armi Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/armi/ Settimanale di informazione regionale Wed, 16 Oct 2024 13:56:15 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg armi Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/armi/ 32 32 Il Nobel e l’incubo atomica https://www.lavoce.it/il-nobel-e-lincubo-atomica/ https://www.lavoce.it/il-nobel-e-lincubo-atomica/#respond Thu, 17 Oct 2024 07:00:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78008

Il premio Nobel per la Pace 2024 è stato assegnato, dall’apposito comitato norvegese, ad una associazione giapponese istituita dai sopravvissuti ai bombardamenti atomici del 1945; e tuttora presente e attiva anche ad opera di altri benemeriti cittadini. Lo scopo dell’organismo premiato è quello di tener viva la memoria di quegli orrori, non per coltivare vendetta ma per promuovere in tutto il mondo il rifiuto totale e irrevocabile delle armi atomiche e nucleari. È facile intuire che il comitato del premio non ha inteso riferirsi ai risultati raggiunti (purtroppo nulli), quanto esprimere un forte richiamo all’opinione pubblica mondiale, in un momento nel quale vari governi hanno minacciato di fare impiego dei loro arsenali nucleari.

Tutti sanno che lo scoppio di una guerra atomica sarebbe la fine dell’umanità, anzi dell’intero pianeta; e non per modo di dire. A questo punto, fra persone di buon senso, ci diciamo: bisognerebbe che in tutto il mondo si vietasse non solo l’impiego, ma anche la semplice predisposizione delle armi nucleari; e magari di tutte le armi da guerra in genere. L’idea sarebbe bellissima; ma perché nessuno fa un passo in questa direzione? Provo a dare una risposta.

Perché non esiste al mondo una autorità sovranazionale che abbia il potere di emanare una decisione di questo tipo con valore vincolante per tutti i governi del mondo; e, di più, che una volta emanata, abbia anche la forza reale di costringere tutti ad applicarla. L’autorità sovranazionale più alta che abbiamo è l’Onu; ma la sua capacità di emanare decisioni vincolanti per i governi è minima, anche se non inesistente. Tuttavia riguardo al conflitto israelo-palestinese qualche risoluzione vincolante via via è stata adottata; ma il governo israeliano non le ha recepite.

Sul fronte fra Israele e Libano è presente da tempo una forza armata dell’Onu – i famosi caschi blu, in questo caso con reparti anche dell’esercito italiano – uno dei rarissimi casi nei quali l’Onu è stata in grado di mettere le sue forze sul terreno, appena l’ombra di quello che ci si aspetterebbe da un’autorità sovranazionale degna di questo nome. Ma in questi giorni l’esercito israeliano ha attaccato i caschi blu sul territorio libanese. Non ha fatto – per ora – danni gravi. Ma è l’ennesima prova di quanto sia lontano il sogno di una pace mondiale garantita solo dalla forza morale.

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Il premio Nobel per la Pace 2024 è stato assegnato, dall’apposito comitato norvegese, ad una associazione giapponese istituita dai sopravvissuti ai bombardamenti atomici del 1945; e tuttora presente e attiva anche ad opera di altri benemeriti cittadini. Lo scopo dell’organismo premiato è quello di tener viva la memoria di quegli orrori, non per coltivare vendetta ma per promuovere in tutto il mondo il rifiuto totale e irrevocabile delle armi atomiche e nucleari. È facile intuire che il comitato del premio non ha inteso riferirsi ai risultati raggiunti (purtroppo nulli), quanto esprimere un forte richiamo all’opinione pubblica mondiale, in un momento nel quale vari governi hanno minacciato di fare impiego dei loro arsenali nucleari.

Tutti sanno che lo scoppio di una guerra atomica sarebbe la fine dell’umanità, anzi dell’intero pianeta; e non per modo di dire. A questo punto, fra persone di buon senso, ci diciamo: bisognerebbe che in tutto il mondo si vietasse non solo l’impiego, ma anche la semplice predisposizione delle armi nucleari; e magari di tutte le armi da guerra in genere. L’idea sarebbe bellissima; ma perché nessuno fa un passo in questa direzione? Provo a dare una risposta.

Perché non esiste al mondo una autorità sovranazionale che abbia il potere di emanare una decisione di questo tipo con valore vincolante per tutti i governi del mondo; e, di più, che una volta emanata, abbia anche la forza reale di costringere tutti ad applicarla. L’autorità sovranazionale più alta che abbiamo è l’Onu; ma la sua capacità di emanare decisioni vincolanti per i governi è minima, anche se non inesistente. Tuttavia riguardo al conflitto israelo-palestinese qualche risoluzione vincolante via via è stata adottata; ma il governo israeliano non le ha recepite.

Sul fronte fra Israele e Libano è presente da tempo una forza armata dell’Onu – i famosi caschi blu, in questo caso con reparti anche dell’esercito italiano – uno dei rarissimi casi nei quali l’Onu è stata in grado di mettere le sue forze sul terreno, appena l’ombra di quello che ci si aspetterebbe da un’autorità sovranazionale degna di questo nome. Ma in questi giorni l’esercito israeliano ha attaccato i caschi blu sul territorio libanese. Non ha fatto – per ora – danni gravi. Ma è l’ennesima prova di quanto sia lontano il sogno di una pace mondiale garantita solo dalla forza morale.

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Sporchi interessi dietro i missili https://www.lavoce.it/sporchi-interessi-dietro-i-missili/ https://www.lavoce.it/sporchi-interessi-dietro-i-missili/#respond Wed, 09 Oct 2024 17:13:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77901

A un anno di distanza, in Medio Oriente la marcia verso la guerra totale subisce nuove accelerazioni. Dal canto suo, Netanyahu recupera dal lessico di George W. Bush la formula della “lotta all’asse del male”. L’operazione “Promessa vera 2” ha rotto gli indugi. Quella del 14 aprile fu lanciata a due settimane dall’attacco alla sede diplomatica a Damasco. Stavolta la rappresaglia pendeva da più tempo: dal 31 luglio, giorno dell’omicidio a Teheran di Haniyeh, leader di Hamas, sospesa in cambio di una tregua a Gaza. Poi la serie di altri colpi, fino all’operazione “Ordine nuovo” sul Libano e le uccisioni di Nasrallah e del generale iraniano Nilforoushan. La goccia della tracimazione si è ingrossata con il discorso rivolto da Netanyahu al popolo iraniano: un misto di minaccia e invito alla sollevazione contro una teocrazia che semina guerre nei cinque Continenti. L’Iran ha voluto riaffermare la deterrenza, quando il temporeggiamento è parso sulla soglia oltre la quale si chiama debolezza. E si è ritenuto che il lungo rinvio della risposta – comunque lanciata previo avviso a Washington – avesse già maturato l’intento di scongiurare la reazione a caldo degli Usa, il cui establishment, in Iran come altrove, viene giudicato impulsivo e di vista corta. Infine Teheran ha voluto marcare le differenze, contrapponendo la risposta calibrata sulla legalità internazionale alle abnormi violazioni di Israele, che aggiorna la sua dottrina del “cane pazzo” nelle mattanze indiscriminate a Gaza, mentre in Libano è già catastrofe umanitaria e si sventra un quartiere per uccidere Nasrallah mentre questi stava dialogando con Francia e Usa. Ma ciò non basta a interrompere i raid sul Libano, che hanno tre “pregi”: non contrariare i sudditi delle petrolmonarchie sunnite, rilanciare i consensi interni a Netanyahu e propiziare altri inneschi per coinvolgere gli Usa. Eventualità perseguita anche tentando l’invasione terrestre, che si scontra con la preparazione dei guerriglieri sciiti di Hezbollah e un’Idf (esercito israeliano) inadatta a guerre lunghe e multifronte. Nel frattempo i caschi blu Unifil, lì dal 1978 per interporsi, passivi schivano i colpi. Mentre pensa a cosa colpire dell’Iran (anche siti nucleari?), il Governo israeliano mette nel mirino anche la Siria. La quale, assieme a Iran, Libano, Iraq, Gaza, Cisgiordania e Yemen, è implicata nel “Nuovo ordine mediorientale” illustrato da Netanyahu all’Assemblea Onu. Osservando bene, si nota che ad accomunare i “benedetti” (democrazie o sultanismi feudali che siano) è la partecipazione al corridoio tra India ed Europa, siglato al G20 di Nuova Delhi un mese prima dell’assalto del 7 ottobre. Il fattore economico concorre a spiegare l’escalation e la proietta nella cornice di contese più ampie. Che non lasciano indifferenti Mosca, dati i nessi geostrategici tra la destabilizzazione siriana e l’atlantizzazione del Mar Nero per interposta Ucraina. L’interruttore per spegnere la miccia sta a Washington. Ma osta l’influenza dei profeti neo-conservatori incistati negli apparati, e trasversali ai due partiti. Ma fin dove spingersi? Fino una guerra totale? Del tipo che l’acribia geopolitica di Papa Francesco paventa all’orizzonte. Parlando in Lussemburgo, il Santo Padre ha sostituito la formula “terza guerra mondiale a pezzi” con quella di “guerra ormai quasi mondiale”: un passo avanti verso il baratro, sospinto da brame interconnesse, coltivate all’ombra di “missioni storiche” nel sopore di molte menti e di troppe coscienze. Giuseppe Casale Pontificia università lateranense]]>

