“Il giorno dopo” (Gv 1,29): così si apre il versetto biblico con cui inizia il Vangelo della II domenica del Tempo ordinario. Un’indicazione temporale che non troviamo nel testo del Vangelo di Giovanni proposto dalla liturgia, che lo tralascia per iniziare con “Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui…”.
Dal battesimo di Gesù al Vangelo di domenica
Eppure l’inizio dell’anno liturgico è così permeato da quella celebrazione del mistero dell’Incarnazione – che si conclude con la festa del Battesimo di Gesù – che non è possibile procedere senza quel riferimento al “giorno prima”.
La festa celebrata domenica scorsa è una porta dalla quale si entra nella ferialità liturgica del Tempo ordinario, arricchiti dalla straordinarietà del tempo di Natale e carichi del Mistero celebrato. Per il cristiano, il giorno dopo “l’evento” non è un ricadere nella routine, ma avere la possibilità di sprigionare nel tempo quanto abbiamo assaporato dell’Eterno.
Giovanni Battista sembra essere il testimone del giorno prima che accompagna il tempo nuovo, e sa riconoscere l’uomo nuovo Gesù Cristo: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv 1,29). Egli è consapevole del suo battesimo di conversione in attesa del battesimo nello Spirito.
Il suo stare consapevolmente nella tradizione del Primo Testamento non lo blocca di fronte alla no- vità dello Spirito e, pur “nell’ignoranza” affermata ben due volte (“Io non lo conoscevo”, Gv 1,31.33), sa cogliere la novità (v. 32). È questo lo sguardo sapienziale verso il passato! Non basta la conoscenza intellettuale dei testi sacri, né la conoscenza mnemonica del catechismo per essere maestri nella fede.
Il “gigante” Giovanni Battista si fa piccolo di fronte alla novità dello Spirito che reinterpreta i testi antichi con la luce che viene dall’uomo nuovo Gesù: l’Evangelo che dà compimento non solo al Primo Testamento ma alla storia stessa. Lui è il supremo legislatore perché – dice il Battista – “dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me” (Gv 1,30).
Prima lettura
L’antica profezia del Servo, in Isaia, acquista una luce nuova con l’ingresso nella storia del Figlio di Dio (Is 49,5) e trova in Gesù Cristo una chiara intellegibilità. Il Battista, precursore e testimone fedele del Messia, è tale anche nell’umiltà di sottomettersi alla volontà di Colui che lo ha chiamato.
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Dal Libro di Isaia 49,3.5-6SALMO RESPONSORIALE
Salmo 39 (40)SECONDA LETTURA
Dalla I Lettera di Paolo ai Corinzi 1,1-3VANGELO
Dal Vangelo di Giovanni 1,29-34
Salmo
Il Salmo 39 esprime certamente una lode a Dio per un intervento sperato e realizzato, rafforzando la fiducia in Colui che tutto può; ma esprime anche la disponibilità a quella volontà che realizza la propria vita, che porta nel cuore la legge stessa di Dio (vv. 8-9).
Si è fatto carne e si è fatto servo
“Farsi servo” e “fare la volontà”: sembra essere un unico atto, secondo la Parola che oggi riceviamo dalla liturgia. Possiamo riconoscere come attori principali di questo agire sia il Battista che Gesù stesso, il quale – nel suo essere da sempre rivolto presso il Padre in relazione intima con Lui (Gv 1,1) – accoglie l’appello del Padre stesso e l’appello di un’umanità bisognosa di un volto di tenerezza di Dio.
“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Si è fatto carne per regnare. Non secondo la logica dei re di questo mondo, che declinano il loro potere nel dominare fino a farsi tiranni, ma per farsi Servo fino a diventare l’Agnello immolato, così come Giovanni lo vede e lo annuncia al mondo. Gli angeli annunciano quel Dio che si fa bambino, Giovanni annuncia quel Dio fatto uomo che si fa servo e crocefisso: l’Agnello di Dio che toglie/porta il peccato del mondo.
“Chiamati” e “inviati”, due verbi che nella fede sono consequenziali, in intima connessione, legati da una mutua interiorità. Si è chiamati per essere inviati; l’essere inviati presuppone una chiamata, ma l’atto che declina questi due verbi è l’atto d’amore di Dio, che in modo unico e gratuito ci spinge a uscire da noi stessi.
Seconda lettura
Paolo descrive in modo mirabile l’esperienza dei chiamati: santificati in Cristo Gesù, santi insieme. Un altro binomio dinamico, che esclude un protagonismo egoistico anche nella fede, la quale presuppone l’umiltà dell’ascolto prima della presunzione della parola, perché per essere maestri occorre passare attraverso il vaglio del discepolato.
Quanti “maestri” oggi, senza essere stati discepoli, pontificano dall’alto della loro superbia, distribuendo pagelle ai Papi secondo i propri criteri, rimpiangendo una “Chiesa identitaria” senza alcuna profezia! A questi “profeti di sventura” lo Spirito risponde con la novità della sua azione, che fa sempre nuove tutte le cose e sceglie i Vicari di Cristo e successori di Pietro adatti a ogni tempo. Per questo, in questo tempo, ha scelto Papa Francesco.
Don Andrea Rossi