Caritas italiana Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/caritas-italiana/ Settimanale di informazione regionale Fri, 23 Jun 2023 15:42:37 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Caritas italiana Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/caritas-italiana/ 32 32 Bilancio del Percorso di formazione base delle Caritas diocesane https://www.lavoce.it/bilancio-del-percorso-di-formazione-base-delle-caritas-diocesane/ https://www.lavoce.it/bilancio-del-percorso-di-formazione-base-delle-caritas-diocesane/#respond Tue, 30 May 2023 12:49:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71780 percorso di formazione caritas

"Abbiamo vissuto, grazie alla collaborazione della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve, la tappa esperienziale del Percorso di formazione base per nuovi direttori e membri delle equipe delle Caritas diocesane, dove i contenuti messi al centro di questo percorso, i partecipanti li hanno visti incarnati a Perugia in un’esperienza concreta di una dimensione ecclesiale e di un contesto territoriale in cui opera la Caritas diocesana". Lo sottolinea Francesca Levroni dell’Ufficio formazione ed animazione di Caritas Italiana e referente del percorso, nel tracciare un bilancio di quest’esperienza vissuta a Perugia la scorsa settimana, che ha visto la partecipazione di circa ottanta persone provenienti da diverse Caritas delle sedici Delegazioni regionali, oltre a una decina di membri dello staff dei formatori di Caritas Italiana e alcuni operatori della Caritas ospitante.

Bagaglio di esperienze e creazione di più relazioni

"Alla Caritas di Perugia -spiega Francesca Levroni- Caritas Italiana ha chiesto, in particolare, di raccontare i processi che hanno portato a determinate decisioni mettendo in risalto sia i suoi punti di forza che quelli di fatica e di fragilità. Per i partecipanti è stato, soprattutto, un modo di leggere una nuova esperienza, rileggere la propria e portarsi a casa un bagaglio composto da tante esperienze creando sempre di più relazioni tra diverse Caritas. Un ringraziamento di cuore a questa Chiesa diocesana -conclude la referente di Caritas Italiana- che, attraverso la sua Caritas, ci ha accolto con gioia e per tutto quello che ci ha raccontato e per tutti i volti, le storie che abbiamo incontrato e che ci restano impresse nel cuore sia per il servizio che per la nostra vita".

Le opere segno del percorso di formazione

Diverse sono state le opere segno della Caritas di Perugia inserite nel percorso formativo. Dal Centro di Ascolto San Giuseppe di Bosco all’Emporio Don Gustavo di Ponte Pattoli, dal Villaggio della Carità di Perugia con il Centro d’Ascolto diocesano, il Consultorio Medico, l’Emporio Tabgha e la Mensa Don Gualtiero, alla Casa della Carità del Santuario della Madonna dei Bagni di Deruta, alla visita a tre opere nel centro storico perugino: il Ristoro Sociale San Lorenzo, la Casa Sant’Anna dei Servitori e la Casa San Vincenzo. Molto coinvolgenti sono stati gli incontri con i rappresentanti delle Istituzioni civili, dai sindaci di Perugia, Andrea Romizi, e di Deruta, Michele Toniaccini, presidente dell’Anci Umbria, ai loro assessori alle Politiche sociali, Edi Cicchi e Manuela Taglia, e con l’economista Pierluigi Grasselli dell’Osservatorio diocesano sulle povertà. Non sono mancati gli incontri spirituali ed esperienziali a Casa Sacro Cuore con suor Roberta Vinerba, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi, don Simone Sorbaioli, vicario generale dell’Archidiocesi, e padre Francesco Bonucci (Ofm), cappellano del Carcere di Perugia.

Una ricchezza a sostegno dei fenomeni di povertà

Nel tracciare una sintesi dei commenti-impressioni dei partecipanti alla formazione, emerge l’importanza per i momenti di riflessione e spiritualità che hanno accompagnato anche le idee di progettualità e di condivisione nel conoscere e verificare le varie esperienze acquisite dalle diverse Caritas diocesane. Inoltre, le Caritas convenute a Perugia sono rimaste colpite dalla differenziazione di interventi, con una ricognizione delle necessità molto ampia a livello del territorio, intercettando diverse fragilità e cercando di rispondere alle loro richieste in maniera coerente con la missione della Caritas. Significativa è stata anche la conoscenza di progetti relativi al Welfare attuati grazie ad una intensa collaborazione con le Istituzioni civili. Tutto questo è stato definito una ricchezza a sostegno dei diversi fenomeni di povertà.

Il commento del direttore della Caritas ospitante la formazione base

"Questo percorso è un momento fondamentale, bellissimo vissuto dalla nostra equipe un anno fa. È stato di crescita, di incontro e viverlo oggi come Caritas ospitante è un grande onore e una grande gioia". È il commento di don Marco Briziarelli, direttore della Caritas di Perugia, che aggiunge, pensando alle nostre aspettative quando abbiamo fatto il percorso, il desiderio di incontrare un’altra Caritas era quello di conoscere un’altra esperienza, perché tutti tendiamo ad assolutizzare la nostra. "Invece quest’incontro ci mette in una rete più grande e spero che questo sia stato uno dei desideri che hanno animato i partecipanti vivendo quest’esperienza, per mettersi in discussione e rivedere il proprio cammino di equipe. È stato molto bello anche farsi leggere dalle Caritas ospitate -conclude don Marco- perché da ogni incontro nasce un bel confronto. Ci sono state restituite cose molto importanti, che cercheremo di rileggere e rivedere come equipe, un aspetto, questo, per noi preziosissimo".]]>
percorso di formazione caritas

"Abbiamo vissuto, grazie alla collaborazione della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve, la tappa esperienziale del Percorso di formazione base per nuovi direttori e membri delle equipe delle Caritas diocesane, dove i contenuti messi al centro di questo percorso, i partecipanti li hanno visti incarnati a Perugia in un’esperienza concreta di una dimensione ecclesiale e di un contesto territoriale in cui opera la Caritas diocesana". Lo sottolinea Francesca Levroni dell’Ufficio formazione ed animazione di Caritas Italiana e referente del percorso, nel tracciare un bilancio di quest’esperienza vissuta a Perugia la scorsa settimana, che ha visto la partecipazione di circa ottanta persone provenienti da diverse Caritas delle sedici Delegazioni regionali, oltre a una decina di membri dello staff dei formatori di Caritas Italiana e alcuni operatori della Caritas ospitante.

Bagaglio di esperienze e creazione di più relazioni

"Alla Caritas di Perugia -spiega Francesca Levroni- Caritas Italiana ha chiesto, in particolare, di raccontare i processi che hanno portato a determinate decisioni mettendo in risalto sia i suoi punti di forza che quelli di fatica e di fragilità. Per i partecipanti è stato, soprattutto, un modo di leggere una nuova esperienza, rileggere la propria e portarsi a casa un bagaglio composto da tante esperienze creando sempre di più relazioni tra diverse Caritas. Un ringraziamento di cuore a questa Chiesa diocesana -conclude la referente di Caritas Italiana- che, attraverso la sua Caritas, ci ha accolto con gioia e per tutto quello che ci ha raccontato e per tutti i volti, le storie che abbiamo incontrato e che ci restano impresse nel cuore sia per il servizio che per la nostra vita".

Le opere segno del percorso di formazione

Diverse sono state le opere segno della Caritas di Perugia inserite nel percorso formativo. Dal Centro di Ascolto San Giuseppe di Bosco all’Emporio Don Gustavo di Ponte Pattoli, dal Villaggio della Carità di Perugia con il Centro d’Ascolto diocesano, il Consultorio Medico, l’Emporio Tabgha e la Mensa Don Gualtiero, alla Casa della Carità del Santuario della Madonna dei Bagni di Deruta, alla visita a tre opere nel centro storico perugino: il Ristoro Sociale San Lorenzo, la Casa Sant’Anna dei Servitori e la Casa San Vincenzo. Molto coinvolgenti sono stati gli incontri con i rappresentanti delle Istituzioni civili, dai sindaci di Perugia, Andrea Romizi, e di Deruta, Michele Toniaccini, presidente dell’Anci Umbria, ai loro assessori alle Politiche sociali, Edi Cicchi e Manuela Taglia, e con l’economista Pierluigi Grasselli dell’Osservatorio diocesano sulle povertà. Non sono mancati gli incontri spirituali ed esperienziali a Casa Sacro Cuore con suor Roberta Vinerba, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi, don Simone Sorbaioli, vicario generale dell’Archidiocesi, e padre Francesco Bonucci (Ofm), cappellano del Carcere di Perugia.

Una ricchezza a sostegno dei fenomeni di povertà

Nel tracciare una sintesi dei commenti-impressioni dei partecipanti alla formazione, emerge l’importanza per i momenti di riflessione e spiritualità che hanno accompagnato anche le idee di progettualità e di condivisione nel conoscere e verificare le varie esperienze acquisite dalle diverse Caritas diocesane. Inoltre, le Caritas convenute a Perugia sono rimaste colpite dalla differenziazione di interventi, con una ricognizione delle necessità molto ampia a livello del territorio, intercettando diverse fragilità e cercando di rispondere alle loro richieste in maniera coerente con la missione della Caritas. Significativa è stata anche la conoscenza di progetti relativi al Welfare attuati grazie ad una intensa collaborazione con le Istituzioni civili. Tutto questo è stato definito una ricchezza a sostegno dei diversi fenomeni di povertà.

Il commento del direttore della Caritas ospitante la formazione base

"Questo percorso è un momento fondamentale, bellissimo vissuto dalla nostra equipe un anno fa. È stato di crescita, di incontro e viverlo oggi come Caritas ospitante è un grande onore e una grande gioia". È il commento di don Marco Briziarelli, direttore della Caritas di Perugia, che aggiunge, pensando alle nostre aspettative quando abbiamo fatto il percorso, il desiderio di incontrare un’altra Caritas era quello di conoscere un’altra esperienza, perché tutti tendiamo ad assolutizzare la nostra. "Invece quest’incontro ci mette in una rete più grande e spero che questo sia stato uno dei desideri che hanno animato i partecipanti vivendo quest’esperienza, per mettersi in discussione e rivedere il proprio cammino di equipe. È stato molto bello anche farsi leggere dalle Caritas ospitate -conclude don Marco- perché da ogni incontro nasce un bel confronto. Ci sono state restituite cose molto importanti, che cercheremo di rileggere e rivedere come equipe, un aspetto, questo, per noi preziosissimo".]]>
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‘Il bene è contagioso!’: percorso di formazione promosso da Caritas Italiana https://www.lavoce.it/il-bene-e-contagioso-percorso-di-formazione-promosso-da-caritas-italiana/ https://www.lavoce.it/il-bene-e-contagioso-percorso-di-formazione-promosso-da-caritas-italiana/#respond Fri, 19 May 2023 13:12:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71606 formazione caritas italiana

Sarà la Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve ad ospitare, nel capoluogo umbro, dal 22 al 25 maggio, la seconda tappa del Percorso di formazione base per nuovi direttori e membri delle equipe delle Caritas diocesane, promosso ogni anno pastorale da Caritas Italiana, al fine di orientarli e sostenerli nell’avvio del loro servizio.

Un percorso formativo iniziato lo scorso gennaio e si concluderà in autunno, a cui prendono parte ottanta (quarantadue maschi e trentotto femmine), tra neo direttori, vicedirettori, membri operatori e volontari delle Caritas diocesane. Il sessantasette per cento di loro ha un’esperienza di servizio da zero a quattro anni, la gran ha un’età compresa tra i 22 e i 50 anni e cinquantotto sono laici che, provenienti dalle sedici Delegazioni Caritas regionali, in prevalenza dal Triveneto, Campania e Calabria. Sono le regioni in cui, nell’ultimo anno, le Caritas hanno avuto un ricambio maggiore di direttori e membri delle equipe.

Finalità del percorso di Caritas Italiana

 "In media, annualmente, il dieci per cento delle attuali duecentodiciotto Caritas diocesane -spiega Francesca Levroni, referente dell’Ufficio formazione e animazione di Caritas Italiana-  è interessato al ricambio dei direttori. È importante far conoscere alle new entry e ai membri delle loro equipe l’identità e i compiti della Caritas (in Italia, in diocesi e in parrocchia), oltre a sostenerli nell’acquisire le competenze necessarie per organizzare l’attività della Caritas diocesana in riferimento ai compiti e al contesto ecclesiale e civile.

In particolare -precisa la responsabile di Caritas Italiana- fare loro acquisire la propensione a pianificare l’attività della Caritas diocesana mediante una lettura del contesto, l’individuazione di bisogni, la selezione delle priorità e il bilanciamento di tempi e risorse disponibili e sapersi orientare sul tema dello sviluppo di comunità e confrontarsi con alcune sperimentazioni in atto, come anche favorire la strutturazione di relazioni, confronto e scambio di pratiche, anche attraverso la visita a una Caritas diocesana".

La scelta di Perugia

 In riferimento a quest’ultimo aspetto, la scelta è caduta sulla Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve.

"Scelta avvenuta-spiega Francesca Levroni- in base non ad un modello che va poi adottato, ma per l’esperienza acquisita da questa Caritas. In primis dalla peculiarità del percorso che essa è riuscita a costruire sul territorio, anche attraverso le criticità, della propria presenza sia nel saper farsi carico delle situazioni di bisogno, attivando progetti di prossimità, sia di promozione ed accompagnamento delle Caritas parrocchiali e delle opere segno e strutture di accoglienza. Non meno importante -evidenzia ancora la responsabile di Caritas Italiana- è la capacità di collaborazione della Caritas con le Istituzioni civili locali preposte al welfare.

Nella scelta non va trascurata -conclude Francesca Levroni- la capacità di animazione della comunità da parte della stessa Caritas. Ad esempio quella di Perugia-Città della Pieve è riuscita ad attivare un emporio della solidarietà in un edificio condominiale".

Il riferimento è all’emporio Don Gustavo di Ponte Pattoli, aperto un anno fa, dopo la fase acuta della pandemia, che ha coinvolto, oltre a tante persone, anche alcune realtà imprenditoriali benefattrici.

Esperienze, progetti e testimonianze

La quattro-giorni di formazione Caritas, che avrà come location e sede delle lezioni teoriche l’Hotel Sacro Cuore di Perugia, da lunedì 22 maggio (ore 10) a giovedì 25 maggio (ore 13), porterà gli ospiti corsisti a visitare alcune realtà socio-caritative tra le quali il menzionato emporio Don Gustavo, il Centro d’Ascolto San Giuseppe di Bosco, il Villaggio della Carità di Perugia, la Casa della Carità-Santuario della Madonna dei Bagni di Deruta, le opere segno nel centro storico perugino: Casa Sant’Anna dei Servitori, Casa San Vincenzo e la Mensa-Ristoro Sociale San Lorenzo nata dalla collaborazione tra la Caritas e il Comune di Perugia. Non è un caso, che tra i relatori delle quattro giornate ci siano alcuni rappresentanti delle Istituzioni civili perugine ed umbre, che animeranno la tavola rotonda sul lavoro di rete con il territorio. Inoltre saranno presentati alcuni progetti sulla marginalità estrema per l’accoglienza dei senza dimora e di attenzione al mondo del carcere.

