“Un atto di disturbo” dal quale non bisogna farsi condizionare. Aprendo il 13 ottobre, il briefing quotidiano sul Sinodo, padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, è tornato sulla pubblicazione, su un sito Internet, della lettera di tredici cardinali padri sinodali a Papa Francesco, lo scorso 5 ottobre. Il portavoce vaticano ha ribadito che le difficoltà contenute nella lettera, che doveva rimanere riservata e che quattro cardinali hanno smentito di avere firmato, erano state evocate lunedì sera (5 ottobre) in Aula, e ad esse il segretario generale e il Papa “avevano risposto con chiarezza la mattina seguente”, martedì. “Chi ha compiuto questo atto di divulgazione – ha avvertito – ha compiuto un atto di disturbo, occorre perciò non farsene condizionare”. Per p. Lombardi, si possono fare osservazioni sulla metodologia del Sinodo, “ma una volta stabilita ci si impegna ad attuarla”.
Un briefing “al femminile”, quello di martedì 13 ottobre al quale sono intervenute due uditrici al Sinodo: Thérèse Nyirabukeye, consulente e formatrice per la Federazione africana dell’azione familiare – Faaf (Rwanda), e Moira McQueen, direttrice dell’Istituto canadese cattolico di bioetica (Canada). Accanto a loro padre Jeremias Schröder, arciabate presidente della Congregazione benedettina di Sant’Ottilia, uno dei dieci religiosi eletti.
Parlando del rapporto tra famiglia e vocazioni, Thérèse Nyirabukeye, ha osservato che “sostenere la vocazione e la missione della famiglia nel mondo genera vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”. Sulla base sociale delle vocazioni, profondamente cambiata, si è invece soffermato p. Jeremias Schröder: “In molti monasteri tedeschi i giovani monaci arrivano da famiglie non cattoliche”. Per Moira McQueen, stiamo assistendo “a un rifiorire di vocazioni, è necessario promuoverle per il bene dell’intera società”. Famiglia come potente fattore di riconciliazione: è la testimonianza di Nyirabukeye che ha evocato il genocidio subito dal suo Paese vent’anni fa. “Stiamo in una fase di progressiva ricostruzione – ha detto – e in questa contiamo molto sulle famiglie, sulla loro testimonianza che è possibile l’amore e la riconciliazione, che è possibile un cammino di fraternità”.
Rispondendo ad una domanda sulla proposta di diaconato femminile (da parte dell’arcivescovo canadese Paul-André Durocher, ndr), p. Schröder ha riferito di essere rimasto “impressionato”. “Mi è sembrata audace e anche convincente – le sue parole -, potrei immaginare un cammino in questo senso ma il tema non ha avuto grande eco in Aula”. Il religioso ha quindi spiegato che su alcuni temi specifici “si è parlato dell’ipotesi di affrontare le questioni in base al contesto culturale” e d’immaginare “soluzioni pastorali originali in sintonia con i contesti”. In Germania, secondo Schröder, il tema dei divorziati risposati è più avvertito che in altri Paesi. Un invito alla saggezza e a considerare questi temi anche in prospettiva “locale”, ma guardando sempre alla Chiesa universale”, è stato rivolto da McQueen.
Parlando della propria esperienza trentennale d’insegnante di metodi naturali, Nyirabukeye ha raccontato che tra le donne nei villaggi il fatto di conoscere il funzionamento biologico del proprio corpo è “motivo di fierezza”. Alcune sue ex allieve intendono impegnarsi come “missionarie della vita”. Nyirabukeye si è inoltre detta felice di partecipare al Sinodo e poter offrire il proprio contributo nei Circoli minori, nei quali gli uditori possono prendere la parola.
“Vedendo le sintesi del giorno ci accorgiamo che veniamo ascoltate”, ha aggiunto McQueen. La bioeticista canadese ha espresso soddisfazione per il fatto che sempre più donne, “che hanno un ruolo fondamentale nella trasmissione della fede e dei valori, vengano inserite nel cammino sinodale, è una testimonianza che la Chiesa tiene conto del progresso della società” e la prova dell’esistenza di un “femminismo costruttivo”. Nei Circoli minori il clima “è sereno”, ha assicurato Schröder.