catechesi sui sacramenti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/catechesi-sui-sacramenti/ Settimanale di informazione regionale Fri, 21 Jul 2023 14:42:36 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg catechesi sui sacramenti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/catechesi-sui-sacramenti/ 32 32 L’emergenza rende quasi impossibile confessarsi. Che fare? https://www.lavoce.it/lemergenza-e-confessione/ Fri, 03 Apr 2020 08:03:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56777 segreto

Confessione tradizionale o al telefono?

Mentre ci avviciniamo alla Pasqua e alle celebrazioni della Settimana santa, cresce nei fedeli anche il desiderio di concludere, come di consueto, il cammino della Quaresima con la possibilità di accedere al sacramento della riconciliazione. Confessare i propri peccati e prepararsi a vivere nella gioia la memoria della risurrezione di Cristo e della nostra salvezza ricevuta nel battesimo. Il continuare delle restrizioni sociali che stiamo vivendo, a causa dell’emergenza sanitaria in corso, non ci permetterà purtroppo di celebrare neanche i misteri del Triduo pasquale con la partecipazione del popolo di Dio, ma ancora con solo pochi ministri e a porte chiuse. Questo di conseguenza renderà praticamente impossibile ai fedeli anche l’accostarsi alla confessione sacramentale, non senza grande sofferenza. Che fare? Cosa ci suggerisce la Chiesa? Da giorni girano indiscriminate comunicazioni che ipotizzano soluzioni innovative (come la confessione al telefono). La Chiesa ha fatto chiarezza attingendo al suo tesoro di tradizione. Indica a pastori e fedeli le possibilità di ricevere con certezza il perdono di Dio. Sia per chi si trova nelle drammatiche situazioni dell’infezione virale e per chi se ne prende cura. Per tutti coloro che sono solamente impediti dal recarsi in chiesa dalle norme di isolamento sociale.

Chi può recarsi da un sacerdote …

Coloro che, pur non infrangendo le disposizioni in vigore, avranno la possibilità di accostarsi individualmente a un sacerdote potranno celebrare il perdono di Dio nel modo consueto, nel sacramento della penitenza, curandosi di prendere, insieme al confessore, tutte le precauzioni per evitare ogni eventuale contagio (un luogo areato esterno al confessionale, una distanza conveniente, il ricorso alla mascherina). Tutti gli altri, secondo la dottrina della Chiesa, potranno ricevere il perdono e la riconciliazione con Dio esprimendo nella preghiera il proprio “atto di dolore (o contrizione) perfetto”. Accompagnato dalla ferma intenzione di accostarsi al sacramento appena possibile. Se si verifica dunque la dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, come in questi giorni, anche il cosiddetto votum confessionis, ovvero anche il solo desiderio di ricevere a suo tempo l’assoluzione sacramentale, accompagnato da una preghiera di pentimento (il Confesso a Dio onnipotente, l’Atto di dolore, l’invocazione Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di me) comporta il perdono dei peccati, anche gravi, commessi (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1452).

Momento di preghiera e di riflessione

In questo caso si consiglia, almeno per chi ne ha la possibilità, di far precedere a questo momento profondo di preghiera un tempo di riflessione. A partire da un testo della Parola di Dio, che ci guidi a compiere un buon esame di coscienza, così da presentare al Signore il nostro pentimento per i peccati che abbiamo commesso e che riconosciamo davanti a Lui. Concludiamo con una preghiera di ringraziamento per la misericordia ricevuta e per la gioia ritrovata. È prevista dal Rito della penitenza anche una forma “straordinaria” con l’assoluzione generale dei penitenti quando non sia possibile l’ascolto delle confessioni individuali. Può essere impartita solo dove ricorre l’imminente pericolo di morte e la presenza di molti penitenti, oppure in caso di grave necessità, come purtroppo si sta verificando nei luoghi del Paese maggiormente interessati dal contagio, e necessita sempre dell’autorizzazione del Vescovo diocesano, entro i limiti del possibile. La Chiesa custodisce con umiltà e fedeltà il tesoro della misericordia di Dio. Cerca di assicurare ai fedeli la possibilità di attingervi il dono della vita nuova conquistata da Cristo per noi nella sua Pasqua di passione, morte e risurrezione. † Luciano Paolucci Bedini vescovo di Gubbio]]>
segreto

Confessione tradizionale o al telefono?

Mentre ci avviciniamo alla Pasqua e alle celebrazioni della Settimana santa, cresce nei fedeli anche il desiderio di concludere, come di consueto, il cammino della Quaresima con la possibilità di accedere al sacramento della riconciliazione. Confessare i propri peccati e prepararsi a vivere nella gioia la memoria della risurrezione di Cristo e della nostra salvezza ricevuta nel battesimo. Il continuare delle restrizioni sociali che stiamo vivendo, a causa dell’emergenza sanitaria in corso, non ci permetterà purtroppo di celebrare neanche i misteri del Triduo pasquale con la partecipazione del popolo di Dio, ma ancora con solo pochi ministri e a porte chiuse. Questo di conseguenza renderà praticamente impossibile ai fedeli anche l’accostarsi alla confessione sacramentale, non senza grande sofferenza. Che fare? Cosa ci suggerisce la Chiesa? Da giorni girano indiscriminate comunicazioni che ipotizzano soluzioni innovative (come la confessione al telefono). La Chiesa ha fatto chiarezza attingendo al suo tesoro di tradizione. Indica a pastori e fedeli le possibilità di ricevere con certezza il perdono di Dio. Sia per chi si trova nelle drammatiche situazioni dell’infezione virale e per chi se ne prende cura. Per tutti coloro che sono solamente impediti dal recarsi in chiesa dalle norme di isolamento sociale.

