adolescenti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/adolescenti/ Settimanale di informazione regionale Thu, 10 Oct 2024 16:26:06 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg adolescenti Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/adolescenti/ 32 32 Assisi. Memoria liturgica di Carlo Acutis, quattro giorni di iniziative https://www.lavoce.it/assisi-memoria-liturgica-di-carlo-acutis-quattro-giorni-di-iniziative/ https://www.lavoce.it/assisi-memoria-liturgica-di-carlo-acutis-quattro-giorni-di-iniziative/#respond Thu, 10 Oct 2024 16:14:47 +0000 https://www.lavoce.it/?p=77951

Si è aperta giovedì 10 ottobre nella Sala della spogliazione del Vescovado di Assisi, con una riflessione sul disagio giovanile e sulle loro speranze, la quattro giorni di iniziative in occasione della memoria liturgica del beato Carlo Acutis che viene celebrata il 12 ottobre, grazie al convegno “Frà(i) giovani, tra disagio e speranze”.

I partecipanti al convegno di apertura sul tema dell'adolescenza

Al convegno sono intervenuti il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino; Laura Pizziconi, psicologa-psicoterapeuta; padre Mirko Mazzocato, responsabile del Servizio giovani dei frati minori di Umbria e Sardegna e don Antonio Coluccia, fondatore dell’Opera San Giustino di Roma, in prima linea a Roma contro lo spaccio e la criminalità. Tanti i partecipanti, tra cui i giovani studenti dell’Istituto alberghiero di Assisi.

Mirko Mazzocato

Mirko Mazzocato ha ricordato la “positività” del termine “fratello: significa che i giovani hanno voglia di stare insieme, la solitudine rivela il bisogno e il desiderio di fraternità con Dio. Oggi i giovani sono spesso appiattiti sul ‘qui e ora’ e invece bisogna ascoltare chi ha senso di empatia e le loro speranze”.

Don Antonio Coluccia

A seguire l’intervento di don Antonio Coluccia, che ha sottolineato come “le periferie sono un tema di cui parlano tutti, dal governo alla Chiesa: nelle piazze di spaccio, un luogo dove la vita non viene rispettata, dove le persone sono escluse perché vivono in solitudine, io cerco di testimoniare Gesù grazie a quelli che chiamo presidi pastorali. Oggi le persone hanno tutto ma mancano loro dei motivatori, come furono Francesco e Carlo. A questi giovani qui presenti vorrei dire che la droga è il più grande bluff, causa morti anche giovanissimi, e che invece Cristo - che ha testimoniato il valore degli abbracci e della misericordia - fa comprendere il valore della vita: non siete comprabili - l’appello di Coluccia, ricordando anche il suo progetto di radio tra Vangelo e Costituzione - innamoratevi della libertà”.

Laura Pizziconi

La psicologa Laura Pizziconi ha messo in luce “le difficoltà dell’adolescenza, e come sia difficile tracciare delle linee tra il disagio e le patologie visti i tanti cambiamenti che il periodo dell’adolescenza porta con sé” e ha invitato “i genitori e gli insegnanti a essere presenti nella vita dei giovani, dialogando con loro”.

Vescovo Domenico Sorrentino

A tirare le fila dei lavori il vescovo Domenico Sorrentino, che ha incentrato il suo discorso sulle figure di Gesù, Francesco e Carlo. Quando a Gesù venne chiesto come vivere per sempre in maniera grande e bella la risposta fu quella di seguire i comandamenti di Dio; Francesco si alleggerì della pesantezza della ricchezza facendo cose bellissime, e infine Carlo Acutis, seppur di famiglia agiata, volle solo i beni essenziali e fu felice anche quando Dio gli disse di spogliarsi della vita, come dimostra un video girato due mesi prima della morte. La felicità - ha concluso il vescovo - passa attraverso la voglia di vita con Gesù, che ha bisogno di voi per rendere il mondo più felice”.

Il programma dei prossimi eventi per la memoria liturgica di Carlo Acutis

Gli eventi organizzati dalla Fondazione Santuario della Spogliazione continueranno venerdì 11 ottobre alle ore 16,30, nella Sala dei Vescovi al Santuario della Spogliazione, dove ci sarà l’inaugurazione della mostra dei miracoli eucaristici, ideata e realizzata dal giovane Carlo Acutis, composta da un’ampia rassegna fotografica, con descrizioni storiche, che racconta alcuni dei principali miracoli eucaristici verificatisi nel corso dei secoli in diversi Paesi del mondo e riconosciuti dalla Chiesa. Infine in serata alle ore 21 nella chiesa di Santa Maria Maggiore - Santuario della Spogliazione ci sarà l’adorazione eucaristica “Tu sei la nostra speranza”, animata dagli studenti Ofm. Cap. Sabato 12 ottobre alle ore 11 la messa sarà celebrata da fr. Simone Calvarese, ministro provinciale della Provincia serafica dei Frati minori Cappuccini; alle ore 18 la messa della memoria liturgica del Beato sarà presieduta da monsignor Domenico Sorrentino. Sempre sabato 12 ottobre alle ore 21 nel Santuario della Spogliazione preghiera e musica con Martín Valverde, musicista molto apprezzato nei Paesi di lingua spagnola e devoto del giovane Beato (ingresso libero fino ad esaurimento posti). [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="77959,77960,77961"]]]>

Si è aperta giovedì 10 ottobre nella Sala della spogliazione del Vescovado di Assisi, con una riflessione sul disagio giovanile e sulle loro speranze, la quattro giorni di iniziative in occasione della memoria liturgica del beato Carlo Acutis che viene celebrata il 12 ottobre, grazie al convegno “Frà(i) giovani, tra disagio e speranze”.

I partecipanti al convegno di apertura sul tema dell'adolescenza

Al convegno sono intervenuti il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino; Laura Pizziconi, psicologa-psicoterapeuta; padre Mirko Mazzocato, responsabile del Servizio giovani dei frati minori di Umbria e Sardegna e don Antonio Coluccia, fondatore dell’Opera San Giustino di Roma, in prima linea a Roma contro lo spaccio e la criminalità. Tanti i partecipanti, tra cui i giovani studenti dell’Istituto alberghiero di Assisi.

Mirko Mazzocato

Mirko Mazzocato ha ricordato la “positività” del termine “fratello: significa che i giovani hanno voglia di stare insieme, la solitudine rivela il bisogno e il desiderio di fraternità con Dio. Oggi i giovani sono spesso appiattiti sul ‘qui e ora’ e invece bisogna ascoltare chi ha senso di empatia e le loro speranze”.

Don Antonio Coluccia

A seguire l’intervento di don Antonio Coluccia, che ha sottolineato come “le periferie sono un tema di cui parlano tutti, dal governo alla Chiesa: nelle piazze di spaccio, un luogo dove la vita non viene rispettata, dove le persone sono escluse perché vivono in solitudine, io cerco di testimoniare Gesù grazie a quelli che chiamo presidi pastorali. Oggi le persone hanno tutto ma mancano loro dei motivatori, come furono Francesco e Carlo. A questi giovani qui presenti vorrei dire che la droga è il più grande bluff, causa morti anche giovanissimi, e che invece Cristo - che ha testimoniato il valore degli abbracci e della misericordia - fa comprendere il valore della vita: non siete comprabili - l’appello di Coluccia, ricordando anche il suo progetto di radio tra Vangelo e Costituzione - innamoratevi della libertà”.

Laura Pizziconi

La psicologa Laura Pizziconi ha messo in luce “le difficoltà dell’adolescenza, e come sia difficile tracciare delle linee tra il disagio e le patologie visti i tanti cambiamenti che il periodo dell’adolescenza porta con sé” e ha invitato “i genitori e gli insegnanti a essere presenti nella vita dei giovani, dialogando con loro”.

Vescovo Domenico Sorrentino

A tirare le fila dei lavori il vescovo Domenico Sorrentino, che ha incentrato il suo discorso sulle figure di Gesù, Francesco e Carlo. Quando a Gesù venne chiesto come vivere per sempre in maniera grande e bella la risposta fu quella di seguire i comandamenti di Dio; Francesco si alleggerì della pesantezza della ricchezza facendo cose bellissime, e infine Carlo Acutis, seppur di famiglia agiata, volle solo i beni essenziali e fu felice anche quando Dio gli disse di spogliarsi della vita, come dimostra un video girato due mesi prima della morte. La felicità - ha concluso il vescovo - passa attraverso la voglia di vita con Gesù, che ha bisogno di voi per rendere il mondo più felice”.

Il programma dei prossimi eventi per la memoria liturgica di Carlo Acutis

Gli eventi organizzati dalla Fondazione Santuario della Spogliazione continueranno venerdì 11 ottobre alle ore 16,30, nella Sala dei Vescovi al Santuario della Spogliazione, dove ci sarà l’inaugurazione della mostra dei miracoli eucaristici, ideata e realizzata dal giovane Carlo Acutis, composta da un’ampia rassegna fotografica, con descrizioni storiche, che racconta alcuni dei principali miracoli eucaristici verificatisi nel corso dei secoli in diversi Paesi del mondo e riconosciuti dalla Chiesa. Infine in serata alle ore 21 nella chiesa di Santa Maria Maggiore - Santuario della Spogliazione ci sarà l’adorazione eucaristica “Tu sei la nostra speranza”, animata dagli studenti Ofm. Cap. Sabato 12 ottobre alle ore 11 la messa sarà celebrata da fr. Simone Calvarese, ministro provinciale della Provincia serafica dei Frati minori Cappuccini; alle ore 18 la messa della memoria liturgica del Beato sarà presieduta da monsignor Domenico Sorrentino. Sempre sabato 12 ottobre alle ore 21 nel Santuario della Spogliazione preghiera e musica con Martín Valverde, musicista molto apprezzato nei Paesi di lingua spagnola e devoto del giovane Beato (ingresso libero fino ad esaurimento posti). [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="77959,77960,77961"]]]>
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Primo giorno di scuola alle porte, tra speranze e timori di studenti e genitori https://www.lavoce.it/primo-giorno-scuola/ Mon, 10 Sep 2018 10:00:25 +0000 https://www.lavoce.it/?p=52793 scuola

Settembre andiamo, è tempo di migrare… e di tornare (o di andare per la prima volta) a scuola. Già, perché le vacanze estive, salvo qualche “coda” da mettere in conto, stanno finendo per tutti e l’apertura delle scuole è dietro l’angolo. Anzi, a dire la verità, per alcuni le porte degli istituti scolastici si sono già spalancate, per gli esami di riparazione.

Come ogni inizio, anche quello del nuovo anno scolastico porta con sé molte speranze, altrettanti timori, entusiasmi e apprensioni. Così, ad esempio, è facile immaginare quanti sentimenti si agitano in quei genitori – e in quei bambini – che affrontano l’esperienza della “prima elementare”. È un salto in avanti straordinario, in qualche modo segna la fine di un’età del tutto spensierata come quella dell’infanzia per aprire la strada verso conquiste tutte nuove e impegni che affascinano e spaventano insieme. “Diventi grande”: quanti adulti dicono così al figlio o alla figlia che si affacciano per la prima volta alla scuola primaria. E magari si preparano a fare la fotografia – col telefonino, naturalmente – dei loro “piccoli” che si avviano, cartella sulle spalle, verso la nuova scuola.

Scuola Cattolica. Educare nel cambiamento

Educare nel cambiamento. Realtà e futuro della scuola e della formazione professionale cattolica e di ispirazione cristiana è il sussidio elaborato dal Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc) che si può trovare online sul sito dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei. Nella presentazione del volumetto mons. Mariano Crociata, presidente del Cnsc, richiama il “cambiamento d’epoca” sottolineato dal Papa nel 2015 a Firenze, e sostiene che il mondo della scuola e della formazione deve “fare i conti con esigenze, generazioni e modelli educativi diversi da quelli cui si era abituati fino a un passato anche recente”. Di qui il documento con il quale, spiega il direttore dell’Ufficio Cei, Ernesto Diaco, il Cnsc “vuole offrire uno strumento per ‘pensare la scuola e l’educazione’ nel contesto attuale. Le difficoltà che le scuole cattoliche devono affrontare sono numerose, ma le opportunità non sono da meno, come dimostrano le numerose esperienze raccolte nel testo”.

