Catechesi sulla Chiesa Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/catechesi-sulla-chiesa/ Settimanale di informazione regionale Fri, 21 Jul 2023 15:00:54 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Catechesi sulla Chiesa Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/catechesi-sulla-chiesa/ 32 32 Il card. Bassetti al vescovo Salvi: “Sii Padre verso coloro che ti sono affidati” https://www.lavoce.it/il-card-bassetti-al-vescovo-salvi-sii-padre-verso-coloro-che-ti-sono-affidati/ Wed, 03 Apr 2019 17:39:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=54292

- di Maria Rita Valli -  Domenica pomeriggio l’ordinazione episcopale di mons. Marco Salvi è stato un evento di Chiesa che ha riunito diverse comunità. È sempre uno spettacolo vedere uniti nello stesso luogo e nella stessa preghiera tanti fedeli laici e consacrati, con i loro vescovi e sacerdoti. Lo “spettacolo” è proprio in questo rendersi visibile, in un’unica immagine, della ricchezza dei carismi che che fanno del popolo di Dio un prodigio di diversità e di unità. Le parole dell’omelia del Cardinale Gualtiero Bassetti hanno offerto, per così dire, i sottotitoli con cui comprendere la scena che si stava svolgendo nella cattedrale di Arezzo. Bassetti, infatti, mentre indicava al neo vescovo e suo prossimo e stretto collaboratore, le caratteristiche di un vescovo, allo stesso tempo delineava le caratteristiche della Chiesa tutta. A partire dall’immagine del “padre buono e capace di amare” proposto dalla liturgia della domenica nella parabola del “figliol prodigo”.

“Sii anche tu un padre”

“Carissimo don Marco non dimenticare mai questa bellissima pagina del Vangelo e sii anche tu un padre, come già lo sei stato per i tuoi parrocchiani, verso coloro che ti verranno affidati, ai quali annunzierai la Parola, li amerai con cuore di padre e di fratello, cominciando dai presbiteri e dai diaconi tuoi collaboratori, e non dimenticare mai i poveri, gli indifesi e quanti avranno bisogno di accoglienza e di aiuto”. E, ha aggiunto, “non essere mai un vescovo che pretenda di comandare con severità”.

“Sii un Vescovo di riconciliazione”

Il Vescovo - e la Chiesa - che Bassetti ha descritto è un operatore di pace. “Sii un Vescovo di riconciliazione, che porta non divisione ma unità, con la coscienza della grande diaconia che ti è affidata”, senza mai dimentare checome dice san Paolo “tutto questo però viene da Dio”, non verrà dalle tue forze o dalle tue capacità, che pure sono tante e ben note a me e ai tuoi parrocchiani, e alla diocesi che ti ha generato. Tu caro Marco vieni da Dio”.

“Le armi di un vescovo sono la preghiera e la liturgia”

Bassetti ha sottolineato le armi che sono in mano al vescovo: “la preghiera e la liturgia” perché, ha aggiunto citando Papa francesco, “la preghiera non è per un vescovo devozione ma necessità, non un impegno tra tanti ma un indispensabile ministero di intercessione: egli deve portare ogni giorno davanti a Dio le persone e le situazioni” che incontra. Sempre la Parola della domenica ha offerto a Bassetti le parole che “descrivono perfettamente il compito del pastore nella diocesi”, quando “l’Apostolo scrive parlando di sé, definendosi ‘ambasciatore’ nel nome di Cristo, in quanto, ‘per mezzo nostro è Dio stesso che esorta’”. “Anche tu - ha detto rivolgendosi a mons. Salvi - dovrai esortare il nostro popolo, e non solo a parole, ma soprattutto con l’esempio della tua vita, e con la coscienza di essere un ambasciatore non di te stesso, ma di Cristo”.

Le parole di mons. Salvi

“Dovrò rileggermi e studiare l’omelia di Bassetti” ha detto con tono scherzoso mons. Salvi ai giornalisti che lo hanno intervistato terminata la liturgia. Il nuovo vescovo era visibilmente emozionato, sempre più consapevole che con l’ordinazione inizia un nuovo cammino nel quale, come aveva ricordato Bassetti nell’omelia, “davvero ci saranno cose nuove! Quanto lavoro, quanta fatica e quanta gioia… : lo sa solo il Signore”. Le parole di mons. Salvi nel saluto a conclusione dell’ordinazione, sono state tutte di ringraziamento a “Dio che in questi giorni mi ha fatto sperimentare ancora una volta la sua grande fiducia nei miei confronti” e alle persone che ha avuto accanto nella vita, a cominciare da sua madre, presente, in prima fila insieme a tutta la famiglia.

Il saluto di mons. Fontana

Nel saluto introduttivo alla celebrazione eucaristica, il vescovo di Arezzo mons. Riccardo Fontana, nell’evidenziare il legame di comunione tra le Chiese della Toscana e dell’Umbria, ha parlato di «una celebrazione in “agro-dolce”. Il dolce – ha precisato il presule – è che papa Francesco si è rivolto al nostro Presbiterio è si è preso don Marco per farlo vescovo. Questo è bellissimo perché vuol dire che esiste un’attenzione verso questa Chiesa diocesana. L’agro è che il Papa ci ha portato via prima il vescovo Gualtiero (il cardinale Bassetti, vescovo di Arezzo dal 1998 al 2009, n.d.r), ed ora ci porta via il vescovo Marco, ma noi preghiamo il Signore e siamo riconoscenti di questo momento che ci fa condividere la grazia dello Spirito Santo».

In Cattedrale tanti vescovi e parroci e fedeli

Nella gremita cattedrale dei santi Pietro e Donato di Arezzo, il 31marzo pomeriggio don Marco Salvi, parroco di Anghiari (Ar), è stato ordinato vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, titolare di Termini Imerese, per l’imposizione delle mani dei cardinali Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve, presidente della Cei, e Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, dell’arcivescovo mons. Riccardo Fontana, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Tra i numerosi arcivescovi e vescovi concelebranti, c’erano il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo metropolita di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana (Cet) e l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu). Presenti nella cattedrale di Arezzo anche numerosi sacerdoti e fedeli delle parrocchie di origine di mons. Salvi, della diocesi perugino-pievese, di Città di Castello e diversi rappresentanti delle istituzioni civili delle due città capoluogo tra cui il sindaco di Perugia Andrea Romizi.]]>

- di Maria Rita Valli -  Domenica pomeriggio l’ordinazione episcopale di mons. Marco Salvi è stato un evento di Chiesa che ha riunito diverse comunità. È sempre uno spettacolo vedere uniti nello stesso luogo e nella stessa preghiera tanti fedeli laici e consacrati, con i loro vescovi e sacerdoti. Lo “spettacolo” è proprio in questo rendersi visibile, in un’unica immagine, della ricchezza dei carismi che che fanno del popolo di Dio un prodigio di diversità e di unità. Le parole dell’omelia del Cardinale Gualtiero Bassetti hanno offerto, per così dire, i sottotitoli con cui comprendere la scena che si stava svolgendo nella cattedrale di Arezzo. Bassetti, infatti, mentre indicava al neo vescovo e suo prossimo e stretto collaboratore, le caratteristiche di un vescovo, allo stesso tempo delineava le caratteristiche della Chiesa tutta. A partire dall’immagine del “padre buono e capace di amare” proposto dalla liturgia della domenica nella parabola del “figliol prodigo”.

“Sii anche tu un padre”

“Carissimo don Marco non dimenticare mai questa bellissima pagina del Vangelo e sii anche tu un padre, come già lo sei stato per i tuoi parrocchiani, verso coloro che ti verranno affidati, ai quali annunzierai la Parola, li amerai con cuore di padre e di fratello, cominciando dai presbiteri e dai diaconi tuoi collaboratori, e non dimenticare mai i poveri, gli indifesi e quanti avranno bisogno di accoglienza e di aiuto”. E, ha aggiunto, “non essere mai un vescovo che pretenda di comandare con severità”.

“Sii un Vescovo di riconciliazione”

Il Vescovo - e la Chiesa - che Bassetti ha descritto è un operatore di pace. “Sii un Vescovo di riconciliazione, che porta non divisione ma unità, con la coscienza della grande diaconia che ti è affidata”, senza mai dimentare checome dice san Paolo “tutto questo però viene da Dio”, non verrà dalle tue forze o dalle tue capacità, che pure sono tante e ben note a me e ai tuoi parrocchiani, e alla diocesi che ti ha generato. Tu caro Marco vieni da Dio”.

“Le armi di un vescovo sono la preghiera e la liturgia”

Bassetti ha sottolineato le armi che sono in mano al vescovo: “la preghiera e la liturgia” perché, ha aggiunto citando Papa francesco, “la preghiera non è per un vescovo devozione ma necessità, non un impegno tra tanti ma un indispensabile ministero di intercessione: egli deve portare ogni giorno davanti a Dio le persone e le situazioni” che incontra. Sempre la Parola della domenica ha offerto a Bassetti le parole che “descrivono perfettamente il compito del pastore nella diocesi”, quando “l’Apostolo scrive parlando di sé, definendosi ‘ambasciatore’ nel nome di Cristo, in quanto, ‘per mezzo nostro è Dio stesso che esorta’”. “Anche tu - ha detto rivolgendosi a mons. Salvi - dovrai esortare il nostro popolo, e non solo a parole, ma soprattutto con l’esempio della tua vita, e con la coscienza di essere un ambasciatore non di te stesso, ma di Cristo”.

Le parole di mons. Salvi

“Dovrò rileggermi e studiare l’omelia di Bassetti” ha detto con tono scherzoso mons. Salvi ai giornalisti che lo hanno intervistato terminata la liturgia. Il nuovo vescovo era visibilmente emozionato, sempre più consapevole che con l’ordinazione inizia un nuovo cammino nel quale, come aveva ricordato Bassetti nell’omelia, “davvero ci saranno cose nuove! Quanto lavoro, quanta fatica e quanta gioia… : lo sa solo il Signore”. Le parole di mons. Salvi nel saluto a conclusione dell’ordinazione, sono state tutte di ringraziamento a “Dio che in questi giorni mi ha fatto sperimentare ancora una volta la sua grande fiducia nei miei confronti” e alle persone che ha avuto accanto nella vita, a cominciare da sua madre, presente, in prima fila insieme a tutta la famiglia.

Il saluto di mons. Fontana

Nel saluto introduttivo alla celebrazione eucaristica, il vescovo di Arezzo mons. Riccardo Fontana, nell’evidenziare il legame di comunione tra le Chiese della Toscana e dell’Umbria, ha parlato di «una celebrazione in “agro-dolce”. Il dolce – ha precisato il presule – è che papa Francesco si è rivolto al nostro Presbiterio è si è preso don Marco per farlo vescovo. Questo è bellissimo perché vuol dire che esiste un’attenzione verso questa Chiesa diocesana. L’agro è che il Papa ci ha portato via prima il vescovo Gualtiero (il cardinale Bassetti, vescovo di Arezzo dal 1998 al 2009, n.d.r), ed ora ci porta via il vescovo Marco, ma noi preghiamo il Signore e siamo riconoscenti di questo momento che ci fa condividere la grazia dello Spirito Santo».

