Associazione medici cattolici - Amci Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/associazione-medici/ Settimanale di informazione regionale Thu, 02 Dec 2021 17:00:32 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Associazione medici cattolici - Amci Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/associazione-medici/ 32 32 BIOETICA. La legge sul testamento biologico più da vicino https://www.lavoce.it/bioetica-la-legge-sul-testamento-biologico-piu-vicino/ Sun, 25 Feb 2018 12:14:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=51278

di Fausto Santeusanio, già docente di Endocrinologia all’Università di Perugia Il 17 febbraio, Amci e il Meic di Perugia hanno promosso un dibattito sulla controversa legge sulle Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) recentemente entrata in vigore. La legge intende regolamentare le scelte terapeutiche e diagnostiche di fine vita in modo da porre dei punti fermi su una questione così complessa e delicata, ed evitare future implicazioni di tipo giuridico. Ma molte sono le incertezze e le criticità emerse. La legge si compone di otto articoli, di cui i più significativi sono i primi cinque. Il primo articolo è centrato sul consenso informato alle procedure terapeutiche e diagnostiche. E fin qui nulla di nuovo, perché tale principio è ampiamente riconosciuto dalla Costituzione italiana, dalla Carta dei diritti del malato e dal Codice di deontologia professionale. Anche nel secondo articolo, che riguarda la terapia del dolore e il divieto di ostinazione irragionevole nelle cure nella fase finale della vita, si ribadiscono princìpi ben consolidati, con l’erogazione delle cure palliative, oggi molto efficaci e codificate dalla legge 15 marzo 2010, e l’obbligo di astenersi da cure inutili e sproporzionate, cioè da ogni forma di accanimento terapeutico. L’articolo 3 è dedicato alla gestione della fase terminale della vita di minori o incapaci, cioè quelle categorie di persone che non sono in grado di esprimente il proprio consenso e che per questo vengono rappresentate dai genitori o da un tutore. Ma a mio avviso le maggiori complessità e ambiguità della legge derivano dall’articolo 4 con le Disposizioni anticipate di trattamento . Si tratta delle dichiarazioni espresse in anticipo in previsione di eventuali situazioni future in cui tale volontà non potrebbe essere espressa. Continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce.]]>

di Fausto Santeusanio, già docente di Endocrinologia all’Università di Perugia Il 17 febbraio, Amci e il Meic di Perugia hanno promosso un dibattito sulla controversa legge sulle Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) recentemente entrata in vigore. La legge intende regolamentare le scelte terapeutiche e diagnostiche di fine vita in modo da porre dei punti fermi su una questione così complessa e delicata, ed evitare future implicazioni di tipo giuridico. Ma molte sono le incertezze e le criticità emerse. La legge si compone di otto articoli, di cui i più significativi sono i primi cinque. Il primo articolo è centrato sul consenso informato alle procedure terapeutiche e diagnostiche. E fin qui nulla di nuovo, perché tale principio è ampiamente riconosciuto dalla Costituzione italiana, dalla Carta dei diritti del malato e dal Codice di deontologia professionale. Anche nel secondo articolo, che riguarda la terapia del dolore e il divieto di ostinazione irragionevole nelle cure nella fase finale della vita, si ribadiscono princìpi ben consolidati, con l’erogazione delle cure palliative, oggi molto efficaci e codificate dalla legge 15 marzo 2010, e l’obbligo di astenersi da cure inutili e sproporzionate, cioè da ogni forma di accanimento terapeutico. L’articolo 3 è dedicato alla gestione della fase terminale della vita di minori o incapaci, cioè quelle categorie di persone che non sono in grado di esprimente il proprio consenso e che per questo vengono rappresentate dai genitori o da un tutore. Ma a mio avviso le maggiori complessità e ambiguità della legge derivano dall’articolo 4 con le Disposizioni anticipate di trattamento . Si tratta delle dichiarazioni espresse in anticipo in previsione di eventuali situazioni future in cui tale volontà non potrebbe essere espressa. Continua a leggere sull'edizione digitale de La Voce.]]>
Alt ai pregiudizi sui vaccini https://www.lavoce.it/alt-ai-pregiudizi-sui-vaccini/ Thu, 03 Aug 2017 10:12:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=49596 Il difetto di vaccinazione della popolazione implica il grave rischio sanitario di diffusione di pericolose e spesso letali malattie infettive, debellate in passato, proprio grazie all’uso dei vaccini, come ad esempio il morbillo, la rosolia e la varicella”.

È quanto si legge in una nota diffusa il 31 luglio da Pontificia accademia per la vita, Ufficio Cei per la pastorale della salute e Associazione medici cvaccini-CMYKattolici italiani (Amci). La nota risponde con chiarezza a quanti da più parti in questi ultimi tempi hanno posto il problema prospettando la scelta di non vaccinare i propri figli come “obiezione di coscienza” relativa all’aborto. Una posizione non condivisa dai biologi che conoscono la storia e la tecnica usata per la produzione dei vaccini, ma che stava creando molta confusione tra i fedeli, anche perché nel 2005 la Pontificia accademia per la vita aveva pubblicato un documento intitolato Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti. Documento che, alla luce dei progressi della medicina e delle attuali condizioni di preparazione di alcuni vaccini, potrebbe essere a breve rivisto e aggiornato.

“Le caratteristiche tecniche – si legge nella Nota – di produzione dei vaccini più comunemente utilizzati in età infantile ci portano a escludere che vi sia una cooperazione moralmente rilevante tra coloro che oggi utilizzano questi vaccini e la pratica dell’aborto volontario. Quindi riteniamo che si possano applicare tutte le vaccinazioni clinicamente consigliate, con coscienza sicura che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione all’aborto volontario”. E ancora: “I vaccini a cui si fa riferimento, fra quelli maggiormente in uso in Italia, sono quelli contro la rosolia, la varicella, la poliomielite e l’epatite A.

Va considerato che oggi non è più necessario ricavare cellule da nuovi aborti volontari, e che le linee cellulari sulle quali i vaccini in questione sono coltivati derivano unicamente dai due feti abortiti originariamente negli anni Sessanta del Novecento”. Dal punto di vista clinico, inoltre, “va ribadito che il trattamento coi vaccini, pur a fronte di rarissimi effetti collaterali (gli eventi che si verificano più comunemente sono di lieve entità e dovuti alla risposta immunitaria al vaccino stesso), è sicuro ed efficace e che nessuna correlazione sussiste fra somministrazione del vaccino ed insorgenza dell’autismo”. Per i firmatari del documento, “non meno urgente risulta l’obbligo morale di garantire la copertura vaccinale necessaria per la sicurezza altrui, soprattutto di quei soggetti deboli e vulnerabili come le donne in gravidanza e i soggetti colpiti da immunodeficienza che non possono direttamente vaccinarsi contro queste patologie”.

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“Fine vita” tra etica e legislazione. Il dibattito sull’eutanasia https://www.lavoce.it/fine-vita-tra-etica-e-legislazione-il-dibattito-sulleutanasia/ Fri, 21 Oct 2016 15:16:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=47709 EUTANASIA-Fine-vita-_DISEGNO-LEGGE-CMYKSul “fine vita”, o meglio sull’eutanasia, l’Italia è ancora lontana dall’Olanda o dal Belgio, almeno sul piano legislativo, ma il mutato clima culturale, le sentenze della magistratura (in particolare quelle relative al caso Welby e al caso Englaro) hanno già accorciato le distanze. E la legge in discussione in Parlamento potrebbe sancire il passaggio da una illegalità dell’eutanasia ad una sua totale o parziale accettazione.

Il seminario “Il fine vita: problematiche etiche e legislative aperte” che si è tenuto venerdì 14 ottobre presso presso l’aula magna della Scuola inter-dipartimentale di medicina e chirurgia, a Perugia, ha consentito di fare il punto sul tema non solo sotto l’aspetto giuridico ma anche medico, mettendo in evidenza come la diversità di valutazioni mediche ed etiche espresse dagli stessi medici influiscano sulla complessità del dibattito e del lavoro del legislatore.

È quanto emerso nel corso del seminario promosso dall’Associazione medici cattolici di Perugia e dal Meic – Movimento ecclesiale di impegno culturale, con il coinvolgimento e la partecipazione dell’Università di Perugia che ha collaborato anche alla realizzazione di una indagine tra i giovani medici (i dati sono statii presentati dal prof. Vito Peduto – vedi box) volta a conoscere cosa pensano, e quali conoscenze hanno della questione.

Tema di grande attualità, ha detto il rettore Franco Moriconi e tema che mette in discussione alla radice l’identità stessa del medico se, come ha sottolineato il prof. Elmo Mannarino, presidente della Scuola interdipartimentale di Medicina e Chirurgia, l’eutanasia contraddice il cardine centrale del giuramento di Ippocrate a fondamento della professione medica, è il principio del “non nuocere, grazie al quale si stabilisce il rapporto di fiducia, di affidamento del malato al medico”.

La relazione di Pier Giorgio Lignani (sul diritto vivente oggi in Italia) e di Gian Luigi Gigli (aspetti bioetici e prospettive legislative), hanno presentato al pubblico costituito in gran parte da medici, infermieri, studenti di medicina, ma non solo, il quadro della situazione e della discussione in corso.

Gian Luigi Gigli, medico, presidente nazionale del Movimento per la vita e deputato, ha fatto il punto sul lavoro parlamentare sulla legge del fine vita di cui si sta occupando la XII Commissione, che si occupa di affari sociali e salute, che ha lavorato sui 14 disegni di legge presentati, per arrivare alla produzione di un testo unico.

D. Prof. Gigli, a che punto siamo in Parlamento sulla legge del fine vita.
“Attualmente è in corso è in corso un lavoro nella XII Commissione che si occupa di affari sociali e salute, per arrivare alla produzione di un testo base, un testo unico che metta insieme le diverse proposte di legge, che erano moltissime. Si  stata operata una prima scelta, quella di tener fuori dal discorso il tema dell’eutanasia, o quanto meno dell’eutanasia attiva (poi spiegherò cosa voglio dire). Si è quindi scelto di centrare il nuovo testo che unificherà quelli presentati attorno a tre temi:  il consenso alle cure e l’informazione che ad esso legato, perché non c’è consenso senza una corretta informazione; il tema della pianificazione delle cure, con riferimento a pazienti che attraverso l’evoluzione della malattia potrebbero trovarsi in condizioni profondamente diverse anche dal punto di vista delle capacità decisionali; e poi il tema delle ‘dichiarazioni anticipate di trattamento’ che riguardano soggetti che non sono necessariamente pazienti, che stanno bene, e che esprimono ‘ora per allora’ le loro decisioni in tema di cure di cui potrebbero avere eventualmente bisogno negli anni successivi”.

Quali sono a suo giudizio i punti problematici?
“Questa scelta sembra aver trovato un punto di caduta attorno a due elementi che dal mio punto di vista non sono totalmente condivisibili. Il primo è la esasperazione del principio di autodeterminazione: il fatto che possa essere il soggetto, il paziente, a seconda dei casi, a pretendere di volere alcune cose piuttosto che altre, al di fuori anche di una corretta comprensione (pensiamo alla dichiarazione anticipata di trattamento che possono anche non avere nemmeno un momento di discussione con il medico, come nella pianificazione delle cure). Quindi autodeterminazione che è la spia di una società ormai dove il desiderio individuale prevale su tutto….

Quindi la volontà del paziente / soggetto, diventa vincolante per il medico?
“Diventa vincolante ma il medico potrebbe presentare obiezione di coscienza rispetto al singolo caso”.

