Associazione stampa umbra Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/associazione-stampa-umbra/ Settimanale di informazione regionale Mon, 21 Sep 2015 07:45:18 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Associazione stampa umbra Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/associazione-stampa-umbra/ 32 32 L’Ordine dei giornalisti e l’Associazione stampa umbra per la scomparsa di mons. Bromuri: “Se ne va un giornalista attento e intelligente” https://www.lavoce.it/lordine-dei-giornalisti-e-lagenzia-stampa-umbra-per-la-scomparsa-di-mons-bromuri-se-ne-va-un-giornalista-attento-e-intelligente/ Mon, 17 Aug 2015 17:15:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=42549 Thumbnails.aspx_-545x371Monsignor Elio Bromuri, scomparso il 17 agosto dopo una lunga malattia, ha svolto negli anni un’intensa attività giornalistica come direttore de La Voce dal 1984. Iscritto all’Ordine dei giornalisti pubblicisti dell’Umbria, è stato anche premiato alcuni anni fa dall’Odg con un riconoscimento alla carriera. Così, oltre quello politico, anche il mondo giornalistico ha espresso il proprio cordoglio per la sua scomparsa.

L’Ordine dei giornalisti – “Apprendiamo con profondo dispiacere la notizia della scomparsa di monsignor Elio Bromuri, uomo di Chiesa, intellettuale e attento giornalista. Mancheranno a tutti noi la sua sensibilità, la sua capacità di leggere gli eventi, il suo senso umano”. Lo afferma l’Ordine dei giornalisti dell’Umbria in una nota. “Direttore de La Voce dai primi anni ’80, monsignor Bromuri – prosegue l’Odg umbro – lascia un vuoto che non potrà essere colmato, ma al tempo stesso di lui ci rimarrà il frutto della sua attività, il ricordo dei suoi insegnamenti, nonché la sua attività giornalistica di cui nel tempo ci ha donato ampia testimonianza”.

L’Associazione stampa umbra – Anche l’Asu, Associazione stampa umbra, partecipa al cordoglio per la scomparsa di don Elio. “Don Elio – dice in nota Marta Cicci, presidente dell’Asu – derutese di nascita, ha rappresentato per Perugia e per l’Umbria, molte cose. Prete, parroco della prestigiosa parrocchia di Sant’Ercolano, strenuo sostenitore del dialogo interreligioso, studioso ed intellettuale di prim’ordine, giornalista. In questa ultima veste, ha diretto per molti decenni, senza mai ‘invecchiare’, il settimanale La Voce, un giornale cattolico, vivace, aperto, sensibile ai cambiamenti, che è stata una finestra aperta sulla regione e sul mondo. È una delle poche voci ‘antiche’ del panorama giornalistico umbro, che si mantiene indenne a dispetto della grave crisi dell’editoria. A don Bromuri il merito principale. Con lui, anche il mondo del giornalismo perde una figura di prim’ordine”.

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Giornalisti che sfidano la mafia https://www.lavoce.it/giornalisti-che-sfidano-la-mafia/ Thu, 09 May 2013 16:47:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16699 Giornalisti-uccisi-mafia-03-maggio-2013Perugia è stata scelta quest’anno come sede della manifestazione nazionale per la 6a Giornata della memoria dei giornalisti uccisi da mafie e terrorismo. L’appuntamento si è svolto venerdì 3 marzo nella sala del Consiglio provinciale, in concomitanza con la 20a Giornata mondiale dell’Unesco per la libertà di stampa e la sicurezza dei giornalisti.

Erano presenti anche familiari di giornalisti italiani uccisi dalla mafia e due giovani croniste, Ester Castano e Marilù Mastrogiovanni, che in realtà diverse dell’Italia di oggi, la Lombardia e la Puglia, sono state vittime di minacce ed intimidazioni per le cose che hanno avuto il coraggio di scrivere sfidando politici corrotti e la criminalità organizzata. Ad ascoltarli c’erano anche gli studenti della scuola media Grecchi e del liceo scientifico Galilei di Perugia. Quest’ultimi sono impegnati nel progetto “Lotta per la legalità, lotta alla criminalità organizzata”, promosso dal collettivo studentesco Nuntius con seminari, incontri e lavori didattici.