In Cattedrale tanti vescovi e parroci e fedeli

Nella gremita cattedrale dei santi Pietro e Donato di Arezzo, il 31marzo pomeriggio don Marco Salvi, parroco di Anghiari (Ar), è stato ordinato vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, titolare di Termini Imerese, per l’imposizione delle mani dei cardinali Gualtiero Bassetti, arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve, presidente della Cei, e Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, dell’arcivescovo mons. Riccardo Fontana, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Tra i numerosi arcivescovi e vescovi concelebranti, c’erano il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo metropolita di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana (Cet) e l’arcivescovo di Spoleto-Norcia mons. Renato Boccardo, presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu). Presenti nella cattedrale di Arezzo anche numerosi sacerdoti e fedeli delle parrocchie di origine di mons. Salvi, della diocesi perugino-pievese, di Città di Castello e diversi rappresentanti delle istituzioni civili delle due città capoluogo tra cui il sindaco di Perugia Andrea Romizi.]]>
A Perugia riaperta la chiesa medievale di Sant’Agata https://www.lavoce.it/a-perugia-riaperta-la-chiesa-medievale-di-santagata/ Fri, 06 Feb 2015 18:12:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30226 Chiesa di Santa Agata Perugia_8909È uno degli edifici di culto più antichi di Perugia. Dal 4 febbraio la trecentesca chiesa di Sant’Agata (originariamente di San Severo e Sant’Agata) è stata riaperta dopo lavori di consolidamento statico e restauro artistico seguiti agli eventi sismici del 1997. Restauri durati cinque anni ed eseguiti per la parte statica dalla ditta edile Scaccia sotto la direzione dell’ing. Maurizio Tibidò, per la parte pittorica da Carla Mancini della società cooperativa Kyanos.

La spesa complessiva è stata di 800 mila euro, finanziati dall’ente Chiesa di Sant’Agata e San Severo, dalla Cei (8 per mille), dal Fondo regionale terremoto 1997, dalla Fondazione Cassa di risparmio di Perugia e dalla sezione Umbria dell’Istituto italiano dei castelli. La presentazione dei lavori si è tenuta il 4 febbraio alla presenza, tra gli altri, del rettore della chiesa mons. Fausto Sciurpa, del vescovo ausiliare mons. Giulietti, del sindaco Romizi e dei soprintendenti Fabio De Chirico e Anna Di Bene, di Tiziana Biganti della Soprintendenza Bsae, del vice presidente della Fondazione Cariperugia, Giuseppe Depretis.

Ubicata in una traversa di via dei Priori, la chiesa – spiega la storica dell’arte Tiziana Biganti – conserva “affreschi di pregevole valore qualitativo, alcuni dei quali venuti alla luce sotto la scialbatura a calce con la quale erano stati ricoperti nella seconda metà del 1700. Nelle due vele sopra il presbiterio sono state scoperte due figure in trono, probabilmente due Padri della Chiesa. A destra della controfacciata è invece venuto alla luce un san Francesco con le stimmate, un segno della grande devozione di cui godeva questa chiesa, desumibile anche dalle immagini ritratte negli affreschi della controfacciata, già visibili prima del restauro, e dalle serie di Santi presenti a sinistra dell’altare”.

FOTOGALLERY (Foto Giancarlo Belfiore )

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Nel lato destro vicino all’ingresso, sotto l’immagine delle stimmate di san Francesco, è raffigurata una Trinità trifronte, ossia un Cristo benedicente con tre facce. Figure che dopo il Concilio di Trento furono tacciate di eresia e distrutte. Ne sono sopravvissuti pochissimi esempi, tra cui quelle presenti a San Pietro a Perugia e un’altra nella chiesa di Santa Maria della Colombata. Sopra l’altare, una Crocifissione attribuita al Maestro di Paciano, mentre altri affreschi si rifanno alla scuola umbro-senese, probabilmente realizzati dalla scuola di Simone Martini e Pietro Lorenzetti, artisti che parteciparono alla decorazione della basilica di San Francesco ad Assisi.

Non tutti gli affreschi sono stati restaurati; si spera nel contributo di qualche privato.

A far giungere fino ai nostri giorni lo “stile gotico francescano” della chiesa di Sant’Agata e i suoi preziosi dipinti è stata l’opera meritoria e la sensibilità per l’arte e la cultura di uno dei suoi ultimi parroci, mons. Luigi Piastrelli.

Mons. Sciurpa ha ricordato l’antica origine di questo luogo di culto dedicato alla Santa siciliana. “Già nel 1163 questa chiesa – ha detto – è nominata in un diploma dell’imperatore Federico I. L’attuale costruzione, in stile gotico francescano, risale intorno al 1317, con il titolo di San Severo e Agata, dopo l’eliminazione della chiesetta di San Severo in Piazza grande [l’odierna piazza IV Novembre], per permettere l’ampliamento del palazzo comunale”.

La chiesa, che verrà usata anche per iniziative culturali, nel periodo invernale sarà aperta tutte le mattine dalle 9.30 alle 12.30; d’estate, anche di pomeriggio.

 

 

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Verso una meta meravigliosa https://www.lavoce.it/verso-una-meta-meravigliosa/ Fri, 05 Dec 2014 12:25:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29344 Vaticano,-22-gennaio--udienza-generale-di-Papa-Francesco-Concentriamo questa settimana, per esigenze redazionali, le ultime due udienze generali di Papa Francesco. Quella del 26 novembre (Clicca qui per il testo completo) era la 15a catechesi dedicata al tema della Chiesa, e approfondiva il suo essere “pellegrina verso il Regno”.

“Nel presentare la Chiesa agli uomini del nostro tempo – ha detto il Vescovo di Roma -, il Concilio Vaticano II aveva ben presente una verità fondamentale, che non bisogna mai dimenticare: la Chiesa non è una realtà statica, ferma, fine a se stessa, ma è continuamente in cammino nella storia, verso la meta ultima e meravigliosa che è il Regno dei cieli, di cui la Chiesa in terra è il germe e l’inizio” (cfr. Lumen gentium, 5).

“In questa prospettiva – ha proseguito -, è bello percepire come ci sia una continuità e una comunione di fondo tra la Chiesa che è nel Cielo e quella ancora in cammino sulla terra. Coloro che già vivono al cospetto di Dio possono infatti sostenerci e intercedere per noi, pregare per noi. D’altro canto, anche noi siamo sempre invitati a offrire opere buone, preghiere e la stessa eucaristia per alleviare la tribolazione delle anime che sono ancora in attesa della beatitudine senza fine. Sì, perché nella prospettiva cristiana la distinzione non è più tra chi è già morto e chi non lo è ancora, ma tra chi è in Cristo e chi non lo è! Questo è l’elemento determinante, veramente decisivo per la nostra salvezza e per la nostra felicità.

Nello stesso tempo, la sacra Scrittura ci insegna che il compimento di questo disegno meraviglioso non può non interessare anche tutto ciò che ci circonda e che è uscito dal pensiero e dal cuore di Dio… Tutto l’universo sarà rinnovato e verrà liberato una volta per sempre da ogni traccia di male, e dalla stessa morte”.

L’udienza del 3 dicembre (Clicca qui per il testo completo) ha invece avuto per tema l’attualità, ossia il recente viaggio del Papa in Turchia. Si tratta – ha detto – di una terra “cara a ogni cristiano” per aver dato i natali a san Paolo, aver ospitato i primi sette Concili e per la presenza, vicino Efeso, della casa di Maria. Con le autorità del Paese ha ribadito: “È l’oblio di Dio, e non la Sua glorificazione, a generare la violenza. Per questo ho insistito sull’importanza che cristiani e musulmani si impegnino insieme per la solidarietà, per la pace e la giustizia, affermando che ogni Stato deve assicurare ai cittadini e alle comunità religiose una reale libertà di culto”.

Poi ha posto l’accento sull’invocazione ecumenica allo Spirito santo nella cattedrale di Istanbul: “Il popolo di Dio, nella ricchezza delle sue tradizioni e articolazioni, è chiamato a lasciarsi guidare dallo Spirito santo, in atteggiamento costante di apertura, di docilità e di obbedienza”.

E proprio lo Spirito santo è stato l’ispiratore dell’incontro tra Francesco e il Patriarca Bartolomeo, rinnovando “l’impegno reciproco a proseguire sulla strada verso il ristabilimento della piena comunione tra cattolici e ortodossi”.

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Lettere ai Pastori https://www.lavoce.it/lettere-ai-pastori/ Fri, 14 Nov 2014 13:46:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29002 San Paolo consacra vescovo di Efeso il suo discepolo Timoteo
San Paolo consacra vescovo di Efeso il suo discepolo Timoteo

Proseguono le riflessioni di Papa Francesco, all’udienza generale, dedicate al tema della Chiesa. “Abbiamo evidenziato nella catechesi precedente – ha ricordato mercoledì – come il Signore continui a pascere il Suo gregge attraverso il ministero dei vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi. È in loro che Gesù si rende presente, nella potenza del suo Spirito, e continua a servire la Chiesa alimentando in essa la fede, la speranza e la testimonianza della carità”.

Nelle ‘lettere pastorali’ inviate ai suoi discepoli Timoteo e Tito, l’apostolo Paolo, ricorda il Papa, “si sofferma con cura sulla figura dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi” e su “una descrizione di ogni cristiano nella Chiesa”. In particolare per i vescovi, presbiteri, diaconi “vengono elencate alcune qualità squisitamente umane: l’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore. Ripeto: l’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore. È questo l’alfabeto, la grammatica di base di ogni ministero! Deve essere la grammatica di base di ogni vescovo, di ogni prete, di ogni diacono”.

Questo, perché “senza questa predisposizione bella e genuina a incontrare, a conoscere, a dialogare, ad apprezzare e a relazionarsi con i fratelli in modo rispettoso e sincero, non è possibile offrire un servizio e una testimonianza davvero gioiosi e credibili”.

Papa Bergoglio ha quindi ricordato l’atteggiamento di fondo che vescovi, sacerdoti, presbiteri o diaconi devono “ravvivare continuamente”, ossia “il dono” del loro ministero. E questo – ha precisato – mantenendo “sempre viva la consapevolezza che non si è vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri, ma solo in forza di un dono, un dono d’amore elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito, per il bene del Suo popolo”.

Una consapevolezza che, ha proseguito il Papa, “costituisce una grazia da chiedere ogni giorno. Infatti, un Pastore che è cosciente che il proprio ministero scaturisce unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale”.

Inoltre, la “consapevolezza che tutto è dono, tutto è grazia, aiuta un Pastore – ha insistito Papa Francesco – anche a non cadere nella tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso. Sono le tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della sufficienza, della superbia. Guai se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno!”.

Al contrario, ha affermato, “la coscienza di essere lui per primo oggetto della misericordia e della compassione di Dio deve portare un ministro della Chiesa a essere sempre umile e comprensivo nei confronti degli altri. Pur nella consapevolezza di essere chiamato a custodire con coraggio il deposito della fede, egli si metterà in ascolto della gente. È cosciente, infatti, di avere sempre qualcosa da imparare, anche da coloro che possono essere ancora lontani dalla fede e dalla Chiesa. Con i propri confratelli, poi, tutto questo deve portare ad assumere un atteggiamento nuovo, improntato alla condivisione, alla corresponsabilità e alla comunione”.

Il Papa ha concluso invitando tutti “a pregare perché i Pastori delle nostre comunità possano essere immagine viva della comunione e dell’amore di Dio”.

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Visibile e invisibile https://www.lavoce.it/visibile-e-invisibile/ Thu, 30 Oct 2014 14:15:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28773 Dettaglio da Raffaello, “Disputa del Sacramento”
Dettaglio da Raffaello, “Disputa del Sacramento”

All’udienza generale di mercoledì, Papa Francesco ha dedicato la catechesi al tema “La Chiesa, realtà visibile e spirituale” (testo completo su www.vatican.va). “Nelle catechesi precedenti – ha riassunto – abbiamo avuto modo di evidenziare come la Chiesa abbia una natura spirituale: è il Corpo di Cristo, edificato nello Spirito santo. Quando ci riferiamo alla Chiesa, però, immediatamente il pensiero va alle nostre comunità, alle nostre parrocchie, alle nostre diocesi… e, ovviamente, anche alla componente e alle figure istituzionali. È questa la realtà visibile della Chiesa.

