accoglienza Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/accoglienza/ Settimanale di informazione regionale Thu, 21 Nov 2024 16:14:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg accoglienza Archivi - LaVoce https://www.lavoce.it/tag/accoglienza/ 32 32 Il “grazie” dei ragazzi del team di Voci dal mondo https://www.lavoce.it/il-grazie-dei-ragazzi-del-team-di-voci-dal-mondo/ https://www.lavoce.it/il-grazie-dei-ragazzi-del-team-di-voci-dal-mondo/#respond Mon, 28 Oct 2024 15:10:19 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78179

A nome di tutti noi, desidero esprimere un sincero e profondo ringraziamento per l’impegno, la dedizione e il costante supporto che ci avete offerto. In questo percorso, siete stati per noi una guida preziosa, non solo trasmettendo conoscenze, ma anche insegnandoci nuove abilità, a metterci in gioco e a superare le difficoltà con determinazione. Il modo in cui ci avete fatto sentire accolti e capiti, tramite questo progetto, hanno fatto una grande differenza.

"Voci dal mondo" è stata un'esperienza arricchente

È stata un’esperienza arricchente che ci ha permesso di collaborare, imparare, conoscere e condividere momenti con tutti voi. Grazie di cuore per aver reso questo viaggio con Voci dal Mondo così speciale e significativo. Finalmente, anche noi, stranieri nati e cresciuti in Italia, abbiamo avuto la possibilità di sentirci parte di questa comunità e di contribuire in modo concreto. Non dimenticheremo mai ciò che ci avete donato e il modo in cui ci avete fatto sentire accolti e importanti. Un profondo ringraziamento a chi abbiamo conosciuto in questo percorso. Al nostro caro direttore Daniele Morini e al prof. Rolando Marini, e poi: Stefanina Buonantonio, Maria Rita Valli, Matteo Piselli, Daniele La Monaca, Martino Tosti, Luca Adriani, Emanuela Marotta, prof. Elisabetta Tacconi, Vincenzo Alberati, Tamat, La Voce, Radio Glox, Università per stranieri di Perugia, Fondo di beneficenza Intesa San Paolo. E con il cuore pieno di tristezza Matteo Berlenga. I ragazzi del team del Progetto]]>

A nome di tutti noi, desidero esprimere un sincero e profondo ringraziamento per l’impegno, la dedizione e il costante supporto che ci avete offerto. In questo percorso, siete stati per noi una guida preziosa, non solo trasmettendo conoscenze, ma anche insegnandoci nuove abilità, a metterci in gioco e a superare le difficoltà con determinazione. Il modo in cui ci avete fatto sentire accolti e capiti, tramite questo progetto, hanno fatto una grande differenza.

"Voci dal mondo" è stata un'esperienza arricchente

È stata un’esperienza arricchente che ci ha permesso di collaborare, imparare, conoscere e condividere momenti con tutti voi. Grazie di cuore per aver reso questo viaggio con Voci dal Mondo così speciale e significativo. Finalmente, anche noi, stranieri nati e cresciuti in Italia, abbiamo avuto la possibilità di sentirci parte di questa comunità e di contribuire in modo concreto. Non dimenticheremo mai ciò che ci avete donato e il modo in cui ci avete fatto sentire accolti e importanti. Un profondo ringraziamento a chi abbiamo conosciuto in questo percorso. Al nostro caro direttore Daniele Morini e al prof. Rolando Marini, e poi: Stefanina Buonantonio, Maria Rita Valli, Matteo Piselli, Daniele La Monaca, Martino Tosti, Luca Adriani, Emanuela Marotta, prof. Elisabetta Tacconi, Vincenzo Alberati, Tamat, La Voce, Radio Glox, Università per stranieri di Perugia, Fondo di beneficenza Intesa San Paolo. E con il cuore pieno di tristezza Matteo Berlenga. I ragazzi del team del Progetto]]>
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Si chiude il progetto “Voci dal mondo”, ma le storie continuano a vivere https://www.lavoce.it/si-chiude-il-progetto-voci-dal-mondo-ma-le-storie-continuano-a-vivere/ https://www.lavoce.it/si-chiude-il-progetto-voci-dal-mondo-ma-le-storie-continuano-a-vivere/#respond Mon, 28 Oct 2024 08:08:01 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78181

È arrivato il momento di tracciare un bilancio di questa esperienza e di ringraziare i giovani che ci hanno affiancato nel progetto Voci dal mondo. Cari ragazzi, grazie di cuore per la vostra partecipazione, il vostro impegno e la vostra energia. Grazie per aver scelto di condividere le vostre storie, le vostre esperienze e la vostra visione del mondo con noi, arricchendo il nostro percorso e portando una luce nuova sulla realtà delle migrazioni in Umbria.

“Voci dal mondo" racconto diverso e autentico

Il nostro progetto non sarebbe stato possibile senza il vostro prezioso contributo. La vostra partecipazione ha dato vita a un racconto diverso, autentico e profondo, che ci permette di andare oltre i pregiudizi e gli stereotipi, per abbracciare un dialogo basato sulla comprensione reciproca e sull’inclusione.

Narrazione vera e completa del fenomeno migratorio

Siete voi, con la vostra passione e il vostro coraggio, che state costruendo una narrazione più vera e completa del fenomeno migratorio, offrendo a tutti noi la possibilità di ascoltare direttamente dalla vostra voce cosa significhi essere cittadini del mondo. Grazie per aver accettato la sfida di diventare narratori della vostra storia e di quelle altrui, trasformando queste esperienze in un narrazione bella e utile.

Formazione con “La Voce" e Radio Glox

Grazie per aver frequentato i corsi di formazione con entusiasmo, per aver collaborato con i giornalisti de La Voce e i colleghi di Radio Glox, e per aver partecipato agli incontri con le comunità migranti, guidandoli con le vostre parole e i vostri sorrisi. Ognuno di voi, con il proprio bagaglio culturale e personale, ha contribuito a creare un mosaico di storie che riflette la ricchezza e la diversità del nostro mondo. Il vostro interesse per questo progetto dimostra che l’integrazione non è solo un sogno, ma una realtà che può essere costruita con il dialogo, il rispetto e la collaborazione.

L'Umbria terra di accoglienza

Attraverso le vostre interviste e i vostri racconti, avete mostrato come l’Umbria possa essere una terra di accoglienza, in cui le differenze non separano ma arricchiscono. Le storie che avete raccolto e condiviso non solo documentano la presenza delle comunità migranti nella nostra regione, ma offrono un’opportunità di riflessione e crescita per tutti noi.

Volti e voci di chi spesso è invisibile

Avete messo in luce le sfide, le speranze e i successi di chi ha scelto l’Umbria come sua terra e casa. Avete dato un volto e una voce a chi, spesso invisibile, contribuisce nel silenzio alla vita quotidiana delle nostre comunità. E in questo, avete dimostrato che ogni storia di migrazione è unica, ma al tempo stesso universale, e che ognuno di noi può e deve imparare qualcosa dall’altro.

Ambasciatori di un nuovo modo di raccontare il mondo

In un mondo che troppo spesso sembra diviso, voi avete costruito ponti. Avete usato le parole, le immagini e i suoni per avvicinare le persone, per farle sentire meno sole e più comprese. Siete stati, e continuerete a essere, ambasciatori di un nuovo modo di raccontare il mondo, in cui la diversità è celebrata e non temuta, in cui le storie delle persone vengono valorizzate per la loro unicità e per il loro potere di arricchire la comunità.

Grazie!!

Non possiamo che essere grati per tutto quello che avete fatto e per ciò che farete. Il vostro lavoro non si esaurisce qui: le storie che avete raccolto continueranno a vivere attraverso le parole scritte, le voci radiofoniche, le immagini sui social media. E con esse, continuerà a vivere anche il vostro contributo a una società più inclusiva e consapevole. Grazie, dunque, per aver fatto parte di questa avventura. Grazie per averci insegnato che, attraverso la condivisione e la narrazione, possiamo costruire un mondo migliore, un mondo in cui ogni voce conta e ogni storia merita di essere ascoltata.]]>

È arrivato il momento di tracciare un bilancio di questa esperienza e di ringraziare i giovani che ci hanno affiancato nel progetto Voci dal mondo. Cari ragazzi, grazie di cuore per la vostra partecipazione, il vostro impegno e la vostra energia. Grazie per aver scelto di condividere le vostre storie, le vostre esperienze e la vostra visione del mondo con noi, arricchendo il nostro percorso e portando una luce nuova sulla realtà delle migrazioni in Umbria.

“Voci dal mondo" racconto diverso e autentico

Il nostro progetto non sarebbe stato possibile senza il vostro prezioso contributo. La vostra partecipazione ha dato vita a un racconto diverso, autentico e profondo, che ci permette di andare oltre i pregiudizi e gli stereotipi, per abbracciare un dialogo basato sulla comprensione reciproca e sull’inclusione.

Narrazione vera e completa del fenomeno migratorio

Siete voi, con la vostra passione e il vostro coraggio, che state costruendo una narrazione più vera e completa del fenomeno migratorio, offrendo a tutti noi la possibilità di ascoltare direttamente dalla vostra voce cosa significhi essere cittadini del mondo. Grazie per aver accettato la sfida di diventare narratori della vostra storia e di quelle altrui, trasformando queste esperienze in un narrazione bella e utile.

Formazione con “La Voce" e Radio Glox

Grazie per aver frequentato i corsi di formazione con entusiasmo, per aver collaborato con i giornalisti de La Voce e i colleghi di Radio Glox, e per aver partecipato agli incontri con le comunità migranti, guidandoli con le vostre parole e i vostri sorrisi. Ognuno di voi, con il proprio bagaglio culturale e personale, ha contribuito a creare un mosaico di storie che riflette la ricchezza e la diversità del nostro mondo. Il vostro interesse per questo progetto dimostra che l’integrazione non è solo un sogno, ma una realtà che può essere costruita con il dialogo, il rispetto e la collaborazione.

L'Umbria terra di accoglienza

Attraverso le vostre interviste e i vostri racconti, avete mostrato come l’Umbria possa essere una terra di accoglienza, in cui le differenze non separano ma arricchiscono. Le storie che avete raccolto e condiviso non solo documentano la presenza delle comunità migranti nella nostra regione, ma offrono un’opportunità di riflessione e crescita per tutti noi.

Volti e voci di chi spesso è invisibile

Avete messo in luce le sfide, le speranze e i successi di chi ha scelto l’Umbria come sua terra e casa. Avete dato un volto e una voce a chi, spesso invisibile, contribuisce nel silenzio alla vita quotidiana delle nostre comunità. E in questo, avete dimostrato che ogni storia di migrazione è unica, ma al tempo stesso universale, e che ognuno di noi può e deve imparare qualcosa dall’altro.

Ambasciatori di un nuovo modo di raccontare il mondo

In un mondo che troppo spesso sembra diviso, voi avete costruito ponti. Avete usato le parole, le immagini e i suoni per avvicinare le persone, per farle sentire meno sole e più comprese. Siete stati, e continuerete a essere, ambasciatori di un nuovo modo di raccontare il mondo, in cui la diversità è celebrata e non temuta, in cui le storie delle persone vengono valorizzate per la loro unicità e per il loro potere di arricchire la comunità.

Grazie!!

Non possiamo che essere grati per tutto quello che avete fatto e per ciò che farete. Il vostro lavoro non si esaurisce qui: le storie che avete raccolto continueranno a vivere attraverso le parole scritte, le voci radiofoniche, le immagini sui social media. E con esse, continuerà a vivere anche il vostro contributo a una società più inclusiva e consapevole. Grazie, dunque, per aver fatto parte di questa avventura. Grazie per averci insegnato che, attraverso la condivisione e la narrazione, possiamo costruire un mondo migliore, un mondo in cui ogni voce conta e ogni storia merita di essere ascoltata.]]>
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L’“Ostello di don Elio”, una storia di accoglienza e solidarietà che continua https://www.lavoce.it/lostello-di-don-elio-una-storia-di-accoglienza-e-solidarieta-che-continua/ https://www.lavoce.it/lostello-di-don-elio-una-storia-di-accoglienza-e-solidarieta-che-continua/#respond Fri, 25 Oct 2024 17:29:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78185

Nato nel 1974 grazie all’iniziativa di don Elio Bromuri, l’ostello di via Bontempi a Perugia è stato per anni un punto di riferimento per chiunque avesse bisogno di un rifugio, senza fare distinzioni tra chi poteva permettersi di pagare e chi invece no. Gestito dalla Cooperativa Unitatis Redintegratio, l’ostello ha accolto nel tempo una varietà di persone, tra cui pellegrini, turisti, studenti e soprattutto molti bisognosi, italiani e stranieri. E così per l’ultimo incontro di Voci dal mondo il team ha scelto proprio questo luogo simbolo dell’accoglienza a Perugia.

L'opera di accoglienza dei giovani di don Elio Bromuri

Bromuri aveva intuito l’importanza di creare un luogo di accoglienza per i giovani già a partire dal 1958, quando divenne cappellano della Chiesa dell’Università, assistente della Federazione universitari cattolici italiani (Fuci) e docente all’Università per Stranieri. Questo incarico lo mise in contatto con numerosi giovani provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. Iniziarono così anche incontri di dialogo ecumenico coinvolgendo italiani e stranieri. Non erano solo cristiani, ma anche musulmani, animisti e induisti.

La nascita dell'ostello grazie a don Elio Bromuri

Quando molti studenti si trovarono in difficoltà economiche a causa delle guerre che stavano sconvolgendo i loro paesi, nacque l’idea dell’ostello in cui poter dare un letto a chi non lo aveva. Nel 1974, l’Ostello aprì le porte in un edificio di proprietà dell’Opera Pia Marianna Paoletti, offrendo una soluzione a chi si trovava senza un tetto. Non era raro che Caritas, servizi sociali del Comune e persino la Questura si rivolgessero all’“Ostello di don Elio” per trovare un riparo per chi ne aveva bisogno. L’Ostello ha svolto questa preziosa attività fino al 2020, quando è stato costretto a chiudere a causa della pandemia di Covid-19. Ma la storia dell’accoglienza non si è fermata.

Il servizio di accoglienza richiedenti protezione internazionale

Oggi la struttura continua a ospitare persone nell’ambito del “Progetto accoglienza richiedenti protezione internazionale” della diocesi di Perugia-Città della Pieve. Il Centro è diventato un punto cardine del progetto, offrendo non solo alloggio, ma anche formazione. Infatti proprio in questa struttura si tengono le lezioni di lingua italiana (L2) per i richiedenti asilo, fornendo loro gli strumenti necessari per integrarsi meglio nel tessuto sociale e culturale italiano.

Residenza per studenti universitari

Dal 2021, una parte del Centro è tornata a essere utilizzata come residenza per studenti universitari. Circa 25 giovani, sia italiani sia stranieri, che hanno partecipato al bando dell’Adisu (Agenzia per il diritto allo studio universitario), vivono qui dopo essere risultati vincitori di borse di studio. Questo ritorno alla vocazione originaria dell’Ostello, quella di offrire accoglienza e supporto ai giovani, mantiene vivo lo spirito di solidarietà che ha animato Bromuri fin dalla fondazione della struttura.

L'ostello di don Elio Bromuri è ancora luogo di inclusione

L’Ostello di Perugia rimane un esempio di come un’idea nata dall’incontro tra culture e religioni diverse possa trasformarsi in un luogo di vera inclusione. Un centro che ha saputo adattarsi alle mutevoli esigenze della società, continuando a svolgere un ruolo cruciale nel fornire supporto a chi si trova in difficoltà, che siano studenti in cerca di un’opportunità o persone in fuga da situazioni di conflitto e povertà. Oggi più che mai, l’esperienza di questa struttura ci mostra quanto sia cruciale mantenere viva la tradizione dell’accoglienza e del dialogo, offrendo non solo un tetto, ma anche una prospettiva di speranza per chi cerca un nuovo inizio. Fatima Garouan]]>

Nato nel 1974 grazie all’iniziativa di don Elio Bromuri, l’ostello di via Bontempi a Perugia è stato per anni un punto di riferimento per chiunque avesse bisogno di un rifugio, senza fare distinzioni tra chi poteva permettersi di pagare e chi invece no. Gestito dalla Cooperativa Unitatis Redintegratio, l’ostello ha accolto nel tempo una varietà di persone, tra cui pellegrini, turisti, studenti e soprattutto molti bisognosi, italiani e stranieri. E così per l’ultimo incontro di Voci dal mondo il team ha scelto proprio questo luogo simbolo dell’accoglienza a Perugia.

L'opera di accoglienza dei giovani di don Elio Bromuri

Bromuri aveva intuito l’importanza di creare un luogo di accoglienza per i giovani già a partire dal 1958, quando divenne cappellano della Chiesa dell’Università, assistente della Federazione universitari cattolici italiani (Fuci) e docente all’Università per Stranieri. Questo incarico lo mise in contatto con numerosi giovani provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. Iniziarono così anche incontri di dialogo ecumenico coinvolgendo italiani e stranieri. Non erano solo cristiani, ma anche musulmani, animisti e induisti.

