SEA WATCH. Doro, una delle persone salvate dalla nave

Doro, che i membri dell’equipaggio della Sea Watch 3 chiamano “gigante gentile”, ha cicatrici ovunque, sul volto, sul corpo.

È stato torturato e picchiato ripetutamente in Libia; tre volte ha tentato di fuggire con un’imbarcazione in mare, e tre volte è stato riportato indietro dalla Guardia costiera libica e reso schiavo.

Lo hanno ferito con un Kalashnikov e, a causa dei postumi, ha perso parte della vista. Gli hanno spento sigarette sulla schiena per estorcergli denaro. La madre ha dovuto vendere casa per riscattarlo. Nelle carceri libiche ha visto morire il suo miglior amico. Doro è tra le 47 persone a bordo della Sea Watch, bloccata nel porto di Siracusa, eppure nonostante gli attacchi sui social – sui quali l’equipaggio li informa – ha ancora la gentilezza e il coraggio di dire: “Non biasimarli. Non hanno mai sofferto così. Non sanno cosa significa”. La sua storia è raccontata su Facebook da Brendan, uno dei soccorritori a bordo della Sea Watch.

 

Brendan descrive Doro come una persona “forte” e “umile”, “generosa, gentile e premurosa”, tanto da lavare i piatti per aiutare l’equipaggio. Doro parla sette lingue e vuole raccontare a tutti la sua storia, simile a tante, “perché altri non soffrano come lui”.

La terza volta che ha provato la traversata nel Mediterraneo, ha sentito la voce di qualcuno da una nave che diceva ai naufraghi: “Ora siete in salvo”. “Sapeva che non era la Guardia costiera libica, perché non avrebbero mai detto loro quelle parole”.

Invece oggi, afferma Brendan, “la sua libertà è ancora negata”, perché è “tenuto ostaggio in mare dalle autorità italiane che rifiutano di farlo scendere a terra.

Doro, amico mio – conclude Brendan – , spero che l’Europa ti dia il benvenuto, e che possano lasciarti vivere e amare” come meriti.