Dobbiamo chiederci allora: si tratta di due cose diverse o dell’unica Chiesa? E se è sempre l’unica Chiesa, come possiamo intendere il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale?”

E ha proseguito: “Tante volte sentiamo dire: ‘La Chiesa non fa questo, la Chiesa non fa quell’altro…’. Ma dimmi: chi è la Chiesa? ‘Sono i preti, i vescovi, il Papa…’. La Chiesa siamo tutti, tutti! Tutti noi! Tutti i battezzati siamo la Chiesa, la Chiesa di Gesù. Tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel Suo nome, si fanno vicini agli ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace”.

“Comprendiamo allora che anche la realtà visibile della Chiesa non è misurabile, non è conoscibile in tutta la sua pienezza: come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto? Tante opere di amore, tante fedeltà nelle famiglie, tanto lavoro per educare i figli, per trasmettere la fede, tanta sofferenza nei malati che offrono le loro sofferenze al Signore… Questo non si può misurare, ed è tanto grande!… Vedete: anche la realtà visibile della Chiesa va oltre il nostro controllo, va oltre le nostre forze, ed è una realtà misteriosa, perché viene da Dio”.

“Per comprendere – ha poi spiegato il Vescovo di Roma – il rapporto, nella Chiesa, tra la sua realtà visibile e quella spirituale, non c’è altra via che guardare a Cristo, del quale la Chiesa costituisce il Corpo e dal quale essa viene generata in un atto di infinito amore. Anche in Cristo infatti, in forza del mistero dell’Incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa. E come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale…

Nel caso della Chiesa, però, dobbiamo chiederci: come la realtà visibile può porsi a servizio di quella spirituale? Ancora una volta, possiamo comprenderlo guardando a Cristo… Come Cristo si è servito della sua umanità per annunciare e realizzare il disegno divino di redenzione e di salvezza, così deve essere anche per la Chiesa. Attraverso la sua realtà visibile, di tutto quello che si vede (i sacramenti e la sua testimonianza di tutti noi cristiani), la Chiesa è chiamata ogni giorno a farsi vicina a ogni uomo, a cominciare da chi è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù”.

“Cari fratelli e sorelle – ha concluso – spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra fragilità e dei nostri limiti… E questa fragilità, questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo… Chiediamo di non essere motivo di scandalo. Chiediamo il dono della fede, perché possiamo comprendere come, nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità”.

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Siamo una cosa sola https://www.lavoce.it/siamo-una-cosa-sola/ Fri, 24 Oct 2014 11:44:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28649 L'Aquila del paradiso di Dante, che è "io" e "noi" allo stesso tempo
L’Aquila del paradiso di Dante, che è “io” e “noi” allo stesso tempo

Mercoledì Papa Francesco ha dedicato la catechesi al tema “Chiesa, Corpo di Cristo” (testo completo su www.vatican.va).

“Quando – ha introdotto il tema – si vuole evidenziare come gli elementi che compongono una realtà siano strettamente uniti l’uno all’altro e formino insieme una cosa sola, si usa spesso l’immagine del corpo. A partire dall’apostolo Paolo, questa espressione è stata applicata alla Chiesa ed è stata riconosciuta come il suo tratto distintivo più profondo e più bello”.

“La Chiesa – ha proseguito – non è solamente un Corpo edificato nello Spirito: la Chiesa è il Corpo di Cristo… È il grande dono che riceviamo il giorno del nostro battesimo. Nel sacramento del battesimo, infatti, Cristo ci fa suoi accogliendoci nel cuore del mistero della croce, il mistero supremo del suo amore per noi, per farci poi risorgere con lui, come nuove creature. Ecco, così nasce la Chiesa, e così la Chiesa si riconosce Corpo di Cristo…

Quella che ne scaturisce, allora, è una profonda comunione d’amore. In questo senso è illuminante come Paolo, esortando i mariti ad ‘amare le mogli come il proprio corpo’, affermi: ‘come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo’ (Ef 5,28-30). Che bello se ci ricordassimo più spesso di quello che siamo, di che cosa ha fatto di noi il Signore Gesù: siamo il suo Corpo, quel corpo che niente e nessuno può strappare da lui, e che egli ricopre di tutta la sua passione e di tutto il suo amore, proprio come uno sposo con la sua sposa”.

Ha quindi ricordato che, “al tempo di Paolo, la comunità di Corinto trovava molte difficoltà in tal senso, vivendo, come spesso anche noi, l’esperienza delle divisioni, delle invidie, delle incomprensioni e dell’emarginazione. Tutte queste cose non vanno bene, perché, invece di edificare e far crescere la Chiesa come Corpo di Cristo, la frantumano in tante parti, la smembrano”.

E a braccio ha aggiunto: “E questo anche succede ai nostri giorni. Ma pensiamo, nelle comunità cristiane, in alcune parrocchie, nei quartieri, quante divisioni, quante invidie… E questo cosa fa? Ci smembra fra noi. È l’inizio della guerra”.

Perciò “l’Apostolo ha dato ai Corinti alcuni consigli concreti che valgono anche per noi: non essere gelosi, ma apprezzare nelle nostre comunità i doni e le qualità dei nostri fratelli”. Contro i sentimenti di gelosia, “cosa devo fare? Apprezzare nelle nostre comunità i doni e la qualità degli altri, dei nostri fratelli. Ma, quando mi viene la gelosia, dire al Signore: ‘Grazie, Signore, perché hai dato questo a quella persona’. Apprezzare le qualità è contro la divisione; farsi vicini e partecipare alla sofferenza degli ultimi e dei più bisognosi; esprimere la propria gratitudine a tutti. Dire grazie: il cuore che sa dire grazie è un cuore buono, è un cuore nobile, è un cuore che è contento perché sa dire grazie.

Vi domando: tutti noi sappiamo dire grazie, sempre? Non sempre, eh? Perché l’invidia, la gelosia ci frena un po’. E in ultimo, questo è il consiglio che l’apostolo Paolo dà ai Corinzi e anche dobbiamo darci noi, uno all’altro: non reputare nessuno superiore agli altri. Quanta gente si sente superiore agli altri!

Anche noi, tante volte, diciamo come quel fariseo della parabola: ‘Ti ringrazio, Signore, perché non sono come quello, sono superiore’. Ma questo è brutto, non farlo mai! E quando ti viene questo, ricordati dei tuoi peccati, di quelli che nessuno conosce, vergognati davanti a Dio e di’: ‘Ma tu Signore, tu sai chi è superiore, io chiudo la bocca’. E questo fa bene. Sempre, nella carità, considerarsi membra gli uni degli altri, che vivono e si donano a beneficio di tutti”.

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Nati per la missione https://www.lavoce.it/nati-per-la-missione/ Thu, 18 Sep 2014 14:08:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=28051 Missionario tra gli Indios Yanomami
Missionario tra gli Indios Yanomami

Proseguono al mercoledì le catechesi di Papa Francesco, al termine dell’udienza generale. Come nelle scorse settimane, il tema era quello della Chiesa, stavolta esaminata nel suo essere “cattolica” e “apostolica”. “Ma qual è effettivamente il significato di queste due parole, di queste due ‘note’ caratteristiche della Chiesa? E che valore hanno per le comunità cristiane e per ciascuno di noi?” ha chiesto Bergoglio.

“Cattolica – ha anzitutto precisato – significa universale… Segno evidente della cattolicità della Chiesa è che essa parla tutte le lingue. E questo non è altro che l’effetto della Pentecoste (At 2,1-13): è lo Spirito santo, infatti, che ha messo in grado gli apostoli e la Chiesa intera di far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e dell’amore di Dio. Così la Chiesa è nata cattolica, cioè ‘sinfonica’ fin dalle origini, e non può che essere cattolica, proiettata all’evangelizzazione e all’incontro con tutti”.

Ha quindi proseguito: “Se la Chiesa è nata cattolica, vuol dire che è nata ‘in uscita’, che è nata missionaria”, aggiungendo a braccio: “Se gli apostoli fossero rimasti lì nel Cenacolo, senza uscire a portare il Vangelo, la Chiesa sarebbe soltanto la Chiesa di quel popolo, di quella città, di quel Cenacolo. Ma tutti sono usciti per il mondo dal momento della nascita della Chiesa, dal momento che è disceso su di loro lo Spirito santo. E per questo la Chiesa è nata ‘in uscita’, cioè missionaria. È quello che esprimiamo qualificandola ‘apostolica’, perché l’apostolo è quello che porta la buona notizia della risurrezione di Gesù”.

L’aggettivo “apostolica” – ha detto ancora Papa Francesco – ricorda che la Chiesa è sorta “sul fondamento degli apostoli e in continuità con essi. Sono gli apostoli che sono andati e hanno fondato nuove Chiese, hanno costituito nuovi vescovi, e così in tutto il mondo, in continuità… Anche questo deriva dall’evento della Pentecoste: è lo Spirito santo, infatti, a superare ogni resistenza, a vincere la tentazione di chiudersi in sé stessi, tra ‘pochi eletti’, e di considerarsi gli unici destinatari della benedizione di Dio.

Se ad esempio – ha aggiunto – alcuni cristiani dicono: ‘Noi siamo gli eletti, solo noi’, alla fine muoiono. Muoiono prima nell’anima, poi moriranno nel corpo, perché non hanno vita, non sono capaci di generare vita, altra gente, altri popoli: non sono apostolici. Ed è proprio lo Spirito a condurci incontro ai fratelli, anche a quelli più distanti in ogni senso, perché possano condividere con noi l’amore, la pace, la gioia che il Signore risorto ci ha lasciato in dono”.

E infine, “che cosa comporta, per le nostre comunità e per ciascuno di noi, far parte di una Chiesa che è cattolica e apostolica? Anzitutto, significa prendersi a cuore la salvezza di tutta l’umanità, non sentirsi indifferenti o estranei di fronte alla sorte di tanti nostri fratelli, ma aperti e solidali verso di loro. Significa inoltre avere il senso della pienezza, della completezza, dell’armonia della vita cristiana, respingendo sempre le posizioni parziali, unilaterali, che ci chiudono in noi stessi.

Far parte della Chiesa apostolica vuol dire essere consapevoli che la nostra fede è ancorata all’annuncio e alla testimonianza degli stessi apostoli di Gesù: è ancorata là, è una lunga catena che viene di là. E perciò sentirsi sempre inviati, sentirsi mandati, in comunione con i successori degli apostoli, ad annunciare, con il cuore pieno di gioia, Cristo e il suo amore a tutta l’umanità. E qui vorrei ricordare la vita eroica di tanti, tanti missionari e missionarie che hanno lasciato la loro patria per andare ad annunciare il Vangelo in altri Paesi, in altri Continenti. Mi diceva un Cardinale brasiliano che quando lui va in un paese o in una città dell’Amazzonia, va sempre al cimitero e lì vede le tombe di questi missionari, sacerdoti, fratelli, suore che sono andati a predicare il Vangelo: apostoli. E lui pensa: ‘Tutti questi possono essere canonizzati adesso, hanno lasciato tutto per annunciare Gesù Cristo’. Rendiamo grazie al Signore perché la nostra Chiesa ha tanti missionari, e ne ha bisogno di più ancora!”.

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Maestra di misericordia https://www.lavoce.it/maestra-di-misericordia/ Thu, 11 Sep 2014 12:58:33 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27939 madre-teresaAll’udienza generale di mercoledì, Papa Francesco ha proseguito la sua catechesi sulla Chiesa come Madre (testi completi su www.vatican.va). “Oggi – ha detto – vorrei sottolineare un aspetto particolare di questa azione educativa della nostra madre Chiesa, cioè come essa ci insegna le opere di misericordia”.

