Angelus Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/angelus/ Settimanale di informazione regionale Fri, 21 Jul 2023 10:11:06 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg Angelus Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/angelus/ 32 32 Papa Francesco: Angelus, “cuore straziato per l’Ucraina” https://www.lavoce.it/papa-francesco-angelus-cuore-straziato-per-lucraina/ Sun, 27 Feb 2022 12:27:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=65234 “In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra”. Così il Papa, dopo l’Angelus di oggi, si è riferito al conflitto in atto in Ucraina. “Vedo bandiere ucraine”, ha detto alla fine: “Sia lodato Gesù Cristo”, ha detto in ucraino salutandole. “Più volte abbiamo pregato perché non venisse imboccata questa strada e non smettiamo di pregare, anzi supplichiamo Dio più intensamente”, ha proseguito Francesco, rinnovando l’invito “a fare del 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di preghiera e di digiuno. Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra”.

“Chi fa la guerra dimentica l’umanità”, il monito di Francesco: “Non sta dalla parte dalla gente, non guarda la vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto gli interessi di parte e di potere, si affida alla logica perversa e violenta delle armi e si distanzia dalla gente comune che vuole la pace”. “In ogni conflitto la gente comune è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra”, la tesi del Papa: “Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini. Sono fratelli e sorelle per le quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti”.

“Con cuore straziato per quanto accade in Ucraina, non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria e in Etiopia”, ha aggiunto Francesco. “Lo ripeto, tacciano le armi”: ha ribadito il Papa: “Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione italiana, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

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Il Giubileo della gioventù https://www.lavoce.it/il-giubileo-della-gioventu/ Wed, 29 Jul 2015 09:33:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=40936 Giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio nel 2013
Un gruppo di giovani italiani alla Gmg di Rio de Janeiro nel 2013

Commentando all’Angelus di domenica il Vangelo del giorno (Gv 6,1-15) Papa Francesco ha sottolineato che in Gesù “agisce la potenza misericordiosa di Dio, che guarisce da ogni male del corpo e dello spirito. Ma Gesù non è solo guaritore, è anche maestro: infatti sale sul monte e si siede, nel tipico atteggiamento del maestro quando insegna: sale su quella ‘cattedra’ naturale creata dal suo Padre celeste”.

Di fronte alla folla affamata, “i discepoli ragionano in termini di ‘mercato’, ma Gesù alla logica del comprare sostituisce quell’altra logica, la logica del dare”.

E alla fine “la folla è colpita dal prodigio della moltiplicazione dei pani; ma il dono che Gesù offre è pienezza di vita per l’uomo affamato.

Gesù sazia non solo la fame materiale, ma quella più profonda, la fame di senso della vita, la fame di Dio. Di fronte alla sofferenza, alla solitudine, alla povertà e alle difficoltà di tanta gente, che cosa possiamo fare noi? Lamentarsi non risolve niente, ma possiamo offrire quel poco che abbiamo, come il ragazzo del Vangelo”.

Dopo l’Angelus, Bergoglio ha ripreso alcuni temi di attualità, ecclesiastica e non solo. “Oggi – ha ricordato – si aprono le iscrizioni per la 31a Giornata mondiale della gioventù, che si svolgerà l’anno prossimo in Polonia. Ho voluto aprire io stesso le iscrizioni, e per questo ho fatto venire accanto a me un ragazzo e una ragazza perché siano con me nel momento di aprire le iscrizioni, qui davanti a voi. Ecco, mi sono iscritto alla Giornata come pellegrino mediante questo dispositivo elettronico! Celebrata durante l’Anno della Misericordia, questa Giornata sarà, in certo senso, un Giubileo della gioventù, chiamata a riflettere sul tema ‘Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia’ (Mt 5,7)”.

L’effetto è stato contagioso: neanche ventiquattr’ore dopo il click di Papa Francesco, erano già 240 i “macro-gruppi” che hanno avviato la pratica di iscrizione alla Gmg. In pratica, circa 45 mila persone e 300 volontari.

Ma il discorso del Papa si è concluso su un punto dolente: “Tra qualche giorno – ha detto, sempre domenica – ricorrerà il secondo anniversario da quando in Siria è stato rapito padre Paolo Dall’Oglio. Rivolgo un accorato e pressante appello per la liberazione di questo stimato religioso.

Non posso dimenticare anche i Vescovi ortodossi rapiti in Siria e tutte le altre persone che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate. Auspico il rinnovato impegno delle competenti autorità locali e internazionali, affinché a questi nostri fratelli venga presto restituita la libertà. Con affetto e partecipazione alle loro sofferenze, vogliamo ricordarli nella preghiera. Preghiamo tutti insieme la Madonna con l’Ave Maria”.

 

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Religiosità sì, ma con la Parola https://www.lavoce.it/religiosita-si-ma-con-la-parola/ Wed, 22 Jul 2015 14:20:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=39840 Papa Francesco in Paraguay visita Bañado Norte, quartiere povero di Asunción
Papa Francesco in Paraguay visita Bañado Norte, quartiere povero di Asunción

Ha commentato brevemente il Vangelo del giorno, Papa Francesco domenica all’Angelus, ma soprattutto ha commentato il suo recente viaggio in America Latina.

Dal brano evangelico di Matteo 6, 30-34, Bergoglio – come spesso gli accade – ha ripreso tre verbi: “vedere, avere compassione, insegnare. Li possiamo chiamare i verbi del Pastore… Il primo e il secondo, vedere e avere compassione, sono sempre associati nell’atteggiamento di Gesù: infatti il suo sguardo non è lo sguardo di un sociologo o di un fotoreporter, perché egli guarda sempre con gli ‘occhi del cuore’. Questi due verbi configurano Gesù come Buon Pastore. Anche la sua compassione non è solamente un sentimento umano, ma è la commozione del Messia in cui si è fatta carne la tenerezza di Dio. E da questa compassione nasce il desiderio di Gesù di nutrire la folla con il pane della sua Parola, cioè di insegnare la Parola di Dio alla gente”.

Di qui l’aggancio all’attualità: “Ho chiesto al Signore che lo Spirito di Gesù, Buon Pastore, questo Spirito mi guidasse nel corso del viaggio apostolico che ho compiuto nei giorni scorsi in America Latina e che mi ha permesso di visitare l’Ecuador, la Bolivia e il Paraguay. Ringrazio Dio con tutto il cuore per questo dono! Ringrazio i popoli dei tre Paesi per la loro affettuosa e calorosa accoglienza ed entusiasmo… Con grande affetto ringrazio i miei fratelli Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate e tutte le popolazioni per il calore con cui hanno partecipato. Con questi fratelli e sorelle ho lodato il Signore per le meraviglie che ha operato nel popolo di Dio in cammino in quelle terre, per la fede che ha animato e anima la sua vita e la sua cultura. E lo abbiamo lodato anche per le bellezze naturali di cui ha arricchito questi Paesi”.

“Il Continente latinoamericano – ha proseguito – ha grandi potenzialità umane e spirituali, custodisce valori cristiani profondamente radicati, ma vive anche gravi problemi sociali ed economici. Per contribuire alla loro soluzione, la Chiesa è impegnata a mobilitare le forze spirituali e morali delle sue comunità, collaborando con tutte le componenti della società. Di fronte alle grandi sfide che l’annuncio del Vangelo deve affrontare, ho invitato ad attingere da Cristo Signore la grazia che salva e che dà forza all’impegno della testimonianza cristiana, a sviluppare la diffusione della Parola di Dio, affinché la spiccata religiosità di quelle popolazioni possa sempre essere testimonianza fedele del Vangelo.

Alla materna intercessione della Vergine Maria, che l’intera America Latina venera quale patrona con il titolo di Nostra Signora di Guadalupe, affido i frutti di questo indimenticabile viaggio apostolico”.