A un anno di distanza, in Medio Oriente la marcia verso la guerra totale subisce nuove accelerazioni. Dal canto suo, Netanyahu recupera dal lessico di George W. Bush la formula della “lotta all’asse del male”. L’operazione “Promessa vera 2” ha rotto gli indugi. Quella del 14 aprile fu lanciata a due settimane dall’attacco alla sede diplomatica a Damasco. Stavolta la rappresaglia pendeva da più tempo: dal 31 luglio, giorno dell’omicidio a Teheran di Haniyeh, leader di Hamas, sospesa in cambio di una tregua a Gaza. Poi la serie di altri colpi, fino all’operazione “Ordine nuovo” sul Libano e le uccisioni di Nasrallah e del generale iraniano Nilforoushan. La goccia della tracimazione si è ingrossata con il discorso rivolto da Netanyahu al popolo iraniano: un misto di minaccia e invito alla sollevazione contro una teocrazia che semina guerre nei cinque Continenti. L’Iran ha voluto riaffermare la deterrenza, quando il temporeggiamento è parso sulla soglia oltre la quale si chiama debolezza. E si è ritenuto che il lungo rinvio della risposta – comunque lanciata previo avviso a Washington – avesse già maturato l’intento di scongiurare la reazione a caldo degli Usa, il cui establishment, in Iran come altrove, viene giudicato impulsivo e di vista corta. Infine Teheran ha voluto marcare le differenze, contrapponendo la risposta calibrata sulla legalità internazionale alle abnormi violazioni di Israele, che aggiorna la sua dottrina del “cane pazzo” nelle mattanze indiscriminate a Gaza, mentre in Libano è già catastrofe umanitaria e si sventra un quartiere per uccidere Nasrallah mentre questi stava dialogando con Francia e Usa. Ma ciò non basta a interrompere i raid sul Libano, che hanno tre “pregi”: non contrariare i sudditi delle petrolmonarchie sunnite, rilanciare i consensi interni a Netanyahu e propiziare altri inneschi per coinvolgere gli Usa. Eventualità perseguita anche tentando l’invasione terrestre, che si scontra con la preparazione dei guerriglieri sciiti di Hezbollah e un’Idf (esercito israeliano) inadatta a guerre lunghe e multifronte. Nel frattempo i caschi blu Unifil, lì dal 1978 per interporsi, passivi schivano i colpi. Mentre pensa a cosa colpire dell’Iran (anche siti nucleari?), il Governo israeliano mette nel mirino anche la Siria. La quale, assieme a Iran, Libano, Iraq, Gaza, Cisgiordania e Yemen, è implicata nel “Nuovo ordine mediorientale” illustrato da Netanyahu all’Assemblea Onu. Osservando bene, si nota che ad accomunare i “benedetti” (democrazie o sultanismi feudali che siano) è la partecipazione al corridoio tra India ed Europa, siglato al G20 di Nuova Delhi un mese prima dell’assalto del 7 ottobre. Il fattore economico concorre a spiegare l’escalation e la proietta nella cornice di contese più ampie. Che non lasciano indifferenti Mosca, dati i nessi geostrategici tra la destabilizzazione siriana e l’atlantizzazione del Mar Nero per interposta Ucraina. L’interruttore per spegnere la miccia sta a Washington. Ma osta l’influenza dei profeti neo-conservatori incistati negli apparati, e trasversali ai due partiti. Ma fin dove spingersi? Fino una guerra totale? Del tipo che l’acribia geopolitica di Papa Francesco paventa all’orizzonte. Parlando in Lussemburgo, il Santo Padre ha sostituito la formula “terza guerra mondiale a pezzi” con quella di “guerra ormai quasi mondiale”: un passo avanti verso il baratro, sospinto da brame interconnesse, coltivate all’ombra di “missioni storiche” nel sopore di molte menti e di troppe coscienze. Giuseppe Casale Pontificia università lateranense]]>
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Il Papa, Biden/Harris e Trump https://www.lavoce.it/il-papa-biden-harris-e-trump/ https://www.lavoce.it/il-papa-biden-harris-e-trump/#respond Wed, 18 Sep 2024 12:00:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77600 A sinistra Donald Trump a destra Kamala Harris sul palco blu nel corso dell'ultimo confronto televisivo verso le elezioni americane

Se il papa (Pio IX nel 1854) dichiara che, per una singolare grazia di Dio, Maria Santissima è stata, sin dal concepimento, immune dalla macchia del peccato originale che invece affligge l’intera umanità, dice una verità di fede che può essere accolta solo da chi crede in Dio, nell’autorità del papa e nella dottrina in materia di peccato originale; per gli altri sono parole di cui neppure colgono il senso.

Se invece il papa (Francesco nel 2024) dice che l’aborto è l'uccisione di un essere umano, non si scappa: è una verità oggettiva, un dato di fatto, negarlo è come dire che la Terra è piatta; la fede nel soprannaturale non c’entra nulla. Dopo, si potrà discutere se, quando, in quali casi e a quali condizioni, quel fatto si possa considerare lecito o almeno perdonabile, dal punto di vista morale e da quello legale (due punti di vista che non necessariamente coincidono). Ma il fatto è quello che è, ossia quello che ha detto Francesco, e ogni ragionamento intorno alla sua valutazione non può non tenerne conto. Ma allora, papa Francesco si schiera a favore di Trump?

Sappiamo infatti che nella campagna elettorale presidenziale la questione aborto è uno degli argomenti più discussi; i democratici mettono in programma il ripristino della libertà piena (sconfessata nel 2022 da una sentenza della Corte Suprema), e Trump sostiene la linea restrittiva. Ma il papa non è caduto nella trappola. Pure lasciando intendere che sulla questione aborto la sua posizione è più vicina a quella dei repubblicani, ha anche detto che il confronto fra i due schieramenti politici non si può ridurre a quella questione, per quanto importante: ce ne sono altre che, dal punto di vista morale, pesano altrettanto, e che dunque gli elettori potranno (dovranno) scegliere il male minore.

In effetti, se i repubblicani americani si battono in favore del rispetto della vita dei bambini non nati, è anche vero che sono quelli che si battono – con forza ancora maggiore – contro ogni anche timida proposta di limitare la libera circolazione delle micidiali armi da guerra le quali provocano ogni anno migliaia di morti, per delitto o per disgrazia. Sono anche quelli che sostengono la pena di morte, abolita ormai da quasi tutti i paesi civili; certamente non sono pacifisti; e si potrebbe continuare. Le ragioni, e rispettivamente i torti, non stanno tutti da una parte sola. In America come in Italia.

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A sinistra Donald Trump a destra Kamala Harris sul palco blu nel corso dell'ultimo confronto televisivo verso le elezioni americane

Se il papa (Pio IX nel 1854) dichiara che, per una singolare grazia di Dio, Maria Santissima è stata, sin dal concepimento, immune dalla macchia del peccato originale che invece affligge l’intera umanità, dice una verità di fede che può essere accolta solo da chi crede in Dio, nell’autorità del papa e nella dottrina in materia di peccato originale; per gli altri sono parole di cui neppure colgono il senso.

