blasfemia Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/blasfemia/ Settimanale di informazione regionale Tue, 04 Aug 2015 08:26:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg blasfemia Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/blasfemia/ 32 32 Amanti della verità e della tolleranza https://www.lavoce.it/amanti-della-verita-e-della-tolleranza/ Fri, 20 Feb 2015 11:49:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30416 Senza alcun rimpianto, il Carnevale è passato. Forse solo i bambini ne hanno potuto godere per un attimo della loro vita spensierata e ignara. La Quaresima ci riporta al senso del reale, e potrà forse rasserenarci alquanto nella meditazione dei grandi misteri della vita e della storia. La cenere sparsa sul capo dei fedeli è un velo sottile di tristezza. La violenza – che assume, ogni giorno di più, tinte fosche di atrocità sfacciata ed esasperata – rischia di esasperare gli animi. La guerra di aggressione dell’Isis si fa più acuta e vicina, più minacciosa, e diretta anche verso l’Italia. Ritorna in circolo la parola “guerra” non solo per esecrarla, ma per legittimarla (p.es. Galli Della Loggia, Corriere della sera, 15 febbraio). L’aggressività difensiva e punitiva conquista il sentimento di molta gente. Un giovane signore, ben distinto e ben messo socialmente, mi ha detto: “Dio mi perdoni, ma io quella gente lì la strozzerei con queste mie mani”. Si parlava degli assassini dei 21 cristiani copti egiziani decapitati. Barbaramente uccisi “solo perché cristiani”, come ha amaramente commentato il Papa. Ripetevano: “Gesù, aiutami!”. L’Italia – che potrebbe essere costretta a decisioni drammatiche per evitare che la violenza, come un incendio, divampi dal Nord Africa alle coste del nostro Sud – sta facendo una guerra anch’essa vicina e preoccupante: guerra di carte, di cavilli, di procedure, di parole, di regole di buona educazione democratica… diciamo pure: di nulla, di vuoto, di problemi lontani dalle esigenze reali e concrete, e tuttavia tutto ciò è necessario per fare un passo avanti nel cammino di riforme del nostro Paese. Guerra con ‘assalto’ alla Presidenza della Camera dei deputati, saltando sui banchi e prendendosi a pugni. Fuori da ogni buon senso e da ogni razionalità. Si litiga per l’orgoglio frustrato di partiti e di personaggi indisposti a cedere il passo.

Qualcuno a Ballarò di martedì scorso ha detto: “Come si può pensare che una classe politica dirigente di questo tipo possa affrontare un conflitto bellico vero e proprio?”. Ma in questi giorni c’è stato anche un altro richiamo di attenzione, almeno per coloro che seguono la storia delle idee e dei movimenti sociali e culturali. Noi cristiani, soprattutto laici impegnati e maturi, e anche i mass media d’ispirazione cristiana, siamo costretti a farlo. Ebbene, il richiamo viene da un gruppo di affiliati alla massoneria sotto l’egida dell’Accademia dei Filaleti, (Corriere dell’Umbria, 15 febbraio; vedi anche Il Sole 24 Ore, stessa data), i quali hanno rievocato la figura di Giordano Bruno, bruciato vivo in Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600 con l’accusa d’essere eretico, sostenitore di idee anticattoliche. Invitato per un lungo periodo a rivedere le sue posizioni, e dopo un processo durato anni, rifiutò ogni suggerimento e minaccia, e sfidò i suoi giudici esaltandosi con quegli “eroici furori” che lo hanno fatto diventare il paladino del libero pensiero. La Chiesa, che all’epoca aveva il potere temporale e si comportava secondo le leggi del tempo, ha poi considerato questa condanna come un errore, e ha compiuto un lungo percorso di correzione fino giungere, a metà del XX secolo, con il Concilio Vaticano II, a emanare una dichiarazione sulla libertà di coscienza (Dignitatis humanae, 1965). In Europa il problema non esiste, anzi esiste un problema di segno opposto: l’eccesso di una libertà sfrenata e assoluta che nega ogni principio di vita e di fede, e finisce per negare se stessa.

