Aung San Suu Kyi Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/aung-san-suu-kyi/ Settimanale di informazione regionale Thu, 18 Feb 2021 18:24:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Aung San Suu Kyi Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/aung-san-suu-kyi/ 32 32 Il Myanmar torna in mano all’aristocrazia militare https://www.lavoce.it/il-myanmar-torna-in-mano-allaristocrazia-militare/ Thu, 18 Feb 2021 18:24:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=59269 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Le notizie dal Myanmar arrivano con il contagocce. L’informazione è tra i primi diritti che vengono repressi. Anche il traffico della rete internet è stato oscurato. I generali sembrano aver dichiarato guerra agli abitanti del Paese perché il dissenso tra la popolazione sembra essere diffuso, dilagante, pressoché totale. Da una parte ci sono elezioni condotte regolarmente, che hanno inteso affidare le sorti del Paese alla National League for Democracy (Nld: Lega nazionale per la democrazia) della Nobel della pace Aung San Suu Kyi, e dall’altra un gruppo di militari d’altissimo rango che vedono traballare i propri interessi economici. Centrale è il ruolo della Cina che, a quanto pare, vede garantita la sudditanza economica dell’ex Birmania più grazie ai militari che alla democrazia. Si teme che la repressione possa sfociare in una strage con migliaia di morti, come è già nel 1988 e nel 2007, quando la “rivolta zafferano” guidata dai monaci aveva fatto tremare il regime. La comunità internazionale, davanti a questo rischio, non può continuare a restare sugli spalti. Potrebbe piuttosto cominciare a comminare sanzioni economiche, non contro la popolazione ma congelando il denaro che i militari hanno depositato nelle banche estere per tenerli al sicuro. Tonio Dell’Olio]]>
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Le notizie dal Myanmar arrivano con il contagocce. L’informazione è tra i primi diritti che vengono repressi. Anche il traffico della rete internet è stato oscurato. I generali sembrano aver dichiarato guerra agli abitanti del Paese perché il dissenso tra la popolazione sembra essere diffuso, dilagante, pressoché totale. Da una parte ci sono elezioni condotte regolarmente, che hanno inteso affidare le sorti del Paese alla National League for Democracy (Nld: Lega nazionale per la democrazia) della Nobel della pace Aung San Suu Kyi, e dall’altra un gruppo di militari d’altissimo rango che vedono traballare i propri interessi economici. Centrale è il ruolo della Cina che, a quanto pare, vede garantita la sudditanza economica dell’ex Birmania più grazie ai militari che alla democrazia. Si teme che la repressione possa sfociare in una strage con migliaia di morti, come è già nel 1988 e nel 2007, quando la “rivolta zafferano” guidata dai monaci aveva fatto tremare il regime. La comunità internazionale, davanti a questo rischio, non può continuare a restare sugli spalti. Potrebbe piuttosto cominciare a comminare sanzioni economiche, non contro la popolazione ma congelando il denaro che i militari hanno depositato nelle banche estere per tenerli al sicuro. Tonio Dell’Olio]]>
Papa Francesco: un momento storico per il Myanmar https://www.lavoce.it/papa-francesco-un-momento-storico-myanmar/ Thu, 07 Dec 2017 11:00:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=50790