“Un buon educatore – ha proseguito – punta all’essenziale. Non si perde nei dettagli, ma vuole trasmettere ciò che veramente conta perché il figlio o l’allievo trovi il senso e la gioia di vivere. È la verità. E l’essenziale. Secondo il Vangelo, è la misericordia. L’essenziale del Vangelo è la misericordia. Dio ha inviato suo Figlio, Dio si è fatto uomo per salvarci, cioè per darci la sua misericordia. Lo dice chiaramente Gesù, riassumendo il suo insegnamento per i discepoli: ‘Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso’ (Lc 6,36). Può esistere un cristiano che non sia misericordioso? No. Il cristiano necessariamente deve essere misericordioso, perché questo è il centro del Vangelo. E fedele a questo insegnamento, la Chiesa non può che ripetere la stessa cosa ai suoi figli: ‘Siate misericordiosi’ come lo è il Padre, e come lo è stato Gesù. Misericordia”.

A braccio ha aggiunto: “Una volta una mamma mi raccontava, nell’altra diocesi [Buenos Aires, ndr], che voleva insegnare ai suoi figli ad aiutare e dare da mangiare a chi ha fame. Ne aveva tre. E un giorno a pranzo bussano alla porta, e c’era un signore che chiedeva da mangiare, e la mamma ha detto: ‘Aspetta un attimo’. È rientrata e ha detto ai figli: ‘C’è un signore lì che chiede da mangiare, cosa facciamo?’ – ‘Gli diamo, mamma, gli diamo!’ – ‘Benissimo, prendiamo la bistecca di ciascuno di voi, e gli diamo la metà’- ‘Ah no, mamma, così non va!’ – ‘È così, tu devi dare dal tuo’. E così questa mamma ha insegnato ai figli a dare da mangiare del proprio. È un bell’esempio che mi ha aiutato tanto”.

“La misericordia – ha commentato – supera ogni muro, ogni barriera, e ti porta a cercare sempre il volto dell’uomo, della persona. Ed è la misericordia che cambia il cuore e la vita, che può rigenerare una persona e permetterle di inserirsi in modo nuovo nella società.

La madre Chiesa insegna a stare vicino a chi è abbandonato e muore solo. È ciò che ha fatto la beata Teresa per le strade di Calcutta; è ciò che hanno fatto e fanno tanti cristiani che non hanno paura di stringere la mano a chi sta per lasciare questo mondo. La misericordia dona la pace a chi parte e a chi resta, facendoci sentire che Dio è più grande della morte, e che rimanendo in Lui anche l’ultimo distacco è un arrivederci”.

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La Madre che ci dà la Parola https://www.lavoce.it/la-madre-che-ci-da-la-parola/ Thu, 04 Sep 2014 13:30:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27843 Madonna col Bambino, Ambrogio Bergognone
Madonna col Bambino,
Ambrogio Bergognone

Sono riprese – il 27 agosto e il 3 settembre – le catechesi di Papa Francesco sul tema della Chiesa. Nella prima occasione ha approfondito il tema della Chiesa “una e santa”. “È una – ha detto il Vescovo di Roma – perché ha la sua origine in Dio Trinità, mistero di unità e di comunione piena. La Chiesa poi è santa, in quanto è fondata su Gesù Cristo, animata dal suo santo Spirito, ricolmata del suo amore e della sua salvezza. Allo stesso tempo, però, è santa e composta di peccatori: tutti noi, peccatori, che facciamo esperienza ogni giorno delle nostre fragilità e delle nostre miserie.

Allora, questa fede che professiamo ci spinge alla conversione, ad avere il coraggio di vivere quotidianamente l’unità e la santità; e se noi non siamo uniti, se non siamo santi, è perché non siamo fedeli a Gesù. Ma Lui, Gesù, non ci lascia soli, non abbandona la sua Chiesa. Lui cammina con noi, Lui ci capisce. Capisce le nostre debolezze, i nostri peccati, ci perdona, sempre che noi ci lasciamo perdonare. Lui è sempre con noi, aiutandoci a diventare meno peccatori, più santi, più uniti”.

Mercoledì scorso è invece tornato su un tema che gli è particolarmente caro: la Chiesa come Madre, “una madre che ci dà vita in Cristo e che ci fa vivere con tutti gli altri fratelli nella comunione dello Spirito santo”.

“In questa sua maternità – ha proseguito – la Chiesa ha come modello la Vergine Maria, il modello più bello e più alto che ci possa essere… La maternità di Maria è certamente unica, singolare, e si è compiuta nella pienezza dei tempi, quando la Vergine diede alla luce il Figlio di Dio concepito per opera dello Spirito santo. E tuttavia, la maternità della Chiesa si pone in continuità con quella di Maria, come un suo prolungamento nella storia. La Chiesa, nella fecondità dello Spirito, continua a generare nuovi figli in Cristo, sempre nell’ascolto della Parola di Dio e nella docilità al Suo disegno d’amore. La Chiesa è madre. La nascita di Gesù nel grembo di Maria, infatti, è preludio della rinascita di ogni cristiano nel grembo della Chiesa, dal momento che Cristo è il primogenito di una moltitudine di fratelli (Rom 8,29) e il nostro primo fratello; Gesù, nato da Maria, è il Modello, e tutti noi siamo nati nella Chiesa”.

E a braccio: “Solo la Parola di Dio ha la capacità di cambiarci ben dal di dentro, dalle nostre radici più profonde. Ha questo potere, la Parola di Dio, e chi ci dà la Parola di Dio? La madre Chiesa: ci allatta da bambini con questa Parola, ci alleva durante tutta la vita con questa Parola, e questo è grande! È proprio la madre Chiesa, che con la Parola, di Dio ci cambia da dentro. La Parola di Dio che ci dà la madre Chiesa ci trasforma, rende la nostra umanità non palpitante secondo la mondanità della carne, ma secondo lo Spirito”.

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Il testo completo dell’Esame finale https://www.lavoce.it/il-testo-completo-dellesame-finale/ Wed, 06 Aug 2014 20:20:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27432 “Il sermone della montagna” pala d’altare, opera di Ib Rasmussen
“Il sermone della montagna” pala d’altare, opera di Ib Rasmussen

Da questo mercoledì Papa Francesco ha ripreso le catechesi generali in aula Paolo VI. “Nelle precedenti catechesi – ha detto, riallacciandosi all’udienza del 25 giugno – abbiamo visto come la Chiesa costituisce un popolo, un popolo preparato con pazienza e amore da Dio, e al quale siamo tutti chiamati ad appartenere. Oggi vorrei mettere in evidenza la novità che caratterizza questo popolo: si tratta davvero di un nuovo popolo, che si fonda sulla nuova alleanza, stabilita dal Signore Gesù con il dono della sua vita. Questa novità non nega il cammino precedente né si contrappone a esso, ma anzi lo porta avanti, lo porta a compimento”.

“C’è una figura molto significativa – ha proseguito -, che fa da cerniera tra l’Antico e il Nuovo Testamento: quella di Giovanni Battista. Per i Vangeli sinottici [Matteo, Marco, Luca] egli è il precursore… Per il Vangelo di Giovanni è il ‘testimone’, in quanto ci fa riconoscere in Gesù colui che viene dall’alto, per perdonare i nostri peccati e per fare del suo popolo la sua Sposa, primizia dell’umanità nuova… Con la sua testimonianza, Giovanni ci indica Gesù, ci invita a seguirlo, e ci dice senza mezzi termini che questo richiede umiltà, pentimento e conversione”.

“Come Mosè – ha spiegato poi Bergoglio – aveva stipulato l’alleanza con Dio in forza della Legge ricevuta sul Sinai, così Gesù, da una collina in riva al lago di Galilea, consegna ai suoi discepoli e alla folla un insegnamento nuovo che comincia con le Beatitudini. Mosè dà la Legge sul Sinai e Gesù, il nuovo Mosè, dà la Legge su quel monte, sulla riva del lago di Galilea. Le Beatitudini sono la strada che Dio indica come risposta al desiderio di felicità insito nell’uomo, e perfezionano i comandamenti dell’Antica Alleanza”.

Nel testo delle Beatitudini (Mt 5,3-11) “c’è tutta la novità portata da Cristo. In effetti, le Beatitudini sono il ritratto di Gesù, la sua forma di vita; e sono la via della vera felicità, che anche noi possiamo percorrere con la grazia che Gesù ci dona.

Oltre alla nuova Legge, Gesù ci consegna anche il ‘protocollo’ sul quale saremo giudicati. Alla fine del mondo noi saremo giudicati. E quali saranno le domande che ci faranno là? Quali saranno queste domande? Qual è il protocollo sul quale il Giudice ci giudicherà? È quello che troviamo nel 25° capitolo del Vangelo di Matteo”.

O meglio, ha soggiunto, “oggi il compito è leggere il quinto capitolo del Vangelo di Matteo, dove ci sono le Beatitudini; e leggere il 25°, dove c’è il protocollo, le domande che ci faranno nel Giorno del giudizio. Non avremo titoli, crediti o privilegi da accampare. Il Signore ci riconoscerà se a nostra volta Lo avremo riconosciuto nel povero, nell’affamato, in chi è indigente ed emarginato, in chi è sofferente e solo… È questo uno dei criteri fondamentali di verifica della nostra vita cristiana, sul quale Gesù ci invita a misurarci ogni giorno. Leggo le Beatitudini e penso come deve essere al mia vita cristiana, e poi faccio l’esame di coscienza con questo capito 25 di Matteo. Ogni giorno: ho fatto questo, ho fatto questo, ho fatto questo… Ci farà bene! Sono cose semplici ma concrete”.

“Cari amici – ha concluso -, la nuova Alleanza consiste proprio in questo: nel riconoscersi, in Cristo, avvolti dalla misericordia e dalla compassione di Dio. È questo che riempie il nostro cuore di gioia, ed è questo che fa della nostra vita una testimonianza bella e credibile dell’amore di Dio per tutti i fratelli che incontriamo ogni giorno. Ricordatevi i compiti! Capitolo quinto di Matteo e capitolo 25 di Matteo!”.

Le beatitudini

“Noi – ha detto Papa Francesco – siamo abituati a imparare i dieci Comandamenti. Certo, tutti voi li sapete, li avete imparati nella catechesi, ma non siamo abituati a ripetere le Beatitudini. Proviamo invece a ricordarle e a imprimerle nel nostro cuore. Facciamo una cosa: io le dirò una dopo l’altra, e voi farete la ripetizione”. Ha quindi scandito verso per verso il testo di Matteo 5, 3-10, e poi: “Vi aiuto!” e ha ripetuto due volte: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia… Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.

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La Festa della fiducia https://www.lavoce.it/la-festa-della-fiducia/ Fri, 20 Dec 2013 10:20:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21253 Una missionaria distribuisce doni ai bambini di un villaggio della Nigeria occidentale
Una missionaria distribuisce doni ai bambini di un villaggio della Nigeria occidentale

Il Natale è il segno che Dio si è “schierato” con l’uomo, con le sue miserie, ed è l’esempio che invita ogni cristiano a fare altrettanto con i più poveri, a chinarsi verso di loro per alleviarli dale loro sofferenze. È il pensiero di fondo di Papa Francesco all’udienza generale di mercolerdì mattina in piazza San Pietro, l’ultima del 2013 (testo integrale su www.vatican.va).

Il Natale – ha esordito Bergoglio – è “festa della fiducia e della speranza, che supera l’incertezza e il pessimismo. E la ragione della nostra speranza è questa: Dio è con noi, e Dio si fida ancora di noi! Dio viene ad abitare con gli uomini, sceglie la terra come sua dimora per stare insieme all’uomo e farsi trovare là dove l’uomo trascorre i suoi giorni nella gioia e o nel dolore. Pertanto, la terra non è più soltanto una ‘valle di lacrime’, ma è il luogo dove Dio stesso ha posto la Sua tenda, è il luogo dell’incontro di Dio con l’uomo, della solidarietà di Dio con gli uomini”.