Per i bambini ci sono ambienti sconosciuti da esplorare, persone da incontrare, amici/compagni nuovi. O anche amici “vecchi”, che si ritrovano in modo diverso e con i quali condividere la scoperta delle novità. Tra gli adulti spesso prevalgono le preoccupazioni, affrontate con animo più o meno “leggero”: non è facilissimo vedere e accettare i figli crescere, e la tappa del primo giorno di scuola è una di quelle che dà evidenza a questo fenomeno. “Saranno all’altezza?”: ecco un pensiero che viene coniugato in mille modi differenti, di volta in volta soffermandosi sulle risorse o sulle fragilità che ciascuno individua nei propri figli.

Certo, il primo giorno di scuola ha un forte valore simbolico. Quella mattina, l’uscita di casa per intraprendere un cammino che diventerà abituale, sembrerà eccezionale. La porta di casa si apre su mondi e prospettive nuove, non di rado con la sensazione che nulla sarà più come prima, che il viaggio comincia e non si torna indietro.

È davvero così? Se si sposta l’attenzione al primo giorno di scuola di un adolescente sembra cambiare tutto. E il clima aulico dell’inizio della “prima elementare” subisce un forte colpo. Auricolari nelle orecchie, cartella raffazzonata (quando c’è), aria assonnata e annoiata, come di fronte a un compito inevitabile e mal sopportato: spesso è così che si vedono uscire di casa i figli alle prese con la ripresa delle superiori. Dove sono finiti entusiasmo e paure, emozioni, speranze…? È vero che ci sono anni di esperienza alle spalle – giovani reduci di mille “battaglie” – ma, insomma, anche per loro comincia qualcosa. O no?

Ecco la scommessa di settembre: (ri)trovare l’entusiasmo anche dove sembra non esserci più. (Ri)scoprire le emozioni della novità non di rado soffocate dal piattume delle abitudini. Ed è, questo, uno dei compiti che tocca principalmente agli adulti, che possono aiutare gli adolescenti a svegliarsi – fisicamente, tirandoli giù dal letto la mattina, non senza difficoltà – e avvertire il senso della sfida nuova. Cogliere l’avvio della scuola non solo come un “adempimento burocratico”, ma ancora unavolta un inizio autentico. Buon anno.

Alberto Campoleoni

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scuola

Settembre andiamo, è tempo di migrare… e di tornare (o di andare per la prima volta) a scuola. Già, perché le vacanze estive, salvo qualche “coda” da mettere in conto, stanno finendo per tutti e l’apertura delle scuole è dietro l’angolo. Anzi, a dire la verità, per alcuni le porte degli istituti scolastici si sono già spalancate, per gli esami di riparazione.

Come ogni inizio, anche quello del nuovo anno scolastico porta con sé molte speranze, altrettanti timori, entusiasmi e apprensioni. Così, ad esempio, è facile immaginare quanti sentimenti si agitano in quei genitori – e in quei bambini – che affrontano l’esperienza della “prima elementare”. È un salto in avanti straordinario, in qualche modo segna la fine di un’età del tutto spensierata come quella dell’infanzia per aprire la strada verso conquiste tutte nuove e impegni che affascinano e spaventano insieme. “Diventi grande”: quanti adulti dicono così al figlio o alla figlia che si affacciano per la prima volta alla scuola primaria. E magari si preparano a fare la fotografia – col telefonino, naturalmente – dei loro “piccoli” che si avviano, cartella sulle spalle, verso la nuova scuola.

Scuola Cattolica. Educare nel cambiamento

Educare nel cambiamento. Realtà e futuro della scuola e della formazione professionale cattolica e di ispirazione cristiana è il sussidio elaborato dal Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc) che si può trovare online sul sito dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei. Nella presentazione del volumetto mons. Mariano Crociata, presidente del Cnsc, richiama il “cambiamento d’epoca” sottolineato dal Papa nel 2015 a Firenze, e sostiene che il mondo della scuola e della formazione deve “fare i conti con esigenze, generazioni e modelli educativi diversi da quelli cui si era abituati fino a un passato anche recente”. Di qui il documento con il quale, spiega il direttore dell’Ufficio Cei, Ernesto Diaco, il Cnsc “vuole offrire uno strumento per ‘pensare la scuola e l’educazione’ nel contesto attuale. Le difficoltà che le scuole cattoliche devono affrontare sono numerose, ma le opportunità non sono da meno, come dimostrano le numerose esperienze raccolte nel testo”.

Per i bambini ci sono ambienti sconosciuti da esplorare, persone da incontrare, amici/compagni nuovi. O anche amici “vecchi”, che si ritrovano in modo diverso e con i quali condividere la scoperta delle novità. Tra gli adulti spesso prevalgono le preoccupazioni, affrontate con animo più o meno “leggero”: non è facilissimo vedere e accettare i figli crescere, e la tappa del primo giorno di scuola è una di quelle che dà evidenza a questo fenomeno. “Saranno all’altezza?”: ecco un pensiero che viene coniugato in mille modi differenti, di volta in volta soffermandosi sulle risorse o sulle fragilità che ciascuno individua nei propri figli.

Certo, il primo giorno di scuola ha un forte valore simbolico. Quella mattina, l’uscita di casa per intraprendere un cammino che diventerà abituale, sembrerà eccezionale. La porta di casa si apre su mondi e prospettive nuove, non di rado con la sensazione che nulla sarà più come prima, che il viaggio comincia e non si torna indietro.

È davvero così? Se si sposta l’attenzione al primo giorno di scuola di un adolescente sembra cambiare tutto. E il clima aulico dell’inizio della “prima elementare” subisce un forte colpo. Auricolari nelle orecchie, cartella raffazzonata (quando c’è), aria assonnata e annoiata, come di fronte a un compito inevitabile e mal sopportato: spesso è così che si vedono uscire di casa i figli alle prese con la ripresa delle superiori. Dove sono finiti entusiasmo e paure, emozioni, speranze…? È vero che ci sono anni di esperienza alle spalle – giovani reduci di mille “battaglie” – ma, insomma, anche per loro comincia qualcosa. O no?

Ecco la scommessa di settembre: (ri)trovare l’entusiasmo anche dove sembra non esserci più. (Ri)scoprire le emozioni della novità non di rado soffocate dal piattume delle abitudini. Ed è, questo, uno dei compiti che tocca principalmente agli adulti, che possono aiutare gli adolescenti a svegliarsi – fisicamente, tirandoli giù dal letto la mattina, non senza difficoltà – e avvertire il senso della sfida nuova. Cogliere l’avvio della scuola non solo come un “adempimento burocratico”, ma ancora unavolta un inizio autentico. Buon anno.

Alberto Campoleoni

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Dal “sì” di Cristo al “sì” di madre Ricci https://www.lavoce.it/dal-si-di-cristo-al-si-di-madre-ricci/ Wed, 09 Sep 2015 11:02:40 +0000 https://www.lavoce.it/?p=43101 Le Francescane Angeline con un gruppo di giovani della pastorale giovanile
Le Francescane Angeline con un gruppo di giovani della pastorale giovanile

Il 14 ottobre 1884 a Castelspina, un piccolo paesino dell’Alessandrino, per dono di Dio e per il “sì” di suor Chiara Ricci ha avuto inizio la nostra famiglia religiosa delle suore Francescane Angeline.

Madre Chiara, al secolo Angela Caterina Maddalena Battistina Maria Albertina Ricci, donna affabile, forte, amante della vita e grande educatrice, proveniente da una famiglia benestante di Savona, s’innamora di Dio e vuole seguirlo percorrendo le orme povere e semplici di san Francesco d’Assisi.

A 29 anni decide di entrare a far parte delle Terziarie francescane di Nostra Signora del Monte di Genova, come attesta lei stessa nella sua autobiografia: “Sentivo che il Signore mi voleva nelle Terziarie del Monte, poiché amavo essere povera per amore di Dio”.

Per sentieri provvidenziali e misteriosi (a lei, ma non al Signore), mentre seguiva la gestione di scuole, educandati e orfanotrofi in alcuni paesini dell’Alessandrino, si ritrova a dovere rispondere a una nuova chiamata del Signore. Abbandonandosi fiduciosamente alla volontà di Dio Padre, risponde a questo nuovo appello e, con l’appoggio e il sostegno di padre Innocenzo Gamalero, frate minore originario di Castelspina, si ritrova a essere guida e madre di una piccola famiglia di alcune ragazze che diventeranno le sue prime “figlie”.

Aperta alla volontà di Dio, nel quale ha sempre confidato in modo illimitato, dà vita al nuovo istituto ponendolo fin dall’inizio sotto la protezione di santa Maria degli Angeli e dando, appunto, il nome di “suore Francescane Angeline”. Le sue figlie saranno chiamate a vivere il “sì” di Cristo e di Maria e a testimoniare e annunciare la pace e la riconciliazione, rese possibili dall’incarnazione del Figlio di Dio. Un carisma, un dono dello Spirito santo che si concretizzerà in tutte le opere di misericordia, per rispondere a “tutti coloro che attendono”, come scrive madre Chiara.

In breve tempo la famiglia aumenta e vengono aperte molte case. Oggi abbiamo fraternità in Italia, Bolivia, Argentina, Brasile, Ciad, Congo. Il nostro istituto, nel suo percorso, ha continuato a essere guidato dalla passione per la vita, trasmessa dalla nostra cara madre Chiara. Il suo carisma, la forza della sua fede e la freschezza della sua carità cerchiamo di testimoniarle in ogni luogo e momento, perciò siamo disponibili ovunque ci sia bisogno, sempre al servizio della vita!

Suor Paola Volpini
Suor Paola Volpini

Nel desiderio di custodire la sua eredità, continuiamo a rispondere alle varie necessità, così come siamo e possiamo. In particolare, qui in Umbria abbiamo due fraternità, una ad Assisi a san Giacomo di Murorupto, che è una casa di accoglienza per pellegrini, e una a Santa Maria degli Angeli, dove abitiamo dal 1994. In quest’ultima, che fino al 2013 è stata anche casa di noviziato, si svolge principalmente attività di pastorale giovanile. Qui cerchiamo di vivere e trasmettere alle nuove generazioni la passione per la vita, di indicare loro la strada dell’abbandono fiducioso alla volontà di Dio come percorso per fare un incontro autentico con l’Autore della vita.

Ci mettiamo al fianco dei giovani, accompagnandoli nella loro ricerca vocazionale e nella crescita umana e cristiana; degli adolescenti, proponendo loro iniziative che favoriscono uno sguardo di fiducia in se stessi e verso il futuro; delle famiglie, per sostenerle nella fatica della costruzione delle loro Chiese domestiche. Con questa porzione del popolo di Dio, nella casa di Assisi, condividiamo i percorsi cristiani nella spiritualità francescana angelina attraverso l’associazione “Amici di madre Chiara”, proponendo loro esercizi, giornate di ritiro e di fraternità.

Accogliamo e collaboriamo, inoltre, con molte parrocchie che richiedono di accompagnare i loro giovani sui passi di Francesco e Chiara sia in terra umbra, sia dove risiedono. Le attività di pastorale giovanile ci vedono impegnate anche nella collaborazione con i frati della provincia umbra nel Servizio orientamento giovani che loro stessi offrono.

Alcune sorelle della nostra fraternità, in spirito di servizio verso la Chiesa locale, sono impegnate nella catechesi parrocchiale; nel servizio agli ammalati come ministri straordinari della Comunione e, su richiesta dei Frati minori, nel servizio di accoglienza ai pellegrini presso il santuario di San Damiano.

Siamo una piccola famiglia unita dall’unico desiderio: fare la volontà di Dio, confidando nella Sua benevola provvidenza, con la certezza che “Dio sa quello che fa”, come ripete ancora oggi a ciascuna di noi la nostra fondatrice madre Chiara.

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Droga: basta con i silenzi in Chiesa e in famiglia https://www.lavoce.it/droga-basta-con-i-silenzi-in-chiesa-e-in-famiglia/ Wed, 29 Jul 2015 08:18:55 +0000 https://www.lavoce.it/?p=40930 droga-disagio-giovani-alcolI recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto un giovane tifernate, deceduto a Riccione, hanno lasciato il segno in tante persone, non solo a Città di Castello.

Con due sacerdoti tifernati abbiamo provato a riflettere su questa vicenda in un’ottica cristiana e umana, cercando di trarne alcuni spunti in senso costruttivo.