Durante la manifestazione sono stati forniti alcuni dati che evidenziano come anche in Italia sia difficile e talvolta anche rischioso per i giornalisti fare bene il loro lavoro. Non solo per quelli impegnati sui fronti di guerra. Un lavoro – ha detto Alberto Spampinato, fratello di Giovanni ucciso nel 1972 in Sicilia dalla mafia – che consiste “nell’assicurare ai cittadini il diritto di essere informati correttamente, in modo libero, completo, senza ingerenze delle autorità e senza i condizionamenti”. Ingerenze e condizionamenti che spesso – ha proseguito Spampinato, direttore di Ossigeno per l’informazione – diventano minacce, intimidazioni ed abusi di vario genere. In Italia negli ultimi sei anni sono stati più di 1.300 i giornalisti che hanno dovuto affrontare queste situazioni, e 151 soltanto nei primi quattro mesi di quest’anno. Dal Nord a Sud, anche in zone solitamente considerate tranquille ed immuni dai pericoli della criminalità organizzata. Con auto e case incendiate, messaggi intimidatori più o meno diretti ed anche – come ha testimoniato Ester Castano che svolge il suo lavoro di cronista in provincia di Milano – con querele pretestuose e con la richiesta di pesanti risarcimenti. “Un ricatto economico, e quindi anche una intimidazione – ha detto – per tanti giornalisti precari, pagati da 3 a 5 euro per articolo”.

Minacce ed intimidazioni che possono anche diventare pallottole o bombe. Sono stati infatti almeno 26 – secondo i dati di Ossigeno – i giornalisti italiani uccisi negli ultimi 50 anni: 11 in Italia, vittime di mafia e terrorismo, e 15 all’estero. Ventisei giornalisti che hanno pagato con la vita il loro impegno in prima linea sul fronte delle mafie, del terrorismo, degli affari illeciti e nei Paesi insanguinati dalle guerre. Accanto a loro ci sono però quei 1.300 casi di giornalisti italiani vittime di intimidazioni e minacce più o meno esplicite. Giornalisti impegnati per una “informazione coraggiosa – è scritto in un messaggio inviato dalla presidente della Camera Laura Boldrini – che spesso viene dai giovani cronisti precari, disposti a rischiare pur di dar notizie dall’alto valore civile ma dal bassissimo, iniquo compenso economico”.

Anche il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria Dante Ciliani ha denunciato “il momento difficile e brutto del precariato” che rischia di diventare una forma di ricatto per i giovani cronisti. “Ricordiamoci – ha aggiunto – che è un dovere della società garantire anche la serenità economica per chi svolge un lavoro così importante e delicato come quello del giornalista”.

Francesco Alfano, figlio di un giornalista ucciso in Sicilia dalla mafia, si è rivolto in particolare agli studenti. “Scusateci – ha detto – se vi lasciamo un futuro pessimo. Sta a voi raddrizzare la barra verso la legalità. Non accettando compromessi e favori per non mettere la vostra vita nelle mani degli altri”.

La manifestazione di Perugia era organizzata dall’Unione nazionale cronisti, insieme all’Ordine regionale dei giornalisti, all’Associazione stampa umbra ed all’associazione “Libera contro le mafie”. Il presidente della Provincia, Marco Vinicio Guasticchi, ha ringraziato gli organizzatori per avere scelto Perugia per un evento così significativo. Per l’Unione cronisti sono intervenuti il presidente nazionale Guido Columba, il consigliere nazionale Luca Fiorucci e Leone Zingales, responsabile della Giornata della memoria.

Marta Cicci, presidente dell’Associazione stampa umbra, ha detto che appuntamenti come questi servono per mantenere viva la memoria dei giornalisti uccisi ma anche e soprattutto per far crescere la volonta del cambiamento. L’incontro è stato concluso dal segretario e dal presidente della Fnsi, rispettivamente Franco Siddi e Giovanni Rossi, e dal segretario nazionale dell’Ordine dei giornalisti Giancarlo Ghirra.

