L’Umbria arranca per uscire dalla crisi ma c’è una attività, che sfugge alle statistiche ufficiali, in continua espansione: l’usura. Quando le banche chiudono i rubinetti del credito alle famiglie ed alle aziende in difficoltà, talvolta per pagare i debiti ci si rivolge al mercato di chi i soldi li presta apparentemente in modo facile. E così si estende e si ramifica nella società umbra il fenomeno dell’usura, che inquina le attività economiche ed avvelena la vita delle persone. Dalla fine degli anni ’90 è operativa la Fondazione Umbria contro l’usura, costituita su iniziativa della Regione per aiutare le piccole aziende e le famiglie in difficoltà. La Fondazione, a certe condizioni, si fa garante presso le banche. Un modo per evitare di finire nelle mani degli usurai. Alberto Bellocchi, presidente del Consiglio direttivo della Fondazione, durante la recente assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio ha parlato della “grandissima difficoltà in cui versa l’economia umbra, terra in cui il fenomeno dell’usura è sempre più presente ed in espansione proprio per le difficoltà che hanno tante famiglie, sempre più deboli e sempre meno assistite, per fare fronte ai propri impegni del vivere quotidiano e di un pregresso nato in tempi sicuramente migliori”. L’Adusbef, analizzando i dati della Banca d’Italia, ha riscontrato che dal 2006 al 2010 i risparmi delle famiglie si sono quasi dimezzati. Nel 2010 la Fondazione ha deliberato interventi assistenziali per un 1.168.000 euro. Sono state analizzate più di 80 pratiche di richieste di intervento. Il 42 per cento delle domande sono state presentate da dipendenti e pensionati. La maggioranza delle richieste però, il 58 per cento, sono venute da commercianti ed artigiani. Oltre il 75 per cento delle richieste derivano da una situazione economica negativa per rapporti con banche, Equitalia e finanziarie. Il 25 per cento riguardano l’impossibilità di onorare mutui, prestiti di finanziarie e debiti verso fornitori a causa della chiusura dell’attività commerciale o per la perdita del lavoro. Cinque di queste pratiche esaminate nel 2010 riguardano persone che hanno denunciato di essere state vittime dell’usura. Bellocchi ha anche sottolineato che nel 2011 le difficoltà di famiglie ed aziende sembrano essere ulteriormente aumentate, tanto che nei primi quattro mesi dell’anno sono già state 34 le richieste di aiuto, con debiti di importo sempre maggiore. La Fondazione ha però un tetto massimo di 50.000 euro per i suoi interventi, privilegiando le vittime dell’usura quando nel procedimento penale scaturito dalla loro denuncia si è arrivati alla fase del rinvio a giudizio. L’associazione ha attraversato un momento di grande difficoltà negli anni scorsi per la vicenda giudiziaria che ha coinvolto una sua consulente, la commercialista Claudia Pasqua. La Corte dei conti nel marzo scorso l’ha condannata a risarcire un danno erariale di 340 mila euro alla Fondazione, mentre è ancora in corso il giudizio civile di risarcimento, nell’ambito del quale è in atto un sequestro preventivo di beni per un valore di un milione e 200 mila euro. Una vicenda – ha detto Bellocchi – che nel 2007 e 2008 ha comportato la necessità di riorganizzare la Fondazione, con rallentamenti nella sua attività, ma nel 2010 questa fase si è definitivamente chiusa. La Regione, come detto, è il socio principale della Fondazione. Nel 2010 il suo contributo è stato di 371 mila euro su un totale di 464 mila dei vari soci: Province e Comuni di Perugia e Terni, i Comuni di Gubbio e Spoleto, le Camere di commercio, Conferenza episcopale umbra, sindacati ed associazioni di categoria. Alcuni Comuni però – ha detto Bellocchi – da anni non versano i loro contributi, anche se sono “quasi simbolici”. Anche il contributo dello Stato, che in passato era cospicuo, da alcuni anni è venuto a mancare.
Sempre più vittime dell’usura
Con la crisi, il fenomeno si estende in regione. Più di 80 le richieste di aiuto alla Fondazione antiusura nel 2010
AUTORE:
Enzo Ferrini