Don Samuele Biondini, da anni a fianco di tanti giovani nella Pastorale giovanile diocesana, ritiene che per un cristiano, “quanto è successo dovrebbe essere un invito alla conversione; un invito a trasformare la propria vita rinunciando a ogni cristianesimo di facciata o a una vita liturgica rituale, capace solo di allontanare i giovani”.

“La società tutta è chiamata a fare di questa tragedia uno spartiacque con l’avvio di una lotta senza quartiere alla droga. Gli adulti stessi, dato che sono in tanti a farlo, dovrebbero essere i primi a smettere di drogarsi. Stronchiamo il mercato iniziando dal non alimentarlo! Oggi – ha proseguito – purtroppo la fragilità dei giovani coincide con una società incapace a difenderli, una società che ha rinunciato a essere comunità, che dà una grande libertà al giovane e lo stimola, invece di frenarlo. Viviamo in un mondo che convince il giovane a commisurare tutto sul divertimento, non pensando a cosa sia utile a lui o al mondo”.

“I giovani – conclude – si trovano nel futuro, noi spesso viviamo nel passato, e così non riusciamo a incontrarci. Forse come Chiesa dovremo incontrarci, anche insieme alla società civile, per riflettere su chi siano i giovani. A memoria mia non abbiamo mai speso neanche un giorno come comunità diocesana per capirli; ovviamente questo rende difficile affiancarli. Propongo un’Assemblea diocesana sul tema giovani”.

Sulla stessa linea d’onda anche don Paolino Trani, presidente del Ceis tifernate, che si augura “un maggiore dialogo tra giovani e comunità educante, la quale non deve mai stancarsi di cercare il dialogo e soprattutto di mettersi in ascolto dei giovani, delle loro esigenze, delle loro esperienze e di quello che vivono”. Secondo don Paolino, però “oggi essere genitore o educatore in generale è molto complicato: il mondo cambia continuamente e i punti di riferimento sono dati da un tipo di società problematica, con valori falsi, che creano vuoto e insicurezza”.

A questo – prosegue – si lega anche il fatto che le trasgressioni degli adolescenti di oggi, tra cui rientra anche l’uso di droghe, come stupefacenti o alcol, sono spesso pericolose, “e non sempre famiglie o educatori sono consapevoli dei rischi a esse legati”.

Per iniziare a contrastare seriamente la diffusione delle sostanze stupefacenti, comunque, don Paolino, impegnato da più di 25 anni nella lotta alle tossicodipendenze, ha le idee ben chiare: “Bisogna iniziare a parlarne in famiglia, nelle scuole, in parrocchia. La droga deve divenire un argomento abituale di conversazione”.

 

“Una tragedia che ci chiama tutti in causa”

I funerali del giovane Lamberto, celebrati dal vescovo Cancian in cattedrale

I funerali del giovane Lamberto, morto poco più di una settimana fa a Riccione, si sono svolti il 24 luglio nel duomo di Città di Castello. La celebrazione, officiata dal vescovo Domenico Cancian, è stata contrassegnata dal dolore di un’intera città; un dolore testimoniato dal silenzio con cui le tante persone presenti – fuori e dentro la cattedrale – hanno partecipato alle esequie.

Lo stesso Vescovo a inizio messa ha invitato tutti al silenzio, alla riflessione e alla preghiera, spiegando: “Dinanzi all’irreparabile tragedia della morte di Lamberto, la comunità cristiana e civile si ritrova qui, nella nostra cattedrale, sgomenta. Le parole appropriate sono difficili da trovare e rischiano di essere di troppo, o fuori posto”.

Nell’omelia, poi, con la voce rotta dall’emozione, ha ricordato come anche per “Gesù tutto era finito nel modo più disastroso: terminando la sua vita in croce, fra due ladroni. La cosa straordinaria però – ha continuato – è stato il fatto che Gesù sia morto invocando il perdono per quelli che lo stavano crocifiggendo. La sua Parola è l’unica a darci speranza. Il Signore, in modo misterioso, sa trasformare il male in bene. Ravviviamo questa certezza centrale della fede e confidiamo nella resurrezione pasquale, che riesce a dare un conforto significativo anche a questo dolore”.

Assieme a un messaggio di speranza, però, il Vescovo tifernate ha voluto richiamare le “nostre responsabilità umane”: “Una tragedia del genere, infatti, chiama in causa tutti noi, uomini e donne liberi, e perciò responsabili del bene e del male. Senza giudicare nessuno e senza alimentare sentimenti negativi, noi adulti – dobbiamo dircelo – possiamo fare di più e meglio come educatori. Soprattutto, tutti insieme, dovremmo mostrare che ci si può divertire in modo bello e costruttivo. Mi permetto anche – ha concluso rivolgendosi ai tanti giovani presenti – di rivolgermi ai nostri ragazzi. Prendetevi le vostre responsabilità per custodire la vostra vita, il bene più prezioso per voi e per gli altri”.

Tra i giovani, molto numerosa la presenza dei compagni di classe, degli amici e dei compagni di calcio di Lamberto, che a fine celebrazione hanno voluto ricordarlo con alcuni toccanti pensieri.

 

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Dove padroni sono i poveri https://www.lavoce.it/dove-padroni-sono-i-poveri/ Tue, 30 Jun 2015 14:29:12 +0000 https://www.lavoce.it/?p=36860 I giovani coinvolti nell'esperienza in una foto di gruppo
I giovani coinvolti nell’esperienza in una foto di gruppo

“I poveri sono i nostri padroni, e bisogna trattarli come tali, altrimenti ci mandano via”: questa massima di san Giuseppe Cottolengo ha fatto da leitmotiv alla settimana di esperienza che un nutrito gruppo di adolescenti della parrocchia di Cerbara ha svolto presso la “Piccola casa della divina Provvidenza” di Torino, accompagnati dai loro animatori.

Cottolengo: un nome accompagnato da una sorta di “leggenda nera” fatta di “mostri” che sarebbero ricoverati presso la struttura. Ma, come hanno da subito compreso i ragazzi, gli unici mostri erano quelli creati dai pregiudizi.

La “Piccola casa” è gestita da una famiglia religiosa composta da suore, fratelli e sacerdoti “cottolenghini”, il cui carisma è il servizio ai più deboli, a persone con forti problemi fisici e psichici, e ai poveri. Il Cottolengo chiamava queste persone “perle del Signore”, perché sono le creature alle quali Lui è più vicino; e alla “Piccola Casa” non vanno considerate come ricoverate, ma ospiti.

A segnare la vita del sacerdote piemontese, facendogli percepire i disegni divini, un tragico episodio, datato 2 settembre 1827, quando lui ha 41 anni. Viene chiamato per amministrare i sacramenti a una donna in fin di vita, respinta dagli ospedali della città. Di fronte al decesso della giovane, decide di impegnarsi a soccorrere e assistere le persone abbandonate.

Grazie alla disponibilità di alcune signore e di volontari, Cottolengo – sprovvisto di fondi e di rendite, ma confidando sempre in Dio e nella Sua provvidenza – dà vita alla struttura di accoglienza di malati in stato di abbandono. Dopo le prime difficoltà e i primi contrasti, il 27 aprile 1832 prende forma il suo sogno: nasce la “Piccola casa della divina Provvidenza”.

Il primo impatto con la realtà del posto è stato certamente duro per i ragazzi del gruppo, dovendo fare i conti con realtà con le quali non si è quotidianamente a contatto, ma, sotto la guida delle suore e del personale della casa, il loro servizio ha ben presto preso forma.

“Abbiamo dovuto superare le nostre paure e resistenze per quanto riguarda la malattia e il contatto, ma soprattutto abbiamo dovuto accettare che quello che puoi fare nei loro confronti è davvero poco”, afferma uno dei partecipanti all’esperienza.

“Stupisce – afferma un altro partecipante – come a un certo punto ogni cosa, anche quella più dolorosa, sembri più colorata e luminosa. Questo porta istintivamente a ricordare, a osservare, a soppesare ciò che invece abbiamo e siamo noi; ti fa capire il valore di tutto ciò che ti è stato dato e ti fa desiderare di non sprecarlo, perché, per quanto poco possa essere, ognuno di noi ha qualcosa da dare”.

Un’esperienza, insomma, alla fine molto positiva della quale non rimane che ringraziare con un Deo gratias, come si ripete di continuo alla “Piccola casa”.

 

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La Rete… ma anche no https://www.lavoce.it/la-rete-ma-anche-no/ Fri, 20 Mar 2015 13:48:30 +0000 https://www.lavoce.it/?p=31011 bambini-tablet-ludopatiaSocial network, pc, tablet, videogiochi e telefonini per bambini e adolescenti, i cosiddetti “nativi digitali”, sono come l’acqua per i pesci. L’elemento naturale nel quale e con il quale costruiscono le loro relazioni sociali, acquisiscono conoscenze e informazioni, giocano e vivono emozioni. Come tutte le tecnologie, dalla ruota all’energia nucleare, è il loro cattivo uso o abuso a determinare rischi e pericoli.

“Però, come non si può levare l’acqua ai pesci, è impensabile sottrarre internet e la Rete ai nostri figli” ha detto Alvaro Paolacci, medico psichiatra, nel corso di uno dei tre incontri di formazione per insegnanti, genitori, educatori e studenti promossi a Santa Maria degli Angeli dalla Commissione regionale per l’educazione (Cresu) della Conferenza episcopale umbra per preparare il mondo della scuola al prossimo Convegno ecclesiale di Firenze.

È quindi compito degli educatori, in particolare scuola e famiglie, accompagnare bambini e adolescenti all’uso corretto di questi strumenti, i quali – come droga e alcol – possono portare a una vera e propria dipendenza, difficile da curare, e che quindi bisogna prevenire.

Gli adulti però non sempre hanno la consapevolezza dei rischi che comporta l’uso distorto di tablet, pc e telefonini. Una mancata consapevolezza dovuta anche a scarse conoscenze pratiche di queste tecnologie.

Strumenti per educatori

Scopo dell’incontro, svoltosi venerdì scorso, era proprio quello di sensibilizzare e aiutare genitori, insegnanti e educatori ad affrontare questi problemi. Il tema affidato al relatore Alvaro Paolacci, docente universitario e esperto del Tribunale ecclesiastico regionale, era “Homo ludens e ludopatia”.

I lavori, coordinati dalla prof.ssa Annarita Caponera, coordinatrice della Cresu, sono stati aperti dal vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino. “Dio – ha detto – è amore e gioia, e nel gioco ci sono emozione, levità e bellezza. Tutti, grandi e piccini, hanno bisogno del gioco, ma si deve imparare a giocare bene e per il bene”.

Il gioco – ha spiegato il dott. Paolacci – è presente da sempre in qualsiasi società, e “non è né virtù, né peccato”. È un’attività che nei bambini aiuta a sviluppare le qualità fisiche e intellettuali. Il problema è che adesso, anche per giocare, si usano strumenti tecnologici che ipnotizzano, proiettano in un mondo virtuale dove tutto è facile e possibile, e dal quale c’è chi non vuole uscire per tornare nel mondo reale, arrivando a confondere il virtuale della Rete con la realtà. Così, con un uso non corretto di questi mezzi si arriva alla condizione patologica della dipendenza.

Genitori assenti

La ludopatia è una di queste dipendenze, di cui soffrono sempre di più persone di tutte le età (compresi i bambini) e di tutte le condizioni sociali. È una malattia che rende dipendenti non solo dal gioco d’azzardo ma anche da giochi e videogiochi in cui non si vince denaro. Videogiochi regalati ai figli che così passano ore da soli davanti allo schermo dei tablet. Senza disturbare gli adulti che hanno altre cose da fare.

“Da bambini si giocava insieme in piazza – ha ricordato Paolacci – ma ogni tanto c’era una mamma che si affacciava da casa a controllare. Se qualcosa non andava, ci sgridava e ci faceva rientrare”.

Non è però solo un problema di videogiochi. Internet e la Rete, per i bambini, talvolta sostituiscono genitori troppo indaffarati e assenti. E così – ha detto il relatore – “la connessione prende il posto delle relazioni con le persone. Internet diventa l’altro, che risponde sempre, 24 ore al giorno”.

Come sta avvenendo in Giappone con il fenomeno degli hikikomori, giovani che si chiudono in camera con il loro videogiochi, rifiutando qualsiasi contatto con altre persone. I pasti vengono lasciati dai familiari davanti alla porta chiusa a chiave.

