Mentre si discute se e come portare il servizio dei treni ad alta velocità nella nostra regione, arriva una buona notizia: ci sono finalmente tanti soldi per l’ammodernamento e la messa in sicurezza della Fcu, l’obsoleta ferrovia con più di un secolo di vita che ‘potrebbe’ essere la “metropolitana dell’Umbria”.
Si tratta – ha riferito alla stampa la presidente della Regione, Catiuscia Marini – di 63 milioni di euro per porre fine ai tanti disagi dei passeggeri, ora costretti a viaggi tra treno e pullman per le interruzioni del servizio ferroviario tra Città di Castello e Umbertide e tra le stazioni di Ponte San Giovanni e Perugia Sant’Anna. La gestione della Ferrovia centrale umbra dovrebbe passare alla Rfi, società delle Ferrovie dello Stato, “con evidenti benefici relativamente all’abbattimento dei tempi di percorrenza e alla qualità del servizi”. Quando i vecchi binari saranno rinnovati e messi in sicurezza – ha aggiunto – ci sarà una maggiore integrazione tra treni locali e quelli nazionali, con un migliore servizio per la mobilità non solo all’interno dell’Umbria. Per quanto riguarda i tempi di attuazione, non ci sono però al momento indicazioni precise.
Così come sono incerti i tempi e le modalità per il servizio dei treni ad alta velocità. Nell’incontro con i giornalisti sulla Fcu, la presidente Marini ha anche riferito che la Regione “ha formalmente richiesto alle Ferrovie dello Stato di valutare la istituzione di un Frecciarossa che possa collegare Perugia con Milano, senza cambi di treno”. Attualmente c’è un Frecciarossa che parte da Arezzo alle ore 6.11. La proposta è di farlo partire invece da Perugia consentendo ai passeggeri di arrivare a Milano in poco più di 3 ore. Per il ritorno si tratterebbe di fare arrivare direttamente a Perugia il treno ad alta velocità che parte dalla stazione centrale di Milano alle 19.30.
Proposta che però non soddisfa i rappresentanti politici di altri territori dell’Umbria, che auspicano invece treni ad alta velocità in tutte le principali stazioni della regione, in particolare Assisi, Foligno, Spoleto e Terni. Per i consiglieri regionali del Pd, Giacomo Leonelli, Andrea Smacchi, Carla Casciari e Marco Vinicio Guasticchi, la richiesta formale della Regione “sull’arretramento del treno Frecciarossa da Arezzo a Perugia è un importante punto di partenza che non preclude la possibilità di concretizzare le altre ipotesi in campo, magari più affini alle istanze di altri territori della nostra regione”. Leonelli, in particolare, invita “a non dividersi sui campanili”.
Da Treniitalia però non giungono buone notizie. Non ci sono risposte ufficiali, ma al Comune di Perugia è giunta una “comunicazione” (così riferisce una sua nota ufficiale) “della responsabile Divisione passeggeri Long Haul commerciale mercato Laura Bucci” in merito alle due “ipotesi emerse a livello istituzionale”. Per quanto riguarda la possibilità di collegare tutte le principali stazioni dell’Umbria, “deviando” alcuni convogli ad alta velocità della direttissima da/per Roma, la dirigente di Trenitalia ha scritto che “le caratteristiche dell’infrastruttura non consentono velocità superiori a quelle consentite per gli Intercity e i regionali, quindi sul percorso umbro i tempi di percorrenza rimarrebbero invariati.
Di contro, la durata complessiva del viaggio di un eventuale Frecciarossa o Frecciargento subirebbe un aumento rilevante, con conseguente perdita di competitività del servizio, non compensata dall’incremento della domanda del nuovo collegamento, che risulterebbe così non economicamente sostenibile”.
Sulla proposta di far partire il Frecciarossa del mattino da Perugia, anziché da Arezzo, Trenitalia rileva che “l’eventuale partenza dal capoluogo umbro dovrebbe essere prevista in orari assolutamente inappetibili dal punto di vista commerciale (le 5.00 da Perugia), che renderebbero insostenibile economicamente tale prolungamento”.
Prendere esempio dalla Basilicata… non dalla Padania. Parla l’on. Galgano
La richiesta ufficiale della Regione a Trenitalia di un collegamento Freciarossa da Perugia per Milano “va ad integrare, e non è sostitutiva alla realizzazione della stazione per l’alta velocità Medioetruria”. Lo ha sottolineato la presidente Catiuscia Marini, riconfermando quindi la validità dell’accordo sottoscritto con la Toscana nel 2014 per una nuova stazione per l’alta velocità in una località non ancora individuata al confine tra le due regioni. “Sul futuro non c’è certezza” commenta l’on. Adriana Galgano del gruppo parlamentare Civici e innovatori, che, parlando con La Voce, si dice “molto perplessa” sulla compatibilità economica della Medioetruria, anche in considerazione dei risultati ottenuti per l’analoga stazione di alta velocità, la “Medipadana”, dove i passeggeri sono meno del previsto. “Credo – afferma – che non sia la soluzione ottimale, mentre la raggiungibilità del nostro territorio è sicuramente una priorità politica: per l’industria del turismo, per quella legata alle nuove tecnologie e alla ricerca, per le nostre università”. Ciò è possibile da subito con collegamenti di treni ad alta velocità, come già avvenuto in Basilicata, dove la Regione investe in questo servizio più di 3 milioni all’anno. In Umbria – dice la parlamentare umbra, firmataria di alcune interrogazioni su questi temi – i costi per la Regione sarebbero di molto inferiori grazie alla vicinanza con la ferrovia dove già c’è l’alta velocità. Considerando poi la spesa dei 40 milioni previsti per una nuova stazione a una cinquantina di chilometri da Perugia, e che sarà difficile avere prima di 10 anni. Per Adriana Galgano, la partenza alle 5 del mattino del Frecciarossa da Perugia non è un problema per operatori economici, turisti e persone comunque abituate ai ritmi di vita della globalizzazione. Il passo successivo dovrebbe essere il treno ad alta velocità anche da Terni, senza però le fermate intermedie (Spoleto, Foligno, Assisi) che non si adattano a questo tipo di servizio. Intanto però va completato il raddoppio del binario nel tratto Spoleto-Campello. Un cantiere aperto nel 2001, per lavori su meno di 10 km che dovevano già essere conclusi, per il quale si sono già spesi più di 100 milioni di euro, con appalti a ditte inadempienti e fallite, oggetto anche di indagini della magistratura con arresti e interdittive antimafia. Rispondendo a una recente interrogazione dell’on. Galgano, il Governo ha promesso la fine dei lavori nel 2018.