 

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Più forte della morte https://www.lavoce.it/piu-forte-della-morte/ Thu, 18 Jun 2015 10:19:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36193 "Il figlio della vedova di Nain resuscitato da Cristo". Scena tratta dal film "La vita di Gesù Cristo"
“Il figlio della vedova di Nain resuscitato da Cristo”. Scena tratta dal film “La vita di Gesù Cristo”

La 19a udienza generale sul tema della famiglia, mercoledì, Papa Francesco l’ha incentrata sul tema del lutto, prendendo “direttamente ispirazione dall’episodio narrato dall’evangelista Luca che abbiamo appena ascoltato (Lc 7,11-15). È una scena molto commovente, che ci mostra la compassione di Gesù per chi soffre – in questo caso, una vedova che ha perso l’unico figlio – e ci mostra anche la potenza di Gesù sulla morte”.

La morte – ha proseguito – “fa parte della vita. Eppure, quando tocca gli affetti familiari, non riesce mai ad apparirci naturale. Per i genitori, sopravvivere ai propri figli è qualcosa di particolarmente straziante… La morte che porta via il figlio piccolo o giovane è uno schiaffo alle promesse, ai doni e sacrifici d’amore gioiosamente consegnati alla vita che abbiamo fatto nascere. Tante volte vengono a messa a Santa Marta genitori con la foto di un figlio, di una figlia, bambino, ragazzo, ragazza… e lo sguardo è tanto addolorato”.

“Tutta la famiglia – ha soggiunto – rimane come paralizzata, ammutolita. E qualcosa di simile patisce anche il bambino che rimane solo per la perdita di un genitore, o di entrambi. La domanda: ‘Dov’è il papà? Dov’è la mamma? – È in cielo – Ma perché non lo vedo?’, questa domanda copre d’angoscia il cuore del bambino che rimane solo… Cosa rispondere quando il bambino soffre? Così è la morte in famiglia.

In questi casi la morte è come un buco nero che si apre nella vita delle famiglie, e a cui non sappiamo dare alcuna spiegazione. A volte si giunge perfino a dare la colpa a Dio. Quanta gente – io li capisco – si arrabbia con Dio, bestemmia: ‘Perché mi hai tolto il figlio, la figlia? Ma Dio non c’è, Dio non esiste! Perché ha fatto questo?’”.

“Ma la morte fisica – ha commentato Francesco – ha dei ‘complici’ che sono anche peggiori di lei, e che si chiamano odio, invidia, superbia, avarizia. Insomma, il peccato del mondo che lavora per la morte, e la rende ancora più dolorosa e ingiusta. Gli affetti familiari appaiono come le vittime predestinate e inermi di queste potenze ausiliarie della morte, che accompagnano la storia dell’uomo”.

La fede tuttavia apre a un diverso orizzonte: “Nel popolo di Dio, con la grazia della Sua compassione donata in Gesù, tante famiglie dimostrano con i fatti che la morte non ha l’ultima parola: questo è un vero atto di fede. Tutte le volte che la famiglia nel lutto, anche terribile, trova la forza di custodire la fede e l’amore che ci uniscono a coloro che amiamo, essa impedisce già ora, alla morte di prendersi tutto. Il buio della morte va affrontato con un più intenso lavoro di amore. ‘Dio mio, rischiara le mie tenebre!’ è l’invocazione della liturgia della sera.

Nella luce della risurrezione del Signore, che non abbandona nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato, noi possiamo togliere alla morte il suo pungiglione, come diceva l’apostolo Paolo ( 1 Cor 15,55); possiamo impedirle di avvelenarci la vita, di rendere vani i nostri affetti, di farci cadere nel vuoto più buio.

In questa fede possiamo consolarci l’un l’altro, sapendo che il Signore ha vinto la morte una volta per tutte. I nostri cari non sono scomparsi nel buio del Nulla: la speranza ci assicura che essi sono nelle mani buone e forti di Dio. L’amore è più forte della morte. Per questo la strada è far crescere l’amore, renderlo più solido, e l’amore ci custodirà fino al giorno in cui ogni lacrima sarà asciugata, quando ‘non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno’ (Apocalisse 21,4).

Se ci lasciamo sostenere da questa fede, l’esperienza del lutto può generare una più forte solidarietà dei legami familiari, una nuova apertura al dolore delle altre famiglie, una nuova fraternità con le famiglie che nascono e rinascono nella speranza. Nascere e rinascere nella speranza, questo ci dà la fede…

Questa fede ci protegge dalla visione nichilista della morte, come pure dalle false consolazioni del mondo, così che la verità cristiana ‘non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere, cedendo ai riti della superstizione, antica o moderna’” (Benedetto XVI, Angelus del 2 novembre 2008).

“Oggi – ha concluso – è necessario che i Pastori e tutti i cristiani esprimano in modo più concreto il senso della fede nei confronti dell’esperienza familiare del lutto. Non si deve negare il diritto al pianto… Possiamo piuttosto attingere dalla testimonianza semplice e forte di tante famiglie che hanno saputo cogliere, nel durissimo passaggio della morte, anche il sicuro passaggio del Signore, crocifisso e risorto, con la sua irrevocabile promessa di risurrezione dei morti. Il lavoro dell’amore di Dio è più forte del lavoro della morte.

È di quell’amore, è proprio di quell’amore, che dobbiamo farci complici operosi, con la nostra fede. Ricordiamo quel gesto di Gesù: ‘E Gesù lo restituì a sua madre’. Così farà con tutti i nostri cari e con noi quando ci incontreremo, quando la morte sarà definitivamente sconfitta in noi. Essa è sconfitta dalla croce di Gesù”.

 

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Il Pastore premuroso https://www.lavoce.it/il-pastore-premuroso/ Thu, 30 Apr 2015 11:00:39 +0000 https://www.lavoce.it/?p=32370 buon-pastoreLa quarta domenica di Pasqua, il 26 aprile, era quella detta “domenica del Buon Pastore”. Essa – ha affermato Papa Francesco all’Angelus – “ogni anno ci invita a riscoprire, con stupore sempre nuovo, questa definizione che Gesù ha dato di se stesso, rileggendola alla luce della sua passione, morte e risurrezione”.

“Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,11). “Queste parole – ha aggiunto il Vescovo di Roma – si sono realizzate pienamente quando Cristo, obbedendo liberamente alla volontà del Padre, si è immolato sulla croce. Allora diventa completamente chiaro che cosa significa che egli è il buon pastore: dà la vita, ha offerto la sua vita in sacrificio per tutti noi: per te, per te, per te, per me, per tutti! E per questo è il Buon Pastore.

Cristo è il pastore vero, che realizza il modello più alto di amore per il gregge: egli dispone liberamente della propria vita, nessuno gliela toglie (cfr v. 18), ma la dona a favore delle pecore (v. 17). In aperta opposizione ai falsi pastori, Gesù si presenta come il vero e unico pastore del popolo. Il cattivo pastore pensa a se stesso e sfrutta le pecore; il pastore buono pensa alle pecore e dona se stesso.

A differenza del mercenario, Cristo pastore è una guida premurosa che partecipa alla vita del suo gregge; non ricerca altro interesse, non ha altra ambizione che quella di guidare, nutrire e proteggere le sue pecore. E tutto questo al prezzo più alto, quello del sacrificio della propria vita”.

“Nella figura di Gesù, pastore buono – ha proseguito il Papa -, noi contempliamo la provvidenza di Dio, la Sua sollecitudine paterna per ciascuno di noi. Non ci lascia da soli! La conseguenza di questa contemplazione di Gesù pastore vero e buono è l’esclamazione di commosso stupore che troviamo nella seconda lettura dell’odierna liturgia: ‘Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre…’ (1Gv 3,1).

È davvero un amore sorprendente e misterioso perché, donandoci Gesù come pastore che dà la vita per noi, il Padre ci ha dato tutto ciò che di più grande e prezioso poteva darci. È l’amore più alto e più puro, perché non è motivato da alcuna necessità, non è condizionato da alcun calcolo, non è attratto da alcun interessato desiderio di scambio. Di fronte a questo amore di Dio, noi sperimentiamo una gioia immensa e ci apriamo alla riconoscenza per quanto abbiamo ricevuto gratuitamente.