Bambini e adolescenti invece hanno bisogno del dialogo e di regole. Gli adulti – ha detto lo psichiatra – devono “creare un controambiente” al mondo virtuale di internet, pur “senza tirare fuori ‘i pesci dall’acqua’, perché questo porterebbe allo scontro e all’ostilità”. Devono offrire alternative a tablet e pc, e stare con i figli quando li usano, magari navigando insieme. Devono però anche porre regole sul loro uso, a cominciare dal tempo. Soprattutto, devono saper dire “no”, e non solo per internet.

“Viviamo in una società – ha detto – in cui porre regole viene fatto equivalere a impedire la libertà. Bambini e ragazzi hanno invece bisogno di educatori che sappiano mettere un confine al loro desiderio di spingersi sempre oltre. Per il loro bene: perché, se abituati a ricevere sempre un ‘sì’, quando nella vita inevitabilmente si troveranno di fronte a un ‘no’, potrebbero crollare”.

Cime tempestose

Paolacci ha poi suggerito consigli pratici ad alcuni insegnanti che hanno parlato delle difficoltà del lavoro quotidiano con ragazzi, sempre connessi a costosi telefonini, e con genitori che talvolta protestano quando i professori li fanno spegnere per un compito in classe. “Come educatori – ha detto Annarita Caponera – ogni giorno ci troviamo di fronte a una grande montagna da scalare”.

Una montagna con una vetta sempre lontana – hanno detto altri docenti – per le difficoltà di un aggiornamento professionale su questi temi, e di circolari e programmi ministeriali discutibili. “È impensabile – ha risposto il relatore – escludere il computer dalle scuole e dalla didattica, così come dalla vita quotidiana dei nostri figli e nipoti. Il problema è invece l’uso che ne facciamo a scuola e in casa, e non si risolve certo spegnendolo, ma accendendo il dialogo”.

Prossimo incontro

Venerdì 27 marzo, alle ore 16.30, si tiene il terzo incontro promosso dalla Cresu. Interverrà mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei sul tema “Umano – disumano – postumano. Quale umanesimo per il nostro tempo?”

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Bambini troppo soli davanti al computer https://www.lavoce.it/bambini-troppo-soli-davanti-al-computer/ Fri, 28 Nov 2014 13:29:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=29211 Genitori e bambini all’incontro promosso dal Bar Sant’Erminio di Perugia
Genitori e bambini all’incontro promosso dal Bar Sant’Erminio di Perugia

Quando un bambino va ai giardini pubblici, solitamente è accompagnato dalla mamma o da un altro adulto che lo seguono se si ferma a parlare con sconosciuti, stanno attenti che non si faccia male se va in altalena, e cercano di fare amicizia con i suoi amichetti. Se invece sta in casa, spesso lo lasciano solo davanti al computer e al tablet, per dedicarsi magari alle faccende domestiche. E invece internet è come il mondo reale, dove possono capitare cose belle e cose brutte, proprio come per strada o ai giardinetti. Molti genitori però ai pericoli della Rete non ci pensano, anche perché è per loro un mondo sconosciuto e poco frequentato. Del “Computer sicuro” per bambini e adolescenti si è parlato il 23 novembre in uno degli appuntamenti domenicali del bar Sant’Erminio di Perugia, con Costantino Palomba e Francesco Ranieri della “Hobbit Informatica” di via Eugubina. Mentre i bambini giocavano ad assemblare componenti dei computer, i loro genitori ascoltavano i consigli dei due esperti per un uso corretto di questi nuovi strumenti. Il primo problema è la non-consapevolezza da parte degli adulti dei pericoli che incontra un bambino, magari soltanto in un videogioco. Una mamma ha raccontato del figlio di 8 anni che giorno e notte, anche con il tablet spento, pensava soltanto ai protagonisti del suo gioco, fino a chiudersi in una sorta di mondo virtuale trascurando anche i compiti della scuola. Dunque – hanno detto Francesco e Costantino – la prima prevenzione da parte dei genitori è la loro informatizzazione. Quindi anche i genitori devono imparare a usare il pc e iscriversi a qualcuno dei social network. Perché senza queste conoscenze non potranno mai accompagnare e guidare i figli nel mondo della Rete – magari giocando con loro. Figli che in tenera età non devono mai essere lasciati soli davanti a un pc. Il loro uso da parte dei bambini deve essere sottoposto a precise regole, a cominciare dal tempo da passare davanti allo schermo, perché bambini e adolescenti hanno bisogno di costruire relazioni sociali che non siano solo virtuali. Se, come detto, il bambino non va lasciato solo sulla Rete, è diverso e ancora più complesso accompagnarvi un adolescente che ha bisogno di una sua privacy. Nella vita reale però un genitore vuole conoscere gli amici del figlio, le persone che frequenta… e pretende che rientri a una certa ora. Accorgimenti e cautele che devono valere anche per la Rete, con adulti e figli che la usano insieme, per giocare, fare ricerche, divertirsi e chattare. Serve dunque una maggiore attenzione della società (prima di tutto scuola e istituzioni) nell’affrontare una questione che non riguarda soltanto il rapporto genitori-figli ma la vita quotidiana di ciascuno di noi. Al bar Sant’Erminio Elisa e Andrea, i due giovani – fratello e sorella – che lo gestiscono, stanno già pensando a qualche altra iniziativa per accompagnare gli adulti nel mondo del Web.

ALCUNI CONSIGLI

I genitori devono far capire ai bambini di non comunicare mai, senza il loro consenso, dati personali (indirizzo di casa e scuola, numero di telefono, ecc.) e che foto e informazioni anche sulle abitudini familiari possono essere utilizzate da ladri, truffatori e pedofili;

– non devono prendere appuntamenti con persone conosciute su internet, anche se dicono di essere loro coetanei; a un eventuale incontro devono partecipare i genitori;

– il computer non deve stare nella stanza dei bambini o in un luogo appartato ma in un posto centrale della casa;

– utilizzare filtri e software di protezione, anche se non garantiscono una protezione totale;

– controllare quali siano i siti frequentati dai bambini;

– vigilare sui giochi scaricati o copiati, che talvolta possono essere violenti o a sfondo sessuale;

– far riflettere i figli sul fatto che su internet non ci sono sempre cose vere, a cominciare dall’identità delle persone;

– ricordare che le immagini e le cose scritte su internet restano per sempre, e che uno scherzo, uno sfogo o un gioco potranno essere utilizzate da altri anche per azioni illecite;

– i bambini non hanno bisogno del telefonino, che in ogni caso deve essere il più semplice possibile, senza telecamere e fotocamere, con Sim ricaricabili per controllare le chiamate in partenza e in arrivo.

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Le giornate dei giovani studenti musulmani di Perugia https://www.lavoce.it/le-giornate-dei-giovani-studenti-musulmani-di-perugia/ Fri, 18 Jul 2014 12:59:02 +0000 https://www.lavoce.it/?p=27107 musulmani-preghiera-bnSi sfidano a calciobalilla o ping-pong, mostrano il cellulare per far leggere al compagno l’ultimo commento ricevuto su Facebook, si prendono in giro e improvvisano una partita di calcetto. I quindici minuti di ricreazione a metà mattinata, tra un’ora di lezione e l’altra, trascorrono ogni giorno uguali nella mia scuola superiore. Per nove mesi l’anno l’entusiasmo dei ragazzi trova in questa pausa dallo studio il suo sfogo per affrontare cinque ore di lezione.

Solo un occhio attento potrebbe così notare come, in questo mese di luglio, una sottilissima linea di confine “separa” una parte di questi adolescenti dall’altra. Anzi no, separazione non è il termine esatto. Perché indica una divisione, un limen tra una parte e un’altra. Tutto il contrario di quello che si respira durante questi quindici minuti: l’adolescenza è un collante ben più saldo della provenienza geografica.

Ma torniamo a noi. Questa diversità (è questo il termine che scelgo) che si può percepire a luglio la racconta il bancone del bar, dove – caso unico in nove mesi – avanza qualche panino e alcune pizzette. Come mai? “Perché noi osserviamo il Ramadan”, risponde uno dei ragazzi con tutta la naturalezza del mondo.

Naturalezza che mi ricorda come, in realtà, la mia domanda sia abbastanza scontata. La mia scuola, come tante altre in Umbria (e in Italia, ovviamente) accoglie giovani di nazionalità diverse, culture diverse e credi religiosi diversi. La multiculturalità è una realtà che si sperimenta ogni giorno sui banchi di scuola. Questi giovani uomini e donne – tra i 15 e i 19 anni – fanno parte della cosiddetta “prima generazione”, ovvero di coloro che non sono nati in Italia, ma arrivano da noi con uno o entrambi i genitori da un Paese straniero. In Umbria stiamo parlando di oltre 17 mila allievi spalmati nei vari gradi di scuola, circa il 13-14% del totale; di questi, circa 4 mila (intorno all’11%) nelle scuole secondarie di secondo grado (dati del ministero dell’Istruzione, università e ricerca relativi all’anno scolastico 2012-2013).

Così, questa volta, sono loro a insegnare qualcosa a me. Mi spiegano come “il Ramadan è il nono mese dell’anno secondo il calendario musulmano, durante il quale si pratica il digiuno dal cibo, dall’acqua, dal fumo e dai rapporti sessuali”. Una tradizione fissata dal Corano e che costituisce il terzo pilastro della religione musulmana per ricordare il mese in cui Maometto ha ricevuto la rivelazione dall’arcangelo Gabriele. “È un atto di purificazione, in cui si dominano gli istinti umani per innalzarsi a un livello più spirituale”, mi racconta una giovane marocchina.

Nonostante la lontananza dal loro Paese d’origine, per questi giovani musulmani il Ramadan resta un’usanza fissa, imprescindibile, una delle tradizioni più forti non soltanto della loro appartenenza culturale, ma prima di tutto familiare. “Me lo hanno insegnato i miei genitori; come loro, lo praticano tutti i miei parenti e le persone musulmane che conosco”, spiega un 18enne che viene dalla Libia.

Fino al momento dell’Iftar, il pasto serale. “Abbiamo uno specifico calendario che indica, tutti i giorni, l’orario di alba e quello di tramonto. Appena avvenuto il tramonto festeggiamo, mangiamo, beviamo e usciamo con le nostre fidanzate”, ammettono questi giovani in gruppo, sorridendo.

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La giornata dei ragazzi degli oratori perugini con Bassetti e Romizi https://www.lavoce.it/la-giornata-dei-ragazzi-degli-oratori-perugini-con-bassetti-e-romizi/ Thu, 19 Jun 2014 16:11:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=25644 card. bassetti, sindaco romizi, vescovo ausiliare mons. giulietti, don pascolini e don claudio regni parroco di san sistoQuesta mattina, 19 giugno, si sono ritrovati al “Percorso Verde” di Perugia ben 5.000 tra bambini, ragazzi, giovani educatori-animatori e coordinatori di Oratorio e non pochi genitori e nonni coinvolti nelle attività dei Gr.Est (Gruppi Estivi). Sono attività aggregativo-sportive e formativo-culturali promosse da 28 Oratori parrocchiali dell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, avviate alla chiusura delle scuole e che proseguiranno fino a luglio inoltrato.

I partecipanti all’annuale Giornata diocesana dei Gr.Est. – Oratori sono giunti dalle loro parrocchie (molte di periferia) con decine di autobus nell’accogliente grande area ricreativo-sportiva del “Percorso Verde” per vivere insieme momenti di festa e giochi all’insegna della solidarietà. Soprattutto è stata occasione per imparare ad andare oltre le apparenze della vita, per stare in guardia dal male e per gridare al mondo la speranza generata dalla fede cristiana. Come spunto di riflessione tra un gioco e l’altro il messaggio del libro “Cronache di Narnia. Il leone, la strega e l’armadio” scritto da C.S. Lewis nel 1950.

Prima di mezzogiorno tutti i partecipanti, che indossavano magliette con i colori dei loro Gr.Est. – Oratori, hanno invaso pacificamente il PalaEvangelisti “colorando” le sue grigie gradinate nell’attesa dell’arrivo del cardinale Gualtiero Bassetti, accolto da mons. Paolo Giulietti, vescovo ausiliare eletto, don Riccardo Pascolini, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale giovanile, e dal diversi parroci.