“Dio – ha proseguito – ha voluto condividere la nostra condizione umana al punto da farsi una cosa sola con noi nella persona di Gesù, che è vero Uomo e vero Dio. Ma c’è qualcosa di ancora più sorprendente. La presenza di Dio in mezzo all’umanità non si è attuata in un mondo ideale, idilliaco, ma in questo mondo reale, segnato da tante cose buone e cattive, segnato da divisioni, malvagità, povertà, prepotenze e guerre. Egli ha scelto di abitare la nostra storia com’è, con tutto il peso dei suoi limiti e dei suoi drammi. Così facendo, ha dimostrato in modo insuperabile la sua inclinazione misericordiosa e ricolma di amore verso le creature umane”.

“Gesù è Dio-con-noi” e rivolgensi alla folla: “Credete questo, voi?”. Dalla piazza: “Sììì!”. E allora il Papa: “Facciamo insieme questa confessione: Gesù è Dio-con-noi”. La gente ha ripetuto: “Gesù è Dio-con-noi!”. “Ecco, bene, grazie. Gesù è Dio-con-noi, da sempre e per sempre con noi nelle sofferenze e nei dolori della storia. Il Natale di Gesù è la manifestazione che Dio si è ‘schierato’ una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati.

Da qui viene il grande ‘regalo’ del Bambino di Betlemme: un’energia spirituale ci porta Lui, un’energia che ci aiuta a non sprofondare nelle nostre fatiche, nelle nostre disperazioni, nelle nostre tristezze, perché è un’energia che riscalda e trasforma il cuore. La nascita di Gesù, infatti, ci porta la bella notizia che siamo amati immensamente e singolarmente da Dio, e questo amore non solo ce lo fa conoscere, ma ce lo dona, ce lo comunica.

Dalla contemplazione gioiosa del mistero del Figlio di Dio nato per noi, possiamo ricavare due considerazioni.

La prima è che, se nel Natale Dio si rivela non come Uno che sta in alto e che domina l’universo, ma come Colui che si abbassa (Dio si abbassa, discende sulla terra piccolo e povero), significa che per essere simili a Lui noi non dobbiamo metterci al di sopra degli altri, ma anzi abbassarci, metterci al servizio, farci piccoli con i piccoli e poveri con i poveri. È una cosa brutta quando si vede un cristiano che non vuole abbassarsi, che non vuole servire, un cristiano che si pavoneggia dappertutto… Il cristiano serve, si abbassa. Facciamo in modo che questi nostri fratelli e sorelle non si sentano mai soli. La nostra presenza solidale al loro fianco esprima non solo con le parole ma con l’eloquenza dei gesti che Dio è vicino a tutti.

La seconda: se Dio, per mezzo di Gesù, si è coinvolto con l’uomo al punto da diventare come uno di noi, vuol dire che qualunque cosa avremo fatto a un fratello e una sorella, l’avremo fatta a Lui. Ce lo ha ricordato lo stesso Gesù: chi avrà nutrito, accolto, visitato, amato uno dei più piccoli e dei più poveri tra gli uomini, avrà fatto ciò al Figlio di Dio. Al contrario, chi avrà respinto, dimenticato, ignorato uno dei più piccoli e più poveri tra gli uomini, avrà trascurato e respinto Dio stesso (cfr. Mt 25,35-46)”.

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Il Papa ha invitato a guardare con fede, fiducia e amore al “giorno del giudizio” https://www.lavoce.it/il-papa-ha-invitato-a-guardare-con-fede-fiducia-e-amore-al-giorno-del-giudizio/ Fri, 13 Dec 2013 08:27:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21032 Il Cristo Giudice di Giotto (Padova, Scrovegni)
Il Cristo Giudice di Giotto (Padova, Scrovegni)

Mercoledì, all’udienza generale, Papa Francesco ha svolto l’ultima catechesi sulla professione di fede, trattando l’articolo “Credo la vita eterna” (testo completo su www.vatican.va).

In particolare si è soffermato sul giudizio finale, “ma – ha subito detto – non avere paura!… Quando pensiamo al ritorno di Cristo e al suo giudizio finale… percepiamo di trovarci di fronte a un Mistero che ci sovrasta, che non riusciamo nemmeno a immaginare. Un mistero che quasi istintivamente suscita in noi un senso di timore, e magari anche di trepidazione. Se però riflettiamo bene su questa realtà, essa non può che allargare il cuore di un cristiano e costituire un grande motivo di consolazione e di fiducia”.

Come i primi cristiani – ha aggiunto – anche noi dobbiamo desiderare “l’abbraccio di Gesù, che è pienezza di vita, è pienezza di amore. Così ci abbraccia Gesù! Se pensiamo al giudizio in questa prospettiva, ogni paura e titubanza viene meno e lascia spazio all’attesa e a una profonda gioia: sarà proprio il momento in cui verremo giudicati finalmente pronti per essere rivestiti della gloria di Cristo, come di una veste nuziale, ed essere condotti al banchetto, immagine della piena e definitiva comunione con Dio”.

Francesco ha poi proseguito: “Un secondo motivo di fiducia viene offerto dalla constatazione che, nel momento del giudizio, non saremo lasciati soli… Che bello sapere che in quel frangente, oltre che su Cristo, nostro Paràclito, nostro avvocato presso il Padre (cfr 1Gv 2,1), potremo contare sull’intercessione e sulla benevolenza di tanti nostri fratelli e sorelle più grandi che ci hanno preceduto nel cammino della fede, che hanno offerto la loro vita per noi e che continuano ad amarci in modo indicibile!”.

“Un’ulteriore suggestione – ha detto – ci viene offerta dal Vangelo di Giovanni, dove si afferma esplicitamente che ‘Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui…’ (Gv 3,17-18). Questo significa che il giudizio ‘finale’ è già in atto, incomincia adesso, nel corso della nostra esistenza. Tale giudizio è pronunciato in ogni istante della vita, come riscontro della nostra accoglienza con fede della salvezza presente e operante in Cristo, oppure della nostra incredulità, con la conseguente chiusura in noi stessi”.

A braccio ha aggiunto: “Ma se noi ci chiudiamo, noi stessi, all’amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo. Siamo condannati da noi stessi! La salvezza è aprirsi a Gesù e lui ci salva. Se siamo peccatori – tutti, tutti lo siamo, tutti! – chiediamo perdono e andiamo con la voglia di essere buoni, il Signore ci perdona. Ma per questo dobbiamo aprirci all’amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L’amore di Gesù grande! L’amore di Gesù è misericordioso! L’amore di Gesù perdona! Ma tu devi aprirti e aprirsi significa pentirsi, lamentarsi delle cose che non sono buone che abbiamo fatto”.

“Il Signore Gesù – ha concluso – si è donato e continua a donarsi a noi, per ricolmarci di tutta la misericordia… Non stanchiamoci, pertanto, di vigilare sui nostri pensieri e sui nostri atteggiamenti, per pregustare fin da ora il calore e lo splendore del volto di Dio – e quello sarà bellissimo! -, di quel Dio che nella vita eterna contempleremo in tutta la sua pienezza”.

Poi a braccio: “Avanti! Avanti, pensando a questo giudizio che comincia adesso. È incominciato… Avanti, facendo che il nostro cuore sia aperto a Gesù, alla sua salvezza. Avanti, senza paura, perché l’amore di Gesù è più grande, e se noi chiediamo perdono dei nostri peccati, Lui ci perdona. È così Gesù! Avanti con questa certezza, che ci porterà alla gloria del cielo”.

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Il sacro legame tra noi https://www.lavoce.it/il-sacro-legame-tra-noi/ Thu, 07 Nov 2013 14:54:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20460 Jan van Eyck, “L’adorazione dell’Agnello mistico” (1558)
Jan van Eyck, “L’adorazione dell’Agnello mistico” (1558)

Papa Francesco ha dedicato le ultime due udienze generali del mercoledì – 30 ottobre e 6 novembre – al tema della comunione all’interno della Chiesa. Qui di seguito una rapida sintesi dei due interventi; i testi completi, come sempre, sul sito www.vatican.va.

Per quanto riguarda la comunione dei santi, di cui ha parlato il 30 ottobre, antevigilia di Ognissanti, “si tratta – ha detto – di una verità tra le più consolanti della nostra fede, poiché ci ricorda che non siamo soli ma esiste una comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo. Una comunione che nasce dalla fede; infatti, il termine ‘santi’ si riferisce a coloro che credono nel Signore Gesù e sono incorporati a Lui nella Chiesa mediante il battesimo. Per questo i primi cristiani erano chiamati anche ‘i santi’” (cfr At 9,13.32.41; Rm 8,27; 1Cor 6,1).

“La Chiesa – ha aggiunto -, nella sua verità più profonda, è comunione con Dio, familiarità con Dio, comunione di amore con Cristo e con il Padre nello Spirito santo, che si prolunga in una comunione fraterna. Questa relazione tra Gesù e il Padre è la ‘matrice’ del legame tra noi cristiani: se siamo intimamente inseriti in questa matrice, in questa fornace ardente di amore, allora possiamo diventare veramente un cuore solo e un’anima sola tra di noi, perché l’amore di Dio brucia i nostri egoismi, i nostri pregiudizi, le nostre divisioni interiori ed esterne. L’amore di Dio brucia anche i nostri peccati”.

Ma in più, ha sottolineato, “la comunione dei santi va al di là della vita terrena, va oltre la morte e dura per sempre. Questa unione fra noi, va al di là e continua nell’altra vita; è una unione spirituale che nasce dal battesimo e non viene spezzata dalla morte, ma, grazie a Cristo risorto, è destinata a trovare la sua pienezza nella vita eterna. C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo – noi – e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità”.

Il 6 novembre Papa Bergoglio ha approfondito l’altro aspetto della stessa realtà, “la comunione ai beni spirituali, alle cose sante. Questi due aspetti sono strettamente collegati fra loro: infatti la comunione tra i cristiani cresce mediante la partecipazione ai beni spirituali. In particolare consideriamo i sacramenti, i carismi e la carità. Noi cresciamo in unità, in comunione con i sacramenti, con i carismi che ognuno ha perché glieli ha dati lo Spirito santo, e con la carità”.

“I sacramenti – ha ribadito – non sono apparenze, non sono riti. I sacramenti sono la forza di Cristo. C’è Gesù Cristo nei sacramenti. Quando celebriamo la messa, nell’eucaristia c’è Gesù vivo, proprio lui, vivo, che ci raduna, ci fa comunità, ci fa adorare il Padre… Ogni incontro con Cristo, che nei sacramenti ci dona la salvezza, ci invita ad ‘andare’ e comunicare agli altri una Salvezza che abbiamo potuto vedere, toccare, incontrare, accogliere, e che è davvero credibile perché è amore. In questo modo, i sacramenti ci spingono a essere missionari, e l’impegno apostolico di portare il Vangelo in ogni ambiente, anche in quelli più ostili, costituisce il frutto più autentico di un’assidua vita sacramentale”.

Riguardo ai carismi: “Lo Spirito santo dispensa ai fedeli una moltitudine di doni e di grazie spirituali. Questa ricchezza – diciamo – fantasiosa dei doni dello Spirito santo è finalizzata all’edificazione della Chiesa… Non sono dati a beneficio di chi li riceve, ma per l’utilità del popolo di Dio. Se un carisma, invece, serve ad affermare se stessi, c’è da dubitare che si tratti di un autentico carisma o che sia fedelmente vissuto”. E a braccio ha affermato: “Non spegnere lo Spirito, lo Spirito che ci dà questi regali, queste abilità, queste virtù, queste cose tanto belle che fanno crescere la Chiesa!”.