Chi può recarsi da un sacerdote …

Coloro che, pur non infrangendo le disposizioni in vigore, avranno la possibilità di accostarsi individualmente a un sacerdote potranno celebrare il perdono di Dio nel modo consueto, nel sacramento della penitenza, curandosi di prendere, insieme al confessore, tutte le precauzioni per evitare ogni eventuale contagio (un luogo areato esterno al confessionale, una distanza conveniente, il ricorso alla mascherina). Tutti gli altri, secondo la dottrina della Chiesa, potranno ricevere il perdono e la riconciliazione con Dio esprimendo nella preghiera il proprio “atto di dolore (o contrizione) perfetto”. Accompagnato dalla ferma intenzione di accostarsi al sacramento appena possibile. Se si verifica dunque la dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, come in questi giorni, anche il cosiddetto votum confessionis, ovvero anche il solo desiderio di ricevere a suo tempo l’assoluzione sacramentale, accompagnato da una preghiera di pentimento (il Confesso a Dio onnipotente, l’Atto di dolore, l’invocazione Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di me) comporta il perdono dei peccati, anche gravi, commessi (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1452).

Momento di preghiera e di riflessione

In questo caso si consiglia, almeno per chi ne ha la possibilità, di far precedere a questo momento profondo di preghiera un tempo di riflessione. A partire da un testo della Parola di Dio, che ci guidi a compiere un buon esame di coscienza, così da presentare al Signore il nostro pentimento per i peccati che abbiamo commesso e che riconosciamo davanti a Lui. Concludiamo con una preghiera di ringraziamento per la misericordia ricevuta e per la gioia ritrovata. È prevista dal Rito della penitenza anche una forma “straordinaria” con l’assoluzione generale dei penitenti quando non sia possibile l’ascolto delle confessioni individuali. Può essere impartita solo dove ricorre l’imminente pericolo di morte e la presenza di molti penitenti, oppure in caso di grave necessità, come purtroppo si sta verificando nei luoghi del Paese maggiormente interessati dal contagio, e necessita sempre dell’autorizzazione del Vescovo diocesano, entro i limiti del possibile. La Chiesa custodisce con umiltà e fedeltà il tesoro della misericordia di Dio. Cerca di assicurare ai fedeli la possibilità di attingervi il dono della vita nuova conquistata da Cristo per noi nella sua Pasqua di passione, morte e risurrezione. † Luciano Paolucci Bedini vescovo di Gubbio]]>
L’immagine di Dio https://www.lavoce.it/limmagine-di-dio/ Thu, 03 Apr 2014 16:04:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24117 Scambio-Fedi-sposiPapa Francesco all’udienza generale di mercoledì ha proseguito il ciclo di catechesi sui sacramenti parlando del matrimonio. “Questo sacramento – ha detto – ci conduce nel cuore del disegno di Dio, che è un disegno di alleanza con il Suo popolo, con tutti noi, un disegno di comunione. All’inizio del libro della Genesi, il primo libro della Bibbia, a coronamento del racconto della creazione si dice: ‘Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò… Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne’ (Gen 1,27; 2,24)”.

A braccio ha proseguito: “L’immagine di Dio è la coppia matrimoniale, è l’uomo e la donna, tutti e due. Non soltanto il maschio, l’uomo, non soltanto la donna, no: tutti e due. E questa è l’immagine di Dio; l’amore, l’alleanza di Dio con noi è lì, è rappresentata in quell’alleanza fra l’uomo e la donna. E questo è molto bello, è molto bello! Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del Suo amore. E nell’unione coniugale l’uomo e la donna realizzano questa vocazione nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e definitiva. Quando un uomo, una donna celebrano il sacramento del matrimonio Dio, per così dire, si rispecchia in essi: imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del Suo amore.

Il matrimonio è l’icona dell’amore di Dio con noi. Anche Dio infatti è comunione. Le tre Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito santo vivono da sempre e per sempre in unità perfetta, ed è proprio questo il mistero del matrimonio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza.

La Bibbia è forte, dice: ‘Una sola carne’. Così intima è l’unione dell’uomo e la donna nel matrimonio. Ed è proprio questo il mistero del matrimonio: è l’amore di Dio che si rispecchia nel matrimonio, nella coppia che decide di vivere insieme. E per questo l’uomo lascia la sua casa, la casa dei suoi genitori e va a vivere con sua moglie e si unisce tanto fortemente a lei, che diventano, dice la Bibbia, una sola carne. Non sono due”.

“San Paolo nella Lettera agli Efesini – ha proseguito – mette in risalto che negli sposi cristiani si riflette un mistero grande: il rapporto instaurato da Cristo con la Chiesa, un rapporto nuziale (Ef 5,21-33). La Chiesa è la sposa di Cristo. Questo significa che il matrimonio risponde a una vocazione specifica e deve essere considerato come una consacrazione (cfr Gaudium et spes, 48; Familiaris consortio, 56). È una consacrazione. L’uomo e la donna sono consacrati per il loro amore, per amore. Gli sposi infatti, in forza del sacramento, vengono investiti di una vera e propria missione, perché possano rendere visibile, a partire dalle cose semplici, ordinarie, l’amore con cui Cristo ama la sua Chiesa, continuando a donare la vita per lei, nella fedeltà e nel servizio”.