Non ha voluto mancare a questo significativo appuntamento il neo sindaco Andrea Romizi, un giovane tra tanti giovani. La sua presenza ha rinnovato l’attenzione dell’Amministrazione comunale che ha sempre avuto per questa ed altre importanti manifestazioni a favore dei più piccoli e dei giovani, rilanciando con forza il legame tra Oratori e territorio. «Oggi questo Palazzetto dello Sport è uno scrigno con il tesoro più prezioso di Perugia, che siete voi ragazzi – ha commentato il sindaco –, perché siete la nostra speranza, il nostro futuro e dovete sentire forte questa responsabilità. Noi abbiamo bisogno più che mai di voi che vi accingete a trascorrere un periodo importante per la vostra crescita, quello delle vacanze estive. Fatelo con intelligenza, con generosità. Cercate di crescere e formarvi nella bontà, nella correttezza fra di voi e nel rispetto reciproco, perché abbiamo bisogno di voi che avete una forza d’animo importante per aiutare tutta la nostra comunità a ritrovarsi. Ringrazio – ha concluso il primo cittadino – gli organizzatori di questa significativa Giornata».

Il cardinale Bassetti, che ha preceduto Romizi nel rivolgersi alle migliaia di adolescenti e loro educatori-animatori, ha voluto ringraziare il «giovanissimo sindaco» per la sua presenza, augurandogli buon lavoro con queste parole: «lo vogliamo accompagnare con la preghiera dell’Angelus perché ha dinanzi a sé una sfida forte e anche piena di entusiasmo, quella di governare la nostra città. Ha bisogno di voi giovani, della vostra bontà e generosità per il bene della nostra città, come io ho bisogno di voi per camminare al vostro fianco».

Il cardinale, prendendo spunto dal tema dei Gr.Est. di quest’anno, ispirato al libro di Lewis, ha detto ai ragazzi: «anch’io ho attraversato la “stretta porta di Narnia” ed anche voi nella vita troverete qualche porta stretta, ma con l’aiuto di Dio le attraverserete tutte». Il cardinale, che non ha nascosto la sua immensa gioia nel vedere tantissimi ragazzi pieni di entusiasmo, ha ricordato loro che «la battaglia contro il male si vince solo con la bontà e la generosità che si sprigionano dentro di voi per raggiungere e avvolgere gli altri». Le giovani generazioni, ha evidenziato il cardinale a margine della riuscita Giornata dei Gr.Est, «sono il nostro futuro e per questo vanno ben educate ad apprezzare i valori della vita. Continuiamo a dare attraverso la splendida esperienza degli Oratori, che sta rifiorendo da alcuni anni un po’ in tutta l’Umbria e non solo, un contributo di formazione alle giovani generazioni affinché rinasca la nostra società messa a dura prova dalla crisi di valori che sta attualmente attraversando».

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Ci sono i due sessi, non i “gender” https://www.lavoce.it/ci-sono-i-due-sessi-non-i-gender/ Fri, 28 Feb 2014 14:31:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=22845 genderC’era una volta l’educazione sessuale, una informazione di base, in stretta relazione con le famiglie, che dell’educazione dei figli sono titolari ai sensi nientemeno che della Costituzione. Cose vecchie, cose del secolo scorso. Oggi, siccome siamo progrediti, agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari alle superiori, stavano per essere distribuiti tre volumetti che, a spese dei contribuenti, volevano mostrare, anzi, più esattamente, “instillare”, i magnifici orizzonti e progressivi dell’ideologia del gender. Il colpo di mano non è riuscito, anche se non è ben chiaro chi paghi le decine di migliaia di euro sottratte in questo modo alle esauste casse della pubblica istruzione. Il colpo di mano non è riuscito, ma è solo un episodio. Senza le ambizioni nazionali che avevano le cosiddette Linee guida per un insegnamento più accogliente e rispettoso delle differenze in molte città del Belpaese si moltiplicano iniziative le più diverse per cercare di sintonizzare studenti e insegnanti su queste nuove frontiere. In buona sostanza si pretende di spiegare a ragazzi e ragazze che il “sesso” è cosa d’altri tempi, mentre quello che esiste è il “genere”. Se in base al sesso ci si doveva ripartire in maschi e femmine – e questa dicotomia era evidente e obbligata – oggi le cose sarebbero cambiate. Non più la natura, ma la cultura è il dato essenziale, per cui si può scegliere, non il sesso, vecchio dato naturale, ma il genere, moderna realtà culturale. Ciascuno insomma si può collocare come vuole. E la scelta è molto più ampia. Tra maschio e femmina sono state calcolate una sessantina di altre possibilità e gradazioni. È un’ideologia, che si cerca di fare passare come fosse un dato scientifico o oggettivo, così da dare corso ad una vera e propria mutazione antropologica. Così si spiegano gli attacchi alla visione cattolica, in forme esplicite, aperte oppure subdole. La Costituzione garantisce il diritto ai genitori di educare i propri figli secondo i valori di riferimento. Non è lecito imporre un’educazione di Stato, così come non è lecito fare della scuola il terminale di una propaganda, di una ideologia. È semplicemente una questione di libertà. Perché una cosa deve essere chiara. La denuncia delle forme di propaganda dell’ideologia del gender non significa in alcun modo discriminare omosessuali o transgender. Il rispetto delle persone infatti e la tutela dei loro diritti non comporta per nulla aderire all’ideologia della scelta che, propinata in termini appunto propagandistici a bambini e adolescenti, assume chiaramente le forme di una insinuante prevaricazione. Il principio di non discriminazione infatti, coerentemente con il principio di uguaglianza, comporta trattare diversamente situazioni diverse, garantendo così i diritti di tutti. È semplicemente una questione di libertà. E anche un modo per reagire alle ultime frontiere del consumismo, che ormai – come dimostra anche questo caso – sono correntemente applicate ai grandi temi della vita. Garbatamente, ma fermamente rispondendo: no, grazie. E rimandando tutto al mittente.

12 strumenti di “autodifesa” per genitori

Il Forum delle associazioni familiari dell’Umbria ha pubblicato sul proprio sito internet www.forumfamiglieumbria.org i “Dodici strumenti di autodifesa dalla ‘teoria del gender’ per genitori con figli da 0 a 18 anni”, un elenco di dodici punti per aiutare le famiglie ad affrontare progetti formativi o educativi dedicati alla “teoria del gender” proposti nelle scuole dei propri figli. Si comincia dalla scelta della scuola, per la quale il Forum consiglia di verificare con cura i piani dell’offerta formativa (Pof) e gli eventuali progetti educativi (Pei). Si suggerisce, inoltre, alle famiglie di mantenersi sempre informate e attive all’interno dell’ambito scolastico del proprio figlio, candidandosi come rappresentanti di classe, controllando il sito internet dell’istituto e verificando diari e compiti assegnati. Nel caso in cui la scuola organizzi lezioni e interventi sul gender, il Forum consiglia ai genitori di organizzare una riunione con le altre famiglie, di conoscere i dettagli delle lezioni e di scrivere al dirigente scolastico o, nei casi limite, all’Ufficio scolastico regionale e al Ministero. Alla fine, però, il consiglio per eccellenza resta uno: “Custodite i vostri figli, alleatevi con loro, fornitegli un adeguato supporto formativo e scientifico. L’unione fa la forza!”.

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Catechisti: come rispondere alle domande difficili https://www.lavoce.it/catechisti-come-rispondere-alle-domande-difficili/ Thu, 16 Jan 2014 14:23:58 +0000 https://www.lavoce.it/?p=21573 Don Rosino Gabbiadini all’incontro dei catechisti
Don Rosino Gabbiadini all’incontro dei catechisti

È stato don Rosino Gabbiadini, parroco di San Vitale (Ravenna) e docente di Pedagogia della religione e didattica all’Istituto superiore di scienze religiose di Forlì, ad animare il primo incontro del 2014 per i catechisti della diocesi. Venerdì scorso presso le sale parrocchiali degli Zoccolanti si è parlato di “Come rispondere alle domande difficili dei bambini”, tema di grande importanza nel più ampio spazio della crescita e dell’educazione alla fede dei giovani.

Nel suo saluto iniziale il vescovo mons. Domenico Cancian ha sottolineato la necessità di rispondere in modo adeguato alle domande dei bambini, invitando a svolgere bene il servizio di catechisti all’interno della Chiesa.

“Più che alle domande che ci pongono direttamente – ha detto don Rosino – noi come educatori, catechisti o parroci dobbiamo fornire ai nostri ragazzi gli strumenti per rispondere a quegli interrogativi che si tengono dentro, che maturano dentro di loro e non esternano, o a quelle domande che si porranno da adulti. Con la parola e con l’esempio possiamo trasmettere loro il desiderio di incontrare Gesù. I bambini e gli adolescenti hanno bisogno di trovare qualcuno che dia alle loro innumerevoli domande, talvolta anche stravaganti, risposte ragionevoli; qualcuno che favorisca il loro cammino di maturazione e di fede. La ragionevolezza di queste risposte non deriva dalla conoscenza razionale ma dalla Rivelazione, che allo stesso tempo non è in contrasto con la nostra ragione”.

Quello che c’è dentro gli interrogativi dei bambini, ha continuato Gabbiadini, è “fammi fare esperienza di Dio”: domande di senso, non di curiosità, “e se noi offriamo solo conoscenza, i ragazzi non incontreranno Gesù. È necessario suscitare emozioni perché resti forte in loro il desiderio di incontrare il Signore. Sono, quindi, la parola e l’esempio del catechista che è Chiesa a far fare quell’esperienza di fede che li accompagnerà nel loro futuro di adulti cristiani”.

Don Rosino propone attraverso la figura di Zaccheo uno strumento di dialogo con i bimbi e gli adolescenti che frequentano il catechismo: un percorso che, dalla lettura del testo alla riflessione su di esso e sul personaggio, alimenta il desiderio di Gesù e porta all’incontro pieno con Lui.

A fine serata il relatore ha illustrato un’indagine che sta portando avanti in collaborazione con l’Università di Bologna per cercare di riportare a livello accademico la riflessione sulla fede. I risultati di questo studio verranno illustrati in un convegno nazionale e pubblicati dallo stesso ateneo.

Il prossimo appuntamento per i catechisti della diocesi, organizzato insieme all’Ufficio liturgico e all’ufficio per la pastorale familiare, è fissato per il 16 febbraio. Interverrà sul tema del sacramento del battesimo il prof. Giorgio Bonaccorso.

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Bambini e adolescenti allo sbando e i grandi latitano https://www.lavoce.it/bambini-e-adolescenti-allo-sbando-e-i-grandi-latitano/ Thu, 07 Nov 2013 15:44:57 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20490 TeenGirls-ragazze-strada-giovani-donneLa vicenda delle due ragazzine romane, compagne di scuola, di 14 e 15 anni, scoperte a prostituirsi, ha suscitato molto scalpore e probabilmente messo in apprensione molti genitori, lasciando intendere che il più delle volte “dei bambini non si sa niente” (come titola un libro famoso di qualche anno fa).

Il mondo dei ragazzi e delle ragazze è spesso un’incognita inquietante per i genitori e in generale gli adulti, e oggi i suoi confini si dilatano e diventano ancora meno controllabili perché alla realtà quotidiana, concreta e tangibile, ben determinata nello spazio e nel tempo, si somma quella virtuale: estesa in maniera indefinita, onnipresente e onnicomprensiva, sfuggente.

Le due ragazzine sono state scoperte per la coraggiosa denuncia di una madre che ha voluto aprire gli occhi di fronte ai soldi che comparivano inaspettatamente nelle mani della figlia. Di fronte alle borse e agli oggetti costosi. Di fronte agli atteggiamenti scostanti, aggressivi. Proprio quegli atteggiamenti e quei fatti che talvolta spingono invece gli adulti a voltare la faccia dall’altra parte, forse spaventati dal rischio di scoprire realtà sconvenienti, di affrontare mondi ben diversi da quelli che si vorrebbero per i figli. Già, perché di solito i ragazzi mandano segnali, il problema è che non vengono colti da chi dovrebbe.

E questo fa spostare l’attenzione sugli adulti di questa squallida storia. Una madre coraggiosa che denuncia, ma anche un’altra che è finita in cella, accusata di aver addirittura spinto la figlia a prostituirsi. E poi il giro degli sfruttatori, alcuni arrestati. Adulti che non si facevano scrupoli di guadagnare letteralmente sulla pelle di due ragazze giovanissime. E i clienti. “Non sapevamo che fossero minorenni”, ha già detto qualcuno, come se fosse una giustificazione, come a scaricare le responsabilità.