Ma contemplare e ringraziare non basta. Occorre anche seguire il Buon Pastore. In particolare, quanti hanno la missione di guide nella Chiesa – sacerdoti, vescovi, Papi – sono chiamati ad assumere non la mentalità del manager ma quella del Servo, a imitazione di Gesù che, spogliando se stesso, ci ha salvati con la sua misericordia. A questo stile di vita pastorale, di buon pastore, sono chiamati anche i nuovi sacerdoti della diocesi di Roma che ho avuto la gioia di ordinare questa mattina nella basilica di San Pietro”.

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Anche mons. Msousa tra gli arcivescovi che hanno ricevuto il Pallio https://www.lavoce.it/anche-mons-msousa-tra-gli-arcivescovi-che-hanno-ricevuto-il-pallio/ Fri, 04 Jul 2014 13:38:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25949 papa-pallio-bnSolennità dei santi Pietro e Paolo, un momento sempre molto particolare nel calendario di un Papa. Per quanto riguarda la consegna – che avviene in questa data – dei Pallii ai nuovi arcivescovi metropoliti, vedi il box qui sotto a sinistra, con una gradita notizia.

Come di consueto, anche quest’anno in Vaticano era presente alla messa una delegazione del Patriarcato ortodosso ecumenico di Costantinopoli. La delegazione era guidata dal metropolita di Pergamo, Ioannis (Zizioulas), co-presidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, accompagnato dall’arcivescovo di Telmissos, Job, e dall’arcidiacono patriarcale John Chryssavgis.

“Preghiamo il Signore – ha detto Papa Francesco all’omelia – perché anche questa visita possa rafforzare i nostri fraterni legami nel cammino verso la piena comunione tra le due Chiese sorelle, da noi tanto desiderata”.

E più avanti, commentando la prigionia di san Pietro (Atti, cap. 12): “Ecco il problema, per noi, della paura e dei rifugi pastorali. Noi, mi domando, cari fratelli vescovi, abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro? Cerchiamo forse l’appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall’orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Cari fratelli vescovi, dove poniamo la nostra sicurezza?

La testimonianza dell’apostolo Pietro ci ricorda che il nostro vero rifugio è la fiducia in Dio: essa allontana ogni paura e ci rende liberi da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana. Oggi il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi, specialmente i metropoliti che hanno ricevuto il Pallio, ci sentiamo interpellati dall’esempio di san Pietro a verificare la nostra fiducia nel Signore”.

All’Angelus, ha quindi spiegato alla folla presente in piazza San Pietro il significato della festa: “Cari fratelli e sorelle, fin dai tempi antichi la Chiesa di Roma celebra gli apostoli Pietro e Paolo in un’unica festa nello stesso giorno, il 29 giugno. La fede in Gesù Cristo li ha resi fratelli, e il martirio li ha fatti diventare una sola cosa. San Pietro e san Paolo, così diversi tra loro sul piano umano, sono stati scelti personalmente dal Signore Gesù e hanno risposto alla chiamata offrendo tutta la loro vita.

In entrambi la grazia di Cristo ha compiuto grandi cose, li ha trasformati. Eccòme, li ha trasformati! Simone aveva rinnegato Gesù nel momento drammatico della Passione; Saulo aveva perseguitato duramente i cristiani. Ma entrambi hanno accolto l’amore di Dio e si sono lasciati trasformare dalla Sua misericordia, così sono diventati amici e apostoli di Cristo. Perciò essi continuano a parlare alla Chiesa e ancora oggi ci indicano la strada della salvezza.

Anche noi, se per caso cadessimo nei peccati più gravi e nella notte più oscura, Dio è sempre capace di trasformarci, come ha trasformato a Pietro e a Paolo. Trasformarci il cuore e perdonarci tutto, trasformando così il nostro buio del peccato in un’alba di luce. Dio è così: ci trasforma, ci perdona sempre, come ha fatto con Pietro e come ha fatto con Paolo.

Il libro degli Atti degli apostoli mostra molti tratti della loro testimonianza. Pietro, ad esempio, ci insegna a guardare i poveri con sguardo di fede e a donare loro ciò che abbiamo di più prezioso: la potenza del nome di Gesù (At 3, 4-6). Di Paolo, viene raccontato per tre volte l’episodio della chiamata sulla via di Damasco, che segna la svolta della sua vita, marcando nettamente un prima e un dopo… Anche per noi l’incontro con la parola di Cristo è in grado di trasformare completamente la nostra vita. Non è possibile ascoltare questa Parola e restare fermi al proprio posto, restare bloccati sulle proprie abitudini!”.

Il Pallio a mons. Msusa

Lunedì scorso mons. Thomas Luke Msusa era a Perugia per salutare il card. Bassetti e gli “Amici del Malawi”. L’occasione è stato il suo viaggio in Italia per ricevere il “Pallio” dalle mani del Papa, domenica 29 giugno.

Mons. Msusa, infatti, dal 21 novembre scorso non è più vescovo della diocesi di Zomba in Malawi, la diocesi “gemella” di Perugia – Città della Pieve, ma è stato nominato arcivescovo di Blantyre. Mons. Msusa è stato più volte in Italia, in particolare a Perugia dove era venuto anche nel 2011 per sottoscrivere un’intesa con la Regione.

Quella dell’“imposizione del Pallio” (una mantellina) è una tradizione che si ripete in occasione della solennità dei santi Pietro e Paolo. Nella basilica vaticana, il Papa ha imposto a 24 nuovi arcivescovi metropoliti i Pallii che erano conservati presso l’altare della “Confessione di Pietro”.

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San Benedetto, da 50 anni Patrono d’Europa https://www.lavoce.it/san-benedetto-da-50-anni-patrono-deuropa/ Thu, 27 Mar 2014 13:26:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23906 BoccardoIl 21 marzo scorso la Chiesa ha fatto memoria della festa di san Benedetto. Come vescovo della diocesi che ha dato i natali al santo patrono d’Europa, ho presieduto il solenne pontificale a Norcia, nella basilica a lui dedicata. Tutte le celebrazioni – convegni, Fiaccola benedettina e gemellaggio con la Croazia, partecipazione all’udienza generale di Papa Francesco – hanno avuto come filo conduttore i 50 anni dalla proclamazione di san Benedetto a patrono d’Europa. Per ricordare tale importante avvenimento, la comunità di Norcia ha voluto pubblicare un volume, che uscirà il prossimo maggio, dal titolo San Benedetto da Norcia patrono d’Europa. Cinquentenario della proclamazione: 1964-2014. Questo prezioso lavoro, che parte dalla lettera apostolica Pacis nuntius con la quale Paolo VI il 24 ottobre 1964 proclamava Benedetto patrono d’Europa, ripercorre e consegna alle nuove generazioni il legame di un territorio, quello nursino, con il suo “figlio” più illustre. Gli interessanti approfondimenti contenuti nel libro sulla storia del territorio che diede i natali al Patriarca dei monaci d’Occidente, sul significato della Fiaccola benedettina e sulle celebrazioni che Norcia negli anni ha tributato al Santo, sarebbero ben poca cosa se non si focalizzasse l’attenzione sulla spiritualità di san Benedetto, richiamata anche da Paolo VI: “Egli insegnò all’umanità il primato del culto divino per mezzo dell’opus Dei, ossia della preghiera liturgica e rituale”. Ci ricordava il Papa emerito Benedetto XVI che “nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, Benedetto viveva sotto lo sguardo di Dio, e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti”.

