di Daris Giancarlini
Ha scritto Davide Casaleggio che “oggi ci sono sistemi in grado di connettere un gran numero di persone e possiedono proprietà emergenti che producono cambiamenti rivoluzionari. Ci permettono di costruire comunità basate su modelli di produzione e distribuzione della conoscenza, fino a pochi anni fa influenzabili”: chiedo aiuto, non ho capito niente. Non ho capito soprattutto in che misura questa affermazione dell’erede del fondatore della piattaforma Rousseau e del Movimento 5 stelle possa considerarsi alla base del disegno di chi, come lo stesso Casaleggio, considera la democrazia parlamentare e il principio della rappresentanza degli arnesi di un passato da superare. “La democrazia non è un voto”, ribadisce Casaleggio nel suo blog, spiegando che la democrazia del futuro dovrà essere “un esercizio libero e consapevole dei nuovi diritti individuali e collettivi, consentito dall’uso della Rete”. Di nuovo, non capisco – per la mia forma mentis sclerotizzata sulla potenza di figure politiche di un passato sempre più lontano.
Figure che assumevano su di sé il peso di una rappresentanza che non si fermava alla stretta cerchia di chi li aveva premiati con il voto, considerando invece di profondere il proprio impegno per migliorare il presente e il futuro del proprio Paese. Tutto il Paese, non solo quello che si “connette” costruendo “comunità basate su modelli di produzione e distribuzione della conoscenza”. Mah?!