Altri punti problematici?
“Il secondo limite secondo me è che, seguendo un po’ quello che è il filone di pensiero più politicamente corretto (in particolare tutta una spinta che avviene dall’estero ma che in Italia si è coagulata intorno a quello che è noto come il caso Englaro), viene ricompresa da questo testo base, che si sta ancora perfezionando, la possibilità di rifiutare anche la idratazione e la nutrizione. Cioè si finisce per confondere il tema della cura in senso di terapia, quello che gli inglesi chiamano “to cure”, con la cura nel senso dell’assistenza, che gli inglesi chiamano “to care”, cioè aver cura. La cura e l’aver cura sono due cose diverse”.

Nutrizione e idratazione, cosa sono?
“Dal mio punto di vista, e per quella che era la storia dell’interpretazione che la medicina ha dato di questo, idratazione e nutrizione non sono terapie ma sono momenti importanti dell’assistenza dei quali ha bisogno chiunque, sano o malato, giovane, bambino, vecchio, disabile o in grado di esprimere validamente la sua attività. Questa possibilità di rifiutare idratazione e nutrizione è un limite fondamentale della proposta di legge in discussione, che porterà a far rientrare dalla finestra ciò che si è voluto mandar fuori dalla porta, nel senso che eutanasia è un concetto che troppo sbrigativamente  viene considerato come finalizzato a provocare attivamente la morte. L’eutanasia in realtà è quel concetto che esprime un intervento, o un non intervento, finalizzato ad accelerare la morte di un paziente. In questo senso la sottrazione dell’idratazione e della nutrizione, anche a persone che avevano lasciato questo nelle proprie dichiarazioni anticipate di trattamento, e ancor peggio a persone per le quali potrebbe intervenire il tutore non essendo in grado di intendere e volere e non avendo presentato prima questa dichiarazioni, la sospensione di idratazione e nutrizione mirano ad un’unica cosa, ad accelerare la morte del paziente”.

La legge in discussione non molto lontana da quanto già previsto in Belgio e in Olanda…
“Sì,  ma qui si sta aprendo una porticina, o una finestrella, con la quale si fa entrare un concetto, sotto sotto, piano piano, tacito tacito, di eutanasia omissiva, cioè per sottrazione”.

Questa sul fine vita è una battaglia solo cattolica o c’è una convergenza anche laica sul concetto di dignità della vita?
“È più facile certamente per chi ha fede, per coloro per i quali la vita è sacra, ma io mi auguro che anche tante altre persone si rendano conto dei pericoli, anche se il tempo sembra giocare a nostro sfavore. Non possiamo non considerare la possibilità  che anche chi semplicemente si trova in una situazione di difficoltà può finire per avvertire su di sé una pressione a togliersi di mezzo. Una società ad esempio dove non ci sono più bambini e ci sono tanti vecchi, molti vecchi possono sentirsi quasi in dovere di togliersi di mezzo”.

E per il medico?
“Per quanto riguarda la medicina in particolare, io credo che sia una sconfitta enorme a partire proprio dal giuramento di Ippocrate e dall’alleanza che dovrebbe legare il medico e il paziente, dall’incontro tra la fiducia del paziente e la coscienza del medico. Credo che sia una sconfitta quella di rinunciare a curare. Tornando al caso recente in Olanda: il paziente depresso, stanco della vita, non avrebbe bisogno degli anti depressivi cioè della cura invece di essere fatto fuori? Un paziente che ha dolore, non avrebbe bisogno di antidolorifici cioè di cure palliative? E oggi la medicina è paradossalmente nelle condizioni migliori per fare questo! Noi di fatto stiamo pervertendo, per dire così, la medicina che non sarà più quella nella quale io mi sono avventurato ormai tanti anni fa, ma sarà quella di un tecnicismo che esegue in maniera pedissequa i “desideri” del paziente, appunto la medicina dei desideri, in cambio di una remunerazione. Cioè una concezione utilitaristica della medicina che non ha più niente a che fare con la dignità di questa professione. Questo è il dramma secondo me per quanto riguarda la medicina”.

Chi si avvicina ai corsi di studio, dovrebbero porsi la domanda…
“Gli studenti dovrebbero chiedersi perché lo fanno, che senso ha. Se il rapporto con la propria professionalità deve essere quella di essere un esecutore di ordini, cioè un tecnico, secondo me si rischia poi di fare, come sta avvenendo, pure il becchino. Pensiamo, sbagliando, che da noi non può arrivare a questo. In realtà se io faccio il raffronto tra 15 anni fa ed oggi mi rendo conto che tra colleghi non stiamo più ragionando come avremmo ragionato 15 anni fa, appunto, con molta nettezza di fronte a questi temi. Alla fine è tutta la medicina che entra in crisi, perché voglio ricordare che in alcuni paesi sì, c’è gente che vuole anticipare la sua fine ma c’è anche chi ha paura di andare in ospedale per paura di trovare un medico che facendo suo un giudizio di qualità sulla vita del paziente decide quando è venuto il momento opportuno perché il paziente esca di scena”.

Tornando alla proposta di legge, quali sono i tempi di questa discussione in parlamento?
“Dipende da quello che accade in altri ambiti, il referendum sulla riforma costituzionale, la legge elettorale, elezioni o meno anticipate… può andare in porto prima della fine della legislatura, entro il 2018”.

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Giovani medici e autanasia

Cosa pensano i giovani medici sul fine vita e l’eutanasia? Al convegno sono stati presentati i risultati di un’indagine conoscitiva svolta per l’occasione tra gli specializzandi della Scuola interdipartimentale di Medicina e chirurgia di Perugia Sono stati elaborati i dati di 129 questionariraccolti  tra le varie scuole di specializzazione quali Anestesia e Rianimazione, Cardiologia, Geriatria, Radiodiagnostica, Medicina Interna, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Toracica, Chirurgia Generale, Medicina D’Urgenza, Medicina Del Lavoro, Pediatria, Ortopedia, Chirurgia, Otorinolaringoiatrica, Chirurgia, Oculistica, Endocrinologia, Neurologia, Ostetricia e Ginecologia, Chirurgia urologica. Le rispooste, oltre a mostrare il grado di conoscenza e competenza medica sul tema hanno evidenziato anche il fatto che  il 60% circa dei giovani medici è favorevole all’eutanasia.

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Nutrire un malato non è “accanimento” https://www.lavoce.it/nutrire-un-malato-non-e-accanimento/ Fri, 07 Oct 2016 08:00:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=47656 EUTANASIA-Fine-vita-_DISEGNO-LEGGE-CMYKLe problematiche che possono presentarsi al termine della vita sono tuttora oggetto di grande dibattito: bioetico, scientifico e giurisprudenziale.

I progressi della medicina hanno decisamente allungato la vita media dell’uomo, con miglioramento della sua qualità, ma hanno anche creato nuove situazioni per la disponibilità di mezzi terapeutici che talora violano i limiti naturali di una esistenza. Accanimento terapeutico, richiesta di eutanasia, sospensione di terapie mediche sulla base di “dichiarazioni anticipate di trattamento” sono le problematiche che suscitano spesso opinioni divergenti.

Il nostro ordinamento giuridico non ammette l’eutanasia, sia attiva che passiva, diversamente da quanto accade in altri Paesi in Europa e negli Stati Uniti; viene invece condannato l’accanimento terapeutico, inteso come trattamento sproporzionato, inutile, anzi causa di ulteriore sofferenza.

Anche il Comitato nazionale di bioetica (Cnb), il Codice di deontologia medica e naturalmente il magistero della Chiesa cattolica condannano tali pratiche. Tuttavia, sull’eutanasia si sta muovendo da tempo anche in Italia un’opinione favorevole ed è già stato iniziato un dibattito a livello parlamentare per la promulgazione di una legge.

L’eutanasia, pur in assenza di una legge, potrebbe essere anche nel nostro Paese una pratica nascosta e “strisciante” attraverso l’omissione di taluni trattamenti medici, ad esempio la sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiali somministrate ai pazienti non più in grado di alimentarsi per bocca.

In accordo con il Cnb, il Codice di deontologia medica e il magistero della Chiesa, l’alimentazione e l’idratazione artificiali devono essere garantite al malato anche nella fase avanzata e terminale della sua malattia, perché sono da considerarsi atti ordinari di sostegno vitale, come la erogazione di ossigeno, tali da lenire sofferenza e disagio.

Altri invece ritengono che tali pratiche siano trattamenti medici onerosi e sproporzionati, quando non possono garantire prospettive di miglioramento della qualità di vita o il recupero da situazioni cliniche irreversibili. A giustificare l’interruzione di trattamenti vitali in situazioni cliniche non reversibili e con compromissione dello stato di coscienza, per il principio di autonomia si invoca il rispetto di “dichiarazioni anticipate” formulate dai pazienti in un tempo antecedente, quando erano ancora in grado di esprimere le proprie volontà.

A tal proposito vorrei citare la sentenza della corte di Cassazione per il caso di Eluana Englaro, in stato vegetativo permanente da molti anni, per la quale si autorizzò la sospensione dell’alimentazione artificiale, come richiesto dai familiari, e quindi la morte che seguì dopo alcuni giorni. La sentenza fece molto scalpore e venne ritenuta una travagliata elaborazione giurisprudenziale, perché in Italia la legge non consente l’interruzione di trattamenti vitali se non esplicitamente richiesta dall’interessato.

Proprio allo scopo di dibattere queste problematiche, la sezione di Perugia della Associazione italiana dei medici cattolici (Amci) insieme al Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) ha promosso un convegno per il pomeriggio del 14 ottobre presso l’aula magna della facoltà di Medicina a Sant’Andrea delle Fratte sul tema “Fine vita: problematiche etiche e legislative aperte” (vedi il programma nel box). Il prof. Gigli potrà riferire anche sull’iter in corso al Parlamento italiano di una proposta di legge sul fine vita. Il convegno è stato organizzato in collaborazione anche con il corso di laurea in Medicina e chirurgia della nostra Università.

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“Ogni vita è sacra” https://www.lavoce.it/ogni-vita-e-sacra/ Fri, 21 Nov 2014 14:56:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29128 MaternitaIl 15 novembre Papa Francesco ha rivolto un discorso vibrante in difesa della vita umana che ha avuto ampia eco anche sui media laici. Occasione ne è stata l’udienza all’Associazione medici cattolici italiani (Amci). Il Pontefice ha avvertito che bisogna respingere la “falsa compassione” che propone l’aborto, l’eutanasia e la “produzione” dei figli. La vita – ha detto – è sempre “sacra”; e ha messo in guardia da chi vuole trattare gli esseri umani come cavie.

La Chiesa . ha ribadito Bergoglio – “si sente chiamata anche a partecipare al dibattito che ha per oggetto la vita umana, presentando la propria proposta fondata sul Vangelo”. Da molte parti, infatti, “la qualità della vita è legata prevalentemente alle possibilità economiche, al ‘benessere’, alla bellezza e al godimento della vita fisica, dimenticando altre dimensioni più profonde – relazionali, spirituali e religiose – dell’esistenza”:

“In realtà, alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre ‘di qualità’. Non esiste una vita umana ‘più sacra’ di un’altra, come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali maggiori”.

“La vostra opera – ha aggiunto – vuole testimoniare con la parola e con l’esempio che la vita umana è sempre sacra, valida e inviolabile, e come tale va amata, difesa e curata”. Di qui l’esortazione “a proseguire con umiltà e fiducia su questa strada”, sforzandosi di “perseguire le vostre finalità statutarie che recepiscono l’insegnamento del magistero della Chiesa nel campo medico-morale”.

“Il pensiero dominante – ha proseguito – propone a volte una ‘falsa compassione’: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica ‘produrre’ un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre. La compassione evangelica invece è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del buon samaritano che ‘vede’, ‘ha compassione’, si avvicina e offre aiuto concreto (Lc 10,33)”.

La missione di medici, ha detto ancora, “vi mette a quotidiano contatto con tante forme di sofferenza: vi incoraggio a farvene carico come buoni samaritani. La fedeltà al ‘Vangelo della vita’ e al rispetto di essa come dono di Dio a volte richiede scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza”.

