azienda ospedaliera di perugia Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/azienda-ospedaliera-di-perugia/ Settimanale di informazione regionale Sun, 20 Feb 2022 19:01:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg azienda ospedaliera di perugia Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/azienda-ospedaliera-di-perugia/ 32 32 Lotta contro il Covid. Oggi la Giornata nazionale. A Perugia premiati i racconti https://www.lavoce.it/giornata-ringraziare-chi-ha-lottato-contro-covid-iniziative-a-perugia/ Sun, 20 Feb 2022 17:49:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65066

Si è celebrata questa mattina, nella sala dei Notari di Perugia, la Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato istituita con la Legge n. 155 del 13 novembre 2020 “per onorare il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus” Covid19. Per l’occasione l’Azienda Ospedaliera di Perugia ha promosso un momento di ringraziamento al personale impegnato nella lotta al Covid alla presenza della città e delle Istituzioni. Presente anche il Maestro Mogol, promotore, insieme al regista Terzani Ozpetek, della Giornata nazionale del 20 febbraio “per non dimenticare l’impegno profuso sul campo di tutti i sanitari nella lotta alla pandemia”.

Gli interventi della mattina

Il Direttore generale facente funzioni dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, Giuseppe De Filippis, ha aperto la giornata con un saluto rivolto alla città: “Abbiamo deciso di uscire dall’Ospedale e di abbracciare simbolicamente la città di Perugia” che, nella battaglia contro la pandemia da Covid19, “ci ha dimostrato una grandissima solidarietà”. De Filippis ha ricordato i sanitari “che si sono spesi con una dedizione fuori dal comune”, la cittadinanza che “ha lottato insieme a noi”, le Istituzioni che “hanno supportato lo sforzo e il lavoro degli operatori in questi due anni di pandemia” e il “mondo del Volontariato”. Come Commissario per l'emergenza Covid,  ha sottolineato Massimo D'Angelo “ho avuto la responsabilità di prendere decisioni delicate ma sono sempre stato sostenuto da tutti gli operatori, di ogni ambito e disciplina, che si sono messi a disposizione in maniera encomiabile, con dedizione, umanità e professionalità”. Per l'Università il professor Talesa ha portato i saluti del Magnifico Rettore Maurizio Oliviero, che ha ringraziato chi “ha dimostrato uno straordinario senso di responsabilità, unione altissima di senso del dovere e amore per l’altro, consentendoci così non solo di non dimenticare, ma a volte persino di riscoprire, la nostra umanità più vera.” Il Sindaco del Comune di Perugia, Andrea Romizi, ha espresso apprezzamento per una ricorrenza che “tiene vivo il ricordo dei sacrifici fatti da chi è stato ed è in prima linea per assistere la popolazione”. Il Sindaco ha ricordato che già nel 2020 la città ha espresso la sua gratitudine premiando “con l’iscrizione nell’Albo d’oro l’Azienda ospedaliera di Perugia, il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi, la Usl Umbria 1, le Professioni Sanitarie e l’Avis comunale”.

Toccanti le testimonianze del personale sanitario

  • il medico Maria Cristina Vedovati del reparto di Medicina d’Urgenza, l’infermiera del reparto di Malattie Infettive Barbara Billai,
  • la coordinatrice dei tecnici di laboratorio di Microbiologia, Francesca Lucheroni,
  • l’ostetrica Pamela Rampini
  • e, per l’Usl Umbria1, il medico Ugo Paliano
  • e la coordinatrice infermieristica Marina Pettirossi
che attraverso parole chiave come fiducia, sguardo, condivisione e rinascita, hanno raccontato i momenti salienti del proprio percorso alle prese con il Covid-19. La Presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, ha infine chiesto un minuto di silenzio per ricordare ed onorare il personale sanitario che ha perso la vita in questa battaglia contro il Covid19. “Questa giornata - ha ricordato la Presidente - è occasione giusta e gradita per ringraziare tutti gli operatori del settore sanitario e socio sanitario, del personale socio-assistenziale e del volontariato, per lo straordinario lavoro che hanno svolto in questo lungo periodo di emergenza pandemica, ma anche per il lavoro che quotidianamente svolgono lontani dall’attenzione mediatica ma con lo stesso amore e attenzione”. [gallery td_gallery_title_input="Giornata per ringraziare chi si è impegnato in tempo di Covid19" td_select_gallery_slide="slide" columns="2" ids="65073,65074,65075,65076"]

Il premio letterario sul tempo della pandemia da Covid19

La seconda parte della giornata è stata dedicata alla premiazione dei finalisti del premio letterario promosso dall’Azienda Ospedaliera di Perugia “Io c’ero… il tempo sospeso”. Premio rivolto a coloro che hanno vissuto l’esperienza del Covid19 nella struttura ospedaliera: pazienti, caregiver, familiari e personale.

Il premio era diviso in due sezioni, una per i dipendenti e una per i pazienti.

Dei 54 i racconti pervenuti da agosto ad ottobre la giuria esterna ne ha selezionati sei, tre per ciascuna sezione (dipendenti e pazienti dell’Azienda Ospedaliera), valutando non solo l’attinenza al tema, ma l’originalità e la creatività del taglio narrativo e la capacità di comunicare un’emozione. La Commissione di esperti era composta da
  • Antonella Pinna (Regione Umbria), dirigente del Servizio musei, archivi e biblioteche istruzione e formazione,
  • Roberta Migliarini (Comune di Perugia), dirigente dell’Area dei servizi alla persona,
  • Stefano Giovannuzzi (Università degli Studi di Perugia), professore dipartimento di Lettere-Lingue, Letterature e Civiltà antiche e moderne,
  • Luca Ginetto (Rai) giornalista, caporedattore Rai Tgr Umbria,
  • Antonio Onnis (SIMeN), medico referente Società italiana medicina narrativa
  • e dagli editori Jean Luc Bertoni (Bertoni editori) e Fabio Versiglioni (Futura libri).
I responsabili scientifici aziendali del premio sono la
  • dottoressa Antonietta Mesoraca, medico oncologo della direzione medica,
  • e la dottoressa Maristella Mancino, sociologa e assistente sociale.
Il progetto è stato seguito dal servizio Formazione e qualità diretto dalla dottoressa Donatella Bologni.

I premiati della sezione dipendenti

Primo premio

“Il Lumino custode” di Luca Floridi, tecnico obitorio. Con originalità e poesia ha dato voce agli oggetti del corredo funebre: c’è il Veterano, il carrello che aveva sostenuto, negli anni, più di 300 feretri, il giglio, il Cero Elettrico e il giovane Lumino. Sullo sfondo, la pandemia, la solitudine e il silenzio. “La fiamma elettrica del lumino sembrava un po’ affievolirsi, come se seguisse la tristezza provata dai familiari di Giulio in questi giorni”.

Secondo premio

“Ale sveglia, è ora di andare a scuola” di Ilenia Giovanna Rotella, operatore sociosanitario. Ha narrato i mesi più bui della pandemia attraverso gli occhi di un bambino che si è appena svegliato dopo aver fatto un brutto sogno. Un dialogo tenero e intenso tra madre e figlio. “Ogni giorno tutti quelli che non potevano uscire andavano sui balconi, sulle terrazze, alle finestre, e gridavano, cantavano, applaudivano. Anche io uscivo e ti applaudivo, perché grazie a te c’era una speranza, piccola ma ci stava”.

Terzo premio

“L’unicorno sul soffitto” di Stefano Cristallini, medico anestesista rianimatore che, con una forza dirompente, ha messo nero su bianco l’angoscia e il dolore nella strenua lotta al Covid19. “Operatori, pazienti e familiari, uniti nella stessa trincea. Per me questo è stato il Covid”.

I premiati della sezione pazienti

Primo premio

“Testa o croce” di Cinzia Corneli. Con una narrazione delicata racconta la perdita del padre, la forza con cui ha lottato e il dolore lacerante del distacco. “È come se la tua vita fosse acqua tra le mie mani che tremano, gocce che senza sorgente a poco a poco smarrisco”.

Secondo premio

 “Cento giorni da paziente Covid-19, la mia ultima vittoria” di Francesco Zonaria. Nel suo racconto c’è tutta la forza e l’amore della sua famiglia nei difficili giorni passati in ospedale. “Ringrazierò per sempre chi non si è mai stancato di tenere accesa la fiammella della comunicazione con il mio corpo martoriato e con il mio cuore affranto”.

Terzo premio

“La barba bianca” di Michele Nucci. Toccante racconto della perdita del padre, nei mesi più bui della pandemia, quando le file delle ambulanze, lo sforzo dei sanitari e il silenzio della sala d’attesa del pronto soccorso erano lì a ricordarci la drammatica realtà. “Non ci siamo potuti toccare, abbracciare, stringere, accarezzarci. Niente. Solo piangere da soli. Tutti a distanza. Imprigionati in noi stessi, anche nel dolore”.

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Si è celebrata questa mattina, nella sala dei Notari di Perugia, la Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato istituita con la Legge n. 155 del 13 novembre 2020 “per onorare il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus” Covid19. Per l’occasione l’Azienda Ospedaliera di Perugia ha promosso un momento di ringraziamento al personale impegnato nella lotta al Covid alla presenza della città e delle Istituzioni. Presente anche il Maestro Mogol, promotore, insieme al regista Terzani Ozpetek, della Giornata nazionale del 20 febbraio “per non dimenticare l’impegno profuso sul campo di tutti i sanitari nella lotta alla pandemia”.

Gli interventi della mattina

Il Direttore generale facente funzioni dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, Giuseppe De Filippis, ha aperto la giornata con un saluto rivolto alla città: “Abbiamo deciso di uscire dall’Ospedale e di abbracciare simbolicamente la città di Perugia” che, nella battaglia contro la pandemia da Covid19, “ci ha dimostrato una grandissima solidarietà”. De Filippis ha ricordato i sanitari “che si sono spesi con una dedizione fuori dal comune”, la cittadinanza che “ha lottato insieme a noi”, le Istituzioni che “hanno supportato lo sforzo e il lavoro degli operatori in questi due anni di pandemia” e il “mondo del Volontariato”. Come Commissario per l'emergenza Covid,  ha sottolineato Massimo D'Angelo “ho avuto la responsabilità di prendere decisioni delicate ma sono sempre stato sostenuto da tutti gli operatori, di ogni ambito e disciplina, che si sono messi a disposizione in maniera encomiabile, con dedizione, umanità e professionalità”. Per l'Università il professor Talesa ha portato i saluti del Magnifico Rettore Maurizio Oliviero, che ha ringraziato chi “ha dimostrato uno straordinario senso di responsabilità, unione altissima di senso del dovere e amore per l’altro, consentendoci così non solo di non dimenticare, ma a volte persino di riscoprire, la nostra umanità più vera.” Il Sindaco del Comune di Perugia, Andrea Romizi, ha espresso apprezzamento per una ricorrenza che “tiene vivo il ricordo dei sacrifici fatti da chi è stato ed è in prima linea per assistere la popolazione”. Il Sindaco ha ricordato che già nel 2020 la città ha espresso la sua gratitudine premiando “con l’iscrizione nell’Albo d’oro l’Azienda ospedaliera di Perugia, il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi, la Usl Umbria 1, le Professioni Sanitarie e l’Avis comunale”.