Infine, la comunione della carità. Il Papa ha affermato: “I carismi sono importanti nella vita della comunità cristiana, ma sono sempre dei mezzi per crescere nella carità, nell’amore, che san Paolo colloca al di sopra dei carismi (cfr 1Cor 13). Senza l’amore, infatti, anche i doni più straordinari sono vani… Il più piccolo dei nostri gesti d’amore ha effetti buoni per tutti! Pertanto, vivere la unità della Chiesa, la comunione della carità significa non cercare il proprio interesse, ma condividere le sofferenze e le gioie dei fratelli, pronti a portare i pesi di quelli più deboli e poveri”.

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Donna del Mistero https://www.lavoce.it/donna-del-mistero/ Thu, 24 Oct 2013 13:19:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20267 “Cristo e la Madonna in casa a Nazareth” di Zurbaràn (1635-40)
“Cristo e la Madonna in casa a Nazareth” di Zurbaràn (1635-40)

All’udienza generale di mercoledì Papa Francesco ha portato avanti la sua catechesi sulla Chiesa riagganciandosi al tema “Maria come immagine e modello della Chiesa”. “Lo faccio – ha precisato – riprendendo un’espressione del Concilio Vaticano II. Dice la Costituzione Lumen gentium: ‘La Madre di Dio è figura della Chiesa nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo’ (n. 63)”.

“In che senso – ha chiesto il Papa – Maria rappresenta un modello per la fede della Chiesa? Pensiamo a chi era la Vergine Maria: una ragazza ebrea, che aspettava con tutto il cuore la redenzione del suo popolo. Ma in quel cuore di giovane figlia d’Israele c’era un segreto che lei stessa ancora non conosceva: nel disegno d’amore di Dio, era destinata a diventare la madre del Redentore”. E lei “come ha vissuto questa fede? L’ha vissuta nella semplicità delle mille occupazioni e preoccupazioni quotidiane di ogni mamma, come provvedere il cibo, il vestito, la cura della casa… Proprio questa esistenza normale della Madonna fu il terreno dove si svolse un rapporto singolare e un dialogo profondo tra lei e Dio, tra lei e il suo Figlio. Il ‘sì’ di Maria, già perfetto all’inizio, è cresciuto fino all’ora della croce. E lì la sua maternità si è dilatata abbracciando ognuno di noi, la nostra vita, per guidarci al suo Figlio”.

“Maria – ha detto ancora Bergoglio – è vissuta sempre immersa nel mistero di Dio fatto uomo, come sua prima e perfetta discepola, meditando ogni cosa nel suo cuore alla luce dello Spirito santo, per comprendere e mettere in pratica tutta la volontà di Dio. Noi possiamo farci una domanda: ci lasciamo illuminare dalla fede di Maria, che è Madre nostra? Oppure la pensiamo lontana, troppo diversa da noi? Nei momenti di difficoltà, di prova, di buio, guardiamo a lei come modello di fiducia in Dio, che vuole sempre e soltanto il nostro bene? Pensiamo a questo. Forse ci farà bene ritrovare Maria come modello e figura della Chiesa in questa fede che lei aveva”.

Il secondo aspetto riguarda Maria come modello di carità. “Pensiamo alla sua disponibilità nei confronti della parente Elisabetta. Visitandola, la Vergine Maria non le ha portato soltanto un aiuto materiale; anche questo, ma ha portato Gesù, che già viveva nel suo grembo. Portare Gesù in quella casa voleva dire portare la gioia, la gioia piena. Elisabetta e Zaccaria erano felici per la gravidanza che sembrava impossibile alla loro età, ma è la giovane Maria che porta loro la gioia piena, quella che viene da Gesù e dallo Spirito santo e si esprime nella carità gratuita, nel condividere, nell’aiutarsi, nel comprendersi”.

“Così la Chiesa: è come Maria. La Chiesa non è un negozio, la Chiesa non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una Ong, la Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il suo Vangelo. Questa è la Chiesa: non porta se stessa, se è piccola, se è grande, se è forte, se è debole, ma la Chiesa porta Gesù. E la Chiesa deve essere come Maria, quando è andata a fare la visita ad Elisabetta. Cosa portava Maria? Gesù! E questo è il centro della Chiesa: portare Gesù. Se (per ipotesi) succedesse che la Chiesa non portasse Gesù, quella sarebbe una Chiesa morta”.

“E noi che siamo la Chiesa – ha aggiunto il Papa – ognuno di noi, qual è l’amore che portiamo agli altri? È l’amore di Gesù, che condivide, che perdona, che accompagna, o è un amore troppo ‘allungato’? Come quando si allunga il vino tanto che sembra acqua. È così il nostro amore? È un amore forte, o tanto debole che segue le simpatie, che cerca il contraccambio? Un amore interessato”.

Infine, “Maria è modello di unione con Cristo. La vita della Vergine è stata la vita di una donna del suo popolo: Maria pregava, lavorava, andava alla sinagoga… Però ogni azione era compiuta sempre in unione perfetta con Gesù. Questa unione raggiunge il culmine sul Calvario: qui Maria si unisce al Figlio nel martirio del cuore e nell’offerta della vita al Padre per la salvezza dell’umanità. La Madonna ha fatto proprio il dolore del Figlio e ha accettato con lui la volontà del Padre, in quella obbedienza che porta frutto, che dona la vera vittoria sul male e sulla morte”.

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Noi come apostoli https://www.lavoce.it/noi-come-apostoli/ Thu, 17 Oct 2013 11:47:23 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20153 Andate dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, Harry Anderson
Andate dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, Harry Anderson

Dopo l’unità, santità e cattolicità nelle settimane scorse, all’udienza di mercoledì 16 Papa Francesco ha affrontato – davanti a una piazza San Pietro in cui erano radunate 70 mila persone – il tema della “apostolicità” della Chiesa. Di seguito, ampi stralci della catechesi (testo completo su www.vatican.va).

Cosa si intende dicendo che la Chiesa è apostolica? “Forse – ha detto il Vescovo di Roma -, qualche volta, venendo a Roma, avete pensato all’importanza degli apostoli Pietro e Paolo che qui hanno donato la loro vita per portare e testimoniare il Vangelo. Ma è di più. Professare che la Chiesa è apostolica significa sottolineare il legame costitutivo che essa ha con gli apostoli, con quel piccolo gruppo di dodici uomini che Gesù un giorno chiamò a sé, li chiamò per nome, perché rimanessero con lui e per mandarli a predicare (Mc 3,13-19). ‘Apostolo’, infatti, è una parola greca che vuol dire ‘mandato, inviato’”.

“Quando pensiamo ai successori degli apostoli (i vescovi: tutti i vescovi, anche il Papa è vescovo) dobbiamo chiederci se questo successore dell’apostolo prega, primo, e annuncia il Vangelo. È questo essere apostolo, e per questo la Chiesa è apostolica. E tutti noi, se vogliamo essere apostoli, dobbiamo chiederci: io prego per la salvezza del mondo, e annuncio il Vangelo?”.

Ha quindi elencato le caratteristiche fondamentali della apostolicità. “Primo, la Chiesa è apostolica perché è fondata sulla predicazione e la preghiera degli apostoli, sull’autorità che è stata data loro da Cristo stesso… La nostra fede, la Chiesa che Cristo ha voluto, non si fonda su un’idea, non si fonda su una filosofia: si fonda su Cristo stesso. E la Chiesa anche è come una pianta che lungo i secoli è cresciuta, si è sviluppata, ha portato frutti, ma le sue radici sono ben piantate in Lui e l’esperienza fondamentale di Cristo che hanno avuto gli apostoli, scelti e inviati da Gesù, giunge fino a noi”.

“Ma – ha proseguito – chiediamoci: come è possibile per noi collegarci… con quella testimonianza? Ecco il secondo significato del termine ‘apostolicità’… La Chiesa conserva lungo i secoli questo prezioso tesoro che è la sacra Scrittura, la dottrina, i sacramenti, il ministero dei Pastori, così che possiamo essere fedeli a Cristo e partecipare alla sua stessa vita. È come un fiume che scorre nella storia, si sviluppa, irriga, ma l’acqua che scorre è sempre quella che parte dalla sorgente, e la sorgente è Cristo stesso: lui è il Risorto, lui è il Vivente, e le sue parole non passano”.

Poi “l’ultimo pensiero: la Chiesa è apostolica perché è inviata a portare il Vangelo a tutto il mondo. Continua nel cammino della storia la missione stessa che Gesù ha affidato agli apostoli. Cosa ha detto Gesù? ‘Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’ (Mt 28,19-20). Questo è quello che Gesù ci ha detto di fare”.

“Insisto su questo aspetto della missionarietà, perché Cristo invita tutti ad andare incontro agli altri, ci invia, ci chiede di muoverci per portare la gioia del Vangelo. Ancora una volta chiediamoci: siamo missionari con la nostra parola, ma soprattutto con la nostra vita cristiana? Con la nostra testimonianza? O siamo cristiano chiusi nel nostro cuore e nelle nostre chiese? Cristiani di sacrestia? Cristiani solo di parole, ma che vivono come pagani? Questo non è un rimprovero, lo dico anche a me stesso: come sono cristiano? Con la testimonianza, davvero?”.

E ha concluso: “Una Chiesa che si chiude in se stessa e nel passato, o una Chiesa che soltanto guarda le piccole regole di abitudine, di atteggiamenti, è una Chiesa che tradisce la propria identità. Una Chiesa chiusa tradisce la propria identità. Allora, riscopriamo oggi tutta la bellezza e la responsabilità di essere Chiesa apostolica! E ricordatevi: apostolica perché preghiamo – primo compito – e perché annunciamo il Vangelo con la nostra vita, e anche con le parole”.

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Diversi ma uniti https://www.lavoce.it/diversi-ma-uniti/ Thu, 10 Oct 2013 12:47:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20020 Gli apostoli parlano in lingue diverse dopo Pentecoste
Gli apostoli parlano in lingue diverse dopo Pentecoste

Papa Francesco all’udienza generale di questo mercoledì ha proseguito la sua catechesi sulla Chiesa, soffermandosi a riflettere sulla “cattolicità” (testo completo su www.vatican.va). Anzitutto – si è chiesto – “che cosa significa cattolico? Deriva dal greco kath’olòn che vuol dire ‘secondo il tutto’, la totalità. In che senso questa totalità si applica alla Chiesa? In che senso noi diciamo che la Chiesa è cattolica? Direi in tre significati fondamentali”.

Il primo: “La Chiesa è cattolica perché è lo spazio, la casa in cui ci viene annunciata tutta intera la fede, in cui la salvezza che ci ha portato Cristo viene offerta a tutti… Nella Chiesa ognuno di noi trova quanto è necessario per credere, per vivere da cristiani, per diventare santi, per camminare in ogni luogo e in ogni epoca”.

“Nella Chiesa – ha proseguito – possiamo ascoltare la Parola di Dio, sicuri che è il messaggio che il Signore ci ha donato; nella Chiesa possiamo incontrare il Signore nei sacramenti che sono le finestre aperte attraverso le quali ci viene data la luce di Dio, dei ruscelli ai quali attingiamo la vita stessa di Dio; nella Chiesa impariamo a vivere la comunione, l’amore che viene da Dio. Ciascuno di noi può chiedersi oggi: come vivo io nella Chiesa? Quando io vado in chiesa, è come se io fossi allo stadio, a una partita di calcio? È come se fossi al cinema? No! È un’altra cosa!”.