Quindi, a braccio, ha denunciato la deriva di chi vuole “sperimentare con la vita”: “Ma sperimentare è male. [Sperimentare] di fare figli invece di accoglierli come dono; di giocare con la vita, lì. State attenti, che questo è un peccato contro il Creatore, contro Dio creatore, che ha creato le cose così”.

Francesco ha rammentato che fin da quando era sacerdote ha sentito tante volte obiezioni sull’aborto da parte di chi lo riteneva un problema religioso. “No, non è un problema religioso” e nemmeno “un problema filosofico. È un problema scientifico, perché lì è una vita umana, e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema. ‘Ma, no, il pensiero moderno…’. Senti, nel pensiero antico e nel pensiero moderno la parola ‘uccidere’ significa lo stesso. Lo stesso vale per l’eutanasia: tutti sappiamo che con tanti anziani, in questa cultura dello scarto, si fa questa eutanasia nascosta. Ma, anche c’è l’altra, no? E questo è dire a Dio: ‘No, la fine della vita la faccio io, come io voglio’. Peccato contro Dio creatore. Pensate bene a questo!”.

Francesco ha concluso il suo intervento incoraggiando l’Associazione dei medici cattolici a proseguire sul cammino, iniziato 70 anni fa, a servizio della vita “nella sua dignità, sacralità e inviolabilità”.

Dall’Umbria

Per celebrare i suoi 70 anni a servizio della vita, l’Associazione nazionale medici cattolici ha promosso un convegno a Roma, che si è concluso con l’udienza con Papa Francesco. Tra i relatori alla tavola rotonda “Testimoni e testimonianze” vi era il dott. Fausto Santeusanio di Perugia. All’udienza con Papa Bergoglio hanno quindi partecipato una sessantina di umbri, tra medici, familiari e amici, provenienti in prevalenza dalle città di Perugia, Todi, Marsciano. In Umbria esistono attualmente due gruppi dell’Amci, quello del capoluogo regionale e quello di Assisi. (d. r.)

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Apre anche a Perugia l’“Emporio della solidarietà” Caritas https://www.lavoce.it/apre-anche-a-perugia-lemporio-della-solidarieta-caritas/ Thu, 04 Sep 2014 13:44:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27850 I locali dell’Emporio della Solidarietà con sede al Villaggio della carità di Perugia
I locali dell’Emporio della Solidarietà con sede al Villaggio della carità di Perugia

Tutto è pronto, lunedì 8 settembre, festa della Natività di Maria, per l’inaugurazione dell’Emporio della solidarietà “Tabgha” della Caritas diocesana perugino-pievese, realizzato all’interno del complesso edilizio del “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza” nei pressi della chiesa parrocchiale di San Barnaba in via Cortonese a Perugia.

La festa del “Villaggio della carità” è stata inaugurata dal card. Gualtiero Bassetti, che giovedì 4 settembre ha dato il benvenuto agli ospiti insieme al direttore della Caritas diocesana Daniela Monni e ha tenuto una riflessione sul tema “Maria, casa di accoglienza”. “La meditazione nel nostro Pastore – riassume il diacono Giancarlo Pecetti, condirettore della Caritas diocesana e responsabile del Villaggio della carità – è stata sulla Vergine, perché il giorno scelto per la festa del Villaggio è il giorno della Natività di Maria”.

La festa, aggiunge Pecetti, “è una festa dell’accoglienza delle persone in difficoltà, dei numerosi volontari che animano quest’esperienza, delle diverse autorità civili e religiose che accoglieranno l’invito e delle realtà benefattrici dell’Emporio della solidarietà”.

L’Emporio inizialmente sarà fruibile da una novantina di famiglie dimoranti in Perugia città, ed è concepito come luogo non solo di distribuzione dignitosa di prodotti di prima necessità (alimenti e igiene personale) a chi si trova in difficoltà economica, ma soprattutto come luogo di incontro e conoscenza reciproca.

Per gli ‘acquisti’ all’Emporio – per il quale è stato scelto il nome del luogo, Tabgha, in cui Gesù fece il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci – le persone riceveranno una tessera nominativa che prevede dei punti in “pesciolini”. “Il numero dei “pesciolini” in ogni tessera – spiega Pecetti – varia secondo lo stato di necessità di ciascuna famiglia. Anche i prodotti hanno un valore espresso in ‘pesciolini’: al momento della verifica di quanti generi sono stati prelevati dagli scaffali, un sistema automatico (simile a quello delle casse di un supermercato) controllerà che il numero dei ‘pesciolini’ non superi quello totale della tessera, che potrà essere rinnovata”.

L’Emporio, sottolinea Alfonso Dragone, responsabile del servizio, è stato pensato in modo da raggiungere vari obiettivi, a cominciare da un “ribaltamento della prospettiva”, ovvero realizzare non un luogo in cui si va a ricevere un pacco viveri,“bensì un luogo dove tornare a scegliere ciò di cui si ha bisogno”, e inoltre è un passo verso “la riduzione dello spreco alimentare attraverso il recupero dell’invenduto”.

Se le idee sono semplici, molto meno lo è stato il realizzarle. “Allestire l’Emporio della solidarietà – dice ancora Dragone – è stata una sfida complessa, che ha richiesto importanti risorse, sia in termini di tempo sia in termini economici. La cosa che mi ha sorpreso maggiormente nella fase della realizzazione del progetto è stata una eccessiva burocrazia che ha rallentato i tempi. Si sono dovuti rispettare tutti i criteri dell’avvio di una normale attività commerciale, quando la finalità è tutt’altra, non di lucro, ma umanitaria. In Italia, grazie anche alla rete Caritas, iniziano ad esserci diversi di questi Empori; e allora perché non legiferare in modo che si favoriscano il più possibile queste realtà, abbattendo costi e tempi di realizzazione?”.

“Il terzo settore in generale – conclude il responsabile dell’Emporio – meriterebbe maggiore attenzione e sostegno da parte del Legislatore. A beneficiarne sarebbe la società intera, a partire dai più indifesi. Dietro i numeri delle statistiche ci sono sempre delle persone: questo troppo spesso sembra essere solo un dettaglio marginale, invece è la sostanza”.

 

Inaugurazione dell’Emporio

L’inaugurazione dell’“Emporio” è in calendario lunedì 8 settembre, alle ore 18, in occasione della prima festa del “Villaggio della Carità” con l’accoglienza dei suoi frequentatori e dei rappresentanti delle istituzioni civili e religiose del capoluogo umbro. Seguirà la celebrazione della messa, al termine della quale ci sarà l’agape fraterna offerta dagli operatori e volontari della Caritas diocesana e dai referenti delle Caritas parrocchiali. La festa si concluderà in serata con il concerto bandistico della Filarmonica di Pila.

ALCUNI DATI
L’Emporio della solidarietà, realizzato con il contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Perugia e della Caritas italiana, occupa una superficie di circa 400 mq, con annesso locale per stoccaggio prodotti e due celle frigorifere per la conservazione degli alimenti freschi. Il locale, realizzato secondo le vigenti norme igienico-sanitarie, ha scaffalature in legno, un bancone frigorifero e due armadi refrigeranti. Per la sua realizzazione sono stati spesi 184 mila euro, di cui 150 mila donati dalla Fondazione Cassa di risparmio di Perugia, che fornirà all’Emporio anche generi alimentari per un valore di 200 mila euro. I prodotti che saranno distribuiti dal 9 settembre sono stati donati dalle aziende G. M. F. Fioroni ed EuroSpin. A queste realtà fornitrici-benefattrici vanno i più sentiti ringraziamenti della Caritas diocesana, auspicando che altre possano seguire il loro esempio di generosità verso tante persone in difficoltà.

IL VILLAGGIO
Il “Villaggio della Carità – Sorella Provvidenza” è la realtà caritativa della Chiesa diocesana inaugurata lo scorso gennaio, che fino a oggi ha ospitato quindici nuclei familiari per complessive 35 persone italiane e straniere di diversa religione. Oltre all’accoglienza di famiglie, il Villaggio, come evidenzia il diacono Pecetti, “è sede sia del Centro di ascolto diocesano, dove settimanalmente vengono ascoltate e aiutate tra le 80 e le 100 persone, sia del Consultorio medico gestito da sanitari della sezione perugina dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci)”.

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Castello. Al Café teologico si parla di pillole abortive https://www.lavoce.it/castello-al-cafe-teologico-si-parla-di-pillole-abortive/ Thu, 23 Jan 2014 15:08:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21690 Mantovani durante l’incontro
Mantovani durante l’incontro

Nel primo incontro del “Café teologico” dell’anno, il 17 gennaio, è stata proposta la provocazione: “Le pillole contraccettive uccidono?”. Alla domanda ha cercato di rispondere la dott.ssa Chiara Mantovani, esperta in bioetica e membro dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci). L’ospite ha esordito ponendo l’attenzione sull’uso improprio e distorto che spesso media, pubblicità e società fanno di alcuni termini, in sostituzione di altri la cui connotazione semantica può colpire maggiormente la sensibilità, come ad esempio “interruzione volontaria della gravidanza” invece di “aborto”. “Cambiare il nome alle cose non cambia le cose in sé” ha però sottolineato, parafrasando Platone, la dottoressa, che ha aggiunto: “Riguardo alla contraccezione, noi appiattiamo nel significato di una parola quelle che in realtà sono quattro cose distinte: contraccezione, intercezione, controgestazione e aborto, che non sono sinonimi. Non possiamo chiamare allo stesso modo due diverse situazioni come l’impedimento della fecondazione tra ovulo e spermatozoi, oppure il fatto di impedire lo sviluppo di un ovocita fecondato o l’annidamento. E se riflettiamo bene sui fatti, negli ultimi due casi citati dovremmo parlare di aborto, perché ogni zigote, feto o embrione che non nasce è un bambino che non nasce”. Presentati all’uditorio alcuni errori e superficialità con cui la stampa spesso tratta il problema della contraccezione, Mantovani è poi passata a spiegare funzionamento e caratteristiche di alcune pillole anticoncezionali, le quali possono risultare anche rischiose per la salute della donna, con i loro effetti collaterali. “La pillola – ha aggiunto – andrebbe considerata alla stregua di qualsiasi altro farmaco, ma nel caso in questione non esisterebbe alcuna malattia da curare, a meno che non arrivassimo a pensare la gravidanza come una patologia”. “Oggi – ha quindi concluso la relatrice – ‘contraccezione’ non è più una parola con connotazioni negative, anzi porta con sé una carica semantica legata alla responsabilità. Inoltre stiamo banalizzando l’idea di libertà, vista più come possibilità di poter fare tutto quello che si vuole, e come si vuole, che non come uno sforzo da affrontare verso il bene. Inoltre non cerchiamo più di capire se ciò che facciamo sia giusto o no, ma facciamo quello che ci piace. Abbiamo smarrito il significato della persona, della sessualità e dell’amore: il sesso, nella nostra società, ha a che fare solo con la fisiologia e non più con la sua componente affettiva”. “Così, assieme agli embrioni – ha sintetizzato Chiara Mantovani – muoiono anche il senso dell’affettività e della sessualità, la capacità di assunzione di responsabilità e quella di guardare obiettivamente la realtà”.