Toccanti le testimonianze del personale sanitario

  • il medico Maria Cristina Vedovati del reparto di Medicina d’Urgenza, l’infermiera del reparto di Malattie Infettive Barbara Billai,
  • la coordinatrice dei tecnici di laboratorio di Microbiologia, Francesca Lucheroni,
  • l’ostetrica Pamela Rampini
  • e, per l’Usl Umbria1, il medico Ugo Paliano
  • e la coordinatrice infermieristica Marina Pettirossi
che attraverso parole chiave come fiducia, sguardo, condivisione e rinascita, hanno raccontato i momenti salienti del proprio percorso alle prese con il Covid-19. La Presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, ha infine chiesto un minuto di silenzio per ricordare ed onorare il personale sanitario che ha perso la vita in questa battaglia contro il Covid19. “Questa giornata - ha ricordato la Presidente - è occasione giusta e gradita per ringraziare tutti gli operatori del settore sanitario e socio sanitario, del personale socio-assistenziale e del volontariato, per lo straordinario lavoro che hanno svolto in questo lungo periodo di emergenza pandemica, ma anche per il lavoro che quotidianamente svolgono lontani dall’attenzione mediatica ma con lo stesso amore e attenzione”. [gallery td_gallery_title_input="Giornata per ringraziare chi si è impegnato in tempo di Covid19" td_select_gallery_slide="slide" columns="2" ids="65073,65074,65075,65076"]

Il premio letterario sul tempo della pandemia da Covid19

La seconda parte della giornata è stata dedicata alla premiazione dei finalisti del premio letterario promosso dall’Azienda Ospedaliera di Perugia “Io c’ero… il tempo sospeso”. Premio rivolto a coloro che hanno vissuto l’esperienza del Covid19 nella struttura ospedaliera: pazienti, caregiver, familiari e personale.

Il premio era diviso in due sezioni, una per i dipendenti e una per i pazienti.

Dei 54 i racconti pervenuti da agosto ad ottobre la giuria esterna ne ha selezionati sei, tre per ciascuna sezione (dipendenti e pazienti dell’Azienda Ospedaliera), valutando non solo l’attinenza al tema, ma l’originalità e la creatività del taglio narrativo e la capacità di comunicare un’emozione. La Commissione di esperti era composta da
  • Antonella Pinna (Regione Umbria), dirigente del Servizio musei, archivi e biblioteche istruzione e formazione,
  • Roberta Migliarini (Comune di Perugia), dirigente dell’Area dei servizi alla persona,
  • Stefano Giovannuzzi (Università degli Studi di Perugia), professore dipartimento di Lettere-Lingue, Letterature e Civiltà antiche e moderne,
  • Luca Ginetto (Rai) giornalista, caporedattore Rai Tgr Umbria,
  • Antonio Onnis (SIMeN), medico referente Società italiana medicina narrativa
  • e dagli editori Jean Luc Bertoni (Bertoni editori) e Fabio Versiglioni (Futura libri).
I responsabili scientifici aziendali del premio sono la
  • dottoressa Antonietta Mesoraca, medico oncologo della direzione medica,
  • e la dottoressa Maristella Mancino, sociologa e assistente sociale.
Il progetto è stato seguito dal servizio Formazione e qualità diretto dalla dottoressa Donatella Bologni.

I premiati della sezione dipendenti

Primo premio

“Il Lumino custode” di Luca Floridi, tecnico obitorio. Con originalità e poesia ha dato voce agli oggetti del corredo funebre: c’è il Veterano, il carrello che aveva sostenuto, negli anni, più di 300 feretri, il giglio, il Cero Elettrico e il giovane Lumino. Sullo sfondo, la pandemia, la solitudine e il silenzio. “La fiamma elettrica del lumino sembrava un po’ affievolirsi, come se seguisse la tristezza provata dai familiari di Giulio in questi giorni”.

Secondo premio

“Ale sveglia, è ora di andare a scuola” di Ilenia Giovanna Rotella, operatore sociosanitario. Ha narrato i mesi più bui della pandemia attraverso gli occhi di un bambino che si è appena svegliato dopo aver fatto un brutto sogno. Un dialogo tenero e intenso tra madre e figlio. “Ogni giorno tutti quelli che non potevano uscire andavano sui balconi, sulle terrazze, alle finestre, e gridavano, cantavano, applaudivano. Anche io uscivo e ti applaudivo, perché grazie a te c’era una speranza, piccola ma ci stava”.

Terzo premio

“L’unicorno sul soffitto” di Stefano Cristallini, medico anestesista rianimatore che, con una forza dirompente, ha messo nero su bianco l’angoscia e il dolore nella strenua lotta al Covid19. “Operatori, pazienti e familiari, uniti nella stessa trincea. Per me questo è stato il Covid”.

I premiati della sezione pazienti

Primo premio

“Testa o croce” di Cinzia Corneli. Con una narrazione delicata racconta la perdita del padre, la forza con cui ha lottato e il dolore lacerante del distacco. “È come se la tua vita fosse acqua tra le mie mani che tremano, gocce che senza sorgente a poco a poco smarrisco”.

Secondo premio

 “Cento giorni da paziente Covid-19, la mia ultima vittoria” di Francesco Zonaria. Nel suo racconto c’è tutta la forza e l’amore della sua famiglia nei difficili giorni passati in ospedale. “Ringrazierò per sempre chi non si è mai stancato di tenere accesa la fiammella della comunicazione con il mio corpo martoriato e con il mio cuore affranto”.

Terzo premio

“La barba bianca” di Michele Nucci. Toccante racconto della perdita del padre, nei mesi più bui della pandemia, quando le file delle ambulanze, lo sforzo dei sanitari e il silenzio della sala d’attesa del pronto soccorso erano lì a ricordarci la drammatica realtà. “Non ci siamo potuti toccare, abbracciare, stringere, accarezzarci. Niente. Solo piangere da soli. Tutti a distanza. Imprigionati in noi stessi, anche nel dolore”.

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Servizio civile in Oncologia: l’esperienza di quattro giovani all’Ospedale di Perugia https://www.lavoce.it/servizio-civile-oncologia-esperienza-quattro-giovani-ospedale-perugia/ Sat, 29 Jan 2022 10:12:45 +0000 https://www.lavoce.it/?p=64798

Hanno appena concluso il servizio civile come volontari presso l’Oncologia medica dell’Ospedale di Perugia. Parliamo di Ilaria, Samuel, Filippo e Lorenzo, i quattro giovani che hanno superato la selezione per l’anno 2021, su un totale di oltre venti domande. [caption id="attachment_64809" align="alignnone" width="400"] I ragazzi con la dott.ssa Enrichetta Corgna (a sinistra), la caposala e una volontaria Aucc[/caption]

La lettera di ringraziamento

Nei giorni scorsi hanno salutato il personale della struttura al termine del percorso ed hanno lasciato una lunga lettera dove hanno raccontato dell’esperienza che hanno vissuto caratterizzata da “emozioni indescrivibili”. Hanno ringraziato malati e sanitari per averli “ospitati, accolti e permesso di inserirsi in questa realtà così piena di affetto e di insegnamenti, ma soprattutto così piena di significato”. “Abbiamo imparato tanto da voi che siete stati per noi, in termini di contratto, degli ottimi tutor, ma in termini di vita, senza ombra di dubbio, degli eccellenti punti di riferimento, tanto per dire poco”. “La vostra umanità, la vostra professionalità, la vostra volontà,- scrivono ancora - il vostro impegno, la vostra tenacia, la vostra benevolenza, rende onore a voi come persone e al vostro lavoro, che ogni giorno vi impegna a far fronte a delle situazioni così delicate che neanche voi stessi vorreste accettare, imponendo inevitabilmente di controllare la vostra emotività”. Una lettera che ha colpito molto il reparto che ha deciso così di divulgarla nel sito dell’azienda ospedaliera. “Un esempio di servizio civile da seguire, perché no, anche in altri reparti - sottolinea la dottoressa Enrichetta Corgna, medico oncologo e operatore locale di progetto del Servizio civile.

Il progetto

“Il progetto, attivato da una decina d’anni – spiega la dottoressa - si chiama Informacancro ed è il risultato di una convenzione sottoscritta tra l’Azienda ospedaliera di Perugia, la Favo - Federazione italiana delle Associazioni di volontariato in Oncologia e l’Aimac – Associazione italiana malati di cancro. La pandemia ha ritardato l’inizio della loro attività di qualche mese, ma la loro presenza per noi è stata molto utile, soprattutto in questo periodo difficile. E’ la prima volta che ci è capitato un gruppo così affiatato – commenta con soddisfazione - . Si sono dedicati al lavoro con molta disponibilità e gentilezza. E’ stata sia per noi che per loro un’attività molto preziosa e per i ragazzi un’occasione soprattutto di grande formazione”.