Sono adulti anche gli insegnanti della scuola, dove le due ragazzine andavano e dove addirittura pare che i clienti passassero a rimorchiarle. Non si sono accorti di niente? E qui si apre un mondo. La preside dell’istituto ha avuto modo di dichiarare che seguiva da tempo almeno una delle due ragazze. La seguiva perché aveva colto i segnali di disagio. Era stata bocciata e si era iscritta nuovamente a scuola, anche se quest’anno era rimasta a casa molte volte. “Le ho parlato spesso, ho parlato con la famiglia…”, ha lasciato intendere. Poi la resa: “Non immaginavo… C’erano i certificati medici per le assenze. Ho sempre sperato che le malattie fossero vere”.

Una scena del film “Mall girls” dove ragazze adolescenti si prostituiscono in cambio di cellulari e vestiti
Una scena del film “Mall girls” dove ragazze adolescenti si prostituiscono in cambio di cellulari e vestiti

Si poteva fare di più? Forse. Ma probabilmente serviva “fare insieme”, scuola e famiglia. E qui torna la questione dell’attenzione educativa, con la consapevolezza che la scuola “può fino a un certo punto”, così come i genitori fanno fatica non solo ad arrivare dappertutto (impossibile), ma spesso anche solo a “stare svegli”. Per mille motivi. Il risultato è che bisogna allenarsi alle alleanze, aiutarsi a vicenda a tenere alta la tensione, a tendere e offrire la mano per cercare di agire in modo efficace.

Poi, certo, giocano anche le responsabilità individuali, comprese quelle dei ragazzi. Anche se, riferendosi alle due studentesse finite sui giornali, vale la pena di riproporre una frase, finita nelle cronache, attribuita ai carabinieri: “Ricordatevi sempre che loro sono le vittime di questa storia”.

Il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale per i diritti dei minori

Il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La data ricorda il giorno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò, nel 1989, la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Sono oltre 190 i Paesi nel mondo che hanno ratificato la Convenzione; in Italia l’adesione è avvenuta nel 1991. Tra le agenzie che si interessano dei diritti dei bambini c’è Telefono Azzurro, che ogni anno nell’occasione presenta i risultati delle indagini nazionali sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, realizzate in un campione rappresentativo di scuole di tutta Italia. L’indagine è realizzata con Eurispes e giunta alla sua 13a edizione. Anche l’Umbria aderisce a questa campagna di sensibilizzazione: clicca qui per vedere le iniziative regionali e il seminario di presentazione del progetto “Piuma”.

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La prostituzione come hobby https://www.lavoce.it/la-prostituzione-come-hobby/ Thu, 07 Nov 2013 13:42:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=20426 Brutto e triste il caso di Roma, dove si è scoperto che due ragazzine – una di 15, una di 14 anni -, studentesse di liceo, ogni pomeriggio si prostituivano, all’insaputa delle famiglie (ma una delle due consegnava i soldi alla madre, che li prendeva senza fare domande). L’aspetto più inquietante della vicenda è che le due non pensavano e non pensano di aver fatto nulla di male, e nemmeno di essere state vittime dei loro frequentatori né dell’organizzatore e sfruttatore del giro.

Avevano trovato un modo facile per fare un mucchio di soldi, e questo per loro era (è) tutto. Questo specifico caso – prostituzione di ragazzine con adulti estranei – pare abbastanza isolato, ma approfondendo le analisi si scopre che in certe scuole ci sono studentesse che si prostituiscono con i loro compagni nell’intervallo fra le lezioni, e le une e gli altri trovano questo normale e divertente.

Sui giornali laici e progressisti, giornalisti pensosi commentano addolorati chiedendosi dove siamo andati a finire. Ma, cari signori e signore, non eravate voi stessi che già qualche decennio fa vi battevate per la liberà sessuale degli adolescenti? L’hanno avuta e se la tengono.

Da anni e anni i programmi televisivi per giovani trasmettono ogni giorno, in modo più o meno esplicito, questo messaggio: il sesso è divertente, se ti va puoi farne quanto ti pare e con chi ti pare; anche con una persona incontrata per caso e che non vedrai mai più. Spettacoli, canzoni, interviste di star e, per chi legge, anche i libri, comunicano lo stesso messaggio.

Un tempo sui giornali la piccola “posta del cuore” consigliava alle ragazze come resistere al fidanzatino che chiedeva la “prova d’amore”; oggi consiglia loro come resistere al fidanzatino che pretende (guarda un po’) che gli siano fedeli.

Poi c’è l’aspetto del denaro.

A qualunque età e su ogni gradino della scala sociale è acquisito che, quanto ai soldi, quello che conta è averli: come vengono e da dove, non importa a nessuno. Il consumismo poi costringe tutti ad avere soldi da spendere anche per le cose più futili, e i giovanissimi non fanno eccezione.

Così quelle due ragazzine, e chissà quante altre come loro, hanno fatto due più due: da una parte il principio che puoi fare sesso con chiunque, dall’altra il principio che i soldi sono sempre benvenuti; metti insieme le due cose e hai fatto tombola.

Così finisce una società che cancella ogni regola morale.

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Il dramma di adolescenti fragili circondati da educatori smarriti https://www.lavoce.it/il-dramma-di-adolescenti-fragili-circondati-da-educatori-smarriti/ Thu, 29 Aug 2013 15:59:11 +0000 https://www.lavoce.it/?p=18708

adolescenti-maniRagazzi fragili, educatori smarriti: sono due considerazioni che vengono alla mente considerando alcuni fatti di cronaca di quest’estate. In particolare ha colpito la vicenda del 14enne romano che si è suicidato lanciandosi dal tetto del palazzo in cui abitava. Prima del tragico gesto ha scritto una lettera al padre, nella quale “spiegava” il suo gesto, accennando a problemi esistenziali, a una presunta omosessualità, e indicava 12 amici cui i genitori avrebbero dovuto annunciare la sua morte. La questione omosessuale ha preso immediatamente il primo piano. I giornali hanno titolato “Gay suicida a 14 anni” oppure “Sono gay, nessuno mi capisce”. I pensieri - e le indagini, anche per “istigazione al suicidio” - sono andati alla ricerca di discriminazioni e gesti di bullismo tra coetanei, motivati dal presunto orientamento omosessuale del ragazzino. I dibattiti hanno portato in primo piano la questione grave dell’omofobia. Dietro il “polverone”, però, ecco le dichiarazioni disarmanti di genitori sgomenti, secondo i quali il ragazzino non avrebbe manifestato segnali evidenti di disagio, né sarebbe stato vessato da coetanei. Anche gli amici hanno confermato: niente bullismo. Cos’è successo, allora, nella testa di un 14enne come tanti, alle prese con i problemi di ogni ragazzo della sua età, che comprendono anche gli orientamenti sessuali e insieme la necessità di essere riconosciuto dal gruppo, di “riorientarsi” rispetto alla famiglia, di collocare in un mondo sempre più ricco e stimolante - ma anche “liquido”, spesso senza ancoraggi - le mille suggestioni interiori tipiche di un processo di crescita? Questo è il nodo: senza nulla togliere alla questione dell’omofobia, la vicenda del 14enne di Roma accende i riflettori una volta di più sulla fatica che fanno i ragazzini a crescere e come spesso siano tragicamente disarmati, fragili, nonostante atteggiamenti di adultità precoce. Ragazzi che si sentono autonomi, che “fanno da sé”, che pensano di essere sempre all’altezza - a questo sono spinti da certa cultura contemporanea - e che invece si ritrovano, all’improvviso, senza risorse. Una lite in casa o tra amici? Una delusione d’amore? Un insuccesso scolastico? La drammaticità di genitori che si dividono, di famiglie che scoppiano? Talvolta - e la cronaca lo richiama - sono i numeri che fanno saltare il banco. I nostri adolescenti, così fragili. E insieme scambiati troppo spesso da piccoli adulti. Cosa che fa allentare la “presa” educativa, che fa scordare come invece abbiano bisogno di attenzioni, ascolto, sostegno. Fragili, verrebbe da pensare, come lo sono le nostre famiglie, prese dal turbinio della vita quotidiana, dagli affanni che la crisi contemporanea amplifica a mille. Genitori, educatori spesso a loro volta in difficoltà. Smarriti. Eppure bisogna ritrovarsi. Ritrovare ogni volta la strada dell’impegno di “cura” consapevole verso i più piccoli, fatto di gesti quotidiani e di alleanze. Anche per gli adulti, servono sostegni, attenzioni, formazione… Servono comunità che abbiano chiari ruoli e impegni e nelle quali il compito educativo è condiviso. Con la pacatezza di chi ha fiducia nel futuro: aiuta a rendere meno fragili.]]>

adolescenti-maniRagazzi fragili, educatori smarriti: sono due considerazioni che vengono alla mente considerando alcuni fatti di cronaca di quest’estate. In particolare ha colpito la vicenda del 14enne romano che si è suicidato lanciandosi dal tetto del palazzo in cui abitava. Prima del tragico gesto ha scritto una lettera al padre, nella quale “spiegava” il suo gesto, accennando a problemi esistenziali, a una presunta omosessualità, e indicava 12 amici cui i genitori avrebbero dovuto annunciare la sua morte. La questione omosessuale ha preso immediatamente il primo piano. I giornali hanno titolato “Gay suicida a 14 anni” oppure “Sono gay, nessuno mi capisce”. I pensieri - e le indagini, anche per “istigazione al suicidio” - sono andati alla ricerca di discriminazioni e gesti di bullismo tra coetanei, motivati dal presunto orientamento omosessuale del ragazzino. I dibattiti hanno portato in primo piano la questione grave dell’omofobia. Dietro il “polverone”, però, ecco le dichiarazioni disarmanti di genitori sgomenti, secondo i quali il ragazzino non avrebbe manifestato segnali evidenti di disagio, né sarebbe stato vessato da coetanei. Anche gli amici hanno confermato: niente bullismo. Cos’è successo, allora, nella testa di un 14enne come tanti, alle prese con i problemi di ogni ragazzo della sua età, che comprendono anche gli orientamenti sessuali e insieme la necessità di essere riconosciuto dal gruppo, di “riorientarsi” rispetto alla famiglia, di collocare in un mondo sempre più ricco e stimolante - ma anche “liquido”, spesso senza ancoraggi - le mille suggestioni interiori tipiche di un processo di crescita? Questo è il nodo: senza nulla togliere alla questione dell’omofobia, la vicenda del 14enne di Roma accende i riflettori una volta di più sulla fatica che fanno i ragazzini a crescere e come spesso siano tragicamente disarmati, fragili, nonostante atteggiamenti di adultità precoce. Ragazzi che si sentono autonomi, che “fanno da sé”, che pensano di essere sempre all’altezza - a questo sono spinti da certa cultura contemporanea - e che invece si ritrovano, all’improvviso, senza risorse. Una lite in casa o tra amici? Una delusione d’amore? Un insuccesso scolastico? La drammaticità di genitori che si dividono, di famiglie che scoppiano? Talvolta - e la cronaca lo richiama - sono i numeri che fanno saltare il banco. I nostri adolescenti, così fragili. E insieme scambiati troppo spesso da piccoli adulti. Cosa che fa allentare la “presa” educativa, che fa scordare come invece abbiano bisogno di attenzioni, ascolto, sostegno. Fragili, verrebbe da pensare, come lo sono le nostre famiglie, prese dal turbinio della vita quotidiana, dagli affanni che la crisi contemporanea amplifica a mille. Genitori, educatori spesso a loro volta in difficoltà. Smarriti. Eppure bisogna ritrovarsi. Ritrovare ogni volta la strada dell’impegno di “cura” consapevole verso i più piccoli, fatto di gesti quotidiani e di alleanze. Anche per gli adulti, servono sostegni, attenzioni, formazione… Servono comunità che abbiano chiari ruoli e impegni e nelle quali il compito educativo è condiviso. Con la pacatezza di chi ha fiducia nel futuro: aiuta a rendere meno fragili.]]>
Come fosse Caravaggio https://www.lavoce.it/come-fosse-caravaggio/ https://www.lavoce.it/come-fosse-caravaggio/#comments Thu, 13 Jun 2013 09:12:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17257 DON ANGELO fanucciStanno partendo in molte parrocchie i campi estivi per adolescenti: quel delinquente del sole, che per tutta la primavera si è nascosto come se non fosse quella la stagione che lo vuole sul proscenio, finalmente si rifà vivo, e ci potete scommettere che presto picchierà duro.

