gesù manda i discepoli in tutto il mondo assicurando loro la sua presenza nel loro agire; abbiamo meditato che la Pentecoste è il momento del dono dello Spirito alla Chiesa nascente e a quanti accolgono l’invito ad amare come Egli ama.

Oggi, festa della santissima Trinità, contempliamo e gioiamo di questo “gioco d’amore” tra il Padre, il Figlio e lo Spirito santo guardando a Dio nella Sua intima relazione triadica, fatto Uno dall’amore. Gesù ci invita a entrare e immergerci in questa circolarità d’amore per scoprirne la bellezza, le conseguenze sulla nostra vita. Una comunione, quella delle tre Persone divine, che non resta tra sé e sé, ma invita ciascuno di noi a prenderne parte, misticamente.

La Trinità, questa straordinaria “famiglia”, nel Suo disegno salvifico ha scelto di entrare nella storia degli uomini per essere un tutt’uno con noi, e trasformarci in figli di Dio. Oggi questa festa ci interroga più che mai sulla grande sfida che viviamo in un contesto dove sembra massima la difficoltà e la frammentazione dei rapporti, dove l’individualità è assolutizzata, dove la diversità fa paura, anche quella tra uomo e donna; ma dove l’anelito e la condizione di vivere assieme, gli uni accanto agli altri, ha una dimensione globale come mai fino ad ora. Il Vangelo dunque ci rivela la Trinità non tanto e solo come una verità da credere, ma come una realtà da vivere.

Don Tonino Bello scriveva: “Secondo una suggestione semplicissima e splendida, nella Trinità non c’è Uno più Uno più Uno, uguale a Tre. Ma c’è Uno per Uno per Uno, che fa sempre Uno. Quando si vive veramente l’uno per l’altro, densificando questo rapporto di oblatività, la comunione raggiunge il vertice”.

La Trinità è un’esperienza di amore che solo amando possiamo comprendere, trovandovi luce per affrontare le sfide che ci sorprendono, e da riversare sugli altri. Come persone singole, come sposi, come comunità, dobbiamo entrare sempre di più nel dinamismo trinitario donatoci da Gesù con la sua morte e risurrezione, per sperimentarne le innumerevoli conseguenze – oltreché spirituali – culturali, relazionali, sociali, economiche, familiari, in un’esistenza resa nuova e plasmata dal “dimorare nel seno della Trinità”. L’esperienza mistica della Trinità, infatti, vissuta nella dimensione comunitaria, può aprire prospettive inedite e feconde di novità per tutte le dimensioni della vita umana, aiutandoci a trovare risposte ai più spinosi interrogativi dell’uomo di oggi, come l’incontro fra culture diverse, necessario e urgente per la pace universale e per la civiltà globale. E così, anche attraverso un nuovo umanesimo, l’umanità assaporerà in tutta la sua ricchezza il dono ricevuto dall’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù.

Da questo si comprende l’enorme portata dell’annuncio del Vangelo della Trinità, e della responsabilità che la comunità cristiana e la Chiesa hanno nei confronti dell’intera famiglia umana. La grande missione di “fare discepoli tutti i popoli”, figli dell’unico Dio che è Padre, Figlio e Spirito santo, è dunque di estrema attualità anche oggi.

È proprio Gesù con la sua vicinanza, che incoraggia i discepoli “turbati” e dubbiosi e trasmette loro il potere ricevuto dal Padre. Così come, se facciamo esperienza della sua presenza nell’eucaristia, nella Parola, nella fraternità della comunione, nella missione, Egli oggi farà fiorire anche il deserto. E la vita trinitaria che fluisce liberamente, nei luoghi della comunione, genera l’unità che è il segno della Sua presenza fra noi, e il dono supremo che attira sulla terra la vita del Cielo e affascina: “L’unità, che divina bellezza! Chi potrà mai azzardarsi a parlare di lei? È ineffabile! Si sente, si vede, si gode, ma è ineffabile. Tutti godono della Sua presenza, tutti soffrono della Sua assenza. È pace, è gaudio, è ardore, è amore, è clima di eroismo, di somma generosità. È Gesù tra noi!… E io mi sono resa conto che oggi il mondo che non crede, o che crede diversamente, è particolarmente toccato da questa presenza di Gesù” (Chiara Lubich).

 

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Spirito maestro di amore https://www.lavoce.it/spirito-maestro-di-amore/ Tue, 19 May 2015 09:23:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=33662 La liturgia propone un brano del Vangelo di Giovanni che è parte del lungo discorso di commiato che Gesù fa ai suoi, tutto incentrato sull’amore, che egli svela nella sua natura più profonda e dona come suo testamento. A un certo punto Gesù annuncia il dono dello Spirito santo, che chiama Paràclito. Il discepolo di Gesù ha questo di grande: sa di essere attirato dentro questa circolarità d’amore che è Dio Trinità.

“Paràclito” (dal greco) significa: chiamato in difesa, chiamato accanto, chiamato in aiuto, quindi difensore, consolatore. Lo Spirito santo ci difende e ci consola “oggi”, rimanendo con noi sempre, insegnandoci ogni cosa, ricordandoci tutto ciò che Gesù ci ha detto. Lo Spirito rimane sempre con noi, ci conforta, lenisce i nostri dolori e ci reca sollievo, allontanando da noi quel senso di turbamento che ci può prendere per ciò che di “poco buono” o apparentemente incomprensibile accade attorno a noi, illuminandolo con la luce della parola che Gesù ci ha insegnato, richiamandola alla memoria e facendocela rivivere.

“Questo ricordare nello Spirito e grazie allo Spirito – afferma Papa Francesco – non si riduce a un fatto mnemonico; è un aspetto essenziale della presenza di Cristo in noi e nella sua Chiesa. Lo Spirito di verità e di carità ci ricorda tutto ciò che Cristo ha detto, ci fa entrare sempre più pienamente nel senso delle sue parole. Noi tutti abbiamo questa esperienza: un momento, in qualsiasi situazione, c’è un’idea e poi un’altra si collega con un brano della Scrittura… È lo Spirito che ci fa fare questa strada: la strada della memoria vivente della Chiesa. E questo chiede da noi una risposta: più la nostra risposta è generosa, più le parole di Gesù diventano in noi vita, diventano atteggiamenti, scelte, gesti, testimonianza. In sostanza, lo Spirito ci ricorda il comandamento dell’amore, e ci chiama a viverlo”.

Lo Spirito santo, pertanto, ci difende dalla mentalità del “mondo” che ci chiama a pensare a noi stessi, al proprio piacere, alla propria carriera, all’affermazione di sé, alla propria gloria. Ci spinge a vivere e a impegnarci a testimoniare nel nostro ambiente i valori che Gesù ha portato sulla terra: potrà essere lo spirito di concordia e di pace, di servizio ai fratelli, di comprensione e di perdono, di onestà, di giustizia, di correttezza nel nostro lavoro, di fedeltà, di purezza, di rispetto verso la vita, ecc.

Ancora Papa Francesco: “Lo Spirito ci fa parlare con gli uomini nel dialogo fraterno. Ci aiuta a parlare con gli altri riconoscendo in loro dei fratelli e delle sorelle; a parlare con amicizia, con tenerezza, con mitezza, comprendendo le angosce e le speranze, le tristezze e le gioie degli altri”. Ma c’è di più: lo Spirito santo ci fa parlare anche agli uomini nella profezia, cioè facendoci “canali” umili e docili della Parola di Dio. La profezia è fatta con franchezza, per mostrare apertamente le contraddizioni e le ingiustizie, ma sempre con mitezza e intento costruttivo. Penetrati dallo Spirito di amore, possiamo essere segni e strumenti di Dio che ama, che serve, che dona la vita. Dunque Gesù ci dona lo Spirito, che agisce in noi facendoci uomini “nuovi” la cui caratteristica saliente è proprio la carità.

È lo Spirito santo che diffonde in noi l’amore e ci fa capaci di amare. Quell’amore che noi, per Suo desiderio, dobbiamo mantener acceso nei nostri cuori. E com’è questo amore? Non è terreno, limitato; è amore evangelico. È universale come quello del Padre celeste, che manda pioggia e sole su tutti, sui buoni e sui cattivi, inclusi i nemici. È un amore che non attende nulla dagli altri, ma ha sempre l’iniziativa, ama per primo. È un amore che si fa uno con ogni persona: soffre con lei, gode con lei, si preoccupa con lei, spera con lei. E lo fa, se occorre, concretamente, a fatti. Un amore quindi non semplicemente sentimentale, non di sole parole. Un amore per il quale si ama Cristo nel fratello e nella sorella. È un amore, ancora, che tende alla reciprocità, a realizzare con gli altri l’amore reciproco.

È quest’amore che, essendo espressione visibile, concreta, della nostra vita evangelica, sottolinea e avvalora la parola che poi potremo e dovremo offrire per evangelizzare. Citando la serva di Dio Chiara Lubich, ci piace ringraziarlo così: “Vogliamo stare con te… ‘Ottimo consolatore, ospite dolce dell’anima, dolce refrigerio’, Tu sei la luce, la gioia, la bellezza. Tu trascini le anime, tu infiammi i cuori e fai concepire pensieri profondi e decisi di santità con impegni individuali inattesi. Tu operi quello che molte prediche non avrebbero insegnato. Tu santifichi”.

 

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Sposi chiamati da Dio https://www.lavoce.it/sposi-chiamati-da-dio/ Thu, 16 Apr 2015 09:29:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31495 La famiglia Giannetti
La famiglia Giannetti

Con il tempo liturgico pasquale, che proseguirà fino a Pentecoste (24 maggio), dalle pagine de La Voce un nuova famiglia comincia a commentare per noi il Vangelo e le letture della domenica. Ringraziando ancora i coniugi Segoloni – Ruta che ci hanno accompagnati nelle settimane precedenti, andiamo a fare la conoscenza della famiglia Giannetti.