L'attività svolta

Dopo un corso di preparazione al servizio, quest’anno svoltosi on line, dalle 7.30 del mattino alle 19 della sera, tutti i giorni, in turni di quasi 6 ore, la mattina o il pomeriggio, i quattro giovani hanno lavorato principalmente nel laboratorio del reparto per smaltire il lavoro burocratico delle cartelle dei pazienti, tra ingressi, dimissioni e risposte. Si sono poi dedicati all’accoglienza delle persone prima delle terapie, portando loro anche la merenda. Uno dei ragazzi – ricorda con un sorriso - si è guadagnato anche il soprannome di ‘ragazzo dello yogurt’”. Grande la soddisfazione per il servizio anche da parte dei pazienti – conclude la dott.ssa Corgna - che hanno dimostrato di apprezzare molto la presenza di questi ragazzi. “Usciamo da qui con un bagaglio di vita colmo di valori, di fondamenta e di persone fantastiche”- scrivono quasi in fondo alla lettera i ragazzi per concludere infine ricordando le “giornate passate insieme, alle risate, ai discorsi fatti, alle gioie e alle tristezze” e per ringraziare tutto il personale incontrato. Con il 2022 si riparte. "Quest’anno - conclude la dottoressa - sono stati selezionati due ragazzi, che hanno appena iniziato”.]]>

Hanno appena concluso il servizio civile come volontari presso l’Oncologia medica dell’Ospedale di Perugia. Parliamo di Ilaria, Samuel, Filippo e Lorenzo, i quattro giovani che hanno superato la selezione per l’anno 2021, su un totale di oltre venti domande. [caption id="attachment_64809" align="alignnone" width="400"] I ragazzi con la dott.ssa Enrichetta Corgna (a sinistra), la caposala e una volontaria Aucc[/caption]

La lettera di ringraziamento

Nei giorni scorsi hanno salutato il personale della struttura al termine del percorso ed hanno lasciato una lunga lettera dove hanno raccontato dell’esperienza che hanno vissuto caratterizzata da “emozioni indescrivibili”. Hanno ringraziato malati e sanitari per averli “ospitati, accolti e permesso di inserirsi in questa realtà così piena di affetto e di insegnamenti, ma soprattutto così piena di significato”. “Abbiamo imparato tanto da voi che siete stati per noi, in termini di contratto, degli ottimi tutor, ma in termini di vita, senza ombra di dubbio, degli eccellenti punti di riferimento, tanto per dire poco”. “La vostra umanità, la vostra professionalità, la vostra volontà,- scrivono ancora - il vostro impegno, la vostra tenacia, la vostra benevolenza, rende onore a voi come persone e al vostro lavoro, che ogni giorno vi impegna a far fronte a delle situazioni così delicate che neanche voi stessi vorreste accettare, imponendo inevitabilmente di controllare la vostra emotività”. Una lettera che ha colpito molto il reparto che ha deciso così di divulgarla nel sito dell’azienda ospedaliera. “Un esempio di servizio civile da seguire, perché no, anche in altri reparti - sottolinea la dottoressa Enrichetta Corgna, medico oncologo e operatore locale di progetto del Servizio civile.

Il progetto

“Il progetto, attivato da una decina d’anni – spiega la dottoressa - si chiama Informacancro ed è il risultato di una convenzione sottoscritta tra l’Azienda ospedaliera di Perugia, la Favo - Federazione italiana delle Associazioni di volontariato in Oncologia e l’Aimac – Associazione italiana malati di cancro. La pandemia ha ritardato l’inizio della loro attività di qualche mese, ma la loro presenza per noi è stata molto utile, soprattutto in questo periodo difficile. E’ la prima volta che ci è capitato un gruppo così affiatato – commenta con soddisfazione - . Si sono dedicati al lavoro con molta disponibilità e gentilezza. E’ stata sia per noi che per loro un’attività molto preziosa e per i ragazzi un’occasione soprattutto di grande formazione”.

L'attività svolta

Dopo un corso di preparazione al servizio, quest’anno svoltosi on line, dalle 7.30 del mattino alle 19 della sera, tutti i giorni, in turni di quasi 6 ore, la mattina o il pomeriggio, i quattro giovani hanno lavorato principalmente nel laboratorio del reparto per smaltire il lavoro burocratico delle cartelle dei pazienti, tra ingressi, dimissioni e risposte. Si sono poi dedicati all’accoglienza delle persone prima delle terapie, portando loro anche la merenda. Uno dei ragazzi – ricorda con un sorriso - si è guadagnato anche il soprannome di ‘ragazzo dello yogurt’”. Grande la soddisfazione per il servizio anche da parte dei pazienti – conclude la dott.ssa Corgna - che hanno dimostrato di apprezzare molto la presenza di questi ragazzi. “Usciamo da qui con un bagaglio di vita colmo di valori, di fondamenta e di persone fantastiche”- scrivono quasi in fondo alla lettera i ragazzi per concludere infine ricordando le “giornate passate insieme, alle risate, ai discorsi fatti, alle gioie e alle tristezze” e per ringraziare tutto il personale incontrato. Con il 2022 si riparte. "Quest’anno - conclude la dottoressa - sono stati selezionati due ragazzi, che hanno appena iniziato”.]]>
“L’esperto risponde” sulla salute della donna. Anche a Perugia la H-Open Week https://www.lavoce.it/lesperto-risponde-sulla-salute-della-donna-anche-a-perugia-la-h-open-week/ Sun, 18 Apr 2021 10:38:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=60208

Con  “L’esperto risponde” l’Azienda Ospedaliera di Perugia partecipa alla settimana H-Open Week sulla Salute della Donna promossa dalla Fondazione nazionale ONDA (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) dal 19 al 25 aprile. L’Azienda in qualità di ospedale titolare dei tre bollini rosa, promuove due giornate informative, sulla piattaforma online ZOOM, nelle quali si potrà avere una consulenza gratuita a distanza da parte dei medici specialisti ospedalieri. Gli incontri web si svolgeranno martedì 20 e mercoledì 21 aprile, non è richiesta prenotazione e i cittadini si potranno collegare tramite il link indicato per fare domande, chiedere informazioni o prenotare una consulenza gratuita a distanza. “L’obiettivo di queste giornate - comunica l'Azienda in una  nota stampa - è di promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura al femminile mettendo a disposizione della popolazione i migliori specialisti in endocrinologia, diabetologia, ginecologia e neonatologia che operano nell’Ospedale di Perugia”.

IL PROGRAMMA

Martedì 20 aprile:

Ore 14.00 - 15.00 - Disturbi della sfera riproduttiva nella donna con obesità e diabete - risponde il dr. GIUSEPPE MURDOLO (endocrinologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/98314336067?pwd=L2dhb3N0ZG9tVjRyTEpOMERwY3BQdz09) Ore 15.00 - 16.00 - Diabete, obesità e nutrizione in gravidanza - risponde la dr.ssa ELISABETTA TORLONE (endocrinologa – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/95550758777?pwd=RWhsSXBQSGhkazNxQ2wycEFvMWJrQT09) Ore 16.00 - 17.00 - Donna e piede diabetico - risponde la dr.ssa CRISTIANA VERMIGLI (endocrinologa – diabetologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/94428044360?pwd=ckVHOVRPMmluaXI4M3p1NnI5QXFLUT09) Ore 17.00 - 18.00 - Donna e alimentazione - risponde il dr. SIMONE PAMPANELLI (endocrinologo – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/93555956185?pwd=UmFuU01wUDBTYmh1WmZCaHZLN3JIUT09)

Mercoledì 21 aprile 2021

Ore 15.00 - 16.00 - Procreazione Medicalmente Assistita - PMA -  risponde il prof. SANDRO GERLI (ginecologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/99587225276?pwd=QjVFK2lqWSt3cXdhc1kxU2tRaEc4Zz09) Ore 16.00 - 17.00 - Neonatologia informa - risponde la dr.ssa STEFANIA TROIANI (neonatologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/92907005310?pwd=T0dBcWJ6OVBnQUU5dGRpMG9PWHFwZz09) Per informazioni, per prenotare consulenze a distanza gratuite o porre domande scrivere, entro le ore 12 del 20 aprile a comunicazione@ospedale.perugia.it. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=0rRpLZGqYew[/embed]  ]]>

Con  “L’esperto risponde” l’Azienda Ospedaliera di Perugia partecipa alla settimana H-Open Week sulla Salute della Donna promossa dalla Fondazione nazionale ONDA (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) dal 19 al 25 aprile. L’Azienda in qualità di ospedale titolare dei tre bollini rosa, promuove due giornate informative, sulla piattaforma online ZOOM, nelle quali si potrà avere una consulenza gratuita a distanza da parte dei medici specialisti ospedalieri. Gli incontri web si svolgeranno martedì 20 e mercoledì 21 aprile, non è richiesta prenotazione e i cittadini si potranno collegare tramite il link indicato per fare domande, chiedere informazioni o prenotare una consulenza gratuita a distanza. “L’obiettivo di queste giornate - comunica l'Azienda in una  nota stampa - è di promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura al femminile mettendo a disposizione della popolazione i migliori specialisti in endocrinologia, diabetologia, ginecologia e neonatologia che operano nell’Ospedale di Perugia”.

IL PROGRAMMA

Martedì 20 aprile:

Ore 14.00 - 15.00 - Disturbi della sfera riproduttiva nella donna con obesità e diabete - risponde il dr. GIUSEPPE MURDOLO (endocrinologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/98314336067?pwd=L2dhb3N0ZG9tVjRyTEpOMERwY3BQdz09) Ore 15.00 - 16.00 - Diabete, obesità e nutrizione in gravidanza - risponde la dr.ssa ELISABETTA TORLONE (endocrinologa – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/95550758777?pwd=RWhsSXBQSGhkazNxQ2wycEFvMWJrQT09) Ore 16.00 - 17.00 - Donna e piede diabetico - risponde la dr.ssa CRISTIANA VERMIGLI (endocrinologa – diabetologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/94428044360?pwd=ckVHOVRPMmluaXI4M3p1NnI5QXFLUT09) Ore 17.00 - 18.00 - Donna e alimentazione - risponde il dr. SIMONE PAMPANELLI (endocrinologo – nutrizionista) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/93555956185?pwd=UmFuU01wUDBTYmh1WmZCaHZLN3JIUT09)

Mercoledì 21 aprile 2021

Ore 15.00 - 16.00 - Procreazione Medicalmente Assistita - PMA -  risponde il prof. SANDRO GERLI (ginecologo) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/99587225276?pwd=QjVFK2lqWSt3cXdhc1kxU2tRaEc4Zz09) Ore 16.00 - 17.00 - Neonatologia informa - risponde la dr.ssa STEFANIA TROIANI (neonatologa) (Link per il collegamento: https://zoom.us/j/92907005310?pwd=T0dBcWJ6OVBnQUU5dGRpMG9PWHFwZz09) Per informazioni, per prenotare consulenze a distanza gratuite o porre domande scrivere, entro le ore 12 del 20 aprile a comunicazione@ospedale.perugia.it. [embed]https://www.youtube.com/watch?v=0rRpLZGqYew[/embed]  ]]>
Donazioni di sangue in forte calo. Perché? https://www.lavoce.it/donazioni-sangue-forte-calo-perche/ https://www.lavoce.it/donazioni-sangue-forte-calo-perche/#comments Sat, 17 Feb 2018 11:00:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51227 sangue