A braccio ha poi aggiunto: “Il vero legame è sempre con il Signore. Quando la famiglia prega, il legame si mantiene. Quando lo sposo prega per la sposa e la sposa prega per lo sposo, quel legame diviene forte. Uno prega con l’altro. È vero che nella vita matrimoniale ci sono tante difficoltà, tante, no? Che il lavoro, che i soldi non bastano, che i bambini hanno problemi… tante difficoltà. E tante volte il marito, la moglie, diventano un po’ nervosi e litigano fra loro. O no? Litigano! Sempre, sempre è così: sempre si litiga nel matrimonio. Anche, alcune volte, volano i piatti.

Voi ridete, ma è la verità! Ma non dobbiamo diventare tristi per questo. La condizione umana è così. Ma il segreto è che l’amore è più forte di quando si litiga. E per questo io consiglio agli sposi, sempre, di non finire la giornata in cui hanno litigato senza fare la pace. Sempre!”.

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Pastori col cuore di Gesù https://www.lavoce.it/pastori-col-cuore-di-gesu/ Thu, 27 Mar 2014 14:21:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23932 Ordinazione di nuovi sacerdoti della Diocesi di Roma nella Basilica di San Pietro
Ordinazione di nuovi sacerdoti della Diocesi di Roma nella Basilica di San Pietro

All’udienza generale di mercoledì in piazza San Pietro, Papa Francesco, dopo l’interruzione della settimana scorsa per fornire una riflessione sull’inizio della Quaresima, ha ripreso le catechesi sui sacramenti. Il tema è stato il sacramento dell’Ordine (testo integrale su www.vatican.va).

“Ci sono due sacramenti – ha esordito – che corrispondono a due vocazioni specifiche: si tratta dell’Ordine e del matrimonio. Essi costituiscono due grandi vie attraverso le quali il cristiano può fare della propria vita un dono d’amore, sull’esempio e nel nome di Cristo, e così cooperare all’edificazione della Chiesa”.

“L’Ordine – ha quindi soggiunto -, scandito nei tre gradi di episcopato, presbiterato e diaconato, è il sacramento che abilita all’esercizio del ministero, affidato dal Signore Gesù agli apostoli, di pascere il Suo gregge, nella potenza del suo Spirito e secondo il Suo cuore. Pascere il gregge di Gesù con la potenza non della forza umana, la propria potenza, ma quella dello Spirito e secondo il suo cuore, il cuore di Gesù, che è un cuore di amore”.

Anzitutto, “coloro che vengono ordinati sono posti a capo della comunità. Sono ‘a capo’, sì, però, per Gesù significa porre la propria autorità al servizio, come Lui stesso ha mostrato e ha insegnato ai discepoli con queste parole: ‘Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo…’. Un vescovo che non è al servizio della comunità non fa bene. Un sacerdote, un prete, che non è al servizio della sua comunità non fa bene. È sbagliato”.

“Un’altra caratteristica che deriva sempre da questa unione sacramentale con Cristo è l’amore appassionato per la Chiesa… In forza dell’Ordine, il ministro dedica tutto se stesso alla propria comunità e la ama con tutto il cuore: è la sua famiglia. Il vescovo, il sacerdote, amano la Chiesa nella loro comunità e la amano fortemente. Come? Come Cristo ama la Chiesa. Lo stesso dirà san Paolo del matrimonio: lo sposo ama sua moglie come Cristo ama la Chiesa. È un mistero grande di amore, questo del ministero e quello del matrimonio, i due sacramenti che sono la strada per la quale le persone abitualmente vanno, come sacramento, al Signore”.

Infine, “quando non si alimenta il ministero, il ministero del vescovo, il ministero del sacerdote, con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio e con la celebrazione quotidiana dell’eucaristia, e anche con una frequentazione del sacramento della penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù… Per questo, dobbiamo aiutare i vescovi, i sacerdoti a pregare, ad ascoltare la Parola di Dio che è il pasto quotidiano, a celebrare ogni giorno l’eucaristia e ad andare a confessarsi abitualmente. E questo è tanto importante perché va alla santificazione proprio dei vescovi e dei sacerdoti”.

Papa Bergoglio ha concluso a braccio: “Come si deve fare per diventare sacerdote? Dove si vendono le entrate? No, non si vendono. Questa è una cosa in cui l’iniziativa la prende il Signore. Il Signore chiama: chiama ognuno che vuole che diventi sacerdote, e forse ci sono alcuni giovani, qui, che hanno sentito nel loro cuore questa chiamata. La voglia di diventare sacerdoti, la voglia di servire gli altri nelle cose che vengono da Dio, la voglia di essere tutta la vita al servizio per catechizzare, battezzare, perdonare, celebrare l’eucaristia, curare gli ammalati… tutta la vita così! Se qualcuno di voi ha sentito questo nel cuore, è Gesù che lo ha messo lì! Curate questo invito e pregate perché questo cresca e dia il frutto in tutta la Chiesa!”.

