Il 2013 è cominciato in Umbria con tanti fuochi d’artificio, e solo un paio di feriti non gravi per i micidiali “botti” che invece in tutta Italia hanno causato due morti e mandato all’ospedale quasi 400 persone. Al pronto soccorso del Santa Maria della Misericordia di Perugia, il più grande ed importante della regione, nessuno si è presentato per farsi medicare ferite ed ustioni provocati da questi ordigni pirotecnici. Dunque una bella notizia.
Nella notte di san Silvestro però c’è stata la fila di chi aveva alzato troppo il gomito, in gran parte giovani ed anche minorenni.
Ventiquattro intossicati dall’alcol che sono stati accompagnati al pronto soccorso dell’ospedale perugino da parenti e, soprattutto, amici e compagni di baldoria. Altri 15 sono stati raccolti per le strade di Perugia dalle quattro ambulanze dello speciale servizio predisposto dal 118.
Insomma, una quarantina di giovani, quasi tutti uomini, che hanno rischiato di morire per il troppo alcol consumato in quelle ore che dovevano essere di allegria e festa.
“In occasioni come queste – ha detto Marco Capruzzi, direttore del pronto soccorso dell’ospedale perugino – c’è un picco, ma purtroppo il problema si ripropone in tutti i fine settimana, compresa la sera e la notte del venerdì”. “Il consumo ad alto rischio tra i giovani – ha commentato Luciano Bondi, responsabile del servizio Alcologia dell’Asl 1 – comincia in età sempre più precoce, in alcuni casi perfino tra i bambini di 10 anni. In molti ambienti frequentati dai giovani il bere anche in quantità non modica è considerato una cosa normale”.
“Fortissima preoccupazione per le conseguenze dell’abuso di alcolici specie da parte di giovani e giovanissimi” è stata espressa dal prefetto di Perugia, Vincenzo Cardellicchio, nel corso di una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia svoltasi nei primi giorni di gennaio.
“È questa una problematica – ha detto – peraltro già all’attenzione della prefettura, impegnata nell’implementazione di strategie volte a combattere la guida in stato di ebbrezza, a disincentivare l’assunzione smodata di alcol ed a favorire il diffondersi tra i giovani, gli avventori di pubblici esercizi e gli automobilisti, di stili di guida e di comportamento responsabili, più rispettosi per la propria ed altrui salute ed incolumità”.
Le statistiche infatti indicano che per i giovani l’alcol è la causa principale di morte sulle strade italiane.
La constatazione del numero crescente di incidenti stradali provocati dall’eccesso di alcol ed anche dall’uso della droga ha indotto la prefettura di Perugia ad avviare nei mesi scorsi il progetto Drugs on the street.
Polizia stradale e vigili urbani, con il supporto della struttura mobile dell’ufficio sanitario della questura e la presenza di un infermiere del pronto soccorso dell’ospedale di Perugia, in più occasioni hanno svolto controlli nei parcheggi delle discoteche, nei locali ed in altri luoghi frequentati dai giovani.
Non sono state fatte solo contravvenzioni, ma il medico e gli operatori delle forze di polizia hanno anche cercato di spiegare ai giovani controllati i rischi dell’uso della droga e dell’alcol.
“Si tratta di una piaga sociale – ha detto il prefetto – che richiede il massimo dell’energia e del rigore nei confronti di tutti coloro i quali, pubblici esercenti inclusi, con i loro comportamenti mostrano di non avere la dovuta responsabilità e consapevolezza delle conseguenze delle proprie leggerezze”.
Ad un locale del centro storico di Perugia è stato ad esempio vietato per un mese di vendere bevande alcoliche per avere violato le norme che ne regolano la somministrazione.
Su questi temi il consigliere regionale del Pd Andrea Smacchi nei mesi scorsi aveva presentato una proposta di legge, forse volutamente provocatoria. Prevede che la persona portata in ambulanza all’ospedale in stato di ebbrezza o per aver usato droghe debba partecipare alla spesa sostenuta dal servizio sanitario per il trasporto. Smacchi propone inoltre di vietare la pubblicità e la sponsorizzazione di bevande alcoliche nei luoghi frequentati dai minori.
Si beve meno ma non meglio
Tutte le statistiche indicano che negli ultimi dieci anni il consumo dell’alcol, in tutte le fasce di età, è in costante diminuzione. Si è passati dai 20 litri annui pro capite degli anni Sessanta agli 8 del 2010. Si beve però di più fuori pasto, e soprattutto tra i giovani si sta diffondendo la moda del binge drinking in “stile Nord-Europa”, cioè la consumazione di sei o più bicchieri in un’unica occasione. Altra moda pericolosa è il pub crawling, una sorta di tour tra pub dove si può bere illimitatamente fino ad ubriacarsi spendendo una somma fissa solitamente attorno ai 20 euro. Anche in Italia ci sono poi agenzie che organizzano “vacanze alcoliche” in Norvegia ed altri Paesi del Nord Europa dove il consumo dell’alcol è molto più diffuso. Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia il 13,6% dei ragazzi di 11-15 anni (392 mila persone) consuma alcol. In aumento il consumo tra le donne, con una incidenza preoccupante tra le ragazze da 11 a 15 anni. Nella cosiddetta civiltà contadina si beveva molto di più, con gravi conseguenze per la salute. Oggi però tra i giovani l’alcol, come la droga, è il modo per evadere dalla realtà. Alla ricerca dello “sballo”: bere tanto ed in fretta, per stordirsi. Quando non è più un fatto occasionale ma diventa una sorta di rito settimanale per stare insieme, non è più solo la salute a rischiare. Perché chi abitualmente fugge dalla realtà rinuncia ad impegnarsi in prima persona per costruirsi una vita migliore.