Per un trapianto di fegato serve una quantità di sangue pari a quella prelevata con 200 donazioni. La scienza e la medicina fanno passi da gigante per proteggere la nostra salute, ma non sono ancora riuscite a “inventare” qualcosa in grado di sostituire il sangue umano, indispensabile per tanti unterventi e terapie. Nei nostri ospedali, e non soltanto per le emergenze, serve tanto sangue, eppure le donazioni sono sempre di meno. Succede in tutta Italia, ma in Umbria va ancora peggio. Nella classifica che registra in percentuale questo progressivo calo di generosità e di civiltà degli ultimi anni, la nostra regione sale sul ‘podio dei peggiori’ dopo Valle d’Aosta e Basilicata. Un processo cominciato nel 2015, dopo che per più di dieci anni i centri di prelievo in Umbria avevano visto crescere costantemente e poi stabilizzarsi (tra il 2011 e 2015) il numero di donatori e donazioni. Nel periodo 2015-2016 il calo delle donazioni in Italia era stato dello 0,32 per cento; in Umbria invece di circa il 5 per cento. Una tendenza che continua anche sulla base dei dati del gennaio scorso registrati dall’Avis, l’associazione di volontari che raccoglie il 98 per cento delle donazioni di sangue in Umbria. “Se questa tendenza si consolida - dice a La Voce il presidente regionale Andrea Marchini - dobbiamo essere molto preoccupati”. Nei nostri ospedali servono 50.000 donazioni all’anno. Nel 2017 sono state meno di 40.000. Erano state quasi 41.000 nel 2016 e 43.000 nel 2015. Marchini comunque tiene a precisare che certo esiste “una carenza” di donazioni per l’autosufficienza dei nostri ospedali, ma fino ad ora non si sono verificate “emergenze”, anche perché, quando il sangue manca, alcuni interventi programmati ma non urgenti vengono rinviati. L’Avis, con 32.500 donatori, è presente con sedi proprie in ben 65 degli oltre 90 Comuni umbri. “Con un paio di donazioni all’anno da parte dei nostri volontari - spiega il presidente Avis - potremmo raggiungere ampiamente l’autosufficienza di sangue. Ma questo non avviene perché ci sono donatori poco costanti, o che addirittura scompaiono dopo la prima donazione, e per il mancato ricambio generazionale. Le donazioni dei giovani, per una serie di ragioni che stiamo studiando, sono sempre meno”. L’Avis continua il suo impegno di sensibilizzazione su questo problema coinvolgendo, anche con specifiche convenzioni, enti locali, associazioni sportive, grandi aziende. È pronta anche una convenzione con la Conferenza episcopale umbra per il coinvolgimento delle parrocchie, con l’intenzione di fare altrettanto con organizzazioni di altre religioni. È in corso inoltre un confronto con la Regione su una serie di problemi organizzativi la cui soluzione, secondo l’Avis, potrebbe agevolare donazioni e donatori. Tra questi problemi, in sintesi, vi è la carenza di “personale non occasionale” nei centri di raccolta del sangue, la necessità di sedi più accoglienti, orari più consoni alle esigenze di chi lavora con aperture anche pomeridiane e domenicali, l’ampliamento e miglioramento di un servizio prenotazioni per i donatori.  ]]>
sangue

Per un trapianto di fegato serve una quantità di sangue pari a quella prelevata con 200 donazioni. La scienza e la medicina fanno passi da gigante per proteggere la nostra salute, ma non sono ancora riuscite a “inventare” qualcosa in grado di sostituire il sangue umano, indispensabile per tanti unterventi e terapie. Nei nostri ospedali, e non soltanto per le emergenze, serve tanto sangue, eppure le donazioni sono sempre di meno. Succede in tutta Italia, ma in Umbria va ancora peggio. Nella classifica che registra in percentuale questo progressivo calo di generosità e di civiltà degli ultimi anni, la nostra regione sale sul ‘podio dei peggiori’ dopo Valle d’Aosta e Basilicata. Un processo cominciato nel 2015, dopo che per più di dieci anni i centri di prelievo in Umbria avevano visto crescere costantemente e poi stabilizzarsi (tra il 2011 e 2015) il numero di donatori e donazioni. Nel periodo 2015-2016 il calo delle donazioni in Italia era stato dello 0,32 per cento; in Umbria invece di circa il 5 per cento. Una tendenza che continua anche sulla base dei dati del gennaio scorso registrati dall’Avis, l’associazione di volontari che raccoglie il 98 per cento delle donazioni di sangue in Umbria. “Se questa tendenza si consolida - dice a La Voce il presidente regionale Andrea Marchini - dobbiamo essere molto preoccupati”. Nei nostri ospedali servono 50.000 donazioni all’anno. Nel 2017 sono state meno di 40.000. Erano state quasi 41.000 nel 2016 e 43.000 nel 2015. Marchini comunque tiene a precisare che certo esiste “una carenza” di donazioni per l’autosufficienza dei nostri ospedali, ma fino ad ora non si sono verificate “emergenze”, anche perché, quando il sangue manca, alcuni interventi programmati ma non urgenti vengono rinviati. L’Avis, con 32.500 donatori, è presente con sedi proprie in ben 65 degli oltre 90 Comuni umbri. “Con un paio di donazioni all’anno da parte dei nostri volontari - spiega il presidente Avis - potremmo raggiungere ampiamente l’autosufficienza di sangue. Ma questo non avviene perché ci sono donatori poco costanti, o che addirittura scompaiono dopo la prima donazione, e per il mancato ricambio generazionale. Le donazioni dei giovani, per una serie di ragioni che stiamo studiando, sono sempre meno”. L’Avis continua il suo impegno di sensibilizzazione su questo problema coinvolgendo, anche con specifiche convenzioni, enti locali, associazioni sportive, grandi aziende. È pronta anche una convenzione con la Conferenza episcopale umbra per il coinvolgimento delle parrocchie, con l’intenzione di fare altrettanto con organizzazioni di altre religioni. È in corso inoltre un confronto con la Regione su una serie di problemi organizzativi la cui soluzione, secondo l’Avis, potrebbe agevolare donazioni e donatori. Tra questi problemi, in sintesi, vi è la carenza di “personale non occasionale” nei centri di raccolta del sangue, la necessità di sedi più accoglienti, orari più consoni alle esigenze di chi lavora con aperture anche pomeridiane e domenicali, l’ampliamento e miglioramento di un servizio prenotazioni per i donatori.  ]]>
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Breast unit (cura del seno) di Perugia: un’eccellenza umbra https://www.lavoce.it/breast-unit-cura-del-seno-perugia-uneccellenza-umbra/ https://www.lavoce.it/breast-unit-cura-del-seno-perugia-uneccellenza-umbra/#comments Thu, 11 Jan 2018 17:01:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51009

Nella quotidianità di tutti i giorni è facile imbattersi nel pessimismo, legato alle inefficienze di alcuni settori della società civile, tra cui la sanità, anche se in Umbria sono attivi centri di eccellenza, dove persone lungimiranti hanno investito risorse umane ed economiche per migliorare servizi erogati e qualità di vita dei cittadini. Una di queste realtà è il reparto della Breast Unit (Centro multidisciplinare di senologia), inaugurato nel gennaio 2017 all’interno dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Un’area logisticamente definita con spazi di degenza adeguati, separati dal reparto di Chirurgia generale. Si coglie l’occasione per ringraziare sia il chirurgo, dott. Paolo Gerli, responsabile della Chirurgia oncoplastica della Breast Unit di Perugia, sia la dott.ssa Ambra Mariotti dello stesso team, che si sono resi disponibili a rispondere ad alcune domande. Com’è attualmente articolato il settore senologico in Umbria? Quali le prospettive future? “La bussola utile, per orientare ogni azione nella sanità pubblica, dovrebbe essere quella di garantire lo stesso elevato trattamento in tutta la regione. Attualmente esistono quattro centri individuati come Breast Unit: Perugia, Città di Castello, Foligno, Terni, strutture di alto li- vello, organizzate secondo criteri scientifici condivisi su tutto il territorio nazionale. Un passo in avanti potrebbe essere la creazione di una struttura unica, suddivisa nelle quattro sedi già attive. Il superamento di un’ottica campanilistica, focalizzata sulla difesa del proprio ambito territoriale, eviterebbe una ‘competizione’ sui numeri. Disporre di un unico numero regionale totale alzerebbe il livello globale delle prestazioni. I risultati umbri sarebbero presentati in campo nazionale e internazionale con una credibilità diversa, rispetto ai dati dei singoli centri. Un’unica struttura, a servizio degli utenti, con stessi servizi sul territorio regionale, sarebbe il futuro migliore per tutti”. Quali sono i punti di forza della Breast Unit di Perugia? “L’idea di base è disporre di un team di professionisti, impegnati esclusivamente nella gestione delle patologie correlate alla mammella in senso lato. Un modo di lavorare dove il puro atto chirurgico non sia più l’unica azione, inserita altresì in un processo complesso con varie attività pre- e post-operatorie. Al centro viene posta la gestione della persona in senso globale, è un prendersi in carico del paziente, non più solo curare, ma un prendersi cura ”. Il lavoro in un team coordinato e multidisciplinare di professionisti quali vantaggi offre e quali difficoltà comporta? “La sfida è riuscire a lavorare in un’unica squadra dove chirurghi dedicati esclusivamente al settore senologico interagiscono costantemente con referenti di campi diversi, tra cui radiologi, anatomopatologi, radioterapisti, oncologi. I vantaggi notevolissimi derivano dall’avere specialisti, che parlano lo stesso linguaggio con la possibilità di un feedback - scambio di informazioni costante, garantendo le scelte migliori, personalizzate per ogni singolo paziente. Le difficoltà attualmente riscontrabili sono i pochi medici, che possono interagire in percorsi strutturalmente distinti dalla chirurgia generale. Tale problema è già stato brillantemente risolto in altre regioni, tipo l’Emilia Romagna”. In base ai dati degli ultimi decenni, quali aspetti si evincono dal monitoraggio delle patologie in ambito senologico? “Nei Paesi occidentali le neoplasie mammarie hanno un’incidenza rilevante, con un trend che non accenna a diminuire. È ormai un’emergenza sociale, con un costante abbassamento dell’età delle pazienti coinvolte. Di positivo si evidenzia come i progressi continui nel settore diagnostico consentano anche diagnosi precoci su piccole lesioni, prima non individualizzabili. L’anticipo diagnostico permette di rilevare una patologia in fase pre-clinica. Da qui l’importanza del servizio di screening mammografico. Una piccola lesione richiede spesso un atto chirurgico meno invasivo e un eventuale trattamento medico meno impattante”. Perché avete deciso di specializzarvi in questo settore medico? Seguendo quali motivazioni? Gerli : “Il settore senologico offre per un chirurgo grandi soddisfazioni. Si tratta di una chirurgia che riesce a garantire un’unione inscindibile di capacità, competenze e tecniche, sempre nuove per ogni singolo caso. La variabilità è ogni giorno una sfida, mai uguale alla precedente, ma diversa a seconda delle singole pazienti”. Mariotti : “Venendo da precedenti esperienze chirurgiche per altri tipi di neoplasie, il campo senologico presenta aspetti di alta chirurgia, dove, pur variando le problematiche, se si lavora bene, si vede subito il risultato. È un settore della chirurgia meno standardizzato, con cambiamenti continui e soluzioni differenti per raggiungere obiettivi sempre più elevati”. Quanto conta il fattore umano nel vostro mestiere? “Si potrebbe dire, senza ombra di dubbio, tutto. Al di là della professionalità medica, saper gestire il fattore umano in tale delicato settore acquista un valore preponderante, più della mera statistica dei numeri d’intervento eseguiti magari brillantemente. In un lavoro dove lo stress è quotidiano, con un numero crescente di pazienti, è una sfida costante riuscire a mantenere l’equilibrio. Solo così si trasmette alle pazienti la relativa serenità di cui hanno bisogno, insieme alle informazioni corrette. Le pazienti, se supportate adeguatamente, trovano forze interiori per affrontare un percorso in salita, ma che può tuttavia offrire risultati fino a pochi anni fa insperati”. Cosa augurarsi per il futuro? “È auspicabile un serio lavoro congiunto tra medici e amministratori per garantire un’omogeneità in tutta la regione umbra, sia dei trattamenti, sia dei tempi di attesa, che dovrebbero essere adeguati a una tempistica quanto più breve possibile. In tale ottica occorre trarre spunto dagli esempi positivi da eguagliare, realtà virtuose come l’Emilia Romagna o la Toscana, senza cullarsi troppo su quello che già si è raggiunto, prendendo erroneamente come parametro di riferimento altre regioni in difficoltà. Attualmente è in gioco il concetto fondamentale della sanità pubblica. Alla base c’è l’idea stessa di ‘pubblico’ come difesa strenua di ciò che i nostri predecessori hanno costruito con tanto impegno e sacrificio, dando vita a centri di altissimo livello come l’ospedale perugino”.  ]]>