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La carezza di Gesù https://www.lavoce.it/la-carezza-di-gesu/ Fri, 28 Feb 2014 14:07:59 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22843 unzione-anziani“Nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli”. Attorno a questo concetto Papa Francesco ha sviluppato l’udienza generale di mercoledì in piazza San Pietro.

Davanti a circa 50 mila persone, il Papa ha incentrato la sua catechesi sul sacramento dell’unzione degli infermi (testo integrale su www.vatican.va), “che ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l’uomo. In passato veniva chiamato ‘estrema unzione’, perché era inteso come conforto spirituale nell’imminenza della morte. Parlare invece di unzione degli infermi ci aiuta ad allargare lo sguardo all’esperienza della malattia e della sofferenza, nell’orizzonte della misericordia di Dio”.

“C’è un’icona biblica – ha aggiunto – che esprime in tutta la sua profondità il mistero che traspare nell’unzione degli infermi: è la parabola del buon samaritano (Lc 10,30-35). Ogni volta che celebriamo tale sacramento, il Signore Gesù, nella persona del sacerdote, si fa vicino a chi soffre ed è gravemente malato, o anziano. Dice la parabola che il buon samaritano si prende cura dell’uomo sofferente versando sulle sue ferite olio e vino. L’olio ci fa pensare a quello che viene benedetto dal vescovo ogni anno nella messa crismale del Giovedì santo, proprio in vista dell’unzione degli infermi. Il vino, invece, è segno dell’amore e della grazia di Cristo…”

“Infine, la persona sofferente viene affidata a un albergatore affinché possa continuare a prendersi cura di lei, senza badare a spese. Ora, chi è questo albergatore? È la Chiesa, la comunità cristiana, siamo noi, ai quali ogni giorno il Signore Gesù affida coloro che sono afflitti, nel corpo e nello spirito, perché possiamo continuare a riversare su di loro, senza misura, tutta la sua misericordia e la sua salvezza”.

“Si tratta quindi di una prassi che era in atto già ai tempi degli apostoli. Gesù infatti ha insegnato ai suoi discepoli ad avere la sua stessa predilezione per i malati e per i sofferenti, e ha trasmesso loro la capacità e il compito di continuare a elargire, nel suo nome e secondo il suo cuore, sollievo e pace, attraverso la grazia speciale di tale sacramento. Questo però non ci deve fare scadere nella ricerca ossessiva del miracolo o nella presunzione di poter ottenere sempre e comunque la guarigione. Ma è la sicurezza della vicinanza di Gesù al malato, anche all’anziano, perché ogni anziano, ogni persona di oltre 65 anni può ricevere questo sacramento: è Gesù che si avvicina”.

“Quando si pensa: ‘Chiamiamo il sacerdote perché venga’. ‘No, no, poi porta sfortuna…’ o ‘poi si spaventerà l’ammalato’… Perché? Perché c’è un po’ l’idea che, quando c’è un ammalato e viene il sacerdote, dopo di lui arrivano le pompe funebri, e questo non è vero! Il sacerdote viene per aiutare il malato o l’anziano. Per questo è tanto importante la visita dei sacerdoti ai malati. Chiamarlo: ‘C’è un malato. Venga, gli dia l’unzione, lo benedica’, perché è Gesù che arriva per sollevarlo, per dargli forza, per dargli speranza, per aiutarlo, anche per perdonargli i peccati. E questo è bellissimo!”.

“E non pensiate che questo sia un tabù, perché è sempre bello sapere che nel momento del dolore e della malattia noi non siamo soli: il sacerdote e coloro che sono presenti durante l’unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana che, come un unico Corpo, con Gesù, si stringe attorno a chi soffre e ai familiari, alimentando in essi la fede e la speranza, e sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno. Ma il conforto più grande deriva dal fatto che a rendersi presente nel sacramento è lo stesso Signore Gesù, che ci prende per mano, ci accarezza come faceva con i malati, Lui; e ci ricorda che ormai gli apparteniamo, e che nulla, neppure il male e la morte, potrà mai separarci da Lui”.

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L’abbraccio del Padre https://www.lavoce.it/labbraccio-del-padre/ Thu, 20 Feb 2014 13:54:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22485 Una giovane in confessione alla Gmg di Madrid del 2011
Una giovane in confessione alla Gmg di Madrid del 2011

Al sacramento della riconciliazione era dedicata l’udienza generale di Papa Francesco questo mercoledì (testo completo su www.vatican.va).

“Attraverso i sacramenti dell’iniziazione cristiana, il battesimo, la confermazione e l’eucaristia – ha ricordato Bergoglio -, l’uomo riceve la vita nuova in Cristo. Ora, tutti lo sappiamo, portiamo questa vita ‘in vasi di creta’ (2Cor 4,7), siamo ancora sottomessi alla tentazione, alla sofferenza, alla morte e, a causa del peccato, possiamo persino perdere la nuova vita. Per questo il Signore Gesù ha voluto che la Chiesa continui la sua opera di salvezza anche verso le proprie membra, in particolare con il sacramento della riconciliazione e quello dell’unzione degli infermi, che possono essere uniti sotto il nome di ‘sacramenti di guarigione’”.

“L’icona biblica che li esprime al meglio – ha aggiunto -, nel loro profondo legame, è l’episodio del perdono e della guarigione del paralitico, dove il Signore Gesù si rivela allo stesso tempo medico delle anime e dei corpi.