Esempi concreti che testimoniano quanto Il bene è contagioso!, recita lo slogan della Caritas diocesana di Perugia scelto come titolo di questa seconda tappa del percorso di formazione di Caritas Italiana.

Crescere insieme nel servizio

"È un’occasione di grande crescita -commenta don Marco Briziarelli, direttore della Caritas perugina- poterci confrontare con altre Caritas.

Camminare insieme ai fratelli che iniziano questa nuova esperienza da direttori con le loro equipe diocesane, significa avere uno sguardo esterno che diventa per tutti fondamentale per poter crescere nel servizio e nell’accompagnamento alle tante povertà e ai tanti bisogni delle nostre famiglie. Un occhio esterno è sempre fondamentale, perché è capace di vedere criticità ed opportunità che noi non riusciamo a cogliere nel nostro quotidiano.

Un grande grazie lo rivolgiamo a Caritas Italiana -conclude don Marco- per questa opportunità che ci viene data nel conoscerci e nell’arricchirci vicendevolmente".

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formazione caritas italiana

Sarà la Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve ad ospitare, nel capoluogo umbro, dal 22 al 25 maggio, la seconda tappa del Percorso di formazione base per nuovi direttori e membri delle equipe delle Caritas diocesane, promosso ogni anno pastorale da Caritas Italiana, al fine di orientarli e sostenerli nell’avvio del loro servizio.

Un percorso formativo iniziato lo scorso gennaio e si concluderà in autunno, a cui prendono parte ottanta (quarantadue maschi e trentotto femmine), tra neo direttori, vicedirettori, membri operatori e volontari delle Caritas diocesane. Il sessantasette per cento di loro ha un’esperienza di servizio da zero a quattro anni, la gran ha un’età compresa tra i 22 e i 50 anni e cinquantotto sono laici che, provenienti dalle sedici Delegazioni Caritas regionali, in prevalenza dal Triveneto, Campania e Calabria. Sono le regioni in cui, nell’ultimo anno, le Caritas hanno avuto un ricambio maggiore di direttori e membri delle equipe.

Finalità del percorso di Caritas Italiana

 "In media, annualmente, il dieci per cento delle attuali duecentodiciotto Caritas diocesane -spiega Francesca Levroni, referente dell’Ufficio formazione e animazione di Caritas Italiana-  è interessato al ricambio dei direttori. È importante far conoscere alle new entry e ai membri delle loro equipe l’identità e i compiti della Caritas (in Italia, in diocesi e in parrocchia), oltre a sostenerli nell’acquisire le competenze necessarie per organizzare l’attività della Caritas diocesana in riferimento ai compiti e al contesto ecclesiale e civile.

In particolare -precisa la responsabile di Caritas Italiana- fare loro acquisire la propensione a pianificare l’attività della Caritas diocesana mediante una lettura del contesto, l’individuazione di bisogni, la selezione delle priorità e il bilanciamento di tempi e risorse disponibili e sapersi orientare sul tema dello sviluppo di comunità e confrontarsi con alcune sperimentazioni in atto, come anche favorire la strutturazione di relazioni, confronto e scambio di pratiche, anche attraverso la visita a una Caritas diocesana".

La scelta di Perugia

 In riferimento a quest’ultimo aspetto, la scelta è caduta sulla Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve.

"Scelta avvenuta-spiega Francesca Levroni- in base non ad un modello che va poi adottato, ma per l’esperienza acquisita da questa Caritas. In primis dalla peculiarità del percorso che essa è riuscita a costruire sul territorio, anche attraverso le criticità, della propria presenza sia nel saper farsi carico delle situazioni di bisogno, attivando progetti di prossimità, sia di promozione ed accompagnamento delle Caritas parrocchiali e delle opere segno e strutture di accoglienza. Non meno importante -evidenzia ancora la responsabile di Caritas Italiana- è la capacità di collaborazione della Caritas con le Istituzioni civili locali preposte al welfare.

Nella scelta non va trascurata -conclude Francesca Levroni- la capacità di animazione della comunità da parte della stessa Caritas. Ad esempio quella di Perugia-Città della Pieve è riuscita ad attivare un emporio della solidarietà in un edificio condominiale".

Il riferimento è all’emporio Don Gustavo di Ponte Pattoli, aperto un anno fa, dopo la fase acuta della pandemia, che ha coinvolto, oltre a tante persone, anche alcune realtà imprenditoriali benefattrici.

Esperienze, progetti e testimonianze

La quattro-giorni di formazione Caritas, che avrà come location e sede delle lezioni teoriche l’Hotel Sacro Cuore di Perugia, da lunedì 22 maggio (ore 10) a giovedì 25 maggio (ore 13), porterà gli ospiti corsisti a visitare alcune realtà socio-caritative tra le quali il menzionato emporio Don Gustavo, il Centro d’Ascolto San Giuseppe di Bosco, il Villaggio della Carità di Perugia, la Casa della Carità-Santuario della Madonna dei Bagni di Deruta, le opere segno nel centro storico perugino: Casa Sant’Anna dei Servitori, Casa San Vincenzo e la Mensa-Ristoro Sociale San Lorenzo nata dalla collaborazione tra la Caritas e il Comune di Perugia. Non è un caso, che tra i relatori delle quattro giornate ci siano alcuni rappresentanti delle Istituzioni civili perugine ed umbre, che animeranno la tavola rotonda sul lavoro di rete con il territorio. Inoltre saranno presentati alcuni progetti sulla marginalità estrema per l’accoglienza dei senza dimora e di attenzione al mondo del carcere.

Esempi concreti che testimoniano quanto Il bene è contagioso!, recita lo slogan della Caritas diocesana di Perugia scelto come titolo di questa seconda tappa del percorso di formazione di Caritas Italiana.

Crescere insieme nel servizio

"È un’occasione di grande crescita -commenta don Marco Briziarelli, direttore della Caritas perugina- poterci confrontare con altre Caritas.

Camminare insieme ai fratelli che iniziano questa nuova esperienza da direttori con le loro equipe diocesane, significa avere uno sguardo esterno che diventa per tutti fondamentale per poter crescere nel servizio e nell’accompagnamento alle tante povertà e ai tanti bisogni delle nostre famiglie. Un occhio esterno è sempre fondamentale, perché è capace di vedere criticità ed opportunità che noi non riusciamo a cogliere nel nostro quotidiano.

Un grande grazie lo rivolgiamo a Caritas Italiana -conclude don Marco- per questa opportunità che ci viene data nel conoscerci e nell’arricchirci vicendevolmente".

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8 marzo, il Monastero di Santa Rita da Cascia a sostegno del progetto per i diritti delle donne afghane https://www.lavoce.it/8-marzo-il-monastero-di-santa-rita-da-cascia-a-sostegno-del-progetto-per-i-diritti-delle-donne-afghane/ Wed, 08 Mar 2023 15:17:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70766 sostegno donne afghane

"Questo è il modo in cui, a nome di tutti i devoti, voglio esprimere la concreta carità cristiana incarnata da Santa Rita a sostegno dei diritti negati delle donne afghane, in rappresentanza dei loro diritti in ogni parte del mondo: dall’Iran, dove si stanno verificando sospetti avvelenamenti delle studentesse, all’Ucraina in guerra, fino alle donne migranti e a tutte quelle vittime di violenza".

Così suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero di Santa Rita da Cascia, commenta la donazione, e quindi il sostegno concreto da parte della sua comunità, al progetto di scolarizzazione in favore delle bambine e delle ragazze afghane, promosso dal quotidiano Avvenire, in collaborazione con la Caritas, all’interno di una campagna per accendere i riflettori sul regime di oppressione che le donne stanno vivendo dopo il ritorno al potere dei talebani, in occasione della Giornata internazionale della donna dell'8 marzo.

Una questione di giustizia sociale

"Considero la difesa dei loro diritti -ha continuato la Madre Priora- una questione di giustizia sociale, per garantire le condizioni che consentono alle associazioni e agli individui di conseguire ciò a cui hanno diritto secondo la loro natura e la loro vocazione, come dichiarato nel catechismo della Chiesa Cattolica. Inoltre, rivedo in queste donne il coraggio di Santa Rita, che scelse di rinunciare alla vendetta per la morte di suo marito, contrariamente allo spirito dei suoi tempi. O quello di Beata Maria Teresa Fasce, che ha dato voce alle donne, non solo religiose, in un tempo in cui erano abituate a tacere".

Madre Fasce è stata la badessa del monastero di Cascia per ventisette anni (1920-1947), diventando la Madre per antonomasia e diffondendo il culto di Santa Rita nel mondo, oltre a trasformare il volto del borgo umbro, fino ad allora un paese sconosciuto.

Una donna, proveniente da una famiglia borghese ligure, innamorata di Rita e della vita contemplativa, eppure estremamente concreta, determinata e lungimirante, che per tutto il tempo del suo operato, difese con forza i suoi diritti e quelli delle monache, con uomini di varia estrazione. E che il 2 giugno 1946, quando si svolsero le elezioni per l’Assemblea Costituente e referendum istituzionale tra monarchia e repubblica e le donne italiane andarono per la prima volta al voto, dopo quarant'anni di clausura, uscì dal monastero per esercitare il suo diritto.

Il coraggio di Santa Rita esempio per le donne

"Il coraggio di Santa Rita -conclude Suor Maria Rosa- non rappresenta altro che la messa in pratica della parola di Dio e così è anche per quello della Beata Fasce.  Nella Genesi si legge infatti Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Ciò significa che uomo e donna hanno pari dignità. Senza dimenticare che Maria dice sì ad un Angelo, decidendo di disporre del proprio corpo, senza chiedere il permesso a suo marito, come avveniva all’epoca. Così come le donne vengono scelte da Dio come prime messaggere della Risurrezione. Impariamo, quindi, da Dio la strada del rispetto e della parità. E impegniamoci, concretamente, per la libertà e i diritti delle donne in ogni parte del mondo, a partire dal sostegno al progetto di Avvenire".

E sono sempre le donne che, nel nome della Santa agiscono nella loro quotidianità, le protagoniste del Riconoscimento Internazionale Santa Rita, dal 1988 conferito a donne, di ogni età, condizione, nazione e religione, che incarnano i valori ritiani, facendosi guidare dall’amore anche nel dolore. I nomi delle donne che saranno premiate quest'anno verranno resi noti a breve.

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sostegno donne afghane

"Questo è il modo in cui, a nome di tutti i devoti, voglio esprimere la concreta carità cristiana incarnata da Santa Rita a sostegno dei diritti negati delle donne afghane, in rappresentanza dei loro diritti in ogni parte del mondo: dall’Iran, dove si stanno verificando sospetti avvelenamenti delle studentesse, all’Ucraina in guerra, fino alle donne migranti e a tutte quelle vittime di violenza".

Così suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero di Santa Rita da Cascia, commenta la donazione, e quindi il sostegno concreto da parte della sua comunità, al progetto di scolarizzazione in favore delle bambine e delle ragazze afghane, promosso dal quotidiano Avvenire, in collaborazione con la Caritas, all’interno di una campagna per accendere i riflettori sul regime di oppressione che le donne stanno vivendo dopo il ritorno al potere dei talebani, in occasione della Giornata internazionale della donna dell'8 marzo.

Una questione di giustizia sociale

"Considero la difesa dei loro diritti -ha continuato la Madre Priora- una questione di giustizia sociale, per garantire le condizioni che consentono alle associazioni e agli individui di conseguire ciò a cui hanno diritto secondo la loro natura e la loro vocazione, come dichiarato nel catechismo della Chiesa Cattolica. Inoltre, rivedo in queste donne il coraggio di Santa Rita, che scelse di rinunciare alla vendetta per la morte di suo marito, contrariamente allo spirito dei suoi tempi. O quello di Beata Maria Teresa Fasce, che ha dato voce alle donne, non solo religiose, in un tempo in cui erano abituate a tacere".

Madre Fasce è stata la badessa del monastero di Cascia per ventisette anni (1920-1947), diventando la Madre per antonomasia e diffondendo il culto di Santa Rita nel mondo, oltre a trasformare il volto del borgo umbro, fino ad allora un paese sconosciuto.

Una donna, proveniente da una famiglia borghese ligure, innamorata di Rita e della vita contemplativa, eppure estremamente concreta, determinata e lungimirante, che per tutto il tempo del suo operato, difese con forza i suoi diritti e quelli delle monache, con uomini di varia estrazione. E che il 2 giugno 1946, quando si svolsero le elezioni per l’Assemblea Costituente e referendum istituzionale tra monarchia e repubblica e le donne italiane andarono per la prima volta al voto, dopo quarant'anni di clausura, uscì dal monastero per esercitare il suo diritto.

Il coraggio di Santa Rita esempio per le donne

"Il coraggio di Santa Rita -conclude Suor Maria Rosa- non rappresenta altro che la messa in pratica della parola di Dio e così è anche per quello della Beata Fasce.  Nella Genesi si legge infatti Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Ciò significa che uomo e donna hanno pari dignità. Senza dimenticare che Maria dice sì ad un Angelo, decidendo di disporre del proprio corpo, senza chiedere il permesso a suo marito, come avveniva all’epoca. Così come le donne vengono scelte da Dio come prime messaggere della Risurrezione. Impariamo, quindi, da Dio la strada del rispetto e della parità. E impegniamoci, concretamente, per la libertà e i diritti delle donne in ogni parte del mondo, a partire dal sostegno al progetto di Avvenire".

E sono sempre le donne che, nel nome della Santa agiscono nella loro quotidianità, le protagoniste del Riconoscimento Internazionale Santa Rita, dal 1988 conferito a donne, di ogni età, condizione, nazione e religione, che incarnano i valori ritiani, facendosi guidare dall’amore anche nel dolore. I nomi delle donne che saranno premiate quest'anno verranno resi noti a breve.

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Le Diocesi di Gubbio e Città di Castello per le comunità colpite dal maltempo https://www.lavoce.it/le-diocesi-di-gubbio-e-citta-di-castello-nelle-comunita-colpite-dal-maltempo/ Sat, 17 Sep 2022 15:32:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=68644 danni maltempo

La Caritas italiana e quella diocesana di Gubbio sono pronte a intervenire in aiuto delle comunità locali colpite dalla straordinaria ondata di maltempo e di pioggia che si è scatenata nella serata del 15 settembre. Il direttore nazionale della Caritas, don Marco Pagniello, è in contatto con il vescovo Luciano Paolucci Bedini e con il direttore diocesano dell’organismo pastorale della Chiesa italiana, Luca Uccellani. E a loro ha manifestato la disponibilità a sostenere situazioni di bisogno familiari e comunitarie. Stamattina, il vescovo Luciano, insieme ad alcuni sacerdoti, ai responsabili di economato, edilizia di culto e Caritas diocesana, ha raggiunto la cittadina di Cantiano per verificare di persone le necessità e i bisogni in questa fase di emergenza causata dal maltempo, come anche nelle prossime settimane. Già da ieri, la curia eugubina ha inviato nel borgo marchigiano una squadra della cooperativa sociale Corinzi 13, insieme a restauratori della Ikuvium RC e all’architetto Francesco Raschi. Un intervento immediato per aiutare il parroco don Marco Cardoni nelle prime opere di sgombero e rimozione di fango e detriti che hanno invaso le chiese cantianesi.