Elio, medico, e Letizia, insegnante, sono sposati dal 1978. Hanno due figli grandi: Stefano, sposato con Alessia, con a loro volta due gemelline di 3 anni; Maria Stella, sposata con Giovanni, in attesa di adottare due gemellini del Vietnam. Quali i vostri impegni nella comunità ecclesiale? “Prima del matrimonio – rispondono Elio e Letizia – ci occupavamo di pastorale giovanile nella rispettiva diocesi di origine. Arrivati a Spoleto, siamo entrati a far parte della Pastorale sanitaria e di quella scolastica e, insieme, della Pastorale familiare”.

Elio è stato incaricato della Consulta regionale dei laici, e con Letizia ha partecipato al Convegno di Verona. Subito dopo Verona, è stato chiesto loro di prestare sevizio – insieme a padre Luciano Temperilli – nella Pastorale familiare regionale, che per otto anni hanno rappresentato all’interno della Consulta nazionale di pastorale della famiglia. “Siamo famiglia – proseguono – da 37 anni. Famiglia nata da un matrimonio scelto come risposta a una chiamata personale e prioritaria di Dio, condivisa nel nostro progetto d’amore.

“L’esperienza del Mistero pasquale e del suo dinamismo sono stati il leitmotiv del nostro rapporto fin da fidanzati, avendo scoperto da allora quanto la nostra storia d’amore umano avesse a che fare con quello offertoci da Dio in Gesù attraverso l’evento della sua morte e risurrezione, e trovasse in Lui la sorgente inesauribile e profonda. Determinanti sono stati l’incontro della spiritualità di Chiara Lubich e il lungo impegno ecclesiale a servizio della famiglia. Tutte le stagioni della nostra vita di famiglia – dicono ancora Letizia ed Elio -, dall’arrivo dei due figli (ora sposati) a quello delle malattie, anche gravi, ai lutti dei cari, alle crisi del rapporto, ai numerosi momenti di festa, le vacanze insieme, le celebrazioni dei sacramenti, l’impegno ecclesiale… insomma, tutta la vita coniugale è impregnata e scandita dal comandamento che Gesù ci ha consegnato durante l’Ultima Cena, reso vivibile grazie alla sua presenza come Crocifisso-Risorto nella vita quotidiana”.

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Due o più, uniti nel Suo nome https://www.lavoce.it/commento-al-vangelo-31/ Thu, 04 Sep 2014 13:26:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27775 Solo l’amore corregge il fratello; l’ammonizione efficace è quella fatta per amore. Il Signore, nell’Apocalisse, dice: “Io tutti quelli che amo li rimprovero”. La pecorella perduta indica, prima di ogni altra cosa, l’amore di chi si è messo in giro a cercarla. Nella vita capita in continuazione che qualcuno abbia commesso una colpa contro di noi, ma bisogna cercare di parlare, cucire, ricominciare, tentare, mai arrendersi. C’è sempre una speranza. Come nella parabola in cui l’agricoltore chiede al padrone di aspettare a tagliare l’albero per vedere se, lavorandogli un po’ intorno, non possa portare ancora frutti. L’amore chiede ricerca e fatica, per non lasciare nulla d’intentato pur di trovare la strada che porta al cuore del fratello.

La volontà del Signore è che non si perda neppure uno dei suoi piccoli; per questo mai bisogna pensare che non c’è più nulla da fare e mai dobbiamo stancarci di provare e tentare. L’altro è essenziale, occorre perché solo “dove due o tre” sono riuniti nel nome di Gesù, lì il Signore si fa presente. Dobbiamo farci carico del fratello; forse è questa la croce che il Signore ci invita a prendere ogni giorno e a seguirlo. Il fratello che sbaglia va riportato, con la correzione fraterna, nella casa della comunione, o almeno alla ricerca di essa. I due o tre che si accordano – letteralmente “che fanno sinfonia” – sono appunto in comunione, hanno ricostituito l’unità e Gesù è “in mezzo a loro”. Sono anche le ultime parole del Vangelo di Matteo e dicono la presenza permanente del Signore in mezzo a noi.

È un grande dono non essere soli. Anche la Parola ha bisogno di poggiare su due o tre testimoni, nel senso che si nutre del rapporto vicendevole, nel bene e nel male. Se il bene è d’esempio, il male scandalizza e ferisce. L’altro è sempre coinvolto, e la fatica di riguadagnarlo dice che con lui bisogna ricominciare da capo, come se fosse un pagano. Ma resta sempre “fratello”. L’ultimo verso mette un sigillo meraviglioso. L’essere uniti nel Nome è già opera divina, opera dello Spirito santo. Anzi è la Sua presenza. La preghiera che i due o tre rivolgono al Padre per chiedere qualcosa è con Gesù, il Figlio prediletto, in mezzo a noi.

“‘Dove due o più’… Gesù non specifica chi. Egli lascia l’anonimato. ‘Dove due o più’… chiunque essi siano: due o più peccatori pentiti che si uniscono nel nome suo; due o più ragazze come eravamo noi; due, di cui uno è grande e l’altro piccolino… Dove due o più… E nel viverle, abbiamo visto crollare barriere su tutti i fronti. Dove due o più… di patrie diverse; e crollavano i nazionalismi. Dove due o più… di razze diverse: e crollava il razzismo. Dove due o più … anche fra persone che di per sé sono sempre state pensate opposte per cultura, classi, età… Tutti potevano, anzi dovevano unirsi nel nome di Cristo” (Chiara Lubich).

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In Umbria i genitori della beata Chiara Luce Badano https://www.lavoce.it/in-umbria-i-genitori-della-beata-chiara-luce-badano/ Fri, 23 May 2014 12:28:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25046 La testimonianza dei coniugi Maria Teresa e Ruggero Badano
La testimonianza dei coniugi Maria Teresa e Ruggero Badano

Il teatro Pavone di Perugia, lunedì 19, era pieno di giovani arrivati per ascoltare la testimonianza dei genitori di Chiara Luce Badano. Il responsabile della Pastorale giovanile, don Riccardo Pascolini, ha salutato i presenti a nome del card. Bassetti – impegnato a Roma – i genitori Maria Teresa e Ruggero Badano. Ad aprire la serata sono stati due ragazzi, facenti parte del gruppo musicale Big (acronimo di Brothers in God, “Fratelli in Dio”), con un brano scritto di loro pugno. La beata Chiara Luce: chi è questa ragazza che oggi influenza la vita di molti giovani con la sua testimonianza viva? Praticava pattinaggio artistico a Sassello, fino a quando, a 17 anni, non le venne diagnosticato un male tremendo, un osteosarcoma… A parlare sul palco del teatro Pavone erano in quattro: oltre ai genitori, Chicca, la migliore amica di Chiara, e Franz, il fratello di Chicca.

Ognuno di loro ha ricordato con emozione, ma senza lasciarsi sfuggire lacrime, i momenti più indicativi della vita di Chiara Luce, sia prima che dopo la malattia. Si respirava commozione, vicinanza tra i giovani e quei genitori che erano lì a trasmettere una parte significativa, indelebile e intima della loro vita, un dono che è stato apprezzato da tutti i presenti e ricordato dalla madre come un desiderio di Chiara. Parlando degli ultimi attimi di vita della figlia, infatti, ha ricordato come Chiara volesse salutare tutti quelli che erano venuti a incontrarla per l’ultima volta, e come salutò in maniera più profonda i giovani: “I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi”. Importante per tutti i presenti la presa di coscienza di quella ragazza che con la sua migliore amica si raccontava i progetti di una vita futura quali avere una famiglia, viaggiare il mondo come hostess o fare la pediatra in Africa, e che dopo soli venticinque minuti dalla presa di coscienza della malattia, ha detto il suo “sì” a Dio, alla sua sofferenza, al suo futuro ormai scritto che l’attendeva. Futuro che ha sempre affrontato con gioia, con il sorriso che la caratterizzava e che tuttora la caratterizza nelle foto e nel ricordo di chi l’ha conosciuta.

La testimonianza di questa ragazza ha fatto nascere nei presenti domande, quali: come è possibile che io, che ho tutto, non riesca a dire il mio sì continuo a Dio? Come ha fatto Chiara Luce ad avere questa forza immensa, questa gioia contagiosa, questa capacità di andare serenamente incontro alla malattia e dare la capacità di affrontare la situazione a chi la circondava, senza abbandonarsi allo sconforto? Qualcuno ritiene che centrale sia stato il rapporto con la madre, la quale, all’inizio della malattia, con le sue frasi di conforto ha potuto contribuire al miracolo della gioia di questa ragazza beata, che ha deciso di fare del suo funerale una festa, come un matrimonio, con il vestito bianco per il suo incontro con lo sposo Gesù, il quale “ti ha tolto le gambe per metterti le ali”. Questa una delle cose dette dalla madre a Chiara. In uno dei momenti decisivi nella cura all’osteosarcoma, alla richiesta della figlia di non lasciarle andare la mano, la madre rispose: “Non te la lascerò finché non sentirò che te l’ha presa la Madonna”.

Breve biografia

Iconiugi Badano, genitori della beata Chiara Luce, si trovavano in Umbria per ricevere il premio Santa Rita. Chiara Badano era nata il 29 ottobre 1971 a Sassello, in Liguria. A 9 anni scopre il movimento dei Focolari. Nell’estate 1988, durante una partita a tennis, un lancinante dolore alla spalla è il primo segno della malattia. Dopo la diagnosi scrive un biglietto: “Mamma Celeste, tu lo sai quanto io desideri guarire, ma se non rientra nella volontà di Dio, ti chiedo la forza a non mollare mai”. È in questo periodo che Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, le dà il “nome nuovo” di Luce, “perché nei tuoi occhi vedo la luce dello Spirito santo”. La ragazza morirà alle 4.10 del mattino del 7 ottobre 1990, dopo aver detto alla madre: “Ciao, sii felice, io lo sono”.