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Non è stata una pura “fatalità” https://www.lavoce.it/non-e-stata-una-pura-fatalita/ Thu, 22 Dec 2011 09:24:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=155 Diciassette i morti sul lavoro quest’anno in Umbria. Una contabilità che potrebbe essere ancora provvisoria, e che registra sette vittime soltanto negli ultimi due mesi. Vite che non sono state spezzate da “inevitabili tragiche fatalità”. Lo ha scritto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al sindaco di Campello sul Clitunno Paolo Pacifici in occasione del quinto anniversario del rogo della Umbria Olii, nel quale il 25 novembre 2006 morirono quattro operai. “Al di là – ha scritto Napolitano – della drammatica complessità dei fatti e delle conseguenti difficoltà nell’accertamento, essenziale perché possa esservi giustizia, delle responsabilità che simili eventi spesso presentano, va in ogni caso rifiutata l’idea che si tratti comunque di inevitabili tragiche fatalità. Né alcun cedimento è ammissibile per ciò che deve essere l’impegno di tutti, istituzioni pubbliche, anche locali, mondo delle imprese, pubblica opinione, insieme con la vigile consapevolezza degli operatori, affinché la sicurezza e la dignità del lavoro abbiano quella valenza primaria che la Costituzione pone a fondamento della Repubblica”. Campello sul Clitunno ha ricordato con una serie di iniziative quel 25 novembre 2006 che ha sconvolto la vita del piccolo centro e la coscienza di tante persone. Le vittime (Maurizio Manili, 45 anni, titolare di una piccola ditta di carpenteria di Narni, ed i suoi operai, Tullio Mottini e Giuseppe Coletti, entrambi di 48, e l’albanese Vladimir Todhe, di 44, tutti residenti in provincia di Terni) stavano installando una passerella alla sommità di due grandi cisterne della Umbria Olii quando ci fu una esplosione seguita da un violento incendio. Con loro c’era anche un gruista che riuscì a salvarsi. I parenti delle vittime, a cinque anni dall’incidente, stanno ancora aspettando la conclusione del processo di primo grado al tribunale di Spoleto, nel quale l’allora amministratore delegato della Umbria Olii Giorgio Del Papa è imputato di omicidio colposo plurimo, omissione dolosa delle cautele sul lavoro ed incendio. Per lui il pm Gianfranco Riggio ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione. La sentenza del giudice unico Alberto Avenoso è prevista per il 13 dicembre prossimo. Nel corso del procedimento la Umbria Olii aveva chiesto un risarcimento di 35 milioni di euro ai familiari dei quattro operai morti e all’unico sopravvissuto, sostenendo che l’incidente era stato provocato da una saldatrice da loro usata impropriamente. Una richiesta che aveva suscitato tante polemiche e che il giudice ha respinto.

In occasione del quinto anniversario a Campello è stato presentato il volume Tornare a casa dal lavoro, che raccoglie articoli e foto sulla vicenda Umbria Olii. Sono stati anche premiati i vincitori di un premio giornalistico (patrocinato da Ordine dei giornalisti dell’Umbria, Regione, Associazione stampa umbra, Università di Perugia e Scuola di giornalismo radio-televisivo di Perugia) per promuovere una corretta informazione in materia di diritti dei lavoratori e di salute e sicurezza sul lavoro. Alla cerimonia sono intervenuti l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, l’assessore regionale Silvano Rometti, l’ex presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti e Beppe Giulietti di “Articolo 21”, il quale ha proposto che Campello sul Clitunno diventi una sorta di capitale italiana per tutte le iniziative di promozione della sicurezza sul lavoro. Rometti ha detto che la Regione Umbria fa molto in questo campo, ma che non si deve “abbassare la guardia”. In una nota il segretario generale della Cgil Umbria Mario Bravi sottolinea che “purtroppo” in Umbria questo fenomeno “sta vivendo una preoccupante fase di recrudescenza” perché in un “momento di crisi produttiva ed occupazionale” si assiste ad un “imbarbarimento delle condizioni di lavoro, ad una compressione dei diritti, ad una competizione fatta sulle pelle delle persone”. Mentre a Campello venerdì scorso si ricordavano le vittime del rogo, le cronache registravano altri tre morti sul lavoro in Italia: un operaio di 50 anni in una cartiera in provincia di Bergamo, un operaio edile di 53 anni a Roma ed una commessa di 36 anni ad Oristano. Poi sabato 26 novembre ancora in Umbria un’altra vittima, un giovane romeno travolto da una ruspa a Collazzone proprio nel giorno del suo 23° compleanno. Altri quattro incidenti mortali che, come ha scritto Napolitano, non possono essere solo “inevitabili tragiche fatalità”.