La statua di San Benedetto al centro dell’omonima piazza a Norcia
La statua di San Benedetto al centro dell’omonima piazza a Norcia

Se si vuole cogliere il punto focale della spiritualità di Benedetto e il segreto della sua “efficacia”, occorre partire dal discorso delle Beatitudini, dove emerge, da una parte, il contrasto netto tra lo spirito di Cristo e lo spirito del mondo, contrasto che il monaco – e anche il cristiano – è chiamato a incarnare con tutte le sue scelte di vita; dall’altra, è sottolineato che questo contrasto non implica un’opzione di pessimismo e di grigiore, ma al contrario è una condizione di gioia profonda. Il criterio di questa gioia è nettamente rovesciato rispetto a quello comune: beati, felici, sono detti i poveri, gli afflitti, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per la causa della giustizia e per il nome di Cristo. E nel clima di incertezza e di confusione culturale nel quale siamo immersi sembra particolarmente significativo ricordare che san Benedetto ha saputo far incontrare il messaggio del Vangelo con le esigenze più profonde dell’uomo. Ricordava Papa Francesco nell’Angelus di domenica 13 luglio 2013 che “è dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. E anche il nostro lavoro con il fratello bisognoso, il nostro lavoro di carità nelle opere di misericordia, ci porta al Signore, perché noi vediamo proprio il Signore nel fratello e nella sorella bisognosi”. Oggi, allora, più che mai abbiamo bisogno di guardare a Benedetto da Norcia come maestro di vita, uomo che, nell’equilibrio, nella serenità e nella pace interiore ha trovato la forza di lanciare un messaggio forte, quello di Cristo, agli uomini del suo tempo.

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Visione e ascolto https://www.lavoce.it/visione-e-ascolto/ Fri, 21 Mar 2014 13:08:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=23797 Trasfigurazione, Pietro Perugino - Collegio del Cambio, Perugia, 1496-1500
Trasfigurazione, Pietro Perugino – Collegio del Cambio, Perugia, 1496-1500

All’Angelus di domenica, Papa Francesco ha ricordato che nella Bibbia la montagna rappresenta “il luogo della preghiera, dove stare alla presenza del Signore”. Sul Tabor, Gesù “si mostra ai tre discepoli trasfigurato, luminoso, bellissimo”.

Pietro, incapace di comprendere cosa sta accadendo, propone di restare e di costruire tre capanne: per Gesù, Mosè ed Elia. Ma a questo punto accade una cosa: “Una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: questi è il figlio mio, l’amato; in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.

È importante questa parola, dice Francesco: “Il nostro Padre ha detto a questi apostoli, e dice anche a noi: ascoltate Gesù, perché è il mio Figlio prediletto. Teniamo, questa settimana, questa parola nella testa e nel cuore: ascoltate Gesù. E questo non lo dice il Papa, lo dice Dio Padre, a tutti: a me, a voi, a tutti, tutti. È come un aiuto per andare avanti nella strada della Quaresima”.

Interessante notare che ci troviamo di fronte a due elementi: il volto e la voce, l’incontro e la parola. In un certo senso, è l’esperienza del comunicare che caratterizza il nostro cammino. Davanti a noi abbiamo sempre questo duplice aspetto: uno sguardo che ci provoca accoglienza, attenzione, e una parola che ci chiede di essere ascoltata, capita, attuata. Come discepoli, dice Francesco all’Angelus, “siamo chiamati a essere persone che ascoltano la sua voce e prendono sul serio le sue parole. Per ascoltare Gesù, bisogna essere vicino a lui, seguirlo, come facevano le folle del Vangelo che lo rincorrevano per le strade della Palestina. Gesù non aveva una cattedra o un pulpito fissi, ma era un maestro itinerante, che proponeva i suoi insegnamenti, che erano gli insegnamenti che gli aveva dato il Padre, lungo le strade, percorrendo tragitti non sempre prevedibili e a volte poco agevoli”. Così il Papa invita ad avere con noi un Vangelo per ascoltare la parola di Gesù.

Ma Francesco coglie anche due altre parole in questo brano di Matteo: salita e discesa. Dobbiamo salire al monte, cercare uno spazio di silenzio per trovare noi stessi e cogliere meglio la voce del Signore. Ma dobbiamo poi scendere dalla montagna: l’incontro con il Signore nella preghiera e nell’ascolto è importante, ma dobbiamo “ritornare in basso, nella pianura, dove incontriamo tanti fratelli appesantiti da fatiche, malattie, ingiustizie, ignoranze, povertà materiale e spirituale. A questi nostri fratelli che sono in difficoltà, siamo chiamati a portare i frutti dell’esperienza che abbiamo fatto con Dio, condividendo la grazia ricevuta”.

La parola cresce se siamo capaci di darla all’altro. Diceva, prima di essere eletto Papa: “Penso a volte che Gesù bussi da dentro perché lo lasciamo uscire. La Chiesa auto-referenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire”.

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Cristiani, i portatori di luce https://www.lavoce.it/cristiani-i-portatori-di-luce/ Thu, 13 Feb 2014 15:48:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22239 processione-fiaccolaEssere paragonati a sale e luce lascia un po’ stupiti. In quella giornata, Gesù si era rivolto ai suoi discepoli parlando delle beatitudini su quel monte che degrada verso il mare di Galilea. Poi ecco indicare i due elementi, per dire ai suoi di riconoscersi di essere sale della terra e luce del mondo. Ma chi sono i suoi? Persone semplici umili, pescatori. A loro dice che per essere davvero discepoli occorre diventare sale e luce. Significativo paragone: proprio coloro la cui vita è umile, povera, mite, piccola, quasi insignificante rispetto alle grandi cose del mondo, sono i destinati a portare sapore e luce. Cose insignificanti, ma delle quali il mondo non può farne a meno, e non solo all’epoca di Gesù. Realtà essenziali ma nascoste e deboli.

Ha detto il Papa all’Angelus, domenica: “I cristiani, nuovo Israele, ricevono una missione nei confronti di tutti gli uomini: con la fede e con la carità possono orientare, consacrare, rendere feconda l’umanità”.

C’è anche un altro aspetto del discorso di Gesù che va messo in evidenza, cioè l’uso del verbo, l’indicativo presente: siete. Nelle sue parole non c’è un invito a fare, a mettersi in gioco, a impegnarsi in un futuro più o meno prossimo. Nulla di tutto questo. Quei pescatori, quelle persone semplici e umili sono già il sale e la luce; lo sono già in quanto suoi discepoli. Si tratta solo di evitare di far perdere sapore al sale e di nascondere la luce sotto il moggio.

Rivolgendosi alle persone in piazza san Pietro, Papa Francesco dice: “Tutti noi battezzati siamo discepoli missionari e siamo chiamati a diventare nel mondo un Vangelo vivente. Con una vita santa daremo sapore ai diversi ambienti e li difenderemo dalla corruzione, come fa il sale; e porteremo la luce di Cristo con la testimonianza di una carità genuina”. Bella la missione di portare luce al mondo, afferma Francesco: “È una missione che noi abbiamo”. Ma se come cristiani “perdiamo sapore e spegniamo la nostra presenza di sale e di luce, perdiamo l’efficacia… È anche molto bello conservare la luce che abbiamo ricevuto da Gesù, custodirla, conservarla”.

Il cristiano dovrebbe essere una “persona luminosa, che porta luce, che sempre dà luce. Una luce che non è sua, ma è il regalo di Dio, è il regalo di Gesù. E noi portiamo questa luce. Se il cristiano spegne questa luce, la sua vita non ha senso: è un cristiano di nome soltanto, che non porta la luce, una vita senza senso”. Poi, come ormai ci ha abituato Francesco, ecco chiedere alle persone presenti come vogliono vivere la loro esistenza: come una lampada accesa o una spenta? La vocazione cristiana è vivere come lampada accesa.

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Anziani profetici https://www.lavoce.it/anziani-profetici/ Thu, 06 Feb 2014 14:49:36 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22027 Giovanni Bellini, Presentazione al Tempio, 1460
Giovanni Bellini, Presentazione al Tempio, 1460

Se c’è una immagine che ci aiuta a comprendere la diversità con cui il Signore coglie il senso della grandezza e del potere rispetto al comune sentire, è la presentazione al Tempio. Gesù entra in braccio alla madre, piccolo nella sua grandezza; entra nel modo più semplice possibile, in silenzio. Attorno ai giovani sposi e al neonato è tutto un susseguirsi di preghiere, parole distratte, sguardi rapidi. Eppure proprio in quel momento… “entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate”, leggiamo in Malachia. Va incontro al suo popolo e visita il suo tempio come neonato indifeso. Motivo ricorrente nelle Scritture, il tema della visita di Dio al suo popolo.