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Concluso a Budapest il Genfest 2012 https://www.lavoce.it/concluso-a-budapest-il-genfest-2012/ Thu, 20 Sep 2012 14:05:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=12851 A Budapest, la città dei ponti sul Danubio, si è conclusa la decima edizione del Genfest organizzato dai giovani del Movimento dei Focolari (GEN, Generazione Nuova) dal 31 agosto al 2 settembre. Si è svolto allo Sport Arena un palazzetto con una capienza di 12.000 posti, pienissimo!

“Let’s bridge!” (“Costruire ponti!”) il tema scelto per l’incontro.

Le nazioni rappresentate erano 104 (41 i paesi extraeuropei); i giovani cristiani erano di diverse chiese, di religioni non cristiane ed anche di convinzioni non religiose.

Con lo sventolio di sciarpe e bandiere in un grande e simbolico flashmob sullo storico Ponte delle Catene, i 12.000 giovani presenti (5.000 dall’Europa occidentale – dall’Umbria eravamo 70 – 3.500 dall’Europa orientale, 850 dall’Asia, 1.300 dalle Americhe, un centinaio dall’Africa e un piccolo gruppo anche dall’Oceania, 250 dal Medio Oriente), hanno voluto manifestare l’impegno a costruire relazioni di fraternità tra singoli e gruppi, nei 104 Paesi di provenienza.

Migliaia di ponti, quindi, ovunque.

Anche Benedetto XVI, nel suo messaggio, ha augurato ai giovani di trovare nella bellissima città di Budapest un “segno di speranza” e un’ispirazione al dialogo con chi proviene da altri contesti e culture. Una delegazione internazionale è stata accolta al Parlamento ungherese e la Presidente della Conferenza Generale dell’UNESCO Katalin Bogyay ha voluto donare ai partecipanti un saluto e un vivo incoraggiamento a proseguire sugli obiettivi che ci si era posti. Anche il Nunzio, il vescovo luterano, l’Ambasciatrice italiana in Ungheria, il ministro ungherese degli affari esteri Martonyl Jànos hanno voluto rivolgere un messaggio di benvenuto. Il Ministro diceva: “Le sfide sono globali, le risposte sono legate ai valori universali (…). Constatiamo la cultura del sospetto, dell’odio, a questo bisogna rispondere con la cultura dell’amore (…). Attraverso questa straordinaria , iniziativa, attraverso il vostro amore, riscopriamo il nostro”.

Questo Genfest 2012 è entrato nel vivo della rete tramite una diretta satellitare mondiale, ripresa da 4 televisioni nazionali e regionali, una diretta streaming in 8 lingue, una Web TV 7; facce e voci dei presenti alla Sport Arena sono state lanciate sul web insieme al messaggio di fraternità, raggiungendo tramite sette profili facebook ufficiali, un totale di oltre quattro milioni di interazioni (portata), relative a 762.074 utenti, e a più di un milione e duecentomila post; twitter (con picchi di un tweet al secondo nei momenti salienti), youtube, il sito ufficiale e la diretta streaming, almeno 450.000 persone in tutto il mondo. Gli accessi alle dirette su internet hanno superato quota 24.000, in molti casi relativi a gruppi di giovani che non potendo essere presenti a Budapest si riunivano nelle proprie città per partecipare in questo modo al Genfest. L’hanno seguito anche da Mogadiscio in uno dei dispensari tenuto da Medici senza frontiere: saputo del Genfest attraverso twitter hanno investito nel collegamento 45’ delle due ore giornaliere in cui ricevono la corrente elettrica; e medici infermieri e pazienti si sono radunati per seguire “qualcosa che dà speranza”.

Giornate “incredibili”, “forti”, “spettacolari”, sono i commenti, aggettivi che riecheggiano nelle 27 lingue in cui il programma è stato tradotto in simultanea.

Una partecipazione diffusa, quindi. Un Genfest costruito in molteplici luoghi, come altrettanti “nodi propulsivi ”, il tutto caratterizzato da sobrietà e solidarietà in tempi di crisi: 3 mila volontari e 600 persone dello staff hanno reso possibile l’organizzazione e il Genfest si è autofinanziato attraverso i partecipanti, che hanno coperto le spese di viaggio e alloggio, lanciando una comunione dei beni mondiale per consentire la presenza anche ai ragazzi con problemi economici.

“Mi affascina vedere – dicono – che in questi giorni Twitter si è riempito di parole grandi, parole di unità”. “Nell’era delle nicchie e degli individualismi, in una società dell’attenzione dove migliaia di idee ogni giorno lottano per avere un posto in prima pagina, trovare tante persone disposte a regalare anche un solo attimo della loro vita per leggere un tweet o scrivere un post è un immenso capitale sociale che dà speranze per il futuro dell’umanità”.

La metafora della costruzione di ponti ha fatto da filo conduttore al programma.

Le storie dei giovani parlano chiaro. Si ascolta Bassem dell’Egitto, che con il progetto “Appartengo” coinvolge la popolazione di due quartieri della capitale, colorando il muro di una scuola per superare le tensioni seguite agli eventi di Piazza Tahrir; il messicano Willie, che si è visto uccidere il cugino nella scia di violenza della guerra al narcotraffico ma ha scelto di rispondere all’odio con l’amore; e ancora il giovane thailandese, che di fronte all’alluvione che nell’ottobre 2011 ha devastato il Paese si è rimboccato le maniche e insieme ad altre centinaia di ragazzi si è dato da fare per rafforzare gli argini che difendono Bangkok. Ma le voci sono tante, le scelte coraggiose, spesso controcorrente.

Si è deciso di lavorare insieme all’United World Project. Un impegno a cui si è apposto la propria firma, anche per il riconoscimento presso l’ONU di un “Osservatorio internazionale permanente” per promuovere e verificare quanto la fraternità sia messa in atto da singoli, gruppi e nazioni, ispirandosi alla “Regola d’oro”: “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”.

A questi giovani Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, si rivolge con profonda intesa e anche con un invito esigente: “Guardate in alto. Guardate lontano, è lì che troverete l’appiglio sicuro. Guardate all’amore che è Dio. Lui è l’unico che non vi delude…”. E ancora: “Non abbiate paura. Siate voi stessi ed entrate personalmente nella società… Il vostro contributo è unico, irripetibile… Siete chiamati ora a spendervi per qualcosa di immenso, lasciando dietro di voi qualcosa di immortale”. E suggerisce di passare subito all’azione con un amore concreto che inizia dalle piccole azioni che fanno grande la vita e incidono sulla società. Cita S. Massimiliano Kolbe: “Solo l’amore è creativo!”. E saluta con un pensiero di Chiara Lubich: “Occorre nel mondo un supplemento d’anima, un supplemento di amore. E questo dobbiamo portare!”.

Su un tweet immediato si legge: “E’ impossibile restare indifferenti. Possiamo cambiare il mondo, anche con piccoli gesti”.

Alla fine c’è stata una grande marcia per la pace (partendo dal Palazzetto dello Sport), attraverso le strade della capitale fino al Ponte delle Catene, simbolo della città.

I partecipanti erano di diverse chiese cristiane e diverse religioni. Il 2 settembre i giovani cattolici hanno partecipato ad una suggestiva celebrazione in Piazza Santo Stefano, presieduta dal cardinale Peter Erdö, contemporaneamente a liturgie cui gli altri cristiani hanno partecipato seconde le Chiese di appartenenza e ad un incontro dei giovani di altre religioni.

La conclusione del Genfest è un arrivederci a Rio alla GMG del 2013, con un minuto di raccoglimento e di silenzio per la pace, il time-out, mentre accanto al cardinale salgono altre autorità ecclesiali, delle Chiese ortodosse, evangeliche e anglicana, e giovani rappresentanti di altre religioni e di altre convinzioni. “Dio è il Creatore di tutti noi, è lo splendore della vita di tutti noi – ha detto il cardinale durante la Messa – E’ in Lui che tutta l’umanità può trovare la sua unità. In Lui siamo veramente fratelli”.

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Chiara di Assisi e Chiara Lubich, due carismi in comunione. https://www.lavoce.it/chiara-di-assisi-e-chiara-lubich-due-carismi-in-comunione/ Thu, 14 Jun 2012 18:41:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=11454
Chiara Lubich

In una giornata soleggiata, che diceva “chiarezza” e “clarità”, si è svolto il Convegno “Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: due carismi in comunione”, evento che viene ad arricchire l’Anno Clariano con cui si vuole fare memoria, nel centenario, della nversione e consacrazione a Dio di Chiara di Assisi. E attestare l’attualità del suo fascino.

Da qui il voler carpire il rapporto, meglio la comunione fra il carisma di Chiara di Assisi e di Chiara di Trento, Chiara Lubich. I richiami della seconda all’esperienza totalitaria e totalizzante della prima. Di grande interesse, quindi, la tavola rotonda introdotta dalle parole partecipi del sindaco Claudio Ricci e del vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino.