]]> Non è stata una pura “fatalità” https://www.lavoce.it/non-e-stata-una-pura-fatalita-2/ Thu, 01 Dec 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9813 Diciassette i morti sul lavoro quest’anno in Umbria. Una contabilità che potrebbe essere ancora provvisoria, e che registra sette vittime soltanto negli ultimi due mesi. Vite che non sono state spezzate da “inevitabili tragiche fatalità”. Lo ha scritto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al sindaco di Campello sul Clitunno Paolo Pacifici in occasione del quinto anniversario del rogo della Umbria Olii, nel quale il 25 novembre 2006 morirono quattro operai. “Al di là – ha scritto Napolitano – della drammatica complessità dei fatti e delle conseguenti difficoltà nell’accertamento, essenziale perché possa esservi giustizia, delle responsabilità che simili eventi spesso presentano, va in ogni caso rifiutata l’idea che si tratti comunque di inevitabili tragiche fatalità. Né alcun cedimento è ammissibile per ciò che deve essere l’impegno di tutti, istituzioni pubbliche, anche locali, mondo delle imprese, pubblica opinione, insieme con la vigile consapevolezza degli operatori, affinché la sicurezza e la dignità del lavoro abbiano quella valenza primaria che la Costituzione pone a fondamento della Repubblica”. Campello sul Clitunno ha ricordato con una serie di iniziative quel 25 novembre 2006 che ha sconvolto la vita del piccolo centro e la coscienza di tante persone. Le vittime (Maurizio Manili, 45 anni, titolare di una piccola ditta di carpenteria di Narni, ed i suoi operai, Tullio Mottini e Giuseppe Coletti, entrambi di 48, e l’albanese Vladimir Todhe, di 44, tutti residenti in provincia di Terni) stavano installando una passerella alla sommità di due grandi cisterne della Umbria Olii quando ci fu una esplosione seguita da un violento incendio. Con loro c’era anche un gruista che riuscì a salvarsi. I parenti delle vittime, a cinque anni dall’incidente, stanno ancora aspettando la conclusione del processo di primo grado al tribunale di Spoleto, nel quale l’allora amministratore delegato della Umbria Olii Giorgio Del Papa è imputato di omicidio colposo plurimo, omissione dolosa delle cautele sul lavoro ed incendio. Per lui il pm Gianfranco Riggio ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione. La sentenza del giudice unico Alberto Avenoso è prevista per il 13 dicembre prossimo. Nel corso del procedimento la Umbria Olii aveva chiesto un risarcimento di 35 milioni di euro ai familiari dei quattro operai morti e all’unico sopravvissuto, sostenendo che l’incidente era stato provocato da una saldatrice da loro usata impropriamente. Una richiesta che aveva suscitato tante polemiche e che il giudice ha respinto. In occasione del quinto anniversario a Campello è stato presentato il volume Tornare a casa dal lavoro, che raccoglie articoli e foto sulla vicenda Umbria Olii. Sono stati anche premiati i vincitori di un premio giornalistico (patrocinato da Ordine dei giornalisti dell’Umbria, Regione, Associazione stampa umbra, Università di Perugia e Scuola di giornalismo radio-televisivo di Perugia) per promuovere una corretta informazione in materia di diritti dei lavoratori e di salute e sicurezza sul lavoro. Alla cerimonia sono intervenuti l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, l’assessore regionale Silvano Rometti, l’ex presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti e Beppe Giulietti di “Articolo 21”, il quale ha proposto che Campello sul Clitunno diventi una sorta di capitale italiana per tutte le iniziative di promozione della sicurezza sul lavoro. Rometti ha detto che la Regione Umbria fa molto in questo campo, ma che non si deve “abbassare la guardia”. In una nota il segretario generale della Cgil Umbria Mario Bravi sottolinea che “purtroppo” in Umbria questo fenomeno “sta vivendo una preoccupante fase di recrudescenza” perché in un “momento di crisi produttiva ed occupazionale” si assiste ad un “imbarbarimento delle condizioni di lavoro, ad una compressione dei diritti, ad una competizione fatta sulle pelle delle persone”. Mentre a Campello venerdì scorso si ricordavano le vittime del rogo, le cronache registravano altri tre morti sul lavoro in Italia: un operaio di 50 anni in una cartiera in provincia di Bergamo, un operaio edile di 53 anni a Roma ed una commessa di 36 anni ad Oristano. Poi sabato 26 novembre ancora in Umbria un’altra vittima, un giovane romeno travolto da una ruspa a Collazzone proprio nel giorno del suo 23° compleanno. Altri quattro incidenti mortali che, come ha scritto Napolitano, non possono essere solo “inevitabili tragiche fatalità”.

