Scuola, dalla politica non arrivano soluzioni

“Niente sarà come prima”, si sente dire da quando è in atto la pandemia. Si spera sia così, per quanto riguarda la scuola italiana. Da sempre negli ultimi posti delle priorità cui destinare risorse, energie e progetti per migliorarla. Ad eccezione di pasticciate o inconcludenti leggi di riforma.

Quello che sta accadendo in queste settimane di stop alla normalità scolastica è al contempo rassicurante e deprimente. Perché conferma come gli italiani si stiano dimostrando migliori di chi li governa e dirige.

Rassicura, e commuove, l’impegno di tanti professori e maestri per continuare a coinvolgere i ragazzi, tramite le risorse multimediali. I loro allievi non sono da meno: c’è chi, abitando in zone senza segnale internet, per seguire le lezioni online esce in giardino o nei campi, con un banchetto e un seggiolino, insieme al tablet o al pc. Non si tirano indietro i genitori, che si sono rimessi a studiare le tabelline, l’Impero romano, gli affluenti del Po e il teorema di Pitagora.

La politica, invece, delude, mostrando poca o nessuna fantasia o capacità creativa nel prospettare soluzioni per fare in modo che la scuola, certo in regime di sicurezza estrema, torni ad essere luogo di imprescindibile compresenza fisica tra docente e discente. I ragazzi, di ogni età, hanno bisogno di tornare tra i banchi. Quanto prima, non a settembre.

È sacrosanto, ma non basta ripetere che viene prima di tutto la salute. Servono altre decisioni. Ponderate certo, ma non evasive del vero problema: far rientrare nel concetto di ‘salute’ dei nostri ragazzi anche quella psicologica.

Daris Giancarlini