I laici “amanti della verità” (Filaleti) e moltissimi membri delle associazioni e delle Logge un compito comunque ce l’hanno, e hanno un enorme campo d’azione davanti a loro. Una missione storica: vadano come ‘missionari laici’ del libero pensiero a insegnare la tolleranza e il diritto alla libertà di pensiero, di parola, di associazione, di stampa, di poter cambiare l’appartenenza religiosa, a tutte quelle popolazioni genericamente di religione e cultura musulmana che hanno nelle loro leggi e nel sentire profondo un grande senso dei doveri verso Dio e verso la religione, ma puniscono la blasfemia, l’apostasia e ogni altra parola e azione che suoni offesa a Dio e al suo Profeta. In questa direzione potranno usufruire degli esempi del passato, anche remoto, per un fine serio, culturale, sociale e politico; altrimenti, ritornare con enfasi e retorica trionfalistica a fatti accaduti 415 anni fa è solo una “discussione accademica”.

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IRAQ. Il Califfato islamista crocifigge i cristiani https://www.lavoce.it/iraq-il-califfato-islamista-crocifigge-i-cristiani/ Thu, 31 Jul 2014 17:06:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27314 Siria--crocifissioni-in-piazzaLe terrificanti fotografie dei crocefissi che in Rete si possono osservare, indubbiamente non sono che una spia degli orrori che, costantemente, vengono perpetrati. Se ci si interroga sul perché, dall’indignazione si passa allo sgomento, forse anche al panico.

Oggi, in un mondo che si afferma civile e libero, in cui tutti possono vivere senza dover rendere conto a nessuno e a nessuna istituzione del proprio credo, come siamo giunti a simili efferatezze? È purtroppo ben noto che guerra è guerra.

Altrettanto ben noto però è che esistono diritti civili e umani che devono essere rispettati, con garante l’Onu. Prendere di mira i cristiani, una minoranza e di ben poco “pregio” economico e sociale, conduce a pensare che l’odio abbia altre valenze, e ben forti. Il fondamentalismo, crudele e dissennato, che caratterizza il Califfato riporta tristemente alla memoria i tempi del nazismo, che credevamo assorbiti dalla nostra coscienza storica e umana. Se si osserva la carta geografica che il Califfato espone agli occhi di tutti come proprio programma di conquista europeo, si nota che la macchia nera dilaga, copre e distrugge. Non è l’avanzata di una civiltà ma di una a-civiltà che distrugge, dal di dentro, la stessa civiltà mussulmana.

Non siamo solo noi cristiani a sussultare e a vergognarci quando vediamo un uomo crocifisso, ma anche i fratelli musulmani che vivono la parola del profeta Maometto, in libertà di spirito e in accettazione di religioni diverse. La persecuzione in atto non si fermerà: ora tocca a noi cristiani, poi ai musulmani che non si adegueranno, poi toccherà agli ebrei, poi ancora a ogni singola persona che non si pieghi sotto il piede di ferro del Califfo.

Proprio perché anche noi cristiani abbiamo, in altri secoli, perseguitato gli ebrei in nome del Vangelo e del messaggio del Crocifisso, avvertiamo una sensibilità più dolente nel constatare che il detto historia magistra vitae proprio non calza. Non abbiamo insegnato niente con la nostra richiesta di perdono. Gli impulsi umani peggiori, quelli che dimorano celati e sommersi nell’animo di ogni persona umana – quelle tenebre che C. G. Jung aveva indicato – si scatenano e si avventano, pretestuosamente, sui fratelli e sulle sorelle. Crocifiggere una persona è un crimine simbolico che vuole gettare discreto sulla religione e su Gesù Cristo stesso.

L’islam che condanna per blasfemia, non considera ugualmente blasfemo questo gesto? Stiamo diventando martiri insieme: anche i musulmani vengono crocefissi perché ritenuti traditori. Il vilipendio della Croce diventa segno di comunione nell’orrore. Scelta di disprezzo che vuole disonorare; per i cristiani, splendente segno di sommo Amore. Noi tutti insieme, cristiani e musulmani, possiamo essere luce, essere Amore.

