È un pensiero che circola da tempo nella mia scatola cranica. Mi sbaglierò, ma mi pare che da qualche decina di anni la nostra Chiesa, che tra gli strumenti eccellenti del suo cammino ha i sacramenti, ne utilizzi solo sei invece di sette: manca la penitenza. Sono stati rivalutati l’unzione degli infermi e la confermazione, la preparazione al matrimonio non è mai stata tanto curata, l’eucaristia è sempre più al centro; ma il sacramento della penitenza’ Mi pare. Potessi formulare l’ipotesi (blasfema?) di trovarmi, per un qualche improvvido strabismo della Provvidenza, al posto di don Joseph Ratzinger o di don Camillo Ruini, porrei il tema della penitenza al primo posto.Concettualmente i passi realizzati in avanti sono stati enormi. Ne cito due: primo, la riacquisizione della peculiare natura di questo sacramento, della sua – per così dire – autonoma dignità: nessuno lo riduca a conditio sine qua non per poter ricevere l’eucaristia; secondo, la sua radicale ridefinizione, da tribunale della penitenza a festa del perdono: la differenza fra un tribunale e una festa è visibile ad occhio nudo. Ma la subordinazione incongrua della penitenza all’eucaristia resiste, tra gli anziani ma anche tra i pochi giovani girano alla larga dai confessionali, anche da quelli dotati di aria condizionata. Quanto alla ‘festa del perdono’, sarò miope, ma non ne ho mai visto traccia. Nei penitenti poi manca la coscienza dei nuovi peccati (la guida ad eccessiva velocità, l’evasione fiscale, l’indifferenza anche di fronte alla morte per fame, il disinteresse per la politica,’), persiste la perniciosa identificazione fra religione e fede, all’interno della coppia sposata domina incontrastato il ‘peccato sessuale’, inteso al livello più basso, come ‘attenzioni a che non avvengano altri concepimenti’. Qualcuno propone di articolare in due domande il superamento dell’antica crux confessariorum: primo, la prendete sul serio, come coppia, la dottrina della Chiesa in tema di paternità/maternità responsabili? Secondo, la vostra coscienza, alla quale tocca sempre l’ultima parola, si assume la responsabilità di mediare tra quell’insegnamento e la concretezza della vostra situazione di coppia? Per uscire dall’impasse, visto che eventuali carenze sul piano dell’autenticità dell’amore coniugale, della sua piena umanità, della sua sacramentalità nemmeno vengono prese in considerazione. Bah! Ne è passato di tempo da quando il mio don Lorenzo, dopo avere frettolosamente assolto un penitente, alzandosi lui dalla sedia mentre il suo pollo si alzava dall’inginocchiatoio, gli pestò un piede’ appena un istante di esitazione, poi, vis à vis, gli afferrò con la sinistra il braccio destro e con la destra gli re-impartì l’assoluzione. Più tardi si giustificò: ‘Il dolore c’era, ché il piede glielo avevo pestato io!!’ Ne è passato del tempo. Ma non abbastanza.
Sei su sette
AUTORE:
Angelo M. Fanucci