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La giornata di ringraziamento degli amici de La Voce ad Assisi https://www.lavoce.it/la-giornata-di-ringraziamento-degli-amici-de-la-voce-ad-assisi/ Fri, 13 Dec 2013 17:01:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21065

Messa Voce60-Porziuncola1Nella cappella di Santa Chiara, accanto alla Porziuncola nel complesso monumentale della basilica di Santa Maria degli Angeli, un bel gruppo di amci de La Voce ci siamo ritrovati accanto a padre Bruno Pennacchini. Lo abbiamo ringraziato per il suo triennale servizio di commentatore del Vangelo domenicale nel nostro settimanale. L’incontro però è andato anche oltre questo semplice e dovuto atto di cortesia e di ringraziamento. È stato l’inizio delle iniziative che, a Dio piacendo, intendiamo promuovere per ricordare i 60 anni di fondazione de La Voce. Ricordiamo intanto che proprio in questa data di 60 anni fa, il 13 dicembre 1953, uscì il primo numero con la firma del primo direttore - rimasto in carica soltanto per il breve arco di una settimana, don Emilio Boccalini. Di questo personaggio sappiamo che era di Amelia e, naturalmente, conosciamo il suo primo e unico scritto come editoriale di apertura del nuovo settimanale. Un articolo scritto bene, molto scorrevole, che abbiamo ripubblicato nel numero speciale del cinquantesimo uscito il 12 dicembre 2003. In quello scritto don Emilio si riferisce a Giovanni Battista, la voce nel deserto, che non era una canna sbattuta dal vento, e raccolse attorno a sé molta gente che venne ad ascoltarlo; poi “finirono per farlo tacere e gli tagliarono la testa”. Boccalini prosegue: “Ma la voce non si acquietò. L’amplificarono nel tempo e nello spazio innumerevoli uomini, della povera gente e guide del popolo rinnovato che aspirarono a divenire e furono voce”. Sulla base di questa premessa il primo direttore invita tutti a unire le energie per continuare a far sentire quella voce: “Uniamo le nostre energie, quelle più temprate con le nuove, per gridare forte la Verità, l’Amore, la Giustizia e il Progresso”. Poi spiega che cosa intenda con queste parole. Da notare, tra i fondamentali valori cristiani e umani, anche la prospettiva del “progresso”, che secondo Boccalini non è da confondere con una vaga utopia, ma è crescita e sviluppo umano da costruire insieme con buona volontà di tutti e nella concordia, senza conformismi e apatia. In queste espressioni si avverte una punta di polemica nei confronti di chi è scettico e contrario all’iniziativa del nuovo giornale. C’è un invito a lasciare le “prevenzioni” e ad accettare il dialogo. Conclude con un appello ancora del tutto attuale: “L’accento regionale che vogliamo dare alla Voce dice il perché del nostro sacrificio, che affrontiamo con passione”. Il sacrificio è inteso nel senso di dover rinunciare ai periodici che erano a dimensione diocesana, e conclude con un auspicio: “I monti e le valli di questa nostra terra non ci siano avari d’eco vasta e profonda”. Messa Voce60-Porziuncola2Questa eco, e più che un’eco, è arrivata fino a noi oggi, e di questo siamo andati a ringraziare il Signore a Santa Maria degli Angeli con la preghiera nella Porziuncola, la messa presieduta da padre Bruno e concelebrata dai presbiteri Vittorio Peri, Giuseppe Biselli, Giovanni Raia e Mauro Pesce. Gli amici presenti sono stati invitati dal celebrante a riflettere sull’“ascolto” e sono stati invitati a chiedere al Signore il dono dell’ascolto e della preghiera. Ed è sembrato quasi provvidenziale l’accostamento dell’ascolto alla voce. La fede nasce dall’ascolto, ma come si può ascoltare se nessuno fa l’annuncio, e come si potrà fare l’annuncio senza “la voce”? Il riferimento di don Emilio Boccalini al Battista non era fuori luogo. Anche oggi c’è il “deserto” che incombe, la conflittualità e il contrasto, e quindi la fatica di una testimonianza che, se non è martirio, è comunque una non lieve fatica.]]>

Messa Voce60-Porziuncola1Nella cappella di Santa Chiara, accanto alla Porziuncola nel complesso monumentale della basilica di Santa Maria degli Angeli, un bel gruppo di amci de La Voce ci siamo ritrovati accanto a padre Bruno Pennacchini. Lo abbiamo ringraziato per il suo triennale servizio di commentatore del Vangelo domenicale nel nostro settimanale. L’incontro però è andato anche oltre questo semplice e dovuto atto di cortesia e di ringraziamento. È stato l’inizio delle iniziative che, a Dio piacendo, intendiamo promuovere per ricordare i 60 anni di fondazione de La Voce. Ricordiamo intanto che proprio in questa data di 60 anni fa, il 13 dicembre 1953, uscì il primo numero con la firma del primo direttore - rimasto in carica soltanto per il breve arco di una settimana, don Emilio Boccalini. Di questo personaggio sappiamo che era di Amelia e, naturalmente, conosciamo il suo primo e unico scritto come editoriale di apertura del nuovo settimanale. Un articolo scritto bene, molto scorrevole, che abbiamo ripubblicato nel numero speciale del cinquantesimo uscito il 12 dicembre 2003. In quello scritto don Emilio si riferisce a Giovanni Battista, la voce nel deserto, che non era una canna sbattuta dal vento, e raccolse attorno a sé molta gente che venne ad ascoltarlo; poi “finirono per farlo tacere e gli tagliarono la testa”. Boccalini prosegue: “Ma la voce non si acquietò. L’amplificarono nel tempo e nello spazio innumerevoli uomini, della povera gente e guide del popolo rinnovato che aspirarono a divenire e furono voce”. Sulla base di questa premessa il primo direttore invita tutti a unire le energie per continuare a far sentire quella voce: “Uniamo le nostre energie, quelle più temprate con le nuove, per gridare forte la Verità, l’Amore, la Giustizia e il Progresso”. Poi spiega che cosa intenda con queste parole. Da notare, tra i fondamentali valori cristiani e umani, anche la prospettiva del “progresso”, che secondo Boccalini non è da confondere con una vaga utopia, ma è crescita e sviluppo umano da costruire insieme con buona volontà di tutti e nella concordia, senza conformismi e apatia. In queste espressioni si avverte una punta di polemica nei confronti di chi è scettico e contrario all’iniziativa del nuovo giornale. C’è un invito a lasciare le “prevenzioni” e ad accettare il dialogo. Conclude con un appello ancora del tutto attuale: “L’accento regionale che vogliamo dare alla Voce dice il perché del nostro sacrificio, che affrontiamo con passione”. Il sacrificio è inteso nel senso di dover rinunciare ai periodici che erano a dimensione diocesana, e conclude con un auspicio: “I monti e le valli di questa nostra terra non ci siano avari d’eco vasta e profonda”. Messa Voce60-Porziuncola2Questa eco, e più che un’eco, è arrivata fino a noi oggi, e di questo siamo andati a ringraziare il Signore a Santa Maria degli Angeli con la preghiera nella Porziuncola, la messa presieduta da padre Bruno e concelebrata dai presbiteri Vittorio Peri, Giuseppe Biselli, Giovanni Raia e Mauro Pesce. Gli amici presenti sono stati invitati dal celebrante a riflettere sull’“ascolto” e sono stati invitati a chiedere al Signore il dono dell’ascolto e della preghiera. Ed è sembrato quasi provvidenziale l’accostamento dell’ascolto alla voce. La fede nasce dall’ascolto, ma come si può ascoltare se nessuno fa l’annuncio, e come si potrà fare l’annuncio senza “la voce”? Il riferimento di don Emilio Boccalini al Battista non era fuori luogo. Anche oggi c’è il “deserto” che incombe, la conflittualità e il contrasto, e quindi la fatica di una testimonianza che, se non è martirio, è comunque una non lieve fatica.]]>
Rinasce ad Assisi l’Associazione medici cattolici https://www.lavoce.it/rinasce-ad-assisi-lassociazione-medici-cattolici/ Thu, 25 Jul 2013 12:40:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18381 La riunione costitutiva al Serafico, al centro don Vittorio Peri e mons. Domenico Sorrentino
La riunione costitutiva al Serafico, al centro don Vittorio Peri e mons. Domenico Sorrentino

Risale al 5 luglio 1944 la nascita dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci) per iniziativa di un gruppo di attivisti motivato dall’esigenza di sviluppare un percorso sintonizzato con la tradizione cristiana. Nella seconda metà degli anni Settanta si costituì una sezione anche in Assisi (cooptata successivamente in quella perugina), seraphica civitas che tra l’altro ospitò presso il Sacro Convento un convegno nazionale partecipato e denso di fermenti riflessivi e prospettive.

Domenica 30 giugno scorso è stata rivitalizzata la sezione diocesana, secondo le aspirazioni di don Vittorio Peri, in accordo con il vescovo Sorrentino che ha manifestato il suo convinto incoraggiamento. Agile, per numero di componenti e ruoli svolti, risulta il Consiglio direttivo formato dai seguenti operatori sanitari: Sandro Elisei (presidente), Simonetta Brozzi (vice presidente), la giovane Daniela Elisei (segretaria), Antonio Frascarelli (consigliere), don Vittorio Peri (assistente ecclesiastico).

La sezione diocesana dispone di una sua sede presso l’Istituto Serafico, dove si è tenuta la riunione costitutiva. “Non è stato delineato ancora un singolo e peculiare percorso, fermo restando che gli scopi dell’Amci sono scolpiti nello Statuto nazionale”: è quanto chiarisce il presidente Sandro Elisei, specializzato in Psichiatria e psicoterapia analitica, autore di un approfondito libro fresco di stampa e appena pubblicato: Mi sono perso di vista. Ritrovare sentieri smarriti (Il Rubino editore).

Lo stesso dichiara quanto segue: “Persiste tra noi associati locali la condivisione di mettere al centro dell’interesse professionale la persona… Si sente un’assoluta necessità di porre l’attenzione non solo alla malattia, ma al malato in tutta la sua complessità e soprattutto alla dimensione etica e spirituale. È necessario meditare sui numerosi volti della disabilità: fisica, psicologica e sociale. È per questo motivo che abbiamo chiesto di poter istituire la sede della sezione presso l’Istituto Serafico”.

Una domanda ci sorge spontanea. In un mutato contesto storico, l’associazione – pur con la sua specifica identità diocesana – non potrebbe essere tacciata di una impronta integralista? Immediata la risposta di Elisei: “Se si riflette senza pregiudizi o ideologismi, non ci possono essere distinzioni tra i vari operatori che svolgono la professione di assistenza alla persona che soffre. Integralismo? Rispondo con le parole del nostro Vescovo che ha ricordato, in occasione dell’atto costitutivo, l’origine greca della parola cattolico, che vuol dire visione d’insieme: coloro che hanno veramente una visione d’insieme relativamente a uno stesso problema, non possono essere mai integralisti”.

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Vittorio Trancanelli, “Con la vita ha diffuso intorno la luce di Cristo” https://www.lavoce.it/vittorio-trancanelli-con-la-vita-ha-diffuso-intorno-la-luce-di-cristo/ Thu, 27 Jun 2013 14:51:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17716 Trancanelli - firma-BassettiIl plico con la documentazione raccolta su Vittorio Trancanelli è giunto, martedì scorso, alla Congregazione delle cause dei santi per mano di Enrico Solinas, confermato postulatore dall’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti anche per la “fase romana”. Quella di Vittorio è una causa attesa con interesse, ci confida Solinas, spiegando che non sono molti i laici per i quali nella ordinarietà e quotidianità della vita le persone hanno riconosciuto i segni di una fede profondamente vissuta, e dei quali si è conclusa positivamente la fase diocesana del processo di beatificazione.

Vittorio, che non faceva mai nulla per mettersi in mostra, domenica troneggiava nella grande foto che lo ritrae sorridente, sul presbiterio della cattedrale di Perugia nel giorno in cui si concludeva il processo informativo diocesano sulla sua “vita, virtù e fama di santità”.

Con la conclusione della fase diocesana del processo di beatificazione di Vittorio Trancanelli, il medico perugino morto prematuramente il 24 giugno 1998, la chiesa di Perugia – Città della Pieve ha vissuto quello che l’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti ha definito “un evento straordinario”.

