Senza nostalgia lasciamo il secolo “feroce”

Molti faranno il bilancio del secolo che sta scorrendo via velocemente. Vi saranno al solito giudizi diversi. Nessuno però può disconoscere che è stato un secolo con contrasti e contraddizioni. Si direbbe che è inevitabile che sia così e che sempre la storia umana è piena di contrastanti aspetti, buoni e progressivi alcuni e altri crudeli e regressivi. Siamo andati sulla luna, si sono fatte scoperte in campo biologico, si è elevata la durata media della vita e la statura delle persone, sono aumentati gli spazi del benessere, si sono moltiplicati i mezzi della comunicazione sociale, è stato sconfitto il nazismo, si è disintegrato l’impero sovietico. Ma sono state uccise nelle due grandi guerre mondiali e in quelle locali che si sono succedute milioni di persone, c’è stato l’orribile scandalo della Shoah e altri genocidi come quello degli armeni e dei curdi, ci sono ampie zone di fame e di miseria, la violenza continua a mietere vite umane. Ci sono poi i mali legati al al mondo del benessere, come gli incidenti stradali, l’inquinamento e i mali morali causati dalla secolarizzazione selvaggia e imperante. Dire da quale parte penda la bilancia non è dato sapere, anche se il secolo è stato detto “crudele”. Ma forse questo si può dire di ogni secolo, quando si ripercorre con sguardo complessivo e sintetico dalla sommità dei suoi anni e dei suoi giorni. In un periodico cattolico che veniva pubblicato a Perugia nello seconda metà dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento, “Il Paese”, nel primo numero dell’anno 1901 si faceva un bilancio pieno di luci e di ombre che potrebbe essere riprodotto con una certa verosimiglianza e considerato attuale. Dal punto di vista della Chiesa, di questo secolo non si possono dimenticare né trascurare alcuni fatti veramente storici e che hanno comportato un risveglio e un rinnovamento della vita ecclesiale: negli anni 1962-65 è stato celebrato il Concilio Vaticano II che ha immesso la Chiesa nella grande storia dell’umanità; il magistero e l’opera dei Papi, che si possono considerare a ragione tra i più grandi personaggi di questo secolo, apprezzati da credenti e non credenti, riconosciuti guide del popolo per santità e cultura; la nascita e lo sviluppo del movimento ecumenico che ha riavvicinato le Chiese e le comunità cristiane tra loro e le ha riportate ad un più serrato confronto con il Vangelo; una inedita concordia e un avvicinamento delle religioni all’ impegno per la pace, che si è ufficialmente manifestato nel patto sottoscritto al termine dell’incontro di Assisi del 1986. Da questo incontro e nell’ambito del dialogo tra le religioni e le culture scaturisce il messaggio per la Giornata mondiale della Pace di Giovanni Paolo II che riportiamo per intero in questo numero. Il secolo XX ha fatto esplodere con evidenza alla coscienza di tutti la percezione del pluralismo etnico, religioso e culturale. L’umanità si presenta e si rappresenta in tutte le sue molteplici sfaccettature, per cui nessuno può ormai tirarsi fuori, chiudersi nel suo guscio e sottrarsi al confronto con la diversità. Questo confronto, che potrà diventare uno scontro oppure un dialogo costruttivo, sarà la sfida e il compito che il secolo scorso trasmette al nuovo. I cristiani saranno perciò chiamati a seminare il loro Verbo in campi sempre più ampi, non solo in terre vergini, che non esistono più, ma in terreni ampiamente seminati da idee, valori e prospettive etiche diverse e spesso contrastanti da quelle cristiane. Il bene supremo della pace, come dice Giovanni Paolo nel suo messaggio, sarà legato alla capacità che i cristiani e gli uomini di buona volontà avranno di mettersi in “dialogo tra le culture per una civiltà dell’amore e della pace”.

AUTORE: Elio Bromuri