Il sacramento della penitenza scaturisce direttamente dal Mistero pasquale. Infatti, la stessa sera di Pasqua il Signore apparve ai discepoli, chiusi nel Cenacolo, e, dopo aver rivolto loro il saluto ‘pace a voi’, soffiò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati’ (Gv 20,21-23)”.

“Questo passo ci svela la dinamica più profonda che è contenuta in questo sacramento. Anzitutto, il fatto che il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Il perdono si chiede, si chiede a un altro, e nella confessione chiediamo il perdono a Gesù. Il perdono non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, è un dono dello Spirito santo, che ci ricolma del lavacro di misericordia e di grazia che sgorga incessantemente dal cuore spalancato del Cristo crocifisso e risorto”.

“In secondo luogo, ci ricorda che solo se ci lasciamo riconciliare nel Signore Gesù col Padre e con i fratelli possiamo essere veramente nella pace…”

“Qualcuno può dire: ‘Io mi confesso soltanto con Dio’. Sì, tu puoi dire a Dio: ‘Perdonami’, e dire i tuoi peccati. Ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa, e per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa e ai fratelli, nella persona del sacerdote. ‘Ma padre, io mi vergogno!’. Anche la vergogna è buona, è salute avere un po’ di vergogna… La vergogna fa bene anche perché ci rende più umili. E il sacerdote riceve con amore e con tenerezza questa confessione, e in nome di Dio perdona…”

“Non abbiate paura della confessione. Uno, quando è in fila per confessarsi sente tutte queste cose, anche la vergogna, ma poi, quando finisce la confessione, esce libero, grande, bello, perdonato, bianco, felice”. “Ognuno risponda nel suo cuore: quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato? Ognuno pensi. Due giorni, due settimane, due anni, vent’anni, quarant’anni? E se è passato tanto tempo, non perdere un giorno di più: vai avanti, che il sacerdote sarà buono. C’è Gesù lì, e Gesù è più buono dei preti, e Gesù ti riceve. Ti riceve con tanto amore. Sii coraggioso, e avanti alla confessione!”.

“Cari amici – ha concluso -, celebrare il sacramento della riconciliazione significa essere avvolti in un abbraccio caloroso: è l’abbraccio dell’infinita misericordia del Padre. Ricordiamo quella bella, bella parabola del figlio che se n’è andato da casa sua con i soldi dell’eredità, ha sprecato tutti i soldi e poi, quando non aveva niente, ha deciso di tornare a casa, e non come figlio, ma come servo. Tanta colpa aveva nel suo cuore, e tanta vergogna. E la sorpresa è stata che, quando ha incominciato a parlare e a chiedere perdono, il padre non l’ha lasciato parlare: l’ha abbracciato, l’ha baciato e ha fatto festa. Ma io vi dico: ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia”.

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Verifica sulla messa https://www.lavoce.it/verifica-sulla-messa/ Thu, 13 Feb 2014 15:52:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22241 Un’assemblea durante la celebrazione della liturgia
Un’assemblea durante la celebrazione della liturgia

All’udienza generale di mercoledì, Papa Francesco ha proseguito la sua catechesi sull’eucaristia (testo completo su www.vatican.va). La scorsa settimana aveva messo in luce che l’eucaristia “ci introduce nella comunione reale con Gesù e il suo Mistero. Ora possiamo porci alcune domande in merito al rapporto tra l’eucaristia che celebriamo e la nostra vita, come Chiesa e come singoli cristiani”.

“Ci sono segnali molto concreti – ha detto – per capire come viviamo tutto questo. Come viviamo l’eucaristia. Segnali che ci dicono se noi viviamo bene l’eucaristia o non la viviamo tanto bene. Il primo indizio è il nostro modo di guardare e considerare gli altri. Nell’eucaristia Cristo attua sempre nuovamente il dono di sé che ci ha fatto sulla croce. Tutta la sua vita è un atto di totale condivisione di sé per amore; perciò egli amava stare con i discepoli e con le persone che aveva modo di conoscere. Questo significava per lui condividere i loro desideri, i loro problemi, quello che agitava la loro anima e la loro vita. Ora noi, quando partecipiamo alla santa messa, ci ritroviamo con uomini e donne di ogni genere: giovani, anziani, bambini; poveri e benestanti; originari del posto e forestieri; accompagnati dai familiari e soli… Ma l’eucaristia che celebro, mi porta a sentirli tutti, davvero come fratelli e sorelle? Fa crescere in me la capacità di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange? Mi spinge ad andare verso i poveri, i malati, gli emarginati? Mi aiuta a riconoscere in loro il volto di Gesù?”.

“Un secondo indizio, molto importante è la grazia di sentirsi perdonati e pronti a perdonare. A volte qualcuno chiede: ‘Perché si dovrebbe andare in chiesa, visto che chi partecipa abitualmente alla messa è peccatore come gli altri?’. Quante volte abbiamo sentito questo. In realtà, chi celebra l’eucaristia non lo fa perché si ritiene o vuole apparire migliore degli altri, ma proprio perché si riconosce sempre bisognoso di essere accolto e rigenerato dalla misericordia di Dio, fatta carne in Gesù Cristo”.

E a braccio ha aggiunto: “Se ognuno di noi non si sente bisognoso della misericordia di Dio, non si sente peccatore, meglio che non vada a messa!… Quel ‘Confesso’ che diciamo all’inizio non è un pro forma, è un vero atto di penitenza: io sono peccatore e lo confesso! Così inizia la messa”.