I danni causati dal maltempo

"Nei locali parrocchiali -spiega l’architetto Raschi- il fango ha invaso il piano terra e il seminterrato. Abbiamo dovuto smontare una parte del ponteggio sulla facciata in quanto era ormai pericolante. Già da ieri mattina ci sono quattro operai dell’impresa appaltatrice dei lavori che sta cercando di ripulire il tutto e nel giro di qualche giorno ci riusciremo. L’obiettivo è quello di provare a ripartire con la sistemazione dell’interno dei locali già la prossima settimana. Per le chiese è molto più complicata: hanno subito danni gravissimi e tutti gli arredi interni posti fino a un metro e mezzo dal pavimento sono compromessi per la maggior parte. Resta da valutare nei prossimi giorni la parte impiantistica e strutturale, ricoperte dal fango". Oggi è entrato in azione anche un gruppo di volontari della diocesi per mettere in sicurezza e trasferire tutti i documenti e gli archivi parrocchiali, minacciati dall’alluvione. Tante anche le persone che da Gubbio e dintorni si sono mobilitate per aiutare a liberare strade ed edifici da acqua e fango. La Caritas diocesana ha anche rilanciato la raccolta fondi subito attivata dalla parrocchia di San Giovanni Battista di Cantiano, dove i danni appaiono già ingenti. Si possono donare aiuti attraverso il conto corrente con Iban IT35C0538768240000042012035, intestato alla stessa Parrocchia di San Giovanni Battista presso BPER Banca Cantiano, con causale “Emergenza alluvione 2022”. Stessa causale anche per i fondi che sta raccogliendo la Caritas attraverso il conto corrente presso Mps, intestato a Diocesi di Gubbio Caritas, con Iban IT21R0103038480000063165776. Gli aiuti che arriveranno attraverso questo secondo canale saranno destinati soprattutto a particolari situazioni di bisogno causate dagli eventi meteo. Una raccolta fondi ma anche un appello a intervenire con pala e stivali è stato lanciato nelle prime ore anche dal parroco di Scheggia e Pascelupo, don Matteo Monfrinotti. Quella di Cantiano è la zona della diocesi eugubina più colpita dal maltempo di questi giorni, ma ci sono anche altre zone sulle quali è in corso un monitoraggio della situazione per evidenziare situazioni di necessità: tra queste, in particolare, proprio il paese di Scheggia e alcune aree del buranese.

Dopo Cantiano previsto un sopraluogo a Pietralunga

Dopo aver visitato stamattina la comunità e le parrocchie di Cantiano (porzione marchigiana della diocesi di Gubbio), il vescovo Luciano Paolucci Bedini ha programmato un sopralluogo a Pietralunga (in diocesi di Città di Castello) per domattina alle ore 9.30, con il parroco don Francesco Cosa e il sindaco Mirko Ceci. Anche in questo caso, l’incontro servirà a individuare le necessità delle comunità nell'immediata emergenza e nelle settimane prossime, in modo da poter disporre e organizzare gli aiuti da parte di Caritas e di altri organismi diocesani.]]>
danni maltempo

La Caritas italiana e quella diocesana di Gubbio sono pronte a intervenire in aiuto delle comunità locali colpite dalla straordinaria ondata di maltempo e di pioggia che si è scatenata nella serata del 15 settembre. Il direttore nazionale della Caritas, don Marco Pagniello, è in contatto con il vescovo Luciano Paolucci Bedini e con il direttore diocesano dell’organismo pastorale della Chiesa italiana, Luca Uccellani. E a loro ha manifestato la disponibilità a sostenere situazioni di bisogno familiari e comunitarie. Stamattina, il vescovo Luciano, insieme ad alcuni sacerdoti, ai responsabili di economato, edilizia di culto e Caritas diocesana, ha raggiunto la cittadina di Cantiano per verificare di persone le necessità e i bisogni in questa fase di emergenza causata dal maltempo, come anche nelle prossime settimane. Già da ieri, la curia eugubina ha inviato nel borgo marchigiano una squadra della cooperativa sociale Corinzi 13, insieme a restauratori della Ikuvium RC e all’architetto Francesco Raschi. Un intervento immediato per aiutare il parroco don Marco Cardoni nelle prime opere di sgombero e rimozione di fango e detriti che hanno invaso le chiese cantianesi.

I danni causati dal maltempo

"Nei locali parrocchiali -spiega l’architetto Raschi- il fango ha invaso il piano terra e il seminterrato. Abbiamo dovuto smontare una parte del ponteggio sulla facciata in quanto era ormai pericolante. Già da ieri mattina ci sono quattro operai dell’impresa appaltatrice dei lavori che sta cercando di ripulire il tutto e nel giro di qualche giorno ci riusciremo. L’obiettivo è quello di provare a ripartire con la sistemazione dell’interno dei locali già la prossima settimana. Per le chiese è molto più complicata: hanno subito danni gravissimi e tutti gli arredi interni posti fino a un metro e mezzo dal pavimento sono compromessi per la maggior parte. Resta da valutare nei prossimi giorni la parte impiantistica e strutturale, ricoperte dal fango". Oggi è entrato in azione anche un gruppo di volontari della diocesi per mettere in sicurezza e trasferire tutti i documenti e gli archivi parrocchiali, minacciati dall’alluvione. Tante anche le persone che da Gubbio e dintorni si sono mobilitate per aiutare a liberare strade ed edifici da acqua e fango. La Caritas diocesana ha anche rilanciato la raccolta fondi subito attivata dalla parrocchia di San Giovanni Battista di Cantiano, dove i danni appaiono già ingenti. Si possono donare aiuti attraverso il conto corrente con Iban IT35C0538768240000042012035, intestato alla stessa Parrocchia di San Giovanni Battista presso BPER Banca Cantiano, con causale “Emergenza alluvione 2022”. Stessa causale anche per i fondi che sta raccogliendo la Caritas attraverso il conto corrente presso Mps, intestato a Diocesi di Gubbio Caritas, con Iban IT21R0103038480000063165776. Gli aiuti che arriveranno attraverso questo secondo canale saranno destinati soprattutto a particolari situazioni di bisogno causate dagli eventi meteo. Una raccolta fondi ma anche un appello a intervenire con pala e stivali è stato lanciato nelle prime ore anche dal parroco di Scheggia e Pascelupo, don Matteo Monfrinotti. Quella di Cantiano è la zona della diocesi eugubina più colpita dal maltempo di questi giorni, ma ci sono anche altre zone sulle quali è in corso un monitoraggio della situazione per evidenziare situazioni di necessità: tra queste, in particolare, proprio il paese di Scheggia e alcune aree del buranese.

Dopo Cantiano previsto un sopraluogo a Pietralunga

Dopo aver visitato stamattina la comunità e le parrocchie di Cantiano (porzione marchigiana della diocesi di Gubbio), il vescovo Luciano Paolucci Bedini ha programmato un sopralluogo a Pietralunga (in diocesi di Città di Castello) per domattina alle ore 9.30, con il parroco don Francesco Cosa e il sindaco Mirko Ceci. Anche in questo caso, l’incontro servirà a individuare le necessità delle comunità nell'immediata emergenza e nelle settimane prossime, in modo da poter disporre e organizzare gli aiuti da parte di Caritas e di altri organismi diocesani.]]>
Prima visita a Terni per il vescovo eletto mons. Francesco Soddu https://www.lavoce.it/prima-visita-terni-vescovo-eletto-francesco-soddu/ Thu, 18 Nov 2021 11:45:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=63218

[gallery ids="63224,63225,63231,63233,63235,63236"] Prima visita a Terni per il vescovo eletto di Terni, Narni e Amelia, mons. Francesco Soddu. Il 16 novembre il presule ha trascorso un'intera giornata in città per conoscere la sua nuova diocesi, incontrare il vescovo Giuseppe Piemontese, i collaboratori della Curia, alcuni sacerdoti, le associazioni laicali. La visita è cominciata dalla basilica di San Valentino, con la preghiera davanti all'urna del patrono della città. "La trepidazione per questa chiamata di papa Francesco a servire la Chiesa come vescovo di questa diocesi è tanta" ha detto monsignor Soddu, secondo quanto riferisce la diocesi, incontrando poi il collegio dei consultori e dipendenti e collaboratori degli uffici di Curia. "Però - ha continuato – la fiducia che ripongo in Dio e in voi è immensa. Mi sento sereno, le cose da fare sono enormi, ma la scuola in Caritas italiana mi è maestra come metodologia. Questa esperienza mi ha aperto quella prospettiva di donazione al Signore nella chiesa che non avevo incarnato del tutto. Sono nelle mani di Dio con la trepidazione e fiducia che passa anche attraverso le vostre mani". Il vescovo si è successivamente recato dalle suore clarisse del monastero della Santissima Annunziata di Colleluna e alla mensa San Valentino della Caritas diocesana- associazione San Martino, per il pranzo. Nel pomeriggio l'incontro con le associazioni laicali e infine il saluto in cattedrale al parroco emerito don Carlo Romani e al parroco don Alessandro Rossini.]]>

[gallery ids="63224,63225,63231,63233,63235,63236"] Prima visita a Terni per il vescovo eletto di Terni, Narni e Amelia, mons. Francesco Soddu. Il 16 novembre il presule ha trascorso un'intera giornata in città per conoscere la sua nuova diocesi, incontrare il vescovo Giuseppe Piemontese, i collaboratori della Curia, alcuni sacerdoti, le associazioni laicali. La visita è cominciata dalla basilica di San Valentino, con la preghiera davanti all'urna del patrono della città. "La trepidazione per questa chiamata di papa Francesco a servire la Chiesa come vescovo di questa diocesi è tanta" ha detto monsignor Soddu, secondo quanto riferisce la diocesi, incontrando poi il collegio dei consultori e dipendenti e collaboratori degli uffici di Curia. "Però - ha continuato – la fiducia che ripongo in Dio e in voi è immensa. Mi sento sereno, le cose da fare sono enormi, ma la scuola in Caritas italiana mi è maestra come metodologia. Questa esperienza mi ha aperto quella prospettiva di donazione al Signore nella chiesa che non avevo incarnato del tutto. Sono nelle mani di Dio con la trepidazione e fiducia che passa anche attraverso le vostre mani". Il vescovo si è successivamente recato dalle suore clarisse del monastero della Santissima Annunziata di Colleluna e alla mensa San Valentino della Caritas diocesana- associazione San Martino, per il pranzo. Nel pomeriggio l'incontro con le associazioni laicali e infine il saluto in cattedrale al parroco emerito don Carlo Romani e al parroco don Alessandro Rossini.]]>
In questo numero: Ddl Zan, migranti, sinodalità, vescovi e diocesi, arte https://www.lavoce.it/in-questo-numero-ddl-zan-migranti-sinodalita-vescovi-e-diocesi-arte/ Thu, 01 Jul 2021 15:50:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=61257

l’editoriale:  Ddl Zan, diritti da bilanciare

di Francesco Bonini Ha fatto molto discutere. Tuttavia alla fine è emerso con chiarezza il senso della nota verbale recapitata dalla Santa Sede al governo italiano a proposito del disegno di legge Zan: un contributo al dialogo. Per arrivare ad una soluzione legislativa rispettosa della libertà. In particolare di quelle libertà tutelate dalla Costituzione e sottolineate anche dagli accordi concordatari, la libertà di espressione e quella di educazione, oltre ovviamente la libertà di religione. Nel merito dunque evidente sintonia, lo ha ricordato anche il cardinale Parolin, con quanto la Cei aveva già affermato da ultimo in termini molto chiari lo scorso 28 aprile in una Nota della Presidenza. Ma… Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

Focus

Sinodalità: cuore, non ingranaggio

di Diana Papa Siamo alla vigilia di un percorso voluto da Papa Francesco: scoprire e vivere la sinodalità nel popolo di Dio. Ognuno, al di là del proprio stato di vita, è stato pensato, voluto, creato, chiamato e inviato dal Signore per edificare il suo popolo santo e custodire il bene comune. Dio affida ad ognuno (…)

Bracciante morto per colpa di chi?

di Pier Giorgio Lignani Un immigrato irregolare è morto di fatica - letteralmente - mentre lavorava come bracciante agricolo, pagato una miseria, naturalmente in nero. Episodi simili si ripetono (…)

Nel giornale

Chiese unite dal Vescovo

Mons. Domenico Sorrentino è stato nominato da Papa Francesco vescovo della Chiesa di Foligno. Ma allo stesso tempo conserva il proprio incarico presso la diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino. Si definisce “unione in persona episcopi”, nella persona del vescovo. Nel senso che le due diocesi rimangono formalmente distinte, ed è “solo” l’identicità del Pastore a collegarle. Tuttavia è una strategia che Papa Francesco sta seguendo in modo sempre più sistematico. Ed è evidente che lo scopo ultimo non sta semplicemente nel facilitare le sostituzioni nelle sedi episcopali vacanti, bensì nel ridisegnare la geografia delle Chiese. “In uscita” verso le pressanti esigenze pastorali del futuro.

CHIESA E DDL ZAN

Approfondiamo ulteriormente la questione, in cui vengono messi in causa diritti di tipo diverso garantiti dalla Costituzione italiana. A scanso di equivoci e (voluti) fraintendimenti, esaminiamo anzitutto con più attenzione le perplessità manifestate dal Vaticano e dalla Cei

50 ANNI DI CARITAS

Il mezzo secolo di esistenza di Caritas italiana cade in un periodo ancora fortemente segnato dalla pandemia e dalle sue conseguenze sulla società. Un motivo in più per celebrare l’evento guardando in avanti anziché al passato. E non solo facendo “assistenza”

SANITÀ

Anche in Umbria, man mano che arrivano i pensionamenti, si profila il rischio che scarseggino medici di famiglia e pediatri. E non perché mancano i laureati, ma perché...