Nel 2006, l’arcivescovo mons Giuseppe Chiaretti che al funerale di Vittorio disse “Personalmente considero Vittorio un santo laico”, apriva la causa di beatificazione sulla scorta delle numerose testimonianze giunte spontaneamente e raccolte dalla moglie Lia, perché è dai racconti del loro incontro con Vittorio che tutto ha avuto inizio. La “Sessio ultima”, con i giuramenti del caso, lettura di verbali, apposizione dei sigilli alla documentazione raccolta si è svolta pubblicamente dinanzi al Popolo convenuto numeroso in cattedrale, e alla presenza dei familiari di Vittorio, la moglie Lia e il figlio Diego, del sindaco della città Wladimiro Boccali e dei vescovi provenienti dalla diocesi perugina, mons. Mario Ceccobelli di Gubbio e mons. Gualtiero Sigismondi di Foligno, del vescovo emerito Chiaretti, dell’abate emerito benedettino Giustino Farnedi, l’emerito di Gubbio Pietro Bottaccioli e del vescovo di Città di Castello Domenico Cancian che fu amico e confessore di Trancanelli.

«Vittorio Trancanelli, è stato un faro potentissimo della luce di Cristo, il cui bagliore – ha detto mons.Bassetti all’omelia – toccava tutti, i fedeli e i lontani, e mostrava a tutti, concretamente, come si potesse vivere una vita sinceramente cristiana. Egli ha seguito Cristo per tutta la sua esistenza attraverso la prova della croce e nella carità cristiana più autentica, quella di farsi carico delle sofferenze e delle povertà degli ‘ultimi’, soprattutto dei più piccoli: di quei bambini in difficoltà che iniziò ad accogliere, in affido, insieme alla moglie Lia, nella propria casa».

Anche lunedì pomeriggio una folla di amici e estimatori di Vittorio ha partecipato a Cenerente alla S. Messa celebrata dall’arcivescovo nella grande tenda. Subito dopo, nonostante l’inclemenza del tempo, si è svolta la sobria cerimonia per la apposizione di una lapide sulla tomba in cui riposavano le spoglie mortali di Vittorio prima che fossero trasferite nella chiesa parrocchiale.

Sulla grande lastra la dedica ad imperitura memoria del Comune di Perugia che ha anche stabilito di non utilizzare più quel tumulo per nuove sepolture.

Vittorio è stato ricordato anche con la conferenza sul rapporto tra scienza e fede in Vittorio Trancanelli, promossa sabato pomeriggio dall’Amci (medici cattolici) e dal Meic. Carlo Cirotto, professore di Biologia all’Università di Perugia e presidente nazionale del Meic, ha presentato grandi scienziati e uomini di fede che hanno distinto e separato oppure integrato e unificati i due ambiti. “Vittorio – ha detto Cirotto – è stato un uomo di fede che non ha mai avuto remore a usare la scienza medica e l’arte chirurgica con vera professionalità. La sua fede lo portava a usare le sue competenze a favore anche dei più poveri”.

 

Sullo stesso argomento:

“Mio padre mi sembrava così normale… ma se adesso ci penso…”

Il “popolo di Trancanelli” non lo ha dimenticato

 

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Trancanelli: la causa di beatificazione si sposta a Roma https://www.lavoce.it/trancanelli-la-causa-di-beatificazione-si-sposta-a-roma/ Thu, 13 Jun 2013 09:59:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17297 vittorio-TrancanelliDomenica 23 giugno si conclude formalmente e solennemente il processo informativo diocesano sulla vita, virtù e fama di santità del servo di Dio Vittorio Trancanelli, morto il 24 giugno 1998. Il Tribunale diocesano ha emesso il decreto di conclusione della causa. L’evento di domenica, spiega il promotore di giustizia Enrico Solinas, “sarà l’unico che la Congregazione per le cause dei santi permette dinanzi al popolo di Dio, tenuto conto che il prossimo con tutta la comunità diocesana sarà, quando e se Dio vorrà, alla beatificazione del Servo di Dio”.

Dunque, domenica nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia, alle ore 18, si terrà la cosiddetta sessio ultima del processo dinanzi a mons. Gualtiero Bassetti che, in quanto arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, è “attore” della causa, ovvero colui che la promuove. Mons. Bassetti firmerà il decreto non prima di aver raccolto i giuramenti finali del giudice delegato, mons. Pierluigi Rosa, quello del notaio attuario, Anna Andreani, e del notaio aggiunto Maria Andreani.

Seguirà il giuramento di Solinas, nominato postulatore il 7 settembre 2012, che con tale atto chiude formalmente il suo mandato in sede diocesana e inizia quello dinanzi alla Congregazione delle cause dei santi, avendo il Vescovo nominato Solinas postulatore della causa anche per la fase romana.

“I tre plichi contenenti tutta la documentazione relativa al processo – aggiunge Solinas – verranno debitamente chiusi e sigillati dall’Arcivescovo e consegnati uno al Cancelliere di Curia, che provvederà al deposito presso l’Archivio diocesano dell’Archetipo (detto così perché contiene tutti i documenti originali); e gli altri due plichi che contengono il Transunto e la Copia pubblica al sottoscritto, cosicché possa provvedere alla consegna di tutta la documentazione alla Congregazione delle cause dei santi a Roma il 25 giugno”.

In memoria di Trancanelli

CONFERENZA SU SCIENZA E FEDE

Si terrà sabato sabato 22 giugno l’annuale convegno in memoria di Vittorio Trancanelli promosso dall’Associazione medici cattolici (Amci) di Perugia, dal Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) di Perugia e dal Centro ecumenico e universitario San Martino. Sul tema “Scienza e fede nel vissuto di Vittorio Trancanelli” terrà la relazione Carlo Cirotto, ordinario di Citologia e istologia dell’Università di Perugia. Modera Fausto Santeusanio, già docente di Endocrinologia, Università di Perugia. L’appuntamento è alle ore 16 nella sala del Dottorato, logge di San Lorenzo, piazza IV Novembre. Sarà presente l’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti. Interverranno mons. Elio Bromuri, direttore de La Voce, e Marco Dottorini, presidente Amci Perugia. Si conclude con la celebrazione eucaristica alle ore 18 in cattedrale.

LAPIDE AL CIMITERO DI CENERENTE

È nel programma delle celebrazioni cittadine del XX Giugno l’apposizione di una lapide in memoria di Vittorio Trancanelli nel cimitero di Cenerente. Lunedì 24 giugno interverranno il sindaco Wladimiro Boccali, l’arcivescovo mons. Bassetti e Lia Sabatini, moglie di Vittorio.

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«L’Oggi del Concilio Vaticano II» https://www.lavoce.it/loggi-del-concilio-vaticano-ii/ Thu, 02 May 2013 22:55:53 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16542 Concilio_AC_MEIC

Idee e materiali per approfondire i temi personalmente o nei gruppi

Dagli incontri di studio organizzati da Azione Cattolic, Meic, Fuci, Amci, Csi di Perugia in collaborazione con La Voce

La finalità degli incontri è fare della riflessione sul Concilio Vaticano II non una mera celebrazione ma un’occasione per rileggere la propria vita personale e comunitaria alla luce di questo “evento di grazia” per proseguire nel cammino di fede. Un esercizio di “discernimento comunitario”.

4 appuntamenti per 4 temi

I incontro, 3 febbraio 2013:  «La NOVITA’ del Concilio: un evento guidato dallo Spirito»

il Concilio come “evento” e opera dello Spirito Santo
(relatore mons. Elio Bromuri, già docente di teologia all’Ita di Assisi e di Storia della Chiesa all’Università per Stranieri)

Scarica i materiali per l’approfondimento (file .pdf):

Concilio evento dello Spirito_Elio Bromuri

TRACCIA PER ATTIVITA’_Adulti

TRACCIA PER ATTIVITA’_RAGAZZI

TRACCIA PER ATTIVITA’_GIOVANI_

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II incontro, 12 maggio 2013: «DABAR Chiesa e mondo alla luce della Parola»

il primato e la priorità della Parola di Dio, dai Padri Conciliari riportata al centro della vita della Chiesa
(relatore padre Giulio Michelini, biblista docente all’Ita)

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III incontro, 22 settembre 2013: «La CHIESA Popolo di Dio»

la tematica della “Chiesa ad intra” ovvero la concezione e il modello di Chiesa che emerge dai documenti conciliari
(relatore Simona Segoloni, docente all’Ita)

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IV incontro, 20 ottobre 2013: «PERSONA – LIBERTA’ – STORIA – Un impegno di dialogo e annuncio per la salvezza del mondo»

la tematica della “Chiesa ad extra” ovvero dei rapporti della Chiesa con il mondo contemporaneo.

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Bibliografia minima e siti web suggeriti

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L’Oggi del Concilio. Le novità del Concilio frutto dello Spirito per l’oggi https://www.lavoce.it/le-novita-del-concilio-frutto-dello-spirito-per-loggi/ Thu, 02 May 2013 13:17:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=16513 Il Concilio Vaticano II
Il Concilio Vaticano II

L’oggi del Concilio: la novità. Questo il tema al centro del primo laboratorio dedicato all’assise del 1962-65, recentemente organizzato a Perugia da Ac, Meic, Acli, Csi, Fuci e Amci, in collaborazione con La Voce. Ma come parlare di una “novità” che affonda le sue radici in quasi mezzo secolo di storia? Le parole di don Elio Bromuri aiutano a vedere come quei cambiamenti che il Concilio prospettava per la Chiesa fossero rivoluzionari per il tempo e, allo stesso modo, attuali ai nostri giorni.

La modernità del Vaticano II trova forza proprio in quel presupposto che ha guidato la sua apertura: “Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future” (Gv 16,13). In virtù di ciò, i Padri conciliari sono stati chiamati a guidare una Chiesa che doveva tornare nel mondo come segno universale di salvezza. Quella stessa Chiesa, quello stesso popolo di Dio, riscopre oggi quella missione che è rimasta sopita per lungo tempo: il cristiano è chiamato ad essere profeta di speranza, e la Chiesa deve ricordare all’uomo che non è solo, che esiste questa speranza, che ha un senso avere fiducia, fede.

Ecco come il messaggio lanciato cinquant’anni fa trova piena aderenza anche, e soprattutto, ai giorni nostri dominati da una perdita di fiducia nel mondo, nelle istituzioni, nelle persone, nella Chiesa stessa. Vivere oggi la novità del Concilio significa rimettere al centro il motore che ha dato lo slancio ad un nuovo modo di vedere il popolo di Dio all’interno della quotidianità, un popolo che non rimane più arroccato nelle sue posizioni, ma che si sparge in mezzo alla gente per dare un nuovo sapore alle relazioni, per essere sale e luce del mondo.

L’oggi del Concilio diventa così l’oggi dello Spirito, Spirito che ispira il popolo a camminare, passo dopo passo, entro quegli orizzonti che ancora oggi profumano di saggia e santa lungimiranza. Orizzonti di una preghiera universale, per giusti e ingiusti, per cristiani e per non cristiani, orizzonti in cui si riscopre la ministerialità dei battezzati, tutti consapevoli e consacrati a partecipare all’opera di salvezza di Dio, orizzonti in cui il messaggio cristiano è chiamato a rimanere saldo nei contenuti ma aggiornato nei modi di arrivare alle persone. Si apre la prospettiva di una evangelizzazione che non sia più deduttiva, asetticamente valida per ogni uomo, ma che sappia vivere di induzione: “Se nel nostro tempo serve speranza, allora portiamo speranza”.