Nella pagina del Vangelo, l’incontro con il popolo è rappresentato dai due anziani Simeone e Anna: incontro tra i giovani e gli anziani, chiosa Papa Francesco. Ma cosa ci dice Luca di Simeone? È “un uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele, e lo Spirito santo era su di lui”. Ecco allora l’incontro tra l’anziano frequentatore del Tempio e il Bambino di soli quaranta giorni, nel quale riconosce colui che porterà a compimento la Legge.

Commenta Papa Francesco: questi due anziani, Simeone e Anna, “sono pieni di vita perché animati dallo Spirito santo, docili alla sua azione, sensibili ai suoi richiami. Ed ecco l’incontro tra la Santa Famiglia e questi due rappresentanti del popolo santo di Dio. Al centro c’è Gesù. È lui che muove tutto, che attira gli uni e gli altri al tempio, che è la casa di suo Padre”. Maria e Giuseppe sono due giovani osservanti della Legge mosaica e volevano fare ciò che era “scritto nella legge del Signore”.

Singolare incontro, dice ancora il Papa, “tra osservanza e profezia, dove i giovani sono gli osservanti e gli anziani sono i profetici”. L’episodio evangelico, aggiunge, “costituisce anche un’icona della donazione della propria vita”, offerta che riguarda “ogni cristiano, perché tutti siamo consacrati a lui mediante il battesimo. Tutti siamo chiamati a offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia”.

Domenica era anche la Giornata della vita consacrata, cioè di coloro che hanno scelto la vita religiosa o monacale, consacrati – anche laici – che “con la professione dei voti appartengono a Dio in modo pieno ed esclusivo”, ricorda il Papa all’Angelus. Ciò permette loro di offrire “una testimonianza speciale al Vangelo del regno di Dio. Totalmente consacrati a Dio, sono totalmente consegnati ai fratelli, per portare la luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati. Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, profezia di condivisione con i piccoli e i poveri”.

“C’è tanto bisogno di queste presenze – ha detto domenica il Papa riferendosi ai religiosi -, che rafforzano e rinnovano l’impegno della diffusione del Vangelo, dell’educazione cristiana, della carità verso i più bisognosi, della preghiera contemplativa; l’impegno della formazione umana, della formazione spirituale dei giovani, delle famiglie; l’impegno per la giustizia e la pace nella famiglia umana. Ma pensiamo un po’ cosa succederebbe se non ci fossero le suore negli ospedali, le suore nelle missioni, le suore nelle scuole. Ma pensate una Chiesa senza le suore! Non si può pensare: esse sono questo dono, questo lievito che porta avanti il popolo di Dio. Sono grandi, queste donne che consacrano la loro vita a Dio, che portano avanti il messaggio di Gesù… Per tutti questi motivi, come è stato già annunciato, l’anno prossimo sarà dedicato in modo speciale alla vita consacrata”.

Le 5 parole per la vita

Papa Francesco nel corso dell’Angelus di domenica scorsa, in cui si celebrava anche la Giornata per la Vita sul tema tema “Generare futuro”, nel suo messaggio ha rivolto il suo saluto e il suo incoraggiamento “alle associazioni, ai movimenti e ai centri culturali impegnati nella difesa e promozione della vita”. “Mi unisco ai Vescovi italiani nel ribadire che ‘ogni figlio è volto del Signore amante della vita, dono per la famiglia e per la società’”, ha detto Papa Francesco citando il Messaggio della Cei per la XXXVI Giornata nazionale per la Vita. Il Papa ha quindi invitato tutti, “ognuno, nel proprio ruolo e nel proprio ambito”, a sentirsi “chiamato ad amare e servire la vita, ad accoglierla, rispettarla e promuoverla, specialmente quando è fragile e bisognosa di attenzioni e di cure, dal grembo materno fino alla sua fine su questa terra”. Parole che i commentatori hanno sottolineato essere un programma di impegno.

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Giornata del migrante. Le parole e i gesti di Papa Francesco https://www.lavoce.it/giornata-del-migrante-le-parole-e-i-gesti-di-papa-francesco/ Thu, 23 Jan 2014 15:34:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21700 Fedeli accolgono Papa Francesco in visita alla basilica del Sacro Cuore in via Marsala
Fedeli accolgono Papa Francesco in visita alla basilica del Sacro Cuore in via Marsala

Non perdere la speranza in un mondo migliore: “Voi siete vicini al cuore della Chiesa, perché la Chiesa è un popolo in cammino verso il regno di Dio”. Domenica 19 è la Giornata mondiale del migrante e rifugiato, e Papa Francesco augura a queste persone di poter custodire “i valori delle vostre culture di origine”. Nello stesso tempo chiede a quanti lavorano con i migranti di “accoglierli e accompagnarli nei loro momenti difficili, per difenderli da quelli che il beato Scalabrini definiva ‘i mercanti di carne umana’ che vogliono schiavizzare i migranti”. Le sofferenze di una vita “tante volte senza lavoro, senza documenti”.

Parole alle quali Francesco unisce il gesto di un incontro, andando, nel pomeriggio, alla basilica del Sacro Cuore in via Marsala, due passi dalla stazione Termini di Roma. Visita una parrocchia che è una realtà di periferia esistenziale, dove trovano aiuto dalla comunità salesiana circa 400 tra migranti, rifugiati e persone senza fissa dimora. Il Papa incontra una ottantina di rifugiati e altrettante persone senza casa, li invita ad avere coraggio e ricorda loro che la notte è più buia proprio quando si avvicina l’aurora, e la luce è il Signore che ci viene incontro e ci dà speranza.

Luce e salvezza per ogni uomo è l’Agnello di Dio, ricordavano le letture della seconda Domenica del tempo ordinario. Un agnello “senza difetto, maschio, nato nell’anno”, si legge nell’Esodo, che viene sacrificato e il cui sangue, posto sugli stipiti delle porte, salverà dalla morte. Prefigurazione simbolica del Messia, dunque. Nel Vangelo di Giovanni è Giovanni Battista a dare questa definizione di Gesù; lo vede avanzare tra la folla e “ispirato dall’alto – afferma il Papa all’Angelus -, riconosce il lui l’Inviato di Dio, per questo lo indica con queste parole: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato dal mondo”.

Se nella tradizione ebraica l’agnello è memoria della liberazione dalla schiavitù fisica del faraone, nel cristianesimo diventa liberazione dalla schiavitù del peccato: “Non c’è altro modo di vincere il male e il peccato se non con l’amore che spinge al dono della propria vita per gli altri”.

È la missione di Gesù, ricorda il Papa, caricarsi delle nostre sofferenze fino a morire sulla croce: è il “vero agnello pasquale, che si immerge nel fiume del nostro peccato, per purificarci”. “L’agnello – sottolinea ancora il Papa – non è un dominatore, ma è docile; non è aggressivo, ma pacifico; non mostra gli artigli o i denti di fronte a qualsiasi attacco, ma sopporta ed è remissivo”. In questa docilità, umiltà c’è l’immagine di Gesù. Cosa significa oggi essere discepoli di Gesù? “Significa mettere al posto della malizia l’innocenza, al posto della forza l’amore, al posto della superbia l’umiltà, al posto del prestigio il servizio”.