Nella quotidianità di tutti i giorni è facile imbattersi nel pessimismo, legato alle inefficienze di alcuni settori della società civile, tra cui la sanità, anche se in Umbria sono attivi centri di eccellenza, dove persone lungimiranti hanno investito risorse umane ed economiche per migliorare servizi erogati e qualità di vita dei cittadini. Una di queste realtà è il reparto della Breast Unit (Centro multidisciplinare di senologia), inaugurato nel gennaio 2017 all’interno dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Un’area logisticamente definita con spazi di degenza adeguati, separati dal reparto di Chirurgia generale. Si coglie l’occasione per ringraziare sia il chirurgo, dott. Paolo Gerli, responsabile della Chirurgia oncoplastica della Breast Unit di Perugia, sia la dott.ssa Ambra Mariotti dello stesso team, che si sono resi disponibili a rispondere ad alcune domande. Com’è attualmente articolato il settore senologico in Umbria? Quali le prospettive future? “La bussola utile, per orientare ogni azione nella sanità pubblica, dovrebbe essere quella di garantire lo stesso elevato trattamento in tutta la regione. Attualmente esistono quattro centri individuati come Breast Unit: Perugia, Città di Castello, Foligno, Terni, strutture di alto li- vello, organizzate secondo criteri scientifici condivisi su tutto il territorio nazionale. Un passo in avanti potrebbe essere la creazione di una struttura unica, suddivisa nelle quattro sedi già attive. Il superamento di un’ottica campanilistica, focalizzata sulla difesa del proprio ambito territoriale, eviterebbe una ‘competizione’ sui numeri. Disporre di un unico numero regionale totale alzerebbe il livello globale delle prestazioni. I risultati umbri sarebbero presentati in campo nazionale e internazionale con una credibilità diversa, rispetto ai dati dei singoli centri. Un’unica struttura, a servizio degli utenti, con stessi servizi sul territorio regionale, sarebbe il futuro migliore per tutti”. Quali sono i punti di forza della Breast Unit di Perugia? “L’idea di base è disporre di un team di professionisti, impegnati esclusivamente nella gestione delle patologie correlate alla mammella in senso lato. Un modo di lavorare dove il puro atto chirurgico non sia più l’unica azione, inserita altresì in un processo complesso con varie attività pre- e post-operatorie. Al centro viene posta la gestione della persona in senso globale, è un prendersi in carico del paziente, non più solo curare, ma un prendersi cura ”. Il lavoro in un team coordinato e multidisciplinare di professionisti quali vantaggi offre e quali difficoltà comporta? “La sfida è riuscire a lavorare in un’unica squadra dove chirurghi dedicati esclusivamente al settore senologico interagiscono costantemente con referenti di campi diversi, tra cui radiologi, anatomopatologi, radioterapisti, oncologi. I vantaggi notevolissimi derivano dall’avere specialisti, che parlano lo stesso linguaggio con la possibilità di un feedback - scambio di informazioni costante, garantendo le scelte migliori, personalizzate per ogni singolo paziente. Le difficoltà attualmente riscontrabili sono i pochi medici, che possono interagire in percorsi strutturalmente distinti dalla chirurgia generale. Tale problema è già stato brillantemente risolto in altre regioni, tipo l’Emilia Romagna”. In base ai dati degli ultimi decenni, quali aspetti si evincono dal monitoraggio delle patologie in ambito senologico? “Nei Paesi occidentali le neoplasie mammarie hanno un’incidenza rilevante, con un trend che non accenna a diminuire. È ormai un’emergenza sociale, con un costante abbassamento dell’età delle pazienti coinvolte. Di positivo si evidenzia come i progressi continui nel settore diagnostico consentano anche diagnosi precoci su piccole lesioni, prima non individualizzabili. L’anticipo diagnostico permette di rilevare una patologia in fase pre-clinica. Da qui l’importanza del servizio di screening mammografico. Una piccola lesione richiede spesso un atto chirurgico meno invasivo e un eventuale trattamento medico meno impattante”. Perché avete deciso di specializzarvi in questo settore medico? Seguendo quali motivazioni? Gerli : “Il settore senologico offre per un chirurgo grandi soddisfazioni. Si tratta di una chirurgia che riesce a garantire un’unione inscindibile di capacità, competenze e tecniche, sempre nuove per ogni singolo caso. La variabilità è ogni giorno una sfida, mai uguale alla precedente, ma diversa a seconda delle singole pazienti”. Mariotti : “Venendo da precedenti esperienze chirurgiche per altri tipi di neoplasie, il campo senologico presenta aspetti di alta chirurgia, dove, pur variando le problematiche, se si lavora bene, si vede subito il risultato. È un settore della chirurgia meno standardizzato, con cambiamenti continui e soluzioni differenti per raggiungere obiettivi sempre più elevati”. Quanto conta il fattore umano nel vostro mestiere? “Si potrebbe dire, senza ombra di dubbio, tutto. Al di là della professionalità medica, saper gestire il fattore umano in tale delicato settore acquista un valore preponderante, più della mera statistica dei numeri d’intervento eseguiti magari brillantemente. In un lavoro dove lo stress è quotidiano, con un numero crescente di pazienti, è una sfida costante riuscire a mantenere l’equilibrio. Solo così si trasmette alle pazienti la relativa serenità di cui hanno bisogno, insieme alle informazioni corrette. Le pazienti, se supportate adeguatamente, trovano forze interiori per affrontare un percorso in salita, ma che può tuttavia offrire risultati fino a pochi anni fa insperati”. Cosa augurarsi per il futuro? “È auspicabile un serio lavoro congiunto tra medici e amministratori per garantire un’omogeneità in tutta la regione umbra, sia dei trattamenti, sia dei tempi di attesa, che dovrebbero essere adeguati a una tempistica quanto più breve possibile. In tale ottica occorre trarre spunto dagli esempi positivi da eguagliare, realtà virtuose come l’Emilia Romagna o la Toscana, senza cullarsi troppo su quello che già si è raggiunto, prendendo erroneamente come parametro di riferimento altre regioni in difficoltà. Attualmente è in gioco il concetto fondamentale della sanità pubblica. Alla base c’è l’idea stessa di ‘pubblico’ come difesa strenua di ciò che i nostri predecessori hanno costruito con tanto impegno e sacrificio, dando vita a centri di altissimo livello come l’ospedale perugino”.  ]]>
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Le spoglie di Vittorio Trancanelli saranno trasferite all’ospedale https://www.lavoce.it/le-spoglie-vittorio-trancanelli-saranno-trasferite-allospedale/ Fri, 09 Jun 2017 10:50:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=49890