C’è poi un secondo significato: “La Chiesa è cattolica perché è universale, è sparsa in ogni parte del mondo e annuncia il Vangelo a ogni uomo e ogni donna. La Chiesa non è un gruppo di élite, non riguarda solo alcuni. La Chiesa non ha chiusure, è inviata alla totalità delle persone, alla totalità del genere umano. E l’unica Chiesa è presente anche nelle più piccole parti di essa. Ognuno può dire: nella mia parrocchia è presente la Chiesa cattolica, perché anch’essa è parte della Chiesa universale, anch’essa ha la pienezza dei doni di Cristo, la fede, i sacramenti, il ministero; è in comunione con il Vescovo, con il Papa ed è aperta a tutti, senza distinzioni. La Chiesa non è solo all’ombra del nostro campanile, ma abbraccia una vastità di genti, di popoli che professano la stessa fede, si nutrono della stessa eucaristia, sono serviti dagli stessi Pastori”.

Infine, c’è un terzo significato: “La Chiesa – ha osservato Francesco – è cattolica perché è la ‘Casa dell’armonia’ dove unità e diversità sanno coniugarsi insieme per essere ricchezza. Pensiamo all’immagine della sinfonia, che vuol dire accordo e armonia, diversi strumenti suonano insieme; ognuno mantiene il suo timbro inconfondibile e le caratteristiche di suono si accordano su qualcosa di comune. Poi c’è chi guida, il direttore, e nella sinfonia che viene eseguita tutti suonano insieme in armonia, ma non viene cancellato il timbro di ogni strumento, la peculiarità di ciascuno, anzi è valorizzato al massimo”.

Questa bella immagine “ci dice che la Chiesa è come una grande orchestra in cui c’è varietà: non siamo tutti uguali, e non dobbiamo essere tutti uguali. Tutti siamo diversi, differenti, ognuno con le proprie qualità, e questo è il bello della Chiesa: ognuno porta il suo, quello che Dio gli ha dato, per arricchire gli altri. E tra le componenti c’è questa diversità, ma è una diversità che non entra in conflitto, non si contrappone; è una varietà che si lascia fondere in armonia dallo Spirito santo; è Lui il vero Maestro, e Lui stesso è l’armonia”.

“E qui chiediamoci: nelle nostre comunità viviamo l’armonia, o litighiamo fra noi?… Ci sono chiacchiere? E se ci sono chiacchiere, non c’è armonia: è lotta. E questa non è la Chiesa: la Chiesa è l’armonia di tutti. Mai chiacchierare l’uno contro l’altro, mai litigare! Accettiamo l’altro, accettiamo che vi sia una giusta varietà?”. E ha concluso: “Ma nella stessa fede si può pensare così! O tendiamo ad uniformare tutto? Ma l’uniformità uccide la vita. La vita della Chiesa è varietà, e quando vogliamo mettere questa uniformità a tutti, uccidiamo i doni dello Spirito santo”.

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Affettuosa e sicura https://www.lavoce.it/affettuosa-e-sicura/ Thu, 19 Sep 2013 14:10:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=19141 bambino-mammaNell’udienza generale di mercoledì 18 settembre Papa Francesco ha proseguito le riflessioni sui titoli della Chiesa, anzi ha eccezionalmente ripreso il tema della settimana scorsa, la Chiesa come “Madre”. “A me piace tanto questa immagine della Chiesa come Madre – ha spiegato. – Per questo ho voluto ritornarvi, perché questa immagine mi sembra che ci dica non solo come è la Chiesa, ma anche quale volto dovrebbe avere sempre di più la Chiesa”.

“Vorrei sottolineare tre cose – ha quindi aggiunto -, sempre guardando alle nostre mamme”. Prima di tutto, una madre “insegna a camminare nella vita, insegna ad andare bene nella vita, sa come orientare i figli, cerca sempre di indicare la strada giusta nella vita per crescere e diventare adulti. E lo fa con tenerezza, con affetto, con amore, sempre anche quando cerca di raddrizzare il nostro cammino perché sbandiamo un poco nella vita o prendiamo strade che portano verso un burrone. Una mamma sa che cosa è importante perché un figlio cammini bene nella vita; e non l’ha imparato dai libri, ma l’ha imparato dal proprio cuore. L’Università delle mamme è il loro cuore!…

La Chiesa fa la stessa cosa: orienta la nostra vita, ci dà degli insegnamenti per camminare bene. Pensiamo ai dieci Comandamenti: ci indicano una strada da percorrere per maturare, per avere dei punti fermi nel nostro modo di comportarci. E sono frutto della tenerezza, dell’amore stesso di Dio che ce li ha donati. Voi potrete dirmi: ‘Ma sono dei comandi! Sono un insieme di no’! Io vorrei invitarvi a leggerli – forse li avete un po’ dimenticati – e poi di pensarli in positivo. Vedrete che riguardano il nostro modo di comportarci verso Dio, verso noi stessi e verso gli altri, proprio quello che ci insegna una mamma per vivere bene”.

In secondo luogo, man mano che passano gli anni, “la mamma sempre, in ogni situazione, ha la pazienza di continuare ad accompagnare i figli… Penso alle mamme che soffrono per i figli in carcere o in situazioni difficili: non si domandano se siano colpevoli o no, continuano ad amarli, e spesso subiscono umiliazioni, ma non hanno paura, non smettono di donarsi. La Chiesa è così, è una mamma misericordiosa, che capisce, che cerca sempre di aiutare, di incoraggiare”.

Infine, “una mamma sa anche chiedere, bussare a ogni porta per i propri figli, senza calcolare: lo fa con amore. E penso a come le mamme sanno bussare anche e soprattutto alla porta del cuore di Dio!… E così fa anche la Chiesa: mette nelle mani del Signore, con la preghiera, tutte le situazioni dei suoi figli. Confidiamo nella forza della preghiera di Madre Chiesa: il Signore non rimane insensibile. Sa sempre stupirci quando non ce l’aspettiamo. La Madre Chiesa lo sa!”.

La misericordia era anche al centro dell’Angelus di domenica 15, in riferimento alla liturgia del giorno che presentava il capitolo 15 del Vangelo di Luca. Tre le parabole in esso contenute: quella della pecora smarrita, quella della moneta perduta, e quella del figlio ‘prodigo’. “Tutte e tre queste parabole parlano della gioia di Dio. Dio è gioioso. Interessante questo: Dio è gioioso! E qual è la gioia di Dio? La gioia di Dio è perdonare!”

“Qui c’è tutto il Vangelo! – ha esclamato.- Qui c’è tutto il cristianesimo! Ma guardate che non è sentimento, non è ‘buonismo’. Al contrario, la misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo dal ‘cancro’ che è il peccato, il male morale, il male spirituale. Solo l’amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nel cuore e nella storia. Solo l’amore può fare questo, e questa è la gioia di Dio…

Il pericolo qual è? È che noi presumiamo di essere giusti, e giudichiamo gli altri. Giudichiamo anche Dio, perché pensiamo che dovrebbe castigare i peccatori, condannarli a morte, invece di perdonare. Allora sì che rischiamo di rimanere fuori dalla casa del Padre!” .

E ha concluso: “Io vi chiedo una cosa, adesso. In silenzio, tutti, ognuno pensi a una persona con la quale non stiamo bene, con la quale ci siamo arrabbiati, alla quale non vogliamo bene. Preghiamo per questa persona e diventiamo misericordiosi con questa persona”.

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La Madre che ci genera alla fede https://www.lavoce.it/la-madre-che-ci-genera-alla-fede/ https://www.lavoce.it/la-madre-che-ci-genera-alla-fede/#comments Thu, 12 Sep 2013 10:34:17 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18986 Simone Martini, Madonna della Misericordia
Simone Martini, Madonna della Misericordia

All’udienza generale di mercoledì in piazza San Pietro, Papa Francesco ha ripreso le catechesi sulla Chiesa in questo Anno della fede (testo integrale su www.vatican.va). Questa volta il tema spcifico era la Chiesa come Madre nella fede. “È una delle immagini – ha detto il Vescovo di Roma – più usate dai Padri della Chiesa nei primi secoli, e penso possa essere utile anche per noi”.

“Una mamma – ha proseguito – genera la vita, porta nel suo grembo per nove mesi il proprio figlio e poi lo apre alla vita, generandolo. Così è la Chiesa: ci genera nella fede, per opera dello Spirito santo che la rende feconda, come la Vergine Maria. La Chiesa e la Vergine Maria sono mamme ambedue, e quello che si può dire della Chiesa si può dire anche della Madonna, e quello che si può dire della Madonna, si può dire della Chiesa. Certo, la fede è un atto personale: ‘io credo’, io personalmente rispondo a Dio che si fa conoscere e vuole entrare in amicizia con me. Ma la fede io la ricevo dagli altri, in una famiglia, in una comunità che mi insegna a dire: ‘Io credo’, ‘noi crediamo’. Un cristiano non è un’isola! Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un regalo, è un dono di Dio che ci viene dato nella Chiesa e attraverso la Chiesa. Quello è il momento in cui ci fa nascere come figli di Dio, il momento in cui ci dona la vita di Dio, ci genera come madre”.

Poi ha aggiunto: “Chiediamoci adesso: come vedo io la Chiesa? Sono riconoscente anche ai miei genitori perché mi hanno dato la vita, sono riconoscente alla Chiesa perché mi ha generato nella fede attraverso il battesimo?”. E a braccio ha aggiunto: “Ma quanti cristiani ricordano la data del loro battesimo? Io vorrei fare la domanda qui: quanti di voi (ma ognuno si risponde nel proprio cuore) ricordano la data del proprio battesimo?… E adesso, un compito da fare a casa: quando oggi tornate a casa, andate a cercare bene qual è la data del vostro battesimo. E quella è buona, per festeggiarlo, per ringraziare il Signore per questo dono. Lo farete?”. La folla risponde: “Sììì!”.

Francesco ha quindi chiesto: “Amiamo la Chiesa come si ama la propria mamma, sapendo anche comprendere i suoi difetti? Tutte le mamme hanno difetti, tutti ne abbiamo. Ma quando si parla dei difetti della mamma, noi li copriamo, li amiamo, così… E la Chiesa ha i suoi difetti, pure. La amo così, come la mamma? La aiutiamo a essere più bella, più autentica, più secondo il Signore? Queste domande vi lascio”.

“Una mamma – ha ancora affermato il Papa – non si limita a dare la vita, ma con grande cura aiuta i suoi figli a crescere, dà loro il latte, li nutre, insegna il cammino della vita, li accompagna sempre con le sue attenzioni, con il suo affetto, con il suo amore, anche quando sono grandi. E in questo sa anche correggere, perdonare, comprendere, sa essere vicina nella malattia, nella sofferenza… La Chiesa come buona madre fa la stessa cosa: accompagna la nostra crescita trasmettendo la Parola di Dio, che è una luce che ci indica il cammino della vita cristiana; amministrando i sacramenti. Ci nutre con l’eucaristia, ci porta il perdono di Dio attraverso il sacramento della penitenza, ci sostiene nel momento della malattia con l’unzione degli infermi. La Chiesa ci accompagna in tutta la nostra vita di fede, in tutta la nostra vita cristiana”.

Papa Francesco ha concluso con questo pensiero: “Nei primi secoli della Chiesa era ben chiara una realtà: la Chiesa, mentre è madre dei cristiani, mentre ‘fa’ i cristiani, è anche ‘fatta’ da essi. La Chiesa non è qualcosa di diverso da noi stessi, ma va vista come la totalità dei credenti, come il ‘noi’ dei cristiani: io, tu, tutti noi siamo parte della Chiesa… Alle volte sento: ‘Io credo in Dio ma non nella Chiesa. La Chiesa dice… i preti dicono…’. Una cosa sono i preti, ma la Chiesa non è solo i preti: la Chiesa siamo tutti. E se tu dici che credi in Dio e non credi nella Chiesa, stai dicendo che non credi in te stesso, e questa è una contraddizione!… Tutti partecipiamo della maternità della Chiesa, tutti siamo Chiesa. Affinché la luce di Cristo raggiunga gli estremi confini della terra. Evviva la santa Madre Chiesa!”.