La tradizione dei campi estivi per adolescenti mi pare ben consolidata nelle nostre Chiese; non altrettanto quella degli oratori aperti tutto l’anno, che al Nord hanno fatto da trama e da ordito alla maturazione di tante comunità parrocchiali.

Questa bella tradizione dei campi estivi a volte sembra esaurirsi nella dimensione del gioco, e la formazione dei ragazzi non ne guadagna, anzi ne risente; ma sono eccezioni, perché (anche) attraverso l’attività ludica passa l’istanza formativa. Io ne ho fatto esperienza da piccolo seminarista, secoli or sono, quando il Seminario di Gubbio organizzò un campo estivo in tenda, sopra Campitello di Scheggia, a Ranco Giovannello, da dove nei mattini limpidi si vede l’Adriatico. Poi più tardi, da prete giovane, quando nell’aura culturale del Sessantotto (il Sessantotto minore, non quello dei Ferrara, dei Liguori, dei Brandirali, dei Giampierino Mughini), dilagarono la moda e la passione di campi di lavoro. E nel corso di uno di questi campi, con il “mio” Movimento studenti eugubino, incontrai la Comunità di Capodarco. Fine della corsa.

Tra le istanze formative di un campo estivo parrocchiale avrebbe dovuto sempre esserci, e spesso c’è stata, l’istanza-poveri.

Ma che dire oggi, quando un Gesuita, il primo della sua grande famiglia, è diventato Papa, e si è messo un nome che nessuno si aspettava, “Francesco”, solo perché l’ultimo confratello cardinale che ha abbracciato in Conclave subito prima di ritirarsi nella “cappellina delle lacrime”, un vecchio  presule di quelli sempre tenuti in disparte, gli ha sussurrato all’orecchio: “Ricordati dei poveri”.

“Ricordatevi dei poveri”: bisogna dirglielo, ai ragazzi dei nostri campi estivi, bisogna dirglielo accanto ad altre due o tre cose parimenti importanti. Bisogna dirlo anche ai ragazzi del campo estivo che si tiene nell’oratorio di Prepo. Di poveri seri ne hanno un bel numero, vicino a loro: quelli del Diurno di Francesca Bondì, quelli della Residenza della Capodarco dell’Umbria.

Bisogna dirglielo perché non lo sanno. Se lo sapessero! Se sapessero di avere a un passo di distanza uno che ha avuto una vita travagliata e tante esperienze traumatiche, al vertice delle quali si colloca un prolungato soggiorno al famigerato “repartino” dell’ospedale psichiatrico di Perugia, dove passò giornate intere a decorare le pareti con i propri escrementi. Se lo sapessero i ragazzi, del campo lo cercherebbero. E gli si stringerebbero intorno. Come se fosse Caravaggio.

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Terapie contro la ludopatia https://www.lavoce.it/terapie-contro-la-ludopatia/ Thu, 06 Jun 2013 11:59:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=17182 internet-ludopatiaUn interessante incontro per dirigenti scolastici, promosso da Luca Oliveti, direttore dell’ufficio di Pastorale della scuola, si è tenuto il 28 maggio a Montemorcino su “Il fenomeno delle ludopatie. Rischi e sfide educative per le nuove generazioni”.

Dopo un caloroso e significativo saluto dell’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti, il relatore Alvaro Paolacci ha sviluppato il tema della ludopatia, oggi purtroppo molto diffusa presso adolescenti, giovani ed anche bambini, e del quale c’è scarsa conoscenza da parte di genitori e adulti. “La ludopatia è una malattia, non un vizio”, ha affermato Paolacci dopo aver chiarito il concetto di “dipendenza”. Ed ha spiegato che per il giovane internet è “l’altro” che risponde sempre, non pone domande, non giudica, non chiede nulla e gli fa provare un senso di onnipotenza permettendogli anche di cambiare la propria identità. Per questo genera un trasfert molto forte. È icona di una libertà senza limiti: come i pesci nell’acqua, ma come i pesci nell’acqua non sanno cos’è l’acqua, così i giovani non hanno una conoscenza critica di internet. Per questo, deriva morale, ipnotizzazione, saturazione sono gli effetti negativi che possono prodursi.

Compito della scuola e della famiglia è di contenere ed arginare, fornendo un “controambiente” che non toglie, ma aggiunge, tenendo sempre acceso il dialogo o prospettando un aiuto esterno come lo psicologo o un educatore.

I ragazzi, i giovani, essendo purtroppo molto spesso orfani di maestri, più facilmente sviluppano la dipendenza da internet. Tra le cause il relatore ha indicato l’assenza della figura paterna e il legame simbiotico con la madre nel sistema familiare, mentre riferimento al sistema scolastico ha indicato il bullismo e l’eccessiva competitività.

Ci sono segni per riconoscere la dipendenza, come sostiene Tonino Cantelmi, psicoterapeuta: un senso di euforia e benessere del ragazzo/a con esclamazioni e imprecazioni ad alta voce, incurante dei presenti come se fosse solo/a, chiuso/a nel mondo virtuale della Rete, dalla quale non è in grado di staccarsi; e se, per qualche ragione, non può connettersi, rimane nei suoi comportamenti come se fosse connesso. Vuole sempre più tempo e si lamenta che ne ha poco. Trascura i doveri scolastici e anche di igiene personale. È un hikikomori, ha spiegato il relatore: un ragazzo che vive recluso nella sua camera da letto con i suoi rifiuti, isolato; cessa le relazioni con gli altri. È la Rete che gli consente di costruire una realtà che non lo fa soffrire né per la sua timidezza né per la sua insicurezza. Compie una sorta di suicidio dalla realtà, non esce dalla stanza.

Nel parlare dell’utilità e pericoli dei Mud, Paolacci ha sottolineato come i conflitti nati nel mondo virtuale possono sfociare in quello reale. Net gaming: dipendenza dai giochi di Rete fino a perdere grosse somme di denaro. Casinò virtuali. Ed ha fatto presente che anche i bambini giocano con i soldi (slot machines, siti di giochi d’azzardo on line) e prendedoli dove capita, anche rubando.

La vita non si cambia con un colpo di fortuna: al gioco non si vince mai, si perde sempre. Attenzione dunque alla pubblicità e a parlare in famiglia del gioco con la speranza della vittoria: i piccoli e i ragazzi ascolano e possono far propria questa tesi! La prevenzione attraverso la conoscenza è fondamentale insieme al dialogo, sempre, con i propri figli in famiglia, con i docenti a scuola.

La compresenza fisica dell’adulto e una risposta educativa come base sono le modalità più significative, che tutti possiamo e dobbiamo sentire come impegno di fronte a questa sfida educativa. L’incontro si è concluso con un significativo dibattito tra il relatore e la qualificata presenza dei partecipanti.

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Adolescenti in crisi d’identità https://www.lavoce.it/adolescenti-in-crisi-didentita/ Thu, 07 Jul 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9501 Dopo i fatti di cronaca che hanno riguardato alcuni giovani altotiberini, ci pare opportuno riflettere ancora sul disagio giovanile nella società in cui viviamo. Quali sono le cause che inducono i giovani di oggi, soprattutto i teenager, a compiere atti offensivi e pericolosi ad altre persone o a loro stessi? Sta crescendo un disinteresse verso la persona? Abbiamo domandato un parere allo psicologo tifernate Massimo Buttarini, che si è spesso interessato di dinamiche dello sviluppo e di criminologia civile, penale e minorile, pubblicando alcuni saggi e anche molti articoli sul sito www.psicologi-italia.it. Francesco OrlandiniNella nostra società sembrerebbe di vedere che il principio di piacere e di divertirsi sia spinto all’eccesso e che questo prevalga sul dovere di assumersi delle responsabilità. Stiamo assistendo ad una dinamica di “appropriazione” secondo la quale possiamo ottenere tutto ciò che vogliamo. E questo nei bambini può anche essere accettato in parte, ma in realtà, fin dall’infanzia, e gradualmente, dovremmo educare i bambini somministrando delle piccole frustrazioni per abituarli al principio di realtà, dove non tutto ciò che vogliamo è ottenibile. Nei casi clinici, invece, lo psicopatico o erotomane può essere posseduto anche da un delirio che lo potrebbe portare a percepire il no dell’altro come un sì. Pertanto, se un malato di questo tipo volesse ottenere il proprio oggetto del desiderio, diventerebbe molto difficile fargli cambiare idea. Tornando al caso di cronaca, che ha coinvolto la nostra città, parliamo di adolescenti, e tutto diventa più complesso perché intervengono svariati fattori. Ipotizzando che la violenza di gruppo ci sia stata, dovremmo tenere in mente almeno il fatto che potrebbe aver avuto un forte gioco il gruppo e la relazione tra i giovani dello stesso: perché ad esempio in un gruppo di adolescenti c’è sempre una personalità dominante. E i ragazzi, spesso, sono “inghiottiti” dalle personalità che spiccano, anche solo per protezione e per delegare le decisioni ad un altro; un fatto, quest’ultimo, tipico di molti individui che arrivano quasi a depersonalizzarsi per affidare tutte le decisioni e le responsabilità ad una guida. È lo stesso meccanismo che può instaurarsi nelle dittature. In casi di cronaca di questo tipo, però, come probabilmente avvenne anche nell’uccisione della suora a Chiavenna, forse la triade del gruppo è diventata un organismo che agisce autonomamente e ciò porta all’impossibilità di avere dei freni inibitori. Inoltre, nella fase evolutiva adolescenziale, come tutti sanno, il fattore imitativo e il fatto di dover essere accettati dagli altri sono questioni molto importanti.

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70% degli adolescenti senza istruzione https://www.lavoce.it/70-degli-adolescenti-senza-istruzione/ Thu, 03 Mar 2011 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=9188 “L’adolescenza è un’età di opportunità per i bambini e un momento cruciale per gli adulti”. Così il presidente del Comitato regionale Umbria per l’Unicef, Paolo Brunetti, ha introdotto nella mattinata di venerdì 25 febbraio, presso l’auditorium della Fondazione S. Anna di Perugia, il Rapporto annuale Unicef 2011 sulla condizione dell’infanzia nel mondo, quest’anno dedicato al mondo degli adolescenti, dal titolo Adolescenza, il tempo delle opportunità.

“Gli adolescenti – ha proseguito Brunetti – meritano protezione e assistenza, beni e servizi, opportunità e sostegno, oltre al riconoscimento della loro esistenza e del loro valore”. Oltre ai vertici dei Comitati provinciali Unicef di Terni e Perugia, presenti all’incontro anche il dott. Casucci, psicopedagogista dell’Università di Perugia, la prof.ssa Bottoni dell’Ufficio scolastico regionale dell’Umbria, e la dott.sa Battista, dirigente medico dell’Asl n 2 di Perugia. Il Rapporto evidenzia una situazione allarmante: l’88% (circa 1 miliardo e 200 milioni) del totale degli adolescenti, di età compresa tra i 10 e i 19 anni, vive nei Paesi in via di sviluppo, e a circa il 70% è negata l’istruzione. Il lavoro minorile, infatti, interessa 150 milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni, e l’incidenza di questo fenomeno risulta maggiore nell’Africa sub-sahariana.

A fronte di bambini che lavorano precocemente, i giovani fronteggiano invece la grande crisi occupazionale: 81 milioni di giovani hanno probabilità quasi tre volte maggiori di essere disoccupati rispetto agli adulti. Gli incidenti stradali sono la principale causa di mortalità tra gli adolescenti. In Europa, ma anche in Asia e nel Mediterraneo orientale, ogni anno muoiono sulle strade cira 400 mila giovani tra i 10 e 19 anni. Un dato sconcertante che si collega ad un consumo di alcol, droghe e tabacco in misura maggiore rispetto al passato (40% in più) e in età precoce (11-13 anni). Unicef stima poi che circa il 20% degli adolescenti del mondo abbia problemi di salute o di comportamento, e la depressione risulta il disturbo più diffuso. Per entrambi i sessi l’obesità rappresenta un motivo di preoccupazione grave e crescente, soprattutto nei Paesi industrializzati. Tra le giovani, molto presente il problema del matrimonio precoce.