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In 30.000 per salvare Asia Bibi https://www.lavoce.it/in-30-000-per-salvare-asia-bibi/ Fri, 15 Mar 2013 15:26:41 +0000 https://www.lavoce.it/?p=15609 asia-bibi-proteste-blasfemiaDal giugno 2009 Asia Bibi, giovane cristiana accusata di aver offeso il “profeta Maometto”, si trova in una cella senza finestre, in attesa della condanna a morte. Ma non ha smesso di sperare: “Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli, e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro”. Per sostenere la liberazione di Asia Bibi, il quotidiano Avvenire ha lanciato una petizione che ha superato le 30.000 sottoscrizioni. Impacchettate in due scatoloni, le firme sono state consegnate il 6 marzo a Tehmina Janjua, ambasciatore della Repubblica islamica del Pakistan in Italia. Ne parliamo con Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.

Com’è nata l’idea della raccolta firme?
“Già da due anni e mezzo abbiamo scelto di porre un ‘bollo’ nella pagina degli editoriali e sul sito internet con lo slogan ‘Salviamo Asia’, per ricordare a tutti una vicenda che stenta a trovare la luce dei riflettori. L’8 dicembre 2012 abbiamo pubblicato come editoriale della prima pagina la lettera scritta dal carcere ai suoi familiari: una testimonianza straordinaria per intensità, bellezza e dolore. Questo editoriale ha suscitato numerose lettere di risposta. La campagna è partita quasi da sola, perché abbiamo ritenuto che valesse la pena dare un seguito a questo movimento dal basso. Ci siamo offerti come punto di raccolta”.

Chi ha aderito alla campagna?
“Tanta gente semplice, uomini e donne di Dio, persone consacrate, intellettuali, scrittori, giornalisti, uomini e donne del mondo dello spettacolo. Un universo di persone trasversale anche dal punto di vista religioso, con firme che sono arrivate da personalità legate al mondo islamico ed ebraico. Anche alte cariche istituzionali, a cominciare dal messaggio del presidente del Consiglio Mario Monti e dai presidenti dei due rami del Parlamento, Gianfranco Fini e Renato Schifani. Tuttavia la petizione ha soprattutto parlato al cuore dei cristiani italiani e stranieri”.

Com’è la situazione in Pakistan?
“Abbiamo lanciato questa campagna con un sentimento di rispetto e di amicizia verso un grande Paese, che nasce da un anelito alla convivenza tra religioni diverse. Era questo uno degli ideali dei Padri fondatori. Per anni, pur con le difficoltà tipiche di una società a forte maggioranza islamico-sunnita, si è proceduto con passo sicuro in avanti. Un traguardo ottenuto anche grazie all’iniziativa delle minoranze, che hanno saputo riunirsi attorno a quella straordinaria figura che è stata Shahbaz Bhatti, il ministro per le minoranze che ha perso la vita per aver difeso Asia Bibi”.

Cosa vi è stato detto dall’ambasciatore del Pakistan in Italia?
“Abbiamo consegnato gli scatoloni con le lettere cartacee e in formato digitale. L’ambasciatore si è impegnato con noi a farle avere alle autorità del suo Paese, attraverso il ministero degli Affari esteri e la Presidenza della Repubblica”.

Le autorità italiane ed europee si stanno ancora interessando al caso di Asia Bibi?
“La questione è stata al centro dell’ultimo incontro tra i ministri degli Affari esteri italiano e pakistano. Anche le autorità europee hanno battuto un colpo trovando il coraggio che a lungo l’Europa non ha avuto. Per anni abbiamo registrato l’incapacità di aggiungere l’aggettivo ‘cristiano’ alle persecuzioni in atto contro le minoranze nel mondo, perché non si aveva il coraggio di affermare che si parlava di minoranze cristiane”.