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L’informazione c’è. E la qualità? https://www.lavoce.it/linformazione-ce-e-la-qualita/ Thu, 09 Jun 2005 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=4522 Il concetto, abbastanza nuovo, di comunicazione ha superato quello di informazione, comprendendovi ogni forma di trasmissione del pensiero. La globalizzazione è strettamente legata alla comunicazione, nel senso che sono interdipendenti. Il sistema della comunicazione (anche) in Umbria, dagli ultimi tre decenni si è ampliato ed evoluto tecnologicamente producendo un’offerta tecnicamente differenziata e quantitativamente più elevata. Oltre ai quotidiani (locali o nazionali con dorsi locali), ai pochi periodici e al servizio pubblico della Rai, con la fine del monopolio pubblico dell’etere, sono nate una miriade di emittenti radiofoniche e televisive locali. Fenomeno ridimensionatosi col tempo, ma in Umbria ancora ampio, caratterizzato da una primitiva marginalizzazione dell’informazione, ritenuta improduttiva, oggi invece più presente. Senza dimenticare lo sviluppo del digitale terrestre che amplierà ancora l’offerta, mentre si registra l’ingresso della produzione istituzionale informativa web col consiglio regionale che da qualche mese produce e mette in onda Tele Cru e sta lavorando a un più ambizioso progetto televisivo. Nella carta stampata si registra l’ingresso di due nuovi quotidiani locali e di qualche settimanale. Ancora marginale, ma in crescita, l’informazione web. A un aumento dell’offerta, la domanda non sembra essere corrispondentemente cresciuta. Il che porta subito a concludere che il gap sta nella qualità dell’offerta. Non è semplicistico affermare che la crescita dei prodotti offerti non ha visto un aumento della qualità. I giornalisti (anche quelli radiotelevisivi) passano gran parte del loro tempo davanti allo schermo del computer, alla cornetta del telefono o a leggere note d’agenzia. È infatti aumentata l’alimentazione della comunicazione da sempre più efficienti uffici stampa istituzionali e non. Una condizione che ha portato alla omologazione e a un sensibile appiattimento, orizzontale (fra i media) e verticale (verso i lettori o gli ascoltatori) della comunicazione. In questo sistema, l’importante è non ‘bucare’ la notizia e trovare scoop, anche modesti, per catturare nuovi lettori. Lo sport tira sempre, la cronaca nera pure, come gli scandali. Il che porta spesso a dimenticare l’etica, quando non la deontologia. In questa condizione il destinatario della comunicazione è bombardato da una grande quantità di notizie e di prodotti comunicativi generalisti, raramente tematici, spesso ripetitivi e superficiali. Gli approfondimenti e le opinioni sono merce rara, quantomeno episodica, perché richiedono, appunto, tempo e necessità di schierarsi. Le inchieste sono rarissime, a meno che l’oggetto non sia scandalistico. I giornalisti umbri, fra i quali ce ne sono di bravi, non possono o non è consentito loro – salvo rare eccezioni – realizzare inchieste ed esprimere opinioni, dovendo cucinare e impaginare milioni di battute. Da qualche tempo, l’opinione è stata delegata, in alcune realtà, a opinionisti esterni (docenti universitari, ex politici, teologi). Una prima obiezione potrebbe essere che qualitativamente l’offerta si uniforma alla richiesta. Il lettore e l’ascoltatore sono abituati ormai a una comunicazione ‘elementare’. Manca in effetti un’educazione alla comunicazione e al senso critico, ma proprio i media sono mezzi primari di educazione. Il salto di qualità dovrebbe passare innanzi tutto per la produzione di comunicazione tematica con livelli di approfondimento e di stimolo alla discussione. Il settore va poi analizzato nel suo rapido evolversi, monitorato quanto a contenuti e non solo all’audience, il che si rivelerebbe utile per i produttori di comunicazione, quanto per i fruitori. Nel recente passato istituti universitari e organismi istituzionali hanno compiuto analisi non estemporanee; di recente mi pare che questo lavoro sia stato trascurato. Occorre che organismi come il Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom), che è soggetto istituzionale di vigilanza, ma anche di ricerca nel settore, d’intesa con le due Università (i corsi di laurea in Scienze della comunicazione e gli istituti di sociologia) e con gli organismi rappresentativi degli operatori della comunicazione (Ordine dei giornalisti e Associazione stampa umbra) creino o ricreino sinergie per ricercare, studiare e mettere poi in atto azioni all’interno dei media e verso i fruitori per elevare la qualità dell’offerta e far crescere quella della domanda.

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