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La porpora a Bassetti esalta l’Umbria francescana https://www.lavoce.it/la-porpora-a-bassetti-esalta-lumbria-francescana/ Thu, 16 Jan 2014 15:17:05 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21598 Cardinale-Bassetti-1A sorpresa l’arcivescovo di Perugia Città della Pieve, mons. Gualtiero Bassetti, è stato elevato alla dignità cardinalizia e riceverà l’investitura il prossimo 22 febbraio nel corso del Concistoro dei cardinali. Anche se la notizia circolava da qualche giorno, all’annuncio fatto dal Papa all’Angelus di domenica 12 gennaio vi è stato un sobbalzo di gioia e di stupore. Lo stesso Bassetti, impegnato in una parrocchia a contatto con tantissimi giovani e le loro famiglie, ha dovuto superare la propria incredulità e ha espresso gratitudine al Papa per la fiducia che con questo straordinario gesto gli ha manifestato. Ha chiarito successivamente, in un familiare incontro con la stampa, il suo stato d’animo affidandosi ad un ricordo: quando il card. Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze, uomo molto umile, fu nominato cardinale, disse che la porpora “per avvicinarsi a Dio non serve, però avvicina al Papa”. “Ora – ha commentato Bassetti – se questo gesto del Santo Padre mi avvicina di più a lui per aiutarlo in questo rinnovamento pastorale che egli vuole imprimere a tutta la Chiesa, io l’accetto volentieri nonostante che riconosca la pochezza della mia persona”. Alla sorpresa ha avuto seguito la ricerca delle ragioni di questa scelta. Lo stesso Bassetti ha voluto legare questa sua elevazione al massimo grado di dignità ecclesiastica alla vicinanza e sintonia di Papa Francesco con la spiritualità francescana e quanto questa arricchisca la Chiesa intera. L’Umbra terra di tanti santi a cominciare da Benedetto e Francesco, Chiara, Rita e Angela da Foligno è stata posta al centro dell’attenzione, quasi regione-simbolo della spiritualità e santità dell’Italia. Ma oltre a ciò, a riflettere bene, in questa scelta brilla la libertà di spirito di Bergoglio, che non si lascia irretire da schemi prefissati e non teme di percorrere strade diverse da quelle segnate nel passato, puntando gli occhi direttamente sulle persone, valutate per quello che rappresentano, per le loro scelte di vita. Risuonano alla mente le parole del Papa a proposito dei Pastori che non devono essere dei funzionari, ma appunto dei pastori che hanno “l’odore delle pecore”. Ebbene, Bassetti è uno di questi, certamente non l’unico, ma uno che ha fatto emergere quest’aspetto nelle sedi in cui ha svolto il suo ministero. Si può aggiungere che l’Arcivescovo di Perugia ha fatto proprio fin da subito l’impegno esplicito e convinto di seguire il cammino di Francesco vescovo di Roma nella sua proposta di una “conversione pastorale” da attuare per tutta la Chiesa. Su tale argomento Bassetti ha più volte parlato al suo clero e ha promesso una lettera pastorale. La porpora cardinalizia a un vescovo di una piccola regione ecclesiastica può anche significare il desiderio di Francesco di far giungere la sua azione pastorale rinnovatrice nelle realtà anche piccole e in quelle periferie che troppo spesso sono trascurate o non valutate appieno. Non si deve neppure dimenticare che Bassetti, da quando era rettore del Seminario di Firenze, ha svolto il ruolo di visitatore apostolico dei seminari d’Italia e, da vescovo, è divenuto ed è tuttora membro della Pontificia commissione per l’unione dei cristiani, e recentemente è stato nominato membro della Congregazione vaticana per la nomina dei vescovi. In questi ambiti ha reso un servizio alla Chiesa italiana e universale con diligenza e generosità, aggiungendo alla fatica pastorale propria dell’episcopato territoriale fatiche non indifferenti. È stato fatto un paragone con un personaggio lontano nella storia, ma vicino e attuale nelle scelte che fece nella seconda metà dell’Ottocento, Gioacchino Pecci, poi Leone XIII (1878-1903) che fu vescovo per 33 anni di Perugia ed ebbe la porpora cardinalizia dal 1853. Qui maturò la sua sensibilità verso il mondo operaio, nel contatto con la gente semplice della diocesi, formulando quei principi di etica sociale cristiana contenuti nell’enciclica Rerum novarum (1891) che sta all’origine della dottrina sociale cristiana. In Umbria e in tutta l’Italia francescana c’è corale soddisfazione, senza eccezioni, per questa nomina, che richiede anche un impegno maggiore da parte di tutti nel solco dell’insegnamento di Francesco.

I vescovi umbri: “Vivissime congratulazioni”

“I Vescovi dell’Umbria si rallegrano per l’elevazione alla dignità cardinalizia dell’Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve mons. Gualtiero Bassetti e ringraziano il Santo Padre per questo segno di benevolenza e di apprezzamento nei confronti del Presidente della loro conferenza episcopale. Esprimono nel contempo vivissime congratulazioni al novello Cardinale, del quale hanno potuto esperimentare la ricca umanità, la fraterna compagnia, la sapienza e la passione pastorale, la lunga e generosa dedizione al popolo di Dio. La presenza di un Cardinale nella nostra regione rafforza i legami delle nostre Chiese diocesane con la Sede del Vescovo di Roma, che presiede nella carità, ed impegna tutti noi a rinnovare il proposito di testimonianza cristiana e di attenzione e servizio agli uomini e alle donne del nostro tempo”.

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L’Arcivescovo Bassetti è tra i 16 nuovi cardinali. Oggi all’Angelus l’annuncio del Papa https://www.lavoce.it/larcivescovo-bassetti-e-tra-i-16-nuovi-cardinali-oggi-allangelus-lannuncio-del-papa/ Sun, 12 Jan 2014 12:49:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21466 Papa Francesco a colloquio con mons. Bassetti e mons. Sorrentino
Papa Francesco a colloquio con mons. Bassetti

 

Oggi all’Angelus papa Francesco ha ha annunciato la nomina a Cardinale dell’Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve mons. Gualtiero Bassetti.

Ecco le parole del Papa:

«Come è stato già annunciato, il prossimo 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, avrò la gioia di tenere un Concistoro, durante il quale nominerò 16 nuovi Cardinali, che, appartenenti a 12 Nazioni di ogni parte del mondo, rappresentano il profondo rapporto ecclesiale fra la Chiesa di Roma e le altre Chiese sparse per il mondo. Il giorno seguente presiederò una solenne concelebrazione con i nuovi Cardinali, mentre il 20 e 21 febbraio terrò un Concistoro con tutti i Cardinali per riflettere sul tema della famiglia.

Ecco i nomi dei nuovi Cardinali

1 – Mons. Pietro Parolin, Arcivescovo titolare di Acquapendente, Segretario di Stato.

2 – Mons. Lorenzo Baldisseri, Arcivescovo titolare di Diocleziana, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

3 – Mons. Gerhard Ludwig Műller, Arcivescovo-Vescovo emerito di Regensburg, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

4 – Mons. Beniamino Stella, Arcivescovo titolare di Midila, Prefetto della Congregazione per il Clero.

5 – Mons. Vincent Gerard Nichols, Arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna).

6 – Mons. Leopoldo José Brenes Solórzano, Arcivescovo di Managua (Nicaragua).

7 – Mons. Gérald Cyprien Lacroix, Arcivescovo di Québec (Canada).

8 – Mons. Jean-Pierre Kutwa, Arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio).

9 – Mons. Orani João Tempesta, O.Cist., Arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile).

10 – Mons. Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve (Italia).

11 – Mons. Mario Aurelio Poli, Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina).

12 – Mons. Andrew Yeom Soo jung, Arcivescovo di Seoul (Korea).

13 – Mons. Ricardo Ezzati Andrello, S.D.B., Arcivescovo di Santiago del Cile (Cile).

14 – Mons. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso).

15 – Mons. Orlando B. Quevedo, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato (Filippine).

16 – Mons. Chibly Langlois, Vescovo di Les Cayes (Haïti).

Insieme ad essi unirò ai Membri del Collegio Cardinalizio 3 Arcivescovi emeriti, che si sono distinti per il loro servizio alla Santa Sede e alla Chiesa.