La nascita dell'ostello grazie a don Elio Bromuri

Quando molti studenti si trovarono in difficoltà economiche a causa delle guerre che stavano sconvolgendo i loro paesi, nacque l’idea dell’ostello in cui poter dare un letto a chi non lo aveva. Nel 1974, l’Ostello aprì le porte in un edificio di proprietà dell’Opera Pia Marianna Paoletti, offrendo una soluzione a chi si trovava senza un tetto. Non era raro che Caritas, servizi sociali del Comune e persino la Questura si rivolgessero all’“Ostello di don Elio” per trovare un riparo per chi ne aveva bisogno. L’Ostello ha svolto questa preziosa attività fino al 2020, quando è stato costretto a chiudere a causa della pandemia di Covid-19. Ma la storia dell’accoglienza non si è fermata.

Il servizio di accoglienza richiedenti protezione internazionale

Oggi la struttura continua a ospitare persone nell’ambito del “Progetto accoglienza richiedenti protezione internazionale” della diocesi di Perugia-Città della Pieve. Il Centro è diventato un punto cardine del progetto, offrendo non solo alloggio, ma anche formazione. Infatti proprio in questa struttura si tengono le lezioni di lingua italiana (L2) per i richiedenti asilo, fornendo loro gli strumenti necessari per integrarsi meglio nel tessuto sociale e culturale italiano.

Residenza per studenti universitari

Dal 2021, una parte del Centro è tornata a essere utilizzata come residenza per studenti universitari. Circa 25 giovani, sia italiani sia stranieri, che hanno partecipato al bando dell’Adisu (Agenzia per il diritto allo studio universitario), vivono qui dopo essere risultati vincitori di borse di studio. Questo ritorno alla vocazione originaria dell’Ostello, quella di offrire accoglienza e supporto ai giovani, mantiene vivo lo spirito di solidarietà che ha animato Bromuri fin dalla fondazione della struttura.

L'ostello di don Elio Bromuri è ancora luogo di inclusione

L’Ostello di Perugia rimane un esempio di come un’idea nata dall’incontro tra culture e religioni diverse possa trasformarsi in un luogo di vera inclusione. Un centro che ha saputo adattarsi alle mutevoli esigenze della società, continuando a svolgere un ruolo cruciale nel fornire supporto a chi si trova in difficoltà, che siano studenti in cerca di un’opportunità o persone in fuga da situazioni di conflitto e povertà. Oggi più che mai, l’esperienza di questa struttura ci mostra quanto sia cruciale mantenere viva la tradizione dell’accoglienza e del dialogo, offrendo non solo un tetto, ma anche una prospettiva di speranza per chi cerca un nuovo inizio. Fatima Garouan]]>
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Missione giovani: in 400 hanno partecipato alla catechesi al Teatro Pavone https://www.lavoce.it/quattrocento-giovani-hanno-partecipato-alla-catechesi-al-teatro-pavone/ https://www.lavoce.it/quattrocento-giovani-hanno-partecipato-alla-catechesi-al-teatro-pavone/#respond Thu, 24 Oct 2024 08:00:14 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78146 Tanti giovani seduti sulle poltronicine del Teatro e sui palchetti, sul palco i frati minori

Di “chiasso”, a Perugia, i cento ragazzi e ragazze della “Missione Giovani 2024” ne stanno facendo nell’annunciare a tanti loro coetanei la gioia e la felicità della vita attraverso il Vangelo. È quanto è avvenuto nelle prime cinque giornate di questa esperienza di fede, di incontro, dialogo e socialità, in svolgimento dal 18 al 27 ottobre, guidata dall’équipe della “Missione ed evangelizzazione” dei Frati Minori dell’Umbria insieme ad altri religiosi e religiose, a sacerdoti diocesani e seminaristi. Un “chiasso” che lo aveva “promesso” fra’ Alfio Vespoli, responsabile della “Missione”, all’arcivescovo Ivan Maffeis, alla celebrazione di avvio, il 18 ottobre: "Faremo un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore dei giovani che incontreremo in città…".

In 400 ad ascoltare la catechesi al Teatro Pavone

Ben 400 di loro hanno accolto l’invito dei coetanei missionari a partecipare alla prima delle catechesi serali (ore 21), al Teatro Pavone (dal 22 al 26 ottobre) a cura dei Frati Minori. Alcuni prendevano appunti come se stessero ad una lezione universitaria, altri concentrati ad ascoltare facendo il gesto di “silenzio” con il dito indice davanti alle labbra ai vicini di posto… Tanti volti dagli sguardi attenti e pochissimi gli occhi assonnati come anche gli sbadigli. "Si è colto un grande interesse e coinvolgimento, oltre le più rosee aspettative...!: è stato il commento, a caldo, dei giovani missionari.

L'adorazione eucaristica in cattedrale

Anche la preghiera dell’adorazione eucaristica in cattedrale, che ha concluso la giornata, ha visto una folta partecipazione di ragazzi e ragazze. Tra questi anche chi non è un assiduo frequentatore di luoghi di culto, come alcuni giovani che non hanno esitato a “confessare” agli amici: "Era da molto tempo che non entravo in chiesa…".

Al Pavone è stato ricordato san Giovanni Paolo II

Ieri è stato un giorno particolare per i giovani, il 22 ottobre la Chiesa fa memoria liturgica di un grande santo, Giovanni Paolo II, il Papa delle Giornate Mondiali della Gioventù (Gmg). A ricordarcelo, a margine della sua catechesi al Pavone, è stato fra’ Mirco Mazzocato, del servizio orientamento giovani dei Minori Francescani di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. "Oggi l’abbiamo pregato ed io ho sentito forte la sua intercessione – ci ha raccontato il frate –. Mi tornano alla mente le sue famosissime parole al Giubileo del 2000, quando disse ai giovani: 'E’ Cristo che cercate quando sognate la felicità'. Mi sembra che i giovani abbiamo desiderio di felicità, una generazione diversa che va molto ascoltata e compresa, ma resta insopprimibile l’anelito di gioia che è nell’uomo. Noi nasciamo per questo e c’è poco da raccontarsi… Siamo creati per essere felici, ma poi sta a noi nell’essere messi nella condizione di ricevere quella Parola che dà volto a Colui che i giovani stanno da sempre cercando anche se spesso non lo sanno".

Fra' Mirko: i giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza

Fra’ Mirco ha dedicato la catechesi sulla “donna emorroissa” del Vangelo di Marco (Mc 5,25), dicendoci, all’uscita dal Pavone: "Abbiamo rivisto per la nostra conversione, che stavamo sopra il palco, di come ancora oggi dentro le sfide della vita tanti giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza. Hanno voglia di toccare il lembo del manto di Gesù… Sento nel cuore di ringraziare i tanti sacerdoti delle parrocchie che continuano a lavorare nella messe, che è il campo della Chiesa, del mondo continuando ad essere strumento e padri per condurre i giovani davanti al Signore. È la prima serata di un percorso di evangelizzazione, restituendo a Dio ogni bene che abbiamo intuito. Continuiamo questo percorso grati al Signore anche perché adesso, in cattedrale, tanti giovani sono inginocchiati davanti al Santissimo Sacramento".

Le tappe percorse dai giovani nei cinque giorni di evangelizzazione

Nelle prime cinque giornate di missione i giovani hanno visitato il Carcere, recitato il rosario nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, fatto tappe al Pala Barton per sostenere la “Sir Safety Perugia”, la squadra campione di volley, al vicino Luna Park, alle facoltà universitarie, ai luoghi e locali del centro storico più frequentati come “Umbro’” (ospitati dall’Arci), non mancando all’appuntamento quotidiano dell’adorazione eucaristica (ore 10.30-0.30), nell’antica chiesa della Misericordia della centralissima piazza Piccinino, a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78213,78214,78215,78216,78217,78218,78219,78220,78221,78222,78223,78224,78225,78226,78227"]]]>
Tanti giovani seduti sulle poltronicine del Teatro e sui palchetti, sul palco i frati minori

Di “chiasso”, a Perugia, i cento ragazzi e ragazze della “Missione Giovani 2024” ne stanno facendo nell’annunciare a tanti loro coetanei la gioia e la felicità della vita attraverso il Vangelo. È quanto è avvenuto nelle prime cinque giornate di questa esperienza di fede, di incontro, dialogo e socialità, in svolgimento dal 18 al 27 ottobre, guidata dall’équipe della “Missione ed evangelizzazione” dei Frati Minori dell’Umbria insieme ad altri religiosi e religiose, a sacerdoti diocesani e seminaristi. Un “chiasso” che lo aveva “promesso” fra’ Alfio Vespoli, responsabile della “Missione”, all’arcivescovo Ivan Maffeis, alla celebrazione di avvio, il 18 ottobre: "Faremo un chiasso insopprimibile soprattutto nel cuore dei giovani che incontreremo in città…".

In 400 ad ascoltare la catechesi al Teatro Pavone

Ben 400 di loro hanno accolto l’invito dei coetanei missionari a partecipare alla prima delle catechesi serali (ore 21), al Teatro Pavone (dal 22 al 26 ottobre) a cura dei Frati Minori. Alcuni prendevano appunti come se stessero ad una lezione universitaria, altri concentrati ad ascoltare facendo il gesto di “silenzio” con il dito indice davanti alle labbra ai vicini di posto… Tanti volti dagli sguardi attenti e pochissimi gli occhi assonnati come anche gli sbadigli. "Si è colto un grande interesse e coinvolgimento, oltre le più rosee aspettative...!: è stato il commento, a caldo, dei giovani missionari.

L'adorazione eucaristica in cattedrale

Anche la preghiera dell’adorazione eucaristica in cattedrale, che ha concluso la giornata, ha visto una folta partecipazione di ragazzi e ragazze. Tra questi anche chi non è un assiduo frequentatore di luoghi di culto, come alcuni giovani che non hanno esitato a “confessare” agli amici: "Era da molto tempo che non entravo in chiesa…".

Al Pavone è stato ricordato san Giovanni Paolo II

Ieri è stato un giorno particolare per i giovani, il 22 ottobre la Chiesa fa memoria liturgica di un grande santo, Giovanni Paolo II, il Papa delle Giornate Mondiali della Gioventù (Gmg). A ricordarcelo, a margine della sua catechesi al Pavone, è stato fra’ Mirco Mazzocato, del servizio orientamento giovani dei Minori Francescani di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. "Oggi l’abbiamo pregato ed io ho sentito forte la sua intercessione – ci ha raccontato il frate –. Mi tornano alla mente le sue famosissime parole al Giubileo del 2000, quando disse ai giovani: 'E’ Cristo che cercate quando sognate la felicità'. Mi sembra che i giovani abbiamo desiderio di felicità, una generazione diversa che va molto ascoltata e compresa, ma resta insopprimibile l’anelito di gioia che è nell’uomo. Noi nasciamo per questo e c’è poco da raccontarsi… Siamo creati per essere felici, ma poi sta a noi nell’essere messi nella condizione di ricevere quella Parola che dà volto a Colui che i giovani stanno da sempre cercando anche se spesso non lo sanno".

Fra' Mirko: i giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza

Fra’ Mirco ha dedicato la catechesi sulla “donna emorroissa” del Vangelo di Marco (Mc 5,25), dicendoci, all’uscita dal Pavone: "Abbiamo rivisto per la nostra conversione, che stavamo sopra il palco, di come ancora oggi dentro le sfide della vita tanti giovani hanno fame e sete di toccare qualcosa che resti, la speranza. Hanno voglia di toccare il lembo del manto di Gesù… Sento nel cuore di ringraziare i tanti sacerdoti delle parrocchie che continuano a lavorare nella messe, che è il campo della Chiesa, del mondo continuando ad essere strumento e padri per condurre i giovani davanti al Signore. È la prima serata di un percorso di evangelizzazione, restituendo a Dio ogni bene che abbiamo intuito. Continuiamo questo percorso grati al Signore anche perché adesso, in cattedrale, tanti giovani sono inginocchiati davanti al Santissimo Sacramento".

Le tappe percorse dai giovani nei cinque giorni di evangelizzazione

Nelle prime cinque giornate di missione i giovani hanno visitato il Carcere, recitato il rosario nella chiesa dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia, fatto tappe al Pala Barton per sostenere la “Sir Safety Perugia”, la squadra campione di volley, al vicino Luna Park, alle facoltà universitarie, ai luoghi e locali del centro storico più frequentati come “Umbro’” (ospitati dall’Arci), non mancando all’appuntamento quotidiano dell’adorazione eucaristica (ore 10.30-0.30), nell’antica chiesa della Misericordia della centralissima piazza Piccinino, a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78213,78214,78215,78216,78217,78218,78219,78220,78221,78222,78223,78224,78225,78226,78227"]]]>
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L’integrazione raccontata sui social https://www.lavoce.it/lintegrazione-raccontata-sui-social/ https://www.lavoce.it/lintegrazione-raccontata-sui-social/#respond Mon, 21 Oct 2024 15:13:32 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78165

Il progetto Voci dal mondo non è solo un insieme di eventi fisici, ma anche un racconto transmediale che sfrutta i social media per amplificare le voci di chi spesso non trova spazio nei canali tradizionali. Attraverso un’ampia strategia di comunicazione, il progetto si estende oltre gli incontri in presenza, coinvolgendo un pubblico sempre più vasto, grazie all’uso delle piattaforme digitali.

Strategia di comunicazione nei social media

La strategia di Voci dal mondo è chiara: disseminare il messaggio attraverso mezzi analogici e digitali per raggiungere non solo diverse aree geografiche, ma anche generazioni differenti. Le quattro tappe del progetto — a Terni, Gubbio, Spoleto e il prossimo evento mercoledì 16 ottobre a Perugia — sono documentate in modo sistematico sui social media, creando una narrazione collettiva che rende questi incontri accessibili a tutti, ovunque essi si trovino. La peculiarità del progetto è quella di sfruttare ogni piattaforma per dialogare con pubblici diversi, ognuno con le proprie caratteristiche.

Voci dal mondo su IG, Fb e su quest sito

Le stories di Instagram, per esempio, seguono gli eventi in tempo reale, creando attesa e interesse per gli appuntamenti successivi. Una forma di narrazione immediata, fresca, che riesce a trasmettere non solo i fatti, ma anche le emozioni di chi vi partecipa. Al contempo, gli articoli sul settimanale, sia in versione cartacea che digitale, sono pensati per coinvolgere lettori più tradizionali, spesso appartenenti a una fascia d’età adulta, offrendo un approfondimento che le stories fugaci non possono dare. Non mancano poi i post su Face-book, che raggiungono la community di La Voce. Si tratta di una platea di persone che segue il progetto, ma che magari non è abbonata alla rivista e si informa prevalentemente attraverso i social network. Infine, Instagram è stato il canale scelto per dialogare con i giovani attraverso stories, reels e post dedicati, in grado di attirare la loro attenzione su tematiche sociali spesso trascurate.

Una narrazione dal basso

La forza di Voci dal mondo risiede proprio nella sua capacità di costruire una narrazione “dal basso”. Ogni reel pubblicato dà risalto a storie di integrazione sul nostro territorio. Si tratta di storie di persone comuni che vivono la quotidianità con sfide e conquiste che raramente trovano spazio nei media tradizionali. È questo il cuore del progetto: raccontare storie ignorate, amplificare quelle voci che meriterebbero più ascolto e più attenzione. Anche i momenti di difficoltà, le risate condivise e le aspettative dei partecipanti sono stati documentati, grazie alla copertura costante delle stories di Instagram e Facebook. Ogni tappa, ogni incontro ha lasciato una traccia sui social media, trasformando l’intero progetto in una narrazione collettiva e, soprattutto, accessibile. L’evento finale di Perugia non rappresenta la conclusione del viaggio, ma piuttosto un nuovo inizio. L’obiettivo è quello di continuare a costruire un racconto che non si esaurisca, ma che diventi un punto di riferimento per chi cerca di comprendere meglio la complessità dell’integrazione e delle migrazioni in Umbria. I social media continueranno ad essere parte integrante di questo percorso, creando un mosaico di esperienze che possa fungere sia da testimonianza sia da stimolo alla comprensione reciproca. La scelta di sfruttare i social come strumento principale di diffusione non è casuale: si tratta di canali capaci di abbattere barriere e far arrivare storie di vita a chiunque abbia la curiosità e la voglia di ascoltare. Una narrazione collettiva che non si limita a documentare, ma che cerca di cambiare prospettiva, creando ponti là dove spesso troviamo muri. Matteo Piselli Janeth Guaillas Ouns Mornagui]]>

Il progetto Voci dal mondo non è solo un insieme di eventi fisici, ma anche un racconto transmediale che sfrutta i social media per amplificare le voci di chi spesso non trova spazio nei canali tradizionali. Attraverso un’ampia strategia di comunicazione, il progetto si estende oltre gli incontri in presenza, coinvolgendo un pubblico sempre più vasto, grazie all’uso delle piattaforme digitali.