Una declinazione del tema a più voci. Il prof. P. Pietro Maranesi, OFM Cap., ha riflettuto con passione su “Francesco e Chiara: un carisma, due volti”, sulla dimensione profetica e rivoluzionaria che, di per sé, contesta le consuetudini di un’epoca. Sulla novità dirompente di categorie quali la “misericordia” e la “condivisione” che emergono dalla “conversione” di Francesco. Sul “viaggio” spirituale di Chiara che scopre la sua identità nel “volto” di Francesco: “…senza quel volto io non avrei un volto. Ho trovato Dio attraverso di lui”. Una rottura profetica la loro che, in una società medievale, porta dalla piramide alla circolarità. Altri tempi ma stessa operazione quella compiuta da Chiara Lubich. Lo dimostra la prof. Sr. Alessandra Smerilli, F.M.A, con “Il riflesso dei carismi nella storia e nella società”. La realtà di un carisma non è solo “grazia”, “gratuità”, ma sono “occhi che, in coloro che vivono un disagio, vedono qualcosa di bello e grande”. Da qui il fatto che i carismi diventino “apripiste nella frontiera dell’umano che spingono i suoi paletti sempre più in avanti” nella ricerca e nell’impegno. Essi, ancora, sono vie per l’emergere del femminile. ì è per le due Chiara: quella di Assisi riesce a far approvare nella sua regola l’inedita “altissima povertà”. Quella di Trento immette nella chiesa la grande novità che a presiedere un movimento ecclesiale, con dentro tutte le vocazioni, sia sempre una donna. Con realizzazioni laiche, squisitamente civili (vedi l’economia di comunione) che dicono quanto i carismi, ieri come oggi, siano dei volani che contribuiscono ad una società più umanae bella.

La bellezza, l’estetica, infatti, è insita nell’agire di un carisma. “Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: la comunione tra due carismi come sorgente di luce” è il tema della prof. Lucia Abignente del Mov. dei Focolari. A volo d’uccello ripercorre le molte analogie tra le due Chiara, quasi un rincorrersi nel loro aderire sempre più totalmente al Dio scoperto. “Altissima povertà e santa ubbidienza” per la prima. “Unità, di cui chiave è l’amore esclusivo a Gesù Abbandonato”, per la seconda. “Unione con Dio” per Chiara di Assisi. “Santità collettiva, di popolo” per Chiara Lubich. Una sintonia e comunione che travalica i secoli e fa a quest’ultima, in un periodo illuminativo della sua storia, descrivere la Chiesa come un “Cristo dispiegato” nel tempo e nello spazio, dove la varietà dei carismi corrisponde alla totalità del vangelo. Come un giardino fiorito.

“Claritas”, “clarificare”, parole che, nel linguaggio coniato da Chiara Lubich, invitano ad immettere la luce delle realtà spirituali nelle realtà temporali. E’ la convinzione, con cui si assiste, nel secondo atto, alla dedicazione a Chiara Lubich di un largo di strada nei pressi della Basilica Superiore di San Francesco, il che rimanda ad “allargare lo sguardo” secondo Michele Zanzucchi, moderatore della tavola rotonda. Nell’apportare la sua benedizione al “Largo Chiara Lubich” mons. Sorrentino si augura che sia “richiamo per tutti a considerare ogni strada come luogo di incontro e dialogo con tutti”. E il Sindaco Ricci vi vede “le pietre di Assisi, culla del francescanesimo, ricoperte oggi da un carisma in più, con lo stile dell’essere famigliain una declinazione economica e sociale”.

La giornata si chiude in bellezza al teatro Metastasio con il musical “Chiara di Dio” di Carlo Tedeschi , un viaggio vibrate di danze, ritmo e musica nella vita di Chiara d’Assisi, eseguito con convinzione da una compagnia di giovani che del suo messaggio si fanno testimoni.

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Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: due carismi in comunione https://www.lavoce.it/chiara-dassisi-e-chiara-lubich-due-carismi-in-comunione/ Fri, 08 Jun 2012 11:54:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=11258
Chiara Lubich

In occasione delle celebrazioni per l’VIII centenario della consacrazione a Dio di santa Chiara d’Assisi, si vogliono approfondire due spiritualità che, pur lontane nel tempo, sono vicine nello Spirito: il carisma di santa Chiara e quello recente di Chiara Lubich.

L’esperienza spirituale integrale di Chiara Lubich fonda le sue radici nell’esperienza francescana vissuta da giovane a Trento, sua città natale. Sempre grande è stato il suo amore per san Francesco e per santa Chiara, al punto che, attratta dalla scelta radicale di Dio della Santa d’Assisi, ne prende il nome (il suo nome di battesimo era infatti Silvia).

Il 9 giugno si svolge perciò un incontro al teatro Metastasio di Assisi (piazzetta Verdi, 1) con inizio alle ore 16. Dopo i saluti iniziali delle autorità (di mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, e di Claudio Ricci, sindaco della medesima città), avrà inizio un convegno dal titolo “Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: due carismi in comunione”. Interverranno il padre cappuccino Pietro Maranesi sul tema “Francesco e Chiara: un carisma, due volti”; la prof.ssa Lucia Abignente del movimento dei Focolari che parlerà di “Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: la comunione tra due carismi come sorgente di luce”. Successivamente suor Alessandra Smerilli, fma, affronterà il tema “Il riflesso dei carismi nella storia e nella società”. Modererà Michele Zanzucchi, direttore della rivista Città Nuova.

Pensando al legame speciale di Chiara Lubich con Assisi – anche per i convegni internazionali da lei indetti in questa città in varie occasioni – l’Amministrazione comunale ha deciso di dedicare a Chiara Lubich un tratto di strada nei pressi della basilica superiore di San Francesco. Alle 19 avverrà quindi la cerimonia di intitolazione del “largo Chiara Lubich” nei pressi della basilica superiore di San Francesco.

Alle 21.30 si concluderà l’iniziativa al teatro Metastasio con il notissimo musical di Carlo Tedeschi Chiara di Dio.

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Dare un’anima alla politica https://www.lavoce.it/dare-unanima-alla-politica/ Fri, 20 May 2011 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9363 Unità e federalismo sono due valori ma, senza un’anima che li racchiuda e li sostenga entrambi, contengono un rischio. Inoltre, nella nostra società e nella nostra cultura, dobbiamo recuperare il valore del limite, della limitazione reciproca, in ordine al raggiungimento di un bene superiore e più grande. Ad affermarlo l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, nel saluto che ha portato il 14 maggio al convegno “Unità, federalismo, fraternità: un percorso possibile” organizzato a Genova dal movimento dei Focolari, in occasione dei 10 anni dalla cittadinanza onoraria conferita dal capoluogo ligure a Chiara Lubich e per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Evitare il rischio della chiusura. “L’Unità – ha detto il Cardinale – è un grande valore ma, se non stiamo attenti, può diventare chiusura, c’è il rischio della possibilità di diventare chiusura, di diventare esclusione; così come il federalismo, altro grande valore all’insegna delle specificità, delle differenze virtuose, racchiude un rischio anch’esso perché può diventare dispersione”. Per “evitare il rischio e valorizzare il meglio di queste due realtà”, per “declinarle insieme, sul piano cultuale, politico, sociale” serve “un’anima che ispiri, che sia il grande valore dell’unità, del federalismo, per non dire diversità, localizzazione, specificità, tradizioni, storia”. Serve, ha aggiunto, “un’anima che dia prospettiva, visione, in modo da creare un progetto, e non solo un’intenzionalità immediata, per superare al meglio gli ostacoli, gli obiettivi immediati, gli interessi particolari”. Occorre “una visione, una prospettiva” perché, “senza un’anima, una moltitudine non diventa popolo, non esiste nazione e tanto meno Stato”. Occorre, ha spiegato ancora il porporato, “un’anima che fa da bussola, perché la storia non si ferma: bisogna accompagnarla, starci dentro in modo intelligente” come si vede, ha proseguito riferendosi alla cronaca sulle migrazioni di questi giorni, “questi cammini, questi movimenti nel Mediterraneo, non si fermano”.

La persona al centro. La bussola, ha quindi spiegato il porporato, è la persona e “la fraternità è un aspetto, all’interno di quella realtà molto più complessa, ricca e decisamente fondativa che è la persona. La persona – ha proseguito – nella visione cristiana, ma ormai, almeno a livello teoretico, anche di coscienza universale, è stata acquisita come centrale per cui, mai, può diventare mezzo, o strumento, ma sempre fine di tutto”. E, ha aggiunto, “storicamente parlando, la persona ha assunto la propria autocoscienza a partire dal cristianesimo, a partire dal Vangelo”. Tanto che ci sono molti autori e studiosi “di grande onestà e di provenienze diverse, anche lontane dalla visione cristiana, che, con molta semplicità, lo riconoscono”. È un modo “per avere un punto di riferimento che, al di là della fede diventa per tutti, a livello culturale, un criterio di giudizio perché il concetto di persona non si corrompa, strada facendo, piegandosi ad interessi culturali o altro ma rimanga centrale e quindi di tutti, per il bene della nazione e dell’uomo, e della società”. Il valore del limitarsi.

Il Cardinale ha poi messo in evidenza una categoria della persona, “della sua libertà e della fraternità che la impasta”. E la fraternità “diventa l’anima di ogni processo di unità e di diversità, di comunione e di federalismo, ed è quello per cui dobbiamo accettare di essere limitati, di limitarci gli uni gli altri perché ogni forma di rapporto, di convivenza, di socialità a tutti i livelli, contiene inevitabilmente la necessità di limitarci a vicenda, nella positività di un valore maggiore in cui tutti ci ritroviamo”. “Oggi – ha proseguito – tutti noi dobbiamo recuperare, nella nostra cultura, il valore del limitarci a vicenda non come un dato negativo e, quindi, da estromettere, istinto molto diffuso oggi, ma come un valore, una strada, in cui ritrovarci per una sintesi superiore, per un valore superiore e più grande. La nostra libertà, la libertà di ciascuno – ha concluso – ha bisogno della libertà degli altri per poterci, insieme, mentre ci limitiamo vicendevolmente, realizzarci ad un livello più grande. È il mio io, che incontrando il tu dell’altro, si ritrova in un noi più grande, ricco e costruttivo”.