Alla domanda delle persone di rientrare in contatto con il messaggio evangelico ecco che si risponde con una liturgia che si riavvicina all’assemblea, con una Chiesa che torna ad essere il popolo di Dio, certo non in senso populista, ma secondo la definizione prima di popolo di Israele, ovvero popolo scelto da Dio per mettersi in cammino insieme verso la Terra promessa. In questo popolo ci siamo noi, c’è il Papa, c’è Maria madre dei cristiani, e ci sono pure tutti gli attriti e le differenze che questo popolo è chiamato a vivere.

La novità del Concilio: il popolo di Dio non è più chiamato a essere una cittadella nel mondo, a essere l’ultimo baluardo difensivo contro gli attacchi della società, ma è chiamato a essere vessillo lungo la strada che guida il popolo di Dio verso la salvezza, nella storia.

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Curare l’immigrato https://www.lavoce.it/curare-limmigrato/ Thu, 12 Jul 2012 14:06:31 +0000 https://www.lavoce.it/?p=12055
Il convegno in onore di Trancanelli: al tavolo, da sinistra, mons. Bassetti, Poli, Santeusanio, Monni

Fare anche a Perugia un ambulatorio per immigrati è l’idea nata nell’associazione medici cattolici (Amci) di Perugia e proposta alla Caritas diocesana. Per approfondire la questione in occasione del convegno in onore di Vittorio Trancanelli, il 23 giugno scorso, è venuto a Perugia Riccardo Poli, direttore sanitario a Prato, iniziatore del centro medico per immigrati di Firenze conosciuto come “l’ambulatorio dello Stenone”, il cui poliambulatorio alcuni anni fa è stato intitolato al medico perugino Vittorio Trancanelli, segno di una conoscenza e vicinanza tra Firenze e Perugia ricordata dal professor Fausto Santeusanio. “Non potevo non venire, ha detto Poli, ricordando anche la lunga amicizia con l’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti quando era ancora a Firenze, e che di questo ambulatorio per immigrati conosce bene la storia. Anche per questo mons. Bassetti sostiene convintamente l’iniziativa nell’auspicio che possa essere un’opera “segno” che si aggiunge a quelle già realizzate dalla Caritas diocesana. L’intervento di Riccardo Poli è stato come un viaggio nell’Italia degli ultimi venti anni. Un tempo relativamente breve nel quale ci sono stati cambiamenti radicali nella legislazione sugli immigrati. Poli ha ricordato l’inizio dell’ambulatorio dello Stenone, quando mons. Bassetti era vicario generale della diocesi di Firenze. Erano i primi anni 90, c’era la Legge Martelli e nessuna assistenza sanitaria era riconosciuta agli immigrati. Molti medici si misero a disposizione per un servizio volontario e fu fondata una associazione laica, anche se molto vicina al cristianesimo, per accogliere anche medici non credenti o di altre fedi. Le mogli dei medici facevano segreteria, i farmaci venivano chiesti alle case farmaceutiche e per anni ogni settimana laboratori privati hanno dato gratuitamente prelievi per analisi. L’esperienza di Firenze nasceva dopo quella di Roma già attiva dal 1981. Nel 1997 le cose cambiarono, ha ricordato Poli, con la riforma sanitaria voluta dal ministro Bindi che volle lo stesso Poli consulente del Ministero. Si doveva cambiare mentalità ha detto Poli ricordando per esempio il lavoro di mediazione con il Ministero dell’Interno che poneva il problema della “tracciabilità” dello straniero senza documenti. Non fu facile, ma nella legge passò la linea di chi sosteneva l’obbligo di “non segnalare” l’immigrato irregolare alla polizia se non negli stessi casi previsti per gli italiani. Così, dopo che lo Stato assicurò l’assistenza sanitaria agli immigrati, i medici dello Stenone decisero di concentrarsi su odontoiatria, medicina generale e ambulatorio pediatrico, ovvero di offrire da un lato un servizio specialistico e dall’altro una generale presa in carico per coloro che non possono avere il “medico di famiglia”. Contrariamente a quanto temuto, ha sottolineato Poli, gli immigrati non soffrono e non portano esotiche malattie infettive ma più spesso si ammalano di stress che fa fumare e porta a depressione reattiva creando il fenomeno del “migrante esausto”. “Credo che oggi fare medicina per l’immigrato è più semplice” ha concluso Poli, poiché, ha aggiunto, “non ha senso pensare ad una specialistica ma occorre concentrarsi sulla medicina generale pediatria e odontoiatria perché gli immigrati irregolari non possono avere il medico di famiglia né rientrano nei programmi di prevenzione”. L’importante, ha aggiunto, è avere un rapporto con la Asl, un protocollo di intesa che consenta di avere il ricettario e il cup.

Daniela Monni, direttore della Caritas dicoesana, ha ricordato che a Perugia era stato aperto, molti anni fa, un ambulatorio per immigrati che poi venne chiuso e non più riaperto perchè non c’era necessità. “Ricordare Vittorio Trancanelli – ha aggiunto – significa ricordare un modo d’essere, uno stile” quello di medici “che si mettono a disposizione degli altri con la loro vita”. Cosa e come intervenire oggi, sul fronte dell’assistenza sanitaria agli immigrati, sono i temi su cui l’Amci e la Caritas stanno ora riflettendo.

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Appello pro-vita, nuove adesioni https://www.lavoce.it/appello-pro-vita-nuove-adesioni-2/ Thu, 09 Feb 2012 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=835 Nuove adesioni sono giunte all’appello “pro vita” pubblicato su queste pagine una settimana fa in vista della Giornata per la vita che la Chiesa ha celebrato il 5 febbraio. Alle 13 associazioni se ne sono aggiunte altre 10 e due adesioni personali (vedi box qui accanto). Condividendo l’affermazione secondo cui “la difesa della vita non è un valore ‘cattolico’ ma appartiene alla stessa umanità” i firmatari dell’appello invitavano a dedicare a questo tema “tempi e spazi per un dibattito che faccia avanzare le idee e le ‘buone pratiche’”. L’appello, spiegano i promotori, è nato dall’amara constatazione del fatto che si discute molto su quale sia “il modo migliore per interrompere la vita appena concepita”, mentre non si dedica tempo né energie “per trovare il modo migliore per aiutare madri e padri ad accogliere e far crescere la vita appena concepita”. L’appello concludeva chiedendosi se invece non sia “interesse della nostra regione sostenere la natalità con tutti i modi e mezzi disponibili”. Contemporaneamente all’appello firmato dalle associazioni è stato diffuso il documento che alcuni membri dell’Istituto Conestabile di Perugia hanno redatto per la giornata della Vita. Un contributo articolato e argomentato dettato dalla volontà di “unirsi all’auspicata riflessione” sulla vita, “non soltanto insieme ai giovani, ai quali è diretto l’ultimo messaggio della CEI, ma – scrivono Gianfranco Maddoli, Mario Tosti, Fausto Grignani, Gianfranco Faina e Mario Roych – anche a quanti, adulti credenti e non credenti, e in particolare a coloro che sono impegnati in responsabilità politiche, devono sentire il dovere di affrontare con piena consapevolezza e senza superficialità di atteggiamenti solo ideologici, una problematica che tutti avvertiamo molto complessa”. “La vita umana non è un valore solo morale-religioso ma un fondamentale valore laico-civile affermato anche nella nostra Costituzione. Noi vorremmo – aggiungono i firmatari – che se ne discutesse pacatamente”.Il testo ha suscitato la dura reazione di un gruppo femminista di Terni legato agli ambienti atei e anticlericali della città, che in un comunicato definisce l’intervento del Conestabile un “attacco alla legge 194”, poi si scaglia contro la Chiesa che, a loro dire “vieta ai giornalisti di tutte le emittenti televisive e radiofoniche italiane di nominare la parola ‘preservativo’ durante la giornata mondiale della lotta contro l’Aids!”. Obiettivo politico del comunicato delle femministe ternane è la Regione. “Pretendiamo – scrivono – che la politica, in questa regione (governata da una donna!) prenda definitivamente le distanze da quelle posizioni medievali, sessiste e indegne, tipiche del peggiore fondamentalismo cattolico”. Lo stesso gruppo il 3 febbraio aveva “denunciato” che “dietro la preghiera per la vita nascente in realtà si cela una manifestazione politica contro la 194”. Posizioni estreme, più diffuse di quanto si pensi, che sono il segnale di quanto sia difficile un dialogo sereno su questi temi. CHI HA FIRMATO L’elenco delle adesioni pervenute fino a mercoledì 8 febbraio. Chi vuole aggiungersi può inviare una mail a meic.perugia@yahoo.it- Maria Rita Valli, Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) – Perugia- Fausto Santeusanio, Associazione “Alle querce di Mamre” – Pasquale Caracciolo, Centro volontari delle sofferenza (Cvs) – Perugia- Sergio De Vincenzi, comitato prov.le Associazione genitori scuole cattoliche (AGeSC) Perugia- Luciano Valentini di Laviano, delegato per Perugia e Terni dell’Ordine di Malta- Fabrizio Saracino, Federazione universitaria cattolica (FUCI) “G. Toniolo” di Perugia- Maurizio Santantoni, Associazione perugina di volontariato (Apv) – suor Roberta Vinerba, Circolo “La Pira” – Simone Pillon, Forum delle Famiglie – Perugia- Vincenzo Silvestrelli, Federazione umbra Movimento per la vita- Marco Canonico, Unione giuristi cattolici (Ugci) – sezione di Perugia- Pierluigi Grasselli, Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid) – gruppo di Perugia- Enrico Sebastiani, Movimento dei Focolari- Alessandro Moretti, Azione cattolica diocesana di Perugia – Città della Pieve- Assuntina Morresi, Associazione Scienza e Vita – Perugia- Mario Timio, Associazione medici cattolici (Amci) – Perugia- Domenico Piano, Unione cattolica stampa italiana (UCSI) – Umbria- Maddalena Pievaioli, Istituzione teresiana – Perugia- Giuseppe Capaccioni, Comunione Liberazione (CL) – Gaia e Dino Buonforte, Équipe notre dame- Angelo Filardo, Centro ”Amore e Vita” di Foligno- Francesca Tura Menghini, coordinatore diocesano Rinnovamento nello Spirito (RnS) – Maria Teresa Di Stefano, Centro ecumenico e universitario San Martino, PerugiaSono infine giunte le adesioni personali di: – Prof Lino Conti, ordinario di Storia della scienza e di Bioetica, Università degli Studi di Perugia- prof.ssa Marisa Borchiellini