Nei Paesi più poveri, il 25% delle donne tra i 20 e i 24 anni hanno partorito prima di compiere 18 anni. L’elevata mortalità legata alla maternità e malnutrizione raggiunge punte del 28% in Asia meridionale e addirittura del 59% nell’Africa centrale. Un terzo di tutti i nuovi casi di sieropositività e Aids su scala mondiale riguarda giovani tra i 15 e i 24 anni, con un rischio di infezione notevolmente più elevato tra le adolescenti e le giovani donne. “L’adolescenza rappresenta un punto di svolta per consolidare i progressi compiuti nell’ambito della prima infanzia, che altrimenti si rischierebbe di vedere cancellati – ha dichiarato ancora Brunetti. – Per questo scopo il Comitato regionale Umbria per l’Unicef, in sinergia con l’Ufficio scolastico regionale e le Asl locali, da tempo svolge una vasta attività di sensibilizzazione e di promozione su tutto il territorio con numerose iniziative a sostegno dei diritti dell’infanzia. L’obiettivo per il nuovo decennio – conclude il presidente del Comitato regionale Unicef – sarà potenziare l’istruzione e l’attenzione alla salute negli adolescenti, cercando di sottrarli anche alle forme di sfruttamento nel lavoro in cui incappano troppo spesso”.

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Poveri bambini https://www.lavoce.it/poveri-bambini/ Thu, 01 Jul 2010 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=8568 È giunto alla 10a edizione il Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e l’adolescenza in Italia, che pubblicano insieme l’Eurispes e il Telefono Azzurro. Il dossier, appena pubblicato dai due istituti, mostra un contesto variegato che ha subìto alcune trasformazioni in questo ultimo decennio, dall’avvento del telefono cellulare e di internet, che hanno dato un’accelerazione ipertecnologica di massa, a quello della società multietnica che immerge l’universo giovanile nel panorama della diversità culturale.

Sono stati tanti i cambiamenti, ma rimane stabilmente alto il rischio di povertà infantile. Dal Dossier emerge anche un grido d’allarme. Nel nostro Paese risulta povero un bambino su quattro: il 25% dei minori italiani, contro il 17% dei francesi e il 15% dei tedeschi. La questione è ancora più grave perché confrontando i dati dell’ultimo decennio, “pur essendo stati predisposti e, in parte, concretamente realizzati, gli interventi tesi a mitigare il rischio di povertà infantile non hanno generato benefici significativi”, come dichiarano Eurispes e Telefono Azzurro. Ridurre il tasso di povertà dei minori è un obiettivo fondamentale per un Paese che vuole promuovere la crescita dei propri cittadini.

Non c’è in ballo soltanto un diritto di uguaglianza nel presente, che vorrebbe vedere tutti godere di un relativo benessere e vivere una vita dignitosa, ma c’è anche un diritto di uguaglianza nel futuro, perché, senza ridurre il rischio di povertà nel primo periodo della vita, le varie analisi sottolineano che il gap dei più svantaggiati nei confronti degli altri bambini crescerà sempre in modo esponenziale, in quanto la povertà pesa sul futuro e non solo sul presente. Un minore in difficoltà avrà un ventaglio di opportunità molto inferiore rispetto ad un suo coetaneo, ed estremamente ridotte saranno anche le sue possibilità di scelta. Per un bambino povero andare al cinema, utilizzare un telefonino, frequentare una palestra, comprare un libro di racconti è più raro, così come è meno probabile che scelga di proseguire gli studi dopo il primo ciclo di scuole secondarie (le medie) o eviti di abbandonarli dopo qualche insuccesso.

Occupandosi di minori, il Dossier collega il tema alla scarsa capacità delle politiche sociali italiane di promuovere la famiglia come protagonista di inclusione sociale, sottolineando come in Europa l’Italia “risulti agli ultimissimi posti in termini di spesa pro capite per trasferimenti familiari, il cui valore medio nel decennio 1997-2007 è stato di 215 euro, con un tasso di crescita medio annuo del 4,6%”. L’impegno economico verso la famiglia è una goccia nel mare rispetto a quanto investono il Regno Unito (466 euro) o la Francia (623 euro) e la Germania (777 euro). Finisce che sono le famiglie con meno possibilità, che poi in Italia sono anche quelle con i figli, a farne le spese. E a pagare il costo maggiore sono i minori. Abbiamo un debito verso il futuro di questi ragazzi e di tutto il Paese. L’Europa dedica il 2010 alla “Lotta alla povertà e all’esclusione sociale”: ridurre in modo strutturale il tasso di povertà dei minori italiani potrebbe essere un obiettivo fondamentale verso il quale far convergere gli sforzi delle varie realtà sociali, amministrative e politiche.

I DATI DEL RAPPORTO EURISPES SUI MINORI

La famigliaIl 29,7% dei più piccoli hanno dichiarato che “essere circondati da una famiglia amorevole e vivere in un clima di serenità e armonia con i propri familiari è il presupposto principale per sentirsi una persona di successo”. A riprova, il 36,6% dei bambini e il 18,4% dei ragazzi sono particolarmente turbati quando in casa ci sono dei conflitti. I nonni rappresentano un asse portante del sistema educativo, anche a causa dell’assenza di misure di sostegno adeguate, prima tra tutte la carenza di nidi pubblici e l’eccessivo costo di quelli privati.

Tecnologie

La televisione è con ampio scarto il mezzo più utilizzato dai bambini, con tempi di esposizione medi (1-2 ore); anche la grandissima parte degli adolescenti da 12 a 19 anni guarda la televisione tutti i giorni. Il numero di giovanissimi che fa uso di internet è aumentato nel tempo: dichiarano di collegarsi alla Rete il 34% dei più piccoli e il 78,1% dei più grandi. Tra i bambini il cellulare ha avuto un progressivo incremento di diffusione mentre nell’universo degli adolescenti, a riscuotere maggiore consenso sono i telefonini Umts. Quanto al mondo dei Social Network, il 71,1% degli adolescenti intervistati possiede un profilo personale su Facebook, che ad oggi rappresenta la rete sociale più diffusa e frequentata nel mondo.

Bullismo

Dai dati del Rapporto si riscontra un cambiamento degli atteggiamenti di chi assiste a episodi di bullismo tra bambini nel periodo 2008/2009. Nella “maggioranza silenziosa”, aumenta la percentuale di coloro che rimangono indifferenti (5,1% nel 2008 e 11,1% nel 2009) e “si divertono” (9,5% nel 2008 e 13% nel 2009). Confortante è, tuttavia, la percentuale di coloro che “aiutano la vittima” in un episodio di bullismo (15,2% nel 2008 e 19% nel 2009). Tra il 2007 e il 2009, il dato circa le vittime di comportamenti di prevaricazione è lievemente diminuito per quanto riguarda i bambini maschi. Le bambine invece lamentano in percentuale maggiore, nell’ultimo anno rispetto ai due anni precedenti, di aver ricevuto “offese immotivate ripetute” (27%), “provocazioni e/o prese in giro ripetute” (27,4%) e “percosse” (8,2%).

Immigrazione

Dallo studio emerge che i giovani non hanno pregiudizi verso “l’altro”, ma al contrario ne sono affascinati e incuriositi (51,4% dei bambini e il 59,7% degli adolescenti). C’è anche una parte, più marcata negli adolescenti (il 22,3%) che vede nello straniero il pericolo e lo tratta con diffidenza e, a volte, indifferenza. Minori scomparsiNel 2009 sono stati 1.033 i minori, per la gran parte stranieri, per i quali sono state attivate le segnalazioni di ricerca sul territorio nazionale e che risultano ancora inseriti nell’archivio delle ricerche. La fascia d’età più consistente è quella compresa tra 15 e 18 anni, per lo più ragazzi che si allontano volontariamente dal loro domicilio o dalla comunità.

Droghe

Il consumo di stupefacenti è un fenomeno in continua crescita tra i giovani. Nel 2002 il 20,2% ha dichiarato di aver consumato droghe “leggere” (hashish e/o marijuana) almeno una volta nella vita. Nel 2009 invece, la percentuale di consumatori tra 16 e 19 anni è del 28,7%, mentre tra i giovanissimi (12-15 anni) il 9,2% ha ammesso di aver fatto questo tipo di esperienza. Aumentano anche le percentuali di chi fa uso di droghe pesanti (cocaina, eroina, Lsd, allucinogeni). Tra i 15 e i 19 anni è più diffuso il consumo di queste sostanze: il 2,3% le assume spesso e il 4,2% occasionalmente.

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Impulsi irrefrenabili Sesso e violenza https://www.lavoce.it/impulsi-irrefrenabili-sesso-e-violenza/ Thu, 10 Oct 2002 22:00:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=2716 Ci si accorge della realtà quando una crepa squarcia il velo della routinaria quotidianità. Allora si scopre l’abisso che cova nel cuore dell’uomo. I tre ragazzi due di sedici e uno di quattordici anni, che hanno ucciso a coltellate una loro coetanea, prescindendo per ora dalle responsabilità specifiche di ognuno di essi, non sono catapultati da un pianeta degli orrori, ma sono nati e cresciuti in normali famiglie di normali agglomerati civili, dove si svolge la normale vita di tutti. Eppure questi ragazzi sono i figli di una società che forse inconsapevolmente e certo irresponsabilmente, li nutre del nulla che ha innalzato a idolo: il nulla dei valori, dei limiti, dei doveri, della morale, dell’autocontrollo. Si sa che molti arricciano il naso quando si parla delle colpe della società, quasi che con questo si voglia cancellare la responsabilità individuale e impedire qualsiasi punizione. La responsabilità resta tutta quanta intera, perché non tutti i giovani commettono delitti e azioni efferate. Tuttavia non si può negare una certa connessione con quello che giornalmente si predica e quello che poi qualcuno pratica. Un esempio è l’esaltazione del desiderio dell’individuo, considerato in assoluto, in forma autoreferenziale, prescindendo da ogni altro riferimento e dissociato dal desiderio altrui. L’organizzazione sociale si può considerare come un meccanismo di soddisfacimento dei desideri, che va ben oltre i bisogni e le esigenze, che spesso invece vengono negati. Il ragazzo impara troppo presto che i suoi desideri hanno un diritto assoluto che nessuno e niente può negare. Ciò si nota nell’ambito della sessualità, dove il desiderio diventa impulso irrefrenabile, staccato dalla responsabilità, dal rispetto della dignità della persona altrui, dalle regole della convivenza civile. Quante volte abbiamo sentito pontificare da certi “maestri” di “tuttologia” che ogni sera tengono lezioni a plaudenti scolaresche insegnando l’esercizio della libertà a tutto tondo, sostenendo come un dato scientifico o dogmatico la separazione tra sessualità e amore., dopo aver teorizzato anche la separazione della sessualità dalla procreazione. In queste opzioni il sesso trionfa naturalmente in tutta la sua prepotenza (compresa la pedofilia e la prostituta romana per adolescenti), mentre viene calata un’ombra scura sull’amore, come ha denunciato recentemente il sociologo Alberoni. In questa prospettiva la sessualità prende l’aspetto più materiale della genitalità e della violenza; la donna, nel caso della povera Desiré, viene considerata un essere che si deve sottomettere, una preda da conquistare, un oggetto da utilizzare. Altro deficit della cultura massmediatica dominante è il rifiuto di ogni richiamo alla coscienza e alla responsabilità morale, qualificato sbrigativamente come “moralismo” repressivo, rifiutato in nome della emancipazione dell’individuo e della “liberazione” del desiderio soffocato da ancestrali tabù. Gli adulti che sentono il richiamo che proviene da questo fatto e da altri fatti simili che hanno visto protagonisti negativi anche madri e padri e uomini “normali” dovrebbero avere il coraggio di andare controcorrente disertando magari il talk show nei quali si irride su tutto, cancellando le fiction dove si esalta la violenza in tutte le sue accezioni, e quei siti porno e hard di internet alla portata di ogni computer. Anche alcune nostre brave televisioni locali non si fanno scrupolo di suscitare morbosità e istintualità illusorie e provocatorie soprattutto nei confronti di persone giovani e immature. Quanto avvenuto, perché non rimanga un inutile lamento, serva ad aprire gli occhi a quanti amano Desiré e piangono per il dolore atroce delle famiglie della vittima e dei suoi (presunti) assassini.

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