La Croazia ha approvato una nuova legge sulla fecondazione medicalmente assistita. D’ora in avanti potranno essere congelati non solamente i gameti maschili e femminili – come consentiva la vecchia legge – ma anche gli embrioni. Il diritto all’accesso alla fecondazione assistita viene garantito a tutte le coppie che non possono avere figli, incluse quelle di fatto, dunque non sposate, e anche alle donne sole. È permessa la donazione di seme o ovulo di donatori esterni nel caso non sia possibile utilizzare quelli dei futuri genitori, o quando si vuole evitare la trasmissione di gravi malattie genetiche. Così come è permessa la donazione di embrioni.
Le reazioni
Immediata è stata la reazione della Conferenza episcopale croata, che ha definito la legge “profondamente immorale e disumana” perché apre la porta “alla dissoluzione dei valori fondamentali del matrimonio e della famiglia”. Secondo i Vescovi croati, la legalizzazione della crio-conservazione degli embrioni “alle persone umane concepite in questo modo non garantisce il diritto alla vita ma, nella maggior parte dei casi, li condanna a morte”. Dal canto suo, il Governo ha difeso la legge perché “chiunque ritenga non-etica una o tutte le procedure permesse dalla legge non è costretto a sottoporvisi, ma bisogna dare la possibilità alle coppie che non possono avere figli di scegliere ed essere assistite dalla sanità pubblica nella loro scelta”. Proprio su questa dichiarazione conviene fare qualche riflessione, in quanto emerge una fisionomia distorta di Stato e di democrazia.
Il compito dello Stato
Ci troviamo di fronte a un pendolo che oscilla tra due estremi: da una parte, la posizione dello Stato come colui che fonda la moralità, stabilendo ciò che è bene o male i cittadini compiano e piegando a sé le libertà personali delle persone. Si ha avuto esperienza di questo nel corso delle tirannie della storia – presenti anche nel Novecento – e nelle forme non ancora tramontate di controllo della vita dei singoli. Basti pensare alle pressioni esercitate da taluni Stati o anche organizzazioni internazionali per contenere il numero dei figli. Dalla parte opposta, c’è la posizione dello Stato che si fa garante di ogni scelta individuale. Soprattutto nelle scelte bioetiche, si dice che non si dovrebbe imporre nulla e che ciascuno dovrebbe essere lasciato libero di comportarsi secondo i propri valori umani o religiosi. Così, nessuno potrebbe obbligare un cattolico a scegliere l’eutanasia, ma neanche un cattolico potrebbe impedire che un altro la chieda per sé o per un proprio caro.
La questione della “dignità umana”
Ma torniamo alle oscillazioni del pendolo. Che cosa hanno entrambe di sbagliato queste due posizioni? Una visione non vera della realtà. La prima ritiene di essere la fonte dei valori: lo Stato stabilisce ciò che è bene o male in ordine alla collettività; la seconda rinuncia a cercare che cosa è bene o male e si limita a regolare i diritti individuali. Entrambe le posizioni non comprendono che c’è qualcosa che precede lo Stato e le scelte individuali e questa è la dignità della vita umana. Robert Spaemann, il più autorevole filosofo cattolico tedesco contemporaneo, afferma che la dignità umana non è una proprietà della persona tra le tante, ma piuttosto è “il motivo metafisico per cui gli esseri umani hanno diritti e doveri” (Tre lezioni sulla dignità della vita umana, Lindau, 2011). La dignità è così inviolabile, che nessuno può toglierla a un altro; semmai può impedirgli di presentarsi dignitosamente. Gli embrioni trattati come cose non perderanno mai la loro dignità, anche se soffocati nel gelo di un frigorifero, così come il Crocifisso non l’ha persa pur tra l’indifferenza e l’accanimento intorno. Il problema è un altro: può uno Stato moderno e democratico stare a vedere e permettere un tale imbarbarimento? Può non vedere che i diritti individuali, non poche volte, umiliano i più deboli? Se fosse così, si aprirebbe un futuro denso di nubi, perché, tollerata anche una sola eccezione, se ne dovrebbero permettere infinite altre.
La questione della libertà di scelta
La libertà sta altrove. È la capacità di scegliere in base alla natura umana, che appartiene a tutti ugualmente. “Avere una dignità – dice ancora Spaemann – è una conseguenza dell’appartenenza biologica alla famiglia degli esseri liberi”. Se lo Stato non deve valutare i desideri e punire quelli cattivi, ha il dovere di intervenire quando azioni di singoli violano la dignità umana, perché esso non rinuncia a conoscere i fondamenti della natura umana. Considerazioni, queste, di ordine razionale, anche se si sono consolidate in Occidente grazie alla fede cristiana.