La persecuzione dei cristiani è una ferita profonda per la Chiesa…
“Noi che viviamo in un Occidente in pace apparente, perché insidiato da altri pericoli e guerre contro la visione cristiana della vita, sentiamo lontane tante realtà che invece ci riguardano da vicino. Il cattolicesimo, che oggi è la religione di circa un miliardo e 200 milioni di persone sulla faccia della terra, ha quasi un miliardo di fedeli che vivono lontano dall’Europa, in condizioni spesso critiche. Ci sono Chiese che crescono nel sangue dei martiri e vivono questa condizione con una forza, una speranza e una tenacia che può insegnare molto a noi cristiani e cattolici di più antica tradizione. Aprire gli occhi su questi casi ci aiuta a capire meglio che cosa significa essere cristiani”.

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Il Natale di Asia Bibi nel braccio della morte https://www.lavoce.it/il-natale-di-asia-bibi-nel-braccio-della-morte/ https://www.lavoce.it/il-natale-di-asia-bibi-nel-braccio-della-morte/#comments Fri, 21 Dec 2012 18:45:08 +0000 https://www.lavoce.it/?p=14344 Asia Bibi, la cristiana, madre di tre figli, condannata a morte in Pakistan con l’accusa di blasfemia, avrebbe potuto lasciare il carcere e vivere se solo avesse accolto l’offerta del giudice di convertirsi all’islam. Ma lei ha risposto di preferire di vivere in prigione da cristiana che libera da musulmana.

Questa donna è in carcere condannata a morte a causa di quel Bambino che mettiamo nella culla del presepe in questi giorni.

L’abitudine a celebrare il Natale porta con sé il rischio di dimenticare il perché della festa. Da anni ormai autorevoli commentatori sottolineano lo svuotamento del significato religioso, nel mutare di personaggi e parole. I regali, per esempio, una volta li portava Gesù Bambino, il “dono” più grande che Dio abbia fatto agli uomini. Oggi nell’immaginario dei bambini esiste solo Babbo Natale, il personaggio che viene dai Paesi del Nord (dove a portare i doni, prima di Natale però, è san Nikolaus, ovvero san Nicola).

Tanti piccoli fatti che stanno trasformando l’Evento che ha cambiato il corso dell’umanità in uno dei tanti eventi che il business offre a ogni stagione.

Difficilmente troveremo qualcuno disposto a perdere la propria libertà, o la propria vita, per difendere la sua ‘fede’ in Babbo Natale!

Però ci sono nel mondo molte persone in prigione o condannate a morte perché non rinunciano nella loro fede in Gesù, in quel Bambino che la nostra società opulenta e democratica ha trasformato in un dolce e forte simbolo dell’amore, sì, ma un amore tutto umano.

Nel frattempo, non tutto il mondo si dimentica del caso di Asia Bibi. Il 15 dicembre si è tenuta a Madrid la cerimonia di consegna dei premi “HO 2012” attribuiti dalla piattaforma Hazteoir.org, da anni impegnata a favore della vita, della maternità, dei diritti umani. Tra i premiati c’è anche lei, come simbolo della libertà religiosa. A ritirare il premio è stato il marito Asiq Mashi, che è giunto in Spagna con la figlia maggiore Sidra e con il presidente della fondazione educativa nella quale lavora e dove studiano i suoi figli. “Questo – ha detto il marito – sarà il quarto Natale con Asia nel ‘braccio della morte’, ma non perdiamo la speranza di vederla di nuovo libera”.

Il quotidiano Avvenire si fa portavoce dell’appello per la liberazione di Asia Bibi al presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari. È possibile scrivere all’indirizzo e-mail asiabibi@ avvenire.it (inserendo i propri dati anagrafici completi) per aderire all’iniziativa, sollecitando un intervento a favore di Asia Bibi.