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Qualità della vita Dignità nella morte https://www.lavoce.it/qualita-della-vita-dignita-nella-morte/ Thu, 27 Jan 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9087 Dobbiamo certamente collocare le problematiche di fine vita in un contesto culturale e sociale notevolmente mutato negli ultimi decenni. Infatti il progresso della medicina e il miglioramento delle condizioni di vita e di benessere, almeno nella nostra società, hanno cambiato sostanzialmente la vita, allungandone la durata e migliorandone la qualità. È mutatato tuttavia anche il concetto di morte. In passato il morire era vissuto in casa come un evento naturale dall’intera famiglia, non nascosta neppure ai bambini. Nella nostra èra tecnologica, la morte è circondata da discrezione, quasi a non mettere in imbarazzo quelli che sopravvivono. E così ci sentiamo spesso impreparati anche al concetto di morte, sia come individui pur consapevoli di essere destinati a morire, sia come professionisti chiamati ad accompagnare il malato negli ultimi giorni di vita. L’allungamento della vita media nella popolazione ha comportato un sensibile incremento del numero dei pazienti molto anziani o con graduale declino delle funzioni cognitive, come nella demenza senile, bisognosi di totale assistenza. Anche le malattie tumorali sono in aumento. Peraltro queste oggi vengono affrontate con terapie più appropriate, per cui se ne prolunga la storia naturale, da un lato a vantaggio di una buona qualità di vita, ma dall’altro con il rischio di protrarre situazioni avanzate e gravate da grande sofferenza fisica. Un altro aspetto, non irrilevante fra i problemi di fine vita del nostro trempo, riguarda il numero di pazienti in stato vegetativo permanente, bisognosi di una assistenza continua e totale. Gli interventi di rianimazione, resi possibili dalle tecnologie moderne, consentono la sopravvivenza di molte persone che altrimenti morirebbero, ma determinano anche il recupero di un numero crescente di soggetti che sopravvivono in uno stato vegetativo. Nel nostro Paese i casi emblematici di Englaro e di Welby hanno segnato momenti di dibattito acceso e talora di contrapposizione anche ideologica, che certamente non ha consentito di affrontare il problema all’impronta di un dialogo sereno e costruttivo per la nostra società. Il concetto di morte in senso biologico è ben definito ed ha come paradigma la cessazione di tutte le attività cerebrali. Per questo è lecito eseguire espianti ai fini di trapianto quando tutte le attività del cervello, comprese quelle del tronco cerebrale, sono cessate. Ma come dobbiamo considerare uno stato vegetativo che dura da anni? È davvero una vita inutile? La persona in stato vegetativo perde la sua dignità? In queste condizioni può essere abbandonata e privata anche del fondamentale sostegno vitale quale la idratazione e l’alimentazione? In realtà la sacralità della vita non può essere messa in discussione, per cui anche un malato in grado solo di vita vegetativa autonoma con sprazzi di vigilanza, e con possibilità oggi documentate di recuperi impensabili, merita di essere trattato con la massima cura. Certamente dalla ricerca scientifica si attendono ancora informazioni puntuali che possano fornire al medico e al legislatore indicazioni sulle reali possibilità di recupero di questi pazienti. Al medico va comunque lasciato il giudizio se in alcuni soggetti in stato vegetativo si ravvisi un accanimento terapeutico e se egli possa quindi sentirsi eticamente autorizzato ad interrompere un’inutile idratazione ed alimentazione artificiali o una ventilazione polmonare assistita. Ed ancora, può un medico sentirsi libero in coscienza di facilitare la morte, ovvero di eseguire un intervento eutanasico, quando è questo che chiede il paziente, a causa della sua sofferenza, direttamente o tramite dichiarazioni di cura sottoscritte molto tempo prima? È da tutti accettato il rifiuto di un accanimento terapeutico, inteso come applicazione di procedure diagnostiche e terapeutiche sproporzionate ed inutili ai fini della qualità di vita e di un suo prolungamento. Ma anche in queste condizioni di grande sofferenza, la vita rimane sacra e si esige il rispetto per il malato, al quale deve essere comunque garantita la cura della sua igiene sino al termine dei suoi giorni e la somministrazione corretta delle terapie palliative, per le quali si sono registrati in questi ultimi anni notevoli progressi, rifiutando tentazioni eutanasiche. L’autonomia del paziente e le sue volontà vanno sempre rispettate, come ci ricordano i vari codici giuridici e deontologici, quando si tratta di prendere decisioni in merito a procedure di diagnosi o di terapia. Il problema si pone quando egli ha lasciato precise dichiarazioni anticipate di cura, ovvero un testamento biologico, e al momento non è più in grado di esprimere la sua volontà. Il medico tuttavia, deontologicamente ed eticamente, non può sentirsi vincolato a soddisfare richieste di eutanasia, peraltro non ammessa sinora neppure dai nostri codici giuridici. Come è ben noto, è in corso nel nostro Paese, in un ampio dibattito parlamentare, la procedura di approvazione di un progetto di legge sul “fine vita” già approvato al Senato nel 2009 ed ora affidato alla Camera dei deputati, proprio per definire i limiti e la validità delle dichiarazioni anticipate di cura. Comunque, al di là di questi aspetti etico-giuridici del problema, bisogna ribadire che il malato, se è cosciente, si aspetta anzitutto un accompagnamento nei suoi ultimi giorni di vita, fatto di presenza concreta, di dialogo, di ascolto, di sincerità nell’informazione, una prassi affidata soprattutto al medico e al personale infermieristico. Il senso di solitudine, unito alla sofferenza fisica e alla percezione di creare disagio ai familiari ed agli altri, è motivo di ulteriore sofferenza psichica che può far scattare la molla della richiesta di eutanasia. Se il paziente vede intorno a sé solidarietà, comprensione, e trova sollievo dalla sofferenza con le cure proposte con sollecitudine, difficilmente insiste per la richiesta di eutanasia. Questo è un punto critico. Le decisioni di fine vita spettano da ultimo e comunque al medico, che deve appellarsi alla sua scienza e alla sua coscienza, assumendosi delle responsabilità. Di qui la necessità di una solida preparazione, che è un dovere per il medico e che può essere acquisita con gli anni sia sotto il profilo scientifico-professionale che bioetico. Indubbiamente il medico ha bisogno anche di precisi riferimenti giuridici, ma se si va a ben considerare il problema, ci si rende conto che è difficile affidarsi ad una legislazione che sia in grado di adattarsi con chiarezza a tutte le decisioni di fine vita. Le situazioni cambiano da caso a caso, ed è per questo che oggi sia i giuristi che i medici ritengono che le decisioni di fine vita debbano essere fondate su una “mite” legislazione e su una “forte” bioetica.

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Un bonus se la donna non abortisce https://www.lavoce.it/un-bonus-se-la-donna-non-abortisce/ Thu, 10 Jun 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8531 Finalmente una bella notizia: la Regione Lombardia erogherà 4.500 euro alle donne che rinunciano all’aborto, pur vivendo in condizioni economiche precarie. Si tratta di un bonus mensile di 250 euro per 18 mesi, reso possibile da un primo stanziamento per la creazione del fondo Nasko.“Nessuna donna – ha annunciato il presidente Formigoni – dovrà più abortire nella nostra regione a causa di difficoltà economiche”. Purtroppo non si abortisce solo in Lombardia, ma anche nelle altre regioni, Umbria compresa, che si posiziona tra le prime regioni in Italia. Ma al di là dei numeri, mai così importanti come in questa tematica, mi chiedo se in Umbria sia possibile seguire la Lombardia con l’adozione di un provvedimento come quello adottato da Formigoni. Che poi non è altro che l’attuazione integrale della legge 194/78, dove si prevede (art. 5) che la donna va aiutata a “rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza”. Poiché in Umbria il 50% delle interruzioni viene effettuato per motivi economici e sociali, il bonus si inserirebbe in tale contesto legislativo. Ma a chi ricorrere? Alla Governatrice e alla sua Giunta? Sarebbe la via più giusta, se l’iniziativa non fosse criticata per principio e non fosse esposta a gratuita ironia e ad “altrismo” (“Ci vuole ben altro per fermare la piaga dell’aborto!”). Allora ai cattolici che siedono sugli scranni regionali, sia di maggioranza che di opposizione. Per questi sarebbe un’occasione d’oro per prendere posizione sulla iniziativa lombarda e per l’attuazione completa della 194. Mi rivolgo altresì a tutte le associazioni cattoliche o no, che credono che l’embrione non sia un grumo di cellule da sopprimere ma un essere umano da salvare anche a fronte di indigenze economiche. Faccio appello alla Ceu e al suo Presidente, sempre pronti ad iniziative a favore degli ultimi e degli indifesi (vedi anche il recente rilancio del Fondo di solidarietà), affinché promuovano o rafforzino campagne di sensibilizzazione verso un problema che non è solo dei cattolici, ma di tutti. Vorrei attivare non solo un dibattito sul bonus lombardo, ma anche una serie di iniziative volte a far giungere alle istituzioni un messaggio chiaro per far saltare l’equazione: povertà = aborto. L’Associazione medici cattolici (Amci) di Perugia si fa promotrice di progetti mirati e si pone a disposizione collaborante di coloro che lo credono possibile.

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A servizio solo della vita https://www.lavoce.it/a-servizio-solo-della-vita/ Thu, 12 Nov 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8007 Un medico con una coscienza: forse è anche, o solo, per questo che Stefano Ojetti, dirigente medico di chirurgia dell’ospedale di Ascoli Piceno, nonché vicepresidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci), ha ricevuto recentemente l’onorificenza di cavaliere commendatore dell’Ordine di san Gregorio Magno, a firma del card. Tarcisio Bertone. Un riconoscimento richiesto dal vescovo, mons. Silvano Montevecchi, come segno di ringraziamento della diocesi per un impegno sui temi “eticamente sensibili”, che dura da oltre vent’anni. Ed è una questione di coscienza che ha fatto salire Ojetti agli “onori” delle cronache, quando all’indomani del caso Welby si dimise dall’incarico di consigliere dell’Ordine dei medici di Ascoli Piceno: L’Osservatore Romano definì, il suo, un gesto di “un valore esemplare per quanti svolgono la professione medica”. Dott. Ojetti, “famoso” per essersi dimesso: è poi tornato nel Consiglio dell’Ordine? “No, perché me ne andai dopo che l’Ordine dei medici di Cremona archiviò il procedimento disciplinare nei confronti di Mario Riccio, l’anestesista che il 20 dicembre 2006 staccò il respiratore meccanico grazie al quale era tenuto in vita Piergiorgio Welby. Non mi riconoscevo più nei valori deontologici dell’Ordine, per me le dimissioni erano un segno di coerenza”. Il virus A/H1N1 è in questi giorni protagonista dell’informazione: dal suo punto di vista medico l’allarme è giustificato? “Questa è un’influenza a bassa virulenza ma ha un alto coefficiente di trasmissibilità: il vaccino serve per cercare di circoscrivere la pandemia, ma non è un’influenza più pericolosa delle altre. Credo che la mortalità sarà molto bassa, e le vittime che ci sono state finora in Italia avevano malattie collaterali importanti: forse il problema di questa influenza è l’eccessiva e allarmistica comunicazione mediatica. È vero che i bambini sono più a rischio degli adulti, ma i genitori possono stare tranquilli: se i figli hanno la febbre non devono subito correre al pronto soccorso, devono rivolgersi al pediatra o al medico di famiglia e curare i piccoli come farebbero con una normale influenza”. Il 25 ottobre ha partecipato, per l’Amci, all’audizione della Commissione parlamentare sulla legge del “fine vita”: quale posizioni avete espresso? “Nel corso dell’audizione ho ribadito che la legge non deve consentire qualsiasi forma di eutanasia attiva o omissiva. Questo non significa che il medico non possa prendere in considerazione che il paziente possa morire con dignità, conoscendone bene la storia, la malattia e la sua condizione. Ma non è accettabile che sia il paziente a decidere di morire e al medico non resti che fare da ‘esecutore’ testamentario di questa volontà. Allo stesso tempo, non si deve praticare accanimento terapeutico e tanto meno abbandono terapeutico (ovvero non mettere in pratica tutte le terapie palliative possibili compreso il controllo del dolore). Naturalmente ho ripetuto la nostra contrarietà alla sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione, perché è terribile morire di sete e fame come nel caso di Terry Schiavo ed Eluana Englaro. Fondamentale è il dialogo nel rapporto medico-paziente, capire bene quali sono le motivazioni del malato e le sue reali condizioni. In certi casi si può aiutare a morire con dignità il paziente preoccupandosi di non farlo soffrire attraverso l’idratazione, un’adeguata ventilazione e la terapia del dolore. Io spero che queste nostre istanze siano accolte perché non si può lasciare che nel nostro Paese i ragazzi crescano pensando che a una certa età si può scegliere di farla finita”. A luglio l’Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera all’utilizzazione della pillola abortiva Ru486: cosa si deve fare adesso? “L’interruzione di gravidanza fino ad oggi, secondo la legge 194, veniva fatta in ospedale e in condizioni di sicurezza: ora, con la Ru486 si vorrebbe evitare l’ospedalizzazione. Tra l’altro la letteratura medica documenta casi di decessi tra le donne che l’hanno utilizzata, che credo potrebbero aumentare con il suo uso domiciliare. E poi, dato che va presa entro le sette settimane, diminuisce il tempo di riflessione attraverso cui la donna deve prendere una così grave decisione. Io spero che rimanga l’obbligo della somministrazione in ospedale, perché – al contrario del messaggio che si vuol far passare – questo non è un aborto ‘dolce’ e spesso deve essere seguito da un raschiamento. Aggiungo una considerazione: essendo una pillola che agisce in 24-48 ore, si può ben immaginare come si può sentire una donna che la prende in casa da sola per poi aspettare che il figlio le muoia dentro…”.Qual è il senso della presenza dell’Amci nella società italiana di oggi?“Il nostro approccio alle questioni è medico-scientifico, e quindi laico, perché siamo convinti che etica e scienza devono e possono andare insieme. Il nostro è certo anche un ruolo di testimonianza, di critica e, quando serve, di suggerimento alla Chiesa su alcuni temi etici. È vero, siamo supportati dalla fede, ma le nostre argomentazioni sono etiche e scientifiche, perché siamo convinti che i medici, credenti e non, devono mirare sempre e comunque alla vita del paziente”.

