“Ma quando verrà pubblicato, il nuovo Messale?” si chiedeva la mia penultima, pallida abat jour, giovane ancora ma già lamentosa come diverse delle sue sorelle più anziane.
Quando verrà il momento di adagiare sul leggìo che l’aspetta a braccia aperte il libro che contiene il meglio del meglio della nostra preghiera, che è quella ufficiale della Chiesa? Il nuovo messale, io già lo prendo in mano, lo soppeso: bello, pesante, maneggevole, diverso sia nella robustezza della legatura che nella qualità del colore (verde ramarro!) dai fragili lezionari di recente conio.
Mi auguravo, nella piena coscienza della mia misera caratura ecclesiale, che nel nuovo messale ci venisse offerto un finale del Padre nostro degno della Sua paternità e della nostra figliolanza.
Lo ribadisco, augurandomi che tutta la catechesi mistagogica, della quale siamo invitati a nutrirci mentre celebriamo le nostre liturgie, attinga la sua pienezza nel primo di tutti i sacramenti, l’eucaristia, e proprio nel suo momento centrale, quando il celebrante ripete a tutti quello che Cristo disse ai discepoli la sera prima di morire: “Prendete e mangiatene tutti, questo pane è il mio corpo”, e poi “prendete e bevetene tutti, questo vino è il mio sangue”. Parole che fanno della messa non la rappresentazione, ma la ri-presentazione dell’evento della Croce. Possibile? Possibile.
Se la vita è un cerchio – mi disse qualcuno una volta -, la storia cammina lungo la circonferenza, Dio vive al centro, equidistante da ogni singolo punto della circonferenza, e questo Gli permette di attirare a sé quanto successe 1.000 o un milione di anni fa e di prestarlo al nostro presente.
Un’immagine imperfetta? Certamente, ci mancherebbe altro! Puerile? Forse, ma non ho nulla di meglio per trasmettere alla fantasia, che si nutre d’immagini, quello che dice il cuore, che si nutre di fede. Nel bambino, cuore e fantasia coincidono. Il biblista che consulto ogni giorno, Klaus Berger, tedesco come la Volkswagen ma con gli scarichi a norma, sostiene che Gesù tira in ballo i bambini, a volte li prende addirittura in braccio e li accarezza, sempre e soltanto dopo aver impartito un qualche insegnamento altamente significativo: per dire che quell’insegnamento va accolto con la totale disponibilità con la quale un bambino accoglie ciò che gli dicono gli adulti.
Ri-presentazione . Quando dico messa, quando spezzo il pane, quando mi piego sul calice, il Dio di Gesù riempie il mio gesto della presenza di suo Figlio e comunica a tutti coloro che ne godono ciò che accadde quel venerdì di primavera di quasi duemila anni fa, quando lui disse che tutto si era compiuto e il fiotto di sangue e siero che uscì dal suo fianco decise il senso della storia umana. Ma allora perché…? Chiudo l’interruttore. Alla prossima.