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Il Consiglio ecumenico delle Chiese cristiane combatte la legge anti-blasfemia in Pakistan https://www.lavoce.it/il-consiglio-ecumenico-delle-chiese-cristiane-combatte-la-legge-anti-blasfemia-in-pakistan/ Thu, 30 Aug 2012 13:24:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=12557 Una conferenza internazionale promossa dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc) su “L’uso improprio della legge sulla blasfemia e le minoranze religiose in Pakistan” si terrà dal 16 al 19 settembre a Ginevra presso la sede del Wcc. I partecipanti saranno anche ricevuti nel Palazzo delle nazioni per un momento di confronto con l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. “È da un quarto di secolo – si legge in un documento del Wcc diffuso a corredo della conferenza – che le minoranze religiose in Pakistan stanno vivendo in uno stato di paura e terrore, da quando la legge sulla blasfemia è diventata una fonte di attrito tra la maggioranza del Paese – i musulmani – e le comunità religiose di minoranza, cioè cristiani, hindu e ahamadiya. Molte vittime della legge hanno dovuto chiedere asilo in Paesi all‘estero per la loro sicurezza. Altri sono costretti a vivere in clandestinità”. Nel documento si ricorda che il Consiglio ecumenico delle Chiese “ha ripetutamente chiesto al Governo del Pakistan di abrogare le sezioni 295 B e C del Codice penale, che riguardano la legge sulla blasfemia, e ha sottolineato che questi sviluppi sono in violazione dell’articolo 36 della Costituzione del 1973 che riconosce e protegge le minoranze in Pakistan”. Lo scorso anno, nel mese di dicembre, il Wcc ha organizzato una visita in Pakistan per testimoniare solidarietà verso i cristiani che vivono nel Paese. La visita includeva un incontro con le Chiese e la società civile, nonché un incontro con il primo ministro del Pakistan. Per ora la situazione rimane tesa.

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In ascolto della voce dei poveri https://www.lavoce.it/in-ascolto-della-voce-dei-poveri/ Thu, 25 Nov 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8944 La Caritas diocesana invita per il prossimo Avvento a una riflessione sul versetto del Magnificat: “Ha ricolmato di beni gli affamati”. Esso evidenzia la gioia di Maria di fronte all’iniziativa di Dio che si prende cura dei poveri e richiama al grande dono che Dio ci fa attraverso il pane eucaristico, facendoci sperimentare la dignità di essere suoi figli, continuando a dedicare tutta l’attenzione ai poveri perché c’è fame di speranza, di prospettive, di riconoscimento, di liberazione, di giustizia.

L’esortazione a essere “eucaristici”, pertanto, non è un semplice invito morale rivolto a singoli individui, è molto di più: è l’esortazione a partecipare al dinamismo stesso di Gesù che offre la sua vita per gli altri. In particolare un primo momento di preghiera e approfondimento è in programma per sabato 4 dicembre dalle ore 9.30 presso la chiesa di Santa Maria di Testaccio a Narni con la meditazione guidata da don Tiziano Presezzi e l’intervento di mons. Francesco De Santis, provicario della diocesi, sul tema “Spezzare il pane della Parola e ascoltare la voce dei poveri”, a cui seguirà il confronto attraverso una riflessione comune con tutti i partecipanti e la presentazione di alcune proposte della Caritas. All’incontro sono invitati tutti gli animatori e operatori della carità che svolgono il loro servizio nelle parrocchie, in particolare i componenti delle Caritas parrocchiali e delle associazioni impegnate nella carità.

Un Avvento di carità che si concluderà con la colletta diocesana il cui ricavato verrà destinato a microprogetti per sostenere, le parrocchie più piccole della diocesi, in iniziative destinate alla carità. “Un altro impegno – scrive il direttore della Caritas diocesana Claudio Daminato ai parroci e operatori pastorali – è quello di aderire alle iniziative per la liberazione di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan con l’accusa di blasfemia: ha respinto con forza le pressioni delle sue colleghe perché si convertisse all’islam e ha difeso con forza le ragioni della propria fede.

È necessaria una grande mobilitazione internazionale in nome della libertà religiosa, con l’obiettivo di salvare la vita e restituire la libertà a questa donna così coraggiosa, e di accendere i riflettori dell’opinione pubblica sulle persecuzioni di cui sono vittime in tutto il mondo tanti cristiani a causa della loro fede. La prima iniziativa è l’invito ad una giornata di preghiera a favore dei cristiani perseguitati, e la seconda è quella di aderire alla campagna promossa da Tv2000 inviando un messaggio via sms al numero 331 2933554 o all’indirizzo di posta elettronica salviamoasiabibi@tv2000.it”.