Se invece il papa (Francesco nel 2024) dice che l’aborto è l'uccisione di un essere umano, non si scappa: è una verità oggettiva, un dato di fatto, negarlo è come dire che la Terra è piatta; la fede nel soprannaturale non c’entra nulla. Dopo, si potrà discutere se, quando, in quali casi e a quali condizioni, quel fatto si possa considerare lecito o almeno perdonabile, dal punto di vista morale e da quello legale (due punti di vista che non necessariamente coincidono). Ma il fatto è quello che è, ossia quello che ha detto Francesco, e ogni ragionamento intorno alla sua valutazione non può non tenerne conto. Ma allora, papa Francesco si schiera a favore di Trump?

Sappiamo infatti che nella campagna elettorale presidenziale la questione aborto è uno degli argomenti più discussi; i democratici mettono in programma il ripristino della libertà piena (sconfessata nel 2022 da una sentenza della Corte Suprema), e Trump sostiene la linea restrittiva. Ma il papa non è caduto nella trappola. Pure lasciando intendere che sulla questione aborto la sua posizione è più vicina a quella dei repubblicani, ha anche detto che il confronto fra i due schieramenti politici non si può ridurre a quella questione, per quanto importante: ce ne sono altre che, dal punto di vista morale, pesano altrettanto, e che dunque gli elettori potranno (dovranno) scegliere il male minore.

In effetti, se i repubblicani americani si battono in favore del rispetto della vita dei bambini non nati, è anche vero che sono quelli che si battono – con forza ancora maggiore – contro ogni anche timida proposta di limitare la libera circolazione delle micidiali armi da guerra le quali provocano ogni anno migliaia di morti, per delitto o per disgrazia. Sono anche quelli che sostengono la pena di morte, abolita ormai da quasi tutti i paesi civili; certamente non sono pacifisti; e si potrebbe continuare. Le ragioni, e rispettivamente i torti, non stanno tutti da una parte sola. In America come in Italia.

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A chi serve ancora questa guerra https://www.lavoce.it/a-chi-serve-ancora-questa-guerra/ https://www.lavoce.it/a-chi-serve-ancora-questa-guerra/#respond Wed, 18 Sep 2024 09:47:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77595

Ma davvero c’è qualcuno che pensa che trasferire missili a lunga gittata all’Ucraina aiuterà la pace? Perfino gli strateghi specializzati del Pentagono e i Capi di stato maggiore delle nazioni europee concordano nell’affermare (apertamente o con discrezione) che quella controversia non può avere una soluzione armata. Al contrario la guerra sembra destinata a proseguire a lungo, a trascinarsi stancamente e drammaticamente con il suo carico di distruzione, morti e sofferenze, se non si ha il coraggio di intervenire con tutta la forza diplomatica che il mondo ha in corpo.

Eppure, contrariamente a quello che ci hanno riferito i dispacci di palazzo, anche l’agenda del viaggio del premier britannico Keir Starmer in Italia segnava la richiesta del via libera indispensabile del Governo italiano all’uso in Ucraina degli Storm Shadow (“Presagio di tempesta”). A studiare bene le carte delle aziende, questo missile a lunga gittata che potrebbe superare i confini russo-ucraini e provocare la distruzione di obiettivi strategici in territorio russo viene prodotto dal consorzio europeo Mbda, sigla che include la francese Matra (ex Aerospace), la britannica British Aerospace (Bae) Dynamics e l’italiana Alenia, con un 25% di share di Leonardo.

Pertanto questi missili, per essere ceduti alle forze armate ucraine, hanno bisogno anche del consenso italiano che finora è stato negato. Ma il tema vero è che, se davvero ci si concentrasse nello sforzo diplomatico, nella riapertura di canali efficaci di dialogo con Putin e nella mediazione tra i due Governi belligeranti, forse si riuscirebbe a ottenere un risultato più apprezzabile di quello che si ricava continuando a gettare benzina sul fuoco della guerra. Né appare comprensibile e solido a questo proposito l’argomento secondo il quale il dittatore russo non ne vuole sapere, e forse nemmeno Zelensky.

Siamo riusciti a negoziare con i talebani afghani e con i peggiori dittatori della Storia! A questo punto serve piuttosto comprendere a chi serve la guerra. Serve sicuramente alle aziende di materiale bellico e di nuovi sistemi d’arma, che si inebriano del business e considerano ogni conflitto armato una nuova vetrina per testare ed esporre l’efficienza degli strumenti di morte, che poi piazzeranno in tutto il mondo.

Forse conviene alle potenze mondiali di Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e Nato per provare la propria forza su un terreno concreto e fiutare l’aria del dominio del mondo. In ogni caso, quella che stiamo percorrendo è la via della morte quotidiana di esseri umani inconsapevoli, che la guerra la subiscono e non la scelgono.

Da parte nostra, come credenti nel Vangelo della pace, dovremmo fare il tifo per la soluzione diplomatica, incoraggiando le parole del Papa e indirizzandole ciascuno al proprio Governo; ma nello stesso tempo dovremmo chiedere una riforma in senso democratico dell’Onu, che anche in questo scenario si rivela un utensile obsoleto e inutile; e incoraggiare le popolazioni dei Paesi in guerra a scegliere la strada dell’obiezione di coscienza. Sono queste le vie che il Vangelo della pace ci suggerisce, lontano mille miglia dalla logica della forza delle armi.

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Ma davvero c’è qualcuno che pensa che trasferire missili a lunga gittata all’Ucraina aiuterà la pace? Perfino gli strateghi specializzati del Pentagono e i Capi di stato maggiore delle nazioni europee concordano nell’affermare (apertamente o con discrezione) che quella controversia non può avere una soluzione armata. Al contrario la guerra sembra destinata a proseguire a lungo, a trascinarsi stancamente e drammaticamente con il suo carico di distruzione, morti e sofferenze, se non si ha il coraggio di intervenire con tutta la forza diplomatica che il mondo ha in corpo.

Eppure, contrariamente a quello che ci hanno riferito i dispacci di palazzo, anche l’agenda del viaggio del premier britannico Keir Starmer in Italia segnava la richiesta del via libera indispensabile del Governo italiano all’uso in Ucraina degli Storm Shadow (“Presagio di tempesta”). A studiare bene le carte delle aziende, questo missile a lunga gittata che potrebbe superare i confini russo-ucraini e provocare la distruzione di obiettivi strategici in territorio russo viene prodotto dal consorzio europeo Mbda, sigla che include la francese Matra (ex Aerospace), la britannica British Aerospace (Bae) Dynamics e l’italiana Alenia, con un 25% di share di Leonardo.

Pertanto questi missili, per essere ceduti alle forze armate ucraine, hanno bisogno anche del consenso italiano che finora è stato negato. Ma il tema vero è che, se davvero ci si concentrasse nello sforzo diplomatico, nella riapertura di canali efficaci di dialogo con Putin e nella mediazione tra i due Governi belligeranti, forse si riuscirebbe a ottenere un risultato più apprezzabile di quello che si ricava continuando a gettare benzina sul fuoco della guerra. Né appare comprensibile e solido a questo proposito l’argomento secondo il quale il dittatore russo non ne vuole sapere, e forse nemmeno Zelensky.

Siamo riusciti a negoziare con i talebani afghani e con i peggiori dittatori della Storia! A questo punto serve piuttosto comprendere a chi serve la guerra. Serve sicuramente alle aziende di materiale bellico e di nuovi sistemi d’arma, che si inebriano del business e considerano ogni conflitto armato una nuova vetrina per testare ed esporre l’efficienza degli strumenti di morte, che poi piazzeranno in tutto il mondo.

Forse conviene alle potenze mondiali di Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e Nato per provare la propria forza su un terreno concreto e fiutare l’aria del dominio del mondo. In ogni caso, quella che stiamo percorrendo è la via della morte quotidiana di esseri umani inconsapevoli, che la guerra la subiscono e non la scelgono.