Il 2 luglio dovrà essere una grande festa, con grande partecipazione di popolo. Ci sarà la “traslazione” (trasferimento, da Cenerente all’ospedale) delle spoglie mortali di Vittorio Trancanelli, il medico perugino morto nel 1998 a soli 54 anni, e che la Chiesa ha dichiarato “venerabile” con il decreto firmato da Papa Francesco in Vaticano il 21 febbraio scorso. L’annuncio è stato dato in cattedrale, al termine della Veglia di Pentecoste promossa e preparata dalla Consulta delle aggregazioni laicali della diocesi (vedi sotto). Occasione provvidenziale, quasi un appuntamento dato da Vittorio, medico e padre di famiglia, ai laici come lui, di tutta la diocesi. Se fosse ancora qui forse avrebbe commentato: “Se ce l’ho fatta io, potete farcela anche voi!”. Che è, in un certo senso, la traduzione popolare di quanto la Chiesa vuol dire dichiarandone la “venerabilità”, ossia la possibilità di prendere Vittorio come esempio di vita e rivolgersi pubblicamente a lui nella preghiera. Questo è oggi possibile perché la vita di Vittorio è passata al vaglio della Chiesa con un lungo e minuzioso “processo” iniziato dal vescovo Giuseppe Chiaretti in questa diocesi e proseguito alla Congregazione delle cause dei santi in Vaticano (prima studiato da nove teologi, poi da una commissione di vescovi e cardinali) per terminare con il decreto firmato dal Papa. La festa “alla quale - dice il card. Bassetti - prenderanno parte autorità civili e religiose e, mi auguro, tantissimi fedeli della nostra arcidiocesi, sarà l’occasione grande per ringraziare Dio di aver suscitato nella nostra Chiesa questa vita santa, spesa a servizio dei poveri e dei malati, segno imperituro che la grazia di Dio, donata a noi dall’effusione dello Spirito santo, sempre opera per la santificazione del mondo”. Vittorio Trancanelli è dunque già “santo” ovvero indicato dalla Chiesa come modello di vita, anche se il processo di canonizzazione riserva questo titolo a coloro che hanno “confermato” quanto la Chiesa ha dichiarato intercedendo per due miracoli (dopo il primo è dato il titolo di beato). Il 2 luglio sarà l’occasione per comprendere quanto sia vero ciò che la Chiesa ci ha ricordato con il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium (n. 40; testo su w2.vatican.va), ossia che la santità è “pienezza della vita cristiana e perfezione della carità” e che “tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano”. Papa Benedetto XVI, nell’udienza generale del 13 aprile 2011 dedicata al tema della santità, osservava che “i santi appartengono a tutte le età e a ogni stato di vita, sono volti concreti di ogni popolo, lingua e nazione. E sono tipi molto diversi”. E aggiungeva che “la santità cristiana non è altro che la carità pienamente vissuta”. La vita di Vittorio - e di sua moglie Lia - è una vita straordinariamente ordinaria, diversa da quella di tutti gli altri santi, ma uguale nel desiderio di fare “come Gesù” tutto quello che era possibile fare. Senza proclami ma con scelte meditate, anche sofferte, sempre condivise come coppia. Questo è quanto raccontano le testimonianze pubblicate dall’editrice La Voce nel libro Vittorio Trancanelli.   Un segno dello Spirito, rivelato a Pentecoste Bisogna invocare con forza lo Spirito e chiedergli che la nostra vita faccia un salto di qualità. Lo Spirito ci aiuti tutti a passare dalla stanchezza e, forse, dalla rassegnazione, a un nuovo slancio creativo e contagioso. Dobbiamo avere la certezza che il fuoco che lo Spirito acceso a Pentecoste si è diffuso ed è arrivato fino a noi”. Nella cattedrale di San Lorenzo, queste parole del card. Gualtiero Bassetti erano rivolte ai fedeli che hanno partecipato alla Veglia di Pentecoste la sera del 3 giugno. “Guai - ha aggiunto - se noi cristiani fossimo i pompieri che spengono questo fuoco che ha rinnovato la terra!... Lasciamoci investire dalla forza della Spirito, che rinnova la faccia della terra” ha aggiunto il Cardinale rivolgendo lo sguardo al mondo e invitando i sacerdoti, i religiosi, i laici presenti (tra cui anche adulti che hanno ricevuto il sacramento della cresima proprio nella Veglia di Pentecoste) a pregare e a impegnarsi per quanto accade intorno a noi. Ha richiamato la “nostra città e diocesi”, i giovani, le famiglie, “i nostri fratelli terremotati”, “tutte le nostre istituzioni perché garantiscano la pace, la concordia e il bene comune”, l’ambiente, la pace nel mondo, i cristiani perseguitati, e ha invocato lo Spirito affinché siano distrutti “gli odii di razza, e tutti i popoli accolgano le leggi del Tuo amore, e infondi il tuo alito di vita su tutte le strutture di morte che opprimono l’umanità”. La traslazione di Trancanelli all’ospedale A conclusione della Veglia il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti ha annunciato la solenne traslazione delle spoglie mortali del venerabile servo di Dio Vittorio Trancanelli dalla chiesa di Cenerente (Pg) alla cappella dell’ospedale “Santa Maria della Misericordia” domenica 2 luglio. Da Cenerente la bara sarà portata nella chiesa della Sacra Famiglia in San Sisto. Da lì alle ore 16 verrà condotta a spalla fino alla cappella dell’ospedale, accompagnata processionalmente da tutto il popolo di Dio. In cappella, dopo la tumulazione della bara e il gesto della donazione delle venerate spoglie mortali con atto notarile da parte della vedova e del figlio Diego alla Curia arcivescovile di Perugia, verrà celebrata l’eucaristia presieduta dal Cardinale e concelebrata dai vescovi e sacerdoti presenti. Al termine i fedeli potranno sfilare in preghiera dinanzi al sarcofago di Vittorio Trancanelli. Per il programma dettagliato: www.diocesi.perugia.it. M. R. V.]]>

Il 2 luglio dovrà essere una grande festa, con grande partecipazione di popolo. Ci sarà la “traslazione” (trasferimento, da Cenerente all’ospedale) delle spoglie mortali di Vittorio Trancanelli, il medico perugino morto nel 1998 a soli 54 anni, e che la Chiesa ha dichiarato “venerabile” con il decreto firmato da Papa Francesco in Vaticano il 21 febbraio scorso. L’annuncio è stato dato in cattedrale, al termine della Veglia di Pentecoste promossa e preparata dalla Consulta delle aggregazioni laicali della diocesi (vedi sotto). Occasione provvidenziale, quasi un appuntamento dato da Vittorio, medico e padre di famiglia, ai laici come lui, di tutta la diocesi. Se fosse ancora qui forse avrebbe commentato: “Se ce l’ho fatta io, potete farcela anche voi!”. Che è, in un certo senso, la traduzione popolare di quanto la Chiesa vuol dire dichiarandone la “venerabilità”, ossia la possibilità di prendere Vittorio come esempio di vita e rivolgersi pubblicamente a lui nella preghiera. Questo è oggi possibile perché la vita di Vittorio è passata al vaglio della Chiesa con un lungo e minuzioso “processo” iniziato dal vescovo Giuseppe Chiaretti in questa diocesi e proseguito alla Congregazione delle cause dei santi in Vaticano (prima studiato da nove teologi, poi da una commissione di vescovi e cardinali) per terminare con il decreto firmato dal Papa. La festa “alla quale - dice il card. Bassetti - prenderanno parte autorità civili e religiose e, mi auguro, tantissimi fedeli della nostra arcidiocesi, sarà l’occasione grande per ringraziare Dio di aver suscitato nella nostra Chiesa questa vita santa, spesa a servizio dei poveri e dei malati, segno imperituro che la grazia di Dio, donata a noi dall’effusione dello Spirito santo, sempre opera per la santificazione del mondo”. Vittorio Trancanelli è dunque già “santo” ovvero indicato dalla Chiesa come modello di vita, anche se il processo di canonizzazione riserva questo titolo a coloro che hanno “confermato” quanto la Chiesa ha dichiarato intercedendo per due miracoli (dopo il primo è dato il titolo di beato). Il 2 luglio sarà l’occasione per comprendere quanto sia vero ciò che la Chiesa ci ha ricordato con il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium (n. 40; testo su w2.vatican.va), ossia che la santità è “pienezza della vita cristiana e perfezione della carità” e che “tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano”. Papa Benedetto XVI, nell’udienza generale del 13 aprile 2011 dedicata al tema della santità, osservava che “i santi appartengono a tutte le età e a ogni stato di vita, sono volti concreti di ogni popolo, lingua e nazione. E sono tipi molto diversi”. E aggiungeva che “la santità cristiana non è altro che la carità pienamente vissuta”. La vita di Vittorio - e di sua moglie Lia - è una vita straordinariamente ordinaria, diversa da quella di tutti gli altri santi, ma uguale nel desiderio di fare “come Gesù” tutto quello che era possibile fare. Senza proclami ma con scelte meditate, anche sofferte, sempre condivise come coppia. Questo è quanto raccontano le testimonianze pubblicate dall’editrice La Voce nel libro Vittorio Trancanelli.   Un segno dello Spirito, rivelato a Pentecoste Bisogna invocare con forza lo Spirito e chiedergli che la nostra vita faccia un salto di qualità. Lo Spirito ci aiuti tutti a passare dalla stanchezza e, forse, dalla rassegnazione, a un nuovo slancio creativo e contagioso. Dobbiamo avere la certezza che il fuoco che lo Spirito acceso a Pentecoste si è diffuso ed è arrivato fino a noi”. Nella cattedrale di San Lorenzo, queste parole del card. Gualtiero Bassetti erano rivolte ai fedeli che hanno partecipato alla Veglia di Pentecoste la sera del 3 giugno. “Guai - ha aggiunto - se noi cristiani fossimo i pompieri che spengono questo fuoco che ha rinnovato la terra!... Lasciamoci investire dalla forza della Spirito, che rinnova la faccia della terra” ha aggiunto il Cardinale rivolgendo lo sguardo al mondo e invitando i sacerdoti, i religiosi, i laici presenti (tra cui anche adulti che hanno ricevuto il sacramento della cresima proprio nella Veglia di Pentecoste) a pregare e a impegnarsi per quanto accade intorno a noi. Ha richiamato la “nostra città e diocesi”, i giovani, le famiglie, “i nostri fratelli terremotati”, “tutte le nostre istituzioni perché garantiscano la pace, la concordia e il bene comune”, l’ambiente, la pace nel mondo, i cristiani perseguitati, e ha invocato lo Spirito affinché siano distrutti “gli odii di razza, e tutti i popoli accolgano le leggi del Tuo amore, e infondi il tuo alito di vita su tutte le strutture di morte che opprimono l’umanità”. La traslazione di Trancanelli all’ospedale A conclusione della Veglia il vescovo ausiliare mons. Paolo Giulietti ha annunciato la solenne traslazione delle spoglie mortali del venerabile servo di Dio Vittorio Trancanelli dalla chiesa di Cenerente (Pg) alla cappella dell’ospedale “Santa Maria della Misericordia” domenica 2 luglio. Da Cenerente la bara sarà portata nella chiesa della Sacra Famiglia in San Sisto. Da lì alle ore 16 verrà condotta a spalla fino alla cappella dell’ospedale, accompagnata processionalmente da tutto il popolo di Dio. In cappella, dopo la tumulazione della bara e il gesto della donazione delle venerate spoglie mortali con atto notarile da parte della vedova e del figlio Diego alla Curia arcivescovile di Perugia, verrà celebrata l’eucaristia presieduta dal Cardinale e concelebrata dai vescovi e sacerdoti presenti. Al termine i fedeli potranno sfilare in preghiera dinanzi al sarcofago di Vittorio Trancanelli. Per il programma dettagliato: www.diocesi.perugia.it. M. R. V.]]>
Un furibondo braccio di ferro https://www.lavoce.it/un-furibondo-braccio-di-ferro/ Thu, 03 Mar 2016 19:07:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=45612 emilio-duca-cmykSi trascina la crisi a palazzo Donini, dopo le dimissioni dell’assessore alla Sanità Luca Barberini. Il Consiglio regionale non si è più riunito – l’ipotesi è quella di una convocazione per il 9 marzo – visto lo sfaldamento della maggioranza che non potrebbe, in queste condizioni, affrontare le tematiche legate al bilancio. Nel frattempo la politica, divisa dalle nomine alla sanità, ha bloccato l’attività consiliare.

Ma qualcosa si muove. Intanto si è completato il pacchetto delle nomine. Dopo i quattro direttori generali (azienda ospedaliera di Perugia e Terni, e delle Asl 1 e 2), sono stati nominati i direttori sanitari e amministrativi delle due Usl e delle due aziende ospedaliere di Perugia e Terni. In quella di Perugia il neo-direttore Emilio Duca ha scelto come direttore amministrativo Maurizio Valorosi e come direttore sanitario Diamante Pacchiarini; in quella di Terni, Riccardo Brugnetta sarà il direttore amministrativo e Sandro Fratini quello sanitario. All’Usl 1 i nomi sono quelli di Doriana Sarnari (direttore amministrativo) e Pasquale Parise (direttore sanitario), mentre alla 2 ci sono Enrico Martelli (direttore amministrativo) e Pietro Manzi (direttore sanitario). La rotazione ha riguardato anche tanti dirigenti, impiegati in altri ruoli.