Essi sono:

1 – Mons. Loris Francesco Capovilla, Arcivescovo titolare di Mesembria.

2 – Mons. Fernando Sebastián Aguilar, C.M.F., Arcivescovo emerito di Pamplona.3 – Mons. Kelvin Edward Felix, Arcivescovo emerito di Castries.

Preghiamo per i nuovi Cardinali, affinché rivestiti delle virtù e dei sentimenti del Signore Gesù (Rm 13,14) Buon Pastore, possano aiutare più efficacemente il Vescovo di Roma nel suo servizio alla Chiesa universale.»

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Famiglia, “architetto” della società https://www.lavoce.it/famiglia-architetto-della-societa/ Thu, 19 Sep 2013 13:49:22 +0000 https://www.lavoce.it/?p=19130 Torino, 12 settembre, l’apertura della Settimana Sociale
Torino, 12 settembre, l’apertura della Settimana Sociale

“Coraggio, avanti su questa strada con le famiglie!” è stato il saluto, pieno di slancio, che Papa Francesco ha rivolto, dopo l’Angelus, ai 1.300 partecipanti alla 47a Settimana sociale a Torino. Il Papa si è rallegrato “per il grande impegno che c’è nella Chiesa in Italia con le famiglie e per le famiglie, e che è un forte stimolo anche per le istituzioni e per tutto il Paese”.

“La famiglia non è un affare privato”: ecco “la prima conclusione, il punto di non-ritorno del nostro cammino”, ha detto tracciando le fila dei lavori Luca Diotallevi, vice presidente del Comitato organizzatore. Ma, soprattutto, “ci costringe a inserire nel dibattito pubblico italiano un elemento scandalosamente scorretto”.

L’architettura della famiglia “è una parte essenziale, ineliminabile, dell’architettura della civitas” ha detto ancora Diotallevi. L’obiettivo: un New Deal sulla famiglia (auspicato anche da Franco Pasquali, coordinatore di Retinopera). Prima mossa: un esame di coscienza. Diotallevi è volutamente provocatorio: “Cosa abbiamo fatto noi laici cattolici italiani, in questi tre anni nella civitas e nella ecclesia, anni così difficili e talvolta drammatici?”. E ancora: “È inutile, o ipocrita, che i laici cattolici italiani si pongano la questione della famiglia senza porsi anche con schiettezza la questione dello stato in cui versa oggi il cattolicesimo politico in Italia… Se è vero che la famiglia non è un affare privato, ma pubblico, ciò significa che il caso della famiglia ha molti profili, e sicuramente uno anche politico”.

È una vera e propria “chiamata alle armi”, nella direzione pacifica di chi accetta il dialogo e il confronto, quella di Diotallevi. “Bisogna combattere”, e la partita si gioca sul piano politico: è lì che vanno pensate con creatività le azioni collettive, che rimandano a una parola che è ricorsa molto di frequente nella Settimana sociale: “alleanza”.

Quello dei laici cattolici si profila come “un impegno pesante e protratto nel tempo”. Inutile nascondersi, del resto, che “sono decenni che agli italiani viene negato di avere un voto pesante almeno quanto quello che hanno i cittadini delle grandi democrazie”. Vogliamo essere noi, invece, a decidere chi ci rappresenta, ne abbiamo il diritto e il dovere. “Bisogna combattere”, con “l’agonismo della libertà” di sturziana memoria e con la capacità di “convergere”.

E la prima battaglia è quella di “continuare ad affermare lo spirito e la lettera con cui la nostra Costituzione riconosce i diritti e i doveri di quella particolare formazione sociale che è la famiglia fondata sul matrimonio. Non possiamo spaventarci né tacere di fronte a chi propone o minaccia di trasformare un diritto in un reato di opinione”.

Ma sono tanti i temi sul tappeto, come “la valenza pubblica dell’impegno educativo, la contestazione radicale che va portata alla pretesa dello Stato di farsi educatore, la crisi dell’educazione alla laboriosità e all’intraprendere, il carattere ingiusto e inefficiente della pressione fiscale che oggi debbono sopportare i contribuenti italiani e le loro famiglie, la onerosità e gli aspetti sperequativi del modello di welfare State tuttora imperante”. Senza contare lo “sfruttamento” delle famiglie immigrate e il degrado degli spazi urbani che incide sulla qualità della vita, non solo delle periferie.

Le Settimane sociali, ha detto il Papa all’apertura di questa edizione, “sono state provvidenziali e preziose, e lo sono ancora oggi”. Anche per la loro capacità di “affrontare, e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali posti dall’attuale evoluzione della società”. “Coraggio, avanti”, il suo invito all’Angelus. Appuntamento allora al 2017.

Il Messaggio del Papa

Per la Settimana sociale Papa Francesco ha inviato un Messaggio al card. Bagnasco, presidente della Cei. “Le Settimane sociali – scrive – sono uno strumento privilegiato attraverso il quale la Chiesa in Italia porta il proprio contributo per la ricerca del bene comune del Paese. Questo compito, che è di tutta la comunità nelle sue diverse articolazioni, appartiene in modo specifico ai laici e alla loro responsabilità… Per la comunità cristiana la famiglia è ben più che ‘tema’: è vita, è tessuto quotidiano, è cammino di generazioni che si trasmettono la fede insieme con l’amore e con i valori morali fondamentali… Il futuro della società, e in concreto della società italiana, è radicato negli anziani e nei giovani: questi, perché hanno la forza e l’età per portare avanti la storia; quelli, perché sono la memoria viva”.

Il premier Enrico Letta durante il suo intervento alla Settimana Sociale
Il premier Enrico Letta durante il suo intervento alla Settimana Sociale

I temi e i momenti dell’incontro di Torino

La 47a Settimana sociale dei cattolici italiani, sul tema “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, si è svolta con base al teatro Regio di Torino il 12-15 settembre. Gli interventi, anche in forma video, si possono trovare sul sito www.settimanesociali.it. La prolusione è stata tenuta dal card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, sul tema “L’architettura della famiglia: logica e ricadute sociali”. Il giorno 13, dopo i saluti del premier Enrico Letta, si sono tenute le relazioni: “I diritti della famiglia riconosciuti nella Costituzione italiana” (Lorenza Violini); “La famiglia oggi: scenari e prospettive” (G. Carlo Blangiardo), “Le politiche familiari per il bene comune” (Stefano Zamagni). Hanno quindi preso avvio i gruppi di lavoro / assemblee tematiche, che riguardavano: la missione educativa della famiglia (con Franco Miano, presidente dell’Ac, e il pedagogo Domenico Simeone); le alleanze educative, in particolare con la scuola (M. Grazia Colombo dell’Agesc, suor Anna Monia Alfieri della Fidae); accompagnare i giovani nel mondo del lavoro (suor Silvana Rasello del Ciofs-Fp, e l’economista Vittorio Pelligra); la pressione fiscale sulle famiglie (Roberto Bolzonaro del Forum famiglie, e l’economista Luigi Campiglio); famiglia e sistema di welfare (Francesco Antonioli del Sole 24 Ore, e il giurista Luca Antonini); il cammino comune con le famiglie immigrate (con i sociologi Maurizio Ambrosini e Laura Zanfrini); abitare la città (Paola Stroppiana dell’Agesci, e l’economista Luigi Fusco Girard); la custodia del creato per una solidarietà intergenerazionale (con il pedagogo Pierluigi Malavasi, e Simone Morandini della Fondazione Lanza). Il sabato pomeriggio è andata in onda una puntata speciale di A Sua immagine dedicata alla Settimana. Le conclusioni, domenica mattina, sono state affidate al prof. Luca Diotallevi, vice presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali.