Strategia di comunicazione nei social media

La strategia di Voci dal mondo è chiara: disseminare il messaggio attraverso mezzi analogici e digitali per raggiungere non solo diverse aree geografiche, ma anche generazioni differenti. Le quattro tappe del progetto — a Terni, Gubbio, Spoleto e il prossimo evento mercoledì 16 ottobre a Perugia — sono documentate in modo sistematico sui social media, creando una narrazione collettiva che rende questi incontri accessibili a tutti, ovunque essi si trovino. La peculiarità del progetto è quella di sfruttare ogni piattaforma per dialogare con pubblici diversi, ognuno con le proprie caratteristiche.

Voci dal mondo su IG, Fb e su quest sito

Le stories di Instagram, per esempio, seguono gli eventi in tempo reale, creando attesa e interesse per gli appuntamenti successivi. Una forma di narrazione immediata, fresca, che riesce a trasmettere non solo i fatti, ma anche le emozioni di chi vi partecipa. Al contempo, gli articoli sul settimanale, sia in versione cartacea che digitale, sono pensati per coinvolgere lettori più tradizionali, spesso appartenenti a una fascia d’età adulta, offrendo un approfondimento che le stories fugaci non possono dare. Non mancano poi i post su Face-book, che raggiungono la community di La Voce. Si tratta di una platea di persone che segue il progetto, ma che magari non è abbonata alla rivista e si informa prevalentemente attraverso i social network. Infine, Instagram è stato il canale scelto per dialogare con i giovani attraverso stories, reels e post dedicati, in grado di attirare la loro attenzione su tematiche sociali spesso trascurate.

Una narrazione dal basso

La forza di Voci dal mondo risiede proprio nella sua capacità di costruire una narrazione “dal basso”. Ogni reel pubblicato dà risalto a storie di integrazione sul nostro territorio. Si tratta di storie di persone comuni che vivono la quotidianità con sfide e conquiste che raramente trovano spazio nei media tradizionali. È questo il cuore del progetto: raccontare storie ignorate, amplificare quelle voci che meriterebbero più ascolto e più attenzione. Anche i momenti di difficoltà, le risate condivise e le aspettative dei partecipanti sono stati documentati, grazie alla copertura costante delle stories di Instagram e Facebook. Ogni tappa, ogni incontro ha lasciato una traccia sui social media, trasformando l’intero progetto in una narrazione collettiva e, soprattutto, accessibile. L’evento finale di Perugia non rappresenta la conclusione del viaggio, ma piuttosto un nuovo inizio. L’obiettivo è quello di continuare a costruire un racconto che non si esaurisca, ma che diventi un punto di riferimento per chi cerca di comprendere meglio la complessità dell’integrazione e delle migrazioni in Umbria. I social media continueranno ad essere parte integrante di questo percorso, creando un mosaico di esperienze che possa fungere sia da testimonianza sia da stimolo alla comprensione reciproca. La scelta di sfruttare i social come strumento principale di diffusione non è casuale: si tratta di canali capaci di abbattere barriere e far arrivare storie di vita a chiunque abbia la curiosità e la voglia di ascoltare. Una narrazione collettiva che non si limita a documentare, ma che cerca di cambiare prospettiva, creando ponti là dove spesso troviamo muri. Matteo Piselli Janeth Guaillas Ouns Mornagui]]>
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Immigrazione e prospettive dell’integrazione. Un problema di autocensura? https://www.lavoce.it/immigrazione-e-prospettive-dellintegrazione-un-problema-di-autocensura/ https://www.lavoce.it/immigrazione-e-prospettive-dellintegrazione-un-problema-di-autocensura/#respond Sun, 20 Oct 2024 14:40:49 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78177 Rolando Marini

Il giro nelle quattro città umbre fatto con il progetto Voci dal Mondo ha mostrato l’enorme potenziale di impegno per l’accoglienza dei migranti. Alquanto minore è sembrato lo spazio che il sistema complessivamente considerato sembra avere avuto, e possa avere d’ora in poi, per l’integrazione, nelle sue variabili accezioni.

Migranti, superare il sistema assistenzialistico

Molti assessori hanno riflettuto su tale aspetto. In sintesi, la proiezione in avanti dovrebbe essere rappresentata dal superamento dell’approccio assistenzialistico, per pervenire – nelle parole dell’assessore “alle Nuove Cittadinanze” di Perugia, Costanza Spera – all’impegno nel percorso di empowerment di cittadinanza, ossia nell’acquisizione di un’attitudine alla cittadinanza attiva e consapevole: quella cioè che non si ferma alla giusta attesa di un benessere materiale, ma si apre al patto di convivenza civile che è inscritto nell’ “abitare la città”. Un patto che richiede partecipazione, in varie forme, individuale e collettiva.

Il rapporto tra la città e gli immigrati

La questione pertanto va oltre il tema – caldo in queste settimane – della riforma dell’acquisizione della cittadinanza nazionale. Risiede invece nel rapporto che si stabilisce tra la città, nelle sue varie espressioni, e gli immigrati che abbiano un progetto di permanenza, seppure non definitivo. Questo rapporto è molto segnato, in negativo, dalla mission esplicita e implicita che il sistema dell’accoglienza gli ha trasmesso: quella dell’aiuto e dell’assistenza nel corso di quel limbo che chiamiamo accoglienza. Si tratta appunto di tenere fermo un concetto che diventi linea di condotta per tutti gli attori coinvolti: l’immigrato e le comunità di immigrati non possono collocarsi nella società di nuovo insediamento, più o meno intenzionalmente o consapevolmente, come delle province sociali autonome o, più efficacemente, delle enclaves.

Inclusione e integrazione

Diventa allora inevitabile affrontare il problema del modo in cui intendiamo appunto il concetto e il percorso di inclusione. Molti temono la parola “integrazione”, perché implica, si dice, un rapporto asimmetrico, etnocentrico, quasi di tipo coloniale. E infatti la si trova al centro del dibattito sul multiculturalismo. Ma la si trova solo se guadiamo bene, perché è un dibattito opaco, che soffre di due enormi difetti. Il primo difetto è quello di avere assunto un carattere ideologizzato, di scontro tra schieramenti politico-culturali armati di apparati simbolici incompatibili: schieramenti contrapposti, per la visione profondamente diversa dei rapporti umani, ma comunque accomunati dall’avere costruito una frattura. Usata per marcare una differenza antropologica, quella che una volta c’era tra fascisti e comunisti, e adesso è tra razzisti e anti-razzisti, tra buonisti e xenofobi, tra sovranisti e cosmopoliti, anche se queste etichette non calzano del tutto per definire adeguatamente le aggregazioni neo-ideologiche che si dispongono in conflitto anche sul piano emotivo-affettivo.

Due utopie a confronto

Si tratta anche di due utopie a confronto. Da una parte quella della separazione e dell’autodifesa identitaria nella globalizzazione, sorretta dal pregiudizio dell’assoluta incompatibilità. Dall’altra l’utopia multiculturalista, quella di un ritrovato sogno di giustizia universale, per capirci un nuovo sol dell’avvenire, in cui ai proletari si sostituiscono i diseredati della terra, sorretto dal senso di colpa per avere sottoposto a sfruttamento secolare quattro quinti del mondo. E qui arriviamo al secondo difetto, quello derivante dal fatto che ideologie e utopie non sono adatte a ragionare sul presente (che cosa fare in concreto), ma neanche sul futuro, generando autocensure e negazionismi di vario tipo. Tra questi, dalle nebbie prodotte dall’incontro tra illusioni e conflitti emerge talvolta, ma poi si risommerge, la domanda su cosa si debba intendere per inclusione/integrazione. Lo spettro del cosiddetto “assimilazionismo etnocentrico”, che sarebbe tipico del modello francese di integrazione post-coloniale, è stato tante volte usato per ammonire rispetto alla possibilità che l’integrazione nel sistema di regole di una nazione e di uno Stato vada a ledere l’integrità culturale delle comunità migranti. Voglio però qui ricordare la forza della posizione che Jurgen Habermas assunse nel 1998, nel libro Multiculturalismo (e in altri interventi come L’inclusione dell’altro). Le differenze possono riconoscersi reciprocamente e interagire collaborativamente solo all’interno dell’accettazione di un quadro comune di norme, sia di leggi che di regole sociali discendenti dalle prime in via diretta o indiretta. Se questo accordo sostanziale non ci fosse – e, secondo me, non c’è –, allora la società multiculturale diviene un aggregato instabile e non abbastanza coeso. E il mercato (dal lavoro al consumo) non può certo esercitare una supplenza integrativa; questo vale in generale, non perché stiamo attraversando tante crisi con forte impatto sulle diseguaglianze.

Rimodellare il sistema sociale e giuridico-istituzionale

Certamente, si apre, insieme con la domanda su “quale integrazione”, quella su come il sistema sociale e quello giuridico-istituzionale possano rimodellarsi per trovare un compromesso “giusto” tra nuova comunanza (non più di tradizione e di tendenziale omogeneità identitaria), da una parte, e autonomia comunitaria, dall’altra. L’illusione comunitaristica può giocare un ruolo ingombrante. Con Habermas, occorre che tutte le comunità esercitino una forma di solidarietà basata sul confronto, esercitando un dibattito intorno al proprio stare insieme. Da questo deriva – ora - la necessità di una responsabilità a porsi quella domanda. Ma reciprocamente. Allora, superando le autocensure, alzando la testa per un momento dal lavoro quotidiano, chi si occupa di sostegno agli immigrati dovrebbe domandarsi e domandare agli altri che cosa intende lui per integrazione; se si è posto il problema; se ha dato per scontate troppe cose; se davvero vuole cominciare a riflettere e confrontarsi sul problema. Rolando Marini ProRettore Università per Stranieri di Perugia]]>
Rolando Marini

Il giro nelle quattro città umbre fatto con il progetto Voci dal Mondo ha mostrato l’enorme potenziale di impegno per l’accoglienza dei migranti. Alquanto minore è sembrato lo spazio che il sistema complessivamente considerato sembra avere avuto, e possa avere d’ora in poi, per l’integrazione, nelle sue variabili accezioni.

Migranti, superare il sistema assistenzialistico

Molti assessori hanno riflettuto su tale aspetto. In sintesi, la proiezione in avanti dovrebbe essere rappresentata dal superamento dell’approccio assistenzialistico, per pervenire – nelle parole dell’assessore “alle Nuove Cittadinanze” di Perugia, Costanza Spera – all’impegno nel percorso di empowerment di cittadinanza, ossia nell’acquisizione di un’attitudine alla cittadinanza attiva e consapevole: quella cioè che non si ferma alla giusta attesa di un benessere materiale, ma si apre al patto di convivenza civile che è inscritto nell’ “abitare la città”. Un patto che richiede partecipazione, in varie forme, individuale e collettiva.

Il rapporto tra la città e gli immigrati

La questione pertanto va oltre il tema – caldo in queste settimane – della riforma dell’acquisizione della cittadinanza nazionale. Risiede invece nel rapporto che si stabilisce tra la città, nelle sue varie espressioni, e gli immigrati che abbiano un progetto di permanenza, seppure non definitivo. Questo rapporto è molto segnato, in negativo, dalla mission esplicita e implicita che il sistema dell’accoglienza gli ha trasmesso: quella dell’aiuto e dell’assistenza nel corso di quel limbo che chiamiamo accoglienza. Si tratta appunto di tenere fermo un concetto che diventi linea di condotta per tutti gli attori coinvolti: l’immigrato e le comunità di immigrati non possono collocarsi nella società di nuovo insediamento, più o meno intenzionalmente o consapevolmente, come delle province sociali autonome o, più efficacemente, delle enclaves.

Inclusione e integrazione

Diventa allora inevitabile affrontare il problema del modo in cui intendiamo appunto il concetto e il percorso di inclusione. Molti temono la parola “integrazione”, perché implica, si dice, un rapporto asimmetrico, etnocentrico, quasi di tipo coloniale. E infatti la si trova al centro del dibattito sul multiculturalismo. Ma la si trova solo se guadiamo bene, perché è un dibattito opaco, che soffre di due enormi difetti. Il primo difetto è quello di avere assunto un carattere ideologizzato, di scontro tra schieramenti politico-culturali armati di apparati simbolici incompatibili: schieramenti contrapposti, per la visione profondamente diversa dei rapporti umani, ma comunque accomunati dall’avere costruito una frattura. Usata per marcare una differenza antropologica, quella che una volta c’era tra fascisti e comunisti, e adesso è tra razzisti e anti-razzisti, tra buonisti e xenofobi, tra sovranisti e cosmopoliti, anche se queste etichette non calzano del tutto per definire adeguatamente le aggregazioni neo-ideologiche che si dispongono in conflitto anche sul piano emotivo-affettivo.

Due utopie a confronto

Si tratta anche di due utopie a confronto. Da una parte quella della separazione e dell’autodifesa identitaria nella globalizzazione, sorretta dal pregiudizio dell’assoluta incompatibilità. Dall’altra l’utopia multiculturalista, quella di un ritrovato sogno di giustizia universale, per capirci un nuovo sol dell’avvenire, in cui ai proletari si sostituiscono i diseredati della terra, sorretto dal senso di colpa per avere sottoposto a sfruttamento secolare quattro quinti del mondo. E qui arriviamo al secondo difetto, quello derivante dal fatto che ideologie e utopie non sono adatte a ragionare sul presente (che cosa fare in concreto), ma neanche sul futuro, generando autocensure e negazionismi di vario tipo. Tra questi, dalle nebbie prodotte dall’incontro tra illusioni e conflitti emerge talvolta, ma poi si risommerge, la domanda su cosa si debba intendere per inclusione/integrazione. Lo spettro del cosiddetto “assimilazionismo etnocentrico”, che sarebbe tipico del modello francese di integrazione post-coloniale, è stato tante volte usato per ammonire rispetto alla possibilità che l’integrazione nel sistema di regole di una nazione e di uno Stato vada a ledere l’integrità culturale delle comunità migranti. Voglio però qui ricordare la forza della posizione che Jurgen Habermas assunse nel 1998, nel libro Multiculturalismo (e in altri interventi come L’inclusione dell’altro). Le differenze possono riconoscersi reciprocamente e interagire collaborativamente solo all’interno dell’accettazione di un quadro comune di norme, sia di leggi che di regole sociali discendenti dalle prime in via diretta o indiretta. Se questo accordo sostanziale non ci fosse – e, secondo me, non c’è –, allora la società multiculturale diviene un aggregato instabile e non abbastanza coeso. E il mercato (dal lavoro al consumo) non può certo esercitare una supplenza integrativa; questo vale in generale, non perché stiamo attraversando tante crisi con forte impatto sulle diseguaglianze.

Rimodellare il sistema sociale e giuridico-istituzionale

Certamente, si apre, insieme con la domanda su “quale integrazione”, quella su come il sistema sociale e quello giuridico-istituzionale possano rimodellarsi per trovare un compromesso “giusto” tra nuova comunanza (non più di tradizione e di tendenziale omogeneità identitaria), da una parte, e autonomia comunitaria, dall’altra. L’illusione comunitaristica può giocare un ruolo ingombrante. Con Habermas, occorre che tutte le comunità esercitino una forma di solidarietà basata sul confronto, esercitando un dibattito intorno al proprio stare insieme. Da questo deriva – ora - la necessità di una responsabilità a porsi quella domanda. Ma reciprocamente. Allora, superando le autocensure, alzando la testa per un momento dal lavoro quotidiano, chi si occupa di sostegno agli immigrati dovrebbe domandarsi e domandare agli altri che cosa intende lui per integrazione; se si è posto il problema; se ha dato per scontate troppe cose; se davvero vuole cominciare a riflettere e confrontarsi sul problema. Rolando Marini ProRettore Università per Stranieri di Perugia]]>
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Tra Italia e Mongolia una amicizia nata a Magione https://www.lavoce.it/tra-italia-e-mongolia-una-amicizia-nata-a-magione/ https://www.lavoce.it/tra-italia-e-mongolia-una-amicizia-nata-a-magione/#respond Sat, 19 Oct 2024 17:59:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78189

L’associazione Mongolia-Italia, fondata nel 1990 in Ulaanbaatar, è una organizzazione non governativa con lo scopo principale di promuovere e rafforzare l’amicizia e la collaborazione tra la Mongolia e l’Italia, oltre a promuovere la comprensione e la fiducia tra i popoli, nonché le relazioni commerciali, economiche, culturali, scientifiche e umanitarie. Nyamaa Lkhagvajav è la presidente dell’Associazione e cimongoliattadina onoraria di Magione. È arrivata in Italia per la prima volta nel 1998 per migliorare la sua conoscenza della lingua italiana. Attualmente frequenta il corso di laurea triennale di primo livello in Made in Italy, cibo e ospitalità all’Università per Stranieri di Perugia. A novembre del 2023 ha ricevuto il conferimento della Cittadinanza onoraria della città di Magione.