“Un ultimo indizio prezioso ci viene offerto dal rapporto tra la celebrazione eucaristica e la vita delle nostre comunità cristiane. Bisogna sempre tenere presente che l’eucaristia non è qualcosa che facciamo noi; non è una nostra commemorazione di quello che Gesù ha detto e fatto. No, è proprio un’azione di Cristo! È Cristo che li attua, che è sull’altare. E Cristo è il Signore. È un dono di Cristo, il quale si rende presente e ci raccoglie attorno a sé, per nutrirci della sua Parola e della sua vita. Questo significa che la missione e l’identità stessa della Chiesa sgorgano da lì, dall’eucaristia, e lì sempre prendono forma. Una celebrazione può risultare anche impeccabile dal punto di vista esteriore, bellissima, ma, se non ci conduce all’incontro con Gesù, rischia di non portare alcun nutrimento al nostro cuore e alla nostra vita. Attraverso l’eucaristia, invece, Cristo vuole entrare nella nostra esistenza e permearla della sua grazia, così che in ogni comunità cristiana ci sia coerenza tra liturgia e vita”.

E Francesco ha così concluso: “Viviamo l’eucaristia con spirito di fede e di preghiera, di perdono, di penitenza, di gioia comunitaria, di preoccupazione per i bisognosi e per i bisogni di tanti fratelli e sorelle, nella certezza che il Signore compirà quello che ha promesso: la vita eterna”.

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Il Mistero centrale https://www.lavoce.it/il-mistero-centrale/ Thu, 06 Feb 2014 14:54:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22032 comunione-nelle-maniProseguono le catechesi del mercoledì di Papa Francesco sul tema dei sacramenti (testi completi su www.vatican.va). Dopo la cresima la settimana scorsa, ora è stata la volta dell’eucaristia, che “si colloca nel cuore dell’iniziazione cristiana insieme al battesimo e alla confermazione, e costituisce la sorgente della vita stessa della Chiesa. Da questo sacramento dell’amore, infatti, scaturisce ogni autentico cammino di fede, di comunione e di testimonianza”.

“Quello che vediamo – ha proseguito – quando ci raduniamo per celebrare l’eucaristia, la messa, ci fa già intuire che cosa stiamo per vivere. Al centro dello spazio destinato alla celebrazione si trova l’altare, che è una mensa, ricoperta da una tovaglia, e questo ci fa pensare a un banchetto. Sulla mensa c’è una croce, a indicare che su quell’altare si offre il sacrificio di Cristo: è Lui il cibo spirituale che lì si riceve, sotto i segni del pane e del vino. Accanto alla mensa c’è l’ambone, cioè il luogo da cui si proclama la Parola di Dio: e questo indica che lì ci si raduna per ascoltare il Signore che parla mediante le sacre Scritture, e dunque il cibo che si riceve è anche la sua Parola.

Parola e Pane nella messa diventano un tutt’uno, come nell’Ultima Cena, quando tutte le parole di Gesù, tutti i segni che aveva fatto, si condensarono nel gesto di spezzare il pane e di offrire il calice, anticipo del sacrificio della croce, e in quelle parole: ‘Prendete, mangiate, questo è il mio corpo… Prendete, bevete, questo è il mio sangue’.

Il gesto di Gesù compiuto nell’Ultima Cena è l’estremo ringraziamento al Padre per il suo amore, per la sua misericordia. ‘Ringraziamento’ in greco si dice eucaristia. E per questo il sacramento si chiama eucaristia: è il supremo ringraziamento al Padre, che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio per amore. Ecco perché il termine eucaristia riassume tutto quel gesto, che è gesto di Dio e dell’uomo insieme, gesto di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.

Dunque la celebrazione eucaristica è ben più di un semplice banchetto: è proprio il memoriale della Pasqua di Gesù, il mistero centrale della salvezza. ‘Memoriale’ non significa un semplice ricordo, ma vuol dire che ogni volta che celebriamo questo sacramento partecipiamo al mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. L’eucaristia costituisce il vertice dell’azione di salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con Lui e con i fratelli.

È per questo che comunemente, quando ci si accosta a questo sacramento, si dice ‘ricevere la Comunione, fare la Comunione’: questo significa che, nella potenza dello Spirito santo, la partecipazione alla mensa eucaristica ci conforma in modo unico e profondo a Cristo, facendoci pregustare già ora la piena comunione con il Padre che caratterizzerà il banchetto celeste, dove con tutti i santi avremo la gioia di contemplare Dio faccia a faccia”.

“Cari amici – ha concluso -, non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per il dono che ci ha fatto con l’eucaristia! È un dono tanto grande, e per questo è tanto importante andare a messa la domenica. Andare a messa non solo per pregare, ma per ricevere la Comunione, questo pane che è il Corpo di Gesù Cristo che ci salva, ci perdona, ci unisce al Padre. È bello fare questo! E tutte le domeniche andiamo a messa perché è il giorno proprio della risurrezione del Signore. Per questo la domenica è tanto importante per noi. Con l’eucaristia sentiamo questa appartenenza alla Chiesa, al popolo di Dio, al Corpo di Dio, a Gesù Cristo. Non finiremo mai di coglierne tutto il valore e la ricchezza!”.