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Due facce di un unico servizio al mondo https://www.lavoce.it/abat-jour/ Thu, 12 Sep 2013 11:06:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18916 DON ANGELO fanucciPrima le parole contro la guerra: pesanti come macigni. Pronunciate su piazza S. Pietro, dall’alto delle più famosa finestra del mondo, all’Angelus di domenica 8 settembre. Parole dure, pesanti, taglienti come un diamante, senza “se” e senza “ma”, contro l’ipotizzato bombardamento della Siria. NO! Un “no!” grande quanto la cupola di Michelangelo, grande quant’è grande il mondo. Non importa che, secondo la miope lettura dei più acclarati esperti di politica internazionale, quelle parole schierino il Papa vicino al “tradizionale nemico” e lontano dall’altrettanto “tradizionale amico”. No alla guerra. NO! Parole inappellabili. NO! Dio ti benedica, Papa Francesco!

Poi le parole grondanti affetto sconfinato e appena sussurrato rivolte martedì 10 settembre ai rifugiati politici del Centro di accoglienza a loro dedicato in via degli Astalli. Uno di quei rifugiati politici, un nero dagli occhi vivissimi, ha dichiarato di non avere mai sentito Dio tanto vicino come quando il Papa si è chinato al suo orecchio. Dio ti benedica, Papa Francesco!

Da una parte l’intervento autorevolissimo, per sbarrare la strada a uno di quei macro-errori che, se messi in atto, sono destinati a lasciare una cicatrice profondissima nel corpo dell’umanità intera, un intervento basato sulla coscienza di essere ormai la massima autorità morale del mondo.

Dall’altra la corsa improvvisa, a via degli Astalli, sull’auto di un impiegato, a esprimere fraterna gratitudine a dei perseguitati politici “per aver difeso la loro e nostra dignità”.

Era quello che auspicavamo, questa coniugazione della nuova “carità politica” e della sublime carità interpersonale di sempre, quella del buon samaritano. Sulla scia di questa carità che è nel Dna della nostra storia cristiana, la carità politica, in nome della dignità della persona e con la forza che il Papato si è acquistato nel mondo moderno, soprattutto dopo il formidabile colpo di reni di Papa Francesco, interviene sui macro-fenomeni che riducono le persone a birilli.

Da quando, nel 1994, lo storico marxista Eric J. E. Hobsbawm, inglese, ha pubblicato Il secolo breve, quel suo ponderoso saggio che è diventato il pilastro portante del dibattito storiografico-scientifico sul mondo contemporaneo, la carità della Chiesa deve da una parte mantenersi all’altezza della sua gloriosissima storia, fatta di sempre nuove iniziative a difesa concreta del povero concreto; ma al tempo stesso la Chiesa deve anche farsi carico dei grandiosi processi che a livello mondiale bruciano come insetti inutili non una, ma milioni di persone. I totalitarismi che da politici diventano economici, le migrazioni di dimensioni bibliche che la storia impone, la globalizzazione che tende a diventare globalizzazione dell’egoismo, e soprattutto l’implacabile dittatura del denaro che regge il mondo. Oggi la Chiesa se ne fa carico. Grazie, Papa Francesco!

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La preghiera che plasma la nostra vita https://www.lavoce.it/la-preghiera-che-plasma-la-nostra-vita/ Fri, 30 Jul 2010 00:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8644 Il dolore per la morte di 19 giovani partecipanti alla “Love Parade”, raduno di musica techno a Duisburg (Germania), il ricordo della festa di san Giacomo apostolo e il prossimo viaggio a Santiago di Compostela e a Barcellona, la preghiera del Padre nostro.

Sono stati questi i punti principali delle parole di Benedetto XVI in occasione della recita dell’Angelus dal balcone del cortile interno del palazzo apostolico di Castel Gandolfo, domenica 25 luglio. Riguardo alla preghiera insegnataci da Gesù, il Papa ha sottolineato: “Siamo di fronte alle prime parole della sacra Scrittura che apprendiamo fin da bambini. Esse si imprimono nella memoria, plasmano la nostra vita, ci accompagnano fino all’ultimo respiro. Esse svelano che noi non siamo già in modo compiuto figli di Dio, ma dobbiamo diventarlo ed esserlo sempre di più mediante una nostra sempre più profonda comunione con Gesù. Essere figli diventa l’equivalente di seguire Cristo”.

Il brano del Padre nostro si trovava infatti al centro del Vangelo domenicale di quel giorno. “Questa preghiera – ha continuato Benedetto XVI – accoglie ed esprime anche le umane necessità materiali e spirituali: ‘Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati’. E proprio a causa dei bisogni e delle difficoltà di ogni giorno, Gesù esorta con forza” a chiedere, cercare, bussare. “Non è – ha chiarito – un domandare per soddisfare le proprie voglie, quanto piuttosto per tenere desta l’amicizia con Dio, il quale, dice sempre il Vangelo, ‘darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono’”. Questo “lo hanno sperimentato – ha detto il Papa – gli antichi ‘Padri del deserto’ e i contemplativi di tutti i tempi, divenuti, a motivo della preghiera, amici di Dio, come Abramo che implorò il Signore di risparmiare i pochi giusti dallo sterminio della città di Sòdoma”.

Santa Teresa d’Avila, ha quindi ricordato, “invitava le sue consorelle dicendo: ‘Dobbiamo supplicare Dio che ci liberi da ogni pericolo per sempre e ci tolga da ogni male. E per quanto imperfetto sia il nostro desiderio, sforziamoci di insistere in questa richiesta. Che ci costa chiedere molto, visto che ci rivolgiamo all’Onnipotente?’. Ogniqualvolta recitiamo il Padre nostro – ha osservato Benedetto XVI -, la nostra voce s’intreccia con quella della Chiesa, perché chi prega non è mai solo. La Vergine Maria – è stato l’auspicio conclusivo prima di recitare l’Angelus – ci aiuti a riscoprire la bellezza e la profondità della preghiera cristiana”. “Ho appreso con dolore della tragedia avvenuta a Duisburg in Germania, in cui sono rimasti vittime numerosi giovani. Raccomando al Signore nella preghiera i defunti, i feriti e i loro familiari”.Lo ha dichiarato Benedetto XVI dopo la recita dell’Angelus.

Sabato 24 luglio nella cittadina tedesca hanno perso la vita 19 giovani, di cui una italiana, e ne sono restati feriti oltre 300, in seguito agli incidenti avvenuti alla “Love Parade”, il più grande raduno di musica techno del mondo. Le vittime sono morte schiacciate nella calca sotto il tunnel di accesso all’area che ospitava la festa. “Al nostro misericordioso Padre celeste – ha detto il Papa in tedesco – affido oggi in particolare i giovani che ieri a Duisburg hanno perso la vita in modo tragico. Per i loro parenti e amici che si trovano nel dolore, come pure per i molti feriti, chiedo il conforto e la vicinanza dello Spirito santo”. Nei saluti in italiano, il Santo Padre ha infine rivolto un pensiero specifico – tra gli altri – alle suore Figlie di Maria Ausiliatrice (salesiane) provenienti da Africa, America del Sud, Asia ed Europa; ai giovani che prendono parte ad un’iniziativa vocazionale dei missionari e delle suore del Preziosissimo Sangue; ai piccoli ministranti di Conselve, agli sbandieratori di San Marino, al Pellegrinaggio della speranza della Gioventù carmelitana, alla Corale Laurentiana di Tor San Lorenzo.

ANNO COMPOSTELANO

A novembre il Papa a Santiago? “Oggi – ha detto Benedetto XVI il 25 luglio – ricorre la festa dell’apostolo san Giacomo detto ‘il Maggiore’, che lasciò il padre e il lavoro di pescatore per seguire Gesù e per lui diede la vita, primo tra gli apostoli. Di cuore rivolgo uno speciale pensiero ai pellegrini accorsi numerosi a Santiago de Compostela!”. Ha quindi aggiunto: “In questo Anno santo compostelano, spero di unirmi ai numerosi pellegrini il prossimo novembre, in un viaggio che mi porterà anche a visitare Barcellona”. Il Pontefice ha quindi espresso l’auspicio che seguendo il cammino dell’apostolo Giacomo si possa dare una “testimonianza costante di fede, speranza e carità”.

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