“Mubarak è partito. L’Egitto è liberato”. Non poteva concludersi con una migliore notizia urlata dal palco – seguita da un boato di euforia dei partecipanti – l’11a edizione del Forum sociale mondiale (Wsf) che si è svolto dal 6 all’11 febbraio a Dakar, in Senegal, per la seconda volta in Africa dopo il Forum di Nairobi nel 2007. Il vento della rivolta popolare – e il sostegno alle lotte in Egitto e Tunisia – ha soffiato in lungo e in largo durante le giornate di Dakar, frequentate da circa 45.000 persone, con una vasta partecipazione degli africani, da quasi tutti i Paesi del Continente. E con una presenza sempre più attiva e visibile, anno dopo anno (dal 2001 a Porto Alegre), dei cattolici: Caritas in prima linea, ma anche i missionari, le religiose, la Chiesa locale, le organizzazioni non governative. Lo si è visto già dal primo giorno, con la celebrazione eucaristica presieduta dal card. Adrien Théodor Sarr, arcivescovo di Dakar, nella parrocchia dei Martiri dell’Uganda (la cattedrale era troppo piccola), piena di migliaia di fedeli da tutto il mondo, fuori e dentro le mura della chiesa. Il card. Sarr ha espresso una posizione molto chiara su quanto sta accadendo nel Maghreb, invitando i cristiani a non “tacere sulle rivolte popolari contro chi si appropria del potere solo per vantaggio personale, per le proprie famiglie e amici, come in Tunisia e in Egitto e senza dubbio anche in altri Paesi”. I poveri dell’Africa – rappresentati al Forum in migliaia di sigle e associazioni – sono stanchi di essere governati da vecchie élite arricchite, arroganti e neo-schiaviste. In questo evento hanno dimostrato una consapevolezza nuova, rispetto alla già risaputa denuncia del neo-colonialismo dei Paesi europei che sfrutta le loro risorse. Gli africani sanno che c’è anche un forte responsabilità dei loro governanti e sono pronti a denunciare, lottare, scendere in piazza. Di qui la grande solidarietà a tutti i popoli in lotta. Perfino in Senegal, Paese che si definisce “liberale” e democratico, la gente ha cominciato a manifestare in massa per la mancanza di energia elettrica, per il diritto allo studio (nell’unica università pubblica di Dakar c’è un contestatissimo “numero chiuso”). Nei giorni del Forum – ospitato nel campus dell’università Cheikh Anta Diop – uno dei maggiori motivi di disorganizzazione era dovuto alla scarsissima disponibilità di sale per ospitare i vari incontri, seminari, workshop. Le aule erano infatti già occupate dagli oltre 60.000 universitari. Il nuovo rettore, nominato pochi giorni prima, ha infatti deciso di non sospendere le lezioni nei giorni del Forum. Un modo per boicottare l’evento alter-mondialista, in fondo criticato anche dallo stesso presidente del Senegal, Abdoulaye Wade? Probabile. Durante il faccia a faccia con l’ex presidente del Brasile Lula, il presidente Wade ha pubblicamente ammesso di aver aperto le porte al Wsf, nonostante le sue idee politiche siano esattamente opposte. A patto, però, di non aprire anche i cordoni della borsa. Lo si è visto. Nonostante le carenze di mezzi e risorse, le varie realtà della società civile hanno improvvisato, con successo, soluzioni veramente alternative: i vari incontri – affollatissimi – delle Caritas di diversi Paesi, ad esempio, sono stati organizzati all’interno dello stand di Caritas Internationalis, che doveva essere solo luogo di passaggio e di riferimento. Eppure tutto è andato bene, perfino le traduzioni professionali in varie lingue, con tanto di cuffia. Due anni fa a Bélem, in Brasile, ci si riuniva in piccoli gruppi linguistici cercando di tradurre a braccio i diversi interventi. Certo, la formula del Forum è criticata da tanti. C’è chi dice che abbia fatto il suo tempo, che si comincia ad avvertire un po’ di stanchezza, prova ne è l’assoluta e ingiustificata assenza dei grandi media occidentali. In Italia, a parte la stampa cattolica e specializzata, ai blog e a qualche testata on line, nessun quotidiano o tv ha dedicato un minimo spazio all’evento. Inoltre all’interno del Forum le reti rischiano di essere un po’ autoreferenziali. I diversi mondi dialogano poco tra loro, sia per la mancanza di tempo, sia per la grande dispersione e l’informazione poco chiara. A chi li accusa di incidere poco a livello globale, gli organizzatori ribattono che molte delle proposte che oggi girano per il mondo, ed è vero, sono nate qui. La tassa sulle transazioni finanziarie, ad esempio, è stata lanciata al Forum e poche settimane fa perfino il presidente francese Nicholas Sarkozy ne ha parlato al Forum economico mondiale di Davos, l’evento a cui il Wsf si contrappone per cambiare le regole economiche mondiali. Segno che le idee mettono le ali, dalla società civile passano alle istituzioni, impegnate come sono a cercare di combattere la crisi mondiale. Forse qualcuno comincia a capire che alcune strade possibili consistono nella ricerca di alternative ad un modello economico e sociale che sta mostrando inesorabilmente tutti i più drammatici segni del declino. E i popoli africani più disperati lo stanno gridando a gran voce, anche a costo della vita. Perché la storia siamo noi, e qualche volta ci sorprende, esultare per la libertà.
Solidarietà ai popoli in lotta
Reportage dal Forum sociale mondiale tenutosi a Dakar in Senegal
AUTORE:
Patrizia Caiffa