La Conferenza episcopale umbra, in accordo con la Regione dell’Umbria, propose per il pellegrinaggio giubilare del 2000 cinque itinerari che, sulle storiche direttrici stradali per Roma, attraversavano tutta la Regione da nord a sud, da est ad ovest, sulle tracce delle grandi esperienze religiose vissute in Umbria (La Voce ha pubblicato “cinque itinerari” in 4 volumetti ancora in commercio NdR). Tra questi cinque itinerari l’itinerario francescano si vide particolarmente favorito dai pellegrini, tant’è che dopo dieci anni è ancora quotidianamente percorso da pellegrini italiani e stranieri. L’itinerario completo prevedeva tutto il percorso che da La Verna scendeva verso Assisi e continuava fino alla Valle reatina. Del lungo tragitto si notò subito una singolare preferenza del tratto Assisi-Gubbio, così che la Regione dell’Umbria si sentì subito in dovere di ripristinare come strada pedonale la storica strada che univa le due città e che Francesco percorse nell’inverno del 1206, dopo il sensazionale gesto della spogliazione che apriva, senza che se accorgesse, una nuova stagione nella Chiesa. Il vescovo di Gubbio mons. Mario Ceccobelli colse immediatamente nella provocazione di Francesco l’incisività di una testimonianza che arricchisse il cammino Assisi-Gubbio di una forte valenza interiore. Le tappe del cammino distribuite in una tre-giorni annuale (1-3 settembre) e accompagnate da momenti di riflessione e di preghiera, scandiscono anno per anno temi fondamentali come la riconciliazione con se stessi, riconciliazione con Dio, riconciliazione con i fratelli, riconciliazione con la natura. Così il “Sentiero di Francesco”, programmato in accordo dalle diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Gubbio, d’intesa con le Famiglie francescane, il sostegno della Regione, della Provincia di Perugia, delle Amministrazioni comunali di Gubbio, Assisi e Valfabbrica e delle Comunità montane dell’Alta Umbria e dei monti Martani-Serano-Subasio, prende l’avvio (siamo alla terza edizione in corso questi giorni) dall’episcopio di Assisi, dove si compì l’“iniziatico evento” della spogliazione di Francesco, e dopo una visita alla tomba del Santo, scendendo da porta San Giacomo, verso il Tescio e risalendo le colline verso la pieve di San Nicolò, ridiscende a Valfabbrica. Qui, nell’abbazia di Santa Maria Assunta, è indicato il luogo dove Francesco trovò una prima ospitalità nel suo esodo dalla città natale, e i pellegrini trovano l’occasione per un primo incontro comunitario di riflessione e di preghiera al termine del primo giorno di cammino. Il secondo giorno il cammino tocca Caprignone, tappa emblematica dell’itinerario, dove Francesco, che cammina sulla neve cantando in francese le lodi di Dio, è fermato da alcuni manigoldi che gli domandano brutalmente chi sia. Francesco si presenta loro come l’“araldo del gran Re”, al che viene percosso e gettato in una fossa di neve. Spariti i briganti, egli balza fuori e tutto giulivo riprende a cantare riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose. Sul luogo sono scomparse le rovine di un antico convento francescano, rimane però la chiesa dedicata all’Assunta, dove probabilmente si tenne il primo capitolo dell’Ordine celebrato fuori di Assisi. L’eremo di San Pietro in Vigneto chiude il cammino del secondo giorno. Il terzo giorno, in partenza dall’eremo ci si incammina verso l’antica abbazia benedettina di San Verecondo a Vallingegno, dove Francesco fu accolto come un vagabondo per pochi giorni. Sciolta la neve, sceso a Gubbio, fu accolto dall’amico Giacomello degli Spadalonga che lo rivestì dell’abito della penitenza. Francesco preferì tuttavia di vivere coi lebbrosi nel lebbrosario di San Lazzaro. E fu nel servizio dei lebbrosi che lo conobbe il vescovo di Gubbio, beato Wilano, che gli ottenne in dono dai Benedettini di San Pietro la chiesetta della Vittorina, la “Porziuncola eugubina” dove la tradizione colloca l’ammansimento del lupo da parte di Francesco; e il pellegrinaggio si chiude con questo mistico emblema dei frutti del cammino.
Sulle orme di Francesco
Parola di vescovo
AUTORE:
Pietro Bottaccioli