Le attività della associazione Mongolia-Italia

L’Associazione promuove la Mongolia in Italia, e viceversa, sviluppa la comprensione e fiducia reciproca della cooperazione tra i due paesi, sviluppa le relazioni culturali, artistiche, scientifiche ed educative tra i due paesi, sostiene le promozioni di usi e costumi nazionali e popolari, tradizioni, diffonde la cultura e la storia come patrimonio dei paesi, sostiene le idee caritatevoli e umanitarie, aiuta e facilita l’instaurazione di relazioni commerciali e amichevoli con le province, le città, le istituzioni governative e private della Mongolia, i servizi, la cultura, la scienza e l’istruzione con le province, le città e le istituzioni analoghe italiane, promuove la creazione e l’espansione delle relazioni tra i cittadini di entrambi i paesi. Dal 1990 ad oggi organizza i corsi di lingua e cultura italiana in Mongolia, dal 1999 organizza diversi eventi come mostre di quadri o di foto nelle diverse città italiane ma, anche all’Università per Stranieri di Perugia, le mostre fotografiche sull’Italia, su città, paesi e paesaggi pittoreschi italiani in Mongolia. Dal 1999 al 2009 le mostre “Cielo blu della Mongolia”, dal 2009 fino a 2011 in Piemonte la mostra delle bambole con gli abiti tradizionali. Dal 2000 quasi ogni anno in febbraio, a Magione, sono state celebrate le feste del capodanno mongolo preparando i tipici piatti mongoli, e le presentazioni sulle tradizioni, cultura e arte della Mongolia. Nel 2010 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg, Adisu, Comune di Magione e Associazione che assegnava 3 borse di studio per i corsi di lingua per gli studenti mongoli. Nel dicembre del 2023 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg per la cooperazione culturale e scientifica. Da 2015 sono organizzati i corsi di cucina italiana “Sapori d’Italia” tenuti dai cittadini italiani residenti in Mongolia. Marius Daniel Langa]]>

L’associazione Mongolia-Italia, fondata nel 1990 in Ulaanbaatar, è una organizzazione non governativa con lo scopo principale di promuovere e rafforzare l’amicizia e la collaborazione tra la Mongolia e l’Italia, oltre a promuovere la comprensione e la fiducia tra i popoli, nonché le relazioni commerciali, economiche, culturali, scientifiche e umanitarie. Nyamaa Lkhagvajav è la presidente dell’Associazione e cimongoliattadina onoraria di Magione. È arrivata in Italia per la prima volta nel 1998 per migliorare la sua conoscenza della lingua italiana. Attualmente frequenta il corso di laurea triennale di primo livello in Made in Italy, cibo e ospitalità all’Università per Stranieri di Perugia. A novembre del 2023 ha ricevuto il conferimento della Cittadinanza onoraria della città di Magione.

Le attività della associazione Mongolia-Italia

L’Associazione promuove la Mongolia in Italia, e viceversa, sviluppa la comprensione e fiducia reciproca della cooperazione tra i due paesi, sviluppa le relazioni culturali, artistiche, scientifiche ed educative tra i due paesi, sostiene le promozioni di usi e costumi nazionali e popolari, tradizioni, diffonde la cultura e la storia come patrimonio dei paesi, sostiene le idee caritatevoli e umanitarie, aiuta e facilita l’instaurazione di relazioni commerciali e amichevoli con le province, le città, le istituzioni governative e private della Mongolia, i servizi, la cultura, la scienza e l’istruzione con le province, le città e le istituzioni analoghe italiane, promuove la creazione e l’espansione delle relazioni tra i cittadini di entrambi i paesi. Dal 1990 ad oggi organizza i corsi di lingua e cultura italiana in Mongolia, dal 1999 organizza diversi eventi come mostre di quadri o di foto nelle diverse città italiane ma, anche all’Università per Stranieri di Perugia, le mostre fotografiche sull’Italia, su città, paesi e paesaggi pittoreschi italiani in Mongolia. Dal 1999 al 2009 le mostre “Cielo blu della Mongolia”, dal 2009 fino a 2011 in Piemonte la mostra delle bambole con gli abiti tradizionali. Dal 2000 quasi ogni anno in febbraio, a Magione, sono state celebrate le feste del capodanno mongolo preparando i tipici piatti mongoli, e le presentazioni sulle tradizioni, cultura e arte della Mongolia. Nel 2010 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg, Adisu, Comune di Magione e Associazione che assegnava 3 borse di studio per i corsi di lingua per gli studenti mongoli. Nel dicembre del 2023 è stato stipulato l’accordo con l’UnistraPg per la cooperazione culturale e scientifica. Da 2015 sono organizzati i corsi di cucina italiana “Sapori d’Italia” tenuti dai cittadini italiani residenti in Mongolia. Marius Daniel Langa]]>
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L’Università per stranieri porta il mondo a Perugia https://www.lavoce.it/luniversita-per-stranieri-porta-il-mondo-a-perugia/ https://www.lavoce.it/luniversita-per-stranieri-porta-il-mondo-a-perugia/#respond Sat, 19 Oct 2024 14:32:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78191

L’Università per Stranieri di Perugia, conosciuta a livello globale come un centro d’eccellenza per lo studio della lingua e della cultura italiana, offre numerose borse di studio internazionali per promuovere la mobilità studentesca e favorire l’accesso a un’istruzione di qualità. Grazie a queste opportunità, ogni anno studenti provenienti da tutto il mondo (con prevalenza da Vietnam, Argentina, Camerun, Egitto, Etiopia, ma anche paesi come: Albania, Algeria, Brasile, Colombia, Ecuador, Kenya, Kossovo, Macedonia, Marocco, Montenegro, Senegal, Tunisia) possono vivere un’esperienza formativa e culturale unica nel cuore dell’Italia.

Studenti da tutto il mondo a Perugia con le borse di studio

Il processo di selezione si basa su criteri di merito accademico e, in alcuni casi, sulle condizioni economiche degli studenti. Le borse, a seconda del programma, possono coprire in tutto o in parte le tasse universitarie, i costi di soggiorno e altre spese. Le borse di studio, rivolte a studenti internazionali di varie discipline, coprono una vasta gamma di esigenze: dai corsi di lingua e cultura italiana ai corsi di laurea triennale, magistrale e ai programmi di dottorato. Alcune di queste borse sono finanziate direttamente dall’Università, mentre altre sono messe a disposizione grazie a collaborazioni con enti come il Ministero degli Affari Esteri italiano, che supporta studenti stranieri meritevoli e italiani residenti all’estero (provenienti prevalentemente dal Senegal, Camerun, Egitto, Tunisia). Inoltre l’Università per Stranieri di Perugia ha dato il via nell’a.a 2023/2024 ad un percorso di studi con borse di studio per la frequenza di corsi di laurea e laurea magistrale dell’Ateneo. Ad oggi si sono immatricolati ben 95 studenti internazionali.

Supporto ed assistenza agli studenti

Il professore Alessandro Ginammi Albanese ricopre un ruolo cruciale all’interno dell’Università per Stranieri come tutor e referente per le borse di studio. In questa posizione, si occupa di fornire supporto e assistenza agli studenti interessati a candidarsi per le borse, inoltre segue gli studenti beneficiari durante il loro percorso accademico, assicurandosi che ottengano il massimo dall’esperienza formativa. Studiare all’Università per Stranieri di Perugia significa anche immergersi in un contesto culturale vivace e multiculturale. Gli studenti internazionali non solo acquisiscono competenze accademiche, ma hanno anche la possibilità di conoscere la cultura italiana, partecipando ad attività culturali e sociali organizzate dall’ateneo e vivendo in una delle città più affascinanti e ricche di storia d’Italia. Grazie alle borse di studio internazionali, l’Università per Stranieri di Perugia continua a svolgere il suo ruolo di ponte culturale tra l’Italia e il resto del mondo, promuovendo il dialogo e lo scambio tra culture diverse.

L'esperienza di Elena (Thu Phuon)

Una testimonianza diretta è quella di Elena (nome d’origine Thu Phuon) ragazza di 23 anni proveniente dal Vietnam. Arrivata in Italia 10 mesi fa, attualmente frequenta il corso di studi Compsi (Comunicazione pubblicitaria, storytelling e cultura d’immagine). Con grande emozione ricorda quando nel 2022 ci fu la trasferta del rettore in Vietnam per assegnare 10 borse di studio a 10 studenti locali. In seguito ad un percorso di selezione, Elena è tra le vincitrici della borsa di studio. Arrivata in Italia il primo impatto non è stato dei migliori avendo difficoltà con l’alloggio e nel rapportarsi con gli italiani, ma grazie al Movimento dei Focolari ha conosciuto una signora che l’ha aiutata, e ha ricevuto sostegno anche dalla stessa Università. Ora con gioia Elena sottolinea di essere a proprio agio e di aver risolto le sue difficoltà iniziali. Per il suo futuro prevede di continuare i suoi studi aggiornandosi con i cambiamenti che avvengono anche nel suo paese in materia di comunicazione. Khelia Gba]]>

L’Università per Stranieri di Perugia, conosciuta a livello globale come un centro d’eccellenza per lo studio della lingua e della cultura italiana, offre numerose borse di studio internazionali per promuovere la mobilità studentesca e favorire l’accesso a un’istruzione di qualità. Grazie a queste opportunità, ogni anno studenti provenienti da tutto il mondo (con prevalenza da Vietnam, Argentina, Camerun, Egitto, Etiopia, ma anche paesi come: Albania, Algeria, Brasile, Colombia, Ecuador, Kenya, Kossovo, Macedonia, Marocco, Montenegro, Senegal, Tunisia) possono vivere un’esperienza formativa e culturale unica nel cuore dell’Italia.

Studenti da tutto il mondo a Perugia con le borse di studio

Il processo di selezione si basa su criteri di merito accademico e, in alcuni casi, sulle condizioni economiche degli studenti. Le borse, a seconda del programma, possono coprire in tutto o in parte le tasse universitarie, i costi di soggiorno e altre spese. Le borse di studio, rivolte a studenti internazionali di varie discipline, coprono una vasta gamma di esigenze: dai corsi di lingua e cultura italiana ai corsi di laurea triennale, magistrale e ai programmi di dottorato. Alcune di queste borse sono finanziate direttamente dall’Università, mentre altre sono messe a disposizione grazie a collaborazioni con enti come il Ministero degli Affari Esteri italiano, che supporta studenti stranieri meritevoli e italiani residenti all’estero (provenienti prevalentemente dal Senegal, Camerun, Egitto, Tunisia). Inoltre l’Università per Stranieri di Perugia ha dato il via nell’a.a 2023/2024 ad un percorso di studi con borse di studio per la frequenza di corsi di laurea e laurea magistrale dell’Ateneo. Ad oggi si sono immatricolati ben 95 studenti internazionali.

Supporto ed assistenza agli studenti

Il professore Alessandro Ginammi Albanese ricopre un ruolo cruciale all’interno dell’Università per Stranieri come tutor e referente per le borse di studio. In questa posizione, si occupa di fornire supporto e assistenza agli studenti interessati a candidarsi per le borse, inoltre segue gli studenti beneficiari durante il loro percorso accademico, assicurandosi che ottengano il massimo dall’esperienza formativa. Studiare all’Università per Stranieri di Perugia significa anche immergersi in un contesto culturale vivace e multiculturale. Gli studenti internazionali non solo acquisiscono competenze accademiche, ma hanno anche la possibilità di conoscere la cultura italiana, partecipando ad attività culturali e sociali organizzate dall’ateneo e vivendo in una delle città più affascinanti e ricche di storia d’Italia. Grazie alle borse di studio internazionali, l’Università per Stranieri di Perugia continua a svolgere il suo ruolo di ponte culturale tra l’Italia e il resto del mondo, promuovendo il dialogo e lo scambio tra culture diverse.

L'esperienza di Elena (Thu Phuon)

Una testimonianza diretta è quella di Elena (nome d’origine Thu Phuon) ragazza di 23 anni proveniente dal Vietnam. Arrivata in Italia 10 mesi fa, attualmente frequenta il corso di studi Compsi (Comunicazione pubblicitaria, storytelling e cultura d’immagine). Con grande emozione ricorda quando nel 2022 ci fu la trasferta del rettore in Vietnam per assegnare 10 borse di studio a 10 studenti locali. In seguito ad un percorso di selezione, Elena è tra le vincitrici della borsa di studio. Arrivata in Italia il primo impatto non è stato dei migliori avendo difficoltà con l’alloggio e nel rapportarsi con gli italiani, ma grazie al Movimento dei Focolari ha conosciuto una signora che l’ha aiutata, e ha ricevuto sostegno anche dalla stessa Università. Ora con gioia Elena sottolinea di essere a proprio agio e di aver risolto le sue difficoltà iniziali. Per il suo futuro prevede di continuare i suoi studi aggiornandosi con i cambiamenti che avvengono anche nel suo paese in materia di comunicazione. Khelia Gba]]>
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Anche a Perugia opera un gruppo della Comunità di Sant’Egidio https://www.lavoce.it/anche-a-perugia-opera-un-gruppo-della-comunita-di-santegidio/ https://www.lavoce.it/anche-a-perugia-opera-un-gruppo-della-comunita-di-santegidio/#respond Fri, 18 Oct 2024 14:20:15 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78193

L’ultimo incontro della serie di eventi “Voci dal Mondo” si è tenuto a Perugia, portando con sé un messaggio di accoglienza e integrazione. Tra gli ospiti, ha partecipato Luciano Morini, responsabile del gruppo perugino della Comunità di Sant’Egidio, un’importante realtà attiva sul territorio umbro.

La missione della Comunità di Sant'Egidio

La Comunità di Sant’Egidio è un’organizzazione laica di carattere religioso, nata negli anni ’60 a Roma, che si è distinta per il suo impegno umanitario e sociale, specialmente in ambito di aiuto ai più vulnerabili, ed è presente ad oggi in circa 70 paesi. L’ospite ha condiviso la missione della comunità nella promozione della cultura della pace. Con esperienze significative, come la mediazione nella guerra civile in Mozambico nel 1992. Sant’Egidio si impegna a vedere ogni persona come un fratello o una sorella, piuttosto che come un mero beneficiario di assistenza.

I corridoi umanitari

In particolare Luciano Morini ha evidenziato l’importanza dei corridoi umanitari, istituiti dopo l’inizio della guerra in Siria, per offrire vie sicure di ingresso a rifugiati vulnerabili, evitando viaggi pericolosi nel Mediterraneo. Grazie a collaborazioni con il Ministero degli Interni, Caritas e altre organizzazioni, dal 2016 sono stati accolti oltre 7.000 rifugiati con particolare attenzione a famiglie e individui in difficoltà. Il processo di integrazione prevede corsi di lingua, fondamentali per facilitare l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale locale, e supporto nella gestione burocratica e lavorativa, che risulta particolarmente complesso, soprattutto qui in Umbria. L’obiettivo è favorire una partecipazione attiva alla comunità. I nuovi arrivati giungono a bordo di aerei in Italia dove li attende già una famiglia, una associazione o un gruppo di famiglie pronte ad accoglierli. Possiamo definire questo sistema, ha detto Morini, come di tipo “adottivo”, poiché le persone vengono in qualche misura invitate a diventare parte attiva della comunità. La comunità di Sant’Egidio promuove questa esperienza come un modello per l’accoglienza a livello europeo, esortando a garantire protezione a tutte le persone fragili.

La “Scuola della pace"

Uno dei progetti più significativi è la “Scuola della Pace”, un’iniziativa che offre un ambiente di apprendimento accogliente e inclusivo, dove bambini e ragazzi di diverse nazionalità possono incontrarsi e crescere insieme. La scuola si propone di promuovere dialogo e rispetto reciproco, permettendo ai partecipanti di condividere le proprie storie e culture. Queste attività non solo aiutano gli immigrati a sentirsi parte della società, ma arricchiscono anche la cultura locale, creando una rete di scambio e interazione.

Costruire ponti e non muri

Durante l’incontro, Luciano Morini ha condiviso esperienze dirette e aneddoti significativi, evidenziando l’importanza di costruire ponti anziché muri. In un momento storico in cui l’immigrazione è un tema caldo e spesso controverso, le attività della Comunità di Sant’Egidio a Perugia rappresentano un faro di speranza, dimostrando come l’accoglienza e l’inclusione possano essere realizzate concretamente. In conclusione, l’incontro “Voci dal Mondo” ha sottolineato l’importanza della diversità e dell’integrazione, evidenziando Perugia e altre città umbre come esempio di accoglienza e solidarietà. Ouns Mornagui]]>

L’ultimo incontro della serie di eventi “Voci dal Mondo” si è tenuto a Perugia, portando con sé un messaggio di accoglienza e integrazione. Tra gli ospiti, ha partecipato Luciano Morini, responsabile del gruppo perugino della Comunità di Sant’Egidio, un’importante realtà attiva sul territorio umbro.