La Carta di Genova.

Dopo i saluti delle autorità, si è svolta una tavola rotonda con la presentazione di un documento, la Carta di Genova, che sarà inviato al Parlamento, alla stampa, ai Comuni d’Italia e a quanti (associazioni o enti) vorranno aderirvi. Durante l’incontro sono state presentante anche alcune testimonianze di fraternità, concretizzate sia a livello istituzionale sia a livello di società civile, per dare evidenza che “il percorso della fraternità non è un’utopia ma una possibilità reale per la nostra società”.

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Famiglia, bene di tutti https://www.lavoce.it/famiglia-bene-di-tutti/ Fri, 25 Mar 2011 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9247 Se non per amore per necessità. Dovrebbe valere anche per la famiglia questa massima, per cui la politica, se non per convinzione, almeno per convenienza dovrebbe sostenere questa che è sempre stata definita “cellula della società” e che oggi in molti ritengono superata se non addirittura foriera di violenze. Intervento dopo intervento, sabato scorso al convegno sulla “Famiglia fulcro della società” che si è tenuto a Deruta si è sgombrato il campo da troppi luoghi comuni.

A cominciare dall’idea che la famiglia tradizionale non abbia futuro. È vero, ha ricordato Pietro Boffi del Centro studi sulla famiglia (Cisf), che ci si sposa di meno e più tardi, e nel giro di una generazione si è passati dai circa 8 matrimoni ogni mille abitanti del 1972 ai 4 ogni mille abitanti del 2008. Ed è vero anche che si fanno meno figli e che nel 2050 l’Italia sarà il Paese più vecchio al mondo, con 264 anziani ultra-65enni ogni 100 bambini da 0 a 14 anni, nonostante il contributo delle donne immigrate. Eppure, ha commentato Boffi, “questi numeri non dicono tutto”. In Italia recenti indagini Istat dicono che la famiglia per il 53% degli italiani non è una istituzione superata; il 90% di chi ha più di 14 anni si ritiene soddisfatto delle relazioni familiari, e tra i giovani la famiglia resta ai primi posti nella scala dei valori. Non solo. Sempre da indagini Istat emerge che le donne desiderano avere almeno 2 figli, in media, e che le convivenze non sono una scelta definitiva ma un passaggio verso il matrimonio, una specie di tempo di prova. Insomma, tra il desiderio e la realtà c’è una distanza dovuta sia a fattori culturali e psicologici che sociali. Occorre creare un circolo virtuoso – ha detto Boffi – con politiche rivolte alla famiglia che non siano spot ma con prospettive almeno ventennali.

“Tra le ideologie sulla famiglia che vanno per la maggiore e il sentire della gente c’è un abisso” ha detto il card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia (la sua relazione è disponibile nella sezione DOCUMENTI). “Vogliamo far parlare i fatti”, ha aggiunto, ed i fatti saranno raccolti con uno studio sui dati esistenti ed una nuova ricerca sociologica proposti alle Conferenze episcopali di alcuni Paesi con il progetto “La famiglia una risorsa per la società”. L’obiettivo, ha aggiunto il Cardinale, è mostrare come “la famiglia tradizionale quando è sostanzialmente sana, anche se non perfetta, produce benefici importanti per la società e sia ancora ritenuta la maggiore risorsa sociale e perciò meritevole del sostegno necessario”.

La famiglia è una “istituzione paradigmatica della gratuità e dell’amore” che “non solo dà alla società i cittadini, ma li educa alle virtù sociali” e per questo ha diritto ad un “adeguato riconoscimento culturale, giuridico, sociale ed economico” ha concluso Antonelli, ricordando le richieste delle associazioni familiari, dal fisco più equo alla conciliazione famiglia lavoro, dalla prevenzione dell’aborto al diritto al ricongiungimento familiare delle famiglie migranti. “Bisogna risparmiare, capisco, ma se nel decreto che verrà fatto tra dieci giorni non ritorneranno i 50 milioni di euro tagliati, ridò le deleghe e arrivederci a tutti” ha detto l’on. Carlo Giovanardi, sottosegretario al dipartimento per le Politiche per la famiglia, ribadendo il principio per cui devono essere fondi finalizzati alla famiglia in modo specifico.

Il confronto è proseguito nel pomeriggio con la tavola rotonda moderata dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. L’Italia si ritrova fanalino di coda in Europa per le politiche familiari e tirar su famiglia è diventata un’impresa. Chi ha famiglia è penalizzato, tra l’altro, rispetto a chi non ce l’ha, “ma qui – ha detto Tarquinio – vogliamo parlare di esperienze positive”. Sul palco del teatro di Deruta sono state presentate esperienze locali. Dall’associazione “Città per la fraternità” che punta a nuove relazioni politiche e istituzionali fondate sul carisma di comunione di Chiara Lubich, ha spiegato il vice presidente Stefano Cardinali, al Forum delle famiglie che sta promuovendo la rete dei Comuni a misura di famiglia (quattro in Umbria, ha detto il delegato del Forum dell’Umbria Ernesto Rossi); dal Comune di Montefalco che, con il sindaco Donatella Tesci ha aperto un dialogo con i ragazzi organizzati nel loro Consiglio comunale, al Comune di Parma che ha fatto della sua Agenzia per la famiglia un modello di lavoro in rete nel Comune e nella città, ha detto la responsabile Cecilia Greci; modello ripreso da altri Comuni italiani e in Europa. Parma si definisce “una città a misura di famiglia”, e lo fa ufficialmente, ha ricordato Greci, avendo approvato all’unanimità in Consiglio comunale il documento che racchiude le linee di indirizzo che mettono “la famiglia al centro del welfare di comunità”.Il convegno è stato organizzato dalle “Città in rete in terra d’Umbria”, dall’associazione Città per la fraternità, Forum delle associazioni familiari e Movimento politico per l’unità (Mpu), con il sostegno del Comune di Deruta e il patrocinio dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve al quale hanno portato il loro saluto l’arcivescovo Gualtiero Bassetti ed i presidenti del Forum Simone Pillon, il presidente del Mpu Elio Giannetti ed il sindaco di Deruta Alvaro Verbena.

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La Chiesa comunione la si realizza insieme https://www.lavoce.it/la-chiesa-comunione-la-si-realizza-insieme/ Thu, 28 Oct 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8850 Sabato 23 ottobre si è tenuto ad Assisi l’appuntamento “Carismi in comunione” occasione di incontro tra i movimenti ecclesiali e le Famiglie religiose, nel decimo anniversario dell’inizio della collaborazione tra Francescani e movimento dei Focolari. Alle ore 10 presso la basilica di S. Chiara è stata celebrata la messa presieduta dal card. Miloslav Vlk, che durante la conferenza stampa – coordinata da padre Enzo Fortunato – ha quindi sottolineato l’importanza di partire dalla Prima lettera ai Corinzi, capitolo 12, per non sottovalutare i carismi laicali. A essi possono aderire anche i vescovi… come è accaduto a lui, che è entrato a far parte del Focolare.

Valeria Martano, responsabile delle relazioni con i movimenti per la Comunità di S. Egidio, ha definito questo incontro “in controtendenza” rispetto al mondo in cui viviamo, fatto di persone sempre più sole e disgregate: “Noi invece rappresentiamo la tensione all’unità, e penso che questo sia un carisma in più chiesto a tutti i nostri movimenti”. Benedetto Lino, del Consiglio di presidenza Ciofs (Francescani secolari), ha sottolineato come la Famiglia francescana sia di per sé un laboratorio di comunione, perché è una famiglia di famiglie.

A sua volta, suor Viviana Ballarin, presidente nazionale Usmi (religiose), ha cercato di far comprendere come ogni carisma – in virtù del battesimo – è un dono dell’amore misericordioso di Dio: gratuito, in quanto non è qualcosa che si può possedere, così come la comunione. Il presidente nazionale del Cism (religiosi), don Alberto Lorenzelli, ha sollecitato prima di tutto a vivere la comunione nelle case e nelle province religiose e a testimoniarla, perché “in un mondo diviso e spesso frammentato, annunciare che la comunione è possibile è l’espressione più bella che noi consacrati possiamo offrire”.

Mario Landi, coordinatore nazionale del Rinnovamento dello Spirito, è quindi intervenuto ribadendo che una comunione evidente, concreta, mette ogni movimento in collegamento con gli altri.

Ha allora preso la parola mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, con una relazione su “Carismi in comunione per una Chiesa comunione”, che ha introdotto richiamando tre parole che hanno segnato il carisma di Francesco: la Parola di Dio, lo Spirito, l’edificazione. Ha citato alcuni testi biblici per far comprendere meglio il senso della comunione, relazione speciale che lega i membri della Chiesa tra loro e che va annunciata, essendo il cuore del mistero della Chiesa. Il modello di comunione che Gesù propone ai discepoli è l’unità trinitaria: “Che siano uniti come lo sono io con il Padre”, consapevoli del fatto che è lo Spirito il vero artefice di questa comunione articolata in una pluralità di ministeri e carismi. Ma, pur essendo diversi, “uno solo è lo Spirito e uno solo è il Signore, uno è Dio che opera tutto in tutti”. Ha sottolineato come l’istituzione ecclesiastica esprima la dimensione della stabilità, mentre i carismi la fantasia, ed è per questo che l’istituzione ha bisogno dei carismi per non appesantirsi, mentre essi hanno bisogno dell’istituzione per non disperdersi, come accadde a Corinto. Ha ricordato che, se Francesco non avesse messo in imbarazzo l’istituzione, obbligandola al discernimento, non avremmo avuto quel rinnovamento da cui la stessa Chiesa ha tratto e continua a trarre linfa vitale. I carismi sono doni della comunità e ad ognuno spetta coltivarli non in funzione di se stessi ma per il bene comune, ricordando che il carisma deve essere capace di spogliarsi di sé per poter vivere in funzione di tutti, dimenticando l’auto-referenzialità. Ha concluso parlando del “carisma dei carismi”: la carità, che consente di dimenticarsi per amore dell’altro, senza cercare il proprio interesse, perché perfino la fede che trasporta le montagne è nulla se non accompagnata dalla carità.

Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari, ha fatto un intervento su “Il carisma dell’unità di Chiara Lubich al servizio della comunione fra carismi antichi e nuovi” ricordando l’incontro avvenuto ad Assisi nel 2000, sottolineando come la conoscenza reciproca e la circolazione dei doni abbia portato alla scoperta della complementarietà dei carismi perché la Chiesa sia quella che deve essere: koinonìa. Senza dimenticare il ruolo di Maria, icona della Chiesa-comunione.

Padre José Rodriguez Carballo, ministro generale dei Conventuali, arrivato direttamente dal Sinodo di Roma, ha sottolineato come senza comunione – che è un’unione profonda nell’essenziale – non ci può essere testimonianza. “Ciascuno deve essere orgoglioso della propria vocazione e rimanere fedele ad essa, come ha fatto il Poverello di Assisi che ha dato a dei lebbrosi un semplice abbraccio, un piccolo gesto che suggerisce soprattutto a noi francescani la chiamata ad un impegno nella quotidianità della nostra vita e al continuo dialogo con i nostri fratelli. Francesco, con il ‘Capitolo delle stuoie’, intese rafforzare la comunione affinché la dispersione geografica della congregazione non comportasse una dispersione spirituale e carismatica, pur nel rispetto della diversità. Ritengo che ogni corda debba suonare le sue note, e ogni strumento debba rispettare il proprio suono, affinché si possa ascoltare una polifonia e non una monofonia”.

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Lei, Chiara come la Luce https://www.lavoce.it/lei-chiara-come-la-luce/ Fri, 10 Sep 2010 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8698 Si parla di almeno 15.000 giovani provenienti da tutta Italia (alcune centinaia dall’Umbria) ma anche dal resto d’Europa e da varie parti del mondo, che parteciperanno il 25 settembre, al santuario del Divino Amore a Roma, alla beatificazione di Chiara Luce Badano, una ragazza ligure morta nel 1990. Chiara Luce è vissuta diciotto anni in famiglia, nella più serena semplicità dei suoi doveri quotidiani. La sua è una vita normale. Ha molti amici che trovano in lei apertura e ascolto. Ma alle medie prova anche l’emarginazione di chi la chiama “suorina” per il suo impegno cristiano. In quarta ginnasio una bocciatura, subìta come ingiustizia, poi la delusione del primo innamoramento. Ma Chiara fa di ogni ostacolo una pedana di lancio. Le difficoltà sono altrettante occasioni per allenarsi a vivere con autenticità il Vangelo. Studio, viaggi, affetti e amicizie; tennis, nuoto e qualche passeggiata con papà Ruggero a raccogliere funghi. La sua felicità è l’amicizia lieta e profonda con la compagnia dei gruppi Gen in cui si è inserita (“Generazione nuova”, branca giovanile del movimento dei Focolari); dopo il primo incontro insieme a Chicca, un’amica, scrive a Chiara Lubich: “Abbiamo cominciato subito la nostra avventura: fare la volontà di Dio nell’attimo presente. Col Vangelo sotto braccio faremo grandi cose”.

Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, aveva lanciato proprio ai giovanissimi una sfida ardita: “Essere una generazione di santi”. Perché, aveva aggiunto “per fare città nuove e un mondo nuovo non bastano tecnici, scienziati e politici, occorrono sapienti, occorrono santi” e non aveva temuto di confidare loro il suo segreto: Gesù nel momento culmine del dolore e dell’amore, quando giunge a gridare l’abbandono del Padre per riunirci a Lui e tra noi. A 16 anni, mentre gioca a tennis, Chiara Luce sente un dolore acuto: è una malattia tremenda che la invade fiaccando il suo fisico. La diagnosi enuncia: sarcoma osteogenico con metastasi, un tumore osseo fra i più dolorosi. Mentre è ricoverata all’ospedale di Torino, capita a far visita il card. Saldarini che, guardandola, ammirato le chiede: “Hai una luce meravigliosa negli occhi. Come fai?”. E lei, dopo un momento di incertezza dovuto alla timidezza, gli risponde: “Cerco di amare Gesù”. Chiara Luce si prepara al grande viaggio leggendo le meditazioni della sua “amica” Chiara Lubich. Dice di se stessa: “Io ho tutto… Dio mi ama immensamente”. Ella è proiettata sino all’ultimo ad amare chi le sta accanto, a comunicare a più giovani possibile l’ideale che la anima, a dare Dio a chi è alla ricerca. È la vigilia della sua partenza per il Cielo. Saluta tutti i presenti ad uno ad uno lasciando loro una consegna: “I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. Hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene”. E alla mamma: “Sii felice, perché io lo sono”. Riceve un mazzo di rose dalle compagne Gen e commenta: “Che belle, proprio adatte per un matrimonio”. Lo Sposo arriva il giorno dopo, domenica 7 ottobre 1990. Oggi la Chiesa dà notizia a tutti, sia della sua vita, sia del suo rapporto con Gesù. Per informazioni sui pullmann dall’Umbria rivolgersi a: Enza Russo tel. 347 2250972, e-mail enzarusso71 @gmail.com; Luigi Rucco tel. 338 1868842, e-mail rucco.luigi @libero.it. Per conoscere meglio la figura di Chiara Luce: sito internet www.chiaralucebadano.it.

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Angela e la Lubich mistiche per l’oggi https://www.lavoce.it/angela-e-la-lubich-mistiche-per-loggi/ Fri, 21 May 2010 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8461 “Angela da Foligno e Chiara Lubich, due mistiche per il III millennio” è il tema di un convegno promosso dal Cenacolo della beata Angela, dal movimento dei Focolarini, dalla diocesi e dal Comune di Foligno nel quadro delle numerose iniziative di studio e di approfondimento realizzate per il VII centenario della beata Angela.

Sabato 22 maggio alle ore 15.30 presso il convento di San Francesco di Foligno sul tema generale del convegno interverranno: il prof. Fabio Ciardi, omi, ordinario presso il Claretianum di Roma, su “Angela da Foligno e Chiara Lubich nel mistero trinitario”, la prof. Linda Ciccarelli, docente nell’istituto Mystici Corporis di Loppiano (Fi) su “Chiara nel mondo contemporaneo”; il prof. Domenico Alfonsi, presidente del Cenacolo della beata Angela, su “Angela, ancora attuale?”. Seguirà il dialogo con gli intervenuti e, infine, un intervento musicale. Su questa iniziativa abbiamo intervistato padre Alfonsi, direttore del Cenacolo.

Padre, due mistiche a confronto, perché? “Il Cenacolo nelle celebrazioni centenarie ha voluto includere non solo tematiche che esplorassero la figura, la spiritualità e il messaggio della beata Angela, ma ha voluto proporre dei raffronti con figure significative del nostro tempo”.

Quale figura avete già approfondito? “La prima presa in considerazione è stata Edith Stein (1891 – 1942), la carmelitana ebrea morta nel campo di concentramento nazista di Auschwitz; ed ora Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari”. Chiara Lubich si è nutrita di spiritualità francescana, e se ricordiamo bene nell’immediato dopoguerra ebbe un autorevole guida spirituale in Leon Veuthey, francescano conventuale con il quale ebbe anche rapporti epistolari. “Certo. Chiara anch’essa si è nutrita della spiritualità francescana. Ora si vuole indagarne il ‘nocciolo duro’, cioè quello mistico, che sta a fondamento della prodigiosa e plurima attività svolta da subito dopo la Seconda guerra mondiale fino alla sua morte”.

Dove porterà questo raffronto? “Ci porterà a vedere le differenze, ma soprattutto le affinità tra queste due donne per quanto riguarda il mistero trinitario, il Cristo ‘passionato’ di Angela e il Gesù ‘abbandonato’ di Chiara con le relative conseguenze che ne scaturiranno”. Per Angela è riconquistare uno spazio e un interesse adeguato per la sua altissima spiritualità, anche nel nostro tempo, sempre più assetato di valori assoluti.

Vogliamo qui ricordare la visita di Giovanni Paolo II a Foligno il 20 giugno 1993 e la sosta nella chiesa di San Francesco, dinanzi all’urna della Beata. Una visita che ha richiamato l’attenzione del mondo intero sulla figura di una delle più grandi mistiche cristiane, il cui processo di canonizzazione è ancora in corso. La sua festa si celebra a Foligno, città e diocesi, e in Umbria, il 4 gennaio e le Famiglie francescane la ricordano nello stesso giorno. Alla manifestazione hanno dato il patrocinio il ministero dei Beni e le attività culturali, la Cei, la Ceu, la Provincia Serafica ofm-conv dell’Umbria, la Facoltà teologica San Bonaventura di Roma, l’Istituto teologico di Assisi, la Regione Umbria e la Provincia di Perugia.