ARTE

L’arte barocca amava i giochi di specchi, e adesso a Perugia si sdoppia e si riunisce. Grazie a una mostra che mette insieme le collezioni della Galleria nazionale e della Fondazione Crp]]>

l’editoriale:  Ddl Zan, diritti da bilanciare

di Francesco Bonini Ha fatto molto discutere. Tuttavia alla fine è emerso con chiarezza il senso della nota verbale recapitata dalla Santa Sede al governo italiano a proposito del disegno di legge Zan: un contributo al dialogo. Per arrivare ad una soluzione legislativa rispettosa della libertà. In particolare di quelle libertà tutelate dalla Costituzione e sottolineate anche dagli accordi concordatari, la libertà di espressione e quella di educazione, oltre ovviamente la libertà di religione. Nel merito dunque evidente sintonia, lo ha ricordato anche il cardinale Parolin, con quanto la Cei aveva già affermato da ultimo in termini molto chiari lo scorso 28 aprile in una Nota della Presidenza. Ma… Questa settimana su La Voce (Leggi tutto nell'edizione digitale)

Focus

Sinodalità: cuore, non ingranaggio

di Diana Papa Siamo alla vigilia di un percorso voluto da Papa Francesco: scoprire e vivere la sinodalità nel popolo di Dio. Ognuno, al di là del proprio stato di vita, è stato pensato, voluto, creato, chiamato e inviato dal Signore per edificare il suo popolo santo e custodire il bene comune. Dio affida ad ognuno (…)

Bracciante morto per colpa di chi?

di Pier Giorgio Lignani Un immigrato irregolare è morto di fatica - letteralmente - mentre lavorava come bracciante agricolo, pagato una miseria, naturalmente in nero. Episodi simili si ripetono (…)

Nel giornale

Chiese unite dal Vescovo

Mons. Domenico Sorrentino è stato nominato da Papa Francesco vescovo della Chiesa di Foligno. Ma allo stesso tempo conserva il proprio incarico presso la diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino. Si definisce “unione in persona episcopi”, nella persona del vescovo. Nel senso che le due diocesi rimangono formalmente distinte, ed è “solo” l’identicità del Pastore a collegarle. Tuttavia è una strategia che Papa Francesco sta seguendo in modo sempre più sistematico. Ed è evidente che lo scopo ultimo non sta semplicemente nel facilitare le sostituzioni nelle sedi episcopali vacanti, bensì nel ridisegnare la geografia delle Chiese. “In uscita” verso le pressanti esigenze pastorali del futuro.

CHIESA E DDL ZAN

Approfondiamo ulteriormente la questione, in cui vengono messi in causa diritti di tipo diverso garantiti dalla Costituzione italiana. A scanso di equivoci e (voluti) fraintendimenti, esaminiamo anzitutto con più attenzione le perplessità manifestate dal Vaticano e dalla Cei

50 ANNI DI CARITAS

Il mezzo secolo di esistenza di Caritas italiana cade in un periodo ancora fortemente segnato dalla pandemia e dalle sue conseguenze sulla società. Un motivo in più per celebrare l’evento guardando in avanti anziché al passato. E non solo facendo “assistenza”

SANITÀ

Anche in Umbria, man mano che arrivano i pensionamenti, si profila il rischio che scarseggino medici di famiglia e pediatri. E non perché mancano i laureati, ma perché...

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DROGA. Il Tavolo ecclesiale: “La questione torni nell’agenda politica” https://www.lavoce.it/droga-tavolo-ecclesiale-la-questione-torni-nellagenda-politica/ Thu, 05 Jul 2018 08:08:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52256

Una nuova attenzione al mondo dei giovani perché fragilità e dipendenze tornino ad abitare l’agenda del Paese. A chiederla alla politica, alla società civile e alla comunità ecclesiale, è il Tavolo ecclesiale sulle dipendenze promosso dalla Caritas italiana. Due gli obiettivi: “presidiare le fragilità” e “richiamare le responsabilità di tutti coloro che hanno un ruolo educativo, promuovendo alleanze sul territorio”. Azioni necessarie di fronte alla latitanza delle istituzioni nei confronti di un fenomeno in crescita, soprattutto fra i giovanissimi: l’abuso di droga, alcol, psicofarmaci “del quale si parla soltanto di fronte alla morte di uno dei nostri ragazzi”, ha osservato il 26 giugno don Francesco Soddu, direttore Caritas italiana, nei saluti al convegno “Giovani al centro. Esperienze di una comunità che cresce tra fragilità e risorse”, promosso a Roma dal Tavolo ecclesiale dipendenze in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti. Al Tavolo, costituito presso la Caritas italiana, partecipano Comunità Papa Giovanni XXIII, Casa dei giovani, Compagnia delle opere - Opere sociali, Comunità di Sant’Egidio, comunità Emmanuel, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) e Salesiani per il sociale, tutti organismi presenti all’incontro citato. “Alleanze educative” e “reti sul territorio” le parole chiave che si rincorrono in tutti gli interventi. Dopo la provocazione di don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, che sottolinea la necessità di educare i giovani “a riconoscere quelle che possono essere dipendenze ‘buone’” come “la risposta alla chiamata, all’incontro con Dio”, Pier Cesare Rivoltella (Università Cattolica del Sacro Cuore), invita a ribaltare il rapporto fragilità/risorse perché i giovani “hanno molte più risorse di quanto noi adulti non siamo disposti a riconoscere loro”. Il vero nodo è che, tramontata la fase “del gruppo dei pari”, la domanda di senso e di felicità dei ragazzi si traduce oggi in un bisogno di “relazione verticale”, di fronte al quale gli adulti si sentono però disarmati. Più che i giovani, per l’esperto sono gli adulti ad essere fragili. Del modello di creazione di reti additive (di dipendenza, ndr) giocato sul “meccanismo captare l’attenzionedisinibire- costruire addiction” parla lo psicologo Mauro Croce (Università della Valle d’Aosta). Un paradigma al quale è difficile sottrarsi, soprattutto se viene declinato, come di fatto avviene, associando lo stile di vita con un consumo - fumo ed emancipazione, alcol e divertimento - ma anche abbigliamento griffato e uso di cocaina, come nello spot di un celebre marchio giovanile. Nelle comunità terapeutiche il baricentro si è spostato dalla cura alla prevenzione attraverso interventi focalizzati non solo sul consumo di sostanze ma anzitutto sulle relazioni, spiega Maria Calabrese (di Fict, con 22 realtà aderenti, 1.056 operatori, 227 volontari). Offrire relazioni, lavorare sui desideri, costruire aspettative, generare cambiamento, accompagnare processi di crescita: questo, in sintesi, il metodo di lavoro della Federazione. “Fare dell’ex tossico un uomo impegnato nel sociale”, l’obiettivo di padre Salvatore Lo Bue, fondatore della Casa del giovane nel 1983 a Bagheria (e poi a Matera e a Mazara). Senza sconti il messaggio delle comunità ecclesiali attive sul campo alla politica, alla quale chiedono programmi di prevenzione organici, con finanziamenti stabili, che consentano percorsi educativi continuativi e coinvolgano il territorio e il mondo della scuola e azioni di prevenzione rivolte non solo ai ”ragazzi a rischio”, ma a tutti. Indispensabile, inoltre, “avviare un processo partecipato per riformare il sistema normativo sulle dipendenze patologiche, fermo ancora a 30 anni fa, al Dpr. 309/90”. Tre i “punti imprescindibili” di questa revisione: ricostituzione del Fondo nazionale di lotta alla droga, che dovrebbe in particolare sostenere i piani di prevenzione; creazione di un Fondo per le politiche di reinserimento lavorativo; adozione di un sistema procedurale che renda automatica, per i soggetti con dipendenza patologiche sottoposti a processo, già nella fase dibattimentale, la possibilità di accedere a percorsi di recupero, qualora la pena sia inferiore ai limiti previsti per l’accesso alle misure alternative. Il Tavolo chiede inoltre di rafforzare il Dipartimento politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio e di convocare la Conferenza nazionale sulle droghe, come previsto dalla legge, da “costruire attraverso un processo realmente partecipato”. Tuttavia le sigle presenti all’incontro ritengono indispensabile coinvolgere tutta la società civile: oggi le organizzazioni che operano sul fronte dipendenze rappresentano un punto di riferimento e una risposta alle diverse forme di disagio. Per questo si offrono come interlocutori per l’attivazione di “alleanze educative” in ogni realtà territoriale del Paese per sostenere fragilità adolescenziali e giovanili, e fragilità e solitudini degli adulti. Infine un appuntamento: il 20 e 27 ottobre prossimi si svolgeranno gli open day delle strutture di accoglienza ai quali sono invitati comunità ecclesiali e gruppi giovanili di tutto il territorio nazionale.  ]]>

Una nuova attenzione al mondo dei giovani perché fragilità e dipendenze tornino ad abitare l’agenda del Paese. A chiederla alla politica, alla società civile e alla comunità ecclesiale, è il Tavolo ecclesiale sulle dipendenze promosso dalla Caritas italiana. Due gli obiettivi: “presidiare le fragilità” e “richiamare le responsabilità di tutti coloro che hanno un ruolo educativo, promuovendo alleanze sul territorio”. Azioni necessarie di fronte alla latitanza delle istituzioni nei confronti di un fenomeno in crescita, soprattutto fra i giovanissimi: l’abuso di droga, alcol, psicofarmaci “del quale si parla soltanto di fronte alla morte di uno dei nostri ragazzi”, ha osservato il 26 giugno don Francesco Soddu, direttore Caritas italiana, nei saluti al convegno “Giovani al centro. Esperienze di una comunità che cresce tra fragilità e risorse”, promosso a Roma dal Tavolo ecclesiale dipendenze in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti. Al Tavolo, costituito presso la Caritas italiana, partecipano Comunità Papa Giovanni XXIII, Casa dei giovani, Compagnia delle opere - Opere sociali, Comunità di Sant’Egidio, comunità Emmanuel, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) e Salesiani per il sociale, tutti organismi presenti all’incontro citato. “Alleanze educative” e “reti sul territorio” le parole chiave che si rincorrono in tutti gli interventi. Dopo la provocazione di don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei, che sottolinea la necessità di educare i giovani “a riconoscere quelle che possono essere dipendenze ‘buone’” come “la risposta alla chiamata, all’incontro con Dio”, Pier Cesare Rivoltella (Università Cattolica del Sacro Cuore), invita a ribaltare il rapporto fragilità/risorse perché i giovani “hanno molte più risorse di quanto noi adulti non siamo disposti a riconoscere loro”. Il vero nodo è che, tramontata la fase “del gruppo dei pari”, la domanda di senso e di felicità dei ragazzi si traduce oggi in un bisogno di “relazione verticale”, di fronte al quale gli adulti si sentono però disarmati. Più che i giovani, per l’esperto sono gli adulti ad essere fragili. Del modello di creazione di reti additive (di dipendenza, ndr) giocato sul “meccanismo captare l’attenzionedisinibire- costruire addiction” parla lo psicologo Mauro Croce (Università della Valle d’Aosta). Un paradigma al quale è difficile sottrarsi, soprattutto se viene declinato, come di fatto avviene, associando lo stile di vita con un consumo - fumo ed emancipazione, alcol e divertimento - ma anche abbigliamento griffato e uso di cocaina, come nello spot di un celebre marchio giovanile. Nelle comunità terapeutiche il baricentro si è spostato dalla cura alla prevenzione attraverso interventi focalizzati non solo sul consumo di sostanze ma anzitutto sulle relazioni, spiega Maria Calabrese (di Fict, con 22 realtà aderenti, 1.056 operatori, 227 volontari). Offrire relazioni, lavorare sui desideri, costruire aspettative, generare cambiamento, accompagnare processi di crescita: questo, in sintesi, il metodo di lavoro della Federazione. “Fare dell’ex tossico un uomo impegnato nel sociale”, l’obiettivo di padre Salvatore Lo Bue, fondatore della Casa del giovane nel 1983 a Bagheria (e poi a Matera e a Mazara). Senza sconti il messaggio delle comunità ecclesiali attive sul campo alla politica, alla quale chiedono programmi di prevenzione organici, con finanziamenti stabili, che consentano percorsi educativi continuativi e coinvolgano il territorio e il mondo della scuola e azioni di prevenzione rivolte non solo ai ”ragazzi a rischio”, ma a tutti. Indispensabile, inoltre, “avviare un processo partecipato per riformare il sistema normativo sulle dipendenze patologiche, fermo ancora a 30 anni fa, al Dpr. 309/90”. Tre i “punti imprescindibili” di questa revisione: ricostituzione del Fondo nazionale di lotta alla droga, che dovrebbe in particolare sostenere i piani di prevenzione; creazione di un Fondo per le politiche di reinserimento lavorativo; adozione di un sistema procedurale che renda automatica, per i soggetti con dipendenza patologiche sottoposti a processo, già nella fase dibattimentale, la possibilità di accedere a percorsi di recupero, qualora la pena sia inferiore ai limiti previsti per l’accesso alle misure alternative. Il Tavolo chiede inoltre di rafforzare il Dipartimento politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio e di convocare la Conferenza nazionale sulle droghe, come previsto dalla legge, da “costruire attraverso un processo realmente partecipato”. Tuttavia le sigle presenti all’incontro ritengono indispensabile coinvolgere tutta la società civile: oggi le organizzazioni che operano sul fronte dipendenze rappresentano un punto di riferimento e una risposta alle diverse forme di disagio. Per questo si offrono come interlocutori per l’attivazione di “alleanze educative” in ogni realtà territoriale del Paese per sostenere fragilità adolescenziali e giovanili, e fragilità e solitudini degli adulti. Infine un appuntamento: il 20 e 27 ottobre prossimi si svolgeranno gli open day delle strutture di accoglienza ai quali sono invitati comunità ecclesiali e gruppi giovanili di tutto il territorio nazionale.  ]]>
Contro la povertà, le Regioni collaborano poco con la Caritas https://www.lavoce.it/la-poverta-le-regioni-collaborano-poco-la-caritas/ Thu, 09 Nov 2017 17:42:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50496

Dal settembre 2016 è all’opera il “Sostegno alla inclusione attiva” (Sia), a favore delle famiglie in condizioni di povertà assoluta. A partire dal gennaio 2018 entrerà in azione, al posto del Sia, il “Reddito di inclusione”. Entrambe le misure prevedono un sostegno economico accompagnato da un progetto di inclusione personalizzato, con una serie di impegni per il nucleo familiare che vi aderisce. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de La Voce]]>

Dal settembre 2016 è all’opera il “Sostegno alla inclusione attiva” (Sia), a favore delle famiglie in condizioni di povertà assoluta. A partire dal gennaio 2018 entrerà in azione, al posto del Sia, il “Reddito di inclusione”. Entrambe le misure prevedono un sostegno economico accompagnato da un progetto di inclusione personalizzato, con una serie di impegni per il nucleo familiare che vi aderisce. Leggi l'articolo completo sull'edizione digitale de La Voce]]>
Progetto Caritas: “Palestina: gemellaggi e pellegrinaggi” https://www.lavoce.it/palestina-gemellaggi-e-pellegrinaggi/ Fri, 06 Oct 2017 08:00:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50096