In sostanza questo rinnovamento, tanto sbandierato, è diventato solo un’icona per nascondere un furibondo braccio di ferro tra la presidente Catiuscia Marini e l’assessore Barberini (che rappresenta l’ala del Pd che fa riferimento al sottosegretario Gianpiero Bocci). Manca solo, per la sanità, il numero uno della Centrale regionale per gli acquisti. In questo periodo, dopo dichiarazioni molto forti tra entrambi gli schieramenti interni al Pd, si tenta di ricucire la voragine aperta dalle dimissioni di Barberini.

Non è così semplice, perché si è andati un po’ troppo oltre; ma nessuno, al di là dei bracci di ferro, vuole far saltare la legislatura. Intanto diversi consiglieri regionali di opposizione hanno occupato simbolicamente l’aula di palazzo Cesaroni esponendo il cartello “Noi ci siamo per i cittadini”. “Abbiamo deciso questa occupazione simbolica”, ha spiegato Ricci, nella giornata in cui doveva tenersi la seduta dell’Assemblea legislativa e la “Giunta avrebbe dovuto dire se esiste ancora una maggioranza in grado di governare l’Umbria. Altrimenti la conseguenza istituzionale dovrebbero essere le elezioni anticipate, per chiedere ai cittadini cosa pensano di questa situazione di ingovernabilità. Nei giorni scorsi abbiamo presentato una mozione per verificare se la Giunta regionale è in grado di prendere decisioni su un tema delicato come la sanità, che occupa gran parte del nostro bilancio”.

 

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Parte dall’Umbria la nuova tecnologia di lotta al cancro https://www.lavoce.it/parte-dallumbria-la-nuova-tecnologia-di-lotta-al-cancro/ Fri, 06 Mar 2015 12:35:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=30731 Delrio-TavoloSarà una “casa della speranza” nella lotta contro il cancro, il nuovo Centro di ricerca emato-oncologica (Creo) dell’Azienda ospedaliera di Perugia. La struttura è stata inaugurata martedì mattina nel corso di una cerimonia molto partecipata; presenti anche numerose autorità, come il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, la presidente della Regione, Catiuscia Marini, l’assessore comunale Emanuele Prisco, l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, card. Gualtiero Bassetti, e il magnifico rettore dell’Università, Franco Moriconi. Il Creo si configura come un vero e proprio polo d’eccellenza per la ricerca sui tumori. “Con questa struttura – ha sottolineato il direttore dell’Azienda ospedaliera Walter Orlandi – l’ospedale di Perugia si dota di altri laboratori di alta tecnologia, che occupano circa 6.000 metri quadrati, per la ricerca e l’assistenza nel campo dell’ematologia con trapianto, oncologia, genetica e medicina molecolare. Con l’attivazione del Creo, si completa un percorso di interventi organizzativi e strutturali che collocano il ‘Santa Maria della Misericordia’ tra i principali ospedali di eccellenza Italia e all’estero”. “Il progetto del Centro di ricerca – ha spiegato il prof. Brunangelo Falini – nasce nel 2002 da due menti geniali: il prof. Martelli, ricercatore di fama internazionale, con la sua Scuola di ematologia, e Franco Chianelli del Comitato per la vita ‘Daniele Chianelli’. La posa della prima pietra è arrivata nel 2006 e oggi siamo veramente orgogliosi del traguardo raggiunto”. Nel Creo, infatti, si svolgeranno ricerche d’avanguardia nel settore oncologico che verteranno in particolare, come spiegato da Falini, sullo studio e sull’approfondimento delle mutazioni genetiche sottese all’insorgere di un tumore; sull’utilizzo di “farmaci intelligenti”; e, guardando al futuro, sull’impiego di cellule staminali dello stesso paziente, ossia cellule “ingegnerizzate” che, reimpiantate nel corpo, combatteranno la malattia dal di dentro. “Qui – ha sottolineato Falini – si farà ricerca applicata, ovvero si trasferiranno le scoperte di laboratorio nella clinica, cioè nei pazienti stessi. Ora la vittoria sul tumore appare più vicina”.

Unanime la soddisfazione espressa da parte delle autorità presenti. “È un esempio – ha evidenziato la presidente Marini – di buona sanità pubblica, ma anche di buona amministrazione. Dobbiamo infatti essere orgogliosi di questa importantissima realtà, anche per il fatto che la sua realizzazione non ha pesato sul bilancio delle risorse che lo Stato ci assegna per la sanità, ma è stata possibile grazie all’efficiente gestione finanziaria dell’Azienda ospedaliera di Perugia. L’Umbria è una regione piccola, ma virtuosa”. Il rettore Moriconi ha definito il Creo “una perla che si aggiunge ad altre che fanno del nostro ateneo e dell’Azienda ospedaliera un centro di eccellenza mondiale. Il merito di quanto avviene oggi va dato al prof. Martelli e alla sua scuola, e a quelli che oggi, a partire dal prof. Falini, proseguono il lavoro del Maestro. Non voglio dimenticare l’opera del signor Chianelli, con cui vogliamo continuare a lavorare”. Il sottosegretario Delrio ha concluso: “Gli ospedali sono il luogo dove la Costituzione diventa realtà, perché vi si applica veramente il principio dell’uguaglianza, per cui tutti siamo uguali. Quello di oggi è un successo dell’Italia, un esempio di come il nostro Paese ce la può fare. Oggi qui state generando comunità, state generando un Paese nuovo”.

03/03/2015

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Centrale unica per il 118 https://www.lavoce.it/centrale-unica-per-il-118/ Thu, 11 Jul 2013 12:38:37 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18040 118Prosegue la riforma della sanità umbra con l’attivazione della Centrale operativa unica regionale del 118. Il servizio, rinnovato, costituisce un sistema avanzato di tecnologia con una centrale di coordinamento a livello regionale, che non funziona solo come soccorso ma indirizza il paziente verso l’ospedale più adeguato alle sue esigenze. Secondo il direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Perugia, Walter Orlandi, si tratta di una “cabina di regia” che rende “più efficiente ed efficace il servizio”. Per il direttore si tratta di “un ulteriore tassello che compone il servizio di urgenza ed emergenza, un servizio che verrà completato attraverso il rafforzamento dell’accordo con la Regione Marche per l’elisoccorso”.

In pratica ci sarà una convenzione con la Regione Marche, a regime per il prossimo anno, che consentirà di abbattere i costi (mediamente il servizio di elisoccorso ha un costo annuo di 3 milioni di euro circa) e ampliare la gamma dei servizi. Per la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, la centrale unica “permette di gestire in modo più appropriato il sistema delle urgenze ed emergenze. È un modello che dà risposte positive al cittadino, offre una maggiore qualità, più sicurezza ed efficienza, a costi di funzionamento ridotti. Contemporaneamente, consente di mettere in relazione la centrale unica con centri di alta specializzazione, anche di fuori regione”. Nonostante le resistenze che ogni tanto emergono, per la tradizione campanilistica, il servizio ha ricevuto il via libera dei sindaci di Perugia, Terni e Foligno. Per il sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali, “siamo dentro un processo di riorganizzazione che mette da parte gli interessi locali e territoriali per raggiungere l’obiettivo del bene comune che è la sanità pubblica”. Per il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, “l’Umbria non è entrata nella spirale negativa delle scarse risorse economiche, ma attraverso la lungimiranza degli atti politici ha saputo migliorare ulteriormente il servizio sanitario”. La sfida è, ora, per il primo cittadino di Foligno, Nando Mismetti, quella di “mantenere l’elevato livello di qualità dei servizi sanitari regionali raggiunto, dentro un processo di riorganizzazione che nulla deve togliere ai cittadini”.

La realizzazione della Centrale unica è il risultato – ha commentato l’assessore alla Sanità, Franco Tomassoni – di un “percorso unitario e condiviso”. È importante capire il funzionamento del nuovo sistema. In pratica, la chiamata al 118, da qualunque parte della regione provenga, ora giunge alla centrale operativa del capoluogo umbro. Qui gli operatori decidono quale è l’ambulanza più vicina e l’ospedale maggiormente adatto per specialità richiesta dal paziente. La centrale è dotata di telefonia digitale, nuova cartografia e di un rinnovato sistema radio per le comunicazioni. Con una consolle computerizzata di ultima generazione. Ci lavorano 40 operatori che, nella gestione ordinaria, si alternano in quattro turni, ma che possono arrivare a otto in situazione di emergenza. A dirigere la struttura è il dottor Mario Capruzzi, responsabile del pronto soccorso dell’ospedale di Perugia e già del 118 del capoluogo umbro.

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Grazie a Papa Giovanni Paolo II https://www.lavoce.it/grazie-a-papa-giovanni-paolo-ii/ Fri, 13 May 2011 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9350 Ci sono molti motivi per ringraziare Dio per la beatificazione di Giovanni Paolo. L’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti si prepara a essere voce dei molti fedeli che si uniranno a lui nella solenne celebrazione di venerdì 13 maggio nel piazzale Gambuli dell’ospedale di Perugia, all’ombra del monumento a Maria e a Giovanni Paolo II voluto dal suo predecessore mons. Giuseppe Chiaretti. Data e luogo non occasionali. Il 13 maggio, festa della Madonna di Fatima, ricorre il 30° anniversario dell’attentato subito dal Papa in piazza San Pietro. E l’ospedale è un luogo simbolo del grande amore per la vita che Giovanni Paolo II ha testimoniato in ogni modo e in ogni luogo, ma in maniera del tutto speciale negli ultimi anni della sua vita segnata dalla malattia. Questo Papa “venuto di lontano”, aggiunge mons. Bassetti, “ha ridato alla Chiesa e all’umanità intera la speranza di una vita e di un mondo che può rinnovarsi. Ha testimoniato la sua fede in Cristo senza tentennamenti, senza compromessi. Ha ricordato alle società opulente il primato dell’amore universale e il dovere di un’equa distribuzione dei beni; si è fatto voce delle moltitudini affamate e oppresse del mondo per rivendicare diritti e dignità. È stato una voce che ha gridato nel deserto dei valori della società contemporanea. Una voce spesso inascoltata dai potenti, ma che ha dato forza agli umili”. Una “voce” che turbava le coscienze e che proprio trent’anni fa, più o meno nell’ora in cui mons. Bassetti celebra la messa, fu colpito a morte in piazza San Pietro.

