Il 3 novembre scorso l’arcivescovo Boccardo ha incontrato, a Campello sul Clitunno, gli eremiti presenti nel territorio della diocesi. Il presule era accompagnato da mons. Giorgio Orioli, priore parroco di S. Pietro extra moenia a Spoleto e direttore spirituale degli eremiti. La presenza di queste persone nell’archidiocesi è da far risalire ai tempi più remoti del cristianesimo, quando le nostre valli – Spoletana, parte di quella Perugina e la Valnerina – si popolarono di asceteri di cui ci ragguaglia con abbondanza di particolari il papa S. Gregorio Magno, amico di monaci, clero e laici di questo nostro territorio. Tutto inizia nella Valle Campiana e nell’attigua Valle Castoriana (Preci) con il grande monaco Spes (13 settembre 517 a.C.) e i suoi discepoli Eutizio e Fiorenzo, ma soprattutto, con più ampio respiro, con colui che si formò alla sua scuola, il grande Benedetto da Norcia. Le lotte diofisite e monofisite in Oriente portarono in questi territori una schiera di asceti che costellarono le nostre montagne di piccoli eremi; celebre è il Monteluco di Spoleto che per oltre mille anni fu abitato da eremiti. Con alterne vicende lungo lo scorrere dei secoli mai si spense la presenza in diocesi di persone che si consacravano a Dio nella vita eremitica e furono strumenti di una particolare evangelizzazione nella nostra Chiesa. È stato l’arcivescovo Riccardo Fontana, il 2 luglio 2006, a riconoscere come realtà diocesana il gruppo di eremiti presenti, stabilendo per loro una norma di vita, affidando a ciascuno di loro un eremo. Oggi abbiamo una significativa presenza di questi consacrati nella vita dell’eremo: dall’alto dei nostri monti sono sentinelle nella Casa del Signore. Attualmente abbiamo sei eremiti, cinque donne e un uomo. Vivono negli eremi della Santissima Trinità a Campello sul Clitunno; della Madonna a Pare a Collegiacone di Cascia; di S. Fiorenzo a Piedivalle di Preci; degli Angeli a Patrico di Spoleto; a Le Cese di Spoleto. Nella sua omelia l’Arcivescovo, riprendendo san Paolo, ha detto che noi Chiesa siamo un solo corpo. “Lo vediamo anche qui davanti a noi, in maniera concreta, il mistero della Chiesa, ognuno con doni diversi e con ministeri diversi, tutti chiamati a convergere verso l’unità del Corpo del Signore! Il grande Mistero nel quale siamo inseriti è questo della famiglia di Dio, dove ognuno è chiamato a occupare quel posto che è soltanto il suo, nato dalla fantasia e dal cuore di Dio per poter rendere bello il volto del Maestro presentato agli uomini e alle donne del nostro tempo. In questa prospettiva, in questa luce, mi piace vedere anche la vostra presenza e il vostro ministero nel cuore di questa Chiesa diocesana. Voi non appartenete a un istituto ricco di tradizioni, di spiritualità, con patrimonio di storia; voi siete inseriti direttamente nella Chiesa diocesana, e dunque responsabili della santità e della bellezza di questa Chiesa come lo sono tutti i battezzati secondo la loro vocazione”. Se qualcuno può pensare che gli eremiti siano qualcosa di lontano dalla Chiesa diocesana, mons. Boccardo ha spazzato via ogni dubbio definendoli presenza “specialissima dentro questa Chiesa diocesana, della quale siete chiamati anche voi a portare il peso e la gloria”. Ci viene in aiuto ancora l’apostolo Paolo quando dice che i diversi carismi, le diverse missioni non sono né concepite né considerate separate e indipendenti l’una dalle altre, bensì c’è una composizione misteriosa che fa sì che, quasi come le tessere del mosaico, s’incastrino l’una nell’altra. E così i religiosi che percorrono le strade del mondo nell’evangelizzazione diretta, quelli che sono chiusi nel monastero, chi vive nella solitudine dell’eremo, così come le famiglie cristiane, i laici impegnati, le diverse forme di testimonianza cristiana: tutto concorre per rendere presente il mistero della salvezza. “Ed io come vescovo – ha affermato Boccardo – sono qui per dirvi l’apprezzamento e la fiducia. Apprezzamento per quello che siete e per quello che fate, la fiducia che io ripongo in voi perchè portiate nella preghiera di intercessione, di lode, di azione di grazie questa Chiesa diocesana che vi ha, in modi diversi, generati a questa vocazione che avete accolto e che state vivendo. Tutta la nostra vita cristiana è una preparazione continua, è un rivestirci dell’abito adatto, dell’abito nuziale per poter essere riconosciuti. Se noi riconosciamo il Signore, Lui ci riconoscerà”. “Ecco – ha concluso – il segreto della nostra vita: la ricerca continua per conoscere il Maestro, per seguirlo più da vicino, per rispondere alla Sua chiamata e alla Sua donazione. Allora preghiamo affinché ci sia dato di avere ogni giorno di più, coscienza della vocazione che abbiamo ricevuto e della missione che dobbiamo compiere”.