La missione della Comunità di Sant'Egidio

La Comunità di Sant’Egidio è un’organizzazione laica di carattere religioso, nata negli anni ’60 a Roma, che si è distinta per il suo impegno umanitario e sociale, specialmente in ambito di aiuto ai più vulnerabili, ed è presente ad oggi in circa 70 paesi. L’ospite ha condiviso la missione della comunità nella promozione della cultura della pace. Con esperienze significative, come la mediazione nella guerra civile in Mozambico nel 1992. Sant’Egidio si impegna a vedere ogni persona come un fratello o una sorella, piuttosto che come un mero beneficiario di assistenza.

I corridoi umanitari

In particolare Luciano Morini ha evidenziato l’importanza dei corridoi umanitari, istituiti dopo l’inizio della guerra in Siria, per offrire vie sicure di ingresso a rifugiati vulnerabili, evitando viaggi pericolosi nel Mediterraneo. Grazie a collaborazioni con il Ministero degli Interni, Caritas e altre organizzazioni, dal 2016 sono stati accolti oltre 7.000 rifugiati con particolare attenzione a famiglie e individui in difficoltà. Il processo di integrazione prevede corsi di lingua, fondamentali per facilitare l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale locale, e supporto nella gestione burocratica e lavorativa, che risulta particolarmente complesso, soprattutto qui in Umbria. L’obiettivo è favorire una partecipazione attiva alla comunità. I nuovi arrivati giungono a bordo di aerei in Italia dove li attende già una famiglia, una associazione o un gruppo di famiglie pronte ad accoglierli. Possiamo definire questo sistema, ha detto Morini, come di tipo “adottivo”, poiché le persone vengono in qualche misura invitate a diventare parte attiva della comunità. La comunità di Sant’Egidio promuove questa esperienza come un modello per l’accoglienza a livello europeo, esortando a garantire protezione a tutte le persone fragili.

La “Scuola della pace"

Uno dei progetti più significativi è la “Scuola della Pace”, un’iniziativa che offre un ambiente di apprendimento accogliente e inclusivo, dove bambini e ragazzi di diverse nazionalità possono incontrarsi e crescere insieme. La scuola si propone di promuovere dialogo e rispetto reciproco, permettendo ai partecipanti di condividere le proprie storie e culture. Queste attività non solo aiutano gli immigrati a sentirsi parte della società, ma arricchiscono anche la cultura locale, creando una rete di scambio e interazione.

Costruire ponti e non muri

Durante l’incontro, Luciano Morini ha condiviso esperienze dirette e aneddoti significativi, evidenziando l’importanza di costruire ponti anziché muri. In un momento storico in cui l’immigrazione è un tema caldo e spesso controverso, le attività della Comunità di Sant’Egidio a Perugia rappresentano un faro di speranza, dimostrando come l’accoglienza e l’inclusione possano essere realizzate concretamente. In conclusione, l’incontro “Voci dal Mondo” ha sottolineato l’importanza della diversità e dell’integrazione, evidenziando Perugia e altre città umbre come esempio di accoglienza e solidarietà. Ouns Mornagui]]>
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A Perugia c’è il Sai per minori non accompagnati. La testimonianza di Giorgia, operatrice, e dei giovani ospiti Ibrahima e Yacouba https://www.lavoce.it/a-perugia-ce-il-sai-per-minori-non-accompagnati-la-testimonianza-di-giorgia-operatrice-e-dei-giovani-ospiti-ibrahima-e-yacouba/ https://www.lavoce.it/a-perugia-ce-il-sai-per-minori-non-accompagnati-la-testimonianza-di-giorgia-operatrice-e-dei-giovani-ospiti-ibrahima-e-yacouba/#respond Fri, 18 Oct 2024 08:28:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78197

Mercoledì 16 ottobre, presso la Sala della biblioteca del Centro d’accoglienza in via Bontempi 13, si è svolto l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Voci dal Mondo”. L’incontro ha visto la partecipazione della dott.ssa Giorgia Eugeni, operatrice dell’associazione ArciSolidarietà-Ora d’Aria, impegnata nella promozione dell’integrazione dei migranti. Al centro della discussione è stato il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati (Msna), con particolare riferimento alla struttura educativa Sai situata nel comune di Panicale.

Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati

“La nostra missione – ha spiegato Eugeni – è promuovere la crescita, l’emancipazione e l’autonomia dei minori, accompagnandoli in un percorso che li renda cittadini indipendenti e integrati nella società”. Nel corso del suo intervento, Eugeni ha illustrato i principali servizi offerti dalla struttura.

I servizi offerti

Tra questi, il supporto legale mirato a orientare i minori nelle pratiche amministrative necessarie per ottenere la protezione internazionale o altre forme di permesso di soggiorno. “Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è garantire che questi giovani abbiano accesso ai loro diritti e possano regolarizzare la loro permanenza sul territorio italiano”. Oltre all’assistenza legale, il progetto Sai si occupa anche dell’inserimento scolastico e lavorativo dei minori. “Vogliamo guidarli verso l’autosufficienza economica, offrendo loro le competenze necessarie per costruirsi una vita autonoma”, ha spiegato Eugeni, sottolineando l’importanza della formazione professionale. Un altro servizio fondamentale offerto dal Sai riguarda l’assistenza sanitaria, che garantisce l’accesso alle cure mediche di base, oltre al supporto psicologico per affrontare il difficile processo di integrazione. Tuttavia, come ha evidenziato Eugeni, una delle sfide del progetto rimane l’integrazione socio-culturale. “Le differenze linguistiche, culturali e religiose possono spesso rappresentare una barriera per l’inserimento di questi giovani nel tessuto sociale locale”. Per superare tali difficoltà, il progetto collabora con diverse associazioni locali, organizzando attività che favoriscono l’inclusione. Tra queste, si segnalano le collaborazioni con associazioni sportive come la Asd Tavernelle Calcio e la Asd San Sisto, che offrono ai ragazzi opportunità di partecipare ad attività ludico-ricreative.

La testimonianza di Inbrahima e Yacouba

L’incontro ha visto anche la testimonianza di due giovani beneficiari del progetto Sai. Ibrahima Diallo, 16 anni, originario della Guinea, è arrivato in Italia nel 2023 e ha iniziato il suo percorso nel progetto Sai ad agosto 2024. Attualmente, è impegnato nello studio della lingua italiana e partecipa attivamente alle attività del centro, in attesa di iniziare il suo percorso scolastico. Yacouba Diomande, 17 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio, vive in Italia da un anno. Anche lui sta studiando l’italiano e frequenta una scuola di meccanica, avviandosi verso l’integrazione sociale e professionale. Il contributo della dottoressa Eugeni si è concluso con un messaggio di speranza e un ringraziamento speciale rivolto ai ragazzi. Ha sottolineato quanto fosse difficile per Ibrahima e Ya- couba esporsi di fronte al pubblico, ma nonostante l’emozione e la timidezza, hanno trovato il coraggio di raccontare le loro esperienze. “Sono ragazzi pieni di positività e determinazione. Li ringrazio di cuore per aver partecipato a questa iniziativa”, ha dichiarato Eugeni in chiusura. “Voci dal Mondo” ha così concluso il suo ciclo di incontri, offrendo una testimonianza profonda e tangibile del lavoro quotidiano di chi si impegna nell’accoglienza e di chi, come i giovani ospiti del progetto Sai, affronta il difficile percorso di integrazione. Janeth Guaillas]]>

Mercoledì 16 ottobre, presso la Sala della biblioteca del Centro d’accoglienza in via Bontempi 13, si è svolto l’ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Voci dal Mondo”. L’incontro ha visto la partecipazione della dott.ssa Giorgia Eugeni, operatrice dell’associazione ArciSolidarietà-Ora d’Aria, impegnata nella promozione dell’integrazione dei migranti. Al centro della discussione è stato il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati (Msna), con particolare riferimento alla struttura educativa Sai situata nel comune di Panicale.

Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) per Minori stranieri non accompagnati

“La nostra missione – ha spiegato Eugeni – è promuovere la crescita, l’emancipazione e l’autonomia dei minori, accompagnandoli in un percorso che li renda cittadini indipendenti e integrati nella società”. Nel corso del suo intervento, Eugeni ha illustrato i principali servizi offerti dalla struttura.

I servizi offerti

Tra questi, il supporto legale mirato a orientare i minori nelle pratiche amministrative necessarie per ottenere la protezione internazionale o altre forme di permesso di soggiorno. “Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è garantire che questi giovani abbiano accesso ai loro diritti e possano regolarizzare la loro permanenza sul territorio italiano”. Oltre all’assistenza legale, il progetto Sai si occupa anche dell’inserimento scolastico e lavorativo dei minori. “Vogliamo guidarli verso l’autosufficienza economica, offrendo loro le competenze necessarie per costruirsi una vita autonoma”, ha spiegato Eugeni, sottolineando l’importanza della formazione professionale. Un altro servizio fondamentale offerto dal Sai riguarda l’assistenza sanitaria, che garantisce l’accesso alle cure mediche di base, oltre al supporto psicologico per affrontare il difficile processo di integrazione. Tuttavia, come ha evidenziato Eugeni, una delle sfide del progetto rimane l’integrazione socio-culturale. “Le differenze linguistiche, culturali e religiose possono spesso rappresentare una barriera per l’inserimento di questi giovani nel tessuto sociale locale”. Per superare tali difficoltà, il progetto collabora con diverse associazioni locali, organizzando attività che favoriscono l’inclusione. Tra queste, si segnalano le collaborazioni con associazioni sportive come la Asd Tavernelle Calcio e la Asd San Sisto, che offrono ai ragazzi opportunità di partecipare ad attività ludico-ricreative.

La testimonianza di Inbrahima e Yacouba

L’incontro ha visto anche la testimonianza di due giovani beneficiari del progetto Sai. Ibrahima Diallo, 16 anni, originario della Guinea, è arrivato in Italia nel 2023 e ha iniziato il suo percorso nel progetto Sai ad agosto 2024. Attualmente, è impegnato nello studio della lingua italiana e partecipa attivamente alle attività del centro, in attesa di iniziare il suo percorso scolastico. Yacouba Diomande, 17 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio, vive in Italia da un anno. Anche lui sta studiando l’italiano e frequenta una scuola di meccanica, avviandosi verso l’integrazione sociale e professionale. Il contributo della dottoressa Eugeni si è concluso con un messaggio di speranza e un ringraziamento speciale rivolto ai ragazzi. Ha sottolineato quanto fosse difficile per Ibrahima e Ya- couba esporsi di fronte al pubblico, ma nonostante l’emozione e la timidezza, hanno trovato il coraggio di raccontare le loro esperienze. “Sono ragazzi pieni di positività e determinazione. Li ringrazio di cuore per aver partecipato a questa iniziativa”, ha dichiarato Eugeni in chiusura. “Voci dal Mondo” ha così concluso il suo ciclo di incontri, offrendo una testimonianza profonda e tangibile del lavoro quotidiano di chi si impegna nell’accoglienza e di chi, come i giovani ospiti del progetto Sai, affronta il difficile percorso di integrazione. Janeth Guaillas]]>
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Perugia. Il “Progetto profughi” ha scelto l’accoglienza diffusa https://www.lavoce.it/perugia-il-progetto-profughi-ha-scelto-laccoglienza-diffusa/ https://www.lavoce.it/perugia-il-progetto-profughi-ha-scelto-laccoglienza-diffusa/#respond Thu, 17 Oct 2024 10:59:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78183

A Perugia nell’ultimo degli incontri del progetto di “Voci dal mondo”, incentrato sul tema della migrazione che va oltre i pregiudizi e la disinformazione, tra le tante testimonianze presenti c’è stata anche quella di un giovane ragazzo di 26 anni, Andrea Morante. Egli ha conseguito la laurea magistrale in Cooperazione internazionale a Perugia. Dal 2021 ha portato avanti l’esperienza del Servizio Civile con il progetto di accoglienza dei profughi della diocesi. Oggi Andrea lavora con la cooperativa Unitatis Reintegratio (U.R.) nel centro di accoglienza della diocesi. La sua scelta del Servizio Civile è dovuta alla sua esperienza in passato da volontario presso la Caritas; dunque, per questo motivo si sente molto legato alla Caritas.

Progetto profughi: accoglienza “diffusa”

La Cooperativa U.R. gestisce i Cas, cioè i centri di accoglienza straordinaria in cui vengono accolti richiedenti asilo fino alla definizione del loro status. Il progetto di accoglienza della Diocesi, gestito dalla Cooperativa U.R. è composto di circa una ventina di case, sia più grandi che più piccole, diffuse nel territorio perugino in cui vengono ospitate al momento 125 persone. La scelta che la Cooperativa ha fatto per il Progetto profughi è quella di realizzare una accoglienza diffusa in cui ci sia una prossimità delle case di accoglienza con la popolazione autoctona, così da poter instaurare un rapporto di vicinanza e solidarietà. Il ruolo di Andrea è quello di operatore presso una di queste case di accoglienza, occupandosi del vitto e l’alloggio, l’orientamento sanitario e soprattutto quello legale e burocratico, dato che i migranti possono entrare in Europa solo con la richiesta di asilo. La permanenza dei migranti nel progetto infatti dipende proprio dalla richiesta di asilo, per cui più la risposta alla domanda è rapida prima i migranti possono ottenere i documenti necessari, come per esempio il permesso di soggiorno, per iniziare una nuova vita con un lavoro e una casa. Andrea ha raccontato che tra le maggiori difficoltà che i migranti incontrano al loro arrivo in Italia ci sono il problema della lingua e dei documenti necessari per la loro permanenza in Italia.

Nel “limbo” in attesa dei documenti

Imparare la lingua italiana diventa un’esigenza non solo per sapersi muovere nel territorio, ma soprattutto per iniziare a lavorare in modo da poter garantire, attraverso l’invio di denaro, la sopravvivenza dei loro famigliari o le spese scolastiche dei loro bambini che hanno lasciato nel paese di origine. Andrea ha sottolineato che tantissimi migranti in attesa di una risposta alla richiesta di asilo si trovano in un “limbo” che può durare anche dai 3 ai 5 anni. Di conseguenza, questo provoca maggiori preoccupazioni e stress per i migranti dato che non sanno quale sarà la risposta, positiva o negativa, e se la permanenza in Italia gli sarà effettivamente garantita. Nel progetto ci sono persone che hanno ricevuto una risposta negativa in altri paesi europei e dunque per qualche ragione sono arrivati in Italia dove hanno ripresentato la domanda. Per quanto riguarda l’integrazione dei migranti, a differenza del Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), il Cas non ha tutti i mezzi per poterlo fare, nonostante ci provi attraverso i centri per l’impiego o i progetti per gli inserimenti lavorativi. Per questo motivo, Andrea ha sottolineato che: “Sarei più contento se ci fossero più Sai a Perugia!”. Tuttavia, l’ottenimento di più Sai non è un’impresa facile visti i tempi lunghi nella richiesta di asilo, un problema vasto che persiste sia a livello nazionale che internazionale, e dunque finché il migrante rimane nello status di richiedente asilo non può accedere al Sai. Secondo Andrea, l’accorciamento dei tempi nella richiesta di asilo potrebbe essere una soluzione per garantire una maggior integrazione dei migranti nel territorio perugino. Denisa Ioana]]>

A Perugia nell’ultimo degli incontri del progetto di “Voci dal mondo”, incentrato sul tema della migrazione che va oltre i pregiudizi e la disinformazione, tra le tante testimonianze presenti c’è stata anche quella di un giovane ragazzo di 26 anni, Andrea Morante. Egli ha conseguito la laurea magistrale in Cooperazione internazionale a Perugia. Dal 2021 ha portato avanti l’esperienza del Servizio Civile con il progetto di accoglienza dei profughi della diocesi. Oggi Andrea lavora con la cooperativa Unitatis Reintegratio (U.R.) nel centro di accoglienza della diocesi. La sua scelta del Servizio Civile è dovuta alla sua esperienza in passato da volontario presso la Caritas; dunque, per questo motivo si sente molto legato alla Caritas.

Progetto profughi: accoglienza “diffusa”

La Cooperativa U.R. gestisce i Cas, cioè i centri di accoglienza straordinaria in cui vengono accolti richiedenti asilo fino alla definizione del loro status. Il progetto di accoglienza della Diocesi, gestito dalla Cooperativa U.R. è composto di circa una ventina di case, sia più grandi che più piccole, diffuse nel territorio perugino in cui vengono ospitate al momento 125 persone. La scelta che la Cooperativa ha fatto per il Progetto profughi è quella di realizzare una accoglienza diffusa in cui ci sia una prossimità delle case di accoglienza con la popolazione autoctona, così da poter instaurare un rapporto di vicinanza e solidarietà. Il ruolo di Andrea è quello di operatore presso una di queste case di accoglienza, occupandosi del vitto e l’alloggio, l’orientamento sanitario e soprattutto quello legale e burocratico, dato che i migranti possono entrare in Europa solo con la richiesta di asilo. La permanenza dei migranti nel progetto infatti dipende proprio dalla richiesta di asilo, per cui più la risposta alla domanda è rapida prima i migranti possono ottenere i documenti necessari, come per esempio il permesso di soggiorno, per iniziare una nuova vita con un lavoro e una casa. Andrea ha raccontato che tra le maggiori difficoltà che i migranti incontrano al loro arrivo in Italia ci sono il problema della lingua e dei documenti necessari per la loro permanenza in Italia.

