I cristiani in quest’anno 2001 celebrano la settimana santa nella stessa data, in contemporanea, per quanto lo consente la rotazione oraria del ciclo solare. Un miliardo e duecento milioni di cristiani, cattolici, luterani, riformati, anglicani, battisti, pentecostali, ortodossi e i fedeli di tutte le altre confessioni e denominazioni, saranno spiritualmente presenti nella terra dove sono ambientate le narrazioni e i riti di quella che per essi è la settimana più importante dell’anno. E’ naturale che il pensiero non si fermi alle vicende del passato, ma si posi sulla tragedia in atto che vede due popoli in aspra lotta con vittime innocenti, compresi fanciulli e ragazzi. La terra dove è risuonato per primo, dalla sommità di un atroce supplizio, il grido di perdono e l’invito alla riconciliazione è barbaramente insanguinata da un conflitto mai sedato. Anzi un conflitto alimentato da una legge che si ritiene attuale e unicamente risolutiva, professata come un credo, la legge del taglione: ad una parte che ha gridato, dopo l’ultimo attentato “occhio per occhio”, l’altra parte ha risposto, come per un rituale ritornello: “dente per dente” e così la litania delle minacce e quella più dolorosa delle vittime, da una parte e dall’altra continua senza soluzione di continuità. Per promuovere la pace la Chiesa ha celebrato un giubileo solenne quanto mai era successo prima, il papa Giovanni Paolo ha compiuto viaggi faticosi e impegnativi, discorsi e messaggi accorati, visite di cortesia e di pacificazione, ha accolto personaggi di ogni parte politica e religiosa, ha proposto mediazioni diplomatiche e soluzioni di accordi bilaterali. Niente. Organismi internazionali hanno provato a fare altrettanto e l’Onu ha dichiarato il 2001 “Anno internazionale del dialogo tra civiltà”. Nell’approssimarsi della Pasqua, i tredici vescovi e archimandriti delle Chiese cristiane che hanno sede in Gerusalemme hanno rivolto un messaggio alle autorità del governo d’Israele e all’Autorità palestinese in cui dicono che “la violenza avrà fine soltanto quando entrambe le parti in conflitto faranno un deciso sforzo per rispettare ciascuna i diritti dell’altra, affermando la dignità e il valore di ogni vita umana, uomini, donne e bambini”, ed hanno indicato il negoziato come unica via sicura per la pace. Niente. La passione di Gesù continua e con essa la passione di tanti “poveri cristi” intrappolati dentro le maglie di potentati aggressivi e senza scrupoli. Questa è la terra santa di oggi. E se volessimo aprire l’obiettivo su altri scenari potremmo cogliere scene di passione e di sangue nelle violenze endemiche in Paesi africani e nelle Molucche dilaniati dalla miseria e dalla fame, talebani scatenati, Grande Albania al posto della Grande Serbia, tempeste finanziarie incombenti nel mondo globalizzato, l’esplosione della questione ambientale, e da ultimo la tensione tra Usa e Cina. In una settimana santa di passione entra tutta la sofferenza umana come protagonista a scuotere le coscienze degli uomini e delle donne e a porsi la domanda che si faceva Pascal, quando diceva che il venerdì santo continua fino alla fine del mondo. Ma Pascal viveva nel Seicento, e finora ha visto lontano, più lontano degli illuministi che si dilettavano a prefigurare una pace perpetua. Ma noi, nel terzo millennio appena avviato, senza farci delle illusioni, non possiamo accettare passivamente che il mondo vada come vada. Il grande magistero della Chiesa, anche limitandosi a considerarlo da cinquant’anni a questa parte, ci ha fatti certi che è possibile una “civiltà dell’amore” e ce ne ha suggerito i mezzi, quelli della riconciliazione, della purificazione della memoria, della ricerca dei valori comuni all’intera umanità. Rivolgendosi al Corpo diplomatico, all’inizio dell’anno aveva detto: “Vi sono valori comuni ad ogni cultura, perché radicati nella natura della persona umana. Che cosa vi è di più comune a tutti della natura umana? Sì, salviamo l’uomo! Salviamolo tutti insieme!”
Settimana di passione
AUTORE:
Elio Bromuri