Pioggia, pioggia e ancora pioggia. È questo – ma non solo – il riassunto di questa primavera, meteorologicamente appena conclusa. I record davvero memorabili riguardano l’Italia settentrionale, dove sono caduti fino a 700 mm di pioggia in soli tre mesi: in alcune zone, ad esempio l’Emilia, si tratta della primavera più piovosa da quando si effettuano misurazioni. Al Centro, benché i valori siano più bassi, in molte zone siamo su accumuli di poco inferiori ai 500 mm. In gran parte della nostra regione, però, dall’inizio dell’anno sono caduti oltre 600 mm di pioggia, con punte di 700-900 mm nella fascia pedemontana appenninica. Considerando che anche lo scorso autunno, dopo mesi di penuria, era stato piovoso e che l’inverno è trascorso sotto la pioggia al Centro e sotto la neve al Nord, si arriva alla conclusione sorprendente che negli ultimi sei-otto mesi è piovuto fra il 40 e il 70% in più del normale, con punte del 100%. In pratica, in pochi mesi è caduta la pioggia di un intero anno. Chiunque si sia recato recentemente in Appennino, se n’è accorto: le sorgenti sono ai massimi livelli degli ultimi anni e la portata di fiumi e torrenti è veramente cospicua. Le captazioni degli acquedotti stentano a smaltire il surplus idrico.
A Gualdo Tadino, ad esempio, la sorgente di San Marzio, che alimenta l’acquedotto principale, trabocca letteralmente: la strada di accesso all’omonimo eremo è così diventata un vero e proprio fiume. In altri luoghi, l’eccesso idrico ha alimentato il dissesto idrogeologico, come nei pressi di Valtopina, dove l’enorme frana che ha compromesso la stabilità di alcune abitazioni, e interrotto per mesi la statale Flaminia, minaccia sempre di riattivarsi. Non parliamo, poi, dei danni alla produzione agricola, specialmente di frutta e verdura, gravemente compromessa dalla mancanza di giornate soleggiate.
A livello termico, al di là dei sensazionalismi, la primavera è stata fredda soprattutto in parte del Nord, mentre al Centro i valori bassi dell’inizio di aprile e della fine di maggio sono stati parzialmente compensati da altri periodi più miti (ma non tanto soleggiati). In Umbria, il mese di maggio è stato da 1 °C a 2,5 °C più freddo della media solo grazie ai primi giorni, davvero caldi. Le nevicate dei giorni 25 e 26 maggio, invece, scese fino a 600 metri, sono effettivamente uno degli eventi freddi più intensi della terza decade del mese. Nulla a che vedere, però, con il disastroso maggio 1957, quando due giorni di gelo fuori stagione misero in ginocchio l’intera produzione agricola della nostra regione. Insomma: ci sono stati altri mesi di maggio anomali, è vero, ma raramente condizioni di tempo perturbato si sono accanite con tanta regolarità per quasi tutta la primavera. Gli esperti e i climatologi sottolineano come un quadro del genere non era del tutto inatteso. Nel mese di gennaio, infatti, gli eventi stratosferici – di portata quantomeno decennale – avevano completamente sconvolto la circolazione atmosferica a livello delle alte latitudini: l’inverno eccezionalmente freddo che ha coinvolto l’Europa atlantica e, in parte, l’Italia settentrionale è stato quindi seguito da una primavera ritardata. Alcuni modelli matematici a lungo termine ed alcuni climatologi francesi hanno persino lanciato l’allarme di “un anno senza estate”. Altri fisici, dalla vicina Russia, paventano addirittura l’inizio a breve (2014!) di una nuova Era glaciale.
La realtà è, presumibilmente, meno cruda. Le ultime proiezioni a medio termine dei centri di calcolo indicano che, benché stentato all’inizio, il cammino dell’estate dovrebbe comunque portare temperature calde già nella seconda decade di giugno, pur in un quadro di frequenti “intermezzi” piovosi.