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Una fede ‘costruttiva’ https://www.lavoce.it/una-fede-costruttiva/ Thu, 27 Jun 2013 13:28:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17691 Giotto, Il sogno di Innocenzo III, 1290-95, affresco, Assisi, Basilica superiore di San Francesco
Giotto, Il sogno di Innocenzo III, 1290-95, affresco, Assisi, Basilica superiore di San Francesco

Proseguono le catechesi di Papa Francesco sul tema della Chiesa in occasione delle udienze generali del mercoledì. I testi completi si possono trovare sul sito www.vatican.va. “Oggi – ha detto il 26 giugno – vorrei fare un breve cenno a un’ulteriore immagine che ci aiuta a illustrare il mistero della Chiesa: quella del tempio (cfr Lumen gentium, 6)”.

“Che cosa ci fa pensare la parola tempio? – si è chiesto. – Ci fa pensare a un edificio, a una costruzione” come il tempio di Gerusalemme. E “ciò che era prefigurato nell’antico tempio, è realizzato, dalla potenza dello Spirito santo, nella Chiesa: la Chiesa è la ‘casa di Dio’, il luogo della Sua presenza, dove possiamo trovare e incontrare il Signore; la Chiesa è il Tempio in cui abita lo Spirito santo che la anima, la guida e la sorregge.

Se ci chiediamo: dove possiamo incontrare Dio? Dove possiamo entrare in comunione con Lui attraverso Cristo? Dove possiamo trovare la luce dello Spirito santo che illumini la nostra vita? La risposta è: nel popolo di Dio, fra noi, che siamo Chiesa”.

“L’antico Tempio – ha aggiunto il Papa – era edificato dalle mani degli uomini… Con l’incarnazione del Figlio di Dio, si compie la profezia di Natan al re Davide (2Sam 7,1-29): non è il re, non siamo noi a dare una casa a Dio, ma è Dio stesso che costruisce la Sua casa per venire ad abitare in mezzo a noi, come scrive san Giovanni nel suo Vangelo (1,14). Cristo è il Tempio vivente del Padre, e Cristo stesso edifica la sua casa spirituale, la Chiesa, fatta non di pietre materiali, ma di ‘pietre viventi’, che siamo noi”.

Francesco ha quindi citato san Paolo che “dice ai cristiani di Efeso: voi siete edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo del Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito (Ef 2,20-22). Questa è una cosa bella! Noi siamo le pietre vive dell’edificio di Dio, unite profondamente a Cristo, che è la pietra di sostegno, e anche di sostegno tra noi. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che il tempio siamo noi, noi siamo la Chiesa vivente, il tempio vivente. E quando siamo insieme tra di noi, c’è anche lo Spirito santo, che ci aiuta a crescere come Chiesa. Noi non siamo isolati, ma siamo popolo di Dio: questa è la Chiesa!

Ed è lo Spirito santo, con i suoi doni, che disegna la varietà. Questo è importante: cosa fa lo Spirito santo fra noi? Egli disegna la varietà che è la ricchezza nella Chiesa e unisce tutto e tutti, così da costituire un tempio spirituale, in cui non offriamo sacrifici materiali, ma noi stessi, la nostra vita (cfr. 1Pt 2,4-5)”.

“La Chiesa – ha sottolineato il Papa – non è un intreccio di cose e di interessi, ma è il tempio dello Spirito santo… il tempio in cui ognuno di noi con il dono del battesimo è pietra viva. Questo ci dice che nessuno è inutile nella Chiesa, e se qualcuno a volte dice a un altro: ‘Vai a casa, tu sei inutile’, questo non è vero, perché nessuno è inutile nella Chiesa, tutti siamo necessari per costruire questo tempio! Nessuno è secondario. Nessuno è il più importante nella Chiesa, tutti siamo uguali agli occhi di Dio.

Qualcuno di voi potrebbe dire: ‘Senta, signor Papa, lei non è uguale a noi’. Sì, sono come ognuno di voi, tutti siamo uguali, siamo fratelli! Nessuno è anonimo: tutti formiamo e costruiamo la Chiesa. Questo ci invita anche a riflettere sul fatto che, se manca il mattone della nostra vita cristiana, manca qualcosa alla bellezza della Chiesa. Alcuni dicono: ‘Io con la Chiesa non c’entro’, ma così salta il mattone di una vita in questo bel tempio. Nessuno può andarsene, tutti dobbiamo portare alla Chiesa la nostra vita, il nostro cuore, il nostro amore, il nostro pensiero, il nostro lavoro: tutti insieme”.

E ha concluso: “Vorrei che ci domandassimo: come viviamo il nostro essere Chiesa? Siamo pietre vive o siamo, per così dire, pietre stanche, annoiate, indifferenti? Avete visto quanto è brutto vedere un cristiano stanco, annoiato, indifferente? Un cristiano così non va bene, il cristiano deve essere vivo, gioioso di essere cristiano. Deve vivere questa bellezza di far parte del popolo di Dio che è la Chiesa. Ci apriamo, noi, all’azione dello Spirito santo per essere parte attiva nelle nostre comunità, o ci chiudiamo in noi stessi, dicendo: Ho tante cose da fare, non è compito mio?”.

Il Tempio nella Bibbia

Parlando del tempio – ha detto Papa Francesco – la mente va “alla storia del popolo di Israele narrata nell’Antico Testamento. A Gerusalemme, il grande tempio di Salomone era il luogo dell’incontro con Dio nella preghiera. All’interno del Tempio c’era l’Arca dell’alleanza, segno della presenza di Dio in mezzo al popolo; e nell’Arca c’erano le tavole della Legge, la manna e la verga di Aronne: un richiamo al fatto che Dio era stato sempre dentro la storia del Suo popolo, ne aveva accompagnato il cammino, ne aveva guidato i passi. Il Tempio ricorda questa storia: anche noi, quando andiamo al tempio, dobbiamo ricordare questa storia, ciascuno di noi la nostra storia, come Gesù mi ha incontrato, come Gesù ha camminato con me, come Gesù mi ama e mi benedice”.

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Siamo vivi se uniti a Cristo https://www.lavoce.it/siamo-vivi-se-uniti-a-cristo/ Thu, 20 Jun 2013 15:16:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17528 Gmg-croce“Cari fratelli e sorelle – ha detto Papa Francesco all’udienza generale del 19 giugno -, oggi mi soffermo su un’altra espressione con cui il Concilio Vaticano II indica la natura della Chiesa: quella del corpo. Il Concilio dice che la Chiesa è Corpo di Cristo (Lumen gentium, 7)”. Di seguito, il suo discorso viene riportato quasi per intero; il testo integrale lo si può trovare su www.vatican.va.

“L’immagine del corpo – ha sottolineato il Papa – ci aiuta a capire questo profondo legame Chiesa/Cristo, che san Paolo ha sviluppato in modo particolare nella Prima lettera ai Corinzi (cap. 12). Anzitutto il corpo ci richiama ad una realtà viva. La Chiesa non è un’associazione assistenziale, culturale o politica, ma è un corpo vivente, che cammina e agisce nella storia. E questo corpo ha un capo, Gesù, che lo guida, lo nutre e lo sorregge.

Questo è un punto che vorrei sottolineare: se si separa il capo dal resto del corpo, l’intera persona non può sopravvivere. Così è nella Chiesa: dobbiamo rimanere legati in modo sempre più intenso a Gesù. Ma non solo questo: come in un corpo è importante che passi la linfa vitale perché viva, così dobbiamo permettere che Gesù operi in noi, che la sua Parola ci guidi, che la sua presenza eucaristica ci nutra, ci animi, che il suo amore dia forza al nostro amare il prossimo. E questo sempre! Sempre, sempre!

Cari fratelli e sorelle, rimaniamo uniti a Gesù, fidiamoci di lui, orientiamo la nostra vita secondo il suo Vangelo, alimentiamoci con la preghiera quotidiana, l’ascolto della Parola di Dio, la partecipazione ai sacramenti”.

“E qui – ha proseguito – vengo ad un secondo aspetto della Chiesa come Corpo di Cristo. San Paolo afferma che come le membra del corpo umano, pur differenti e numerose, formano un solo corpo, così tutti noi siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo Corpo (1Cor 12,12-13). Nella Chiesa quindi, c’è una varietà, una diversità di compiti e di funzioni; non c’è la piatta uniformità, ma la ricchezza dei doni che distribuisce lo Spirito santo. Però c’è la comunione e l’unità: tutti sono in relazione gli uni con gli altri e tutti concorrono a formare un unico Corpo vitale, profondamente legato a Cristo.

Ricordiamolo bene: essere parte della Chiesa vuol dire essere uniti a Cristo e ricevere da lui la vita divina che ci fa vivere come cristiani. Vuol dire rimanere uniti al Papa e ai vescovi, che sono strumenti di unità e di comunione. E vuol dire anche imparare a superare personalismi e divisioni, a comprendersi maggiormente, ad armonizzare le varietà e le ricchezze di ciascuno; in una parola, a voler più bene a Dio e alle persone che ci sono accanto, in famiglia, in parrocchia, nelle associazioni.

Corpo e membra per vivere devono essere uniti! L’unità è superiore ai conflitti, sempre! I conflitti, se non si sciolgono bene, ci separano tra di noi, ci separano da Dio. Il conflitto può aiutarci a crescere, ma anche può dividerci. Non andiamo sulla strada delle divisioni, delle lotte fra noi! Tutti uniti, tutti uniti con le nostre differenze, ma uniti, sempre: questa è la strada di Gesù. L’unità è superiore ai conflitti. L’unità è una grazia che dobbiamo chiedere al Signore perché ci liberi dalle tentazioni della divisione, delle lotte tra noi, degli egoismi, delle chiacchiere. Quanto male fanno le chiacchiere, quanto male! Mai chiacchierare degli altri, mai! Quanto danno arrecano alla Chiesa le divisioni tra i cristiani, l’essere di parte, gli interessi meschini!”.

“Le divisioni tra noi – ha concluso il Papa -, ma anche le divisioni fra le comunità: cristiani evangelici, cristiani ortodossi, cristiani cattolici… ma perché divisi? Dobbiamo cercare di portare l’unità. Vi racconto una cosa: oggi, prima di uscire da casa, sono stato più o meno mezz’ora con un Pastore evangelico e abbiamo pregato insieme, e cercato l’unità. Ma dobbiamo pregare fra noi cattolici, e anche con gli altri cristiani, pregare perché il Signore ci doni l’unità, l’unità fra noi.

Ma come avremo l’unità fra i cristiani se non siamo capaci di averla tra noi cattolici? Di averla nella famiglia? Quante famiglie lottano e si dividono! Cercate l’unità, l’unità che fa la Chiesa. L’unità viene da Gesù Cristo. Lui ci invia lo Spirito santo per fare l’unità”.

Tre richieste in preghiera

“Cari fratelli e sorelle – ha concluso Francesco -, chiediamo a Dio: aiutaci ad essere membra del Corpo della Chiesa sempre profondamente unite a Cristo.

Aiutaci a non far soffrire il Corpo della Chiesa con i nostri conflitti, le nostre divisioni, i nostri egoismi.

Aiutaci a essere membra vive legate le une con le altre da un’unica forza, quella dell’amore, che lo Spirito santo riversa nei nostri cuori” (Lettera ai Romani 5,5).

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