Da parte nostra, come credenti nel Vangelo della pace, dovremmo fare il tifo per la soluzione diplomatica, incoraggiando le parole del Papa e indirizzandole ciascuno al proprio Governo; ma nello stesso tempo dovremmo chiedere una riforma in senso democratico dell’Onu, che anche in questo scenario si rivela un utensile obsoleto e inutile; e incoraggiare le popolazioni dei Paesi in guerra a scegliere la strada dell’obiezione di coscienza. Sono queste le vie che il Vangelo della pace ci suggerisce, lontano mille miglia dalla logica della forza delle armi.

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Il coraggio di chiedere Pace https://www.lavoce.it/il-coraggio-di-chiedere-pace/ https://www.lavoce.it/il-coraggio-di-chiedere-pace/#respond Fri, 19 Jul 2024 10:57:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77138

La linea decisa, ribadita e rafforzata dai G7 e dalla Nato di fornire un numero superiore di armi e sistemi tecnologicamente più potenti all’Ucraina sembra aver diffuso una sorta di dogma assoluto sulla necessità di armarsi per ottenere la pace. Ora, chiunque sia onesto e sincero, interroghi la propria coscienza per rispondere alla domanda: aver deciso di fornire le forze ucraine anche degli F16 accelererà il processo di pace?

Senza scomodare i grandi valori e i principi della pace e seguendo piuttosto soltanto il buon senso, crediamo davvero che entrare nel vortice di questa escalation produca la soluzione del conflitto? Sicuramente contribuisce ad alimentare la guerra, ovvero a prolungarla causando sofferenza, morte e distruzioni.

Persino gli esperti strateghi di guerra e gli analisti del conflitto sono pronti ad affermare che non vi è alcuna possibilità di risolvere quel conflitto sul terreno della guerra. La voce di Papa Francesco sembra isolata e dissonante, le cancellerie mondiali non sembrano impegnate nell’apertura di corridoi di dialogo e anche il difficile dissenso interno alla Russia sembra ricevere sostegno e quindi è questo il tempo della testimonianza di pace che risale la corrente e chieda ad alta voce di invertire la rotta della politica internazionale di riarmo verso il negoziato e la cooperazione. Il fatto che la strada sia difficile non significa che non vada percorsa.

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La linea decisa, ribadita e rafforzata dai G7 e dalla Nato di fornire un numero superiore di armi e sistemi tecnologicamente più potenti all’Ucraina sembra aver diffuso una sorta di dogma assoluto sulla necessità di armarsi per ottenere la pace. Ora, chiunque sia onesto e sincero, interroghi la propria coscienza per rispondere alla domanda: aver deciso di fornire le forze ucraine anche degli F16 accelererà il processo di pace?

Senza scomodare i grandi valori e i principi della pace e seguendo piuttosto soltanto il buon senso, crediamo davvero che entrare nel vortice di questa escalation produca la soluzione del conflitto? Sicuramente contribuisce ad alimentare la guerra, ovvero a prolungarla causando sofferenza, morte e distruzioni.

Persino gli esperti strateghi di guerra e gli analisti del conflitto sono pronti ad affermare che non vi è alcuna possibilità di risolvere quel conflitto sul terreno della guerra. La voce di Papa Francesco sembra isolata e dissonante, le cancellerie mondiali non sembrano impegnate nell’apertura di corridoi di dialogo e anche il difficile dissenso interno alla Russia sembra ricevere sostegno e quindi è questo il tempo della testimonianza di pace che risale la corrente e chieda ad alta voce di invertire la rotta della politica internazionale di riarmo verso il negoziato e la cooperazione. Il fatto che la strada sia difficile non significa che non vada percorsa.

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Tutti alla fiera delle armi. Intanto la pace – quella vera – può attendere https://www.lavoce.it/tutti-alla-fiera-delle-armi-intanto-la-pace-quella-vera-puo-attendere/ https://www.lavoce.it/tutti-alla-fiera-delle-armi-intanto-la-pace-quella-vera-puo-attendere/#respond Fri, 28 Jun 2024 08:52:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=76759

In questa stagione del mondo il business indubbiamente più redditivo è quello delle armi. Ed è anche tristemente l’unico filo di cucito che tiene insieme tutte le nazioni. Nel tempo del pensiero unico su sicurezza e difesa non c’è di meglio che una Fiera delle armi. Nei giorni scorsi si è conclusa a Villepinte in Francia la più importante delle esposizioni armiere: Eurosatory, una biennale dell’innovazione dalle armi leggere a quelle letali autonome, dai nuovi modelli di elicotteri ai droni dichiaratamente infallibili.

Il sottotitolo è quanto mai esplicativo: Proteggi il tuo futuro. Con un filo di ironia parrebbe di aggiungere: “…che al presente ci pensiamo noi”. Il vero pensiero guida dell’Exhibition mondiale è che le armi sempre più sofisticate e distruttive sono necessarie a tutti al punto che questa è da poter essere considerata la vera tregua olimpica del ventunesimo secolo in grado di sospendere sanzioni e barriere d’ogni tipo.

Nei 170 mila metri quadrati occupati dalla mostra e tra i più di 2.000 espositori (41 padiglioni nazionali) c’era anche la Russia e non mancava il padiglione dell’Ucraina. Inizialmente era stato escluso Israele ma poi, in tutta fretta alla vigilia dell’inaugurazione, è stato riammesso per sentenza di un tribunale francese. Gli organizzatori vantano 62.000 visitatori da 150 Paesi diversi. La pace – quella vera – può attendere.

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In questa stagione del mondo il business indubbiamente più redditivo è quello delle armi. Ed è anche tristemente l’unico filo di cucito che tiene insieme tutte le nazioni. Nel tempo del pensiero unico su sicurezza e difesa non c’è di meglio che una Fiera delle armi. Nei giorni scorsi si è conclusa a Villepinte in Francia la più importante delle esposizioni armiere: Eurosatory, una biennale dell’innovazione dalle armi leggere a quelle letali autonome, dai nuovi modelli di elicotteri ai droni dichiaratamente infallibili.

Il sottotitolo è quanto mai esplicativo: Proteggi il tuo futuro. Con un filo di ironia parrebbe di aggiungere: “…che al presente ci pensiamo noi”. Il vero pensiero guida dell’Exhibition mondiale è che le armi sempre più sofisticate e distruttive sono necessarie a tutti al punto che questa è da poter essere considerata la vera tregua olimpica del ventunesimo secolo in grado di sospendere sanzioni e barriere d’ogni tipo.

Nei 170 mila metri quadrati occupati dalla mostra e tra i più di 2.000 espositori (41 padiglioni nazionali) c’era anche la Russia e non mancava il padiglione dell’Ucraina. Inizialmente era stato escluso Israele ma poi, in tutta fretta alla vigilia dell’inaugurazione, è stato riammesso per sentenza di un tribunale francese. Gli organizzatori vantano 62.000 visitatori da 150 Paesi diversi. La pace – quella vera – può attendere.

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Disarmo nucleare. Non c’è l’adesione dell’Italia al trattato https://www.lavoce.it/disarmo-nucleare-non-ce-adesione-italia-trattato/ https://www.lavoce.it/disarmo-nucleare-non-ce-adesione-italia-trattato/#respond Thu, 01 Feb 2024 21:05:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=74782

A leggere l’ultimo comunicato pubblicato sul sito web “The Bulletin of the Atomic Scientist” ( www.thebulletin.org ) si resta increduli, spaventati e senza parole. Il cosiddetto Orologio dell’Apocalisse segna 90 secondi alla mezzanotte. Tradotto significa che il consiglio di scienziati ed esperti che si occupa dell’impatto degli sviluppi scientifici e tecnologici sulla sicurezza mondiale riferisce che la minaccia dell’uso delle armi nucleari è la più alta mai esistita nella storia dell’umanità.

All’aumento della spesa realizzata dagli Stati che posseggono quel tipo di armamenti e alla diffusione dei conflitti armati in corso, si aggiungono le minacce rappresentate dai cambiamenti climatici e dall’uso non etico dell’intelligenza artificiale. Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) rappresenta l’unico elemento di speranza dal momento che ad oggi quasi la metà degli Stati del mondo lo hanno firmato e ratificato.

