Concludendo il suo mandato di amministratore apostolico, mons. Vecchi ci lascia questo messaggio, di cui gli siamo grati, così come degli altri apprezzati interventi apparsi nel nostro giornale nel periodo da lui trascorso in Umbria.
______
Nella santissima Trinità si svela il grande mistero della vita intima di Dio, uno e trino, che ci ha fatto sapere che Lui non se ne sta in disparte, lasciando l’uomo in balìa di se stesso ma, per toglierlo dai guai, ha inviato in missione congiunta il Figlio e lo Spirito santo. Ha introdotto nel mondo, mediante la Chiesa e i suoi sacramenti, il principio di un cambiamento radicale: una specie di “fissione nucleare” che, in forza dell’eucaristia, trasfigura la realtà. Per questo, la Chiesa – icona della Trinità – non invecchia mai e si pone di fronte al mondo come sacramento di unità per tutti i popoli.
È interessante quanto Papa Francesco dice nella Evangelii gaudium alla luce della Parola di Dio, cioè che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città: la nuova Gerusalemme, la Città santa.
Abbiamo bisogno di guardare la Città con occhi più penetranti, a partire da uno sguardo contemplativo, cioè da uno sguardo di fede (cf. EG, n. 71). La Chiesa è chiamata a porsi al servizio di un dialogo difficile, perché la Città produce una sorta di ambivalenza: mentre vengono offerte infinite possibilità, nel contempo appaiono numerose difficoltà per il pieno sviluppo della vita di molti. Questa contraddizione provoca sofferenze laceranti. Pertanto è necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi, per raggiungere con la parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima della città (cf. n. 74).
Non possiamo dimenticare – ricorda il Papa – che nelle città e altrove si incrementano il traffico di droga e di persone, l’abuso e lo sfruttamento di minori, l’abbandono di anziani e malati, varie forme di corruzione e criminalità. Purtroppo, specialmente nei grandi agglomerati, le case e i quartieri si costruiscono più per isolare e proteggere che per collegare e integrare (cf. n. 75). Abbiamo, dunque, bisogno del Vangelo per guarire i mali delle nostre città, perché è il migliore rimedio. Il battezzato è chiamato a vivere fino in fondo ciò che è umano, per introdurre lo Spirito santo nel cuore delle contraddizioni umane con il fermento della testimonianza. Tale atteggiamento migliora il cristiano e feconda la città. In Europa, invece, in nome di un malinteso senso della laicità e di un pensiero “debole” e “unico”, si continua a rottamare l’asse portante della civiltà cristiana, facendo violenza alla cultura popolare, che prima o poi si vendica: lo dimostra l’ultima tornata elettorale.
La débâcle di Hollande in Francia – causata dalla legge sul gender a scuola e le nozze gay, voluta dalla ministra radicale Christiane Taubira – e, mutatis mutandis, l’inatteso 41% al Pd in Italia, sono segni emblematici di un dato di fatto: senza Dio, la cultura civile non regge. Lo dice anche Romano Guardini: una cultura che vuole costruirsi eliminando Dio, non può riuscire, per il semplice fatto che Dio esiste. Ecco la lezione!
I cattolici battezzati e cresimati che vivono in profondità la loro fede – purtroppo ci sono tanti “sepolcri imbiancati” – quando entrano in uno schieramento politico non sono materiale di supporto, ma degli apripista per il recupero del tessuto identitario italiano, che nel cristianesimo ha il suo Dna.
Andare a messa, partecipare al banchetto sacrificale di Cristo, per rinvigorire l’anima alla mensa della Parola e del Pane di vita, non è una diminutio, ma quel plusvalore che indica dove si trova la sorgente dell’amore di Dio, per riempire il serbatoio della propria coscienza e trovare le energie necessarie per una piena donazione di sé, a servizio del bene comune.