“Un momento storico” per la vita della piccola comunità cattolica, ma anche per tutto il Myanmar. Così padre Mariano Soe Naing, portavoce della Conferenza episcopale del Paese, descrive la visita di Papa Francesco che si è conclusa il 30 novembre. Mentre il Papa proseguiva il suo viaggio in Bangladesh, i 700.000 cattolici birmani cominciavano già a pensare al futuro con rinnovata fiducia. Padre Mariano, quali sono stati i momenti più significativi della visita, e perché? “Stiamo cercando, insieme ai vescovi, di fare una sintesi della visita del Papa per cercare di andare più in profondità nei contenuti e significati dei suoi discorsi: l’omelia durante la messa a Kyaikkasan Ground, l’omelia ai giovani e i discorsi alle autorità politiche nella capitale Nay Pyi Taw e al Consiglio supremo Sangha dei monaci buddisti nel Kaba Aye Centre. Cercheremo di capire cosa ci suggeriscono le parole del Papa. Tra i momenti più importanti, secondo me, la messa del 30 novembre con i giovani alla St. Mary’s Cathedral: specialmente quando il Papa ha parlato liberamente con i giovani, è stato un momento molto emozionante. I giovani erano felicissimi per la presenza del Papa tra loro, c’è stato uno scambio molto bello”. Qual è stato l’impatto della visita di Papa Francesco sull’opinione pubblica e sui media? “L’approccio di Papa Francesco con la gente è spesso semplice e paterno, e questa familiarità ha commosso molto tutti, non solo i cristiani, anche i buddisti. Credo abbiano percepito una grande disciplina e unità della Chiesa cattolica, nonostante i timori che l’afflusso di migliaia di persone tutte insieme potesse creare delle difficoltà. La polizia e l’opinione pubblica sono rimasti colpiti dalla nostra disciplina durante e dopo gli eventi, dalla capacità di aiutarci gli uni con gli altri, dalla gentilezza reciproca e dal nostro desiderio di unità per tutto il Paese”. Quindi, un momento storico per il Myanmar? “Sì, è stato veramente un momento storico. Anche i giornali hanno definito così la visita. L’opinione pubblica ha specialmente gradito che il Papa non abbia menzio- nato la crisi nello Stato del Rakhine, ma abbia fatto un discorso inclusivo, chiedendo il rispetto di tutti i gruppi etnici”. Pensa che la visita contribuirà a rafforzare il processo democratico nel Paese? “Sì, speriamo che favorisca specialmente l’accettazione reciproca. Durante l’incontro con i monaci buddisti, entrambi i discorsi – sia del capo supremo del Consiglio Sangha, sia del Papa - , hanno sottolineato che nelle radici delle religioni non esiste la violenza e non sono previsti estremismi e terrorismo. E che le differenze non devono creare problemi, ma si può lavorare insieme, mano nella mano. Anche a Nay Pyi Taw, quando il Papa ha parlato ad Aung San Suu Kyi, ci sono stati dei tratti in comune relativi alla volontà di superare tutte le divisioni e lavorare insieme per la pace, la crescita e la sicurezza delle persone. Credo che la visita del Papa darà una forte spinta al percorso di democratizzazione del Paese, verso il reciproco rispetto e l’unità”. Cosa le ha lasciato l’incontro con Papa Francesco a livello personale? “Siamo stati tutti felicissimi di questa esperienza. Come organizzatori, siamo stati molto impegnati per fare in modo che le cose funzionassero bene, ma abbiamo avuto alcune occasioni per stare molto vicini al Papa. Il suo volto era sempre sorridente, soprattutto durante la messa. Ho percepito la gioia delle persone attorno al suo leader e la sua gioia di stare tra noi. Ho sentito che siamo uniti in una sola Chiesa. Conserveremo con cura questa vicinanza nei nostri cuori e nella nostra fede”. Quali saranno i prossimi passi per la piccola comunità cattolica del Myanmar? “A gennaio avremo l’assemblea della Conferenza episcopale, e sicuramente i vescovi pianificheranno la pastorale secondo le indicazioni del Papa. Poi avremo l’incontro nazionale dei giovani, che sarà un’altra occasione per mettere in pratica le sue parole. Faremo in modo di non dimenticare ciò che ci ha detto, e prolungare il più possibile l’impatto positivo della sua visita”. Leggi anche Il viaggio in Oriente del Papa visto da un missionario umbro.  ]]>