A diffondere questo dato è la Campagna Italia ripensaci che chiede l’adesione del nostro Paese e la Rete italiana pace e disarmo. Abbiamo ragione di crederci e per questo ci uniamo alla richiesta di adesione dell’Italia, che peraltro non è un Paese nucleare, e al ruolo che può svolgere all’interno della Nato.

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A leggere l’ultimo comunicato pubblicato sul sito web “The Bulletin of the Atomic Scientist” ( www.thebulletin.org ) si resta increduli, spaventati e senza parole. Il cosiddetto Orologio dell’Apocalisse segna 90 secondi alla mezzanotte. Tradotto significa che il consiglio di scienziati ed esperti che si occupa dell’impatto degli sviluppi scientifici e tecnologici sulla sicurezza mondiale riferisce che la minaccia dell’uso delle armi nucleari è la più alta mai esistita nella storia dell’umanità.

All’aumento della spesa realizzata dagli Stati che posseggono quel tipo di armamenti e alla diffusione dei conflitti armati in corso, si aggiungono le minacce rappresentate dai cambiamenti climatici e dall’uso non etico dell’intelligenza artificiale. Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) rappresenta l’unico elemento di speranza dal momento che ad oggi quasi la metà degli Stati del mondo lo hanno firmato e ratificato.

A diffondere questo dato è la Campagna Italia ripensaci che chiede l’adesione del nostro Paese e la Rete italiana pace e disarmo. Abbiamo ragione di crederci e per questo ci uniamo alla richiesta di adesione dell’Italia, che peraltro non è un Paese nucleare, e al ruolo che può svolgere all’interno della Nato.

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Il Pnrr usato per le armi. Lo si fa per motivi di resilienza! https://www.lavoce.it/pnrr-usato-per-armi-si-fa-per-motivi-resilienza/ https://www.lavoce.it/pnrr-usato-per-armi-si-fa-per-motivi-resilienza/#respond Thu, 21 Sep 2023 10:59:43 +0000 https://www.lavoce.it/?p=73419

Come sia stato possibile sdoganare il Pnrr per l’acquisto di armi, lo spiega con cura e dettaglio Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno: “Il Recovery Fund è stato specificatamente costruito per tre principali azioni: la transizione verde, la transizione digitale e la resilienza. Intervenire puntualmente per sostenere progetti industriali che vanno verso la resilienza, compresa la difesa, fa parte di questo terzo pilastro”.

E noi a pensare il Pnrr come una misura drastica post-pandemica, per cui le armi nulla possono contro un minuscolissimo virus! E noi a pensare che “resilienza” significasse trovare un rilancio possibile di politiche per far fronte a eventi estremi come siccità, inquinamento e cambiamenti climatici! Dalle affermazioni di Thierry Breton si intende che la guerra invece è considerata un evento naturale da cui difendersi.

Qui si passa dalla “transizione verde” alla “transizione bellica”, che a nostro avviso rappresenta un passaggio decisivo e deleterio: rassegnarsi alla guerra. E ancora una volta, prepararla per poter “vincere” la pace. Ci chiediamo se sia questa la Next Generation EU .

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Come sia stato possibile sdoganare il Pnrr per l’acquisto di armi, lo spiega con cura e dettaglio Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno: “Il Recovery Fund è stato specificatamente costruito per tre principali azioni: la transizione verde, la transizione digitale e la resilienza. Intervenire puntualmente per sostenere progetti industriali che vanno verso la resilienza, compresa la difesa, fa parte di questo terzo pilastro”.

E noi a pensare il Pnrr come una misura drastica post-pandemica, per cui le armi nulla possono contro un minuscolissimo virus! E noi a pensare che “resilienza” significasse trovare un rilancio possibile di politiche per far fronte a eventi estremi come siccità, inquinamento e cambiamenti climatici! Dalle affermazioni di Thierry Breton si intende che la guerra invece è considerata un evento naturale da cui difendersi.

Qui si passa dalla “transizione verde” alla “transizione bellica”, che a nostro avviso rappresenta un passaggio decisivo e deleterio: rassegnarsi alla guerra. E ancora una volta, prepararla per poter “vincere” la pace. Ci chiediamo se sia questa la Next Generation EU .

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Esportazione di armi: non è stata presentata la relazione al Parlamento https://www.lavoce.it/esportazione-armi-non-presentata-relazione-parlamento/ https://www.lavoce.it/esportazione-armi-non-presentata-relazione-parlamento/#respond Fri, 07 Jul 2023 08:13:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=72289

Il 9 luglio 1990 il Parlamento approvava definitivamente la legge 185 che regola l’esportazione delle armi. In base a quella legge, entro il 31 marzo di ogni anno il Governo è obbligato a redigere una relazione dettagliata da inviare al Parlamento, in cui sia specificata la tipologia di armi di cui è stata concessa la licenza per la vendita, il loro quantitativo, il Paese di destinazione, l’azienda costruttrice, gli istituti bancari che hanno aperto linee di credito e il costo. Una relazione indispensabile per verificare la corretta applicazione di quella legge, fortemente voluta dalle riviste missionarie e dai movimenti per la pace. La 185 del 1990 infatti vieta la vendita di armi a nazioni che siano coinvolte in un conflitto armato, a quelle che si sono macchiate di violazione dei diritti umani e ai Paesi che non investano altrettanto in sanità, sociale e istruzione. La Rete italiana pace e disarmo però fa notare che a tutt’oggi quella relazione non è stata ancora trasmessa al Parlamento e gli analisti non possono esaminarla. Perfino sul piano dell’educazione civica è grave rilevare che talvolta sia proprio lo Stato a violare le sue stesse leggi. Auspichiamo che quanto prima si possa prendere visione della relazione.]]>

Il 9 luglio 1990 il Parlamento approvava definitivamente la legge 185 che regola l’esportazione delle armi. In base a quella legge, entro il 31 marzo di ogni anno il Governo è obbligato a redigere una relazione dettagliata da inviare al Parlamento, in cui sia specificata la tipologia di armi di cui è stata concessa la licenza per la vendita, il loro quantitativo, il Paese di destinazione, l’azienda costruttrice, gli istituti bancari che hanno aperto linee di credito e il costo. Una relazione indispensabile per verificare la corretta applicazione di quella legge, fortemente voluta dalle riviste missionarie e dai movimenti per la pace. La 185 del 1990 infatti vieta la vendita di armi a nazioni che siano coinvolte in un conflitto armato, a quelle che si sono macchiate di violazione dei diritti umani e ai Paesi che non investano altrettanto in sanità, sociale e istruzione. La Rete italiana pace e disarmo però fa notare che a tutt’oggi quella relazione non è stata ancora trasmessa al Parlamento e gli analisti non possono esaminarla. Perfino sul piano dell’educazione civica è grave rilevare che talvolta sia proprio lo Stato a violare le sue stesse leggi. Auspichiamo che quanto prima si possa prendere visione della relazione.]]>
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È questo il Pnrr? Dalla “transizione verde” alla “transizione bellica”? https://www.lavoce.it/e-questo-il-pnrr-dalla-transizione-verde-alla-transizione-bellica/ https://www.lavoce.it/e-questo-il-pnrr-dalla-transizione-verde-alla-transizione-bellica/#respond Thu, 18 May 2023 17:00:21 +0000 https://www.lavoce.it/?p=71581

Come sia stato possibile sdoganare il Pnrr per l’acquisto di armi lo spiega con cura e dettaglio Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno: “Il Recovery Fund è stato specificatamente costruito per tre principali azioni: la transizione verde, la transizione digitale e la resilienza. Intervenire puntualmente per sostenere progetti industriali che vanno verso la resilienza, compresa la difesa, fa parte di questo terzo pilastro”. E noi a pensare il Pnrr come una misura drastica postpandemica per cui le armi nulla possono contro un minuscolissimo virus. E noi a pensare che resilienza significasse trovare un rilancio possibile di politiche per far fronte a eventi estremi come siccità, inquinamento e cambiamenti climatici.

