Si chiama Gary George, e nel lontano 1976 stava facendo uno stage alla Nasa. Il giorno che trovò uno stock di videocassette dal contenuto sconosciuto e le acquistò di getto, senza avere l’attrezzatura necessaria per visionarle, non avrebbe mai pensato di imbattersi in un tesoro.
Tre delle cassette, infatti, riportavano la dicitura “Apollo 11 EVA”, l’indicazione ufficiale che la Nasa utilizzava per lo sbarco sulla Luna. “Conservale, potrebbero valere molto in futuro” fu il consiglio del padre, il primo ad accorgersi di cosa suo figlio avesse per le mani.
Lo stock, mille videocassette in tutto, George se lo è aggiudicato per un totale di 218 dollari. Oggi uno di questi nastri potrebbe fargli guadagnare oltre 2 milioni di dollari. Questa è la cifra stimata per l’asta che si terrà proprio il 20 luglio da Sotheby’s, 50 anni dopo l’allunaggio.
Segno di quanto quel giorno d’estate del 1969, anche nell’Era in cui ci si prepara ad andare su Marte, sia ancora vivo nel ricordo di tutti: chi c’era allora, si ricorda ancora cosa stesse facendo in quel preciso momento.
Paolo VI davanti alla tv
Circa 600 milioni di persone in tutto il mondo hanno seguito la diretta televisiva dell’allunaggio. Oltre 20 milioni erano italiani. Tra loro, anche il Papa. Paolo VI si era recato verso le 22 di domenica 20 luglio alla Specola di Castel Gandolfo, dove aveva osservato la Luna attraverso il telescopio e ascoltato alcune informazioni scientifiche dall’allora direttore dell’osservatorio astronomico vaticano, padre O’ Connell.
Poi aveva seguito davanti al televisore le fasi dell’atterraggio con il sostituto della segreteria di Stato, mons. Benelli.
“È un piccolo passo per un uomo, ma un passo gigantesco per l’umanità”, le parole pronunciate da Armstrong appena scesa la scaletta del Lem e dopo aver posto il primo piede sul suolo lunare.
Poi la passeggiata lunare di Armstrong e Aldrin (Collins era rimasto in orbita lunare) che lasciarono sulla Luna una targa commemorativa: “Qui uomini del pianeta Terra per la prima volta posarono il piede sulla Luna. Siamo venuti in pace per tutta l’umanità”.
Pochi minuti dopo l’approdo del Lem, Papa Montini inviava ai protagonisti questo messaggio: “Onore, saluto e benedizione a voi, conquistatori della Luna, pallida luce delle nostre notti e dei nostri sogni! Portate ad essa, con la vostra viva presenza, la voce dello spirito, l’inno a Dio, nostro Creatore e nostro Padre”.
Ebbrezza e pace
Non fu l’unico intervento del Pontefice per la storica impresa. La domenica precedente aveva invitato tutti i fedeli a pregare per gli astronauti dell’Apollo 11, e domenica 20 luglio all’ Angelus, sempre da Castelgandolfo, aveva auspicato che la conquista dello spazio significasse anche un vero progresso per l’umanità afflitta da guerre – tra le altre, allora, nel Vietnam – e della fame, sostenendo la necessità di non dimenticare, “nell’ebbrezza di questo giorno fatidico”, il bisogno e il dovere che “l’uomo ha di dominare se stesso “.
Paolo VI avrebbe poi ricevuto in udienza Armstrong e i suoi due colleghi in visita a Roma – città natale, tra l’altro, di Collins – il 16 ottobre 1969. “Con la più grande gioia nel cuore diamo il benvenuto a voi, che superando le barriere dello spazio, avete messo piede su un altro mondo del creato” suonò il saluto del Pontefice ai due astronauti, accompagnati dalle rispettive mogli e dai funzionari della Nasa.
E ancora: “L’uomo ha la tendenza naturale ad esplorare l’incognito, a conoscere il mistero; ma l’uomo ha anche timore dell’incognito. Il vostro coraggio ha superato questo timore e, con la vostra intrepida avventura, l’uomo ha compiuto un altro passo verso una maggiore conoscenza dell’universo: con le sue parole, signor Armostrong: un passo gigante per l’umanità”.
Gli astronauti regalarono al Papa la riproduzione della targa lasciata sulla Luna e il microfilm con i messaggi dello stesso Santo Padre e dei Capi di Stato, ugualmente lasciati sul suono lunare. Dopo l’udienza Armstrong, Aldrin e Collins tennero una conferenza nell’aula del Sinodo dei vescovi, la cui assemblea straordinaria si svolgeva proprio in quei giorni.
In diretta, Francesco
Quasi cinquant’anni dopo, Papa Francesco, nel 2017, si è collegato in diretta video con gli astronauti della spedizione 5253, guidata da Paolo Nespoli. “Siete un piccolo Palazzo di vetro”, le parole di Bergoglio in un colloquio a domande e risposte sulle questioni chiave dell’umanità: “Rappresentate tutta la famiglia umana nel grande progetto di ricerca che è la stazione spaziale”.
“La cosmologia moderna – parole di Benedetto XVI agli astronomi di tutto il mondo – ci ha mostrato che né noi né la Terra su cui viviamo siamo il centro dell’universo, composto da miliardi di galassie, ognuna delle quali con miriadi di stelle e pianeti”.
Se c’è un filo rosso che lega i Pontefici moderni nel contemplare con sguardo di fede l’universo, è ilmysterium lunae che i teologi antichi consideravano caratteristico “non solo dell’identità della Chiesa, ma di ognuno di noi – come ha spiegato Papa Francesco nell’udienza generale del 10 aprile scorso. – Questo è il mistero della luna; amiamo anzitutto perché siamo stati amati, perdoniamo perché siamo stati perdonati. E se qualcuno non è stato illuminato dalla luce del sole, diventa gelido come il terreno d’inverno”.
La luna al Concilio
Giovanni Paolo II aveva usato la stessa immagine nell’omelia della messa con cui ha concluso il Giubileo del 2000: “Nella teologia patristica si amava parlare della Chiesa come mysterium lunae per sottolineare che essa, come la luna, non brilla di luce propria, ma riflette Cristo, il suo Sole”. Il sole e la luna, Cristo e la Chiesa.
Torna alla memoria il celeberrimo discorso “della luna” pronunciato braccio da Giovanni XXIII all’apertura del Concilio, in una piazza San Pietro irrorata dal chiarore del satellite: “Tornando a casa, date una carezza ai vostri bambini e dite: è la carezza del Papa”. La Luna, allora come oggi, continua a ispirarci. Nella fede come nella scienza.
M. Michela Nicolais