Le tensioni in Medio Oriente, in Siria in modo particolare, e le ultime iniziative previste per l’Anno della fede e per il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II erano alcuni dei temi al centro dei lavori della Conferenza dei Vescovi latini delle Regioni arabe (la cui assemblea si è tenuta a Roma dal 18 al 20 settembre). Tra i partecipanti mancava padre Abou Khazen, francescano, amministratore apostolico del Vicariato di Aleppo, che non ha potuto lasciare la sua città, isolata da mesi sotto l’assedio delle milizie anti-Assad. Lo abbiamo intervistato.
Qual è la situazione attuale ad Aleppo, città-martire, simbolo di questo conflitto?
“Si combatte aspramente. Quasi tutte le periferie sono controllate dalle forze dei ribelli, mentre il centro città e la parte nuova è nelle mani dell’esercito regolare. Gli abitanti hanno bisogno di tutto, a cominciare dal pane quotidiano. Si registra mancanza di energia elettrica e di acqua. In tantissimi sono rimasti senza lavoro. I generi alimentari che entrano di contrabbando hanno prezzi elevatissimi. Dobbiamo aiutare queste famiglie, cristiane e musulmane, in qualche modo, e lo facciamo con le derrate che riceviamo da tante associazioni come le Caritas, ong come Ats (Associazione Terra Santa) e Jesuit Refugee Service, la Fondazione Giovanni Paolo II, e anche la Cei”.
Ma il 15 settembre hanno riaperto le scuole…
“È un segno di vita per la popolazione siriana, un piccolo, timidissimo segno di normalità. Ma non si può dire quanti alunni siano presenti, e quanti siano andati via con le loro famiglie”.
L’accordo a Ginevra tra Russia e Usa: cosa ne pensa?
“Credo fermamente che questo accordo sia giunto grazie anche all’intervento e alle preghiere di Papa Francesco, come anche a quelle del mondo e ai digiuni della gente. Sono certo che la riconciliazione in Siria sia possibile, a patto che non ci siano interferenze militari esterne, che non fanno altro che alimentare divisioni. Prima in Siria queste non esistevano, oggi invece… Nessuno, prima della guerra, chiedeva all’altro di che fede fosse, si metteva tutto in comune e ci si aiutava senza nessuna difficoltà. Oggi assistiamo a violenze, morti, rapimenti, abusi. Immaginate, inoltre, come si senta frustrato quel padre che, arrivato a sera senza poter lavorare, non ha di che dare da mangiare ai suoi figli. E sono decine di migliaia le persone in questa condizione”.
Davanti a tutto ciò come reagisce la gente? È rassegnata oppure segue le vicende sui negoziati e cerca di approfondire quanto sta accadendo?
“La popolazione è molto stanca, chiede un cessate-il-fuoco, la pace, la sicurezza, la stabilità. Non armi. Molti partono, ma c’è anche chi vuole tornare nelle proprie case, alla propria terra, tornare a vivere insieme. Non sono rassegnati e chiedono la pace. Hanno bisogno di pace. Solo la pace infatti potrà dare loro tutto ciò di cui hanno bisogno, non ultimi gli aiuti materiali necessari a vivere. Per questo seguono le notizie riguardanti il loro Paese. Per tutti loro, per la gente di Siria, vorrei fare un appello al mondo…”.
Quale?
“Non abbandonate la Siria e il suo popolo! L’abbraccio di preghiera, di digiuno e di solidarietà concreta, lanciato da Papa Francesco, non cessi di stringerci e di farci sentire amati. Abbiamo bisogno della solidarietà di tutti. La preghiera sostenga anche i responsabili che hanno il potere di prendere decisioni coraggiose, e faccia capire alle Potenze straniere che non abbiamo bisogno di armi ma di stabilità e sicurezza. Preghiamo anche per i due vescovi e i due sacerdoti rapiti e per padre Dall’Oglio, dei quali non si hanno più notizie”.
Nuovo appello del Papa
La “tragedia umana” in Siria “può essere risolta solo con il dialogo e la trattativa, nel rispetto della giustizia e della dignità di ogni persona, specialmente i più deboli e indifesi”. A ribadirlo è stato Papa Francesco, che prima dei saluti in lingua italiana, che come di consueto concludono l’udienza del mercoledì in piazza San Pietro, ha rivolto un pensiero speciale “alla cara popolazione siriana” e ha rivolto un pressante appello ai cattolici di tutto il mondo “ad unirsi agli altri cristiani per continuare ad implorare da Dio il dono della pace nei luoghi più tormentati del nostro pianeta”. “Impegniamoci tutti – ha aggiunto – a incoraggiare gli sforzi per una soluzione diplomatica e politica dei focolai di guerra che ancora preoccupano”. Lo spunto del Papa è la Giornata internazionale della pace, che ogni anno le Nazioni Unite celebrano il 21 settembre, e “il Consiglio ecumenico delle Chiese si appella ai suoi membri affinché in tale giorno preghino per la pace”, ha ricordato il Papa.