“Giovanni Paolo II disse che fu la Vergine di Fatima a salvargli la vita” e, ricorda l’arcivescovo, “appena rimessosi in salute venne a Collevalenza, il 22 novembre 1981, per ringraziare Dio, Amore Misericordioso, di avergli salvato la vita”. Un grazie particolare anche per la visita che 25 anni fa Papa Wojtyla fece alla città di Perugia alla vigilia del primo storico incontro interreligioso di preghiera per la pace nel mondo che volle avvenisse ad Assisi . Mons. Bassetti ricorda la visita a Perugia il 26 ottobre 1986, e le parole che il Papa rivolse alla città e “alle varie componenti della nostra Chiesa” indicando “il sentiero di vita cristiana sul quale ancora oggi siamo incamminati”. Chiamò i giovani e le famiglie ad essere protagonisti della “nuova evangelizzazione”. Missione, ovvero “andare verso gli altri saldi e uniti nella fede, che scaturisce e si alimenta alla fonte della preghiera e del colloquio con Dio”. “Io – racconta mons. Bassetti – ricordo sempre il Papa assorto nella contemplazione. Non era in estasi, ma era totalmente immerso in Dio. Anche in questo è stato un modello per tutti noi”. Molti i motivi per dire grazie a Giovanni Paolo II, ma mons. Bassetti li riassume in un “grazie” per “l’esempio che ci hai dato, per l’amore che ci hai portato, per la tua fede e la tua testimonianza”. E al Beato Giovanni Paolo II chiede di “benedire dal cielo” “questo grande Ospedale, ove tanta gente, ogni giorno, cerca sollievo alla sofferenza”, la città di Perugia e la terra umbra “che hai portato sempre nel cuore”.

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Chirurgia, disagi al Santa Maria https://www.lavoce.it/chirurgia-disagi-al-santa-maria/ Fri, 31 Aug 2007 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6073 La brutta immagine di un ospedale. Tra inchieste, gru e i molti “lamenti” di chi vi lavora ogni giorno. Tutti dentro. La fine delle ferie estive riconsegna anche all’ospedale di Perugia un personale più sereno e ristorato. È stata un’estate “bollente” per i lavoratori del Santa Maria della Misericordia, medici, infermieri e quant’altri. L’inchiesta della magistratura sull’assenteismo è servita sì ad individuare “le mele marce” (un’ottantina di persone che truccavano i marcatempo), ma inevitabilmente ha anche screditato l’immagine complessiva dell’azienda ospedaliera e di chi ogni giorno vi opera. “A volte – racconta un medico – quando attraverso i corridoi dei reparti o le sale di attesa, sento la gente sghignazzarmi dietro facili battute, del tipo: chissà se questo qui ha bollato il cartellino oggi… Eppure il mio lavoro l’ho sempre fatto seriamente, come tanti altri miei colleghi”. Un’altra impressione che si ricava dalle facce, dagli ammiccamenti, dalle mezze parole, parlando qua e là con chi l’ospedale lo vive tutti i giorni, è che quell”ambiente sanitario percepiva già da tempo la presenza delle ‘mele marce’ al suo interno. Che passavano nell’immaginario collettivo come ‘i soliti protetti’ dall’alto. Se l’impressione sia giusta o no, toccherà ai magistrati trovare conferme e, se sì, salire più in alto rispetto ai caposala arrestati. Di certo c’è che l’attuale immagine del Santa Maria della Misericordia è quella di un ospedale sofferente. Anche nelle strutture. Il mega-cantiere di Sant’Andrea delle Fratte è ancora a cielo aperto e lo resterà per molto tempo, nell’era del trasferimento ‘a singhiozzo’ dei reparti dal policlinico di Monteluce e da via del Giochetto.

Il direttore generale dell’ospedale, Walter Orlandi – che punta anche alla riduzione dei dipartimenti, considerando per ora efficaci solo il Pronto soccorso e l’Oncoematologia – non si nasconde dietro un dito, consapevole di tutte le difficoltà per reperire spazi utili ai reparti, ai primari e ai malati. ‘Sarebbe stato meglio concludere i lavori e poi iniziare i trasferimenti’, ha detto. Una cosa logica, ma la logica è mancata, e oggi Perugia è ancora lontana da quel centro d’eccellenza sanitaria tanto desiderato. (pa. gio.)La situazione è ormai diventata insostenibile. La nostra paura è che con questo correre da un paziente all’altro, tra mille altre incombenze, qualche cosa possa sfuggirci di mano, e la colpa poi ricadrebbe su di noi’. A parlare è una delle infermiere del reparto di Chirurgia d’urgenza dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, in una normale giornata d’agosto, mentre si affanna insieme ad una collega a preparare l’ennesimo letto lungo la corsia del reparto (tempo fa si è arrivati addirittura ad un massimo di nove), uno di quelli tirati fuori all’occorrenza, e montati li per lì, per ospitare l’ultimo paziente arrivato. E gli è andata comunque bene, perché “fino a qualche tempo fa – prosegue l’infermiera – se il reparto era al completo, al posto dei letti trovavi una barella. Con il rischio, vista l’assenza di sponde, di ritrovarti per terra solo se ti muovevi un po’ di più”.

Un mese fa, infatti, dopo l’intervento dei Nas, le barelle utilizzate per eventuali ricoveri in eccedenza sono state sostituite dai letti. Interessato dai nostri discorsi, poco più in là, disteso su un letto appena nascosto da un paravento, un anziano ricoverato nella notte ci guarda e commenta: “Ha mai provato lei a dormire per otto ore su una barella? Ci provi e vedrà come ci si rompe la schiena!”. “Purtroppo i letti a disposizione in più erano terminati e l’alternativa è stata quella” risponde l’infermiera, indicandola ancora abbandonata lungo il corridoio. “E pensare che questo dovrebbe essere un ospedale all’avanguardia” commenta un familiare seduto accanto ad uno dei cinque pazienti disposti lungo la corsia. Sono tutti distesi nei letti, in attesa che si liberi un posto in una delle 14 stanze a disposizione del reparto, in ognuna due letti. Certamente non è un bello spettacolo: cerchi di non farci caso, di guardare davanti a te, per concedere a quelle persone un po’ di privacy. Uomini e donne, giovani e meno giovani insieme: a dividerli solo dei paraventi, che spesso coprono appena. Quando sei dolorante, attaccato ad una flebo, magari assonnato, non fai caso a quello che ti circonda e dormi, pensi tra te. Ma il disagio lo cogli, magari, quando arriva l’ora delle visite: voci di quà e voci di là, un viavai continuo di persone, intere famiglie si riversano nelle stanze e nei corridoi, tanto che le infermiere sono costrette ad allontanare alcuni di loro per dare al reparto un po’ di tranquillità.

“La notte scorsa – racconta un’altra infermiera – è stata da incubo. Nel giro di poche ore sono stati ricoverati sei pazienti, alcuni dei quali operati d’urgenza nel giro di poco tempo. In tutto erano ricoverati trentaquattro pazienti con due infermiere di turno, anche se poi abbiamo chiamato un reperibile. Non ce la facciamo più e la situazione non migliora”. Ormai sono due anni che si va avanti così, nell’incertezza – raccontano – e certamente non si lavora tranquilli. Spesso per compensare la carenza di personale è necessario fare doppi turni, straordinari: chi va in pensione non viene sostituito. Il disagio è palpabile tra il personale infermieristico, e non solo. Il problema, sostengono, è nella gestione degli ingressi, divisa tra le due Chirurgie del Santa Maria. Perché non unificare la responsabilità della gestione? Forse qualche miglioramento si potrebbe avere. E poi i letti: la disponibilità è sempre quella, e a volte vengono occupati in maniera impropria, quando invece alcuni pazienti potrebbero essere ricoverati presso altri reparti interni. In questo modo si darebbe più spazio alle urgenze, a chi nel giro di 24 – 48 ore deve essere operato. Anche il cosiddetto “osservatorio breve”, allestito presso il Pronto soccorso, con 6 posti disponibili, non risolve la situazione. La soluzione va certamente trovata altrove e al più presto. Il paziente non può aspettare.Manuela Mariani

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“Il mio cartellino, timbralo tu” https://www.lavoce.it/il-mio-cartellino-timbralo-tu/ Fri, 20 Jul 2007 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=6023 L’assenteismo colpisce l’ospedale di Perugia. Tutto dipende dal badge, la tessera magnetica che scandisce il tempo dei dipendenti pubblici. Per molti è una tortura quotidiana, altri si ingegnano per superare questo assillo. All’ospedale di Perugia, i carabinieri del Nas hanno trovato una situazione anomala. E sono scattati 12 arresti, disposti dal gip Nicla Flavia Restivo su richiesta del procuratore Nicola Miriano e del sostituto Giuseppe Petrazzini. Di loro, 2 in carcere e 10 agli arresti domiciliari, ma sono addirittura 68 (tra medici, infermieri, tecnici di laboratorio, personale amministrativo) gli indagati a piede libero. Per tutti sono stati ipotizzati, a vario titolo, i reati di truffa aggravata e falso in atto pubblico. In pratica, nelle ore in cui risultavano ufficialmente al lavoro, svolgevano attività in cliniche private e strutture di diverso genere, o trascorrevano il proprio tempo in libertà grazie a qualcuno che timbrava per loro il cartellino. Una storia che non si discosta da tante altre, avvenute in passato nel nostro Paese, ma che getta fango sul pianeta pubblico.

La Giunta regionale annuncia una commissione d’inchiesta, il direttore generale Walter Orlandi si dichiara parte lesa, i sindacati definiscono la vicenda “grave” ma che”rischia di mettere ingiustamente in cattiva luce anche la stragrande maggioranza di lavoratori e lavoratrici che si sentono responsabili del funzionamento complessivo del servizio pubblico e che, sinora, hanno garantito, il più delle volte in condizioni precarie ed estremamente disagevoli, i servizi a migliaia di cittadini umbri”. Un avvocato difensore ritiene esagerati gli arresti; l’Ordine dei medici ricorda quanti sanitari lavorino senza guardare l’orologio. Ci sono molti luoghi comuni sul lavoro del dipendente pubblico, in questo periodo incrementati anche per la pressione fiscale sui lavoratori autonomi, accusati di non pagare le tasse in modo adeguato rispetto al proprio reddito. Questa vicenda non contribuirà certo a rasserenare gli animi. È un fatto che 80 dipendenti praticavano questo sistema, dopo che nel settembre scorso si era sviluppata un’altra inchiesta per assenteismo per 4 dipendenti, sempre all’ospedale di Perugia. È indicativo che il procuratore Miriano affermi che le misure cautelari sono state rese indispensabili dalla constatazione che gli indagati “per nulla intimoriti o dissuasi da quanto in precedenza verificatosi, persistevano nelle condotte delittuose”. Le immagini riprese dalle telecamere del Nas nei pressi degli apparecchi hanno così mostrato dipendenti ospedalieri e universitari che “timbravano sistematicamente”, secondo il Nas, i badge propri e quelli di altri assenti dal servizio. Gli accusati, nel corso dei primi interrogatori di garanzia, non hanno negato ma hanno ridimensionato di molto i fatti contestati. E in molti chiedono risposte alla domanda più elementare: se il fenomeno era così diffuso, non era possibile prevenire, e intervenire senza aspettare l’arrivo dei carabinieri?

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