Nel “limbo” in attesa dei documenti

Imparare la lingua italiana diventa un’esigenza non solo per sapersi muovere nel territorio, ma soprattutto per iniziare a lavorare in modo da poter garantire, attraverso l’invio di denaro, la sopravvivenza dei loro famigliari o le spese scolastiche dei loro bambini che hanno lasciato nel paese di origine. Andrea ha sottolineato che tantissimi migranti in attesa di una risposta alla richiesta di asilo si trovano in un “limbo” che può durare anche dai 3 ai 5 anni. Di conseguenza, questo provoca maggiori preoccupazioni e stress per i migranti dato che non sanno quale sarà la risposta, positiva o negativa, e se la permanenza in Italia gli sarà effettivamente garantita. Nel progetto ci sono persone che hanno ricevuto una risposta negativa in altri paesi europei e dunque per qualche ragione sono arrivati in Italia dove hanno ripresentato la domanda. Per quanto riguarda l’integrazione dei migranti, a differenza del Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), il Cas non ha tutti i mezzi per poterlo fare, nonostante ci provi attraverso i centri per l’impiego o i progetti per gli inserimenti lavorativi. Per questo motivo, Andrea ha sottolineato che: “Sarei più contento se ci fossero più Sai a Perugia!”. Tuttavia, l’ottenimento di più Sai non è un’impresa facile visti i tempi lunghi nella richiesta di asilo, un problema vasto che persiste sia a livello nazionale che internazionale, e dunque finché il migrante rimane nello status di richiedente asilo non può accedere al Sai. Secondo Andrea, l’accorciamento dei tempi nella richiesta di asilo potrebbe essere una soluzione per garantire una maggior integrazione dei migranti nel territorio perugino. Denisa Ioana]]>
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Anche la conduzione di un incontro è esperienza formativa. Ce lo raccontano Denisa e Roberta https://www.lavoce.it/anche-la-conduzione-di-un-incontro-e-esperienza-formativa-ce-lo-raccontano-denisa-e-roberta/ https://www.lavoce.it/anche-la-conduzione-di-un-incontro-e-esperienza-formativa-ce-lo-raccontano-denisa-e-roberta/#respond Wed, 16 Oct 2024 17:14:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78167

Cosa significa “mettersi in gioco” nella realizzazione del progetto “Voci dal mondo”? Denisa e Roberta nell’incontro tenuto a Spoleto venerdì 27 settembre scorso, hanno svolto il ruolo di conduttrici dell’incontro, superando timidezze e affrontando anche le incertezze dell’ultimo minuto. E hanno condotto l’incontro dialogando con gli ospiti che si sono alternati con le loro testimonianze. Qui Denisa e Roberta ci raccontano la loro esperienza.

Denisa Ioana

La bellissima città storica e d’arte, Spoleto, è stata la meta del terzo incontro di “Voci dal mondo”, un progetto che si propone di andare oltre le fake news e gli stereotipi sui fenomeni migratori, ha avuto luogo. Anche per quest’incontro, come per i precedenti avvenuti a Terni e a Gubbio, hanno collaborato con fervore e impegno i membri del settimanale La Voce e la ong Tamat, insieme ai sedici giovani migranti di famiglie stranieri residenti in Umbria. Prima e durante l’incontro, l’atmosfera è stata carica di emozioni sia per chi doveva condurre che per chi doveva occuparsi degli invitati, delle interviste, delle foto e dei video, dei social e così via. Essendo stata nei panni della conduttrice, quest’incontro l’ho sentito diverso dagli altri vista la responsabilità, ma anche l’emozione, di dover presentare e dialogare con gli invitati e con il pubblico. Inoltre, le emozioni erano ancora più intense dato che eravamo presenti a Spoleto, nella città in cui sono arrivata nel 2011 e che mi ha accolta da immigrata in primis. Proprio prima dell’incontro mi sono esercitata molto con l’altra conduttrice, Roberta, per quanto riguardavano le parti che ognuna doveva fare. In quel momento mi sentivo travolta dall’agitazione dato che era una cosa che non avevo mai fatto, ma appena salita sul palco sono riuscita, almeno in parte, a placarla. Sono stata molto contenta di aver potuto dialogare con gli invitati, di scoprire le loro iniziative riguardo l’accoglienza dei migranti e le testimonianze di chi ha sperimentato la migrazione sulla propria pelle. Alla fine dell’incontro mi sono sentita soddisfatta e grata di far parte di questo meraviglioso progetto.

Roberta Taye

Vorrei condividere con voi la mia prima esperienza come conduttrice. È stato un momento dove mi sono trovata un pò d’ansia e l’evento si è svolto durante l’incontro di Spoleto. Per la prima volta in tutto il mio percorso universitario mi è stato affidato il ruolo di condurre, assieme alla mia collega Denisa; con cui partecipo a questo progetto lungo e interessante di “Voci dal mondo”, il progetto contro le Fake news che girano per tutto il nostro mondo, e siamo accompagnati da alcuni nostri docenti, che ci hanno fatto scoprire molte cose nuove. All’inizio del nostro evento mi sono imbattuta su alcuni imprevisti ma ho provato a mantenere la calma. Ci eravamo preparate sugli argomenti di cui dovevamo parlare con gli ospiti del nostro incontro, e sui temi che dovevamo trattare con il pubblico. Gli ospiti ci hanno raccontato le loro storie, il loro arrivo in Italia e le loro testimonianze su come si trovano oggi. Con loro sono stati invitati anche persone con ruoli importanti nel settore di associazioni di accoglienza per migranti di Spoleto. Fare la conduttrice davanti a tanti spettatori richiede esperienza e abilità. Ho notato che tanti fanno sembrare facile e spontaneo il muoversi e parlare in modo naturale davanti alla telecamera ma io avevo molta ansia e agitazione anche se alla fine ho capito che professionista lo si diventa con la pratica e l’esperienza. Nel nostro gruppo abbiamo anche colleghi che si occupano della gestione delle telecamere, giornali e social, che costruiscono la rete di espansione delle nostri voci il più possibile, in modo tale da raggiungere il nostro obiettivo e farci ascoltare da più persone possibile.]]>

Cosa significa “mettersi in gioco” nella realizzazione del progetto “Voci dal mondo”? Denisa e Roberta nell’incontro tenuto a Spoleto venerdì 27 settembre scorso, hanno svolto il ruolo di conduttrici dell’incontro, superando timidezze e affrontando anche le incertezze dell’ultimo minuto. E hanno condotto l’incontro dialogando con gli ospiti che si sono alternati con le loro testimonianze. Qui Denisa e Roberta ci raccontano la loro esperienza.

Denisa Ioana

La bellissima città storica e d’arte, Spoleto, è stata la meta del terzo incontro di “Voci dal mondo”, un progetto che si propone di andare oltre le fake news e gli stereotipi sui fenomeni migratori, ha avuto luogo. Anche per quest’incontro, come per i precedenti avvenuti a Terni e a Gubbio, hanno collaborato con fervore e impegno i membri del settimanale La Voce e la ong Tamat, insieme ai sedici giovani migranti di famiglie stranieri residenti in Umbria. Prima e durante l’incontro, l’atmosfera è stata carica di emozioni sia per chi doveva condurre che per chi doveva occuparsi degli invitati, delle interviste, delle foto e dei video, dei social e così via. Essendo stata nei panni della conduttrice, quest’incontro l’ho sentito diverso dagli altri vista la responsabilità, ma anche l’emozione, di dover presentare e dialogare con gli invitati e con il pubblico. Inoltre, le emozioni erano ancora più intense dato che eravamo presenti a Spoleto, nella città in cui sono arrivata nel 2011 e che mi ha accolta da immigrata in primis. Proprio prima dell’incontro mi sono esercitata molto con l’altra conduttrice, Roberta, per quanto riguardavano le parti che ognuna doveva fare. In quel momento mi sentivo travolta dall’agitazione dato che era una cosa che non avevo mai fatto, ma appena salita sul palco sono riuscita, almeno in parte, a placarla. Sono stata molto contenta di aver potuto dialogare con gli invitati, di scoprire le loro iniziative riguardo l’accoglienza dei migranti e le testimonianze di chi ha sperimentato la migrazione sulla propria pelle. Alla fine dell’incontro mi sono sentita soddisfatta e grata di far parte di questo meraviglioso progetto.

Roberta Taye

Vorrei condividere con voi la mia prima esperienza come conduttrice. È stato un momento dove mi sono trovata un pò d’ansia e l’evento si è svolto durante l’incontro di Spoleto. Per la prima volta in tutto il mio percorso universitario mi è stato affidato il ruolo di condurre, assieme alla mia collega Denisa; con cui partecipo a questo progetto lungo e interessante di “Voci dal mondo”, il progetto contro le Fake news che girano per tutto il nostro mondo, e siamo accompagnati da alcuni nostri docenti, che ci hanno fatto scoprire molte cose nuove. All’inizio del nostro evento mi sono imbattuta su alcuni imprevisti ma ho provato a mantenere la calma. Ci eravamo preparate sugli argomenti di cui dovevamo parlare con gli ospiti del nostro incontro, e sui temi che dovevamo trattare con il pubblico. Gli ospiti ci hanno raccontato le loro storie, il loro arrivo in Italia e le loro testimonianze su come si trovano oggi. Con loro sono stati invitati anche persone con ruoli importanti nel settore di associazioni di accoglienza per migranti di Spoleto. Fare la conduttrice davanti a tanti spettatori richiede esperienza e abilità. Ho notato che tanti fanno sembrare facile e spontaneo il muoversi e parlare in modo naturale davanti alla telecamera ma io avevo molta ansia e agitazione anche se alla fine ho capito che professionista lo si diventa con la pratica e l’esperienza. Nel nostro gruppo abbiamo anche colleghi che si occupano della gestione delle telecamere, giornali e social, che costruiscono la rete di espansione delle nostri voci il più possibile, in modo tale da raggiungere il nostro obiettivo e farci ascoltare da più persone possibile.]]>
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Sofia, una vita tra Italia e Argentina https://www.lavoce.it/sofia-una-vita-tra-italia-e-argentina/ https://www.lavoce.it/sofia-una-vita-tra-italia-e-argentina/#respond Tue, 15 Oct 2024 15:22:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78201

Milena Sofia Perez con la sua voce e la sua chitarra ha portato il suo prezioso contributo musicale nell’ultimo incontro di Voci dal mondo a Perugia il mercoledì 16 settembre. Sofia è nata a Arezzo da genitori argentini e all’età di 9 anni è emigrata in Argentina. All’età di 10 anni studia il piano classico al Conservatorio Juan Perez Cruz nella città di Junin, Buenos Aires. Nella sua adolescenza mentre frequentava i corsi di studio comincia a presentare interesse per la chitarra e pian piano scopre l’ambiente underground nel quale ha formato diverse band suonando il basso, la chitarra e synth. Nel 2019 forma Urtikaria, una band di punk rock anarco-femminista, all’interno della quale era la leader, cantante e compositrice del gruppo. Con Urtikaria registra un album e fa un piccolo tour nella provincia. Nel 2022 Sofia ritorna in Italia, conservando la passione per la chitarra ed il canto. Attualmente lavora e fa i primi passi per l’iscrizione all’università nella città di Perugia. Marius Daniel Langa]]>

Milena Sofia Perez con la sua voce e la sua chitarra ha portato il suo prezioso contributo musicale nell’ultimo incontro di Voci dal mondo a Perugia il mercoledì 16 settembre. Sofia è nata a Arezzo da genitori argentini e all’età di 9 anni è emigrata in Argentina. All’età di 10 anni studia il piano classico al Conservatorio Juan Perez Cruz nella città di Junin, Buenos Aires. Nella sua adolescenza mentre frequentava i corsi di studio comincia a presentare interesse per la chitarra e pian piano scopre l’ambiente underground nel quale ha formato diverse band suonando il basso, la chitarra e synth. Nel 2019 forma Urtikaria, una band di punk rock anarco-femminista, all’interno della quale era la leader, cantante e compositrice del gruppo. Con Urtikaria registra un album e fa un piccolo tour nella provincia. Nel 2022 Sofia ritorna in Italia, conservando la passione per la chitarra ed il canto. Attualmente lavora e fa i primi passi per l’iscrizione all’università nella città di Perugia. Marius Daniel Langa]]>
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Nel Sai di Spoleto integrazione fa rima con speranza https://www.lavoce.it/nel-sai-di-spoleto-integrazione-fa-rima-con-speranza/ https://www.lavoce.it/nel-sai-di-spoleto-integrazione-fa-rima-con-speranza/#respond Mon, 14 Oct 2024 17:06:44 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78153

C’era anche anche la cooperativa sociale Il Cerchio al terzo incontro di Voci dal mondo che si è tenuto a Spoleto, venerdì 27 settembre 2024, con tanti ospiti. “La cooperativa è attiva in tanti ambiti uno dei quali è quello dell’accoglienza, attraverso il Sistema accoglienza integrazione (Sai), ricevendo migranti con vulnerabilità ma, non solo” ha raccontato ai microfoni di Voci dal mondo Yusef Buonfigli educatore e mediatore culturale della cooperativa Il Cerchio. L’obiettivo è il loro inserimento nel progetto e con ciò il loro inserimento nella società nel modo migliore possibile, sia per loro sia per il territorio stesso, ha aggiunto Yusef. La sfida, ha spiegato, è di individuare i pregi e le qualità per dare un valore aggiunto al processo di formazione ed integrazione dei migranti beneficiari del progetto. “Il progetto Sai include una squadra, che si occupa del programma, composta da varie figure come educatori, mediatori culturali, assistenti sociali, sociologi e gli operatori di accoglienza”. “Un lavoro a 360 gradi”, quello del personale della cooperativa, “che attraverso lo studio di strategie in ambiti che vanno da quello sanitario e scolastico (con inserimento dei bambini più piccoli a scuola o all’asilo) a quello lavorativo, e individuando qualità ma, anche punti deboli” per eliminare i rischi potenzialmente connessi ad un inserimento in un ambito non conforme e il raggiungimento del successo al termine della formazione nel miglior modo possibile. “Il programma del progetto – continua Yusef – include anche tirocini formativi della durata di tre mesi, e insieme ad aziende del territorio permettono ai migranti, accolti dalla cooperativa attraverso il progetto Sai, di conoscere ed imparare un nuovo mestiere oppure un mestiere che già sapeva fare nel paese di origine, svilupparlo e riconfermarlo nuovamente qui in Italia. E questo, all’interno del progetto, è un percorso lungo che va da sei mesi ad un anno”. L’obiettivo del progetto è di inserirli nel mondo del lavoro nel modo più adeguato e appropriato possibile. Il percorso non manca di ostacoli, come per esempio la ricerca dell’alloggio ad uso abitativo, in affitto, riscontrando difficoltà nonostante abbiano un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma l’opinione pubblica ed i media non aiutano. “Anche su questi aspetti ci si muove con tutti i mezzi a disposizione guardando al futuro con speranza, forza, spirito di squadra, perseveranza e ottimismo” ha concluso Yusef, l’educatore e mediatore culturale della cooperativa. Questo, uno dei tanti ambiti nei quali è attiva la cooperativa Il Cerchio di Spoleto, il meraviglioso lavoro dalla squadra che si occupa del programma all’interno del progetto Sai, di cui è coordinatrice Patrizia Costantini, cercando e creando possibilità e condizioni per rendere il mondo migliore per tutti. Marius Daniel Langa]]>