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Un musulmano laico ci sprona https://www.lavoce.it/un-musulmano-laico-ci-sprona/ Thu, 12 Jul 2007 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6006 Ricordo un episodio avvenuto in cattedrale. Dopo un’omelia in cui si metteva in evidenza il silenzioso martirio delle comunità cristiane che vivono in territorio a maggioranza islamica, come piccole isole sperdute in un immenso mare avverso, due signori vennero a ringraziare perché di loro non si parla mai…Questa era ed è la condizione in cui si sono venuti a trovare i cristiani in Medio Oriente dal tempo in cui l’islam si è imposto sul territorio. La condizione prevalente dei cristiani in questi Paesi è stata regolata dallo statuto di dhimmi: cittadini di serie B, protetti e discriminati. In questi ultimi tempi le condizioni si sono aggravate e sono aumentati il sospetto e l’intolleranza. Vi sono situazioni persino tragiche, con il rischio che la presenza cristiana scompaia. Da tale constatazione è nata da Magdi Allam, musulmano laico, vicedirettore del Corriere della Sera e prolifico scrittore, coraggioso nel denunciare il pericolo dell’integralismo islamico, l’iniziativa del 4 luglio scorso che si è svolta in piazza Santi Apostoli a Roma. L’appello da lui lanciato ha fatto breccia nella coscienza di molte persone, offrendo l’occasione per un’ulteriore riflessione e preghiera da parte dei cattolici. È la prima volta che si prende atto, in una manifestazione pubblica e laica, che esistono cristiani che vivono in stato di minoranza, riconosciuti come vittime bisognose di essere difese nei loro diritti di sopravvivenza e di libertà.

I media cattolici da tempo riportano servizi, dichiarazioni, interviste, appelli su questo tema (vedi la prima pagina de La Voce n. 22), ma ci voleva un musulmano da un pulpito laico ad attivare un’attenzione più vasta. In questo modo si possono correre i rischi della strumentalizzazione politica – da qualcuno tentata – e quello di rafforzare la contrapposizione tra due religioni. Il pericolo sembra che sia stato evitato in piazza Santi Apostoli, grazie alla presenza di musulmani laici e moderati, ebrei e cristiani di varie confessioni. È stata inoltre una manifestazione determinata da uno stato di emergenza: il rapimento di padre Bossi nelle Filippine, e soprattutto l’uccisione di padre Ragheed Ganni, prete caldeo di 34 anni ammazzato insieme a tre suddiaconi a Mosul, che ha fatto ripensare a don Andrea Santoro e ad altre vittime cadute per il semplice fatto di essere cristiane. C’è ancora l’emergenza di intere famiglie e comunità costrette dall’emarginazione e dalle minacce a fuggire dalla terra che fu loro e dei loro padri. Certo, per un cristiano, come hanno detto i padri del Pime, confratelli del missionario rapito, è da mettere in conto l’eventualità di essere perseguitato. Da duemila anni la colonna sonora che accompagna il cammino della Chiesa è la parola di Pietro che incoraggia ad essere persino lieti di soffrire per il Vangelo. Gesù inoltre ha detto ai suoi: “Se vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra”. Ma dove?, si domanda il cristiano che vive in Medio e anche in Estremo Oriente. I missionari stranieri devono forse ritornare in patria a ri-evangelizzare i propri concittadini, oppure rimanere in terra islamica come presenze silenziose, secondo la regola francescana o a imitazione di fratel Charles de Foucauld?

Se la predicazione nei Paesi islamici è perseguibile penalmente come blasfemia e proselitismo, e la conversione punibile in quanto apostasia, come si può legittimamente esercitare la missione? Agli abitanti cristiani di quelle terre possiamo offrire solo la prospettiva dell’esilio? Tutta la Chiesa e il mondo che ha il culto della democrazia e della libertà deve porsi questi problemi. Non si possono più far circolare le idee, le fedi, e si deve ritornare al cuius regio eius religio di triste memoria, a dimensione mondiale? La globalizzazione vale solo per lo scambio delle merci? C’è da fare una rivoluzione culturale che abbia come presupposto la libertà religiosa e di coscienza, che tuttavia non imponga il dogma del relativismo come condizione della libertà stessa, come gran parte della nostra secolarizzata cultura occidentale reclama. Su questi temi i cristiani, soprattutto quelli che hanno potere di incidere nella società, dovrebbero prendere la palla al balzo dalle mani di un geniale musulmano laico e giocarla con stile e spirito evangelico, rianimando il sopito movimento ecumenico e interreligioso, purificato da ingenuità e sentimentalismi e bisognoso di un nuovo slancio per provare a salvarci tutti insieme dalla barbarie.