Dalla "transizione verde", alla "transizione bellica"

Dalle affermazioni di Breton si intende che la guerra è considerata un evento naturale da cui difendersi. Qui si passa dalla “transizione verde” alla “transizione bellica” che a nostro avviso rappresenta un passaggio decisivo e deleterio: rassegnarsi alla guerra. E ancora una volta prepararla per poter “vincere” la pace. Ci chiediamo se sia questa la Next Generation Eu.

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Come sia stato possibile sdoganare il Pnrr per l’acquisto di armi lo spiega con cura e dettaglio Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno: “Il Recovery Fund è stato specificatamente costruito per tre principali azioni: la transizione verde, la transizione digitale e la resilienza. Intervenire puntualmente per sostenere progetti industriali che vanno verso la resilienza, compresa la difesa, fa parte di questo terzo pilastro”. E noi a pensare il Pnrr come una misura drastica postpandemica per cui le armi nulla possono contro un minuscolissimo virus. E noi a pensare che resilienza significasse trovare un rilancio possibile di politiche per far fronte a eventi estremi come siccità, inquinamento e cambiamenti climatici.

Dalla "transizione verde", alla "transizione bellica"

Dalle affermazioni di Breton si intende che la guerra è considerata un evento naturale da cui difendersi. Qui si passa dalla “transizione verde” alla “transizione bellica” che a nostro avviso rappresenta un passaggio decisivo e deleterio: rassegnarsi alla guerra. E ancora una volta prepararla per poter “vincere” la pace. Ci chiediamo se sia questa la Next Generation Eu.

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Il vero pacifismo https://www.lavoce.it/il-vero-pacifismo/ Wed, 22 Feb 2023 17:31:35 +0000 https://www.lavoce.it/?p=70585

di Giovanni Ramonda

Molti ritengono che, se un popolo viene aggredito militarmente, abbia diritto a difendersi anche con le armi. L’articolo 11 della Costituzione recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni”.

Certamente ogni Paese ha diritto di difendersi, lo afferma anche la dottrina sociale della Chiesa. Questo non toglie che bisogna assolutamente lavorare per prevenire i conflitti e per avere organismi sovranazionali che tutelino i popoli senza scatenare guerre, sviluppando un dialogo costruttivo. L’“occhio per occhio, dente per dente” ha sempre creato morte e distruzione. Oggi continuare ad alimentare la guerra giocando sul sistema degli equilibri e delle reazioni controllate è rischiosissimo, data la continua minaccia di un’evoluzione nucleare del conflitto che avrebbe conseguenze disastrose.

La rivoluzione che salva il mondo è l’amore al nemico. Deporre le armi, anzi bando alle armi, all’odio, all’indifferenza. Salva il mondo la nonviolenza della croce, l’amore di Cristo che ha dato la vita pregando per i suoi persecutori. Il paradosso della guerra in Ucraina, a un anno dal suo inizio, è che è attuata tra popoli cristiani, addirittura invocando la religione per giustificarla.

La spirale della violenza può essere interrotta solo dall’amore al nemico, togliendo questo comando dalla sola lettura individualista a quella comunitaria e sociale. Questa è l’autentica visione dei giovani che vogliono la pace: vincere la violenza con la nonviolenza per interrompere la follia della guerra, come espresso più volte da Papa Francesco.

L’unico modo per fermare le guerre è disarmarle. Ogni arma usata procura morte, arrivando a migliaia di giovani morti, sia russi che ucraini, e molti civili tra cui bambini. Il vero pacifismo non è discutere sulla pace nei salotti ma andare a vivere nelle zone di conflitto, come fanno i giovani dell’operazione Colomba, corpo civile di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. Sottrarre i soldi agli armamenti per costruire pozzi d’acqua distrutti dai bombardamenti, per puntare a una ricostruzione per dare scuole e ospedali al popolo stremato da un anno di fuga e distruzione.

Bisogna istituire un ministero della Pace per educare le nuove generazioni a convivere, costruire relazioni nuove, basate sul dialogo e sulla giustizia. L’uomo da sempre ha giocato con la guerra sulla pelle dei più deboli; è tempo di una rivoluzione culturale per scegliere la pace con politici coraggiosi che sappiano rischiare delineando una nuova visione delle relazioni internazionali.

Giovanni XXIII nella Pacem in terris richiama all’assoluta necessità che tutti “hanno diritto all’esistenza e a un tenore di vita dignitoso, per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario , l’abitazione, le cure mediche, i servizi sociali necessari. Il diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza. Il diritto di emigrazione e di immigrazione. Che l’autorità non può essere serva dell’interesse di uno o di pochi ma deve essere a vantaggio del bene comune. Che bisogna sapere leggere i segni dei tempi nella verità e nella giustizia. Che nulla è perduto con la pace e tutto può essere perduto con la guerra”.  Oggi tocca a noi. Questo è il tempo della responsabilità e della preghiera per invocare da Dio il dono della pace.

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di Giovanni Ramonda

Molti ritengono che, se un popolo viene aggredito militarmente, abbia diritto a difendersi anche con le armi. L’articolo 11 della Costituzione recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni”.

Certamente ogni Paese ha diritto di difendersi, lo afferma anche la dottrina sociale della Chiesa. Questo non toglie che bisogna assolutamente lavorare per prevenire i conflitti e per avere organismi sovranazionali che tutelino i popoli senza scatenare guerre, sviluppando un dialogo costruttivo. L’“occhio per occhio, dente per dente” ha sempre creato morte e distruzione. Oggi continuare ad alimentare la guerra giocando sul sistema degli equilibri e delle reazioni controllate è rischiosissimo, data la continua minaccia di un’evoluzione nucleare del conflitto che avrebbe conseguenze disastrose.

La rivoluzione che salva il mondo è l’amore al nemico. Deporre le armi, anzi bando alle armi, all’odio, all’indifferenza. Salva il mondo la nonviolenza della croce, l’amore di Cristo che ha dato la vita pregando per i suoi persecutori. Il paradosso della guerra in Ucraina, a un anno dal suo inizio, è che è attuata tra popoli cristiani, addirittura invocando la religione per giustificarla.

La spirale della violenza può essere interrotta solo dall’amore al nemico, togliendo questo comando dalla sola lettura individualista a quella comunitaria e sociale. Questa è l’autentica visione dei giovani che vogliono la pace: vincere la violenza con la nonviolenza per interrompere la follia della guerra, come espresso più volte da Papa Francesco.

L’unico modo per fermare le guerre è disarmarle. Ogni arma usata procura morte, arrivando a migliaia di giovani morti, sia russi che ucraini, e molti civili tra cui bambini. Il vero pacifismo non è discutere sulla pace nei salotti ma andare a vivere nelle zone di conflitto, come fanno i giovani dell’operazione Colomba, corpo civile di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII. Sottrarre i soldi agli armamenti per costruire pozzi d’acqua distrutti dai bombardamenti, per puntare a una ricostruzione per dare scuole e ospedali al popolo stremato da un anno di fuga e distruzione.

Bisogna istituire un ministero della Pace per educare le nuove generazioni a convivere, costruire relazioni nuove, basate sul dialogo e sulla giustizia. L’uomo da sempre ha giocato con la guerra sulla pelle dei più deboli; è tempo di una rivoluzione culturale per scegliere la pace con politici coraggiosi che sappiano rischiare delineando una nuova visione delle relazioni internazionali.

Giovanni XXIII nella Pacem in terris richiama all’assoluta necessità che tutti “hanno diritto all’esistenza e a un tenore di vita dignitoso, per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario , l’abitazione, le cure mediche, i servizi sociali necessari. Il diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza. Il diritto di emigrazione e di immigrazione. Che l’autorità non può essere serva dell’interesse di uno o di pochi ma deve essere a vantaggio del bene comune. Che bisogna sapere leggere i segni dei tempi nella verità e nella giustizia. Che nulla è perduto con la pace e tutto può essere perduto con la guerra”.  Oggi tocca a noi. Questo è il tempo della responsabilità e della preghiera per invocare da Dio il dono della pace.