“Ridurre il senso di isolamento della comunità cristiana palestinese; animare alla carità nelle comunità parrocchiali per ridurre la povertà estrema; contribuire allo sviluppo economico attraverso la realizzazione di microprogetti di sviluppo”. Sono i tre obiettivi che si propone il programma di gemellaggio promosso da Caritas italiana, in collaborazione con Caritas Gerusalemme, denominato “Palestina: gemellaggi e pellegrinaggi” presentato all’incontro di approfondimento sulla situazione in Siria e Terra Santa svoltosi a Roma il 14 settembre scorso, cui hanno partecipato diverse Caritas diocesane.
La situazione
A pesare sulla situazione della comunità palestinese - e quindi di quella cristiana - è in particolare il muro di separazione israeliano, che condiziona ogni giorno la vita di 4,81 milioni di palestinesi, segno eloquente di una occupazione militare israeliana che dura ormai da 50 anni (1967-2017). L’agenzia delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha Opt) nel suo ultimo rapporto denuncia che “il 44% del totale della popolazione palestinese, di cui più del 50% minori di 18 anni, è considerata ufficialmente con lo status di rifugiato, sotto protezione delle Nazioni Unite, bisognosi quindi di assistenza umanitaria. La disoccupazione è al 26,9% (dato del settembre 2017)”. L’accesso alle risorse primarie, come l’acqua, la terra e l’energia elettrica, sono strettamente condizionati dall’Amministrazione israeliana; e oltre il 90% delle terre è privo di irrigazione. Israele, aggiunge l’Unctad - la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo -, prosegue nell’espansione degli insediamenti dei coloni in violazione della risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 23 dicembre 2016. La popolazione degli insediamenti ebraici è più che raddoppiata rispetto agli Accordi di Oslo del 1993 e del 1995, e oggi è compresa tra 600 mila e 750 mila abitanti. Contestualmente sono stati distrutti insediamenti di palestinesi: 1.094 strutture nel 2016, il doppio rispetto al 2015. E vengono abbattute anche costruzioni realizzate attraverso donazioni (il sostegno “donor” è crollato del 38% tra 2014 e 2016).
Obiettivo del progetto
“Il nostro scopo – dice Danilo Feliciangeli,  responsabile del programma e coordinatore dei progetti di Caritas italiana in Medio Oriente - è aiutare le 15 parrocchie di Palestina a superare questa frustrazione perseguendo i tre obiettivi del progetto che per il 2018 prevediamo entri a regime”. Alcune diocesi italiane, tra cui Reggio Calabria, Foligno, Piacenza, Concordia-Pordenone, Novara e Verona, hanno già fatto un primo sopralluogo in Terra Santa lo scorso maggio per conoscere le parrocchie di cui intendono prendersi cura e stabilire le attività da realizzare per conseguire gli obiettivi fissati. “Per questo – aggiunge il coordinatore – puntiamo decisi alla “costruzione di relazioni pastorali tra ‘Chiese sorelle’ grazie a pellegrinaggi solidali (visite alle comunità parrocchiali e condivisioni), campi di volontariato, scambio di volontari esperti, study visit in Italia, scambio tra sacerdoti o seminaristi, servizio civile. Il tutto con la cooperazione tecnica tra Caritas diocesane italiane e Caritas Gerusalemme, che insieme cercheranno di creare Caritas parrocchiali. In questo contesto si cercherà di sviluppare a livello parrocchiale microprogetti, per un importo massimo di 5.000 euro, in grado di generare occupazione e reddito. Si tratterà di progetti sostenibili, in grado di proseguire autonomamente, senza il sostegno finanziario dall’esterno”. Le Caritas diocesane che invece non fossero in grado di sviluppare veri e propri gemellaggi potrebbero comunque contribuire al programma organizzando “pellegrinaggi solidali” che permettono l’incontro e lo scambio con le comunità cattoliche palestinesi, con le tradizioni locali e con luoghi nuovi dal punto di vista storico e culturale. Ogni Caritas diocesana interessata a organizzare un “pellegrinaggio solidale” in Terra Santa potrà contattare l’ufficio “Medio Oriente” di Caritas italiana che, con Caritas Gerusalemme e con l’Associazione Terra Santa, offrirà un supporto tecnico per la definizione dell’itinerario e l’organizzazione degli incontri.]]>

“Ridurre il senso di isolamento della comunità cristiana palestinese; animare alla carità nelle comunità parrocchiali per ridurre la povertà estrema; contribuire allo sviluppo economico attraverso la realizzazione di microprogetti di sviluppo”. Sono i tre obiettivi che si propone il programma di gemellaggio promosso da Caritas italiana, in collaborazione con Caritas Gerusalemme, denominato “Palestina: gemellaggi e pellegrinaggi” presentato all’incontro di approfondimento sulla situazione in Siria e Terra Santa svoltosi a Roma il 14 settembre scorso, cui hanno partecipato diverse Caritas diocesane.
La situazione
A pesare sulla situazione della comunità palestinese - e quindi di quella cristiana - è in particolare il muro di separazione israeliano, che condiziona ogni giorno la vita di 4,81 milioni di palestinesi, segno eloquente di una occupazione militare israeliana che dura ormai da 50 anni (1967-2017). L’agenzia delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha Opt) nel suo ultimo rapporto denuncia che “il 44% del totale della popolazione palestinese, di cui più del 50% minori di 18 anni, è considerata ufficialmente con lo status di rifugiato, sotto protezione delle Nazioni Unite, bisognosi quindi di assistenza umanitaria. La disoccupazione è al 26,9% (dato del settembre 2017)”. L’accesso alle risorse primarie, come l’acqua, la terra e l’energia elettrica, sono strettamente condizionati dall’Amministrazione israeliana; e oltre il 90% delle terre è privo di irrigazione. Israele, aggiunge l’Unctad - la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo -, prosegue nell’espansione degli insediamenti dei coloni in violazione della risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 23 dicembre 2016. La popolazione degli insediamenti ebraici è più che raddoppiata rispetto agli Accordi di Oslo del 1993 e del 1995, e oggi è compresa tra 600 mila e 750 mila abitanti. Contestualmente sono stati distrutti insediamenti di palestinesi: 1.094 strutture nel 2016, il doppio rispetto al 2015. E vengono abbattute anche costruzioni realizzate attraverso donazioni (il sostegno “donor” è crollato del 38% tra 2014 e 2016).
Obiettivo del progetto
“Il nostro scopo – dice Danilo Feliciangeli,  responsabile del programma e coordinatore dei progetti di Caritas italiana in Medio Oriente - è aiutare le 15 parrocchie di Palestina a superare questa frustrazione perseguendo i tre obiettivi del progetto che per il 2018 prevediamo entri a regime”. Alcune diocesi italiane, tra cui Reggio Calabria, Foligno, Piacenza, Concordia-Pordenone, Novara e Verona, hanno già fatto un primo sopralluogo in Terra Santa lo scorso maggio per conoscere le parrocchie di cui intendono prendersi cura e stabilire le attività da realizzare per conseguire gli obiettivi fissati. “Per questo – aggiunge il coordinatore – puntiamo decisi alla “costruzione di relazioni pastorali tra ‘Chiese sorelle’ grazie a pellegrinaggi solidali (visite alle comunità parrocchiali e condivisioni), campi di volontariato, scambio di volontari esperti, study visit in Italia, scambio tra sacerdoti o seminaristi, servizio civile. Il tutto con la cooperazione tecnica tra Caritas diocesane italiane e Caritas Gerusalemme, che insieme cercheranno di creare Caritas parrocchiali. In questo contesto si cercherà di sviluppare a livello parrocchiale microprogetti, per un importo massimo di 5.000 euro, in grado di generare occupazione e reddito. Si tratterà di progetti sostenibili, in grado di proseguire autonomamente, senza il sostegno finanziario dall’esterno”. Le Caritas diocesane che invece non fossero in grado di sviluppare veri e propri gemellaggi potrebbero comunque contribuire al programma organizzando “pellegrinaggi solidali” che permettono l’incontro e lo scambio con le comunità cattoliche palestinesi, con le tradizioni locali e con luoghi nuovi dal punto di vista storico e culturale. Ogni Caritas diocesana interessata a organizzare un “pellegrinaggio solidale” in Terra Santa potrà contattare l’ufficio “Medio Oriente” di Caritas italiana che, con Caritas Gerusalemme e con l’Associazione Terra Santa, offrirà un supporto tecnico per la definizione dell’itinerario e l’organizzazione degli incontri.]]>
Sono i giovani quelli più a rischio di povertà. I dati del Rapporto di Caritas italiana https://www.lavoce.it/sono-i-giovani-quelli-piu-a-rischio-di-poverta-i-dati-del-rapporto-di-caritas-italiana/ Mon, 17 Oct 2016 19:26:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=47681 L’interno dell’Ostello Caritas di Roma (lato sala adiacente alla Porta Santa)
L’interno dell’Ostello Caritas di Roma (lato sala adiacente alla Porta Santa)

I “senza dimora” rappresentano uno dei fenomeni della povertà estrema molto attuale in Italia, sul quale i media rivolgono la loro attenzione. Basti pensare che hanno partecipato in 200 al seminario di formazione per giornalisti dal titolo “Senza dimora, senza diritti? Tra schemi e stereotipi: quale spazio per una cultura diversa?”, tenuto a Roma, il 17 ottobre, dalle Caritas italiana e diocesana e dall’Ordine dei Giornalisti del Lazio. Il seminario si è svolto presso l’Ostello Caritas “Don Luigi Di Liegro” in via Marsala (zona Stazione Termini), uno dei luoghi di Roma più frequentati dai “senza dimora”, dove papa Francesco, il 18 dicembre, ha aperto la Porta Santa varcata a quasi un mese dalla fine del Giubileo da 12mila pellegrini. Si tratta della prima Porta Santa che non immette in una chiesa, ma in un luogo vissuto da poveri (sono 500 le persone che ogni sera trovano un pasto e 200 quelle che possono pernottarvi) e per questo è definito un “luogo sacro”, che cerca di alleviare tante situazioni di miseria.

La scelta di tenere il 17 ottobre questo partecipato seminario giornalistico sul fenomeno dei “senza dimora” non è stata casuale: ricorre la Giornata internazionale di lotta alla povertà. In questa giornata la Caritas italiana ha messo in rete (www.caritas.it) il Rapporto 2016 “Vasi comunicanti” su povertà ed esclusione sociale in Italia e alle porte dell’Europa. La povertà più che diminuire cresce, hanno detto nel portare il loro saluto mons. Enrico Feroci e mons. Francesco Soddu, rispettivamente direttore della Caritas di Roma e della Caritas italiana. I due sacerdoti hanno chiesto «a nome dei poveri di progettare un futuro diverso». Alla realizzazione di questo progetto sono stati chiamati a contribuire gli operatori dei media comunicandolo al meglio, dando voce a quanti voce non hanno.

Nel fornire dati e storie sulla povertà, Linda Laura Sabbadini, già direttore del Dipartimento Statistiche sociali e ambientali dell’Istat, e Francesco Marsico, responsabile dell’Area nazionale della Caritas italiana, hanno ricordato che le persone non sono numeri, ma i numeri aiutano a comprendere i bisogni e le difficoltà delle stesse persone, affinché per loro si possa costruire una cultura diversa per una vita più dignitosa. Nel mondo sono 900milioni le persone in povertà assoluta, di cui quasi 4 milioni 600mila in Italia, 1milione 582mila famiglie. Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi; e si tratta, parlando di povertà assoluta, della forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quel paniere di beni e servizi necessari per una vita dignitosa. Le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzogiorno, dalle famiglie con due o più figli minori, dalle famiglie di stranieri, dai nuclei in cui il capofamiglia è in cerca di un’occupazione o operaio e dalle nuove generazioni.

Un elemento inedito messo in luce nel Rapporto 2016, che stravolge il vecchio modello di povertà italiano, è che oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, diminuisce all’aumentare di quest’ultima. La persistente crisi del lavoro ha penalizzato soprattutto i giovani in cerca di una prima o nuova occupazione e gli adulti rimasti senza un impiego.

Accanto alle fonti della statistica pubblicata, il Rapporto dedica ampio spazio ai dati raccolti presso i Centri di Ascolto delle Caritas diocesane o collegati con esse (i dati sono stati raccolti presso 1.649 Centri di Ascolto dislocati su 173 Diocesi).

Tra questi il Centro di Ascolto della Caritas di Perugia-Città della Pieve, dove nel 2015 si sono recate 971 persone in gravi difficoltà, di cui 590 straniere, in leggera flessione rispetto al 2014 (987 persone). Da ricordare che la Caritas perugina ha presentato lo scorso giugno il suo Rapporto curato dall’Osservatorio diocesano sulla povertà e l’inclusione sociale (www.caritasperugia.it).

La povertà assoluta riguarda i più poveri dei poveri, è stato ribadito al seminario romano per giornalisti, i cui numeri non contengono i “senza dimora” (persone sole che hanno perso il lavoro, separate dal coniuge o dai figli, malate). Di tutti loro è difficile indicare un numero preciso, perché non hanno una residenza. Per i “senza dimora” è stato fatto nel 2015 un “censimento” attraverso i luoghi dei servizi a loro erogati, soprattutto le mense e l’accoglienza notturna come l’Ostello “Don Luigi Di Liegro” di Roma. Questo fenomeno è presente soprattutto al Nord Italia e nelle città metropolitane, incluse Napoli e Palermo. A Perugia e in Umbria il fenomeno è molto contenuto; basti pensare che è stata censita solo una “unità di strada” a livello comunale, pari all’0,4% di quelle sul territorio nazionale (229 u.d.s.). In Italia i “senza dimora” sono 50.700, più della metà stranieri, di cui 7mila donne, 13mila sotto i 35 anni di età e 3mila anziani in gran parte italiani.

Proprio su come rivolgere l’attenzione dei media alle storie di vita dei “senza dimora”, da non dare loro “voce” solo in inverno (quando di notte le temperature vanno giù in picchiata), il seminario ha offerto l’esperienza degli ospiti dell’Ostello “Don Luigi Di Liegro”, attraverso i loro profili e bisogni raccontati da Roberta Molina, responsabile dell’Area Ascolto e Accoglienza della Caritas di Roma, e una lettura attraverso le carte deontologiche dei “senza dimora, tra schemi e stereotipi” a cura dei responsabili dell’Area Comunicazione delle Caritas di Roma e italiana, Alberto Colaiacomo e Ferruccio Ferrante. A concludere il seminario è stata la tavola rotonda su “I giornali di strada, laboratori socio-culturali con i senza dimora protagonisti”, coordinata dal giornalista Orazio La Rocca, con le esperienze dei periodici «Scarp de’ tenis» di Milano e «Gocce di Marsala» di Roma.

