Domenica 11 ottobre 2009 ore 17.55: mons. Renato Boccardo prende possesso della cattedra del duomo di Spoleto, divenendo così il 116° successore di san Brizio, immediato successore di mons. Riccardo Fontana. Migliaia di fedeli sono scesi nelle strade e nelle piazze della città per vedere, salutare e, i più fortunati, parlare con il nuovo Arcivescovo.
La grande piazza del Duomo e la basilica cattedrale non sono riuscite a contenere i fedeli giunti da ogni angolo della diocesi, ma anche da Susa, Chiesa di origine di mons. Boccardo, e dal Vaticano, dove è stato da ultimo segretario generale del Governatorato. L’ingresso ha suscitato grande attesa nel territorio diocesano e non solo. E non poteva capitare in data migliore. Infatti, l’11 ottobre di quarantasette anni fa il beato Giovanni XXIII apriva il Concilio ecumenico Vaticano II, “i cui insegnamenti – ha detto mons. Boccardo – sono la bussola sicura che orienta e guida la Chiesa”. C’era curiosità di vedere il primo impatto con la realtà spoletina di questo vescovo proveniente dal mondo diplomatico. E lui, sorridente ed emozionato, fin dal suo arrivo in diocesi, a Cesi di Terni, ha stretto mani, abbracciato anziani, benedetto bambini. Si è pienamente immerso nella sua nuova Chiesa, felice di annunziare il Vangelo di Cristo, di non vergognarsi – quel non erubesco evangelium del suo motto episcopale – dell’unica Parola che salva.
“Vengo come pellegrino che intende unire il suo al cammino della gente di questa terra; vengo come amico, un amico di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, del povero e del malato, di coloro che lottano con i problemi di ogni giorno, di quanti inciampano, cadono e si rialzano sul cammino della vita, di quelli che cercano e trovano e di quanti non hanno ancora trovato il significato profondo dell’esistenza e della libertà. Vengo come pastore, per raccontare ancora una volta la storia dell’amore di Dio nel mondo”. Dunque, mons. Boccardo sarà pellegrino, amico e pastore. Prima con i suoi preti, tutti presenti in cattedrale – esclusi gli infermi e i malati – per l’atto di omaggio. Poi, lo sarà per i ministri ordinati, per i catechisti, per i giovani per gli operatori della Caritas, per le famiglie, per gli insegnanti di religione e per il mondo della scuola, per le associazioni e per i movimenti, per la società civile tutta. Il Papa lo ha mandato a Spoleto per condividere indistintamente con ciascuno speranze e gioie, preoccupazioni e pene, nella verità e nella grazia. E lo farà, come ha ricordato Enzo Bianchi, priore di Bose, “con la generosità, la franchezza e l’affidabilità che lo hanno sempre contraddistinto”.
Il vescovo Renato è subito entrato nel cuore degli spoletini, che hanno apprezzato la profondità delle sue parole, la sua grande spiritualità, la semplicità dei gesti per meglio vivere l’eucaristia. Il card. Giovanni Layolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, lo ha definito “guida intelligente ed efficiente, uomo ricco di iniziative”.
Un grande applauso si è levato in cattedrale quando il porporato ha ricordato come mons. Boccardo sia riuscito, con discrezione e con le sue grandi doti umane, prima ancora che diplomatiche, a risolvere alcune questioni amministrative del Governatorato. Chiaro fin da subito sulla presenza dei cristiani nella società civile: “La Chiesa, rispettosa delle legittime autonomie e competenze, considera suo preciso mandato farsi presente in tutta la realtà: nella vita culturale, del lavoro, dei servizi, del tempo libero. Impegnata in prima persona, intende offrire a tutte le componenti sociali, e da esse spera di ottenere, una collaborazione leale, fattiva e cordiale. La Chiesa sa di compiere la sua missione indicando nel Signore Gesù la causa, il fine e il modello dell’uomo autentico”.
In questa grande giornata di festa l’Arcivescovo ha voluto partecipare la sua gioia, anche se a distanza, alla sua mamma “presente qui accanto a me con l’intuizione del cuore e che accompagna giorno per giorno, con trepidazione e in preghiera, la vita e il pellegrinare del figlio. Non posso dimenticare, oggi specialmente, la raccomandazione che mi fece quando le comunicai la mia elezione all’episcopato, cinque anni fa: ‘Soprattutto, non ti montare la testa. Ciò che conta è essere un bravo prete’”.