C’era anche anche la cooperativa sociale Il Cerchio al terzo incontro di Voci dal mondo che si è tenuto a Spoleto, venerdì 27 settembre 2024, con tanti ospiti. “La cooperativa è attiva in tanti ambiti uno dei quali è quello dell’accoglienza, attraverso il Sistema accoglienza integrazione (Sai), ricevendo migranti con vulnerabilità ma, non solo” ha raccontato ai microfoni di Voci dal mondo Yusef Buonfigli educatore e mediatore culturale della cooperativa Il Cerchio. L’obiettivo è il loro inserimento nel progetto e con ciò il loro inserimento nella società nel modo migliore possibile, sia per loro sia per il territorio stesso, ha aggiunto Yusef. La sfida, ha spiegato, è di individuare i pregi e le qualità per dare un valore aggiunto al processo di formazione ed integrazione dei migranti beneficiari del progetto. “Il progetto Sai include una squadra, che si occupa del programma, composta da varie figure come educatori, mediatori culturali, assistenti sociali, sociologi e gli operatori di accoglienza”. “Un lavoro a 360 gradi”, quello del personale della cooperativa, “che attraverso lo studio di strategie in ambiti che vanno da quello sanitario e scolastico (con inserimento dei bambini più piccoli a scuola o all’asilo) a quello lavorativo, e individuando qualità ma, anche punti deboli” per eliminare i rischi potenzialmente connessi ad un inserimento in un ambito non conforme e il raggiungimento del successo al termine della formazione nel miglior modo possibile. “Il programma del progetto – continua Yusef – include anche tirocini formativi della durata di tre mesi, e insieme ad aziende del territorio permettono ai migranti, accolti dalla cooperativa attraverso il progetto Sai, di conoscere ed imparare un nuovo mestiere oppure un mestiere che già sapeva fare nel paese di origine, svilupparlo e riconfermarlo nuovamente qui in Italia. E questo, all’interno del progetto, è un percorso lungo che va da sei mesi ad un anno”. L’obiettivo del progetto è di inserirli nel mondo del lavoro nel modo più adeguato e appropriato possibile. Il percorso non manca di ostacoli, come per esempio la ricerca dell’alloggio ad uso abitativo, in affitto, riscontrando difficoltà nonostante abbiano un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma l’opinione pubblica ed i media non aiutano. “Anche su questi aspetti ci si muove con tutti i mezzi a disposizione guardando al futuro con speranza, forza, spirito di squadra, perseveranza e ottimismo” ha concluso Yusef, l’educatore e mediatore culturale della cooperativa. Questo, uno dei tanti ambiti nei quali è attiva la cooperativa Il Cerchio di Spoleto, il meraviglioso lavoro dalla squadra che si occupa del programma all’interno del progetto Sai, di cui è coordinatrice Patrizia Costantini, cercando e creando possibilità e condizioni per rendere il mondo migliore per tutti. Marius Daniel Langa]]>
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L’accoglienza fatta bene è un valore per la comunità https://www.lavoce.it/laccoglienza-fatta-bene-e-un-valore-per-la-comunita/ https://www.lavoce.it/laccoglienza-fatta-bene-e-un-valore-per-la-comunita/#respond Sun, 13 Oct 2024 16:51:00 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78175

Nel cuore dell’Umbria, i comuni di Gubbio e Perugia rappresentano esempi di accoglienza e integrazione, grazie all’impegno delle cooperative che gestiscono il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Carlo Di Somma, presidente di Confcooperative Umbria, è uno dei protagonisti di questo sistema. Racconta la complessa esperienza vissuta in questi territori, mettendo in luce il valore del dialogo per favorire la coesione sociale. Il Sai è un progetto nazionale, volto a garantire un’accoglienza ai richiedenti asilo e ai titolari di protezione. Secondo Di Somma, la gestione di questo sistema richiede un rapporto costante tra enti locali, associazioni e cooperative. Tuttavia, la sua realizzazione pratica non è sempre lineare. La chiave del successo è stata la partecipazione attiva degli stessi beneficiari del progetto, collaborando con i volontari locali in eventi come il Festival del Medioevo a Gubbio. Questa presenza attiva ha permesso di rompere le barriere culturali e sociali, trasformando i pregiudizi in momenti di condivisione. Anche a Perugia l’integrazione non è stata priva di sfide, di Somma ha ricordato il passaggio da un governo di centrosinistra a uno di centrodestra, che inizialmente ha generato preoccupazioni tra coloro che temevano una stretta sull’accoglienza. Tuttavia, grazie al dialogo tra le parti, il Sai ha continuato a operare con successo, accogliendo un numero persino maggiore di ospiti rispetto al passato. Un episodio significativo si è verificato quando un gruppo di giovani di Forza Nuova ha organizzato una manifestazione contro un centro di accoglienza situato in una ex caserma dei carabinieri. A sorprendere i manifestanti sono state le stesse anziane del quartiere, che hanno difeso l’integrazione dei migranti, sottolineando come la loro presenza avesse portato solo benefici, dalla cura del verde pubblico all’organizzazione di feste di quartiere. L’esperienza di Gubbio e Perugia dimostra che l’accoglienza è una sfida culturale che richiede tempo, pazienza e la capacità di costruire relazioni basate sulla reciprocità. Il Sai ha avuto successo anche attraverso piccoli gesti quotidiani di collaborazione e condivisione, che hanno trasformato comunità inizialmente diffidenti in esempi di integrazione riuscita. Fatima Garouan]]>

Nel cuore dell’Umbria, i comuni di Gubbio e Perugia rappresentano esempi di accoglienza e integrazione, grazie all’impegno delle cooperative che gestiscono il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Carlo Di Somma, presidente di Confcooperative Umbria, è uno dei protagonisti di questo sistema. Racconta la complessa esperienza vissuta in questi territori, mettendo in luce il valore del dialogo per favorire la coesione sociale. Il Sai è un progetto nazionale, volto a garantire un’accoglienza ai richiedenti asilo e ai titolari di protezione. Secondo Di Somma, la gestione di questo sistema richiede un rapporto costante tra enti locali, associazioni e cooperative. Tuttavia, la sua realizzazione pratica non è sempre lineare. La chiave del successo è stata la partecipazione attiva degli stessi beneficiari del progetto, collaborando con i volontari locali in eventi come il Festival del Medioevo a Gubbio. Questa presenza attiva ha permesso di rompere le barriere culturali e sociali, trasformando i pregiudizi in momenti di condivisione. Anche a Perugia l’integrazione non è stata priva di sfide, di Somma ha ricordato il passaggio da un governo di centrosinistra a uno di centrodestra, che inizialmente ha generato preoccupazioni tra coloro che temevano una stretta sull’accoglienza. Tuttavia, grazie al dialogo tra le parti, il Sai ha continuato a operare con successo, accogliendo un numero persino maggiore di ospiti rispetto al passato. Un episodio significativo si è verificato quando un gruppo di giovani di Forza Nuova ha organizzato una manifestazione contro un centro di accoglienza situato in una ex caserma dei carabinieri. A sorprendere i manifestanti sono state le stesse anziane del quartiere, che hanno difeso l’integrazione dei migranti, sottolineando come la loro presenza avesse portato solo benefici, dalla cura del verde pubblico all’organizzazione di feste di quartiere. L’esperienza di Gubbio e Perugia dimostra che l’accoglienza è una sfida culturale che richiede tempo, pazienza e la capacità di costruire relazioni basate sulla reciprocità. Il Sai ha avuto successo anche attraverso piccoli gesti quotidiani di collaborazione e condivisione, che hanno trasformato comunità inizialmente diffidenti in esempi di integrazione riuscita. Fatima Garouan]]>
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A Spoleto si è scelta l’accoglienza diffusa per il Cas e il Sai https://www.lavoce.it/a-spoleto-si-e-scelta-laccoglienza-diffusa-per-il-cas-e-il-sai/ https://www.lavoce.it/a-spoleto-si-e-scelta-laccoglienza-diffusa-per-il-cas-e-il-sai/#respond Sun, 13 Oct 2024 08:48:18 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78163 Assemblea diocesana Spoleto

Creare un ponte tra persone che provengono da un altro paese e percorrerlo con rispetto e tanta curiosità. È questo che continua ad esprimere il “Progetto Voci dal mondo” nel suo lungo viaggio tra diversi continenti e città, racconta le migrazioni e le comunità di stranieri presenti in Umbria, attraverso la condivisione di storie e di esperienze. Il terzo appuntamento del 27 settembre si è svolto a Spoleto ed ha avuto tra gli ospiti l’assessore comunale al Benessere ed innovazione sociale Luigina Renzi, del Comune di Spoleto. Durante l’incontro ha spiegato cosa avviene in ambito sociale e migratorio sul territorio spoletino dove esistono il Cas e il Sai, due sistemi di accoglienza dei migranti. Il Centro di accoglienza straordinaria (Cas), di prima accoglienza,è  gestito da Arci-Solidarietà di Perugia su incarico della Prefettura, e l’altro è il Sistema di accoglienza e immigrazione (Sai), di seconda accoglienza, è in capo al comune di Spoleto. Attualmente il Comune ha circa 50 beneficiari nel primo sistema e circa 60 nel secondo. Hanno una accoglienza dignitosa in appartamenti forniti di tutte le necessità sia per la prima che per la seconda assistenza tuttavia, ha spiegato l’assessore, il Cas fornisce vitto e alloggio ma le condizioni e i servizi variano notevolmente da un centro all’altro. L’accoglienza a Spoleto “è capillare e ciò rappresenta una forza del sistema - ha affermato l’assessore - non portandolo alla saturazione”. Il Sai offre, infatti, “soluzioni abitative decentralizzate per piccoli gruppi di ospiti, con l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale e lavorativa. I migranti in questo sistema ricevono anche assistenza legale, sanitaria, psicologica e opportunità di formazione e lavoro”. L’unica problematica che si riscontra, ha aggiunto Renzi, “è che nei Cas la burocrazia ha procedure molto lunghe per ottenere il permesso di soggiorno o il riconoscimento della protezione internazionale. Questa situazione fa sì che queste persone rimangano a lungo in un limbo di incertezza, con ritardi nelle attivazioni delle coperture mediche, dei corsi di italiano, nell’inserimento lavorativo che spesso è impossibile con le limitazioni imposte dall’attuale legge. Il Comune di Spoleto è intervenuto cercando di colmare queste lacune, raccordandosi con le istituzioni (Asl, Polizia locale, Caritas, Arci) per dare massima accoglienza e celerità nella risposta individualizzata ai bisogni delle persone”. All’incontro di Spoleto era presente anche Alessandro Broccatelli del Cidis Impresa Sociale E.T.S., associazione che promuove la cultura dell’accoglienza per costruire integrazione e coesione sociale. Alessandro si occupa dello sportello interculturale del Comune di Spoleto, che accoglie e aiuta gli emigrati non solo nei loro bisogni esistenziali, ma anche sociali e d’integrazione. I valori centrali del Cidis - spiega - sono la centralità dell’individuo con le sue interazioni e la diversità culturale come fulcro di trasformazione e cambiamento nella ricerca della ricchezza delle relazioni tra culture. Lo sportello collabora con il Comune anche in diversi progetti e hanno creato una rete organizzativa di sostegno e lavoro. Emanuela Marotta]]>
Assemblea diocesana Spoleto

Creare un ponte tra persone che provengono da un altro paese e percorrerlo con rispetto e tanta curiosità. È questo che continua ad esprimere il “Progetto Voci dal mondo” nel suo lungo viaggio tra diversi continenti e città, racconta le migrazioni e le comunità di stranieri presenti in Umbria, attraverso la condivisione di storie e di esperienze. Il terzo appuntamento del 27 settembre si è svolto a Spoleto ed ha avuto tra gli ospiti l’assessore comunale al Benessere ed innovazione sociale Luigina Renzi, del Comune di Spoleto. Durante l’incontro ha spiegato cosa avviene in ambito sociale e migratorio sul territorio spoletino dove esistono il Cas e il Sai, due sistemi di accoglienza dei migranti. Il Centro di accoglienza straordinaria (Cas), di prima accoglienza,è  gestito da Arci-Solidarietà di Perugia su incarico della Prefettura, e l’altro è il Sistema di accoglienza e immigrazione (Sai), di seconda accoglienza, è in capo al comune di Spoleto. Attualmente il Comune ha circa 50 beneficiari nel primo sistema e circa 60 nel secondo. Hanno una accoglienza dignitosa in appartamenti forniti di tutte le necessità sia per la prima che per la seconda assistenza tuttavia, ha spiegato l’assessore, il Cas fornisce vitto e alloggio ma le condizioni e i servizi variano notevolmente da un centro all’altro. L’accoglienza a Spoleto “è capillare e ciò rappresenta una forza del sistema - ha affermato l’assessore - non portandolo alla saturazione”. Il Sai offre, infatti, “soluzioni abitative decentralizzate per piccoli gruppi di ospiti, con l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale e lavorativa. I migranti in questo sistema ricevono anche assistenza legale, sanitaria, psicologica e opportunità di formazione e lavoro”. L’unica problematica che si riscontra, ha aggiunto Renzi, “è che nei Cas la burocrazia ha procedure molto lunghe per ottenere il permesso di soggiorno o il riconoscimento della protezione internazionale. Questa situazione fa sì che queste persone rimangano a lungo in un limbo di incertezza, con ritardi nelle attivazioni delle coperture mediche, dei corsi di italiano, nell’inserimento lavorativo che spesso è impossibile con le limitazioni imposte dall’attuale legge. Il Comune di Spoleto è intervenuto cercando di colmare queste lacune, raccordandosi con le istituzioni (Asl, Polizia locale, Caritas, Arci) per dare massima accoglienza e celerità nella risposta individualizzata ai bisogni delle persone”. All’incontro di Spoleto era presente anche Alessandro Broccatelli del Cidis Impresa Sociale E.T.S., associazione che promuove la cultura dell’accoglienza per costruire integrazione e coesione sociale. Alessandro si occupa dello sportello interculturale del Comune di Spoleto, che accoglie e aiuta gli emigrati non solo nei loro bisogni esistenziali, ma anche sociali e d’integrazione. I valori centrali del Cidis - spiega - sono la centralità dell’individuo con le sue interazioni e la diversità culturale come fulcro di trasformazione e cambiamento nella ricerca della ricchezza delle relazioni tra culture. Lo sportello collabora con il Comune anche in diversi progetti e hanno creato una rete organizzativa di sostegno e lavoro. Emanuela Marotta]]>
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Il sogno dei giovani che arrivano in Italia: studiare e avere un futuro https://www.lavoce.it/il-sogno-dei-giovani-che-arrivano-in-italia-studiare-e-avere-un-futuro/ https://www.lavoce.it/il-sogno-dei-giovani-che-arrivano-in-italia-studiare-e-avere-un-futuro/#respond Sun, 13 Oct 2024 08:21:06 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78171

All’incontro di Spoleto hanno portato la loro testimonianza una ragazza e un ragazzo accolti dalla cooperativa Il Cerchio e inclusi nel Progetto Sai a Spoleto. Fatih, viene dal Senegal e per arrivare in Italia ha attraversato Mali, Burkina Faso e Libia arrivando in Europa e per la prima volta in Italia nel 2016 in Sicilia, passando per Firenze per arrivare infine a Spoleto. Fatih, che ha completato il percorso del programma attraverso il progetto Sai ha ringraziato il progetto Sai, la cooperativa Il Cerchio e la città di Spoleto per aver ottenuto i documenti italiani, la casa dove attualmente alloggia e il lavoro. Hiba  è arrivata dalla Tunisia a 17 anni con la madre e la sorella, in Italia a Perugia dove si è trovata molto bene. Oggi ha 18 anni e studia al quarto anno al liceo scientifico a Spoleto, città nuova per lei tutta ancora da scoprire. Alla domanda se si aspettava, nel bene o nel male, di trovare ciò che ha sperimentato in Italia ha risposto: “penso il bene perché sono venuta qua per realizzare un sogno, per studiare, per fare un bel futuro”. Come progetti futuri il desiderio di diventare medico, qui in Italia, ha concluso Hiba, visibilmente emozionata ma allo stesso tempo con forza e coraggio guardando negli occhi Denisa la conduttrice di Voci dal mondo, conquistando gli applausi del pubblico. Marius D.L.]]>

All’incontro di Spoleto hanno portato la loro testimonianza una ragazza e un ragazzo accolti dalla cooperativa Il Cerchio e inclusi nel Progetto Sai a Spoleto. Fatih, viene dal Senegal e per arrivare in Italia ha attraversato Mali, Burkina Faso e Libia arrivando in Europa e per la prima volta in Italia nel 2016 in Sicilia, passando per Firenze per arrivare infine a Spoleto. Fatih, che ha completato il percorso del programma attraverso il progetto Sai ha ringraziato il progetto Sai, la cooperativa Il Cerchio e la città di Spoleto per aver ottenuto i documenti italiani, la casa dove attualmente alloggia e il lavoro. Hiba  è arrivata dalla Tunisia a 17 anni con la madre e la sorella, in Italia a Perugia dove si è trovata molto bene. Oggi ha 18 anni e studia al quarto anno al liceo scientifico a Spoleto, città nuova per lei tutta ancora da scoprire. Alla domanda se si aspettava, nel bene o nel male, di trovare ciò che ha sperimentato in Italia ha risposto: “penso il bene perché sono venuta qua per realizzare un sogno, per studiare, per fare un bel futuro”. Come progetti futuri il desiderio di diventare medico, qui in Italia, ha concluso Hiba, visibilmente emozionata ma allo stesso tempo con forza e coraggio guardando negli occhi Denisa la conduttrice di Voci dal mondo, conquistando gli applausi del pubblico. Marius D.L.]]>
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Perugia. Il “viaggio” di Voci dal mondo si conclude all’ “Ostello di don Elio” https://www.lavoce.it/perugia-il-viaggio-di-voci-dal-mondo-si-conclude-all-ostello-di-don-elio/ https://www.lavoce.it/perugia-il-viaggio-di-voci-dal-mondo-si-conclude-all-ostello-di-don-elio/#respond Thu, 10 Oct 2024 10:30:09 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78161