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Risposte vere, non scorciatoie https://www.lavoce.it/risposte-vere-non-scorciatoie/ Thu, 24 Sep 2015 08:42:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43452 L’immagine pubblicata sul sito web della Caritas Italiana per la presentazione del rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia
L’immagine pubblicata sul sito web della Caritas Italiana per la presentazione del rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia

La scorsa settimana è stato presentato a Roma il Rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia, elaborato da Caritas italiana, e già presentato su La Voce. I dati relativi alla povertà nel nostro Paese ci dicono che i “poveri assoluti” (coloro a cui mancano i beni essenziali per vivere) sono più di 4 milioni, pari a quasi il 7 % della popolazione nazionale, cioè più del doppio – sia in termini numerici che percentuali – rispetto all’inizio della crisi che ha investito il nostro Paese a partire dal biennio 2007-2008.

Ebbene, rispetto a questo scenario tratteggiato da Caritas italiana, la delegazione regionale Caritas, avendo a disposizione i dati dei Centri di ascolto diocesani e parrocchiali, ma soprattutto ben presenti i volti delle persone che quotidianamente vi si recano perché in stato di bisogno, non può che confermare la gravità della situazione nella nostra regione, come peraltro già da tempo segnalato anche dai Vescovi umbri.

Ciò che maggiormente colpisce nell’analisi dei dati a nostra disposizione è l’evoluzione nella tipologia delle persone e delle situazioni che incontriamo e che ci impegniamo a sostenere: i giovani, anche altamente scolarizzati, in cerca di prima occupazione, che non hanno alle spalle famiglie economicamente solide; i padri divorziati che, seppur con uno stipendio a volte dignitoso, sono schiacciati dal peso delle scadenze dei pagamenti per i debiti contratti e le obbligazioni assunte; famiglie in difficoltà estrema a causa del crollo verticale dei redditi disponibili generato dalla disoccupazione; anziani che vivono con niente perché impegnati a sostenere il peso delle famiglie dei figli; malati che non riescono a far fronte alle spese di una sanità sempre più “a pagamento”.

L’idea di affrontare questi enormi problemi con un welfare pubblico fatto di bonus, di sperimentazioni e di una tantum appare un’infondata illusione, oltre che poco riguardosa delle necessità di una crescente fetta della popolazione italiana.

Sappiamo bene che le problematiche sopra evidenziate sono assai chiare ai decisori politici umbri, a partire dalla Presidente della Regione e all’assessore alle Politiche sanitarie e sociali. Inutile allora pensare a scorciatoie, quando si affrontano questioni – come la crescente povertà generata dalla crisi socio-economica -, che rischiano di diventare stabili e strutturali, anche in Umbria.

Sempre più famiglie vulnerabili stanno diventando povere assolute. È giunto il momento di pensare a una misura universale e stabile – questa sì – di sostegno economico alle persone e alle famiglie in condizione di povertà, senza attendere una eventuale futura ripresa economica e occupazionale, i cui tempi non coincidono certo con l’attualità dei loro bisogni primari.

Certamente si tratta di una decisione che spetta al Governo nazionale, rimarcando però che la Regione Umbria ha in più di un’occasione, specie in passato, implementato con risorse proprie i Fondi nazionali di contrasto alla povertà, assolutamente inadeguati, quando a volte addirittura inesistenti. Assistiamo inoltre con favore e attenzione al dibattito politico che si sta tenendo in Regione sull’impatto della crisi socio-economica sulle famiglie umbre e alla volontà di adottare, in breve tempo, misure di sostegno in favore delle fasce più deboli della popolazione regionale.

A tutti però vorremmo ricordare le parole del direttore di Caritas italiana, don Francesco Soddu, quando ha affermato che occorre “smettere di dirsi che qualcosa è meglio di niente. Quando si parla di povertà, questo non è vero”. È invece vero che la costruzione di welfare locali attenti ai bisogni degli ultimi giova ai bilanci delle Amministrazioni nel loro complesso: coloro che investono in modo maggiore nelle politiche sociali e di sostegno alle povertà, hanno i conti più in ordine di altre che decidono di limitare le spese previsionali su tali ambiti.

La Chiesa umbra, attraverso la rete delle Caritas diocesane e parrocchiali, continuerà a fare la sua parte, senza la presunzione di poter agire da sola, ma anzi, nella consapevolezza che la sussidiarietà rappresenta certamente un valore e una risorsa irrinunciabile per le politiche pubbliche, tuttavia non può e non deve in alcun modo sostituirsi a esse.

Affinché non venga dato “per carità” ciò che spetta per giustizia, occorre – in altre parole – che la povertà sia sempre più affare di tutti, e non sfortuna di alcuni.

 

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I più colpiti sono i poveri https://www.lavoce.it/i-piu-colpiti-sono-i-poveri/ Thu, 17 Sep 2015 09:19:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43355 spesa-famigliaDall’inizio della crisi a oggi (2007-2014) la povertà assoluta in Italia è raddoppiata, passando da 1,8 a 4,1 milioni di poveri. In punti percentuali, si è passati dal 3,1% al 6,8% della popolazione.

Ma non solo. Sono cambiati i volti della povertà: prima della crisi era toccato solo il Meridione, ora anche il Nord. Prima solo gli anziani, ora anche i giovani. Prima riguardava le famiglie con almeno tre figli, adesso anche con due. Prima si era poveri perché senza lavoro, ora si è poveri anche con il lavoro.

E a pagare il prezzo più alto, durante la crisi, sono stati i più poveri: il 10% delle persone in povertà assoluta ha sperimentato una contrazione maggiore del proprio reddito (-27%) superiore a quella del 90% della popolazione.

È quanto emerge dal Rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia della Caritas italiana, presentato il 15 settembre a Roma, con una dettagliata analisi sulle politiche sociali dei Governi degli ultimi anni, compreso l’esecutivo Renzi.

In questi anni – rivela il rapporto, intitolato Dopo la crisi, costruire il welfare – sono cambiati i Governi, ma le politiche sociali non hanno contribuito a risolvere la situazione, che rischia di diventare strutturale se non viene messo in piedi un sistema di welfare pubblico.

Nello specifico, Caritas italiana chiede di nuovo l’introduzione del Reis, il Reddito di inclusione sociale proposto dall’Alleanza contro la povertà. Italia e Grecia sono gli unici Paesi in Europa a non averlo.

Da un’analisi sulle misure prese e annunciate dall’esecutivo Renzi – tra cui il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti, il bonus bebè per famiglie con figli entro i 3 anni, l’assegno di disoccupazione (Asdi) e il bonus per le famiglie numerose – risulta molto scarso l’impatto sui più poveri.

Secondo il Rapporto, l’idea che la ripresa economica e quella occupazionale possano rendere “superflue” le politiche contro l’indigenza è “una infondata illusione” senza un vero welfare per i più deboli. In ogni caso, “non è vero che qualcosa è meno di niente”, ribadisce Caritas italiana.

La crisi ha colpito e colpirà ancora i più deboli 

Sebbene i dati Istat dicano che la povertà assoluta ha smesso di crescere (dal 7,3% del 2013 al 6,8% del 2014), questo non significa che tutto sia a posto: “Rispetto all’Italia pre-recessione gli indigenti sono più che raddoppiati – afferma Cristiano Gori, docente di Politica sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, responsabile scientifico del Rapporto -.

La peggiore crisi economica del secondo dopoguerra ha colpito soprattutto i più deboli”. E difficilmente si riuscirà a tornare ai livelli pre-crisi. Anche nei prossimi anni, osserva Gori, l’indigenza sarà “maggiore rispetto al passato e trasversale a tutti i gruppi sociali”, tanto da costituire “un tratto abituale del nostro Paese”.

Politiche sociali “nel segno della continuità”

Povertà diffusa, quindi, anche a causa di un welfare pubblico “ancora del tutto inadeguato”. Nel 2012 i Comuni hanno speso in media 15 euro a persona per servizi e interventi sulla povertà, con un massimo di 22 euro nei Comuni del Centro e soli 6 euro al Sud.

Per Gori, il governo Renzi ha messo in campo politiche sociali “nel segno della continuità” con il passato, anche perché le misure come i bonus non hanno aiutato le persone “incapienti”, quelli cioè che non pagano le tasse perché con reddito inferiore agli 8.145 euro l’anno.

Gli 80 euro ai dipendenti, ad esempio, hanno incrementato il reddito delle famiglie indigenti solo dell’1,7%. Nel 2017 il bonus bebè sarà ricevuto solo dal 9% delle famiglie povere. E anche se complessivamente il sollievo sul reddito dei poveri è del 5,7%, quindi “migliore rispetto ai precedenti Governi”, si tratta di “un avanzamento marginale” perché raggiunge solo il 20% delle famiglie in povertà assoluta.

Il leggero aumento dei Fondi nazionali (politiche sociali, non autosufficienza e nidi) è una novità positiva ma ancora esigua rispetto agli stanziamenti pre-crisi.

Gli interventi annunciati

Il Rapporto Caritas prende in esame anche gli interventi annunciati dall’Esecutivo per il prossimo triennio: abolizione della Tasi sulla prima casa nel 2016, riduzione di Ires e Irap nel 2017 e dell’Irpef nel 2018.

L’impatto dell’abolizione della Tasi sui poveri sarà “estremamente contenuto” poiché solo il 35% delle famiglie in povertà assoluta la paga. Anche la riduzione dell’Irpef non aiuterà gli incapienti (perché ovviamente non la pagano), mentre Ires e Irap riguardano solo le imprese.

Le misure annunciate impatteranno dunque molto poco sui poveri assoluti, visto che non hanno abbastanza soldi o proprietà per pagare queste tasse.

 

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Il nuovo volto della guerra https://www.lavoce.it/il-nuovo-volto-della-guerra/ Wed, 16 Sep 2015 14:59:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43328 armi-trafficoDopo anni di relativa pace, nel mondo stanno aumentando le guerre. Nel 2014 sono stati 424 i conflitti: erano 388 nel 2011, con un aumento del 9,3%. E sono almeno quintuplicate, in 15 anni, le vittime degli attacchi terroristici jihadisti: da 21 mila a 38 mila morti in media l’anno, soprattutto in Iraq, Siria, Afghanistan, Pakistan e Nigeria.

Guarda caso, il mercato della compravendita di armi e armamenti è in crescita: +16% rispetto al 2019. Guarda caso, i maggiori esportatori di armi (che coprono il 58% del totale) sono Stati Uniti e Russia. Guarda caso, tra i maggiori importatori c’è l’Arabia Saudita (+300%), seguita dall’India con +140%. Nei Paesi colpiti “la mancanza di cibo e le guerre si intersecano in un mix letale, con l’inevitabile riflesso migratorio su scala planetaria”.

Purtroppo non si sta giocando a Risiko ma è la drammatica realtà, i cui dati fanno capire molto su come e dove si stanno giocando gli interessi dei potenti del mondo, a spese dell’umanità.

Se ne parla nel V Rapporto sui conflitti dimenticati – “Cibo di guerra”, dedicato quest’anno al rapporto tra guerra e cibo, curato da Caritas italiana, in collaborazione con Famiglia cristiana e Il Regno, presentato l’11 settembre all’Expo, in una due-giorni di approfondimenti su questi temi.

Da oltre 15 anni, infatti, tramite l’Osservatorio sui conflitti dimenticati promosso dalla Caritas ( www.conflittidimenticati.it ) insieme a Pax Christi, è in atto un monitoraggio costante sull’evoluzione dei fenomeni bellici, con particolare attenzione a quelli meno osservati dai riflettori mediatici. Lo scopo dello studio è l’educazione alla pace e la sensibilizzazione delle Chiese locali, per favorire i processi di riconciliazione.

Ne emergono aspetti interessanti, tra cui un’originale analisi sui “video di guerra” diffusi su YouTube da alcuni network televisivi internazionali, i dati sui profughi in fuga dalle guerre accolti nei Centri di ascolto Caritas e le strette relazioni causa-effetto tra cibo, guerra, aiuti alimentari, appropriazione delle terre e giochi in Borsa.

Maschere

Nel Rapporto viene evidenziata una pericolosa inversione di tendenza: “Dopo anni di segno positivo, gli indicatori che misurano il grado di ‘pacificità’ del pianeta iniziano a puntare verso il basso”, con un aumento dell’intensità dei conflitti tra Stati a tutte le latitudini, “un significativo coinvolgimento della popolazione civile e un crescente ricorso all’impiego di tattiche tipiche dell’azione terroristica”. Il 95% delle 38 mila vittime l’anno degli attacchi jihadisti sono concentrate in 5 Paesi in via di sviluppo in Asia e Africa, coinvolgendo sempre più scuole, università, giovani studenti, civili innocenti.

Tutte le guerre – rileva il Rapporto – indossano delle “maschere”, che spesso vengono confuse con le cause vere del conflitto: al primo posto quella religiosa. La spesa militare globale, alla fine del 2014, vede gli Stati Uniti al primo posto (35,1%), poi la Cina (8%), l’Arabia Saudita (5%), la Russia (4,4%), il Regno Unito (3,8%), la Francia (3,3%), il Giappone (3%).

Video di guerra

Parallele alle azioni di guerra e terrorismo è sorto in questi ultimi anni l’uso dei video su YouTube come strumento propagandistico. La ricerca si è concentrata su quelli pubblicati da Russia Today, Vice News, CNN e Al Jazeera English dal 16 al 22 febbraio 2014, per un totale di 428 video esaminati, visualizzati da 7 milioni di persone. Risulta che l’attenzione ai conflitti è molto forte: questi video superano in alcuni casi il 50% di tutte le notizie video trasmesse sui canali YouTube di queste testate, con “un nuovo rischio di manipolazione”, come dimostrano i filmati diffusi dall’Isis, condivisi on line per terrorizzare il nemico.

Per questo il Rapporto Caritas avverte: “C’è un forte bisogno di contestualizzazione e mediazione giornalistica”, altrimenti chi condivide questi video sui social non è in grado di capire da quale canale è arrivato, da chi è finanziato, quali interessi politici ed economici ci sono dietro. “Altrimenti è vero che saremo tutti più informati, ma diventeremo anche più manipolabili”.

Persone in fuga

L’altra indagine contenuta nel Rapporto rileva la presenza di profughi in fuga da guerre nei Centri d’ascolto Caritas di 50 diocesi (ottobre 2014 – marzo 2015): il 20% è fuggito dal conflitto in Libia, il 12,1% dalla Nigeria, il 9,1% dall’Ucraina, il 7,1% dal Gambia. Il 33% vive in istituti o comunità di accoglienza, il 20% ha con sé la famiglia. Quasi la metà, il 49,2%, ha lasciato il proprio Paese nel 2014 e nei primi mesi del 2015. Sono tutti giovani, il 71,9% non supera i 34 anni.

Tra i bisogni segnalati, la richiesta di aiuti materiali (34,1%) e di una abitazione (39,9%). Da qui l’invito del Rapporto “a stringere legami di cooperazione e solidarietà internazionale, aperti all’accoglienza di nuove ondate di profughi, anch’essi ‘cibo di guerra’, strumentalizzati per fare pressione a distanza su leader miopi e opinioni pubbliche labili e manipolate”.