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La vera bestemmia https://www.lavoce.it/la-vera-bestemmia/ Fri, 10 Feb 2006 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4959 Quando un prete viene assassinato mentre prega in chiesa da un giovane che grida Allah Akbar, un prete romano che si è dedicato a cercare dialogo, comprensione tra cristiani e musulmani, non ci sono vignette che tengano. L’assassino si dice, si dirà, è uno squilibrato. E quando vengono assaltate chiese cristiane si dice che è opera di fanatici e quando si fanno azioni di kamikaze contro civili si dice che l’Islam non c’entra, sono espressioni di esasperazione e quando si incendiano ambasciate di Paesi europei si parla di risposta alle provocazioni. Tutto questo per dodici vignette pubblicate da un giornale danese in settembre scorso? Con la stessa logica giustificazionista e assolutoria, tra l’altro, si dovrebbe dire che anche quando qualche vignettista o qualche giornalista, in vena di scherzi, o in stato di astinenza creativa pubblica delle caricature di simboli del mondo musulmano, lo fa per ignoranza, per volgarità d’animo, per puerile voglia di provocare e, pertanto, non rappresenta altri che se stesso. Le ripetute manifestazioni antioccidentali che si ripetono in molti Paesi islamici, non sono fatti occasionali e spontanei di gente offesa da qualcosa che non ha neppure avuto modo di vedere, ma rappresentano uno stato d’animo piuttosto generalizzato di gruppi dirigenti che tendono a coinvolgere le masse soprattutto dei giovani: gruppi di potere che hanno interesse a scaricare tensioni sociali interne ai singoli Stati, determinate dal malessere della popolazione, facendo leva sull’atavico sentimento di diffidenza e sospetto sedimentato nella coscienza collettiva della popolazione musulmana allevata nel grembo dell’Umma.

Queste manifestazioni rivelano anche una crisi di identità del mondo musulmano in generale e uno stato di incertezza all’interno delle singole nazioni, che si cimentano da tempo nel confronto con la modernità. Sono anche espressioni eclatanti di uno stato di sofferenza che assume connotazioni di scontro di civiltà, o inciviltà, come ha detto il vescovo Paglia, amico e compagno del prete romano ucciso. È indubbio che non si dovrebbero coprire di sarcasmo e disprezzo simboli religiosi, per i quali i credenti sono disposti a sacrificarsi. Chi non è credente, l’ateo non dovrebbe bestemmiare per rispetto del credente. Si dovrebbe però soprattutto evitare di offendere quell’immagine suprema di Dio che è la persona umana. L’uccisione di un uomo è la vera bestemmia, il vero delitto di blasfemia. Dell’attuale situazione chi soffre in modo acuto sono i cultori del dialogo tra le religioni e le culture, i timorati di Dio che pregano con cuore libero da odio e rancore, i veri credenti che sanno discernere la parola di Dio che chiama alla verità e all’amore, e comanda di non uccidere, né fisicamente, né moralmente il proprio simile e si scontrano con incomprensioni e irrisioni. Essi però sanno che non ci sono altre strade per evitare guerre, violenze e immani sofferenze all’umanità. Ma la prima condizione per riprendere un sentiero interrotto è evitare la cultura del disprezzo, quella che ha generato le più tragiche aberrazioni.

Vignette e caricature dovrebbero essere gestite all’interno del genere letterario della satira che critica certi aspetti presi di mira, ma solo per far sorridere non per generare odio e disprezzo. E nello stendere il confine si deve tenere conto anche della suscettibilità di colui che è preso di mira. In questo momento offrire appigli agli integralisti e ai fanatici non sembra un’azione nè intelligente nè opportuna.

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