“Un momento storico” per la vita della piccola comunità cattolica, ma anche per tutto il Myanmar. Così padre Mariano Soe Naing, portavoce della Conferenza episcopale del Paese, descrive la visita di Papa Francesco che si è conclusa il 30 novembre. Mentre il Papa proseguiva il suo viaggio in Bangladesh, i 700.000 cattolici birmani cominciavano già a pensare al futuro con rinnovata fiducia. Padre Mariano, quali sono stati i momenti più significativi della visita, e perché? “Stiamo cercando, insieme ai vescovi, di fare una sintesi della visita del Papa per cercare di andare più in profondità nei contenuti e significati dei suoi discorsi: l’omelia durante la messa a Kyaikkasan Ground, l’omelia ai giovani e i discorsi alle autorità politiche nella capitale Nay Pyi Taw e al Consiglio supremo Sangha dei monaci buddisti nel Kaba Aye Centre. Cercheremo di capire cosa ci suggeriscono le parole del Papa. Tra i momenti più importanti, secondo me, la messa del 30 novembre con i giovani alla St. Mary’s Cathedral: specialmente quando il Papa ha parlato liberamente con i giovani, è stato un momento molto emozionante. I giovani erano felicissimi per la presenza del Papa tra loro, c’è stato uno scambio molto bello”. Qual è stato l’impatto della visita di Papa Francesco sull’opinione pubblica e sui media? “L’approccio di Papa Francesco con la gente è spesso semplice e paterno, e questa familiarità ha commosso molto tutti, non solo i cristiani, anche i buddisti. Credo abbiano percepito una grande disciplina e unità della Chiesa cattolica, nonostante i timori che l’afflusso di migliaia di persone tutte insieme potesse creare delle difficoltà. La polizia e l’opinione pubblica sono rimasti colpiti dalla nostra disciplina durante e dopo gli eventi, dalla capacità di aiutarci gli uni con gli altri, dalla gentilezza reciproca e dal nostro desiderio di unità per tutto il Paese”. Quindi, un momento storico per il Myanmar? “Sì, è stato veramente un momento storico. Anche i giornali hanno definito così la visita. L’opinione pubblica ha specialmente gradito che il Papa non abbia menzio- nato la crisi nello Stato del Rakhine, ma abbia fatto un discorso inclusivo, chiedendo il rispetto di tutti i gruppi etnici”. Pensa che la visita contribuirà a rafforzare il processo democratico nel Paese? “Sì, speriamo che favorisca specialmente l’accettazione reciproca. Durante l’incontro con i monaci buddisti, entrambi i discorsi – sia del capo supremo del Consiglio Sangha, sia del Papa - , hanno sottolineato che nelle radici delle religioni non esiste la violenza e non sono previsti estremismi e terrorismo. E che le differenze non devono creare problemi, ma si può lavorare insieme, mano nella mano. Anche a Nay Pyi Taw, quando il Papa ha parlato ad Aung San Suu Kyi, ci sono stati dei tratti in comune relativi alla volontà di superare tutte le divisioni e lavorare insieme per la pace, la crescita e la sicurezza delle persone. Credo che la visita del Papa darà una forte spinta al percorso di democratizzazione del Paese, verso il reciproco rispetto e l’unità”. Cosa le ha lasciato l’incontro con Papa Francesco a livello personale? “Siamo stati tutti felicissimi di questa esperienza. Come organizzatori, siamo stati molto impegnati per fare in modo che le cose funzionassero bene, ma abbiamo avuto alcune occasioni per stare molto vicini al Papa. Il suo volto era sempre sorridente, soprattutto durante la messa. Ho percepito la gioia delle persone attorno al suo leader e la sua gioia di stare tra noi. Ho sentito che siamo uniti in una sola Chiesa. Conserveremo con cura questa vicinanza nei nostri cuori e nella nostra fede”. Quali saranno i prossimi passi per la piccola comunità cattolica del Myanmar? “A gennaio avremo l’assemblea della Conferenza episcopale, e sicuramente i vescovi pianificheranno la pastorale secondo le indicazioni del Papa. Poi avremo l’incontro nazionale dei giovani, che sarà un’altra occasione per mettere in pratica le sue parole. Faremo in modo di non dimenticare ciò che ci ha detto, e prolungare il più possibile l’impatto positivo della sua visita”. Leggi anche Il viaggio in Oriente del Papa visto da un missionario umbro.  ]]>