 

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Umanesimo nuovo se parte dai poveri https://www.lavoce.it/umanesimo-nuovo-se-parte-dai-poveri/ Thu, 18 Jun 2015 09:03:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36173 Un momento della giornata regionale di santificazione sacerdotale
Un momento della giornata regionale di santificazione sacerdotale

Giovedì 11 giugno, la Giornata regionale di santificazione sacerdotale, presenti arcivescovi e vescovi dell’Umbria e circa 200 presbiteri, si è aperta a Collevalenza presso la struttura di accoglienza del santuario dell’Amore Misericordioso con la recita dell’ora media guidata da mons. Benedetto Tuzia, vescovo di Orvieto-Todi.

Subito dopo, il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas italiana, ha introdotto il tema dell’incontro, “A scuola dei poveri: quale Chiesa?”, osservando che avrebbe guardato al Convegno di Firenze e al nuovo umanesimo da una prospettiva particolare.

“Infatti – ha detto – “interpreto (è solo il mio punto di vista) il termine ‘nuovo’ puntando l’obiettivo sulla dignità e grandezza che è propria di ogni uomo, e perciò anche sulla ‘carne dei poveri’.

Ci sarà un nuovo umanesimo quando finalmente il povero troverà posto alla mensa dei popoli, e anche e soprattutto a quella preparata dal Signore, che non disdegna far entrare nella Sua casa quanti sono per strada e non calcolati da nessuno. Fino a quando questo non avverrà, ho difficoltà a pensare che sarà possibile un nuovo umanesimo.

Rafforzo questa mia idea contemplando l’immagine del Crocifisso, Amore misericordioso che risorge portando addosso i segni della sofferenza. Possiamo parlare di nuovo umanesimo, perciò, se terremo conto e accetteremo tra noi quanti nella società e anche nella Chiesa sono esclusi, mentre sono il seme del nuovo, il perno e la chiave per imboccare la strada di un mondo diverso e più umano.

Questo avverrà – ha sostenuto il card. Montenegro – nella misura in cui anche l’ultimo della fila verrà preso in considerazione e si vedrà riconosciuta la sua dignità di uomo. Parlerò perciò in modo particolare di poveri e di quale Chiesa vogliamo essere, se vogliamo partecipare a realizzare il progetto della costruzione di cieli nuovi e terra nuova”.

Il Cardinale, dopo aver ripreso affermazioni di mons. Romero e di padre Zanotelli, ha richiamato l’inizio della Gaudium et spes , che non solo sintetizza una delle principali acquisizioni del Concilio Vaticano II in merito alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, ma permette di comprendere anche il senso del cammino delle Chiese italiane negli ultimi cinquant’anni e, nello specifico, il senso del “convenire” a Firenze tra qualche mese.

La Chiesa, infatti, con il Concilio insegna che la fedeltà a Dio si misura con la fedeltà all’uomo: fedeltà fatta di ascolto, dialogo e comprensione, e che deve diventare attenzione, preoccupazione e cura. La Chiesa sa pure che non può presentarsi come via per l’uomo se prima e contemporaneamente non assume l’uomo come via per se stessa.

“Il nuovo umanesimo in Gesù Cristo – ha detto il porporato – si configura come un umanesimo incarnato, che non può non andare nelle periferie più lontane dell’esistenza per portare la speranza cristiana là dove non c’è più motivo per sperare. Un umanesimo perciò che si mette in ascolto concreto, plurale e integrale, d’interiorità e trascendenza”.

Dalla riflessione proposta dal card. Montenegro è emersa una Chiesa consapevole di essere al servizio del mondo, come insiste Papa Francesco, che fa dell’amore per l’uomo il suo credo. Chiesa dell’incontro, del dialogo, dalle “porte aperte”, che sta per strada “con dolce e confortante gioia”, che parla con “audacia… anche controcorrente” e che scandalizza con i gesti dell’amore.

“Lungo la strada è cominciata la Chiesa – ha ricordato il Cardinale citando don Mazzolari -, lungo le strade del mondo la Chiesa continua. Non occorre, per entrarvi, né battere alla porta né fare anticamera. Camminate e la troverete. Camminate e vi sarà accanto, camminate e sarete nella Chiesa”.

 

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Connessione di cuori https://www.lavoce.it/connessione-di-cuori/ Fri, 15 May 2015 08:27:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=33430 Volontari e operatori aiutano nella rimozione delle macerie dopo il terremoto in Nepal
Volontari e operatori aiutano nella rimozione delle macerie dopo il terremoto in Nepal

Colletta per la solidarietà ai nepalesi nelle parrocchie italiane domenica 17 maggio, nella solennità dell’Ascensione del Signore che è anche Giornata mondiale per le comunicazioni sociali sul tema “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore”.

La colletta l’hanno voluta i Vescovi ma sta già nel cuore dei cattolici italiani, nella sensibilità di coloro che partecipano all’eucaristia domenicale. “Colletta” significa mettere insieme, condividere, collegarsi. Domenica sarà una connessione reale, una colletta reale di relazione di carità con i nepalesi.

“La Presidenza della Cei – si legge nel messaggio -, a nome dei Vescovi italiani, rinnova profonda partecipazione alle sofferenze delle popolazioni del Nepal provate dal terribile terremoto che ha provocato migliaia di morti. A causa della straordinaria gravità del sisma, dopo lo stanziamento di 3 milioni di euro dai fondi dell’8 per mille disposto nei giorni scorsi, la Presidenza indìce una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane domenica 17 maggio, come segno della concreta solidarietà di tutti i credenti”.

A dire la verità, questa Chiesa italiana, questi cattolici italiani, queste parrocchie sono davvero “con le mani bucate”: non c’è domenica senza un banchetto fuori dalle porte della chiesa che propone un gesto di carità e solidarietà verso gli immigrati, verso un’associazione di volontariato per i malati di cuore, della Sla, dei portatori di handicap, per i poveri che bussano alle porte delle canoniche, per le scuole materne, per i gruppi parrocchiali, scout o Azione cattolica. Anzi, anche le associazioni laiche di emanazione non cattolica hanno capito che lì, proprio in quelli che alcuni indifferenti considerano bigotti, palpita un cuore generoso. E come se non bastasse, ogni domenica arrivano in Chiesa mamme e papà con i loro figli che portano pesanti borse della spesa. E poi vi sono il gruppo Caritas o della San Vincenzo che pensano anche agli affitti dei bisognosi.

Nel cuore di questi cattolici praticanti vi è spazio per tutti, anche per i lontani, perché con le Giornate missionarie si sono abituati a pensare in termini “cattolici”, vale a dire mondiali, universali. Questa domenica troveranno attenzione anche i terremotati del Nepal. I volti di bimbi e mamme, di case sventrate, i feretri di migliaia di morti che hanno reso i superstiti familiari, membri di casa nostra, della nostra famiglia.

È il potere positivo della comunicazione, della tv e di internet. I nepalesi non ci sono più estranei, forestieri, stranieri. Sono nostri amici. Ci pare di conoscerli da sempre; le loro famiglie sono le nostre famiglie. Non possiamo girarci dall’altra parte. Abbiamo visto, sappiamo. Internet, con diversi media, ci ha messi in connessione. Chiamano il Web “connessione di intelligenze”. In realtà è connessione di cuori, di emozioni che vincolano e incoraggiano alla solidarietà. Il trionfo di una comunicazione di bene, che genera relazioni quasi di famiglia tra noi e i nepalesi, è una felice coincidenza nella Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, voluta dal Concilio Vaticano II ma ancora troppo trascurata dalle nostre parrocchie.

È la 49a Giornata mondiale. Ha per tema la famiglia, oggi piuttosto bistrattata dai media, dal pensiero conforme e dominante. I cattolici ne dovrebbero prendere atto e amare la loro stampa, i loro siti. Invece non è sempre così. Eppure, anche fare informazione è un atto di carità verso lo spirito, perché non si ammali. Spesso anche a noi cattolici pare che la carità “delle cose” sia più importante della carità dello spirito. Nel ricordare la colletta per il Nepal, sottolineiamo invece che essa avviene per merito della comunicazione in generale, e della comunicazione dei nostri settimanali che proprio ai cattolici si rivolgono.

 

Caritas italiana in Nepal

Caritas italiana è presente in Nepal ed è sostenuta negli interventi da Caritas India e da tutta la rete internazionale. Le priorità restano cibo, acqua e riparo. Si sta cercando di fornire anche un sostegno psico-sociale. Finora sono state raggiunte circa 4.000 famiglie. Sono state già distribuite 10.000 tende e 3.000 teloni cerati. Caritas Nepal ha lanciato un piano di intervento organico in favore di 20.000 famiglie (circa 100.000 persone) per i prossimi due mesi, con un costo di oltre 2,5 milioni di euro.

Il piano prevede la distribuzione sia di kit per alloggi temporanei (teloni, corde, materassini, coperte) sia materiale igienico-sanitario e generi non alimentari di prima necessità (lampade a energia solare, pentole e utensili da cucina; pastiglie per la potabilizzazione dell’acqua). L’intervento è rivolto alle famiglie le cui abitazioni sono crollate o gravemente danneggiate.

 

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Le Caritas di Perugia, Terni, Foligno e Spoleto all’incontro nazionale sugli Empori https://www.lavoce.it/le-caritas-di-perugia-terni-foligno-e-spoleto-allincontro-nazionale-sugli-empori/ Thu, 14 May 2015 14:55:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=33417 L'emporio di Perugia
L’emporio di Perugia

L’ultima forma di aiuto-sostegno umano e materiale alle persone in difficoltà, alquanto innovativa per certi aspetti pastorali e pedagogici, è l’Emporio della Carità. Si tratta di un’esperienza che, a partire dagli anni 2006-2007, quindi prima della grave crisi economica, si sta diffondendo sempre più tra le 220 Caritas diocesane d’Italia. Basti pensare che attualmente sono oltre 50 le Caritas in cui è attivo almeno un Emporio.

In Umbria, lo ricordiamo, le Caritas diocesane che l’hanno realizzato sono quelle di Città di Castello, Foligno, Perugia e Terni. A breve la Caritas di Assisi aprirà il suo Emporio, mentre quella di Perugia sta pensando di attivarne altri due nelle zone periferiche e a più alta densità demografica. Anche la Caritas di Spoleto è impegnata a portare a compimento il progetto dell’Emporio entro un anno, come opera segno del Giubileo straordinario della Misericordia indetto da papa Francesco.

Proprio a Roma, che si appresta a vivere da “protagonista” questo evento giubilare straordinario, si è svolto, nella giornata del 13 maggio, il primo incontro nazionale di confronto sugli Empori promosso dalla Caritas italiana, che ha visto la partecipazione di un centinaio di operatori e volontari giunti da tutt’Italia. Dall’Umbria erano presenti le Caritas diocesane di Perugia, Terni, Foligno e Spoleto con i propri direttori o con i responsabili degli Empori. Un incontro, commentano gli umbri, molto proficuo e incoraggiante, che ha dato l’opportunità di conoscere altre esperienze presenti un po’ su tutta la Penisola. E’ fondamentale in quest’ambito di servizio avere un confronto operativo-strategico e pastorale per evitare di «cadere nell’autoreferenzialità». L’auspicio è quello di poter dar vita a breve ad un “coordinamento nazionale degli Empori diocesani”, promosso dalla stessa Caritas italiana, per migliorare il servizio dell’Emporio che non è un fine, bensì «uno strumento finalizzato all’uscita dallo stato del bisogno». L’Emporio stesso va vissuto come «uno spazio di accoglienza in cui l’ospite viene accompagnato in un percorso verso l’autonomia e non di mera assistenza alla persona/famiglia in disagio». Con l’Emporio si supera anche il concetto dell’aiuto alimentare limitato alla distribuzione del “pacco viveri”, dando più dignità alle persone in difficoltà nel momento in cui hanno l’opportunità di scegliere i prodotti, come se stessero facendo la spesa in un supermercato.

Inoltre, è emerso dall’incontro che l’Emporio crea un maggiore coinvolgimento degli altri Uffici diocesani operanti nel sociale, dando vita a una rete animata da volontari ben motivati e formati. La realtà degli Empori favorisce anche il coinvolgimento di diversi soggetti territoriali sia pubblici che imprenditoriali. Gli Empori organizzano anche corsi di formazione per i fruitori e per gli operatori, oltre a diventare sempre più spesso punti di riferimento didattico-educativo per le scuole.

L’esperienza dell’Emporio della Caritas perugina ha contribuito alla giornata romana ponendo l’accento su temi riguardanti la semplificazione delle procedure burocratiche legate all’apertura e alla gestione degli Empori. Da un punto di vista operativo, dare la possibilità di snellire l’iter per il recupero e la successiva distribuzione dei generi alimentari invenduti. Nello specifico, la Caritas di Perugia ha fatto riferimento ai prodotti da forno come il pane, per il quale attualmente sono presenti delle difficoltà per il suo recupero.

Proprio su questo delicato aspetto è stato annunciato, durante l’incontro, il varo di un manuale di corretta prassi igienica e sicurezza degli alimenti gestiti dalle organizzazioni caritative ai fini di solidarietà sociale. Questo manuale, che sarà ultimato entro la fine di maggio e poi presentato al Ministero della Salute per la sua “validazione”, è redatto dalla Fondazione Banco Alimentare e dalla Caritas italiana per supplire al «vuoto normativo nazionale» sul recupero e distribuzione gratuita degli alimenti. A tutt’oggi, come la stessa Caritas di Perugia ha evidenziato, per aprire un Emporio occorre seguire in gran parte l’iter burocratico per l’apertura di una comune attività commerciale.

Dai vari interventi è emerso anche che la gran parte dei prodotti presenti negli Empori riguardano generi alimentari a breve e a lunga scadenza e per l’igiene personale e della casa. Le modalità di accesso agli Empori variano da Caritas a Caritas, ma nella maggioranza dei casi avviene con il rilascio di una tessera a punti da scalare nell’arco di 6-12 mesi a singoli o a nuclei familiari in difficoltà economiche segnalati dai Centri di Ascolto diocesani o parrocchiali e in diverse Diocesi anche dai Servizi sociali degli Enti pubblici territoriali.

 

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Terremoto in Nepal, gli aiuti di Caritas e Cei https://www.lavoce.it/terremoto-in-nepal-gli-aiuti-di-caritas-e-cei/ Thu, 30 Apr 2015 12:04:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32378 La devastazione in seguito al terremoto di magnitudo 7,9 cha ha colpito il Nepal
La devastazione in seguito al terremoto di magnitudo 7,9 cha ha colpito il Nepal

È una sorta di India minore in cui convivono pacificamente tutte le religioni; illuminata dai sorrisi del suo popolo, povero ma dignitoso, e dallo splendore stupefacente dei suoi templi buddisti e induisti, dei suoi monumenti, delle sue montagne e della natura spettacolare.

Ora in Nepal ci sono lacrime, cadaveri sotto le macerie o sulle pile di legna per la cremazione, distruzione ovunque, migliaia di feriti negli ospedali già allo stremo e centinaia di migliaia di persone senza tetto che hanno urgente necessità di assistenza umanitaria.