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Assisi in campo per la pace e il disarmo nucleare https://www.lavoce.it/assisi-campo-pace-disarmo-nucleare/ Thu, 01 Dec 2022 17:46:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=69454

Il Comitato per una Civiltà dell’amore e la diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino promuovono il convegno “Il disarmo nucleare e il trattato 'New Start' tra Federazione Russa e Usa. La costruzione di una Via della Pace”. L’iniziativa si svolgerà martedì 6 dicembre dalle 15 alle 18 circa nella Sala della Spogliazione del palazzo vescovile, e in streaming sul sito www.diocesiassisi.it.

"Siamo da sempre attenti a questo tema" - spiega il vescovo Sorrentino

"Siamo da sempre attenti a questo tema specifico inserito in quello più generale della pace - spiega il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino - e dallo storico incontro del 1986 è partito qui un percorso di dialogo e preghiera, chiamato appunto ‘Spirito di Assisi’, che si rivolge ai grandi della terra affinché si adoperino per mettere fine a guerre e povertà ma anche a tutti gli uomini di buona volontà perché, nella loro quotidianità, siamo davvero seminatori di pace".

Le dichiarazioni di Giuseppe Rotunno

"Le dichiarazioni del 9 novembre del portavoce del Dipartimento di Stato – Usa e della portavoce del ministero degli Esteri della Federazione russa, circa l’intesa raggiunta tra Russia e Stati Uniti di riprendere i colloqui sulle ispezioni reciproche previste dal trattato bilaterale New Start (New strategic arms reduction treaty), e confermate successivamente, riaprono la possibilità di un negoziato sul disarmo nucleare", ricorda Giuseppe Rotunno, presidente del Comitato per una Civiltà dell’Amore che si batte da anni perché il processo di disarmo nucleare generalizzato diventi realtà. "L’apertura di un tavolo di negoziato - aggiunge ancora - è anche un importante messaggio di dissuasione verso quei Paesi che, in maniera più o meno palese, ritengono che il ricorso all’arma nucleare sia un obiettivo da perseguire con ogni mezzo al fine di garantirsi un accesso al tavolo dei 'grandi’ per decidere sul proprio destino e su quello dell’umanità intera”.

Il programma

La giornata si apre alle 15 con i saluti di indirizzo di monsignor Sorrentino e di fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento di Assisi. Alle 15.20 l'introduzione del presidente Rotunno e successivamente le relazioni "La situazione attuale degli arsenali nucleari" della professoressa Barbara Gallo della Rete Pace e Disarmo, "Il Trattato New Start e la costruzione di una via per la pace nucleare" dell'ingegnere Raffaele Di Sapia, già esperto per il nucleare al ministero degli Affari Esteri e "Il disarmo nucleare finora realizzato" dell'ingegner Massimo Sepielli, esperto nucleare del Comitato per una Civiltà dell’Amore. Modera il cardinale Silvano Tomasi. Alle 17 la tavola rotonda con i presidenti dei movimenti e organismi per il disarmo nucleare e alle 18 le conclusioni.]]>

Il Comitato per una Civiltà dell’amore e la diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino promuovono il convegno “Il disarmo nucleare e il trattato 'New Start' tra Federazione Russa e Usa. La costruzione di una Via della Pace”. L’iniziativa si svolgerà martedì 6 dicembre dalle 15 alle 18 circa nella Sala della Spogliazione del palazzo vescovile, e in streaming sul sito www.diocesiassisi.it.

"Siamo da sempre attenti a questo tema" - spiega il vescovo Sorrentino

"Siamo da sempre attenti a questo tema specifico inserito in quello più generale della pace - spiega il vescovo diocesano monsignor Domenico Sorrentino - e dallo storico incontro del 1986 è partito qui un percorso di dialogo e preghiera, chiamato appunto ‘Spirito di Assisi’, che si rivolge ai grandi della terra affinché si adoperino per mettere fine a guerre e povertà ma anche a tutti gli uomini di buona volontà perché, nella loro quotidianità, siamo davvero seminatori di pace".

Le dichiarazioni di Giuseppe Rotunno

"Le dichiarazioni del 9 novembre del portavoce del Dipartimento di Stato – Usa e della portavoce del ministero degli Esteri della Federazione russa, circa l’intesa raggiunta tra Russia e Stati Uniti di riprendere i colloqui sulle ispezioni reciproche previste dal trattato bilaterale New Start (New strategic arms reduction treaty), e confermate successivamente, riaprono la possibilità di un negoziato sul disarmo nucleare", ricorda Giuseppe Rotunno, presidente del Comitato per una Civiltà dell’Amore che si batte da anni perché il processo di disarmo nucleare generalizzato diventi realtà. "L’apertura di un tavolo di negoziato - aggiunge ancora - è anche un importante messaggio di dissuasione verso quei Paesi che, in maniera più o meno palese, ritengono che il ricorso all’arma nucleare sia un obiettivo da perseguire con ogni mezzo al fine di garantirsi un accesso al tavolo dei 'grandi’ per decidere sul proprio destino e su quello dell’umanità intera”.

Il programma

La giornata si apre alle 15 con i saluti di indirizzo di monsignor Sorrentino e di fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento di Assisi. Alle 15.20 l'introduzione del presidente Rotunno e successivamente le relazioni "La situazione attuale degli arsenali nucleari" della professoressa Barbara Gallo della Rete Pace e Disarmo, "Il Trattato New Start e la costruzione di una via per la pace nucleare" dell'ingegnere Raffaele Di Sapia, già esperto per il nucleare al ministero degli Affari Esteri e "Il disarmo nucleare finora realizzato" dell'ingegner Massimo Sepielli, esperto nucleare del Comitato per una Civiltà dell’Amore. Modera il cardinale Silvano Tomasi. Alle 17 la tavola rotonda con i presidenti dei movimenti e organismi per il disarmo nucleare e alle 18 le conclusioni.]]>
No all’aumento delle armi https://www.lavoce.it/no-allaumento-delle-armi/ Fri, 17 Jun 2022 14:09:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67426 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Tutti coloro che ricorrono al Catechismo della Chiesa cattolica per giustificare la guerra, dovrebbero coerentemente leggere anche il paragrafo che segue poco dopo e che riguarda la condanna della spesa armiera: “La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall’eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L’impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; ostacola lo sviluppo dei popoli. L’armarsi ad oltranza moltiplica le cause di conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi” (Ccc, n. 2315). Il richiamo costante di Papa Francesco su questo punto si inserisce in una tradizione della Chiesa molto ben delineato e consolidato. Si auspica pertanto che tutti noi che ci diciamo cristiani non lasceremo che per legge si arrivi al 2% del Pil da destinare all’acquisto di nuovi armamenti, come è stato proposto dal Governo e approvato dal Parlamento. In concreto, si tratterebbe di 104 milioni di euro al giorno, rispetto ai 68 che già spendiamo oggi. Non è certo la via migliore per diffondere un clima di fiducia e cooperazione tra le nazioni come condizione essenziale della pace. Tonio Dell’Olio]]>
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Tutti coloro che ricorrono al Catechismo della Chiesa cattolica per giustificare la guerra, dovrebbero coerentemente leggere anche il paragrafo che segue poco dopo e che riguarda la condanna della spesa armiera: “La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall’eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L’impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; ostacola lo sviluppo dei popoli. L’armarsi ad oltranza moltiplica le cause di conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi” (Ccc, n. 2315). Il richiamo costante di Papa Francesco su questo punto si inserisce in una tradizione della Chiesa molto ben delineato e consolidato. Si auspica pertanto che tutti noi che ci diciamo cristiani non lasceremo che per legge si arrivi al 2% del Pil da destinare all’acquisto di nuovi armamenti, come è stato proposto dal Governo e approvato dal Parlamento. In concreto, si tratterebbe di 104 milioni di euro al giorno, rispetto ai 68 che già spendiamo oggi. Non è certo la via migliore per diffondere un clima di fiducia e cooperazione tra le nazioni come condizione essenziale della pace. Tonio Dell’Olio]]>
Il delirio delle armi negli Usa https://www.lavoce.it/il-delirio-delle-armi-negli-usa/ Sat, 04 Jun 2022 09:37:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=67084 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

La libera circolazione delle armi negli Usa non è più difendibile nemmeno da parte dei rappresentanti delle lobbies delle aziende armiere. Dopo l’ennesima tragica strage di bambini innocenti, bisognerebbe innanzitutto sposare il silenzio rispettoso del dolore, e poi avvertire tutta l’amarezza delle lacrime della vergogna. Ascoltare invece ancora oggi dichiarazioni che invitano le maestre ad armarsi per difendere gli alunni, suona quantomeno come un delirio incomprensibile.