Dall’Umbria meridionale a quella di Nord-Est, da Terni a Gubbio nel luglio scorso, per approdare poi a Spoleto a fine settembre e infine concludere l’itinerario in ottobre a Perugia, sempre con l’obiettivo e il desiderio di raccontare storie di migrazioni, di accoglienza, integrazione e inclusione. La redazione di “Voci dal mondo” chiude dunque il suo viaggio nel capoluogo umbro con l’incontro fissato per mercoledì 16 ottobre, a partire dalle ore 18, nella Sala della biblioteca dell’Ostello di via Bontempi 13, proprio nel cuore di Perugia. Anche stavolta, come già accaduto negli incontri precedenti, sono tante le esperienze e le testimonianze che si alterneranno ai microfoni dei giovani laureandi e laureati che nei mesi scorsi sono entrati a far parte del progetto “Voci dal mondo”. Si tratta dell’ultimo dei quattro incontri organizzati tra luglio e ottobre proprio per condividere storie e racconti di migranti e comunità di stranieri in Umbria. Un itinerario attraverso varie città della regione per favorire una migliore comprensione del fenomeno migratorio, la diffusione di buone pratiche di accoglienza e integrazione, andando al di là degli stereotipi e delle fake news. “Voci dal mondo” è una iniziativa promossa da La Voce, dall’emittente Radio Glox (già Umbria Radio InBlu) e dalla Ong Tamat Ets, in collaborazione con l’Università per Stranieri di Perugia e con il sostegno del Fondo di beneficenza Intesa Sanpaolo. In questi mesi, è stata formata una vera e propria redazione multietnica, multiculturale e interreligiosa, creata per raccontare le migrazioni e la presenza di comunità di stranieri sul territorio umbro grazie allo sguardo e alla voce proprio dei migranti che vivono nella regione. Tra gli obiettivi, il progetto si propone di favorire e rafforzare l’inclusione sociale delle persone che vivono in Umbria con un background personale o familiare di migrazione. Questo anche attraverso una nuova forma di storytelling – cioè di racconto – rendendo protagonisti in prima persona i migranti stessi attraverso le loro esperienze e quelle da loro raccolte, attraverso l’organizzazione di incontri pubblici, la realizzazione, pubblicazione e diffusione di interviste e reportage per raccontare storie di migranti e migrazione. All’incontro di Perugia all' “Ostello di don Elio”, parteciperanno rappresentanti di enti e organizzazioni che si occupano di accoglienza e integrazione. Ci saranno soprattutto storie di migranti e richiedenti asilo che, in Umbria e sul territorio perugino, cercano futuro e prospettive per la propria vita e per quella delle loro famiglie.]]>

Dall’Umbria meridionale a quella di Nord-Est, da Terni a Gubbio nel luglio scorso, per approdare poi a Spoleto a fine settembre e infine concludere l’itinerario in ottobre a Perugia, sempre con l’obiettivo e il desiderio di raccontare storie di migrazioni, di accoglienza, integrazione e inclusione. La redazione di “Voci dal mondo” chiude dunque il suo viaggio nel capoluogo umbro con l’incontro fissato per mercoledì 16 ottobre, a partire dalle ore 18, nella Sala della biblioteca dell’Ostello di via Bontempi 13, proprio nel cuore di Perugia. Anche stavolta, come già accaduto negli incontri precedenti, sono tante le esperienze e le testimonianze che si alterneranno ai microfoni dei giovani laureandi e laureati che nei mesi scorsi sono entrati a far parte del progetto “Voci dal mondo”. Si tratta dell’ultimo dei quattro incontri organizzati tra luglio e ottobre proprio per condividere storie e racconti di migranti e comunità di stranieri in Umbria. Un itinerario attraverso varie città della regione per favorire una migliore comprensione del fenomeno migratorio, la diffusione di buone pratiche di accoglienza e integrazione, andando al di là degli stereotipi e delle fake news. “Voci dal mondo” è una iniziativa promossa da La Voce, dall’emittente Radio Glox (già Umbria Radio InBlu) e dalla Ong Tamat Ets, in collaborazione con l’Università per Stranieri di Perugia e con il sostegno del Fondo di beneficenza Intesa Sanpaolo. In questi mesi, è stata formata una vera e propria redazione multietnica, multiculturale e interreligiosa, creata per raccontare le migrazioni e la presenza di comunità di stranieri sul territorio umbro grazie allo sguardo e alla voce proprio dei migranti che vivono nella regione. Tra gli obiettivi, il progetto si propone di favorire e rafforzare l’inclusione sociale delle persone che vivono in Umbria con un background personale o familiare di migrazione. Questo anche attraverso una nuova forma di storytelling – cioè di racconto – rendendo protagonisti in prima persona i migranti stessi attraverso le loro esperienze e quelle da loro raccolte, attraverso l’organizzazione di incontri pubblici, la realizzazione, pubblicazione e diffusione di interviste e reportage per raccontare storie di migranti e migrazione. All’incontro di Perugia all' “Ostello di don Elio”, parteciperanno rappresentanti di enti e organizzazioni che si occupano di accoglienza e integrazione. Ci saranno soprattutto storie di migranti e richiedenti asilo che, in Umbria e sul territorio perugino, cercano futuro e prospettive per la propria vita e per quella delle loro famiglie.]]>
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Referendum cittadinanza. Una scelta per un’Italia che riconosce i suoi figli https://www.lavoce.it/referendum-cittadinanza-una-scelta-per-unitalia-che-riconosce-i-suoi-figli/ https://www.lavoce.it/referendum-cittadinanza-una-scelta-per-unitalia-che-riconosce-i-suoi-figli/#respond Sun, 06 Oct 2024 15:50:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78155

Oggi ci concentreremo su un tema cruciale che impatta la vita di milioni di persone: il diritto alla cittadinanza in Italia. Recentemente, il referendum sulla cittadinanza ha superato le 500.000 firme, grazie all’impegno di associazioni, cittadini e attivisti. Quali sono le implicazioni di questo referendum e perché è importante continuare a raccogliere firme? Esploriamo insieme la questione.

A cosa serve la raccolta firme?

Questa raccolta firme mira a sostenere una proposta di legge per modificare le attuali normative sulla cittadinanza italiana attraverso un referendum. Aumentando le firme, si esercita maggiore pressione politica per la sua discussione. Attualmente, la cittadinanza può essere concessa a stranieri residenti legalmente in Italia da almeno 10 anni. Questa proposta intende ridurre il termine a 5 anni, come era prima del 1992 e come praticato in vari altri Stati UE. Rimangono invariati gli altri requisiti, come la conoscenza della lingua italiana, adeguate fonti economiche, idoneità professionale, adempimento degli obblighi fiscali e assenza di motivi di esclusione legati alla sicurezza nazionale. In Italia, circa 2,5 milioni di persone, inclusi i figli minori conviventi, potrebbero trarre beneficio da questa modifica. Per milioni di persone, questa riforma significherebbe molto più di un semplice cambiamento legislativo. Cambierebbe vite. Oggi, in Italia, ci sono bambini e giovani che, pur essendo nati e cresciuti qui, non hanno diritto alla cittadinanza italiana. Parliamo di ragazzi che frequentano le stesse scuole, parlano la stessa lingua, condividono gli stessi sogni e aspirazioni dei loro coetanei italiani. Ma per la legge, sono ancora considerati “stranieri”. Questa condizione crea una divisione invisibile, una barriera che li separa da diritti fondamentali, come la partecipazione alla vita politica o la possibilità di viaggiare liberamente.

Perché è importante?

Per gli stranieri che vivono in Italia, ottenere la cittadinanza significa più di un pezzo di carta: significa appartenenza, sicurezza, dignità. Significa non dover più aspettare anni, o affrontare ostacoli burocratici, per vedere riconosciuti i propri diritti. Significa poter sognare un futuro con più certezza e stabilità. Con questa legge, l’Italia potrebbe finalmente riconoscere ufficialmente l’importante contributo delle seconde generazioni, che sono ormai parte integrante del tessuto sociale e culturale del Paese.

Conclusione

Questo referendum non è solo una questione tecnica o giuridica. È una battaglia per l’inclusione, per il riconoscimento e per la giustizia sociale. È un passo verso un’Italia che riconosce tutti i suoi figli, indipendentemente dalle loro origini. Ouns Mornagui (Intervento fatto all’incontro Voci dal mondo a Spoleto)]]>

Oggi ci concentreremo su un tema cruciale che impatta la vita di milioni di persone: il diritto alla cittadinanza in Italia. Recentemente, il referendum sulla cittadinanza ha superato le 500.000 firme, grazie all’impegno di associazioni, cittadini e attivisti. Quali sono le implicazioni di questo referendum e perché è importante continuare a raccogliere firme? Esploriamo insieme la questione.

A cosa serve la raccolta firme?

Questa raccolta firme mira a sostenere una proposta di legge per modificare le attuali normative sulla cittadinanza italiana attraverso un referendum. Aumentando le firme, si esercita maggiore pressione politica per la sua discussione. Attualmente, la cittadinanza può essere concessa a stranieri residenti legalmente in Italia da almeno 10 anni. Questa proposta intende ridurre il termine a 5 anni, come era prima del 1992 e come praticato in vari altri Stati UE. Rimangono invariati gli altri requisiti, come la conoscenza della lingua italiana, adeguate fonti economiche, idoneità professionale, adempimento degli obblighi fiscali e assenza di motivi di esclusione legati alla sicurezza nazionale. In Italia, circa 2,5 milioni di persone, inclusi i figli minori conviventi, potrebbero trarre beneficio da questa modifica. Per milioni di persone, questa riforma significherebbe molto più di un semplice cambiamento legislativo. Cambierebbe vite. Oggi, in Italia, ci sono bambini e giovani che, pur essendo nati e cresciuti qui, non hanno diritto alla cittadinanza italiana. Parliamo di ragazzi che frequentano le stesse scuole, parlano la stessa lingua, condividono gli stessi sogni e aspirazioni dei loro coetanei italiani. Ma per la legge, sono ancora considerati “stranieri”. Questa condizione crea una divisione invisibile, una barriera che li separa da diritti fondamentali, come la partecipazione alla vita politica o la possibilità di viaggiare liberamente.

Perché è importante?

Per gli stranieri che vivono in Italia, ottenere la cittadinanza significa più di un pezzo di carta: significa appartenenza, sicurezza, dignità. Significa non dover più aspettare anni, o affrontare ostacoli burocratici, per vedere riconosciuti i propri diritti. Significa poter sognare un futuro con più certezza e stabilità. Con questa legge, l’Italia potrebbe finalmente riconoscere ufficialmente l’importante contributo delle seconde generazioni, che sono ormai parte integrante del tessuto sociale e culturale del Paese.

Conclusione

Questo referendum non è solo una questione tecnica o giuridica. È una battaglia per l’inclusione, per il riconoscimento e per la giustizia sociale. È un passo verso un’Italia che riconosce tutti i suoi figli, indipendentemente dalle loro origini. Ouns Mornagui (Intervento fatto all’incontro Voci dal mondo a Spoleto)]]>
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Migrare è un diritto. Accogliere è una scelta di umanità https://www.lavoce.it/migrare-e-un-diritto-accogliere-e-una-scelta-di-umanita/ https://www.lavoce.it/migrare-e-un-diritto-accogliere-e-una-scelta-di-umanita/#respond Sat, 05 Oct 2024 15:34:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78157

Ogni anno, milioni di persone lasciano le proprie terre d’origine, spinti da guerre, povertà o dalla speranza di costruire una vita migliore altrove. La Giornata mondiale del migrante, tramite la quale dobbiamo ricordare che la migrazione non è solo una questione di sopravvivenza, rappresenta anche un segno di speranza per molti. Dietro ogni persona migrante c’è un volto, una storia e un sogno. Dietro ogni migrazione c’è una madre che spera in un futuro più sicuro per i suoi figli, un giovane che sogna di costruire una vita dignitosa, un padre che cerca la pace. Eppure, spesso, la migrazione è associata solo a paura, pregiudizio e divisione. Ma pensiamoci un attimo. La migrazione ha arricchito le società per secoli, sia dal punto di vista culturale che economico. Molti dei grandi innovatori della storia erano migranti o figli di migranti. E oggi, possiamo fare la differenza anche noi, scegliendo di accogliere, di costruire ponti anziché muri.

Una giornata mondiale dedicata ai migranti

La Giornata mondiale del migrante non è solo un giorno per ricordare chi è in viaggio, ma è un invito a riflettere… Lo stesso Papa Francesco, in occasione di una giornata così importante, ha sottolineato l’importanza dell’accoglienza, dell’inclusione e della solidarietà verso chi è costretto a lasciare la propria terra. Ha invitato tutti a vedere nei migranti non un problema, ma un’opportunità di incontro e arricchimento reciproco. Il Papa ha parlato di costruire una società più giusta, fondata sull’amore per il prossimo, ricordando le parole di Gesù: “Ero forestiero e mi avete accolto” (Matteo 25,35). / “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40). Ha anche esortato a seguire l’insegnamento della Bibbia: “Non maltratterai lo straniero né l’opprimerai, perché anche voi foste stranieri in terra d’Egitto” (Esodo 22,21). Un cammino da perseguire insieme verso la salvezza comune, in nome della comunione e della solidarietà. “Aiutaci a non smettere mai di camminare assieme ai nostri fratelli e sorelle migranti […] Apri i nostri occhi e il nostro cuore affinché ogni incontro con chi è nel bisogno diventi un incontro con Gesù […]”. La premura del pontefice è quella di estendere l’invito non solo ai cristiani, ma a tutta l’umanità. Perché il migrante di oggi, potrebbe essere stato nostro nonno o potrebbe essere nostro figlio domani o potremmo essere noi oggi. Concludo ricordandoci che migrare è un diritto umano, ma accogliere è una scelta di umanità. Khelia Gba (Intervento fatto all’incontro Voci dal mondo a Spoleto)]]>

Ogni anno, milioni di persone lasciano le proprie terre d’origine, spinti da guerre, povertà o dalla speranza di costruire una vita migliore altrove. La Giornata mondiale del migrante, tramite la quale dobbiamo ricordare che la migrazione non è solo una questione di sopravvivenza, rappresenta anche un segno di speranza per molti. Dietro ogni persona migrante c’è un volto, una storia e un sogno. Dietro ogni migrazione c’è una madre che spera in un futuro più sicuro per i suoi figli, un giovane che sogna di costruire una vita dignitosa, un padre che cerca la pace. Eppure, spesso, la migrazione è associata solo a paura, pregiudizio e divisione. Ma pensiamoci un attimo. La migrazione ha arricchito le società per secoli, sia dal punto di vista culturale che economico. Molti dei grandi innovatori della storia erano migranti o figli di migranti. E oggi, possiamo fare la differenza anche noi, scegliendo di accogliere, di costruire ponti anziché muri.

Una giornata mondiale dedicata ai migranti

La Giornata mondiale del migrante non è solo un giorno per ricordare chi è in viaggio, ma è un invito a riflettere… Lo stesso Papa Francesco, in occasione di una giornata così importante, ha sottolineato l’importanza dell’accoglienza, dell’inclusione e della solidarietà verso chi è costretto a lasciare la propria terra. Ha invitato tutti a vedere nei migranti non un problema, ma un’opportunità di incontro e arricchimento reciproco. Il Papa ha parlato di costruire una società più giusta, fondata sull’amore per il prossimo, ricordando le parole di Gesù: “Ero forestiero e mi avete accolto” (Matteo 25,35). / “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25,40). Ha anche esortato a seguire l’insegnamento della Bibbia: “Non maltratterai lo straniero né l’opprimerai, perché anche voi foste stranieri in terra d’Egitto” (Esodo 22,21). Un cammino da perseguire insieme verso la salvezza comune, in nome della comunione e della solidarietà. “Aiutaci a non smettere mai di camminare assieme ai nostri fratelli e sorelle migranti […] Apri i nostri occhi e il nostro cuore affinché ogni incontro con chi è nel bisogno diventi un incontro con Gesù […]”. La premura del pontefice è quella di estendere l’invito non solo ai cristiani, ma a tutta l’umanità. Perché il migrante di oggi, potrebbe essere stato nostro nonno o potrebbe essere nostro figlio domani o potremmo essere noi oggi. Concludo ricordandoci che migrare è un diritto umano, ma accogliere è una scelta di umanità. Khelia Gba (Intervento fatto all’incontro Voci dal mondo a Spoleto)]]>
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