Il Governo ha stimato finora oltre 4.300 morti, ma la Caritas ne teme oltre 6.000, e la popolazione parla addirittura di 10-15 mila vittime. Perché molti villaggi vicini alla zona dell’epicentro del terremoto di sabato, di magnitudo 7,8 della scala Richter, non sono stati ancora raggiunti dai soccorsi. Oltre alla nota Durbar Square di Katmandu – dove si affacciava ogni giorno la Kumari, la dea bambina istruita fin da piccola a fare la vita di una divinità – sono state completamente distrutte anche città storiche bellissime, come il piccolo centro di Baktapur, che sembrava un gioiellino medievale fatto su misura per i viaggiatori che fuggivano dall’inquinamento della capitale, e Patan, la più antica tra le città reali nella valle di Kathmandu.

A Pokhara, la cittadina da cui si partiva per le escursioni sull’Himalaya, c’è ancora ansia e panico per i tanti alpinisti dispersi. Nel dramma della popolazione, come già avvenuto durante lo tsunami del 2004, sono infatti rimasti coinvolti anche i turisti, degli alpinisti, ecco perché l’attenzione dei media è ancora così alta. Al momento sono morti tre italiani, altri tre risultano dispersi.

L’aeroporto di Katmandu è ancora inagibile, alcuni ponti sono crollati e molte vie di comunicazione sono interrotte, manca l’acqua e l’energia elettrica, come spesso capita in queste drammatiche catastrofi naturali. Domenica Papa Francesco ha assicurato “vicinanza alle popolazioni colpite”, preghiera “per le vittime, per i feriti e per tutti coloro che soffrono a causa di questa calamità” e ha chiesto la mobilitazione della comunità internazionale perché “abbiano il sostegno della solidarietà fraterna”.

La Cei è subito intervenuta con uno stanziamento di 3 milioni di euro dai fondi 8xmille, che arriveranno tramite mons. Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in India e Nepal.

La rete Caritas si è immediatamente attivata per gli aiuti, anche se in condizioni difficilissime. Piove e la notte fa molto freddo. “Ho visto – racconta padre Pius Perumana, direttore di Caritas Nepal – tantissima distruzione, edifici completamente collassati e corpi per strada. Le persone sono ancora intrappolate sotto gli edifici, e non sappiamo se sono vivi e morti. Abbiamo bisogno soprattutto di alloggi: i bambini dormono ancora all’addiaccio”.

Katmandu è già invasa dalle tendopoli dei senza tetto, che hanno bisogno di tutto. “Speriamo di tornare presto alle nostre case” dice Magdalene Thakuri, 54 anni, ospitata con altre famiglie nella chiesa dell’Assunzione. Santos Kumash Magar, 29 anni, insegnante, racconta di essersi salvato insieme agli abitanti del suo villaggio perché erano tutti andati all’ordinazione di nuovi sacerdoti a Okhaldhunga, in una zona remota del Nepal orientale: “È stata un’esperienza terribile. Tornando verso casa, ho visto distruzione ovunque”.

È stato inviato un team di esperti in supporto a Caritas Nepal, soprattutto da Caritas India, e dalla sezione indiana del Crs, la Caritas americana”, informa Fabrizio Cavalletti, responsabile dell’ufficio Asia di Caritas italiana. Anche Caritas Bangladesh ha offerto il suo contributo. “Sono già in distribuzione tende, teli per ripari temporanei, coperte, cibo e kit igienici. Pur essendo una realtà piccola, Caritas Nepal riesce ad avere uno sguardo su tutto il Paese”.

La priorità rimane la ricerca dei sopravvissuti e l’assistenza ai senzatetto con beni di prima necessità, soprattutto acqua e materiale igienico sanitario. Vi è una preoccupazione particolare per la fasce più vulnerabili, come minori, anziani, disabili.

Caritas italiana ha messo a disposizione un primo contributo di 100 mila euro e, grazie anche ai suoi operatori nell’area, resta in costante contatto con le Caritas dei Paesi colpiti. A breve invierà una sua missione in zona per verificare i danni e stabilire un piano d’azione.

Accanto alla immediata mobilitazione delle Caritas asiatiche, le più vicine ai luoghi del disastro, anche l’Europa non manca di dare il suo contributo. Mobilitato il Cafod (la Caritas inglese) e Caritas Germany, che manderanno propri specialisti nel settore water and sanitation (acqua e servizi igienici). Secours Catholique – Caritas France ha immediatamente devoluto un primo aiuto di 50 mila euro e ha lanciato una raccolta di fondi. Anche Caritas svizzera ha già versato 500 mila franchi in aiuto dei terremotati.

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Foligno. L’inaugurazione della nuova bibioteca Caritas sulle orme di Mandela https://www.lavoce.it/foligno-linaugurazione-della-nuova-bibioteca-caritas-sulle-orme-di-mandela/ Fri, 02 May 2014 12:02:24 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24611 Nelson Mandela
Nelson Mandela

La riapertura della nuova biblioteca multiculturale della Caritas diocesana è oramai alle porte. La biblioteca – chiusa da alcuni mesi per rifarsi il trucco e creare un ambiente più ospitale per l’utenza – è oramai pronta a ripartire con un patrimonio librario accresciuto ed in crescita tra cui spicca la nuova sezione dedicata a Nelson Mandela, l’illustre figura che ha ispirato i giovani ideatori del logo della biblioteca (Matteo Silvi e Ambrogioni Armando). Sì, perché è proprio lo spirito di Madiba quello che meglio di tutti riassume i valori che la biblioteca si prefigge di veicolare con questo suo servizio. A ricordare la sua figura, il 3 maggio arriva l’ambasciatrice della Repubblica Sudafricana Nomatemba Tambo, figlia del noto leader del Movimento Anti-apartheid Oliver Tambo, eclettica di formazione, diplomata in Recitazione alla Royal Academy di Londra e plurilaureata in Storia, Inglese e Costituzione inglese. Ad aprire le danze sarà invece il Foligno Rugby, sempre sabato 3 maggio, alle ore 15 con un momento di rugby dedicato ai bambini in tributo all’uso che Mandela fece di questo sport. Alle ore 16, presso il chiostro di San Giacomo seguirà la tavola rotonda “Ama il tuo nemico: la lezione di Mandela” moderata dal prof. Roberto Segatori (Università di Perugia) con gli interventi del direttore di Caritas italiana don Francesco Soddu, del prof. Mario Aurelio Di Greogorio (Università de L’aquila – University Cape Town), dell’ambasciatrice sudafricana e del direttore della Caritas diocesana di Foligno Mauro Masciotti. Al termine della tavola rotonda è previsto un momento di festa per tutti presso gli adiacenti locali del rione Pugilli con la presenza dei tamburini rionali e con musica e cibo africani. Una menzione speciale merita infine la nuova sezione per bambini della biblioteca “Mandela” che molto deve alle mirabili illustrazioni della disegnatrice folignate Francesca Greco. La sezione è interamente allestita all’interno di un camper che stazionerà nella piazza antistante la biblioteca il giorno dell’inaugurazione. Nelle settimane a seguire il Bibliobus farà tappa nelle scuole e nelle parrocchie della diocesi. Per prenotarlo presso la propria scuola sarà sufficiente scrivere a biblio@caritasdiocesanafoligno.it. La giornata del 3 maggio sarà inoltre presenziata anche dal Vescovo della Diocesi di Foligno e dalle autorità cittadine. A chiudere il cerchio, una mostra sull’Apartheid e sulla figura di Mandela (a cura dell’Associazione Benny Nato) che verrà ospitata, anche per visite scolastiche, nella nuova aula-studio della Biblioteca dal 3 al 10 maggio.

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Caritas Gerusalemme: progetto di gemellaggi con l’Italia https://www.lavoce.it/caritas-gerusalemme-progetto-di-gemellaggi-con-litalia/ Thu, 03 Apr 2014 15:37:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24111 Centro di ascolto Caritas a Gerusalemme (Città Vecchia), foto di Katie Orlinsky-Caritas 2010
Centro di ascolto Caritas a Gerusalemme (Città Vecchia), foto di Katie Orlinsky-Caritas 2010

“L’Umbria con i cristiani dimenticati della Terra Santa” era il titolo dell’incontro tenutosi a Perugia mercoledì, 2 aprile, con il direttore della Caritas di Gerusalemme, padre Raed Abusahlia. Scopo era presentare il progetto “Gemellaggi e pellegrinaggi” lanciato dalla Caritas di Gerusalemme per venire incontro ai cristiani di Terra Santa, ond’evitare che emigrino in massa in cerca di migliori fortune. Alla conferenza stampa erano presenti anche Marco Vinicio Guasticchi e Flavio Lotti, rispettivamente presidente e direttore del Coordinamento nazionale enti locali per la pace e i diritti umani, che ha organizzato l’evento, e padre Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi. L’incontro con padre Abusahlia, in qualche modo preparatorio alla visita di Papa Francesco in Terra Santa il 24-26 maggio prossimi, ha rafforzato i legami di collaborazione della nostra regione con gli strati più disagiati della popolazione di Terra Santa, sia per offrire sostegno di tipo economico sia per contribuire al processo di pace. In concreto, si tratta delle 15 parrocchie cristiano-palestinesi che sorgono nel territorio compreso tra Gaza e Gerusalemme. Il “Progetto di gemellaggio e pellegrinaggio” si rivolge però non alla sola Umbria ma all’intera Chiesa italiana, e consta dei seguenti punti. Si propone anzitutto un gemellaggio di ciascuna delle 15 parrocchie palestinesi con una diocesi del nostro Paese; a fare da tramite sarà l’ufficio Caritas o l’ufficio Pellegrinaggi della diocesi interessata, mentre farà da “facilitatore” la Caritas di Gerusalemme. Quest’ultima si impegna a fornire alla Caritas italiana un rapporto annuale sulle necessità più urgenti, in particolare relative a scuola, povertà, anziani, disoccupati, malati, disabili. Il suggerimento è di organizzare ogni anno in Italia una raccolta di offerte per le parrocchie di Terra Santa; il denaro confluirà in un Fondo speciale di ogni Caritas parrocchiale palestinese. Ogni parrocchia fornirà ogni anno una relazione dettagliata sull’utilizzo dei fondi. Inoltre, Caritas Gerusalemme invita le diocesi italiane a privilegiare la Terra Santa tra le mete dei propri pellegrinaggi, senza contare la possibilità di scambi di visite in cui coinvolgere soprattutto i giovani. Per seguire queste varie attività tra Italia e Gerusalemme verrà nominato un coordinatore ad hoc. Caritas Gerusalemme è stata fondata nel 1967 all’indomani della Guerra dei sei giorni; oggi si prende cura di circa 30.000 persone di ogni appartenenza religiosa, che risiedono a Gerusalemme, nella Striscia di Gaza e nei Territori occupati. Gestisce 6 dipartimenti: servizi sociali, centri medici, micro-credito, giovani, sviluppo, comunicazione.

Cattolici di Terra Santa

Le parrocchie cattoliche di Terra Santa fanno parte di un’unica diocesi che si estende su tre aree geopolitiche: Israele (17 parrocchie), Territori palestinesi (15), Giordania (35). Caritas Gerusalemme è responsabile principalmente delle parrocchie di Palestina. Sono comunità grandi o piccole, che abbracciano le diverse tradizioni della Chiesa cattolica, non solo quindi quella di rito latino ma anche le varie espressioni della Chiesa cattolica di rito orientale: maronita, greco-melchita, armena, siriana, caldea. “Caritas Gerusalemme – scrivono – sta passando giorni dolorosi. Facciamo del nostro meglio per raggiungere il maggior numero di persone possibile, ma non abbiamo alcun reddito stabile”.

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Le novità future https://www.lavoce.it/le-novita-future/ Thu, 03 Apr 2014 14:41:56 +0000 https://www.lavoce.it/?p=24090 La platea durante il convegno
La platea durante il convegno

Venerdì 28 marzo scorso si è svolto a Cannaiola di Trevi il convegno degli operatori delle Caritas parrocchiali dell’archidiocesi di Spoleto-Norcia. Più di duecento le “sentinelle della carità” che hanno accolto l’invito dell’arcivescovo mons. Renato Boccardo e del direttore della Caritas diocesana Giorgio Pallucco. L’incontro è stato avviato dalla Lectio divina tenuta dal Vescovo sul Vangelo di Marco (capitolo 7, versetti 24-30) dal tema “Fede e compassione”. È poi seguito l’intervento di Ignazio Punzi, collaboratore di Caritas italiana per la formazione degli operatori dei Centri di ascolto, che ha parlato sul tema: “Il tempo della crisi o il tempo della speranza? Il ruolo del volontario Caritas”. Ha preso poi la parola il direttore della Caritas Giorgio Pallucco, che ha ricordato ai presenti le attività. “Siamo una piccola Caritas diocesana – ha detto – Abbiamo un Centro di ascolto, due opere segno (la Casa Famiglia Oami di Baiano e la Mensa della Misericordia), un servizio di assistenza spirituale e di sostegno materiale e morale ai detenuti, un servizio di consulenza legale ai cittadini immigrati, servizio di facilitazione (non intermediazione) dell’incontro tra domanda ed offerta nel settore dell’assistenza alla persona, gli strumenti di sostegno economico alle famiglie in difficoltà (Fondi di solidarietà)”. Pallucco ha poi sottolineato la forza delle Caritas zonali (9 interparrocchiali e 7 parrocchiali) che nel 2013 hanno distribuito alimenti, una volta al mese, a 427 famiglie”. Ha poi illustrato ai presenti alcune novità tra cui alcune offerte di collaborazione da parte di soggetti istituzionali desiderosi di aprirsi al territorio e di contribuire ad affrontarne i problemi legati alla povertà. “Insieme a Confindustria Spoleto-Valnerina, al Lions Club Spoleto e ad alcune famiglie del territorio – ha detto – abbiamo iniziato a lavorare ad un progetto, di lungo-medio periodo, per la realizzazione di un Emporio della solidarietà. Altro progetto è quello dell’Ambulatorio medico della carità: “Sono sempre di più coloro che ci chiedono aiuto per pagare i farmaci – ha sottolineato ancora – i ticket sulle prestazioni specialistiche e sulle analisi del sangue. Vogliamo chiedere ai medici del territorio di mettersi a disposizione per visite generiche e specialistiche in favore di chi non ha la possibilità di pagarsele o che non può aspettare mesi per l’accesso al sistema pubblico. In ultimo, Pallucco ha segnalato un’iniziativa degli studenti dell’Istituto industriale di Spoleto i quali, recuperando 700 bottiglie di plastica, vi hanno poi coltivato radicchio. Ogni settimana donano una cassa di radicchio alla Mensa della Misericordia. Il pomeriggio si è concluso con la celebrazione della messa presieduta dall’Arcivescovo nel santuario del beato Pietro Bonilli.

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