Fosse ancora viva, il 3 febbraio avrebbe compiuto 100 anni. Parlo di Simone Weil, una delle pensatrici più originali e profonde del sec. XX. L’opinione pubblica la ignora, qualcuno in passato l’ha identificata con l’omonima signora, patinata e con le unghie laccate, che ha presieduto per qualche tempo il Parlamento francese. Il fascino delle intuizioni rapide, violente come delle rasoiate: io”ho conosciuto quando ho letto il bellissimo libro che, per i tipi di Garzanti, le ha dedicato Gabriella Fiori, facendo leva soprattutto sulla testimonianza della sua compagna di banco al liceo Henry IV di Parigi, Simone Pétrement. Simone, l’eretica. L’eresia lei ce l’aveva dentro, nel sangue: l’assoluta inettitudine a lasciarsi ingabbiare da un sistema di pensiero, fosse anche il più alto e nobile, come quello cristiano, al quale approdò sul finire della sua vita; credo che da san Tommaso in poi nessuno abbia scritto sull’eucarestia le cose profonde, per nulla devozionali, intensissime, tessute di umanità verginale che ha scritto lei; ma anche il suo dito puntato contro la Chiesa cattolica, l’unica custode del Mysterium salutis, è stato d’una durezza implacabile. Era successo prima con il mondo classico, che lei conosceva a fondo e amava con tutta se stessa, ma questo non le aveva impedito di denunciare l’Iliade (‘il libro più bello che sia mai stato scritto’) come l’osceno ‘poema della forza’, antesignano di tutte le violenze che nel corso della sua storia sanguinaria l’umanità ha riservato ai più deboli. Era successo col marxismo, ma la scia di lotte e di guerre che il socialismo reale aveva già cominciato a lasciare dietro di sé l’aveva allontanata dal barbuto profeta di Treviri. Bruttarella, trasandata, incapace di essere giovane come lo erano (e lo sono) tutti i giovani, lasciò l’insegnamento alle scuole medie superiori per lavorare un anno alla Rénault come semplice operaia. Ne uscì distrutta. Angosciata dalla disumanità della catena di montaggio, un inferno di insignificanza al quale una follia crudele e anonima condannava tanti suoi fratelli uomini. Prese parte alla guerra di Spagna, in difesa della Repubblica. Pretesero che sapesse cucinare, lei che non l’aveva mai fatto. Si ustionò mettendo un piede in un’enorme padella di olio bollente, che avrebbe dovuto servire’ ad altro. Tornò a casa. Il giorno dopo, la sua brigata venne sterminata. ‘brPare che sul letto di morte abbia ricevuto il battesimo, quel santo Segno al quale aspirava con tutta l’anima, e che aveva sempre procrastinato per non tirarsi fuori dalla tragedie del suo popolo, gli ebrei, sui quali si stava abbattendo l’uragano della Shoah.
Simone, l’eretica
Abatjour
AUTORE:
A cura di Angelo M. Fanucci