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Quella forza speciale https://www.lavoce.it/quella-forza-speciale/ Fri, 31 Jan 2014 15:18:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21865 La cresima
La cresima

Mercoledì Papa Francesco ha tenuto la terza catechesi sui sacramenti, soffermandosi sulla cresima / confermazione (testo integrale su www.vatican.va). Un sacramento da intendere “in continuità con il battesimo” a cui è legato “in modo inseparabile”.

“Questi due sacramenti, insieme con l’eucaristia – ha proseguito – formano un unico evento salvifico, l’iniziazione cristiana, nel quale veniamo inseriti in Gesù Cristo morto e risorto e diventiamo nuove creature e membra della Chiesa. Ecco perché in origine questi tre sacramenti si celebravano in un unico momento, al termine del cammino catecumenale, che era normalmente nella Veglia pasquale”.

“Comunemente – ha aggiunto il Papa – si parla di sacramento della ‘cresima’, parola che significa ‘unzione’. E in effetti attraverso l’olio detto sacro crisma veniamo conformati, nella potenza dello spirito, a Gesù Cristo, il quale è l’unico vero unto, il Messia, il Santo di Dio”.

“Il termine ‘confermazione’ ci ricorda poi che questo sacramento apporta una crescita della grazia battesimale: ci unisce più saldamente a Cristo; porta a compimento il nostro legame con la Chiesa; ci accorda una speciale forza dello Spirito santo per diffondere e difendere la fede, per confessare il nome di Cristo e per non vergognarci mai della sua croce”.

A braccio ha aggiunto: “Per questo è importante avere cura che i nostri bambini, i nostri ragazzi abbiano questo sacramento. Tutti noi abbiamo cura che siano battezzati: e questo è buono! Ma forse non abbiamo tanta cura che ricevano la cresima: restano a metà cammino”. Ma questo sacramento “è tanto importante nella vita cristiana, perché ci dà la forza per andare avanti! Pensiamo un po’, ognuno di noi: noi davvero ci preoccupiamo che i nostri bambini e i nostri ragazzi ricevano la cresima? Se voi a casa vostra avete bambini, ragazzi che ancora non l’hanno ricevuta e sono in età di riceverla, fate tutto il possibile perché giunga a compimento questa iniziazione cristiana e che loro ricevano la forza dello Spirito santo. È importante! Naturalmente è importante offrire ai cresimandi una buona preparazione, che deve mirare a condurli verso un’adesione personale alla fede in Cristo e a risvegliare in loro il senso dell’appartenenza alla Chiesa”.

“La confermazione, come ogni sacramento – ha proseguito il Papa – non è opera degli uomini, ma di Dio, il quale si prende cura della nostra vita in modo da plasmarci ad immagine del suo Figlio, per renderci capaci di amare come lui. Egli lo fa infondendo in noi il suo Spirito santo, la cui azione pervade tutta la persona e tutta la vita”.

“Quando accogliamo lo Spirito santo nel nostro cuore e lo lasciamo agire, Cristo stesso si rende presente in noi e prende forma nella nostra vita; attraverso di noi, sarà Lui” cioè “sarà lo stesso Cristo a pregare, a perdonare, a infondere speranza e consolazione, a servire i fratelli, a farsi vicino ai bisognosi e agli ultimi, a creare comunione, a seminare pace. Ma, pensate quanto importante è questo: che viene attraverso lo Spirito santo lo stesso Cristo a fare tutto questo in mezzo a noi e per noi! Per questo è importante che i bambini e i ragazzi ricevano questo sacramento!”.

Bergoglio ha così concluso la catechesi: “Cari fratelli e sorelle, ricordiamoci che abbiamo ricevuto la confermazione, tutti noi! Ricordiamolo prima di tutto per ringraziare il Signore di questo dono, e poi per chiedergli che ci aiuti a vivere da veri cristiani, a camminare sempre con gioia secondo lo Spirito santo che ci è stato donato”.

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Canali della grazia https://www.lavoce.it/canali-della-grazia/ Thu, 16 Jan 2014 14:50:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21584 San Pietro battezza dei neo-convertiti (Masaccio, Firenze)
San Pietro battezza dei neo-convertiti (Masaccio, Firenze)

Mercoledì all’udienza Papa Francesco ha proseguito la catechesi sui sacramenti con un secondo intervento dedicato al battesimo (testi completi su www.vatican.va). Questa volta ha sottolineato “un frutto molto importante di questo sacramento: esso ci fa diventare membri del Corpo di Cristo e del popolo di Dio… Alla scuola del Concilio Vaticano II, noi diciamo oggi che il battesimo ci fa entrare nel popolo di Dio, ci fa diventare membri di un popolo in cammino, un popolo peregrinante nella storia”.

“In effetti – ha proseguito -, come di generazione in generazione si trasmette la vita, così anche di generazione in generazione, attraverso la rinascita dal fonte battesimale, si trasmette la grazia, e con questa grazia il popolo cristiano cammina nel tempo, come un fiume che irriga la terra e diffonde nel mondo la benedizione di Dio. Dal momento che Gesù disse quanto abbiamo sentito dal Vangelo, i discepoli sono andati a battezzare; e da quel tempo a oggi c’è una catena nella trasmissione della fede mediante il battesimo. E ognuno di noi è un anello di quella catena: un passo avanti, sempre; come un fiume che irriga”.