Possiamo anche essere disposti al rispetto delle diverse culture e delle ragioni storiche che portano a scelte legislative che a noi suonano come “legge della giungla”, ma di fronte alla garanzia del valore della vita umana non dovremmo esitare a far cadere ogni altro argomento. Mentre preghiamo per i bambini e gli insegnanti di Uvalde e per le loro famiglie, chiediamo al Dio della vita di rompere la diga delle ragioni difese da chi sostiene l’applicazione estensiva del secondo Emendamento; e di sostituire i sentimenti della pietà umana a quelli che sostengono meri interessi economici.

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La libera circolazione delle armi negli Usa non è più difendibile nemmeno da parte dei rappresentanti delle lobbies delle aziende armiere. Dopo l’ennesima tragica strage di bambini innocenti, bisognerebbe innanzitutto sposare il silenzio rispettoso del dolore, e poi avvertire tutta l’amarezza delle lacrime della vergogna. Ascoltare invece ancora oggi dichiarazioni che invitano le maestre ad armarsi per difendere gli alunni, suona quantomeno come un delirio incomprensibile.

Possiamo anche essere disposti al rispetto delle diverse culture e delle ragioni storiche che portano a scelte legislative che a noi suonano come “legge della giungla”, ma di fronte alla garanzia del valore della vita umana non dovremmo esitare a far cadere ogni altro argomento. Mentre preghiamo per i bambini e gli insegnanti di Uvalde e per le loro famiglie, chiediamo al Dio della vita di rompere la diga delle ragioni difese da chi sostiene l’applicazione estensiva del secondo Emendamento; e di sostituire i sentimenti della pietà umana a quelli che sostengono meri interessi economici.

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Gli “sciacalli” che hanno goduto della guerra in Afghanistan https://www.lavoce.it/gli-sciacalli-hanno-goduto-guerra-aghanistan/ Fri, 17 Sep 2021 17:20:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=62323

Ve li ricordate gli imprenditori intercettati al telefono la notte del terremoto del 2016, quelli che si sfregavano le mani e ridevano pregustando lauti guadagni dalla ricostruzione? Ci apparivano disgustosamente “sciacalli” perché lucravano su una tragedia. Ebbene, mentre tutte le analisi dei vent’anni di occupazione in Afghanistan dimostrano il fallimento di quella scelta, dell’apparato militare, della visione geopolitica e, soprattutto, a danno della popolazione afghana, gli unici a sfregarsi le mani “soddisfatti e rimborsati” sono le multinazionali del settore bellico.

Dopo la caduta del muro di Berlino, quelle industrie avevano avuto un calo a picco di produzione, vendita e azioni; e tuttavia, in questi vent’anni hanno visto crescere esponenzialmente i loro utili. Paradossalmente, nello stesso periodo dell’occupazione, l’Afghanistan ha raggiunto il triste primato della nazione più insicura al mondo, e ha contato 14.700 vittime civili negli attacchi suicidi (378 dall’inizio del 2021).

Solo nell’ultimo decennio sono stati 49.030 i morti e i feriti a causa di esplosioni e, di questi, 24.930 i civili (fonte Aoav – Action on Armed Violence ). Insomma, anche il buon senso suggerirebbe di considerare la guerra come il più dannoso degli strumenti per garantire la sicurezza. Solo le industrie di armi sostengono il contrario.

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Ve li ricordate gli imprenditori intercettati al telefono la notte del terremoto del 2016, quelli che si sfregavano le mani e ridevano pregustando lauti guadagni dalla ricostruzione? Ci apparivano disgustosamente “sciacalli” perché lucravano su una tragedia. Ebbene, mentre tutte le analisi dei vent’anni di occupazione in Afghanistan dimostrano il fallimento di quella scelta, dell’apparato militare, della visione geopolitica e, soprattutto, a danno della popolazione afghana, gli unici a sfregarsi le mani “soddisfatti e rimborsati” sono le multinazionali del settore bellico.

Dopo la caduta del muro di Berlino, quelle industrie avevano avuto un calo a picco di produzione, vendita e azioni; e tuttavia, in questi vent’anni hanno visto crescere esponenzialmente i loro utili. Paradossalmente, nello stesso periodo dell’occupazione, l’Afghanistan ha raggiunto il triste primato della nazione più insicura al mondo, e ha contato 14.700 vittime civili negli attacchi suicidi (378 dall’inizio del 2021).

Solo nell’ultimo decennio sono stati 49.030 i morti e i feriti a causa di esplosioni e, di questi, 24.930 i civili (fonte Aoav – Action on Armed Violence ). Insomma, anche il buon senso suggerirebbe di considerare la guerra come il più dannoso degli strumenti per garantire la sicurezza. Solo le industrie di armi sostengono il contrario.

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Le fabbriche di morte non chiudono https://www.lavoce.it/le-fabbriche-chiuse-non-quelle-di-morte/ Sat, 28 Mar 2020 11:30:52 +0000 https://www.lavoce.it/?p=56660 colline e sole, logo rubrica oltre i confini

Si è alzata forte e chiara la voce di Scuola di economia civile, Banca etica, Pax Christi, movimento dei Focolari Italia e della rivista Mosaico di pace per denunciare quella che appare un’evidente incoerenza e una forzatura.

Fabbriche chiuse. Ma non quelle di morte.

L’ultimo dei decreti del Governo che ha inteso inasprire le misure di chiusura di attività per contenere la diffusione del virus Covid-19, ha pensato bene di stabilire la chiusura di tutte le attività non ritenute essenziali. Ma il decreto dice pure che sono “consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del prefetto della Provincia ove sono ubicate le attività produttive”. Cosicché “continuerà - denuncia il comunicato - la produzione degli F35 a Cameri (No). Un aereo che può trasportare anche bombe nucleari”. Ma soprattutto in questo momento di fragilità condivisa in cui sentiamo che la minaccia arriva da un esserino piccolo piccolo e invisibile “perché accanirsi in questa direzione? Quali interessi ci sono dietro a questo progetto? Con i soldi di un solo F35 (circa 150 milioni di euro) quanti respiratori si potrebbero acquistare? Sappiamo di alcune industrie che stanno tentando di riconvertire almeno in parte la loro produzione. Questa è la strada da percorrere”. Don Tonio Dell’Olio]]>
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Si è alzata forte e chiara la voce di Scuola di economia civile, Banca etica, Pax Christi, movimento dei Focolari Italia e della rivista Mosaico di pace per denunciare quella che appare un’evidente incoerenza e una forzatura.

Fabbriche chiuse. Ma non quelle di morte.

L’ultimo dei decreti del Governo che ha inteso inasprire le misure di chiusura di attività per contenere la diffusione del virus Covid-19, ha pensato bene di stabilire la chiusura di tutte le attività non ritenute essenziali. Ma il decreto dice pure che sono “consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del prefetto della Provincia ove sono ubicate le attività produttive”. Cosicché “continuerà - denuncia il comunicato - la produzione degli F35 a Cameri (No). Un aereo che può trasportare anche bombe nucleari”. Ma soprattutto in questo momento di fragilità condivisa in cui sentiamo che la minaccia arriva da un esserino piccolo piccolo e invisibile “perché accanirsi in questa direzione? Quali interessi ci sono dietro a questo progetto? Con i soldi di un solo F35 (circa 150 milioni di euro) quanti respiratori si potrebbero acquistare? Sappiamo di alcune industrie che stanno tentando di riconvertire almeno in parte la loro produzione. Questa è la strada da percorrere”. Don Tonio Dell’Olio]]>