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Fraternità, una politica possibile https://www.lavoce.it/fraternita-una-politica-possibile/ Thu, 17 Dec 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8088 Alla vigilia della festa di san Benedetto, il 20 marzo scorso, si tenne a Norcia il primo convegno di “Città in rete in terra d’Umbria”. Fu mons. Riccardo Fontana a volerlo, allora a capo dell’arcidiocesi di Spoleto-Norcia e oggi ad Arezzo, allo scopo di riscoprire l’eredità di Chiara Lubich nella terra di San Benedetto e il suo messaggio di fraternità. Nella sala dei Quaranta del municipio di Norcia entrarono una ventina di sindaci umbri, che firmarono un documento. “In quel momento aderirono alla nostra associazione”, spiega Elio Giannetti, presidente del Movimento politico per l’unità, “e ci ritrovammo, per la prima volta, tutti insieme attorno al valore della fraternità. Qualche giorno fa, a Loppiano (Firenze) le città umbre di Spoleto, Todi, Perugia, Montefalco, Massa Martana, Magione, Umbertide, Passignano, Deruta e Marsciano hanno preso parte al convegno ‘Fraternità: una proposta possibile’. Abbiamo consegnato – continua Giannetti – il premio Chiara Lubich per la fraternità alla città di Ascoli Piceno per le buone pratiche intraprese, e sono seguite tre menzioni d’onore per Ercolano, San Severo di Puglia e per i Comuni della zona Fiorentina sud-est per il progetto socio-sanitario Società della salute. Ad oggi abbiamo con noi ben 60 città e vogliamo centrare presto quota 100”.

L’idea del Movimento politico per l’unità è semplice quanto attuale, visto l’elevata conflittualità politica che caratterizza la vita quotidiana del Paese: far incontrare amministratori e cittadini, appartenenti anche a diversi schieramenti politici, e farli partecipare ad un grande laboratorio-cantiere, che li aiuti a superare o quantomeno a smorzare gli interessi dei rispettivi gruppi politici di appartenenza per conseguire efficacemente il bene comune. Si tratta, in sintesi, del tentativo di attuazione di una grande operazione culturale. “Il bene comune è l’obiettivo massimo, da realizzare sia all’interno di una singola città, sia fra diverse città appartenenti alla nostra rete – spiega Giannetti – anche se serve che ogni partecipante a tale nuova esperienza si abitui a confrontarsi apertamente sul tema della fraternità e a puntare su progetti concreti da realizzare insieme”. Intanto a Spoleto, con il sostegno sia dell’Amministrazione comunale sia dell’arcidiocesi, lunedì 21 dicembre alle ore 17 sarà presentata a palazzo Mauri, sede della Biblioteca comunale, la Scuola di partecipazione formativa che coinvolgerà i cittadini e le istituzioni locali, gestita proprio dai volontari del Movimento politico per l’unità che, dal 1996, invita “ad amare il partito degli altri come il proprio”.

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Il carisma dell’unione (europea) https://www.lavoce.it/il-carisma-dellunione-europea/ Fri, 25 Sep 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7857 Si è svolto a Loppiano (Fi), il 19 e 20 settembre, il primo appuntamento italiano di “Insieme per l’Europa” che ha visto riuniti oltre 1.400 partecipanti in rappresentanza di decine di movimenti ecclesiali, aggregazioni e nuove comunità della Penisola. Il raduno, che si pone in continuità con i due incontri svoltisi a Stoccarda nel 2004 e 2007 e con altre analoghe manifestazioni in svolgimento in questo 2009 in varie città europee, è stato organizzato dai Focolari, dall’associazione Giovanni XXIII, dal Rinnovamento nello Spirito santo e dalla Comunità di Sant’Egidio.

La manifestazione ha avuto l’apprezzamento della Conferenza episcopale italiana e del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Quest’ultimo, in un telegramma, ha ribadito “la particolare rilevanza” dell’impegno “di quanti contribuiscono a promuovere un forte spirito di solidarietà e di coesione sociale”. La centralità della Parola di Dio, e del suo ruolo nella costruzione europea, è stata ricordata, nel corso dei lavori, da Maria Voce Emmaus, responsabile nazionale dei Focolari, che ha ripercorso alcuni momenti della vita di Chiara Lubich, fondatrice del movimento. “È, infatti, la vita del Vangelo – ha detto – fiorita in ogni movimento, con le peculiari caratteristiche dei diversi carismi, di cui Dio è stato munifico donatore, che ha spinto quanti hanno iniziato questo cammino di comunione. E la condivisione dei frutti di questa vita ci ha portati a condividere anche sogni e speranze e ad unificare strategie e forze, alla ricerca di uno spirito nuovo per ridare vitalità alle radici cristiane dell’Europa”.

“L’Europa è in difficoltà” ha riconosciuto Marco Impagliazzo della Comunità di Sant’Egidio, riferendosi alla disaffezione degli elettori alle ultime elezioni europee, alle tendenze al separatismo e alla divisione in Gran Bretagna, Belgio, Grecia, Italia, Olanda, Austria, alla crescita di formazioni xenofobe e localiste, all’antigitanismo, alle leggi vessatorie contro gli stranieri e ad un progressivo allontanamento dall’Africa. “La missione dell’Europa – per Impagliazzo – va ripensata nel quadro di un mondo globalizzato, contradditorio e confuso. In esso esiste ancora un bisogno di Europa, ma i cittadini europei sembrano non accorgersene. Gli europei sono diventati disincantati e paurosi”. All’Europa ripiegata in se stessa Impagliazzo chiede di “divenire forza unificante, capace di generare dialogo tra popoli divisi dalla storia, senza cancellarne le identità. Questo è il carisma dell’Europa, che ha una missione ed una vocazione all’unità e alla pace. Gli europei hanno valori umani preziosi per il futuro del mondo e non possono disperderli”.

Ecco allora che i movimenti e le aggregazioni laicali cristiane del Continente “devono tenere aperto il cantiere europeo. Il cristianesimo può forzare le porte della paura e della chiusura e far nascere un nuovo umanesimo”. “Passiamo tra le trame perverse del male di questo nostro Continente – ha detto Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito -: all’Europa manca Dio. Il nostro non sia un passaggio inosservato, inoperoso. Se vogliamo costruire un’unità di popoli cosciente dei propri valori spirituali, delle proprie radici spirituali, dobbiamo, insieme, rifarci alle Scritture sacre che rappresentano la parte più nobile della storia dei popoli europei. Non vogliamo permettere che altri portino alla deriva il cristianesimo”. “Il Vangelo – ha concluso – non è cambiato e l’Europa in Cristo mai invecchierà. Gli uomini e le donne della preghiera sono la più grande riserva di speranza per questo mondo”.

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I focolarini in Umbria dalle prime visite di Chiara Lubich a oggi https://www.lavoce.it/i-focolarini-in-umbria-dalle-prime-visite-di-chiara-lubich-a-oggi/ Fri, 20 Mar 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7394 Nel 1943, data di nascita del movimento dei Focolari, Trento era assediata dalla guerra come molte altre città italiane, e dalle macerie nacque qualcosa che ora oggi continua a crescere e a portare numerosi frutti nella Chiesa e nel mondo. Un ideale, quello del carisma dell’unità, che non si è fermato davanti a nulla ma ha saputo vincere tutte le barriere dimostrando al mondo che omnia vincit amor: l’amore vince tutto. Chiara ha creduto a questo e con lei molti lo hanno fatto e continuano a farlo.

Arrivò qui in Umbria negli anni ’50, con alcune visite di Chiara stessa ai frati francescani di Assisi. Poi fu la volta di Foligno, dove parecchi giovani che facevano il servizio militare nella città vennero in contatto con il movimento abbracciandone lo spirito e suscitando intorno a loro varie comunità. Solo dopo le prime approvazioni della Chiesa, negli anni ’70 il movimento inizia la sua vita pubblica anche in Umbria, grazie alle iniziative dei Gen (la seconda generazione), grazie alle prime Mariapoli, città temporanee, esperienze di convivenza nell’amore scambievole. Ancora oggi questa è un’esperienza molto viva e forte che coinvolge giovani in varie esperienze ormai consolidate, come “Il cantiere dei ragazzi” a Norcia, “Pallavolando” a Perugia. Alcune famiglie cominciarono a condividere con altre la scelta di vita evangelica che li portava anche a realizzare una comunione di beni materiali e spirituali nella propria regione e oltre, nasceva così Famiglie nuove.

Nei primi anni ’80 il movimento si diffuse anche tra adulti laici: i Volontari, intuizione di Chiara come risposta all’appello lanciato nel 1956 da Papa Pio XII in occasione dei moti d’Ungheria. In Umbria attraverso l’associazione “Il Mosaico” varie sono le iniziative a sfondo sociale intraprese per rispondere ai bisogni della città. Il carisma di Chiara entra anche in ambito politico con la nascita del Movimento politico per l’unità, che si rivolge a persone impegnate politicamente a diversi livelli e di varie appartenenze partitiche. Dalla politica all’economia: vari imprenditori vivono l’economia di comunione, un’innovativa forma di agire economico, dove è possibile coniugare le imprese all’aiuto agli indigenti: con centinaia di aziende in tutto il mondo, anche l’Umbria conta attività che vi aderiscono appieno.

L’Umbria, terra che accoglie gente di ogni popolo, cultura e religione, ha fatto proprio il carisma applicandolo a 360’nel confronto tra le diverse confessioni cristiane e altre fedi, come ha fatto Chiara per prima. Un’unica grande famiglia che ha fatto del carisma nato da Chiara Lubich il suo centro, lasciandosi modellare dall’amore di Dio. Così Todi è una delle città che hanno attribuito a Chiara la cittadinanza onoraria.

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Un ideale che cambia la vita https://www.lavoce.it/un-ideale-che-cambia-la-vita/ Fri, 20 Mar 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7395 Chiara Lubich è stata ricordata, a un anno dalla morte, in tutto il mondo e anche in Umbria. Sabato scorso, 14 marzo, nella basilica di Santa Maria degli Angeli è stata celebrata una messa presieduta dal vescovo mons. Sorrentino, presenti anche il vescovo di Gubbio mons. Ceccobelli e il vescovo emerito di Huambo (Angola) mons. Viti.