“In virtù del battesimo noi diventiamo discepoli missionari, chiamati a portare il Vangelo nel mondo (cfr. Evangelii gaudium, 120). Il popolo di Dio è un popolo discepolo, perché riceve la fede; e missionario, perché trasmette la fede. E questo lo fa il battesimo in noi. Ci dona la grazia e trasmette la fede. Tutti nella Chiesa siamo discepoli, e lo siamo sempre, per tutta la vita; e tutti siamo missionari, ciascuno nel posto che il Signore gli ha assegnato. Tutti: il più piccolo è anche missionario; e quello che sembra più grande è discepolo.

Ma qualcuno di voi dirà: ‘I vescovi non sono discepoli, i vescovi sanno tutto; il Papa sa tutto, non è discepolo’. No, anche i vescovi e il Papa devono essere discepoli, perché se non sono discepoli non fanno il bene, non possono essere missionari, non possono trasmettere la fede. Tutti noi siamo discepoli e missionari”.

“Nessuno si salva da solo – ha quindi ribadito. – Siamo comunità di credenti, siamo popolo di Dio, e in questa comunità sperimentiamo la bellezza di condividere l’esperienza di un amore che ci precede tutti, ma che nello stesso tempo ci chiede di essere canali della grazia gli uni per gli altri, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati. La dimensione comunitaria non è solo una ‘cornice’, un ‘contorno’, ma è parte integrante della vita cristiana, della testimonianza e dell’evangelizzazione”.

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Innestati in Cristo https://www.lavoce.it/innestati-in-cristo/ Thu, 09 Jan 2014 16:50:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21407 Un battesimo amministrato qualche anno fa dall’allora card. Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires
Un battesimo amministrato qualche anno fa dall’allora card. Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires

“Cari fratelli e sorelle – ha esordito Papa Francesco all’udienza generale dell’8 gennaio -, buongiorno! Oggi iniziamo una serie di catechesi sui sacramenti, e la prima riguarda il battesimo. Per una felice coincidenza, domenica prossima ricorre proprio la festa del Battesimo del Signore”.

Il testo completo dell’intervento si può leggere sul sito del Vaticano (www.vatican.va). Qui di seguito un’ampia sintesi.

“Il battesimo – ha ricordato il Vescovo di Roma – è il sacramento su cui si fonda la nostra stessa fede, e che ci innesta come membra vive in Cristo e nella sua Chiesa. Insieme all’eucaristia e alla confermazione forma la cosiddetta ‘iniziazione cristiana’, la quale costituisce come un unico, grande evento sacramentale che ci configura al Signore e fa di noi un segno vivo della sua presenza e del suo amore”.

“Può nascere in noi – ha soggiunto – una domanda: ma è davvero necessario il battesimo per vivere da cristiani e seguire Gesù? Non è in fondo un semplice rito, un atto formale della Chiesa per dare il nome al bambino e alla bambina?… Non è una formalità! È un atto che tocca in profondità la nostra esistenza… Non è lo stesso una persona battezzata o una persona non battezzata. Noi, con il battesimo, veniamo immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il più grande atto d’amore di tutta la storia. E grazie a questo amore possiamo vivere una vita nuova, non più in balìa del male, del peccato e della morte, ma nella comunione con Dio e con i fratelli”.

“Siamo chiamati – ha proseguito Francesco – a vivere il nostro battesimo ogni giorno, come realtà attuale nella nostra esistenza. Se riusciamo a seguire Gesù e a rimanere nella Chiesa, pur con i nostri limiti, con le nostre fragilità e i nostri peccati, è proprio per il sacramento nel quale siamo diventati nuove creature e siamo stati rivestiti di Cristo. È in forza del battesimo, infatti, che, liberati dal peccato originale, siamo innestati nella relazione di Gesù con Dio Padre; che siamo portatori di una speranza nuova, perché il battesimo ci da questa speranza nuova: la speranza di andare sulla strada della salvezza, tutta la vita. E questa speranza niente e nessuno può spegnere, perché la speranza non delude. Ricordatevi: la speranza nel Signore non delude mai. Grazie al battesimo, siamo capaci di perdonare e di amare anche chi ci offende e ci fa del male; riusciamo a riconoscere negli ultimi e nei poveri il volto del Signore che ci visita e si fa vicino”

“Un ultimo elemento – ha concluso -, che è importante. E faccio la domanda: una persona può battezzarsi da se stessa? Nessuno può battezzarsi da sé! Nessuno. Possiamo chiederlo, desiderarlo, ma abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci conferisca questo sacramento nel nome del Signore. Perché il battesimo è un dono che viene elargito in un contesto di sollecitudine e di condivisione fraterna. Sempre nella storia, uno battezza l’altro, l’altro, l’altro… è una catena. Una catena di grazia. Ma io non mi posso battezzare da solo: devo chiedere a un altro il battesimo. È un atto di fratellanza, un atto di filiazione alla Chiesa. Nella celebrazione del battesimo possiamo riconoscere i lineamenti più genuini della Chiesa, la quale come una madre continua a generare nuovi figli in Cristo, nella fecondità dello Spirito santo”.

“Chiediamo allora di cuore al Signore di poter sperimentare sempre più, nella vita di ogni giorno, questa grazia che abbiamo ricevuto con il battesimo. Incontrandoci, i nostri fratelli possano incontrare dei veri figli di Dio, veri fratelli e sorelle di Gesù Cristo, veri membri della Chiesa”.

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