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Quelle coscienze “negate” https://www.lavoce.it/quelle-coscienze-negate/ Thu, 02 Apr 2009 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7445 Dalla platea un medico perugino pone la questione della valutazione del limite tra cura di un malato in stato vegetativo e accanimento terapeutico, in tutta la sua cruda concretezza. Chiede quante volte dovrà ancora rianimare un uomo in stato vegetativo che ha già subito cinque arresti cardiaci. La risposta di Gian Luigi Gigli, direttore della clinica neurologica del ‘S. Maria della Misericordia’ di Udine, a capo del coordinamento friulano ‘Per Eluana e per tutti noi’, viene formulata nell’ambito del convegno dei Medici cattolici sullo stato vegetativo tenutosi sabato pomeriggio nell’aula dell’Accademia anatomo-chirurgica dell’Università di Perugia. Come dobbiamo trattare questi pazienti?, si chiede. Sulla loro idratazione e nutrizione ‘non abbiamo dubbi’, risponde, perché è il minimo vitale dovuto ad ogni essere umano. Se poi ci fosse necessità di somministrare antibiotici ‘avrei qualche dubbio’ sull’opportunità di farlo, ma sulla quinta rianimazione dopo un arresto cardiaco ‘avrei molti dubbi’ a farlo anche su una persona non in stato vegetativo. Gigli: ‘Qualche dubbio dagli studi’ Gigli, che è stato in prima linea nella vicenda di Eluana Englaro ‘sfidando poteri forti’, come ha detto il vice presidente nazionale dell’Amci Stefano Oietti, ha fatto un intervento all’insegna della prudenza. La assume come criterio e vorrebbe che lo facessero anche coloro che sostengono che le persone in stato vegetativo, non avendo nessuna coscienza di sé e di ciò che li circonda, non avrebbero una vita degna di essere vissuta. E quindi, la (loro) conclusione sarebbe che è meglio lasciarle, se non addirittura aiutarle, a morire. Il neurologo ha mostrato una serie di studi sulle reazioni di pazienti in stato vegetativo. I quali, ha sostenuto Gigli, ‘rispondono diversamente al loro nome rispetto ad un semplice rumore di fondo, attivando determinate aree del cervello. Ugualmente accade – ha aggiunto – se si sottopongono loro le immagini dei loro bambini o foto dove sono insieme ai figli. Non sappiamo con certezza se a queste diverse reazioni corrisponda una coscienza, ma ‘questi studi ci autorizzano a porci, quantomeno, in una condizione di dubbio’. Italia, 2.500 famiglie con pazienti in stato vegetativoL’incontro di Perugia sullo stato vegetativo ha sollevato dei dubbi. ‘Il paziente comatoso – ha detto Gigli – ha quattro strade: o muore o si risveglia con dei deficit, oppure cade in stato vegetativo o di minima coscienza. Alcuni – ha continuato – rispondono agli stimoli, altri no. Ma esiste una coscienza sommersa che i medici non sanno ancora riconoscere?’. Gigli ha poi fornito un dato significativo: ‘Oltre il 50 per cento di coloro che sono in stato vegetativo si risvegliano prima di un anno’. Dopo è sempre più difficile che il ‘miracolo’ avvenga, visto che il tempo gioca loro a sfavore, ma si sono registrati alcuni, pochi, risvegli anche dopo molti anni. In Italia, circa 2.500 famiglie mantengono cari in stato vegetativo; di queste, 1.700 li alimentano in casa. La Chiesa: no a cure sproporzionateIl direttore dell’Istituto di bioetica del ‘Sacro Cuore’ di Roma, Ignacio Carrasco de Paula, assistente ecclesiastico dell’Amci per il centro Italia, si è soffermato sull’eticità degli interventi sulla vita. Ricordando la posizione ufficiale del magistero della Chiesa: ‘C’è un unico documento, del 1980, della Congregazione della dottrina della fede, approvato dal Santo Padre, che è suddiviso in due parti: una riguarda l’eutanasia, l’altra gli specifici trattamenti. La Chiesa riconosce il diritto di ogni paziente a cure ordinarie e proporzionali. Ma ogni persona, di fede o non di fede, può rinunciare alle cure ‘sproporzionate’. Nell’imminenza della morte ‘ sta scritto ‘ sarebbe lecito interrompere tutti i trattamenti, tranne quell’assistenza che ci accompagni ad una fine serena’. Ossia la nutrizione artificiale e l’idratazione. Al convegno, moderato da Mario Timio e Gabriella Angeletti, sono stati presenti ed hanno portato il loro saluto l’arcivescovo di Perugia – Città della Pieve mons. Giuseppe Chiaretti e il preside della facoltà di Medicina e chirurgia Adolfo Puxeddu. Sugli aspetti giuridici e deontologici è intervenuto Andrea Sassi, ordinario di Diritto privato all’Università di Perugia. Paolo GiovannelliIl nodo della questione è se ogni vita abbia dignitàProfessor Gigli, quale è il nodo del dibattito apertosi sul caso di Eluana Englaro?’Il nodo della questione è se esistano persone la cui vita non ha sufficiente dignità e significato. Io credo che la malattia non tolga mai dignità al malato, e che la vita abbia un senso anche in situazioni estreme, come quelle dello stato vegetativo. Solo se, in qualche maniera, si stabilisce da una cattedra esterna che queste persone non hanno sufficiente dignità o significato, allora le si può sopprimere. Chi ci sta vicino sa invece che sono persone che hanno pari diritti e pari dignità; talvolta riescono addirittura ad arricchire la convivenza sociale con la loro presenza. Anzi, generalmente la arricchiscono. E allora non può, questa stessa convivenza sociale, per ragioni di opportunità, farne a meno’.Hanno creato grande disorientamento anche coloro che affermavano che Eluana era già morta”Sul fatto che fosse viva non c’è ombra di dubbio. Altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di lasciarla morire… Vede, i medici in questa vicenda non è che non avessero stabilito se fosse viva, al di là di qualche idiozia che è stata detta. Il problema era: è una vita veramente umana, quella di chi ha un livello di coscienza ridotto? Come certamente era in questa situazione, o addirittura, secondo alcuni, assente. Secondo me la coscienza non era assente, ma, anche se lo fosse stata, non per questo veniva meno l’umanità di questa persona. Quindi, non per questo avremmo potuto ‘accompagnarla’ alla morte’.La legge sul fine vita in discussione al Parlamento garantisce il malato?’Secondo me, sì. Non è vero, come è stato detto, che sia una legge che ‘forza’ le cose. In alcun modo. Mette solo un punto fermo sul fatto che idratazione e nutrizione sono assistenza di base. Per il resto, il malato mantiene una voce in capitolo importante sulle decisioni che lo riguardano. Certamente però esclude che le strutture sanitarie possano essere chiamate, come nella vicenda Englaro, ad accompagnare alla morte’.

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In Umbria potrebbero esserci 200 casi Eluana https://www.lavoce.it/in-umbria-potrebbero-esserci-200-casi-eluana/ Fri, 27 Mar 2009 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=7409 ‘Non esistono stime ufficiali sul numero dei pazienti in stato vegetativo in Italia e tantomeno in Umbria’ esordisce Mario Timio, medico, presidente dell’Associazione medici cattolici (Amci) dell’Umbria nei giorni del Convegno sul fine vita che si sta svolgendo a Perugia. ‘Non esistono stime ufficiali perché i pazienti in questo particolare stato sono distribuiti in strutture diverse: ospedali e hospice quando si trovano all’inizio del periodo o alla fine, e dunque vi stanno per poco tempo; strutture private o parastatali, case di accoglienza; ma molti sono anche nelle famiglie. Esistono poi degli stati pre-vegetativi, che differenziano ulteriormente la casistica di questo genere. Ad ogni modo, si può stimare che in Italia vi siano circa 2.500 casi di stato vegetativo, e 200 sarebbero i casi in Umbria’. Il dott. Timio prosegue spiegando come, anche a causa di questa distribuzione diversificata nelle strutture, lo Stato faccia davvero pochissimo per queste particolari situazioni. ‘La maggior parte dei casi, infatti ‘ afferma ancora il medico – vive nelle famiglie, ed è proprio qui che si riscontrano le maggiori difficoltà. Lo Stato eroga solo aiuti economici, per accedere ai quali bisogna versare pressoché in stato di povertà. In realtà, però, chi assiste questi pazienti ha bisogno di molto di più: sostegno psicologico, ‘tecnico’, umano, perché per vivere queste situazioni ci vogliono molto amore e coraggio…’. Secondo il presidente dei Medici cattolici, spesso accade che molte persone in stato vegetativo vengano lasciate sole, specie nel caso degli anziani, quando le famiglie non ce la fanno ad assisterli per i motivi visti sopra. Per quanto riguarda poi la possibilità di trovare una soluzione comune e statale al problema del fine vita, Mario Timio ritiene che sia necessaria una legge quadro che faccia da riferimento, nella quale si affermi l’intangibilità del valore di ogni vita umana. Necessariamente – prosegue – va eletto un criterio di priorità nell’assistenza, verificando ogni volta la situazione sociale e familiare in cui si trova il paziente. ‘Per esempio, vi sono delle famiglie che ce la fanno da sole ad assistere un congiunto in stato vegetativo, altre invece no, e non solo per motivi economici. Allora da parte dello Stato va data priorità nell’assistenza laddove si possano verificare situazioni di abbandono e di degrado nei confronti di questi pazienti. Deve poi sempre rimanere chiaro che la vita è in ogni caso degna del massimo rispetto’. Mariangela MusolinoGli interventi al ConvegnoL’Associazione medici cattolici di Perugia (Amci) ha organizzato un seminario sul tema ‘Stato vegetativo. Scienza, etica e diritto a confronto’, sabato 28 marzo, ore 16 nell’aula dell’Accademia anatomo-chirurgica in via Enrico dal Pozzo, nella zona di Perugia del vecchio policlinico. Moderatori sono Mario Timio, presidente Medici cattolici, e Gabriella Angeletti, responsabile dell’ufficio diocesano Pastorale della salute. Dopo il saluto delle autorità, tra cui il preside di Medicina prof. Puxeddu e l’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti, relazioni di Gian Luigi Gigli sul tema ‘Lo stato vegetativo: conoscenze scientifiche sull’attività cognitiva ed emotiva cerebrale’; I. Carrasco De Paula su ‘Identità della persona ed eticità degli interventi sulla vita’; Andrea Sassi su ‘Disponibilità della vita, deontologia medica e testamento biologico’. Seguirà discussione e conclusione.

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