Nell’omelia mons. Sorrentino ha messo in risalto l’attualità del carisma di Chiara: l’unità vista come una missione fondamentale della Chiesa, a cui tutti siamo chiamati ad aderire per realizzare il disegno di Dio sull’umanità; l’unità come colonna portante del tempio che Gesù è venuto a rigenerare. Ha affermato: “Non basta la nostra risposta personale. Questa è la prima, quella a cui ognuno di noi risponde, ma occorre farsi carico di una risposta di comunità, un risposta di popolo, che è quello che Dio vuole realizzare in Gesù. Esattamente questo: che tutti siano uno”. Ha sottolineato l’importanza del vivere la Parola e dell’amore a “Gesù abbandonato” come chiave di lettura fondamentale per vincere il peccato e per vedere con occhi nuovi i tristi eventi che la società di oggi vive.

La presenza di esponenti di altri movimenti, come anche di alcune famiglie religiose, testimoniano il cammino di comunione intrapreso non solo con i nuovi carismi sorti nella Chiesa, ma anche con quelli più antichi. Una ragazza ha espresso così al termine della celebrazione il suo saluto: “Chiara, non possiamo che dirti grazie per aver compiuto fino in fondo il disegno che Dio aveva su di te. Ci hai stupiti con la semplicità e la forza del tuo ideale, che è entrato nella vita di ognuno di noi cambiandola profondamente, dandole un senso. Ci hai dato una speranza un punto di riferimento, la cosa più bella di tutte: ci hai dato la gioia che Gesù ci ha promesso. La gioia di amare. Vogliamo avere la forza di vivere l’ Ideale come l’hai vissuto tu. Chiara, tu sei stata e sei per noi una mamma e ora, insieme a Dio, ci guardi dal paradiso. Ti vogliamo bene”. E ancora un altro ragazzo: “Ringrazio Dio di averci chiamati a vivere l’ideale dell’unità e di aver messo la nostra vita nelle mani degli altri fratelli. Lo ringrazio ancora, d’averci fatto conoscere la sorgente della nostra felicità e di quella che adesso è per noi la nostra vita: Chiara Lubich. Sì, è proprio così anche per quanti, come me, hanno iniziato quest’anno quest’avventura dopo la sua partenza per la patria celeste”. Dopo la messa la gioia e la commozione di tutti è stata espressa da un gruppo di giovani ha salutato Chiara con canti, danze e il lancio di palloncini per colorare il cielo d’Assisi.

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Uniti, sposteremo anche le montagne https://www.lavoce.it/uniti-sposteremo-anche-le-montagne/ Fri, 06 Mar 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7365 Venerdì 20 marzo a Norcia, nelle celebrazioni di san Benedetto, alcuni Comuni dell’Umbria entreranno a far parte dell’associazione “Città per la fraternità”, promossa dal movimento dei Focolari. Si tratta di un’esperienza di dialogo e confronto tra Comuni ed altri enti locali che sentono, nell’ambito del più vasto e complesso lavoro di tipo politico-amministrativo, la necessità di promuovere un laboratorio permanente di esperienze positive, da mettere in rete e da moltiplicare. I confini immodificabili entro cui si muove l’associazione sono la pace, i diritti umani, la giustizia sociale e, in particolar modo, la fraternità universale. Questa rete tra istituzioni sta prendendo il via – promotore ne è il sindaco di Rocca di Papa nel Lazio, Pasquale Boccia – nel primo anno della morte di Chiara Lubich.

Ricordando la grande donna trentina, non possono non venire in mente le sue parole al Parlamento europeo, carta valoriale dell’associazione: “Chiunque, da solo, si accinge oggi a spostare le montagne dell’indifferenza, se non dell’odio e della violenza, ha un compito immane. Ma ciò che è impossibile a milioni di uomini isolati e divisi, pare diventi possibile a gente che ha fatto della fraternità universale il movente essenziale della vita”. Vi possono aderire Comuni di ogni parte d’Italia e di ogni dimensione; possono farne parte anche Province e Regioni. L’associazione “Città per la fraternità” vuole essere un punto di riferimento, autonomo ed indipendente, un luogo agile, snello e flessibile di idee, verifica e progettazione comune. Vuole essere una sorta di pensatoio per progettare le città del futuro, per immaginarle come contenitori di fiducia, come spazi dove sviluppare relazioni nuove, come luoghi di rapporti contagiosi, come risposte alle profonde domande che l’umanità si pone.

Questo progetto, dunque, vuole essere raccordo e spazio, autonomo ed indipendente, per la conoscenza, lo scambio di informazioni e lo sviluppo della collaborazione tra chi intende lavorare per la fraternità. Vuole anche essere luogo d’unità: il luogo dove il movimento delle Città per la fraternità può definire un programma di attività e un’agenda comune ed attivare e alimentare processi e non solo realizzare eventi. In Umbria l’associazione prende il via sotto l’egida di san Benedetto, il grande patriarca dei monaci d’Occidente e patrono d’Europa. Il convegno è costituito da due parti: la prima con un tema sul carisma di Chiara Lubich; la seconda, che finirà con l’adesione dei Comuni umbri all’associazione, parlerà della concezione della città secondo l’ideale della fraternità della Lubich. L’associazione è stata promossa da un gruppo di sindaci delle città che hanno conferito a Chiara la cittadinanza onoraria. Naturalmente sono collegati al Mppu (Movimento politico per l’unità dei Focolari.

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I Focolari in Umbria https://www.lavoce.it/i-focolari-in-umbria/ Fri, 04 Apr 2008 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6558 “Erano i tempi di guerra e tutto crollava…”: è questa la prima frase che da quasi 65 anni apre il racconto della nascita del movimento dei Focolari – Opera di Maria, avvenuta a Trento grazie a Chiara Lubich il 7 dicembre 1943, data della sua consacrazione a Dio. Da lì è iniziata quella che spesso è stata definita una”divina avventura” che si è estesa nel mondo intero affascinando uomini, donne, bambini, che hanno fatto propria la spiritualità dell’unità, quel “tutti siano uno” evangelico, che porta a infrangere ogni tipo di barriera per andar verso ogni uomo di qualsiasi estrazione sociale, religiosa, politica. Nella nostra terra umbra gli albori del movimento sono già negli anni ’50, con alcune visite di Chiara stessa ai frati Francescani di Assisi.

Poi a Foligno, dove parecchi giovani che facevano il servizio militare nella città vennero in contatto con il Focolare abbracciandone lo spirito e suscitando a loro volta nuove comunità. Ma è solo agli inizi anni ’70, dopo le prime approvazioni della Chiesa, che il movimento esce a vita pubblica anche in Umbria, con le iniziative dei Gen (la seconda generazione), caratterizzate dal loro tipico entusiasmo e soprattutto ad Assisi con le prime Mariapoli, città temporanee, esperienze di convivenza nell’amore scambievole. Nel frattempo alcune famiglie cominciarono a condividere con altre la scelta di vita evangelica che li portava anche a realizzare una comunione di beni materiali e spirituali, e che con il tempo è arrivata fino agli altri continenti. Molti appartenenti a Famiglie nuove (nome di questa diramazione del movimento) collaborano oggi attivamente nella Chiesa locale curando, ad esempio, i corsi di preparazione al matrimonio, partecipando al Forum delle associazioni familiari sia a livello nazionale che regionale. Famiglie nuove, come ente autorizzato, si occupa sia del sostegno a distanza, che di adozioni internazionali (sono già arrivati in Umbria 5 bambini dalla Lituania e 2 bambini dal Vietnam).

Nei primi anni ’80 cominciarono anche a stagliarsi altre vocazioni di adulti laici: i Volontari, suscitati da Chiara come risposta al grido lanciato nel 1956 da Papa Pio XII in occasione dei moti d’Ungheria. Come questa rivolta era stata capace di estromettere Dio dalla società, così ci dovevano essere uomini che, operando nel mondo all’interno delle strutture sociali, politiche, economiche, artistiche, lo clarificassero col Vangelo fatto vita. In Umbria attraverso l’associazione “Il Mosaico” varie sono le iniziative a sfondo sociale intraprese per rispondere ai bisogni della città. In ambito politico, dopo la nascita del Movimento politico per l’unità, che si rivolge a persone impegnate politicamente a diversi livelli e di varie appartenenze partitiche, anche nelle nostre città sono nate le “scuole di politica”, che curano la formazione alla cultura della fraternità per il bene comune. E fraternità e reciprocità sono il motore principale anche dell’Economia di comunione, innovativa forma di agire economico, dove è possibile coniugare le imprese all’aiuto agli indigenti: con centinaia di aziende in tutto il mondo, anche l’Umbria conta attività che vi aderiscono appieno. A Todi, tra le città che hanno attribuito a Chiara la cittadinanza onoraria, si riuniscono poeti, musicisti e pittori che testimoniano una nuova visione dell’arte e della bellezza, capace di essere specchio e rivelazione del Creatore.

Per tutti coloro che aderiscono in vario modo al movimento vale, comunque, il metodo del dialogo a 360′ applicato anche nel confronto tra le diverse confessioni cristiane e altre fedi. È difficile, se non impossibile, delimitare i confini dell’esperienza nata dal carisma di Chiara Lubich. In questo intento è ben riuscito una volta Papa Giovanni Paolo II, che la defini “una polla d’acqua viva sgorgata dal Vangelo”. Di tale dono saremo grati per l’eternità allo Spirito, che ha voluto arricchire la sua Chiesa oggi, insieme ad altri, di questo dono, e far nostro l’augurio di Papa Benedetto XVI nel suo telegramma per la morte di Chiara: “Auspico che quanti l’hanno conosciuta e incontrata, ammirando le meraviglie che Dio ha compiuto attraverso il suo ardore missionario, ne seguano le orme, mantenendone vivo il carisma”.

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